Pensione a 57 e 62 anni anche nel 2023, la misura non è a rischio

La riforma pensioni preoccupa i lavoratori. Le elezioni per rinnovare il governo, invece, ritardano gli interventi in tal senso. Se qualcosa verrà previsto, molto probabilmente sarò inserito all’interno della Legge di Bilancio di fine anno ma non si tratterà sicuramente di un intervento strutturale.

Una cosa importante da sottolineare è che ci sono misure che attualmente non sono sperimentali e che, quindi, resteranno in vigore anche per il prossimo anno. E’ il caso, ad esempio, delle pensioni contributive, della pensione anticipata ordinaria, della pensione di vecchiaia e della quota 41.

Pensione a 57 e 62 anni

Una misura che molto spesso non viene presa in considerazione è la RITA. La rendita integrativa temporanea anticipata, uno scivolo che accompagna il lavoratore alla pensione di vecchiaia e che può essere richiesta o 5 o 10 anni prima dell’età necessaria alla pensione di vecchiaia. Appunto a 62 o 57 anni, in base alla condizione lavorativa del richiedente.

Non si tratta di una misura erogata dall’INPS. Infatti si tratta di un beneficio che spetta solo a coloro che sono titolari di un fondo previdenziale complementare. Ed è proprio il fondo, grazie al tesoretto accumulato, ad erogare la rendita mensile che sarà tanto più alta quanto più consistenti sono stati i contributi versati in esso.

Ma quali sono i requisiti per l’accesso? Per il lavoratore senza occupazione è richiesto:

  • disoccupazione da almeno 24 mesi;
  • 57 anni di età almeno;
  • 5 anni di contributi versati nel fondo integrativo;
  • 20 anni di contributi versati nell’AGO.

Per chi, invece, è ancora in servizio è richiesto:

  • di cessare l’attività lavorativa;
  • 62 anni di età almeno;
  • 5 anni di contributi versati nel fondo integrativo;
  • 20 anni di contributi versati nell’AGO.

La cosa interessante è che la misura, essendo strutturale, rimarrà in vigore anche per il prossimo anno, a meno che non si intervenga in tal senso per apportare modifiche o per l’abrogazione della stessa. Ma considerando che l’anticipo in questione non prevede costo alcuno per le casse dello Stato e che il lavoratore si finanzia da solo l’anticipo pensionistico con quanto versato nel corso degli anni nella pensione complementare.

 

 

Pensioni con la rendita anticipata, la soluzione è il potenziamento della misura?

 

Ci sono misure introdotte dal nostro ordinamento che permettono un pensionamento anticipato anche se non sono strettamente previdenziali come le considerano gli italiani. Non sono misure tipiche, cioè previste dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale italiano. Per esempio, c’è la Rita, ovvero la rendita integrativa temporanea anticipata. Siamo nel campo della previdenza integrativa, nei fondi pensione. E sul quotidiano il Sole 24 Ore si mette in risalto il fatto che la Rendita anticipata potrebbe essere la soluzione ideale per mettere mano al sistema e dotarlo di forma di pensionamento anticipato. Potenziare la Rita, di questo si tratta.

Come funziona la Rita, la rendita anticipata in sintesi

La Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, questo è l’acronimo di Rita. Uno strumento che permette di anticipare in maniera frazionata o intera, l’importo spettante per quanto versato nel fondo previdenziale integrativo prescelto. In pratica, si può anticipare la rendita per il periodo temporale che va  dalla data di  accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica utile alla pensione di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio di appartenenza, in questo caso l’Inps.

Alcuni requisiti specifici per la Rita e per le pensioni integrative

Per avere diritto all’anticipazione della rendita, dal punto di vista dei requisiti occorre dire che servono non meno di 5 anni di versamenti al fondo pensionistico complementare. Inoltre, occorre chiudere l’attività lavorativa, trovarsi a 5 anni dalla pensione di vecchiaia ed avere almeno 20 anni di contributi versati al fondo previdenziale obbligatorio, cioè l’Inps. In alternativa possono essere validi 24 mesi di disoccupazione certificata, e in questo caso, il trovarsi a 10 anni dal raggiungimento della pensione di vecchiaia come prevista dall’Inps. Le pensioni con la rendita integrativa possono essere una soluzione.

Capitale o rendita? Il dubbio degli italiani

Una delle critiche che analisti e tecnici producono al sistema della previdenza integrativa è la maggiore convenienza dei cittadini a riscattare il capitale piuttosto che scegliere la rendita. Infatti come silegge in un articolo guida del Sole 24 Ore, gli iscritti ai fondi pensione preferiscono il capitale alla rendita. E sul quotidiano economico politico vengono messi in luce anche i possibili motivi. Infatti pare che siano sui i tassi di sostituzione che restano piuttosto elevati, le motivazioni della scelta che la maggior parte degli italiani aderenti ai fondi integrativi, fanno.

Rendita integrativa come funziona

Va ricordato che i fondi pensione alternativi, complementari o integrativi servono ai lavoratori per incrementare il reddito una volta in pensione. E fanno da ammortizzatore alla piega che sta prendendo il sistema pensioni nostrano, nel senso che la riduzione delle coperture Inps viene sanata proprio dai fondi integrativi. Chi sceglie di versare nella previdenza complementare infatti, non fa altro che mettere le mani avanti per il futuro, puntando ad una forma di integrazione di quella pensione che tutti reputano piuttosto bassa quando è il momento di lasciare il lavoro.

I tassi di sostituzione per le rendite sono un tarlo del funzionamento della previdenza complementare

Tornando ai tassi di sostituzione, è l’argomento scottante dello scarso funzionamento di questi strumenti nel Bel Paese. Ciò che stride è che nel calcolare il tasso di sostituzione da applicare,  questi fondi considerano una aspettativa di vita che secondo molti è troppo elevata rispetto alla realtà. I fondi in pratica fanno ciò che fa la previdenza obbligatoria con i coefficienti di trasformazione. Più si vive meno si prende e quindi anche nella previdenza complementare prima si sfrutta la rendita meno si percepisce, spingendo i più ad optare per il capitale in unica soluzione.

La gente sceglie più il capitale che la rendita, ecco perchè

Infatti in Italia i fondi integrativi vengono percepiti quasi come un surplus di TFR rispetto ad un surplus di rateo mensile di pensione. In altri termini, chi ha versato nella previdenza integrativa sceglie, nel momento in cui lascia il lavoro, di prendere tutto il capitale versato come fosse una buonuscita o un Trattamento di fine rapporto o servizio. Ma in origine i fondi integrativi erano strumenti che puntavano a sostenere i ratei di pensione futuri, non una specie di salvadanaio per aumentare le liquidazioni al termine del rapporto di lavoro.

Cosa si studia per il futuro

Potenziare la rendita e farla diventare più appetibile sarebbe la via che il governo dovrebbe prendere. Per far somigliare, sempre come si legge sul Sole 24 Ore, la Rita alle misure estere più conosciute. La partenza sarebbe il favorire l’erogazione diretta delle rendite, “confermando gli obblighi specifici di riassicurazione per l’eccessiva longevità”. Ma c’è anche una variazione strutturale che è possibile adottare. In questo caso si tratta di rendite variabili. Un assegno mensile di elevato importo alla data di decorrenza, ma che poi si adegua con il tempo alla mutualità della situazione contingente, con rivalutazioni attive per i pensionati o anche passive.

L’esempio della previdenza integrativa all’estero

All’estero queste rendite integrative a liquidazione variabile sono già presenti e diffuse sempre di più. Ma dall’estero non è azzardato pensare di copiare i versamenti integrativi a formula collettiva. Puntare sulla previdenza integrativa come la Rita per svoltare e risolvere le bene del sistema pensionistico italiano potrebbe essere una soluzione assai fattibile. C’è chi pensa per esempio ad una variazione radicale. Si arriverebbe a fornire tramite la Rita, le soluzioni per il pensionamento anticipato degli italiani, lasciando in capo all’Inps solo le misure di pensionamento ordinario, cioè le pensioni di vecchiaia a 67 anni con 20 anni di contributi o le pensioni anticipate con 42 anni e 10 mesi di versamenti. Un cambio di rotta che però appare difficile visto che c’è chi non vede di buon occhio questa rivoluzione.

Fondo pensione: quanto si risparmia con la deduzione?

Hai aderito a un fondo pensione o stai pensando di farlo? In questo caso devi sapere che tale forma di previdenza complementare è particolarmente ben vista dal legislatore e quindi sono previste importanti agevolazioni. Tra queste, consente un ottimo risparmio la deduzione delle quote versate, ma quanto si può risparmiare?

Cos’è il fondo pensione?

Il fondo pensione è una forma di previdenza complementare gestita da banche, intermediari finanziari, imprese di assicurazione, Società di Gestione del Risparmio (SGR) e Società di Intermediazione Mobiliare (SIM). L’obiettivo è fare in modo che il lavoratore al termine della vita lavorativa possa accedere a una pensione complementare rispetto a quella gestita dalle casse previdenziali di riferimento ( ad esempio INPS). L’adesione a questa forma di previdenza è sempre stata fortemente incentivata perché con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo gli importi delle pensioni sono fortemente diminuiti e i fondi pensione rappresentano per i lavoratori un modo per mantenere un tenore di vita costante anche al momento del pensionamento. Tra le misure di incentivazione più importanti vi è la deduzione dei versamenti nel fondo pensione.

Quali sono le peculiarità del Fondo Pensione?

Occorre sottolineare che tra le peculiarità di questa forma di investimento vi è la possibilità di ricevere una pensione complementare reversibile. La reversibilità non viene riconosciuta solo in favore dei soggetti che avrebbero diritto alla reversibilità della pensione “tradizionale”, infatti il sottoscrittore del fondo pensione può scegliere un altro beneficiario e non vi sono limiti percentuali alla reversibilità, come accade con la pensione tradizionale. Il fondo pensione può essere utilizzato anche per affrontare difficoltà momentanee e in anticipo rispetto alla “riscossione “ concordata, ad esempio per spese sanitarie, acquisto o ristrutturazione della prima casa. Tra i vantaggi vi è la possibilità di riscattarlo al verificarsi di eventi come un periodo di disoccupazione superiore a 48 mesi oppure invalidità permanente.

Hai bisogno di conoscere tutti i casi in cui si può avere un anticipo ? Leggi l’articolo: Anticipo fondo pensione: in quali casi si possono ritirare i soldi

Se mancano non più di 5 anni al pensionamento e il sottoscrittore del fondo pensione ha maturato almeno 20 anni di contributi, può accedere alla Rendita Integrativa “RITA”. In caso di premorienza può essere riscattato dagli eredi o dai beneficiari indicati dal sottoscrittore.

Per conoscere i dettagli della rendita RITA, puoi leggere l’articolo: RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

La deduzione dei versamenti nel fondo pensione

Il decreto legislativo Dlgs 252 del 2005 all’articolo 8 comma 4 stabilisce che i versamenti effettuati nel fondo pensione sono deducibili, è però previsto un importo massimo per tale beneficio, cioè 5.164,57 euro su base annua. Nel determinare tale quota non deve essere tenuto in considerazione il TFR maturato ed eventualmente devoluto a tale forma di previdenza complementare.

La normativa prevede anche che sia possibile portare in deduzione i versamenti effettuati nel fondo pensione di un familiare a carico, anche in questo caso è però previsto lo stesso limite. Il comma 5 dell’articolo 4 del decreto legislativo 252 del 2005 stabilisce che il limite di 5.164,57 euro è da intendersi complessivo, questo vuol dire che il totale dei versamenti in fondo pensione per sé e per i familiari a carico fiscalmente, non può superare tale soglia. L’effettivo risparmio di cui può beneficiare il singolo contribuente dipende da molti fattori, infatti l’aliquota minima IRPEF prevista è del 23%, ma sale all’aumentare del reddito.

Cosa vuol dire che i versamenti nel fondo pensione sono deducibili? La risposta è molto semplice, nel limite di 5.164,57 euro è possibile sottrarre gli importi versati nel fondo pensione annualmente dall’imponibile IRPEF, questo si traduce in minori tasse da pagare.

Deve essere precisato che non ci sono limiti di età per costituire un fondo pensione in favore di un familiare a carico, in teoria un genitore può aderire a questa forma di previdenza complementare in favore del figlio anche quando lo stesso è ancora minorenne, ad esempio a 7 anni di età.

Gli altri vantaggi fiscali

Questo però non è l’unico vantaggio fiscale, infatti i fondi sono comunque investiti dal gestore e vi sono dei rendimenti, ma gli stessi non sono tassati al 26%, come ordinariamente sono tassate le rendite finanziarie, ma al 20%. Se si aderisce ad un fondo che investe in Titoli di Stato il beneficio è ancora maggiore perché i rendimenti di tali titoli sono tassati al 12,50%.

Altrettanto vantaggiosa è la tassazione della pensione complementare, infatti l’aliquota applicata è compresa tra 9% e il 15% in base al numero di anni di partecipazione al fondo. Per ogni anno di adesione ulteriore al quindicesimo, l’aliquota del 15% viene ridotta dello 0,30%. L’aliquota minima ordinariamente applicata alle pensioni  è solitamente al 23% e si applicano i classici scaglioni IRPEF progressivi.

Previdenza complementare, cosa avviene quando si va in pensione?

L’accumulo del capitale con le rate versate alla previdenza complementare ha il massimo risultato nel momento in cui si va in pensione da lavoro. Ma cosa succede quando si smette di lavorare? E quali sono le possibilità che hanno gli aderenti al fondo pensione che hanno versato contributi per anni? Ecco tutte le opzioni possibili.

Cosa si può fare del capitale accumulato nella previdenza complementare quando si va in pensione da lavoro?

Nel momento in cui si va in pensione da lavoro e si hanno almeno cinque anni di partecipazione al fondo pensione, si può decidere di:

  • trasformare il 100% della posizione individuale in rendita, in modo da ricevere un assegno di pensione complementare che va a integrare la pensione lavorativa;
  • ricevere subito e tutto in una soluzione fino a un massimo del 50% del capitale versato e accumulato nel tempo e destinare la restante parte alla rendita;
  • liquidare tutto il capitale accumulato se si rientra nei casi previsti dalla legge. In particolare, questa opzione è possibile se il capitale accumulato risulti esiguo. Oppure se si è un vecchio sottoscrittore. In quest’ultimo caso bisogna essere iscritto alla previdenza complementare non più tardi del 29 aprile 1993 a fondi pensione che erano stati già istituiti entro il 15 novembre 1992.

Cosa valutare prima di prendere una decisione su come impiegare il capitale accumulato della previdenza complementare

Nel momento in cui si va in pensione da lavoro è importante, dunque, valutare attentamente quale opzione scegliere in merito al montante accumulato nella previdenza complementare. Il primo passaggio consiste nel pensare bene a quali saranno le esigenze personali nel periodo in cui non si svolgerà più alcuna attività lavorativa. Se la scelta ricade nell’ottenere una rendita vitalizia, l’assegno mensile che si riscuoterà andrà a integrare quello della pensione lavorativa. E, inoltre, la rendita è reversibile sia nei confronti del coniuge che di un’altra persona indicata dal sottoscrittore del fondo pensione.

Previdenza complementare: cosa avviene se si decide di prelevare tutto il montante accumulato subito?

Se la scelta ricade sull’ottenere tutto il capitare in un’unica soluzione, si potranno soddisfare le necessità del breve periodo dopo il pensionamento. Ma si corre il rischio di non avere entrate a sufficienza per mantenere lo stesso tenore di vita in futuro con la sola pensione da lavoro. Tuttavia, il montante accumulato con la previdenza complementare può servire, in determinate situazioni, a ottenere la rendita prima di andare in pensione da lavoro.

Previdenza complementare, le possibilità di anticipare la rendita rispetto alla pensione di vecchiaia

Infatti, se mancano meno di cinque anni alla pensione di vecchiaia dei 67 anni e si hanno almeno cinque anni di versamenti alla previdenza complementare, si può richiedere che le prestazioni previdenziali del fondo vengano anticipate. Questa possibilità può essere sfruttata anche nell’ipotesi in cui si è disoccupati da oltre 24 mesi oppure ci si trovi nella situazione di invalidità permanente che impedisce di svolgere un’attività lavorativa. Si tratta del meccanismo della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) che permette di richiedere al fondo di previdenza complementare di ricevere la rendita in anticipo rispetto al conseguimento della pensione di vecchiaia.

Quando si può ottenere un riscatto del montante versato alla previdenza complementare?

Rispetto all’attesa della maturazione della pensione di vecchiaia, il sottoscrittore di un fondo di previdenza complementare può richiedere un riscatto di quanto versato. In particolare:

  • può chiedere un riscatto del 100% di quanto versato nel caso di invalidità permanente. Oppure per la situazione di disoccupazione di oltre 48 mesi;
  • in alternativa per dimissioni, per licenziamento e per decesso del sottoscrittore del fondo pensione.

Inoltre si può richiedere un riscatto parziale, fino alla metà del capitale accumulato per disoccupazione per oltre 12 mesi e da meno di 48 mesi nel caso in cui il datore di lavoro ricorra alla mobilità, alla cassa integrazione guadagni straordinaria o ordinaria.

Rita: i vantaggi fiscali della tassazione che può essere dimezzata

La Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) permette un doppio vantaggio legato all’adesione dei fondi pensione. Il primo consiste nella possibilità di andare anticipatamente in pensione, anche in conseguenza di determinate condizioni (disoccupazione) che possono presentarsi nel corso della carriera lavorativa. Il secondo vantaggio consiste in una tassazione dimezzata, con evidenti benefici fiscali.

Pensione anticipata, le opzioni della Rendita integrativa Rita

La Rita è stata introdotta nell’ordinamento italiano con la legge numero 232 del 2016 e resa strutturale con la legge numero 205 del 2017. Si tratta di uno strumento assicurato dai fondi pensione le cui potenzialità, in termini di prestazione previdenziale anticipata, possono essere sfruttate da due platee di contribuenti. La prima possibilità è quella di poter accedere alla prestazione previdenziale dopo aver raggiunto i 20 anni di contributi da lavoro. Per beneficiare della prestazione è necessario non essere a più di cinque anni dalla pensione di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni. Con questi requisiti si può presentare domanda della rendita assicurata dalla Rita.

Prestazione Rita in caso di inoccupazione: possibilità di pensione dai 57 anni di età

La seconda opzione è la possibilità di accedere alla rendita Rita per inoccupazione. Più nel dettaglio del comma 4 b del decreto legislativo 252 del 2005, è necessario che il beneficiario abbia cessato il rapporto di lavoro ed esaurito la fase di inoccupazione della durata di almeno 24 mesi. In questo caso il contribuente deve trovarsi a non più di 10 anni dalla pensione di vecchiaia, avendo dunque la possibilità di anticipare la rendita a partire dai 57 anni di età. Per questa seconda opzione non è richiesto un minimo di contributi alla gestione contributiva obbligatoria, ma è necessaria l’iscrizione al fondo pensione da almeno 5 anni.

Imposta sostitutiva sulle rate Rita, l’aliquota del 15% può essere dimezzata

Tuttavia, se è vero che la Rita assicura una prestazione alternativa e, nei casi descritti, una formula di prestazione che può ritenersi quasi indispensabile negli anni precedenti la decorrenza della pensione da lavoro, l’aspetto che la rende appetibile è riscontrabile nella tassazione di vantaggio. Infatti, le rate periodiche del capitale frazionato e liquidato fino alla maturazione della pensione di vecchiaia sono tassate dall’imposta sostitutiva del 15%. Tuttavia, anche questa percentuale può essere abbattuta fino a 6 punti percentuali in base agli anni di permanenza nel fondo pensione. La sottrazione si configura con un -0,3% per ogni anno di iscrizione al fondo pensione dopo il 15esimo.

Quando l’imposta sulla Rita diventa del 9%?

Si può dunque arrivare a un’imposta del 9% sfruttando il massimo delle sottrazioni dell’aliquota in presenza di 20 anni di aderenza al fondo pensione dopo i primi 15 anni. Il meccanismo che mira ad abbattere la tassazione applicata alle rate della Rita si applica anche per le quote della rendita riferite ai montanti contributi maturati prima del 2007.

Rita: il vincolo della cessazione dell’attività lavorativa

Per ottenere la rendita assicurata dalla Rita è necessario che il contribuente abbia cessato la propria attività lavorativa. Il vincolo vige per i lavoratori che si trovano a non più di 5 anni dalla pensione di vecchiaia. Ma anche per la platea che richiede la rendita dopo i 24 mesi di inoccupazione dai 57 anni di età. Va considerata prestazione lavorativa qualsiasi rapporto di lavoro, sia autonomo che subordinato. Vale il lavoro svolto sia in Italia che all’estero. Devono essere considerate attività lavorative anche le cariche societarie oppure l’essere amministratore di una società o socio di capitali di società. In questi ultimi due casi non fa differenza se si ricevano oppure no compensi.

Requisito della cessazione dell’attività lavorativa vige fino al momento della domanda Rita

Tuttavia, dopo l’accertamento che il contribuente non svolga alcuna attività lavorativa al momento in cui fa la richiesta di erogazione del trattamento previdenziale al fondo pensione, è possibile tornare a svolgere un lavoro. Sul punto è intervenuta la Covip con la circolare numero 4209 dello scorso anno. La comunicazione ha stabilito che il requisito della cessazione dell’attività lavorativa o l’inoccupazione da 24 mesi per le formule di trattamento anticipato dai 57 anni di età, devono sussistere nel momento in cui si inoltra la domanda di accesso alla rendita integrativa.

Rita, durante il trattamento integrativo il contribuente può svolgere attività lavorativa: la regola

Pertanto, non è escluso che successivamente alla domanda di Rita il contribuente possa intraprendere un’attività di lavoro, qualunque ne sia la formula. Inoltre, durante l’ottenimento della prestazione della Rita, il contribuente può svolgere qualsiasi attività lavorativa o percepire un trattamento di pensione anticipata. In questo caso, il requisito da soddisfare è quello di avere accesso alla rendita integrativa Rita prima della maturazione dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Nello specifico, devono essere state già corrisposte almeno due rate del trattamento Rita. La regola vale per tutte le formule di pensione, dall’ordinaria alla pensione di vecchiaia, dall’opzione donna alla quota 100.

Risparmi per i figli: oltre a Pac, libretti, buoni e polizze c’è anche la pensione integrativa

Gli italiani, tradizionalmente un popolo di risparmiatori, tendono anche a lasciare qualcosa per il futuro dei propri figli. E sono vari i modi per risparmiare delle cifre. Si va dai piani di accumulo alle polizze, dai libretti di risparmio ai buoni fruttiferi postali. C’è anche la possibilità di garantire una pensione integrativa aderendo alla previdenza complementare. Vediamo dei vari modi i vantaggi e gli svantaggi considerando anche il fattore tempo, decisamente ampio, e quello delle circostanze imprevedibili.

Libretti di risparmio, liberi o vincolati

Con i libretti di risparmio si possono depositare somme in banca oppure alla Posta. Si tratta di meccanismi di deposito utilizzati molto in passato per assicurare un futuro ai figli piccoli. L’apertura di un libretto di risparmio può essere libera, senza cioè che ci siano vincoli di tempo sui prelievi, oppure vincolata. In quest’ultimo caso, le somme depositate rimangono bloccate fino a una certa scadenza.

Vantaggi e svantaggi del libretto di risparmio postale o bancario

Il vantaggio di aprire un libretto di risparmio consente ai genitori o ai nonni di poter versare anche poco per volta e senza una cadenza prefissata. Attualmente i libretti possono essere considerati vantaggiosi perché non hanno costi né per l’apertura, né per la loro gestione. Tuttavia, i tassi di interessi attuali sono molto bassi. Pertanto, questo strumento non consente di ottenere un apprezzamento considerevole di quanto investito.

Buoni fruttiferi postali: interessi tassati al 12,50%

Un occhio di riguardo hanno i buoni fruttiferi postali, consistenti in titoli emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti. La sottoscrizione dei buoni può avvenire presso la Posta oppure attraverso il sito o l’applicazione di Poste Italiane. Sottoscrivere i buoni fruttiferi postali non comporta spese, mentre gli interessi sono tassati al 12,50%. In ottica di un investimento per i figli, determinati buoni per i minori garantiscono il 100% del capitale. La maturazione degli interessi può arrivare fino a quando il minore non compia la maggiore età. Analogamente ai libretti di risparmio, oggi i buoni fruttiferi postali garantiscono rendimenti piuttosto modesti.

Polizze assicurative

Con le polizze assicurative è possibile risparmiare per i figli indicandoli come beneficiari. Sono varie le polizze che si possono sottoscrivere. Le polizze vita rivalutabili, ad esempio, o quelle del ramo I. Entrambe le tipologie permettono la rivalutazione del capitale assicurato ogni anno oppure la rendita ottenuta dall’investimento nelle gestioni separate. Entrambe le formule, inoltre, garantiscono la restituzione del capitale. Per collegare la polizza ai fondi comuni o a indici azionari è necessario investire nelle unit e nelle index linked o nelle polizze di ramo III.

I vantaggi di investire in polizze assicurative

Pur essendo prodotti più costosi rispetto ai buoni fruttiferi postali o ai libretti di risparmio, le polizze offrono determinati vantaggi. Innanzitutto sono forme di investimento del risparmio stesso, con copertura assicurativa. I premi pagati sono detraibili per il 19% fino al tetto di 530 euro. Ulteriori vantaggi sono l’impignorabilità e il fatto che non sono soggetti all’imposta di successione.

I Piani di accumulo del capitale (Pac): si versano piccole somme per volta

Per necessità di risparmio che assicurino anche un certo utilizzo degli strumenti finanziari è possibile investire nei piani di accumulo del capitale (Pac). Chi sottoscrive i piani può procedere periodicamente a versare quote di capitale. Il vantaggio principale risiede proprio nella possibilità di versamento. Si può procedere, infatti, a versare anche piccole somme periodicamente. La particolarità del “piano”, poi, aiuta a regolare le proprie spese per arrivare a mettere da parte le somme da versare.

Costi mediamente alti per i piani di accumulo del capitale

Rispetto alle altre opzioni che abbiamo visto, proprio per la particolarità di versare di volta in volta i costi possono risultare più alti. Soprattutto se si confronta lo strumento con l’investimento effettuato in un’unica soluzione. Tra i costi si segnalano quelli di apertura del piano di accumulo, i diritti fissi sui versamenti e gli oneri nel caso in cui si proceda con la chiusura in anticipo.

Adesione ai fondi pensione: è possibile la sottoscrizione a favore dei figli

Tra le formule di accumulo di risparmio a favore dei figli rientra sicuramente l’adesione ai fondi pensione per assicurare una previdenza integrativa futura. Si tratta, è evidente, di meccanismi di risparmio dalla lunga durata il cui obiettivo è quello di garantire un assegno di pensione più soddisfacente una volta che matureranno i requisiti per l’uscita dal lavoro. Per un genitore che voglia aderire ai fondi pensione, è possibile procedere con l’iscrizione alla previdenza complementare anche a favore dei figli a carico.

Deducibilità fiscale dell’adesione ai fondi pensione

Risulta scontato che una forma di pensione integrativa potrebbe rappresentare la soluzione tra le più redditizie e utili per il futuro dei propri figli. Ma non solo. Infatti, i contributi che si versano al fondo pensione beneficiano della deducibilità fiscale fino al limite di 5.164,57 euro per ogni anno di adesione. Inoltre, sul lato dei costi, tra le tipologie di fondi pensione più risparmiose si citano i fondi chiusi.

Previdenza complementare, vantaggi e svantaggi dell’adesione per i figli

In generale, aderire al fondo pensione comporta un investimento a lungo termine, con dei vincoli. Infatti i limiti sui quali è importante informarsi risiedono nel caso in cui si debba chiedere una parte del capitale accumulato in anticipo. Ma spesso sono previste agevolazioni per anticipi relativi a spese sanitarie o per l’acquisto della prima casa. Inoltre, l’adesione alla previdenza complementare può garantire la formula di pensione anticipata chiamata Rita che consente di ottenere la rendita molto prima rispetto alla maturazione dei requisiti per la pensione.

Pensione integrativa: cosa si ottiene con la previdenza complementare?

L’adesione ai fondi pensione non significa solo garantirsi una pensione di scorta una volta lasciato il lavoro per la vecchiaia, ma si possono prendere in considerazione anche altre opzioni per disporre del capitale versato. È infatti possibile trasformare l’intera posizione individuale in una rendita periodica. Ma anche ottenere somme fino alla metà del capitale accumulato in un’unica soluzione. Infine, si può richiedere l’intero capitale in presenza di determinate condizioni.

Ecco le possibilità della pensione integrativa

L’obiettivo principale di chi aderisce a un fondo pensione rimane quello di disporre delle somme accumulate per garantirsi una rendita integrativa una volta maturati i requisiti per la pensione di vecchiaia o, comunque, della pensione obbligatoria. Tuttavia è possibile ricorrere ad altre modalità di erogazione della prestazione per disporre delle somme versate.

Fondo pensione, cosa avviene al raggiungimento dei requisiti della pensione?

Nel momento in cui il contribuente al fondo pensione matura i requisiti per la pensione obbligatoria, con almeno cinque anni di partecipazione al fondo, può:

  • trasformato quanto versato nel fondo pensione in una rendita periodica e vitalizia, ricevendo ogni mese una pensione integrativa di quella obbligatoria;
  • ricevere fino al 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione, continuando poi a usufruire del restante montante sotto forma di pensione integrativa mensile;
  • in alcuni casi, ovvero per gli iscritti al fondo pensione prima del 29 aprile del 1993, si può ricevere l’intero capitale accumulato.

Pensione integrativa, servono almeno 5 anni di contribuzione al fondo

Per poter accedere alle possibilità concesse dall’adesione al fondo pensione sono necessari cinque anni di contribuzione alla previdenza complementare. Il requisito può essere ridotto a tre anni nel caso in cui il contribuente abbia cessato l’attività lavorativa, perfino in mancanza della maturazione dei requisiti per la pensione obbligatoria.

Quali sono i fattori della scelta della pensione integrativa?

La scelta di aderire a un fondo pensione e quella successiva, di come utilizzare il capitale accumulato al raggiungimento dei requisiti della pensione obbligatoria, è puramente personale. Normalmente, l’adesione a un fondo pensione rappresenta una valutazione personale sulla base delle proprie esigenze. Di regola, chi versa a un fondo pensione lo fa perché intenzionato a incrementare il proprio futuro assegno di pensione, una volta terminata l’attività lavorativa. Diversamente, la liquidazione in un’unica soluzione (anche se parziale) rappresenta la soluzione per far fronte a spese impreviste o a investimenti futuri.

Pensione integrativa, da chi viene erogata?

La rendita mensile corrispondente all’adesione alla previdenza complementare viene erogata direttamente dal fondo pensione o, in alternativa, dall’impresa assicuratrice convenzionata con il fondo stesso. In tutti e due i casi, l’importo mensile proviene da un calcolo matematico che dipende dal capitale accumulato e dal coefficiente di trasformazione. Quest’ultimo parametro dipende dall’aspettativa di vita calcolata al momento del pensionamento, dai costi applicati e dal tasso tecnico di rendimento minimo garantito.

Pensione integrativa: l’anticipo della rendita per spese sanitarie o ristrutturazione prima casa

Infine, oltre alle possibilità che il risparmiatore ha a disposizione alla maturazione dei requisiti della pensione obbligatoria, vi sono situazioni nelle quali è possibile richiedere parte del capitale accumulato prima del raggiungimento dei requisiti previdenziali. Pertanto, il risparmiatore può richiedere in anticipo somme già nel periodo di accumulo. Si tratta di situazioni nelle quali il contribuente ha la necessità di sostenere delle spese sanitarie, oppure coprire la ristrutturazione o l’acquisto della prima casa. Infine si può richiedere un anticipo al fine di sostenere il reddito nel caso in cui subisca la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa.

Adesione al fondo, il reintegro nel caso in cui si richiedano anticipi del montante

In queste casistiche, l’adesione al fondo pensione può rivelarsi un investimento futuro nel caso in cui si presentino spese impreviste o comunque situazioni in cui sia necessario utilizzare dei risparmi accumulati. Naturalmente, nel caso in cui il risparmiatore decidesse di farsi anticipare dal fondo determinati capitali, ne risulterebbe ridotta la posizione individuale. La conseguenza è quella di una riduzione del montante a disposizione del contribuente al momento della pensione. È tuttavia possibile procedere con il reintegro delle somme prelevate.

Previdenza complementare e possibilità di accedere alla Rita

Ulteriore opzione per il lavoratore che decide di aderire alla pensione integrativa è quella della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). Si tratta di un’altra formula previdenziale complementare, in presenza di determinati requisiti stabiliti dalla legge. La Rita consente di ottenere un’erogazione frazionata (rendita mensile) del montante dei contributi versati dal risparmiatore. La si può ottenere dalla richiesta di rendita fino al momento in cui maturi la pensione di vecchiaia.

RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

Chi ha compiuto 57 anni, ha perso il lavoro ed è iscritto a una delle forme pensionistiche complementari, può andare in pensione in anticipo sfruttando la RITA, cioè la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, ma di cosa si tratta e come funziona?

Cos’è la RITA: Rendita Integrativa Temporanea Anticipata

La Rita è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge di bilancio del 2017, inizialmente aveva carattere sperimentale, dal 2018 è invece diventata una misura strutturale che consente a chi ha già un’età avanzata e difficoltà a ricollocarsi nel mondo del lavoro di andare in pensione con 10 anni di anticipo accedendo però al montante accumulato presso fondi pensione. Per poter accedere a questa misura sono previsti dei requisiti.

Possono accedere coloro che :

  • hanno cessato l’attività lavorativa;
  • sono inoccupati;
  • iscritti a forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione fissa;
  • hanno maturato almeno 20 anni di contributi;
  • matureranno entro 5 anni dei requisiti anagrafici per accedere alla pensione di vecchiaia.

Quelli ora visti sono i requisiti previsti con l’introduzione della RITA nel 2017, con la legge di bilancio 2018, oltre a rendere strutturale questa misura, sono stati modificati in parte anche i requisiti.  Ora è previsto che possano accedere alla RITA anche coloro che hanno compiuto 57 anni, ma solo nel caso in cui abbiano già maturato 24 mesi di disoccupazione, si tratta quindi di lavoratori che hanno difficoltà a ricollocarsi nel mondo del lavoro. In questo caso è necessario che abbiano cessato l’attività lavorativa, che, tenendo in considerazione il regime pensionistico di appartenenza, avrebbero maturato i requisiti per il collocamento in pensione entro 10 anni e avere maturato almeno 5 anni di partecipazione a forme di pensionamento integrative (questi sono ridotti a 3 se il lavoratore si sposta tra gli Stati Membri dell’Unione Europea).

Come funziona la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata

Al verificarsi delle condizioni viste, è possibile accedere alla Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, ma come funziona? Possono accedere alla RITA i lavoratori del settore privato e del settore pubblico, che hanno aderito a fondi pensionistici aperti o chiusi. Restano esclusi da tale beneficio coloro che hanno aderito a fondi pensionistici attivi prima del 1993 in quanto non compatibili con tale normativa.

Diciamo fin da subito che non si tratta di un regalo, infatti abbiamo appena visto che per poter accedere al beneficio è necessario che il lavoratore sia iscritto a una forma di previdenza complementare. Normalmente con il pensionamento si accede anche a questa “pensione integrativa”, per coloro che decidono di chiedere la RITA il pagamento di quegli importi viene semplicemente anticipato e nel frattempo si continuano a maturare i requisiti anagrafici per raggiungere il pensionamento ordinario. Il lavoratore può scegliere di accedere a questi fondi attraverso il versamento della RITA mensile, bimestrale, trimestrale. La cadenza non può essere più ampia del trimestre.

Come riscattare la RITA

Il lavoratore inoltre può decidere di riscattare tutto il capitale tramite la RITA o solo una quota, una volta scelta la formula, il capitale viene poi ripartito in base all’effettivo montante accumulato. Nel caso in cui dovesse decidere di riscattare solo una quota, in seguito potrà comunque ricevere una piccola pensione integrativa, mentre nel caso in cui dovesse riscattare per intero le somme che gli spetterebbero, al momento del pensionamento ordinario, riceverà semplicemente l’assegno pensionistico maturato, sebbene i coefficienti in questo caso saranno diversi e l’importo mensile potrebbe essere leggermente più alto rispetto a quello che si avrebbe con il riscatto della pensione integrativa insieme all’ordinaria.

Prima di presentare la domanda RITA è bene documentarsi e valutare ogni opzione, infatti le varie riforme che hanno colpito il sistema pensionistico italiano hanno portato l’assegno mensile a essere sempre più basso, un’ulteriore riduzione è dovuta al fatto che negli ultimi anni è diventato difficile per i lavoratori avere una certa continuità contributiva. Di fatto sono tali elementi ad aver portato molte persone a scegliere dei piani previdenziali complementari il cui obiettivo è far in modo di avere una vecchiaia economicamente più serena. Intaccare quel piccolo capitale, in molti casi può voler dire avere condizioni economiche precarie durante la vecchiaia.

Come accedere alla RITA

Come si può notare, la RITA è prevista dalla legge, ma di fatto è gestita attraverso il proprio fondo pensionistico, questo vuol dire che per poter ottenere la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata è necessario proporre la domanda al fondo che gestisce la propria pensione anticipata. Per presentare la domanda è necessario avere a disposizione l’Estratto Conto Integrato che si può ottenere tramite l’INPS. In alcuni casi i fondi pensione possono anche accettare l’autodichiarazione inerente gli anni di contributi effettivamente versati, ma riservarsi il diritto di chiedere anche in un secondo momento tale documento. Il consiglio è di produrlo fin dall’inizio in modo da evitare anche disguidi legati magari a periodi contributivi non versati dal datore di lavoro (purtroppo può capitare).

Vantaggi fiscali della RITA

Deve essere sottolineato che accedere alla RITA può portare dei vantaggi di tipo fiscale, infatti la rendita è tassata al 15%, solitamente la prima aliquota IRPEF è al 23%, inoltre nel caso in cui l’adesione alla previdenza complementare abbia avuto una durata superiore ai 15 anni, per ogni anno successivo al primo vi è una riduzione dell’aliquota dello 0,3%. La tassazione in ogni caso non può essere inferiore al 9%. I contribuenti possono però scegliere di non avvalersi di tale aliquota e scegliere quella ordinaria, tale scelta deve essere resa nota attraverso la dichiarazione dei redditi. L’aliquota ordinaria potrebbe essere un vantaggio per chi usufruisce di detrazioni fisclai importanti.

Deve, infine, essere sottolineato che la RITA dura fino al raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione ordinaria e per un periodo massimo di 10 anni. Inoltre è cumulabile con altre prestazioni, ad esempio opzione donna, pensione anticipata, ape sociale e quota 100. L’erogazione della RITA può anche essere revocata, ad esempio nel caso in cui si riesca a trovare un lavoro e quindi si preferisca ricollocarsi nel mondo del lavoro.

Occorre ricordare che in caso di morte, il montante accumulato e non riscosso sarà comunque devoluto agli eredi/beneficiari.