RPT chiede la deducibilità dei costi per i professionisti

E’ stata chiesta una modifica ad un emendamento contenuto nella Legge di Stabilità da parte della Rete delle Professioni Tecniche per quanto riguarda la possibilità di rendere totale la deducibilità delle spese di formazione dei professionisti resa obbligatoria dalla Riforma delle professioni.

La RPT vuole, dunque, che venga aumentata dall’attuale 50% al 100%, poiché è diventato obbligatorio con il D.P.R. n. 137/2012 di riforma delle professioni ordinistiche.
Questo ha infatti introdotto, con l’art. 7, l’obbligo di formazione continua per tutti i professionisti che esercitano una professione per la quale sia necessaria l’iscrizione ad un Ordine o Collegio.

A causa di tale obbligo i professionisti si troveranno nella condizione di dover affrontare alcune spese per la partecipazione ai corsi, per il viaggio, o ancora per il vitto o per il soggiorno che possono essere portate in deduzione nella formazione del reddito di esercizio, obbligo che se viene disatteso costituisce illecito disciplinare.

Inoltre, la RPT fa notare che la scelta dei professionisti viene limitata ai soli corsi organizzati dagli Ordini e dai Collegi, da associazioni di iscritti agli albi o da altri soggetti autorizzati dai Consigli nazionali degli Ordini o Collegi.

La RPT sottolinea inoltre che l’aumento della deducibilità non comporta alcuna riduzione del gettito erariale, anzi potrebbe innalzarlo perché aumenterebbe la convenienza a partecipare ai corsi amplierebbe così la platea dei potenziali partecipanti. In sostanza la totale deducibilità di queste spese inciderebbe negativamente sul gettito fiscale (-14,13%), ma verrebbe controbilanciata dalla maggiore spesa dei professionisti per corsi di formazione a pagamento e dall’aumento del reddito degli enti e delle società erogatrici della formazione che quindi pagheranno il +27,5% di tasse per i soggetti IRES, più una aliquota IRAP variabile tra il 2,98% ed il 4,82%.

Vera MORETTI

Riforma delle professioni in dirittura d’arrivo

L’incontro con Annamaria Cancellieri, svoltosi il 22 maggio insieme alle maggiori categorie professionali del Paese, si è concluso con l’auspicio che presto si possa arrivare ad una definitiva definizione della riforma delle professioni.

Armano Zambrano, presente all’incontro in veste di coordinatore del Pat, l’organismo dell’area tecnica che raggruppa ingegneri, geologi, periti industriali, geometri, periti agrari, chimici, tecnologi alimentari, dottori agronomi e forestali, e di presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, ha voluto ringraziare il ministro ed ha accolto positivamente anche la decisione di istituire un tavolo permanente tra gli Uffici del Ministero e le rappresentanze delle professioni, al fine di agevolare “l’emanazione dei provvedimenti ancora necessari alla piena attuazione del disegno di riforma è stato una delle priorità affrontate”.

La riforma viene considerata indispensabile anche per regolamentare le professioni ed offrire servizi di trasparenza ai cittadini.

Andrea Sisti, segretario del Pat, ha voluto aggiungere: “Rimangono ancora aspetti fondamentali da definire quali la riorganizzazione degli ambiti territoriale degli ordini professionali di categoria alla luce dell’abolizione delle province, ma anche l’emanazione del regolamento relativo alla determinazione dei corrispettivi a base di gara per l’affidamento dei contratti pubblici di servizi attinenti l’architettura e l’ingegneria come anche l’aggiornamento dei compensi dei periti e consulenti tecnici nominati dal giudice”.

I membri del Pat hanno dimostrato di sapere esattamente cosa vogliono, come ha confermato anche Giuseppe Jogna, vicepresidente del Pat: “Siamo fortemente interessati a contribuire allo sviluppo della società tanto più in un momento di crisi come quello attuale. Stiamo già lavorando, in collaborazione con tutte le categorie tecniche, ad alcune proposte di legge orientate a creare nuova occupazione e possibilità di sviluppo economici a costi sostenibili dalla finanza pubblica”.

Vera MORETTI

Federarchitetti chiede una nuova riforma delle professioni

Alla luce delle ultime manifestazioni, tra le quali quella del primo maggio, e delle priorità del nuovo Governo, Federarchitetti ha voluto denunciare la quasi indifferenza della politica nei confronti dei lavoratori liberi professionisti.

Come spesso è stato scritto anche su Infoiva.com, il peso che le libere professioni hanno sull’economia italiana è notevole, a cominciare dalle pmi, maggiormente colpite dalla crisi ma da sempre motore dei mercati.

Ma non è solo la recessione economica ad aver danneggiato il comparto delle professioni tecniche: ciò che Federarchitetti vuole sottolineare è l’approssimazione e l’ingessatura delle procedure, nonché la poca trasparenza.
La Federazione a questo proposito, chiede di non far rimanere nell’oscurità centinaia di migliaia di cittadini che “operano, per propria scelta, senza gravare sullo Stato, accettando i rischi sulla continuità del lavoro, sul reinvestimento dei profitti per dare continuità agli stessi, (nella virtuale ipotesi di conseguimento), nel consolidare la propria struttura con oneri nell’indotto inerenti le attrezzature ed il sostegno degli auspicabili dipendenti, per l’ assenza di forme di tutela sociale (ammortizzatori) in mancanza di affidamenti”.

D’altra parte, le libere professioni costituiscono un potenziale di sviluppo fondante per la democrazia del Paese ed ignorarne i contenuti rischia di portare grave pregiudizio a quegli obbiettivi di crescita ineludibili e ben dichiarati nelle linee programmatiche del Governo.
Tra le peculiarità individuate da Federachitetti c’è l’assenza di oneri finanziari: “sono rivolte ad un’azione di revisione complessiva dell’assetto attuale delle libere professioni e delle procedure che ne condizionano l’accesso al lavoro in particolare da parte della committenza pubblica”.

In accordo con le altre rappresentanze delle professioni tecniche riunite in Confedertecnica, gli architetti hanno denunciato la necessità di cambiamenti radicali, avanzando proposte perché il settore si rafforzi e costituisca un elemento di traino per l’immagine e l’economia del Paese e liberi i vincoli che determinano l’alta percentuale di disoccupazione intellettuale.

Non è piaciuta, inoltre, la riforma delle professioni da poco approvata, poiché “va esattamente nella direzione opposta a quella auspicata, nella errata individuazione del ruolo degli Ordini Professionali quali garanti unici di una pletorica ed effimera formazione permanente, che, come concepita, nulla può giovare alle classi professionali, non considerandone il potenziale valore complessivo della formazione.
La Commissione Europea ha recentemente considerata non accettabile una tale soluzione che costituisce una dei provvedimenti da rimuovere prioritariamente
”.

Ciò che viene richiesto alla politica è di ritornare a fare da garante degli interessi di tutti i soggetti sociali in una logica di sviluppo complessivo, senza pensare al proprio tornaconto.

Vera MORETTI

Gli architetti escono dal Cup

Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, con una lettera indirizzata al Cup e al Pat, ha annunciato la sua decisione di uscire, con decorrenza immediata, dal Comitato Unitario delle Professioni.

Le motivazioni che stanno alla base di questa scelta vanno a ricercarsi nei profondi cambiamenti che, negli ultimi anni, hanno caratterizzato le professioni, non ultima la Riforma delle Professioni: “La realtà dei nostri mestieri è profondamente cambiata, non solo nel grande incremento del numero dei professionisti e nella varietà delle prestazioni professionali che offriamo, ma soprattutto nella richiesta di servizi integrati, di mobilità sul territorio, di uso di tecnologie avanzate, di maggiore responsabilità etica. I principi di inter-disciplinarietà e di rete, formalizzati solo in parte nelle Società tra professionisti e società multiprofessionali, sono la risposta alle esigenze del presente e del futuro, sulla quale ognuno dei nostri Consigli Nazionali ha compiti importanti per promuovere un cambiamento profondo nella realtà organizzativa e di lavoro dei nostri iscritti, nella stragrande maggioranza ancora legata ad una tradizione micro-professionale e solitaria“.

Questa profonda trasformazione, anche dal punto di vista culturale, deve comunque salvaguardare l’etica professionale, ma anche riflettersi negli approcci e nelle strategie degli organismi interprofessionali, facendone dei fondamentali nodi di un coordinamento capace di guidare il cambiamento.
Ma, secondo gli architetti, i comitati interprofessionali non agiscono per integrare le conoscenze, piuttosto per “rappresentare in sede politica una mera somma di numeri delle cosiddetta categoria delle professioni liberali, in funzione di proposta o resistenza a norme che regolano il mercato”.
La distanza che si è creata, dunque, non aiuta ad unire i cittadini e i professionisti, che si trovano sempre più emarginati dal mercato.

Non a caso, negli ultimi mesi, si è evidenziata l’incapacità da parte dell’insieme delle professioni, peraltro divise in due diversi coordinamenti, di affrontare con proposte davvero innovative e integrate la crisi che colpisce l’Italia; di mettere in mora chi ha responsabilità di Governo con progetti strutturati, realizzabili e sostenibili; di collegarsi stabilmente con tutti i soggetti economici e sociali del Paese; di organizzare servizi integrati di sostegno ai cittadini e ai professionisti. La volontà di alcuni di noi di perseguire questa via è rimasta isolata.
I coordinamenti si sono accontentati, più o meno bene, di trattare la Riforma delle Professioni sui tavoli governativi, con posizioni spesso diverse, in una difficile opera di equilibrismo: hanno in sostanza svolto un’opera di mediazione tutta interna, avulsa dalla realtà, salvo poi rappresentare, anche arbitrariamente, posizioni opposte a quelle di parte degli associati, per esempio le nostre
”.

Vera MORETTI

In arrivo il regolamento delle società di professionisti

Il regolamento attuativo delle società di professionisti è in dirittura d’arrivo.

Questo ha assicurato Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro e del Comitato unitario delle professioni: “Da quello che ci risulta, il provvedimento è in fase di uscita. Abbiamo avuto nei giorni scorsi l’ultimo confronto con il ministero di Giustizia e adesso le ultime notizie ci dicono che il ministero dello Sviluppo economico ha dato il suo benestare“.

E, a quanto pare, sembra che si tratti di un’attesa di pochi giorni, e poi finalmente potrà dirsi completo quel processo che è cominciato nell’agosto 2011, quando la riforma delle professioni cominciava a concretizzarsi.

Compito dei professionisti sarà, ora di vigilare sulla corretta applicazione della legge: “Credo che adesso la partita passerà agli ordini che dovranno applicare e vigilare affinché l’istituto sia adeguatamente applicato e non vi siano forme di abuso. Noi riteniamo che possa essere uno strumento societario utile soprattutto per le giovani generazioni, ecco perché io metto l’accento sulla corretta applicazione della norma che farà sì che i nostri ragazzi possano nello strumento societario trovare una reale opportunità di aggregazione professionale“.

Vera MORETTI

Riforma delle professioni, il plauso dell’INT

Piena soddisfazione da parte dell’Istituto Nazionale Tributaristi per quanto appreso, circa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta sabato 26 gennaio, della legge che disciplina le professioni non regolamentate.

La legge approvata il 19 dicembre 2012 entrerà in vigore l’11 febbraio. Da tale data il cliente che vorrà rivolgersi ad un professionista non iscritto ad un ordine potrà verificare direttamente sul sito internet del Ministero dello Sviluppo Economico, se lo stesso appartiene ad una Associazione Professionale su cui il Ministero vigila. Come ricorda Edoardo G. Boccalini, segretario nazionale dell’INT, è la conclusione di un iter che porta a obblighi con i quali i Tributaristi INT e l’Associazione stessa, si sono sempre confrontati e hanno sempre rispettato.

Quella legge s’ha da fare

di Davide PASSONI

L’Italia è il Paese del sole, dei campanili e delle… professioni. Non che non lo sapessimo, ma con il tour che Infoiva ha intrapreso durante la settimana attraverso il mondo delle professioni cosiddette “non regolamentate”, ne abbiamo avuto l’ulteriore conferma. Professionisti che guardano con diverso interesse e differenti punti di vista alla legge di riforma delle professioni che entro l’anno dovrebbe avere il via libera dal parlamento.

Un universo variegato, con le istanze più diverse, che si possono però riunire sotto l’auspicio che il presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi, ha espresso a Infoiva: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati“. Ci sono associazioni come Adico i cui associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda, operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti, e ci sono realtà come ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management, che ritengono fondamentale il riconoscimento della propria professionalità da parte di istituzioni e mercato.

E se il presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno è certo che “dalla riforma delle professioni deriverà un futuro importante sia per gli iscritti all’INT sia per la loro utenza“, per Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, la chiave del domani sta nella segmentazione delle professionalità, nel pragmatismo e nella capacità di fare rete.

Insomma, come avrete capito, la frammentazione delle idee e degli auspici è varia e diversa almeno quanto le professioni stesse. E se su un punto più o meno concordano tutti, Infoiva compresa (la legge di riforma delle professioni serve), sul futuro le visioni sono le più disparate. L’Italia è bella perché è varia…

Leggi l’intervista al presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi

Leggi l’intervista a Eugenio Casucci, consigliere delegato di ADICO, Associazione italiana per il marketing, le vendite e la comunicazione

Leggi l’intervista a Paola Palmerini, presidente di ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management

Leggi l’intervista al presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno

Leggi l’intervista a Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement

Professionalità e pragmatismo: il futuro delle libere associazioni

 

Concludiamo la nostra settimana dedicata alle libere associazioni professionali con un focus dedicato ai manager professionisti e alla managerialità vista in chiave più trasversale: abbiamo intervistato Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, l’associazione nata quasi 20 anni fa come ItalQuadri, allo scopo di raccogliere e valorizzare le figure di quadri e alte professionalità.

Libere associazioni professionali: quale sarà il vostro futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Se questa legge molto imperfetta passerà, le associazioni dovranno assumere un ruolo diverso: prima di tutto aiutare tutte le associazione che ne fanno parte a soddisfare gli standard della legge stessa, ma dall’altra parte le libere associazioni si dovrebbero trasformare in qualche modo. Se fino ad oggi sono state un luogo di pressione nei confronti della politica perché venissero discussi e affrontati certi argomenti, adesso occorre cambiare ‘attrezzatura’. La riforma nasconde però anche un grosso rischio: se la legge vale per tutti e ciascuno la può fare senza bisogno di nulla, il rischio di un impoverimento di coordinamenti e associazioni esiste, ed è reale. Le associazioni non potranno più essere basate unicamente sulla soddisfazione dei bisogni della certificazione, ma occorre fare il passo successivo. Con questo non intendo la nascita di nuovi ordini, ma occorre pensare piuttosto a come aumentare la qualità delle prestazioni all’interno delle varie associazioni, stando attenti a non cadere nella trappola dell’Uni. Sarà necessario poi lavorare sulla qualificazione dei vari livelli, e come terzo punto occorre capire come puntare sulla certificazione delle professione.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
I nostri associati hanno una visione politica, la nostra età media è abbastanza bassa, ci sono pochissimi pensionati, a differenza delle altre associazioni. Per noi tutto ciò che migliora e punta a rompere certi schemi viene visto in maniera positiva, per noi è una soddisfazione per il cambiamento un passo per andare verso una maggiore tutela della professionalità. Tra i nostri associati ci sono anche molti iscritti agli albi professionisti, come architetti, ingegneri, e sono critici nei confronti degli albi professionali, ne vedono i limiti e questo cambiamento indica davvero una strada e una direzione verso la quale andare, ossia diventare davvero europei, come accade ad esempio nei Paesi Anglossasoni, dove gli ordini non esistono ma ci sono associazioni fortissime che costringono a tenersi costantemente aggiornati, a rispettare determinati standard, pena l’esclusione. In Italia non mi risulta che gli ordini siano così severi. Quindi il cambiamento dovrebbe portare a un miglioramento, come la concorrenza migliora il mercato.

Quadri e altre professionalità: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?

Noi siamo un’associazione orizzontale, non verticale come le altre e rappresentiamo una situazione un po’ anomala rispetto alle altre associazioni iscritte al Colap. Praticando trasversalmente tutte le attività, siamo nella condizione di vedere in maniera diversa dagli altri, più trasversale, quali siano i problemi che devono essere affrontati Questo perché non puntiamo alla qualificazione dei nostri iscritti, perché sono troppo variegati, quindi siamo portatori di una visione diversa. I parametri su cui noi lavoriamo come associazione sono la managerialità, intesa nel senso anglosassone di capacità di risoluzione dei problemi, presidio dei processi, gestione di budget e personale, managerialità che si esplica in tutti i campi, sia nel mondo dei dipendenti che dei consulenti. Questo mix permette di confrontare idee, di creare sinergie, di spingere al cambiamento.

Federmiddlemanagement fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Stare nel CoLAP per noi come associazione ‘orizzontale’significa avere contatti con le associazioni più ‘verticali’, che permettono la tutela della professionalità specifica e tecnica del singolo associato. Il rapporto con altre associazioni ci permette di ‘passare’ i nostri iscritti per il miglioramento della professionalità specifica di ciascuno, ma anche di avere contatti con chi è bravo in quel campo, di poter usufruire di una formazione continua. Da qualche tempo abbiamo iniziato una mappatura delle professionalità raccolte entro la nostra associazione, e per le 2 o 3 più significative abbiamo cominciato a prendere contatti con le associazioni specifiche: per gli esperti di marketing ad esempio siamo riusciti a creare una sinergia con lADICO, associazione più specifica che fa sempre parte del CoLAP.

Se un professionista è già iscritto ad un albo professionale, qual è la ragione che lo spinge a iscriversi ad un’associazione come la vostra?
Faccio un esempio: se un ingegnere iscritto all’albo si ritrova a ricoprire la posizione di quadro, nel reparto gestione e controllo all’interno di una grande azienda, avrà bisogno non solo dei crediti formativi che gli fornirà il suo albo, ma anche di contatti di tipo culturale, di servizi. La frase dell’altro giorno del Presidente Monti che ricordava come la sanità pubblica debba essere ripensata, la si traduce con ‘ognuno di noi cominci a pensare a una polizza assicurativa personale o integrativa’. Quindi il senso è proprio questo: l’iscrizione ad un’associazione come la nostra deve essere vista come una possibilità o necessità complementare, a seconda dei bisogni. Occorre cominciare ad offrire un mix di professioni e servizi entro cui il professionista possa scegliere cosa che lo aiuta a lavorare, e a vivere meglio. Un mix virtuoso che permetta anche di superare il dualismo tra albi e associazioni.

Perché in Italia gli albi professionali e il corporativismo sono così forti, a suo avviso?
Propongo due riflessioni: il provvedimento sull’obbligatorietà della media conciliazione e il ruolo svolto dall’ordine degli avvocati, che ne hanno svuotato completamente i punti di forza perché hanno letto nel provvedimento una diminuzione delle loro capacità e possibilità e quindi del loro mercato. La foRza degli albi professionali in Italia è presto detta: quanti avvocati siedono nel Parlamento italiano? A mio avviso per la soluzione non è attaccare gli ordini come ‘cattivi’ ma riuscire a far capire la politica, che però è interpretata molto spesso dagli stessi iscritti agli ordini, che è un errore. Noi continuiamo a parlare di Europa però l’Italia è l’unico Paese che porta avanti ancora il discorso degli ordini, mentre il modello anglosassone è oggi quello che viaggia in tutto il mondo: il famoso ‘tesserino’ all’estero non viene riconosciuto per la maggior parte delle professioni, quello che conta è la laurea, i voti, le esperienze maturate. Un giorno o l’altro capiremo anche noi che è necessario fare un passo avanti, o forse saranno gli altri a costringerci a farlo.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Aumentare la capacità di far capire al sistema quanto sia importante la segmentazione delle professionalità, che potrebbe portare a costruire modelli diversi per ognuno, con una base unificata e unificante e con obiettivi che siano ‘alti’. Questo porterebbe le associazioni ad affrontare temi di etica e dare un significato più ampio alla parola ‘associazione’, sul modello anglosassone che significa pragmatismo, creazione della ‘rete’ che non è data solo dai numeri ma intesa come condivisione di azioni, in modo che altri come loro possano identificarsi nelle soluzioni. E’ una strada lunga, ma è l’unica da percorrere.

 

Alessia CASIRAGHI

“Il corporativismo? Non regge più”

 

di Davide PASSONI

Continua il viaggio di Infoiva tra alcune delle più rappresentative associazioni professionali italiane, per tastare il polso di un settore che, nell’attesa del rush finale per la riforma delle professioni, vive umori altalenanti tra il timore e l’aspettativa. Oggi tocca all’Istituto Nazionale Tributaristi e al suo carismatico presidente, il dott. Riccardo Alemanno.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Un futuro importante sia per gli iscritti che per l’utenza. Con l’approvazione della Legge sulle Libere Associazioni si concretizzerà, anche a livello legislativo, quel sistema duale che da decenni è presente sul mercato dei servizi professionali e ciò rappresenterebbe la prima vera modernizzazione normativa del sistema delle professioni nel nostro Paese. Le  Libere Associazioni di rappresentanza professionale come l’INT avrebbero un ulteriore peso anche normativo circa la funzione di aggregazione e controllo con un  importante valore aggiunto per il singolo professionista, poiché la sua iscrizione rimane volontaria e non obbligatoria, quindi nessun albettino di serie B.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Siamo abituati a non dare false aspettative ai nostri iscritti e quindi a non creare false illusioni: i tributaristi dell’INT sanno che la Legge sulle Libere Associazioni professionali è sì importante, ma non andrà ad intaccare minimamente l’attività attualmente esercitata. Quello che sanno è che essere iscritti ad un’Associazione come l’INT costituisce già un valore aggiunto, con l’approvazione della Legge tale valore aggiunto avrà anche uno specifico riconoscimento normativo e questo nel nostro Paese, dove è quasi indispensabile una sorta di ratifica pubblica, spero possa far sì che il Legislatore, un domani, possa meglio ricordarsi che il settore professionale in Italia è costituito dal sistema ordinistico e da quello associativo.

Tributaristi italiani: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Una forte dedizione nello svolgimento dell’attività professionale e questo in prima persona: il tributarista per struttura e forma mentis ha un rapporto diretto con la propria utenza, certamente si avvale di dipendenti e collaboratori, ma è il vero punto di riferimento della clientela. Questa peculiarità, che normalmente si ha solo all’inizio dell’attività professionale, se mantenuta nel tempo e accompagnata da un continuo aggiornamento professionale può essere veramente la carta vincente della propria affermazione professionale, sicuramente ne caratterizza positivamente la professionalità.

INT fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
L’INT è stato tra i fondatori del CoLAP, proprio per avere un’unica voce su istanze di carattere generale come quella relativa all’attuale Legge e per fornire un forte contributo alla riforma del settore professionale, poiché le differenti caratteristiche delle oltre duecento Associazioni rappresentate dal Coordinamento costituiscono un grande valore aggiunto per meglio comprendere le esigenze del mercato sia dal punto di vista degli operatori sia dei cittadini. Diverse, invece, le singole istanze dello specifico segmento di riferimento: in questo caso è importante avere un’Associazione strutturata e in grado di dialogare e confrontarsi direttamente con le Istituzioni.

Non vi sentite, qualche volta, “figli di un dio minore”?
No, perché riteniamo, semmai, di avere un ruolo fondamentale e di forte innovazione. L’importante è avere sempre ben presente che i cambiamenti, in un settore così radicato nelle tradizioni come quello delle professioni, hanno bisogno di tempi lunghi: servono tenacia nel proporre le proprie ragioni e grande capacità di dialogo e mediazione per affrontare i tanti ostacoli che quotidianamente incontriamo nel nostro percorso di crescita.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Il corporativismo come difesa di categoria se può avere avuto ragione d’essere in epoche passate, radicandosi nel nostro Paese in tutti i settori e non solo in quello delle professioni, oggi, in un mercato libero e dinamico non può più reggere:  la propria attività non si difende alzando barriere e ricercando nuove riserve ma con la professionalità. Purtroppo oggi abbiamo atti di corporativismo  ancora molto forti ed anche  supportati da rappresentanti dalle Istituzioni. Il percorso sarà pertanto difficile, ma credo che ciò che si è iniziato, ovvero la modernizzazione del settore, sia ormai irreversibile nonostante le tante resistenze.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Contare di più come Associazione dipende dalla volontà dei nostri iscritti e dalla capacità di mettere in campo richieste e darsi obiettivi che non vadano solo a beneficio dei singoli tributaristi ma di tutto il Paese. Ricordo che i professionisti iscritti alle Associazioni, prima di essere tali sono cittadini-contribuenti, per cui, ma questo dovrebbe valere veramente per tutti, prima ancora dei propri singoli interessi devono e vogliono salvaguardare l’interesse generale: solo così il nostro Paese potrà avere un futuro migliore da offrire alle nuove generazioni.

Temporanei per scelta, professionisti per vocazione

di Davide PASSONI

Sarà che in Italia nulla è più duraturo del temporaneo, fatto sta che esiste una professione – guarda caso non regolamentata – che con il perdurare della crisi economica e l’evolversi delle esigenze “manageriali” delle aziende assume sempre maggiore valore, ma che pochi conoscono. Si tratta del temporary manager, professione le cui istanze sono sostenute e difese da ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management. Quattro chiacchiere con la presidente Paola Palmerini, aiutano a capire perché un manager temporaneo non è “figlio di un dio minore” rispetto ai colleghi “stanziali”.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Il disegno di legge 3270 è frutto di un grande lavoro eseguito dal CoLAP, con il quale ATEMA ha sempre cooperato, in particolare con il comitato scientifico, presieduto da Angelo Deiana. Si comincia finalmente – mediante il riconoscimento delle professioni non organizzate in ordini e collegi – a riconoscere che esistono attività che sono vere professioni al di fuori di quelle regolate da ordini o albi. Il Temporary Manager è una di queste: una identità professionale che ATEMA ha contribuito a delineare nelle specificità e contestualità di applicazione nel nostro mercato, la cui qualificazione è promossa da ATEMA mediante un processo non autoreferenziale che funge da indirizzo per l’aggiornamento continuo del singolo professionista e da trasparenza e equità al mercato delle imprese che intendono usufruire del servizio di temporary management.

E per il temporary manager in particolare, quale futuro?
E’ un momento molto importante, un percorso iniziato già dalla legge 206/2007 della Comunità Europea alla quale come Associazione ci siamo adeguati, e per i TM: una figura professionale che diventa visibile anche in Italia, che è costituita da manager preparati a svolgere la professione del manager come liberi professionisti, generando valore economico nelle imprese indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro con il quale il loro apporto è regolato. Siamo consapevoli, e ATEMA è in questo impegnata,  che ciò implica competenze, abilità, formazione continua, multidisciplinarità, merito e competitività professionale. Ma ciò rende anche trasparente e competitivo il mercato, ed anche in questo .

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Dicono “finalmente!!!” se la legge sarà approvata, anche se l’umore oggi è più condizionato dalla situazione economica, dal lavoro sempre meno riconosciuto come valore economico in particolare nei servizi. Riconoscono l’impegno che ne consegue sia personale che della associazione, ma credo vedano cominciare ad aprirsi spiragli di maggior applicazione del temporary management. Il problema: le culture  – imprenditore e manager esterno – che devono imparare ad avvicinarsi, trovare sinergia nella distinzione di responsabilità e di abilità, nella esecuzione di un progetto comune per l’azienda.  ATEMA ha sviluppato su questo una specifica formazione sia per imprenditori che per manager. Attraverso un networking sempre più di contenuti, ATEMA ha poi generato possibili contatti con nuovi soci che vengono dai Paesi in cui il temporary management è normale professione manageriale, come Regno Unito e Usa, ha generato la possibilità di incontro tra soci che hanno creato nuove imprese, ACTISS Italia ne è un esempio (opera nel campo delle risorse umane e consulenza per temporary manager e imprese) e altre in campi di servizi o industriali.

Temporary manager: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Sono buoni, anzi devono essere ottimi manager – perché lavorano con tempi e condizioni di solito di emergenza, si pensi al turnaround, o di start up, le quali non devono durare come start up in eterno… altrimenti addio reddittività ordinaria. Sono Liberi Professionisti, e quindi marketing, commerciale si deve affiancare alle capacità gestionali e di problem solving, e perché no anche a quelle di natura imprenditoriale, quindi assunzione di rischi, sapendoli valutare. Tutte queste ed altre sono oggetto del ns processo di qualificazione della professione del temporary manager.

ATEMA fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
E’ stato fondamentale, sia per la forza di impatto quantitativo che da soli – in un mercato ancora così lontano dall’anglosassone nel tema del temporary management – non avremmo avuto la forza, sia per aver favorito, e oggi credo ancor più,  le alleanze tra associazioni: fattore determinante a mio parere per il prossimo futuro. E poi si è fatto squadra, e credo sia significativo oggi più che mai.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Rendita di posizione, forti personalismi ed interessi, anche non sempre palesi conflitti, difficoltà nel ricercare conciliazioni (win-win) rispetto ad una più facile e meno complessa gestione del mantenimento dello status quo, scarsa propensione a guardare oltre il proprio confine e interpretare bisogni delle comunità civili.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Non c’è dubbio: avere il riconoscimento da Istituzioni e mercato (quindi le norme e la comunicazione) della professione del temporary manager e della Associazione (siamo  l’unica aggregazione in forma Associativa regolamentata, che da tempo promuove il temporary management e da prima del 2007 rappresenta secondo le regole della legislazione in vigore la identità della professione del temporary manager). Abbiamo da poco incontrato UNI per avviare il nostro gruppo di lavoro per la norma tecnica della professione temporary manager. Ovviamente il numero degli iscritti, non solo per la rappresentanza, ma ancor più per la qualità del confronto e la cooperazione che deve essere il più ampio possibile per una professione così trasversale.

Poi?
Infine, ma non ultimo, la cooperazione con le Imprese e le aggregazioni, associative e non, di impresa: il valore del temporary management è una grande forma di flessibilità e progettualità, senza perdere in qualità professionale e del servizio, anzi!