Accensione riscaldamenti: nuovi rinvii in tutta Italia. Attenzione

Il prossimo inverno si presenta particolarmente difficile da affrontare a causa del caro energia, fortunatamente il caldo anomalo di questo autunno sta contribuendo a ridurre i consumi. Proprio per questo molte città stanno disponendo ulteriori rinvii del termine per l’accensione riscaldamenti. Ecco a cosa prestare attenzione per evitare contestazioni e multe.

Rinvio per l’accensione del riscaldamento nelle varie fasce climatiche

L’ex ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, oggi consulente del Ministero a titolo gratuito, ha provveduto per l’inverno 2022-2023 a rideterminare le date per l’accensione dei riscaldamenti andando a posticipare di una settimana l’accensione e anticipando il termine ultimo per lo spegnimento. Inoltre ha disposto la riduzione di un’ora al giorno dell’arco temporale di accensione.

Per conoscere nel dettaglio tutti gli orari e le date per le 6 fasce climatiche, leggi l’articolo: Nuovi limiti al riscaldamento, tutte le città appartenenti alle 6 zone

Ora, grazie all’inaspettato innalzamento delle temperature che sono quasi estive, alcune città hanno provveduto a rideterminare il calendario e a posticipare ulteriormente la data di inizio del periodo in cui è possibile accendere i riscaldamenti. Ad essere interessate dalla novità per ora sono le città della fascia climatica E. Si tratta di città prevalentemente del nord che in base alla disciplina contenuta nel decreto del Ministro Cingolani avrebbero potuto accendere il riscaldamento dal giorno 22 ottobre al 7 aprile per 13 ore al giorno. Inutile dire che il caldo inaspettato consentirà anche di avere bollette più leggere, mentre arrivano i primi segnali di discesa delle tariffe.

Le nuove date per l’accensione dei riscaldamenti per le città d’Italia

Sia chiaro, le norme del decreto restano in vigore, è necessario però controllare che il proprio Comune non abbia adottato una disciplina diversa. Per ora, ad aver optato per questa scelta sono state Milano e Torino. Per Milano è stato il sindaco Giuseppe Sala a firmare l’ordinanza che rinvia al 29 ottobre la data dalla quale è possibile iniziare ad accendere i riscaldamenti. A Torino la stessa decisione è stata presa dal sindaco Stefano Lo Russo. Ad adottare la stessa decisione sono state anche Bergamo e Cremona, anche il questo caso si potranno accendere i riscaldamenti dal 29 ottobre. Per Varese invece il sindaco ha scelto la data del 31 ottobre.

Bologna e Imola, sempre appartenenti alla fascia climatica E, hanno invece deciso di posticipare l’accensione dei riscaldamenti al 2 novembre 2022.

In Veneto per ora il posticipo è stato deciso dal sindaco di Verona, Damiano Tommasi anche in questo caso si parte dal 2 novembre, mentre per Pordenone il via libera è dal 28 ottobre.

Queste sono naturalmente le principali città d’Italia, ma si invitano tutti a controllare le disposizioni del proprio Comune per verificare la disposizione di rinvii sull’accensione dei riscaldamenti.

Cartier assume: 450 posizioni aperte. Ecco quali sono e come candidarsi

Cartier, storico marchio del lusso che propone soprattutto gioielli, ma non solo, apre una nuova sede a Torino. Sono disponibili 450 posti di lavoro. Ecco i profili richiesti.

Cartier assume: i profili richiesti

Cartier è un’azienda francese, fondata a Parigi nel 1847, che da sempre si contraddistingue per stile, artigianalità e qualità dei prodotti. Fa parte del Gruppo Richemont, holding finanziaria svizzera a cui appartengono anche altri noti brand quali Montblanc, Van Cleef & Arpels e Piaget e ha sedi in molti Paesi nel mondo. Propone gioielli, ma anche orologi, pelletteria e profumi tutti contraddistinti dalla loro superba manifattura. Ora questa importante azienda assume in vista dell’apertura di una nuova sede operativa in Italia.

La nuova sede Cartier a Torino sarà disponibile a breve, lo stabilimento è insediato in un vecchio edificio abbandonato. Lo stesso è stato ristrutturato con criteri di eco-sostenibilità ed è pronto ad accogliere nuove figure professionali. Il requisito che tutti i lavoratori devono avere è l’ottima conoscenza della lingua francese. I nuovi assunti saranno 450-500 e i profili richiesti, con relativi requisiti, saranno:

  • Coordinatori logistica (laurea in ingegneria e specializzazione in supply chain, buona conoscenza di excel);
  • Stage sviluppo e industrializzazione prodotto (laurea magistrale in ingegneria, conoscenza dei metodi di produzione);
  • Tecnologo di sviluppo prodotto (ingegneria meccanica o almeno due anni di esperienza nello sviluppo e industrializzazione di un prodotto, deve conoscere criteri di lavorazione e progettazione meccanica e saper utilizzare software di progettazione 3D);
  • Orafo al banco (diploma o qualifica professionale in oreficeria, capacità di utilizzare gli strumenti necessari per la produzione orafa e per la finitura geometrica artigianale, senso dell’estetica e capacità di lavorare in team).

Come inviare la propria candidatura per essere assunti da Cartier

Per inviare la propria candidatura è necessario andare sul sito Cartier alla sezione “Lavora con noi”. Dopo essersi registrati sul sito sarà possibile inserire la propria candidatura per le posizioni aperte per le quali si presentano i requisiti e caricare il proprio curriculum. Al fine di ridurre l’inquinamento per la sede di Torino saranno preferiti candidati che vivono in città o comunque disposti al trasferimento.

Oltre a Torino, dove naturalmente le assunzioni disponibili sono di più visto che trattasi di nuova sede, c’è ricerca di personale anche a Milano e Firenze. Tutte le informazioni e le posizioni sono comunque indicate sul sito Cartier.

Chi entra in Cartier ha la fortuna di far parte di un team grande e soprattutto di un’azienda che supporta i propri dipendenti assicurando loro anche crescita personale e professionale attraverso i percorsi di formazione del Campus Cartier.

 

A Torino, Roadshow per l’internazionalizzazione delle imprese

Si è appena svolta a Torino una tappa del Roadshow Italia per le imprese, con le PMI verso i mercati esteri, promosso dall’ICE, organizzata con Unione Industriale Torino, Regione Piemonte, il Centro Estero Internazionalizzazione Piemonte, la C.C.I.A.A. di Torino, Confartigianato Imprese Piemonte, Confartigianato Torino Città Metropolitana, CNA – Città Metropolitana di Torino.

L’evento era quasi interamente focalizzato sull’export italiano, considerando gli scenari internazionali senza però tralasciare le potenzialità del mercato nazionale.

Benedetto Della Vedova, sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha dichiarato in proposito: “Per un’impresa, oggi, la prospettiva di svilupparsi all’estero è una sfida e un’opportunità. Per molte è una scelta indispensabile per crescere, o per sopravvivere. È un percorso non sempre facile, su cui pesano scenari geopolitici ed economici spesso non prevedibili, come abbiamo visto in questi ultimi mesi. Ma si tratta certamente di un cammino possibile: le imprese possono affrontare con successo la competizione internazionale diversificando i mercati, trovando sinergie e utilizzando al meglio gli strumenti di sostegno che il sistema pubblico mette loro a disposizione. Rinnovo quindi alle imprese l’invito ad avvalersi sempre di più della Farnesina e della sua rete, sfruttando appieno la capacità di Ambasciate e Consolati di interpretare a 360 gradi i complessi scenari internazionali, ma anche di individuare le migliori opportunità di sviluppo all’estero per il nostro sistema produttivo”.

A questa importante tappa hanno partecipato oltre 200 aziende, che hanno potuto beneficiare di incontri individuali con i rappresentanti delle organizzazioni pubbliche e private, per valutare le opportunità di internazionalizzazione ed elaborare di conseguenza strategie di mercato che possano essere personalizzate.

Vera MORETTI

Casa nuova o da ristrutturare?

Quando si decide di comprare casa, spesso, prima di cominciare la ricerca, ci si chiede se optare per una nuova costruzione o per un’abitazione da ristrutturare.

Questo è quanto il Centro Studi di Casa.it ha voluto approfondire, analizzando i dati in suo possesso e considerando i vantaggi della possibilità di beneficiare degli incentivi fiscali previsti in caso di ristrutturazione, prorogati dalla Legge di Stabilità 2014.

Prima di tutto, Casa.it ha suddiviso il mercato residenziale in tre categorie:

chi cerca l’appartamento di nuova costruzione, approfittando dei ribassi operati dai costruttori e della forte crescita dell’offerta;

coloro che ristrutturano la casa in cui abitano in attesa di tempi migliori;

chi si orienta al mercato dell’”usato”, alla ricerca di abitazioni da ristrutturare.

Per quanto riguarda quest’ultima tipologia, la domanda di appartamenti si concentra su zone di medio-alto livello delle grandi città, dove la crisi è stata assorbita con minore danno.

Infatti, la crescita dell’offerta in un anno per le abitazioni da ristrutturare è rimasta contenuta sotto i dieci punti percentuali soprattutto in città come Bari (8.6%), Torino (7.5%), Bologna (7.4%), Roma (6.9%), Milano (6.8%) e Napoli (5.6%).

Il differenziale di prezzo fra una casa da ristrutturare e una appena ristrutturata nello stesso palazzo varia mediamente, a seconda dello stato dell’abitazione e della posizione, fra il 14% e il 27%.

Se l’appartamento in questione è di particolare pregio, il valore non supera solitamente la soglia del 15%, mentre nelle aree periferiche dei centri urbani arriva fino al 30%.

Inoltre, nelle aree centrali e di maggior prestigio delle grandi città sono state avviate importanti attività di riqualificazione di interi complessi immobiliari, che però sono sul mercato a prezzi poco concorrenziali rispetto a un singolo appartamento da ristrutturare inserito in un edificio che non necessita di interventi dopo l’acquisto.

Questo significa che chi acquista trae maggiore beneficio scegliendo questa opzione, piuttosto che comprando un appartamento già ristrutturato.

Nelle aree meno centrali e nei piccoli centri urbani, dove l’offerta interessante è minore o dove c’è molta concorrenza a causa delle molte nuove costruzioni presenti, ristrutturare risulta essere meno conveniente.

Se si decide di rimettere a nuovo un appartamento, occorre intervenire anche nella riprogettazione degli spazi e nella scelta dei materiali che, vista l’ampia scelta a disposizione, sono un punto determinante nelle voci di spesa.

Ovviamente i già proprietari ne risultano avvantaggiati, poiché partono da una liquidità maggiore e possono appoggiarsi sia al ricavo dovuto alla vendita del proprio appartamento, sia ai finanziamenti, che generalmente si assestano tra il 20% e il 40% del valore totale della nuova casa acquistata.

Chi invece acquista la prima casa punta ad appartamenti dal taglio inferiore ai 100 metri quadri e nel budget complessivo di spesa include il costo della ristrutturazione che gli permette di ridisegnare l’immobile secondo le sue esigenze.

Daniele Mancini, Amministratore Delegato di Casa.it ha voluto inoltre aggiungere: “Quando si sceglie di acquistare una casa da ristrutturare è importante osservare molto bene non solo lo stato effettivo dell’appartamento, ma anche e soprattutto prestare molta attenzione a tanti piccoli, ma fondamentali dettagli: come controllare i pavimenti, le murature, per capire quali possono essere toccate e quali no, gli infissi, importanti per il risparmio energetico, e verificare che impianti elettrici e idraulici possano essere spostati secondo le proprie necessità”.

Niente crisi per il settore dei multiservizi

Durante l’ultimo convegno organizzato dalle aziende del Gruppo SAI della Confindustria subalpina presso l’Unione industriale di Torino si è parlato della situazione del comparto Multiservizi, che sta vivendo una fase di sviluppo con un fatturato pari a circa 135 miliardi di euro annui, 2,5 milioni di lavoratori e buone potenzialità per creare nuova occupazione.

Considerando solo le attività di pulizia e servizi complementari, sono oltre 500mila addetti coloro che ci lavorano, con una forte presenza di fasce deboli e una stragrande maggioranza di personale femminile (67%).
Anche negli ultimi anni, nonostante la crisi, le imprese appartenenti al settore hanno continuato a crescere, confermando un andamento complessivamente complessivo.

Lorenzo Mattioli, presidente Anip, Associazione nazionale imprese di pulizia e Servizi integrati di Confindustria, ha inoltre illustrato la proposta di Legge relativa ai servizi integrati recentemente presentata al Palrlamento, che vuole regolamentare le gare di appalto e l’introduzione di criteri di corretta gestione e di monitoraggio dei soggetti che vi prendono parte, affinché trasparenza e competenza siano riconosciute come valori imprescindibili.

Queste le sue parole: “La crescente rilevanza del settore dei servizi (43% degli appalti pubblici contro il 25% dei lavori) impone oggi di trovare una specifica definizione normativa per il settore del Facility management. La proposta di legge in materia di servizi integrati (la numero 2475) accoglie il nostro progetto di legge quadro sui servizi agli immobili (condiviso e apprezzato da tutte le forze politiche e sociali) e definisce per la prima volta regole dirette a qualificare il settore dei servizi integrati, individuando le necessarie azioni di contrasto al lavoro sommerso e alla logica del massimo ribasso, favorendo la qualificazione dell’offerta e della domanda e rendendo più fluido il processo di finanziamento delle attività. Secondo le stime del ministero del Lavoro, questo settore, se adeguatamente disciplinato, potrebbe sviluppare occupazione aggiuntiva e regolare per circa 300mila addetti“.

Umberto Diamante, giovane presidente del Gruppo SAI di Torino, ha infine aggiunto che la maggior parte delle aziende oggi appartenenti al comparto dei Multi servizi “è partita dal monoservizio di pulizia, privato e industriale, ma in questi anni ha diversificato le proprie attività, offrendo anche servizi come la manutenzione, la sorveglianza, la sicurezza, la logistica interna, associate ad elevata progettualità tecnica e gestionale ed organizzazione qualificata per poter rispondere alle esigenze di outsourcing dei servizi no-core della clientela pubblica e privata“.

Vera MORETTI

Collaborazione tecnologica tra Italia e Corea

Tra i Paesi asiatici all’avanguardia nel settore dell’elettronica c’è la Corea del Sud, che inaugurerà una collaborazione con l’Italia per l’utilizzazione di una tecnologia digitale che le permetterà di realizzare il proprio campione nazionale di capacità elettrica, ovvero la grandezza fisica che si utilizza per “misurare” un dispositivo elettrico o elettronico.

A sviluppare questa tecnologia all’avanguardia sono stati gli scienziati dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (Inrim) di Torino.
Il loro sistema di ponti digitali d’impedenza ha un’importanza fondamentale per l’accuratezza delle misure in ambito industriale e presenta numerosi vantaggi che hanno attirato l’attenzione del Korea Reasearch Institute of Standards and Science (Kriss).

I sistemi tradizionali che servono a determinare il farad (l’unità di misura della capacità elettrica) sono infatti circuiti dispendiosi e di grandi dimensioni, il cui funzionamento richiede la costante presenza di operatori altamente specializzati. Quella dell’Inrim è invece una tecnologia a basso costo, compatta, maneggevole e automatica, basata su tecniche digitali, in grado di assicurare gli stessi livelli di accuratezza dei sistemi classici.

Massimo Inguscio, presidente dell’Inrim, ha dichiarato: “I bassi costi del nostro sistema consentono la realizzazione del farad anche ai laboratori metrologici che non possono permettersi i sistemi tradizionali. Si progredisce così nell’opera di disseminazione dei campioni delle unità di misura e si amplia e si rafforza la rete di istituti metrologici del mondo”.

E’ stato inoltre inaugurato un nuovo filone di ricerca, tema del progetto AimQuTE, di recente approvazione da parte della Comunità Europea, per il quale Inguscio ha aggiunto: “Si perseguono così gli obiettivi fissati dall’articolo 185 del trattato dell’Unione Europea che mira all’integrazione dei programmi di ricerca europei, razionalizzando gli sforzi delle varie nazioni e guidandole verso obiettivi comuni“.

Vera MORETTI

Da Casa.it un’indagine sul mercato immobiliare nel 2014

Si è concluso ieri EIRE, la rassegna dedicata alla community del Real Estate che si è svolta a Milano dal 24 al 26 giugno negli spazi di Fieramilanocity.
Durante l’evento, Casa.it ha presentato la nuova edizione del suo Osservatorio Immobiliare aggiornata al primo semestre 2014.

I dati emersi da questo dettagliato studio si muovono in due direzioni: da una parte sono stati esaminati i dati sulla domanda e l’offerta e, dall’altra, le sensazioni dominanti di chi vorrebbe, nel prossimo futuro, vendere o acquistare casa.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, l’indagine ha evidenziato che ben l’80% degli italiani ritiene che nei primi 6 mesi dell’anno il valore degli immobili nella zona in cui risiede sia diminuito.

Emerge, inoltre, che per il 54% degli utenti questo è un momento favorevole per l’acquisto di un immobile, poiché si pensa che, anche per i prossimi 6 mesi, i prezzi continueranno a scendere e quindi che le contrattazioni saranno ancora possibili.
Se però si guarda alla propensione alla vendita, il 71.6% del campione non intende mettere in vendita il proprio immobile nel timore di svenderlo.

Gli intervistati da Casa.it si sono mostrati ottimisti circa un possibile sblocco del mercato immobiliare residenziale e questo grazie ad un incremento sia delle richieste di mutui da gennaio 2014 sia delle domande di case.
E in aumento sono anche le abitazioni messe sul mercato.

Le sensazioni degli italiani sono confermate dall’Osservatorio Immobiliare, secondo cui i prezzi rappresentativi degli immobili in vendita sono diminuiti del 5,2% rispetto a giugno 2013.

Per quanto riguarda le tipologie di abitazioni, il mercato immobiliare dispone di molte disponibilità di tagli ampi, con 4, 5 o più locali che, insieme, pesano per una quota che va dal 53,4% del Sud e Isole al 59,3% del Centro Italia.
Ma non mancano offerte relative a bilocali e trilocali, specialmente nelle regioni del Sud e nelle Isole dove costituiscono il 43,4% degli immobili in vendita.

Nel Centro e Nord Italia, le stesse tipologie occupano rispettivamente una quota del 37,8% e 34%.
I monolocali, invece, assorbono quote residuali, fatta eccezione per il Nord Italia (11%).

Chi vuole acquistare casa nelle regioni del Nord cerca in primo luogo trilocali (33%) e bilocali (22%), ma sono ben rappresentati sia i quattro locali (18%) che i monolocali (17%). Al Centro e Sud Italia la domanda è ripartita in modo omogeneo su tutte le tipologie, con una lieve prevalenza delle grandi superfici (5 locali e più), seguite da trilocali, quadrilocali, e bilocali.

Vediamo nel dettaglio la situazione delle quattro principali città italiane.
A Torino, il primo semestre del 2014 ha segnato la discesa dei prezzi delle abitazioni che fa segnare un brusco calo del -5,3%, mentre cresce, anche se solo di decimi di punto (0,5%), il prezzo che i potenziali acquirenti sono disposti a investire.
In media, un appartamento costa 2.300 al metro quadro, con una differenza del 9%.

A Torino, oltre il 50% dell’offerta riguarda bilocali e trilocali, mentre i monolocali sono appena il 7% del totale. Nel primo semestre 2014, inoltre, è cresciuta l’offerta di appartamenti di grandi dimensioni (dai 4 a 5 o più locali), che oggi rappresentano insieme oltre il 41% dell’offerta. La domanda di abitazioni, invece, si concentra per oltre il 60% dei casi sui bilocali e sui trilocali.
Le grandi metrature attirano solo il 30% del totale della domanda, mentre i monolocali sono richiesti dal 7% dei potenziali acquirenti.

A Milano, alla fine del primo semestre 2014 la discesa dei prezzi degli immobili in vendita a Milano ha fatto segnare un calo medio del -4,3%.
Dal lato della domanda, i valori stazionano sempre intorno ai 3.400 euro al mq. e il punto di incontro ideale per concludere l’acquisto è fissato lievemente al di sopra dei 3.500 euro al metro quadro.
A Milano oltre il 60% dell’offerta riguarda bilocali e trilocali, mentre i monolocali sono solo il 6% del totale. Nel primo semestre 2014 è cresciuta l’offerta di appartamenti di grandi dimensioni, dai 4 a 5 più locali, che oggi rappresentano insieme oltre il 30% dell’offerta.

Nelle zone centrali della città prevale l’offerta di appartamenti con taglio superiore ai 120 metri quadri, mentre in semicentro ed in periferia l’offerta di bilocali e monolocali è superiore a quella dei quadrilocali.

La domanda di abitazioni si concentra per oltre il 70% dei casi su bilocali e trilocali. Le grandi metrature interessano solo il 14% del totale della domanda, mentre i monolocali vengono cercati dal 9% dei potenziali acquirenti.

Dopo i cali superiori al 6% registrati a fine 2013, a Roma nei primi sei mesi dell’anno i prezzi offerti sul mercato immobiliare sono rimasti pressoché stabili (-1,8%).
Il valore medio resta fra i più alti di’Italia con quasi 4.000 euro al metro quadro.
Risulta in flessione (-2,1%) il prezzo che indica la disponibilità d’investimento da parte degli acquirenti e che si colloca vicino ai 3.600 euro al metro quadro. La forbice fra il prezzo offerto e quello domandato, tuttavia, rimane vicina all’8%, indicando che la strada per trovare un punto di equilibrio fra domanda e offerta è ancora lunga.

A Roma il 50% dell’offerta riguarda appartamenti da due o tre locali. Nel primo semestre 2014 è cresciuta la disponibilità di appartamenti nei tagli più abbondanti (quadrivani, pentavani o più), che oggi rappresentano insieme il 47% dell’offerta.

La domanda di abitazioni si concentra per oltre il 50% dei casi sui bilocali e trilocali. Non sono da meno le grandi metrature, che attirano il 40% del totale della domanda rispetto ai dati ricavati dall’offerta, si denota un buon equilibrio sia per i bilocali che per i trilocali.

Anche sulle grandi metrature, i quadrilocali in particolare, le percentuali tra venditori e acquirenti coincidono in linea generale. Il fatto che ci siano corrispondenze fra domanda e offerta in termini di distribuzione delle stesse non significa però che il mercato sia in equilibrio. Infatti spesso l’offerta non combacia con la domanda, oltre che nel prezzo, anche per la localizzazione.

A Napoli, infine, il primo semestre 2014 non ha modificato la tendenza del mercato, caratterizzata da un processo di repricing dell’offerta che vede i valori calare in media del 4,4%.

Purtroppo, anche la domanda non dà segnali di ripresa, anzi, segna un nuovo calo in termini di costo al mq. disposta a spendere (-4,6%). Lo scarto percentuale fra i due valori rimane intorno al 10% e non si prevedono gradi modifiche sui sei mesi restanti.
Il 50% dell’offerta nel capoluogo campano riguarda gli appartamenti di grandi dimensioni, ovverosia oltre i 120 metri quadri. Bilocali e trilocali, con il loro 45% complessivo, si spartiscono l’altra fetta dell’offerta. Nel primo semestre 2014 è cresciuta soprattutto l’offerta di appartamenti di grandi dimensioni che oggi, da soli, rappresentano il 30% dell’offerta sul mercato.

A Napoli la domanda di abitazioni si divide piuttosto equamente fra chi cerca i trilocali (30%) e gli appartamenti di grandi dimensioni (45%). Per quanto riguarda la ricerca di abitazioni dalle dimensioni ridotte (non superiori ai 50 mq.), questa concerne il 9% del totale dei potenziali acquirenti. Nei primi sei mesi del 2014 la domanda è tornata a crescere soprattutto nelle zone di migliore qualità abitativa della città a ridosso della costa.

Vera MORETTI

Mercato immobiliare in calo anche per i capannoni

Non solo nel settore degli appartamenti, ma anche per quanto riguarda i capannoni il mercato immobiliare sta registrando risultati in calo, come viene testimoniato da un’indagine condotta da Tecnocasa.
Il segno negativo è relativo sia alle soluzioni di nuova costruzione (-4,1% per le soluzioni vicino alle arterie e -4,2% per quelle lontane dalle arterie) sia per quelle usate (-5,5% per i capannoni vicino alle arterie e -6,0% per quelli lontani dalle arterie).

I dati in discesa si riflettono anche sui contratti di locazione. In questo caso, per i capannoni di nuova costruzione si tratta di -4,9% se vicino alle arterie e -4,4% se lontano dalle arterie, per le soluzioni usate il ribasso è stato rispettivamente del 4,0% e del 3,6%.

Generalmente, gli interessati optano per l’affitto di spazi vicino alle arterie di comunicazione e che siano in buono stato e con impiantistica a norma, per non dover effettuare troppi lavori nel momento in cui la locazione ha inizio, anche se il requisito principale è la presenza di un’area di carico e scarico merci.

Nella maggior parte dei casi, si tratta di clienti che svolgono attività artigianale o, in alternativa, di vendita all’ingrosso o di deposito e stoccaggio merci.
La metratura media degli immobili locati è compresa tra 250 e 750 mq mentre i tempi di locazione di un capannone si aggirano intorno a 230 giorni.

Vediamo nel dettaglio cosa è accaduto nel secondo semestre 2013 in alcune delle aree più dinamiche ed attive.

Nella zona di Torino le quotazioni ed i canoni di locazione dei capannoni sono diminuiti maggiormente sulle tipologie lontane dalle arterie.
Se, infatti, le tipologie nuove hanno registrato un calo di prezzi del 7% vicino alle arterie di comunicazione e dell’8,9% lontano dalle arterie di comunicazione, i canoni di locazione sono calati diminuiti rispettivamente del 2,5% e del 6,2%.

I prezzi delle tipologie usate hanno registrato una contrazione del 7,4% se posizionate vicino alle arterie e del 7,8% se lontano dalle arterie. I canoni di locazione delle tipologie usate sono diminuiti rispettivamente del 5,9% e del 7,6%.

La ricerca dei capannoni, in affitto e in vendita, interessa maggiormente i comuni della provincia di Torino, meno la città stessa.
Quasi assente la ricerca di capannoni in acquisto dal momento che, su questo segmento, ci si muove soprattutto sulla locazione.
Il capannone tipo è situato in prossimità delle arterie di comunicazione, è dotato di un’area di manovra per carico e scarico ed ha un’ampiezza compresa tra 500 e 1000 mq.
Le attività che s’insediano sono prevalentemente quelle di produzione, di meccanica e di tipo artigianale.
La maggioranza delle richieste si concentra sugli immobili dell’hinterland: Borgaro Torinese, Collegno, Grugliasco, Moncalieri, Rivoli e Settimo.

Tra le più richieste rimane l’area della Brianza, che, grazie al passaggio dell’autostrada A4 nonché della tangenziale est diretta a Bergamo, Brescia e Torino, mantiene una invidiabile posizione strategica per le grandi e piccole imprese.
Ciò è ampiamente dimostrato dai dati del secondo semestre del 2013, dinamici ed attivi grazie anche ad aziende sempre alla ricerca di centri direzionali e capannoni da destinare ad attività artigianali.

Tra le grandi aziende in zona, ricordiamo Siemens, Sap e Cisco che occupano di importanti spazi direzionali e di conseguenza anche le aziende satellite cercano in zona, creando un forte indotto.

Sul segmento dei capannoni si registra una buona domanda: la zona infatti è interessante per la vicinanza alle vie di comunicazione più importanti. I tagli più richiesti sono di 300-500 mq, in buono stato e a norma. Le quotazioni sono di 600-800 € al mq mentre i canoni di locazione sono di 40-50 € al mq annuo. Ad insediarsi sono attività artigianali e società che lavorano per conto terzi.

Per quanto riguarda la situazione del mercato non residenziale di Verona, nel secondo semestre 2013 sono stati stipulati soprattutto contratti di locazione, il cui mercato si è mantenuto pressoché stabile, in relazione sia allo stato dell’immobile sia alla posizione relativa alle arterie di comunicazione.

La quasi totalità delle richieste si concentra sugli affitti, la cui domanda proviene da piccoli imprenditori che impiantano attività di artigianato o di deposito e stoccaggio merci.

Le richieste sono soprattutto per tipologie vicine ad importanti arterie viarie (tangenziali ed autostrade): In questo periodo dell’anno si sono compravenduti tagli da 300 a 1000 mq con una spesa media di acquisto di 500-600 € al mq e con un canone di locazione di 30 € al mq annuo.

Un sensibile calo delle quotazioni e dei canoni dei capannoni è stato registrato a Perugia, dove i prezzi sono diminuiti del 6,7% per le soluzioni nuove vicino alle arterie e del 9,8% quelle lontane dalle arterie.
Le tipologie usate hanno avuto rispettivamente una contrazione del 4% e del 5%.

Sul versante delle locazioni si è avuta una contrazione del 3,8% per le soluzioni nuove vicino alle arterie e dell’1,8% per quelle lontano dalle arterie.
Per le tipologie usate invece il ribasso è stato dell’1,3% e del 2,2%.
La domanda di acquisto è fortemente diminuita ed il mercato è movimentato esclusivamente da artigiani che cercano strutture in locazione. Le richieste si focalizzano su capannoni con un’ampiezza compresa tra 200 e 400 mq, dotati di porte carraie e di un’altezza non inferiore ai 6,20 metri, che permettano facilmente le operazioni di carico e scarico.

A Napoli le domande per i capannoni arrivano da artigiani, impegnati in particolare nel settore della lavorazione della pelle e dell’abbigliamento, e si concentra su metrature comprese tra 50 e 60 mq con tagli massimi da 300 mq.
Capannoni con metrature superiori a 1000 mq sono richiesti esclusivamente da cinesi che li utilizzano per la vendita all’ingrosso.

Il mercato si basa quasi esclusivamente su contratti di locazione, soprattutto se si tratta di strutture che si trovano in complessi industriali, più accattivanti rispetto a locali che si trovano in zone isolate.

Sul mercato dei capannoni a Catania si registrano variazioni al ribasso dei prezzi e stabilità dei canoni di locazione.
Sul versante dei prezzi si registra una contrazione del 7,1% per le soluzioni nuove vicino alle arterie e del 4,5% per quelle lontano dalle arterie. Le soluzioni usate hanno segnalato una contrazione del 5% (vicino alle arterie).

La richiesta è in genere per soluzioni intorno a 800-1000 mq, ricercati soprattutto da cinesi per svolgere attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio di abbigliamento, calzature, oggettistica. Cercano immobili open space, con pochi pilastri, ampie vetrate e parcheggi di pertinenza esclusivi. I canoni di locazione sono di 40-50 € al mq annuo.

Vera MORETTI

La crisi continua per le imprese del settore tessile

La crisi non si ferma, soprattutto per le imprese italiane che lavorano nel settore tessile, dell’abbigliamento e delle calzature.
Per far capire la gravità della situazione, in poco più di un anno si è perso l’equivalente di un piccolo paese, pari a 14.500 imprese che hanno chiuso i battenti da gennaio 2013 ad oggi.

Se nel primo bimestre 2011 si contavano 158mila imprese appartenenti al comparto moda, nel primo bimestre 2014 erano 131.682, con una riduzione del 17%, dato confermato dalla
Fismo Confesercenti, l’associazione di categoria che rappresenta le pmi del commercio, del turismo, dei servizi, dell’artigianato e dell’industria, in occasione della sua assemblea annuale.

I saldi particolarmente negativi appartengono alle città di Roma, Napoli, Torino, Milano e Brescia.

Negli ultimi sei anni, gli italiano hanno ridotto la propria spesa in abbigliamento e calzature di circa 150 euro.
Nel 2007 si spendevano circa 1.000 euro pro-capite, nel 2013 se ne sono spesi 850.

La crisi, inoltre, ha cambiato profondamente le abitudini dei consumatori e, di conseguenza, anche il settore distributivo: nel 2012 per la prima volta la quota di prodotti venduti in saldo o in promozione ha superato il 50% del fatturato e tra i canali distributivi perdono più terreno i piccoli esercizi (-10,3% nel 2012), poi la grande distribuzione de-specializzata (-9,9%) e crescono solo outlet (14,2%) ed e-commerce che ha visto nel 2012 un +31% rispetto al 2011.

Vera MORETTI

Startup innovative in aumento

Sempre in aumento le startup innovative.

A febbraio ne sono state aperte 1.719, ripartite per il 30% nel Nordovest, il 28% nel Nordest, 23% al Centro e 19% nell’Italia meridionale e insulare.
Tra le regioni più attive, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, mentre le città italiane in cui sono maggiormente presenti sono Milano, Roma e Torino.

Questi dati sono stati resi noti dalla relazione annuale sullo stato d’attuazione della politica del governo a sostegno dell’ecosistema delle start up innovative, presentata dal ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, lo scorso marzo alle camere e online sul sito del Mise.

Per quanto riguarda il settore di attività, ben il 78% delle nuove startup opera nei servizi e in particolare nella produzione di software e nelle attività di ricerca e sviluppo, il 18% nell’industria e nell’artigianato, il 4% nel commercio, anche se ci sono esempi di startup anche nel turismo e nell’agricoltura.

Sono 19, infine, gli incubatori certificati, strutture dotate di un’esperienza consolidata nell’attività di sostegno alle startup innovative.

Vera MORETTI