Fringe benefit nel decreto Aiuti bis: aumenta la quota non imponibile

Il decreto Aiuti Bis del 4 agosto 2022 porta molte novità e tra queste vi è l’aumento del tetto dei fringe benefit aziendali esentasse, inserito nell’articolo 11 del decreto Aiuti Bis.

Le misure previste nel decreto Aiuti Bis

Il decreto Aiuti Bis sarà molto probabilmente l’ultimo licenziato dal governo Draghi, ha un valore di 17 miliardi e mira ad aiutare le famiglie nella gestione degli aumenti. Prevede un anticipo dell’aumento delle pensioni già dal mese di agosto 2022, inoltre rifinanzia il Bonus Psicologo, proroga il taglio delle accise, prevede un aumento del taglio del cuneo fiscale per i redditi medio- bassi, estende il bonus di 200 euro a categorie prima escluse, riconosce aiuti alle imprese agricole per far fronte agli effetti della crisi idrica. Tra le misure inoltre previste vi è l’aumento della quota di fringe benefit che è esentasse.

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Cosa sono i fringe benefit e a quanto ammonta la quota non imponibile per il 2022?

I fringe benefit rientrano nell’ampio spettro del welfare aziendale. L’articolo 51 comma 1 del tuir stabilisce “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”, ciò vuole dire che concorrono a determinare il reddito imponibile anche i valori diversi dal denaro, imputando quindi valore di “altre liberalità”.
Al fine però di agevolare lavoratore e datore di lavoro, vige una quota che non determina reddito imponibile quindi su essa non si applica l’Irpef. L’aumento di questa quota, che in realtà non è poi molto alta, porta un ulteriore risparmio di imposta al lavoratore. Per l’azienda vi è invece il vantaggio della totale deducibilità degli importi.

Il comma 3 dell’articolo 51 stabilisce che “Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro; se il predetto valore superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.”
Al fine di aiutare le famiglie a far fronte agli aumenti che caratterizzano beni di largo consumo, come i carburanti, ma anche gli alimentari e l’energia, per il 2022, e quindi retroattivamente, la quota di fringe benefit aziendali esentasse raddoppia e arriva a 516,46 euro. In realtà anche per il 2021, al fine di far fronte all’emergenza Covid, era stato applicato un provvedimento simile. Ricordiamo che tra i fringe benefit rientrano tutta una serie di liberalità tra cui l’uso dell’auto aziendale, cellulare, buoni carburanti.

 

Benefit Metalmeccanici: entro il 28 febbraio le imprese devono provvedere

Il Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori del comparto metalmeccanici riconosce ai lavoratori benefit del valore di 200 euro. Le PMI dovranno provvedere entro il 28 febbraio 2022 a mettere effettivamente a disposizione questi strumenti. I benefit metalmeccanici dovranno essere sfruttati dai lavoratori entro il 31 dicembre 2022.

Cosa sono i benefit metalmeccanici

I benefit aziendali sono erogazioni in favore dei dipendenti da elargire attraverso denaro oppure con servizi o sconti, ad esempio bonus carburanti. L’azienda deve fornire al lavoratore diverse opzioni e tra queste il lavoratore sceglie. Rispetto ai contratti “retributivi” si tratta di misure di welfare aziendale ulteriore. I benefit non sono obbligatori, ma se il contratto collettivo nazionale del comparto lo prevede, lo diventano Nei limiti previsti dalla legge l’azienda può riconoscere ulteriori benefit ed erogarli anche solo ad alcuni collaboratori.

I lavoratori hanno un ulteriore vantaggio, infatti non sono tassabili, quindi si tratta di valori che non concorrono a determinare il reddito imponibile. Nel momento in cui sono inseriti all’interno del contratto collettivo nazionale del comparto e l’azienda aderisce a tale contratto, diventano obbligatori. Questo vuol dire che le PMI del comparto metalmeccanico dovranno obbligatoriamente provvedere entro il 28 febbraio 2022 a mettere a disposizione tali fringe benefit. Inoltre l’obbligo sarà vigente anche per gli anni 2022 e 2023. Si provvederà poi al rinnovo del contratto.

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E/2016 sottolinea che il datore di lavoro è tenuto a predisporre dei piani di utilità che diano ai lavoratori la possibilità di scegliere tra varie opzioni. Tra le opzioni vi sono:

  • buoni spesa;
  • buoni carburante;
  • abbonamenti a trasporto pubblico;
  • abbonamenti per la frequenza di impianti sportivi;
  • mutui agevolati;
  • contributi per sanità integrativa;
  • servizi di asilo nido e per anziani.

Fringe benefit metalmeccanici: attenti alla scadenza del 28 febbraio

La prossima scadenza del 28 febbraio quindi è il termine entro il quale le singole aziende aderenti al contratto di comparto dovranno rendere noti ai lavoratori i benefit metalmeccanici tra i quali potranno scegliere.

Occorre però sottolineare che l’articolo 52 del contratto CCNL Unionmeccanica Confapi prevede che tra gli strumenti che il datore di lavoro deve predisporre c’è la destinazione del contributo alla previdenza integrativa del fondo Fondapi.

Per approfondimenti su trattamento fiscale e caratteristiche dei fringe benefit, consigliamo i seguenti articoli:

I vantaggi fiscali dei fringe benefit aziendali: panoramica

Fringe benefit aziendali 2022 dimezzati: le ultime notizie per imprese e lavoratori

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Fringe benefit aziendali, quali sono

 

Welfare aziendale, quali incentivi ci sono?

In questa rapida guida andremo a scoprire la situazione del welfare aziendale, quali sono gli incentivi per un dipendente in tal senso? Scopriamolo assieme nei paragrafi che seguono.

Welfare aziendale, di cosa si tratta

Partiamo subito col dire che quando si parla di welfare aziendale si intende il complesso delle erogazioni e prestazioni che un’azienda riconosce ai propri dipendenti con lo scopo di migliorarne la vita privata e lavorativa.

E va detto che sono sempre più numerose quelle aziende pronte ad adottare i premi di produttività per migliorare le condizioni lavorative dei dipendenti del settore privato.

Andiamo, nei paragrafi successivi a vedere nello specifico la situazione contrattuale sparsa da nord a sud del paese e i relativi piani ed obiettivi aziendali.

Contratti attivi e depositati

Fino alla data dello scorso 15 ottobre 2021 risultavano depositati 66.954 contratti e di questi, a livello territoriale, il 75% è concentrato al Nord, il 17% al Centro il 8% al Sud.

Sempre facendo fede alla data del 15 ottobre 2021, 13.020 depositi di conformità si riferiscono a contratti tuttora attivi. Tra questi a livello territoriale il 75% si colloca al Nord, il 16% al Centro, il 9% al Sud. In più:

  • 10.348 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività;
  • 7.957 puntano a obiettivi di redditività;
  • 6.227 si propongono obiettivi di qualità;
  • 1.423 prevedono un piano di partecipazione;
  • 7.627 prevedono misure di welfare aziendale.

Welfare aziendali: il quadro generale

Andando ad effettuare un’analisi per settore di attività economica possiamo notare che tra i contratti depositati:

  • il 60% fa riferimento ai Servizi;
  • il 39% si riferisce all’Industria;
  • il 1% all’Agricoltura.

Tra i 13.020 contratti attivi:

  • il 57% riguarda imprese del settore dei Servizi;
  • 42% Industria;
  • 1% Agricoltura.

Andando invece a valutare la dimensione aziendale otteniamo che tra i contratti depositati:

  • il 51% ha un numero di dipendenti inferiore a 50;
  • il 34% ha un numero di dipendenti maggiore uguale di 100;
  • il 15% ha un numero di dipendenti compreso fra 50 e 99.

Formazione 4.0 quali agevolazioni

Stando all’articolo 1 del Decreto Interministeriale datato 4 maggio 2018 abbiamo l’ introduzione di un credito di imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, per talune spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal cosiddetto “Piano Nazionale Industria 4.0”.

All’atto del deposito telematico dei contratti aziendali è possibile, quindi, indicare tale incentivo fiscale e alla data del 15 ottobre 2021 risultavano depositati 4.214 contratti di cui:

  • il 39% è situata al Nord;
  • il 26% al Centro;
  • il 35% al Sud dove emergono i dati della Campania che presenta il numero maggiore di contratti depositati su tutto il territorio nazionale.

Facendo riferimento al settore di attività economica, il numero maggiore dei contratti depositati riguarda aziende che operano nel settore Servizi (il 61%), a seguire Industria (il 38%) e in ultimo il settore Agricolo (1%).

Contrattazione di prossimità

In ultimo, ma non ultimo andiamo a prendere in esame la contrattazione di prossimità, ovvero quello strumento che offre alle imprese la possibilità di adeguare alcuni istituti normativi e contrattuali alle condizioni e alle specifiche esigenze delle diverse realtà aziendali.

Facendo fede sempre alla data di cui sopra del 15 ottobre 2021 sono stati depositati 1.032 contratti ex art. 8 D.L.138/2011, convertito in L.148/2011 e s.m.

Ci si riferisce a dei Contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, cioè dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda, che possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali.

Andando, quindi a prendere in considerazione la distribuzione geografica, il 41% dei contratti risultava concentrato al Nord, il 17% al Centro, il 42% al Sud.

Questo è dunque quanto vi fosse di più utile e essenziale da sapere in merito alla questione dei welfare aziendali e dei rispettivi benefici e incentivi su lavoro e territorio.

Scopri i 10 benefit più richiesti nel 2021: il welfare aziendale di nuova generazione

Sempre più aziende mettono a disposizione i fringe benefit per i dipendenti, ma quali sono i 10 benefit più richiesti nel 2021? Una ricerca lo svela.

Perché le aziende riconoscono benefit aziendali

In alcune realtà aziendali ai dipendenti vengono riconosciuti dei benefit il cui obiettivo è migliorare la qualità della vita dei dipendenti e spronarli a lavorare con maggiori stimoli e soprattutto restare in azienda.  La fuga dei talenti per l’Italia continua ad essere un problema rilevante ed è determinata soprattutto dalle condizioni economiche proposte ai lavoratori che spesso sono davvero molto basse al punto di avere meritato per il 2020 la maglia nera in Europa. A confermare questo dato c’è una ricerca condotta da Eagle Hill Consulting e pubblicata da Human Resource Executive da cui emerge che il 58% degli italiani lavora in una condizione di burnout cioè di stress cronico e persistente associato al contesto lavorativo e il 4% di essi sta pensando di lasciare il lavoro.

Per mitigare questi dati molte aziende riconoscono i  fringe benefit, cioè un welfare aziendale che rappresenta una sorta di riconoscimento accessorio rispetto allo stipendio e che godono di vantaggi fiscali.  Ad esempio nel rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale dei Metalmeccanici avvenuto il 5 febbraio 2021 sono previsti 200 euro di benefit aziendali. Questi saranno oggetto di ulteriore trattativa tra le parti al fine di determinare come possono essere usufruiti.  I benefit disponibili sono molteplici e per alcuni si nota un certo interesse da parte dei dipendenti.

Naturalmente il 2021 con la pandemia ha determinato delle scelte differenti rispetto al passato e a delineare quali siano i 10 benefit più richiesti nel 2021 dai lavoratori italiani è una ricerca condotta da Harris Interactive per Sodexo e che ha analizzato le richieste pervenute durante il secondo lock down nazionale.

Quali sono i 10 benefit più richiesti nel 2021?

Il benefit più richiesto resta il premio aziendale immediato, preferito dal 34% dei lavoratori, in questo caso la preferenza va a buoni sconti da spendere il smart working, cioè con acquisti fatti direttamente da casa, magari dalla propria postazione di lavoro, questa modalità è preferita dall’84% di coloro che stanno lavorando in smart working.

Al secondo posto, distaccati di 10 punti percentuali, ci sono i premi in food e beverage, si tratta però di richieste di prodotti sani e genuini richiesti anche nei distributori aziendali.

Le posizioni che ora andremo a vedere sono davvero molto ravvicinate a separarle è un punto percentuale. Il terzo benefit più richiesto è lavorare da casa, in smart working e i benefit finanziari. Deve però essere sottolineato che rispetto al passato vi è un calo di richieste di lavoro da casa, questo probabilmente è dovuto al fatto che a molti già lavorano in modalità smart, di conseguenza una parte delle domande risulta evasa. Si aggiunge il fatto che lavorare da casa diminuisce la socialità e molte persone dopo aver provato non hanno apprezzato e ritornerebbero volentieri in ufficio, specialmente se gli spazi sono ridotti.

Il quarto posto (22%) tra le richieste di benefit è rappresentato dai buoni pasto o ticket restaurant, questi possono essere correlati al fatto che lavorando da casa molti lavoratori hanno perso i ticket mensa e di conseguenza ciò ha inciso sul budget familiare. Da sempre infatti i buoni pasto sono stati considerati una sorta di stipendio accessorio e rinunciarvi non è certo semplice. Per le aziende e i lavoratori questi rappresentano anche un vantaggio infatti sono esentasse.

La seconda parte della classifica dei 10 benefit più richiesti nel 2021

Al quinto posto della classifica dei benefit più richiesti dai lavoratori vi sono le prestazioni mediche, per sé e per la famiglia, preferite dal 21% dei lavoratori, questo è dovuto in primo luogo ad una maggiore attenzione per la salute e in secondo luogo al manifestarsi di una certa carenza, soprattutto in alcuni settori, del Servizio Sanitario Nazionale. Il settore della sanità privata colma tale vuoto, ma i costi devono essere sostenuti dagli utenti, ad esempio una delle spese che gli italiani hanno difficoltà ad affrontare è quella per il dentista.  A richiedere questo benefit sono il 21% dei lavoratori, una percentuale comunque considerevole, correlata a una ricerca dell’ANIA che sottolinea come l’Italia sia il Paese europeo in cui la popolazione più di altre usa i risparmi propri per la salute.

Al sesto posto tra i benefit più richiesti vi sono i corsi di formazione, sostegni per il trasporto pubblico e benefit legati alla salute psico-fisica.

Il 20% dei lavoratori richiede come benefit l’uso di veicoli aziendali con noleggio a lungo termine, molto probabilmente questa richiesta che può sembrare bizzarra è legata alla paura di utilizzare mezzi che possono essere probabile veicolo del virus. Il 13% dei lavoratori, ottavo posto in classifica, invece vuole proprio l’auto aziendale, quindi di proprietà dell’azienda.

Le ultime posizioni nella classifica dei 10 benefit più richiesti nel 2021

Naturalmente non manca l’attenzione per i figli e le esigenze soprattutto delle donne, infatti al nono posto (11%) delle richieste di benefit aziendali si pongono i servizi per i bambini, come l’asilo nido aziendale, bonus baby sitter, tate convenzionate, sconti per palestre per i figli, viaggi di studio e formazione.

Infine il 10% dei lavoratori chiede la carta di credito aziendale per sostenere spese da rimborsare ai dipendenti, quindi invece di anticipare le spese e poi chiedere il rimborso i dipendenti chiedono di poter usare la carta di credito, naturalmente le spese devono essere tracciabili.

 

Fringe benefit aziendali, quali sono?

Sempre più imprese negli ultimi anni hanno deciso di adottare un welfare aziendale, che consiste in una serie di servizi e beni messi a disposizione dei dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato. La peculiarità del welfare aziendale è rappresentata dalla sua natura non economica e l’insieme di tali iniziative non ha il solo scopo di aumentare il potere d’acquisto del lavoratore, ma anche di contribuire al suo benessere fisico e psichico.

I benefit aziendali

Ciò che viene concesso da un’impresa ai propri dipendenti tramite l’applicazione del welfare aziendale, prende il nome di benefit aziendali. Quando sono apprezzati dal lavoratore in quanto vanno incontro alle sue esigenze con un conseguente miglioramento della qualità e dello stile vita, ne trae vantaggio anche l’azienda. D’altronde, è risaputo: quando i dipendenti di un’azienda sono soddisfatti e felici, quindi svolgono il proprio lavoro al meglio, la produttività aumenta e l’imprenditore viene ripagato per la politica aziendale adottata.

I benefit aziendali sono innumerevoli, ma in questo articolo ci soffermeremo sui cosiddetti fringe benefit.

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Quali sono i fringe benefit

Letteralmente, i fringe benefit non sono altro che benefici accessori o diversamente definiti secondari e rappresentanti una forma alternativa al denaro. L’azienda disciplina i vari tipi di fringe benefit all’interno di un contratto individuale che possono essere concessi singolarmente a ogni dipendente.

Uno dei fringe benefit più utilizzati da un’impresa è l’auto aziendale, ma sono altrettanto diffusi anche i buoni acquisto o la vettura data attraverso concessione privata.

Fanno parte dei fringe benefit anche altri servizi e beni dedicati al dipendente: l’assistenza sanitaria; le polizze assicurative (vita o extra infortuni); finanziamenti agevolati; Stock option; alloggi per il dipendente e la sua famiglia; nidi aziendali, cellulari per uso privato etc.

L’attribuzione dei fringe benefit

I fringe benefit concessi dall’azienda ai suoi dipendenti possono essere assegnati per utilizzo nell’interesse dell’azienda e del lavoratore dipendente o nell’interesse esclusivo del dipendente.

Prendendo ad esempio uno dei benefit aziendali più graditi dai lavoratori, ossia l’auto aziendale, essa può essere usata per motivi di lavoro ma anche per quelli privati. In questo caso, si configura l’uso promiscuo della vettura aziendale, usata per scopi lavorativi ma anche per spostamenti personali o con la famiglia. In tali casi, spesso l’auto viene data attraverso un noleggio a lungo termine o leasing.

Fringe benefit: fiscalità

I fringe benefit costituiscono una retribuzione aggiuntiva a quella in denaro, in quanto tali sono soggetti a contributi e tasse. Tuttavia, per incentivare l’adozione del welfare aziendale e di conseguenza dei suoi fringe benefit, la legge prevede l’esclusione di beni e servizi che complessivamente non superano nel periodo d’imposta i 258,23 euro (limite raddoppiato a 516,46 euro anche per tutto il 2021) In caso contrario, l’intero valore del benefici accessori sarà tassato.

In realtà, a prescindere dal tetto massimo complessivo previsto per rientrare nella “no tax area”, esistono alcune tipologie di fringe benefit che non concorrono alla formazione del reddito, ma solo entro determinati limiti di spesa.

E’ il caso della somministrazione del vitto da parte del datore di lavoro, quando alimenti e bevande concessi al dipendente non superano i 5,29 euro (si sale a 7 euro per le erogazioni in forma elettronica). Questo, vale anche per la somministrazione di vitto attraverso il servizio di mensa aziendale; per i buoni pasto e i ticket restaurant, per la somma data a titolo di indennità sostitutiva della mensa.

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Uso promiscuo dell’auto aziendale come fringe benefit

L’utilizzo dell’auto aziendale a uso promiscuo concorre alla formazione del reddito del dipendente. Secondo le tabelle ACI ciò si verifica con una determinazione forfettaria del 30%. La percentuale deriva dalla previsione del TUIR che si basa su un utilizzo dell’auto di cinque giorni alla settimana per motivi lavorativi e il resto per motivi personali. Il 30% di una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri.

La suddetta percentuale è applicabile solo per i contratti sottoscritti entro il 30/06/2020. Dal giorno successivo (1° luglio 2020) e anche con riferimento all’immatricolazione, infatti, la tassazione forfettaria della vettura aziendale a uso promiscuo aumenta in proporzione alla diminuzione del tasso di inquinamento e viceversa.

Entrando nello specifico, il 30% resta valido per i veicoli con emissione di anidride carbonica superiore a 60g/km e fino a 160g/km. Il 25% è applicato per i veicoli la cui emissione di CO2 non supera i 60g/km. Si sale al 40% quando l’emissione di anidride carbonica dei veicoli supera i 160g/km e fino a 190gkm. Infine, aumenta al 50% per i veicoli con emissione di CO2 superiore a 190g/km.

Tuttavia, un ulteriore cambiamento è stato previsto dal 1° gennaio 2021. Infatti, se per i veicoli con emissione di livelli di anidride carbonica fino a 160g/km rimane tutto invariato, per quelli con emissione di CO2 superiore a 160g/km e fino a 190g/km la percentuale passa dal 40% al 50%. Mentre, se l’emissione di CO2 supera i 190gkm la percentuale sale al 60%.

L’auto aziendale può essere concessa solo come uso personale ma restando di proprietà dell’azienda. Altrimenti può essere usata solo per motivi lavorativi.

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Chi ha diritto al premio welfare?

Oggi andremo a vedere una piccola particolarità del mondo lavorativo, in particolare di quello aziendale. Andremo ad occuparci di un benefit che spetta ad alcune categorie di lavoratori. Ovvero, il premio welfare, cosa è, come lo si ottiene e a chi spetta.

Cos’è il premio welfare?

Innanzitutto, iniziamo col dire cosa è il premio welfare. Possiamo ben dire che quando parliamo di premio welfare, facciamo riferimento ad un’erogazione a discrezione dell’azienda che ne definisce modalità e importo. Inoltre, trattasi di un premio che per il dipendente non costituisce reddito imponibile ai fini fiscali e previdenziali.

In pratica, ci troviamo dinnanzi ad un premio aziendale per il proprio dipendente. L’azienda, in pratica al conseguimento di obiettivi precedentemente fissati, offre beni, opere o servizi di welfare a tutti o a specifiche categorie di lavoratori in aggiunta alla normale retribuzione. Tutto ciò avviene senza la necessità di un accordo territoriale o sindacale di secondo livello, ma semplicemente con un Regolamento Aziendale  interno.

Molto spesso sono offerti sotto forma di buoni pasto, da consumarsi in ristoranti specifici o utilizzarsi in supermercati che hanno convenzione.

Chi ha diritto al premio welfare?

La domanda più frequente in merito a questi premi è sempre la stessa: chi ha diritto, in un’azienda a poter ottener il premio welfare?

Partiamo col dire che sempre più aziende italiane, anche tra le PMI, hanno iniziato a riconoscono il valore del welfare aziendale e, pertanto decidono di offrire ai propri dipendenti benefit e incentivi di vario genere. Pure l’introduzione del Jobs Act, ha avuto la sua importanza, che si è posto come obiettivo l’introduzione di sistemi di welfare aziendale sempre più dinamici e innovativi.

Ad ogni modo, molto spesso sono gli stessi contratti collettivi di categoria ad imporre alle imprese di mettere a disposizione dei propri dipendenti misure di welfare aziendale di genere diverso. Altre volte, sono le aziende che decidono di offrirle spontaneamente ai propri lavoratori.

Ci sono, però, categorie come quella dei metalmeccanici ad aver inserito l’obbligo del premio welfare. Questa categoria è stata seguita, poi, da altri settori, tra cui le telecomunicazioni, gli orafi e argentieri, gli operatori di telefonia, il turismo e la ristorazione.

I beneficiari del piano aziendale welfare

Dunque, questa fruizione dei piani aziendali welfare è riservata ai lavoratori dipendenti delle aziende private, ma può, tuttavia, essere estesa anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che hanno un rapporto di lavoro continuativo con le stesse. Va aggiunto, in maniera insindacabile che i benefici del premio welfare non possono essere erogati ad personam ma devono essere rivolti alla generalità di dipendenti o a categorie omogenee di lavoratori.
Tali beni e servizi erogati ad personam dall’azienda al dipendente non godono di una tassazione agevolata, essendo considerati parte integrante della retribuzione.

Con la definizione di categorie omogenee di dipendenti non si intende soltanto la più canonica distinzione tra dirigenti, operai o lavoratori che appartengono a determinati reparti. Tra le categorie omogenee di lavoratori che possono venire individuate dai datori di lavoro per l’erogazione del welfare aziendale, ad esempio, troviamo:

  • dipendenti con lo stesso livello contrattuale;
  • dipendenti che appartengono a una stessa sede aziendale, allo stesso ufficio o allo stesso settore;
  • dipendenti con figli a carico;
  • dipendenti appartenenti ad una determinata fascia di reddito;
  • dipendenti che decidono di convertire in welfare aziendale il proprio premio di risultato.

Un ultima domanda attanaglia il dipendente aziendale, andiamo a vedere quale.

L’azienda può stabilire differenti piani welfare?

Semplicemente non sarà possibile per un’ azienda commissionare ed istituire differenti piani welfare.

Un solo piano welfare può essere erogato da un’azienda, in quanto al suo interno vi sono già benefici differenti. Dopo aver individuato le categorie di lavoratori a cui destinare il welfare aziendale, l’azienda in questione decide quali debbano essere le misure di welfare da inserire all’interno del piano. Queste misure potranno riguardare la sfera lavorativa del lavoratore specifico, oppure quella familiare dello stesso. Ad esempio, possono riguardare la sanità, l’istruzione, la formazione personale del dipendente, la previdenza complementare, il tempo libero, i trasporti pubblici.

Dunque, questo è quanto vi era da sapere prevalentemente sul premio welfare, ora non vi resta che rimboccarvi le maniche e tornare al lavoro.

Come viene tassato il welfare aziendale?

I Paesi più industrializzati adottano, insieme alle politiche economiche che sono orientate alla crescita, pure delle politiche sociali che, nello specifico, sono finalizzate a promuovere in maniera diffusa il benessere e soprattutto a soddisfare i bisogni dei cittadini a partire da quelli meno abbienti. Le politiche sociali sono spesso definite come politiche di welfare proprio perché sono orientate a promuovere ed a garantire il benessere della collettività. Ma detto questo, dal punto di vista del prelievo erariale, come viene tassato il welfare?

Come viene tassato il welfare aziendale, ecco tutti i vantaggi fiscali

Al riguardo c’è da dire, prima di tutto, che il welfare a livello fiscale gode nella maggioranza dei casi di una tassazione agevolata. E questo accade, nella fattispecie, quando ad erogare i servizi di welfare è un’impresa a favore dei propri dipendenti.

In tal caso, infatti, si parla di welfare aziendale con l’offerta di un pacchetto di servizi che possono spaziare dai servizi socio-assistenziali a quelli sanitari, e passando per l’istruzione, la disabilità, la non autosufficienza, l’infanzia, le coperture assicurative ed anche il lavoro ed il sostegno al reddito con i premi di produttività che, non a caso, beneficiano di una tassazione agevolata con l’aliquota al 10%. Ma in alternativa l’impresa può convertire proprio il premio di risultato, da riconoscere ai lavoratori, in servizi ed in benefit di welfare con rilevanti vantaggi in termini di tassazione.

La normativa fiscale vigente sul welfare aziendale, infatti, garantisce benefici fiscali sia per il datore di lavoro, sia per il lavoratore dipendente. Nel dettaglio, per i servizi di welfare a favore del lavoratore vige la totale esenzione fiscale e contributiva, mentre il datore di lavoro matura il diritto alla deduzione fiscale, dall’imponibile del reddito di impresa, proprio del costo per i servizi di welfare offerti ai dipendenti. Ma a patto che a monte delle iniziative di welfare ci sia un contratto, e che il piano di welfare sia offerto da parte del datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o comunque ad una categoria omogenea di lavoratori.

Il cuneo fiscale si azzera sempre con le iniziative e con i servizi di welfare aziendale

In altre parole, per i servizi di welfare il cuneo fiscale si azzera rendendo così vantaggiosa la conversione dei premi di risultato. Un imprenditore che, per esempio, riconosce annualmente ad un dipendente 2.000 euro lordi di aumento annuo in busta paga, il lavoratore al netto prenderebbe all’incirca 1.200 euro tra le tasse da pagare ed contributi contributi previdenziali obbligatori. Mentre erogando 2.000 euro annui sotto forma di servizi di welfare non ci sarebbe alcuna trattenuta.

Oltre alla conversione del premio di risultato, i servizi di welfare possono essere erogati ai lavoratori dipendenti, con tutti i vantaggi fiscali sopra indicati, anche attraverso la contrattazione tra il datore di lavoro ed i sindacati di categoria. Nel caso in cui l’azienda sia priva di rappresentanza sindacale interna, il datore di lavoro può in ogni caso decidere di offrire e di erogare i servizi di welfare aziendale ai dipendenti applicando la contrattazione territoriale di settore.

Premio produttività in busta paga o in welfare aziendale?

E’ innegabile che per far rendere al massimo il proprio personale dipendente in termini di produttività è necessario che un datore di lavoro sia capace di motivarlo. Come? Non esiste modo migliore che attuare un piano di welfare aziendale. Si tratta di una strategia composta da strumenti atti a soddisfare le maggiori esigenze dei lavoratori, al fine di accrescerne il benessere e non solo dal punto di vista economico ma anche psicologico.

I benefit nel welfare aziendale

Il welfare aziendale prevede una serie di benefit, ovvero l’insieme di servizi e beni messi a disposizione dall’impresa per i propri dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato.

Il piano di welfare può essere volontario, quindi, derivante da un’iniziativa unilaterale dell’azienda. Ma ormai, i benefit del welfare aziendale sono sempre più presenti nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. Motivo per cui, la loro tipologia è legata alla categoria di lavoratori cui fa riferimento il contratto.

I servizi di welfare aziendale possono riguardare il dipendente a livello personale, la sua famiglia o consistere in servizi ludici. Per la persona, ci sono i benefit per la piscina, la palestra, i buoni pasto, carburante, per il trasporto, ma anche corsi di lingue e di formazione o piani assicurativi medici. Per la famiglia, ci sono i servizi per asilo nido, scuola materna, libri scolastici, assistenza sanitaria per i familiari anche di tipo psicologico, o ancora agevolazioni su mutui e prestiti. C’è spazio anche per i benefit ludici che includono bar, ristoranti, sale giochi, buoni shopping tramite convenzioni, feste aziendali, gite, viaggi, ristori in area snack, biglietti per il teatro, cinema e mostre.

Premio in busta paga o in welfare?

Ma siamo sicuri che il lavoratore non preferisca un benefit in busta paga? Una ricerca condotta da Harris Interactive per Sodexo durante la seconda ondata della pandemia ha rivelato che il 34% di un campione di dipendenti scelto tra otto Paesi tra cui l’Italia, preferisce il premio immediato. Si tratta della percentuale più alta, a seguire, con il 24% i benefit riguardanti alimenti e bevande.

L’azienda concede il premio produttività come corrispettivo per il raggiungimento di un obiettivo aziendale o individuale. Tale strumento di incentivazione inserito in busta paga oltre alla normale retribuzione, consiste in una somma di denaro già concordata preventivamente.

L’Importo del premio riconosciuto come partecipazione agli utili dell’impresa, sono soggetti fiscalmente a un’imposta sostitutiva IRPEF del 10%, fino a un tetto massimo di 3.000 euro. Tuttavia, la soglia limite può essere elevata fino a 4.000 euro, nel caso di un’azienda che prevede forme di coinvolgimento paritetico dei dipendenti nella sua organizzazione.

Per poter beneficiare di una tassazione agevolata al 10%, il reddito da lavoro dipendente conseguito dal lavoratore nell’anno precedente, non deve superare gli 80.000 euro. Inoltre, il lavoratore deve essere dipendente di un’azienda privata; il premio previsto da un preventivo accordo tra impresa e sigle sindacali; la corresponsione è legata ad aumenti di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, misurabili e verificabili.

La parte eccedente questo limite concorre alla formazione del reddito complessivo del dipendente e viene tassato con l’aliquota IRPEF ordinaria. Per quanto concerne il datore di lavoro, il valore del premio conferito in busta paga, così come per la retribuzione, deve essere sostenuto dal pagamento dei contributi di previdenza e degli oneri correlati al costo del lavoro.

Tuttavia, ipotizzando che il premio produttività venga erogato sotto forma di contributi per la previdenza complementare o a casse con fini esclusivamente assistenziali, è previsto che il suo pagamento in natura non concorra alla formazione del reddito da lavoro dipendente anche nel caso in cui l’importo supera il limite massimo previsto.

Trasformazione del premio produttività in welfare

Come previsto dalla normativa legislativa, il dipendente ha facoltà di convertire il premio di risultato in servizi di welfare aziendale, sempre che tale opzione sia indicata dal contratto. Il vantaggio per il lavoratore che effettua questa scelta, è che l’importo convertito in benefit non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettato a tassazione. Anche l’impresa usufruisce di un vantaggio in caso di conversione, ovvero non è tenuta a pagare le spese contributive e il premio diventa deducibile ai fini IRES.

Per approfondire l’argomento: Come attivare un piano di welfare aziendale e le varie tipologie

Come attivare un piano di welfare aziendale e le varie tipologie

In un precedente articolo abbiamo descritto nel dettaglio cos’è un welfare aziendale elencando i benefit possibili e i vantaggi per il datore di lavoro e per il dipendente. Qui di seguito, spieghiamo come attivarlo.

In breve, il welfare aziendale è l’insieme degli strumenti che un datore di lavoro offre ai suoi dipendenti come agevolazioni che hanno un impatto positivo sia sul suo lavoro che sulla sua vita personale.

Piano di welfare aziendale: le tipologie

Nella forma, è possibile individuare tre tipi di piani di welfare aziendale che differiscono anche per il diverso trattamento fiscale: il welfare volontario, il welfare contrattato, il welfare di produttività.

Il welfare volontario deriva solo da un’iniziativa dell’azienda. Il datore di lavoro stabilisce gli importi da destinare alla sua attuazione, i beneficiari e quali benefit erogare. In questo caso, l’agevolazione fiscale è del 5 per mille del valore dei servizi erogati.

Il piano di welfare contrattato deriva dall’imposizione del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro oppure da contrattazioni di II livello intraprese con i sindacati. In questo caso, l’azienda stabilisce di concerto con le sigle sindacali quali devono essere i beneficiari e quali benefit introdurre in esso.

Il welfare produttività è il preferito dalle aziende italiane. Consiste nell’offrire dei premi sotto forma di benefit  come corrispettivo di un incremento di produzione misurabile. Tale piano può essere eseguito esclusivamente in presenza di un obbligo derivante dal CCNL di riferimento o degli accordi presi in seguito a contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale.

Come si attiva un piano di welfare aziendale

Ovviamente, le decisioni di un datore di lavoro rientrano nell’ambito di una strategia studiata che si basa su diversi step.

Per prima cosa, si procede all’analisi della situazione contrattuale dell’azienda e delle relazioni con le sigle sindacali. Infatti, molti Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro impongono le misure di welfare da erogare ai dipendenti. O alcune di esse, sono già previste da accordi sindacali.

Nel caso in cui un’impresa abbia già stabilito l’erogazione di alcune misure di welfare, può decidere di perfezionarle o ampliare l’offerta o la platea dei beneficiari.

Il secondo passo consiste nell’analisi della popolazione aziendale e dei bisogni dei dipendenti. Per farlo è necessario parlare con loro e capire se sono soddisfatti dei benefit ricevuti ed eventualmente di quali vorrebbero beneficiare. Inoltre, è importante che il datore di lavoro effettui un censimento dei lavoratori, in quanto l’età, la situazione familiare e gli interessi corrispondono a particolari esigenze.

La terza fase è rappresentata dalla creazione ed attuazione del piano di welfare e la misurazione dei risultati. Essa consiste nello stabilire l’importo del budget da mettere a disposizione per il welfare, come comporre il pacchetto di beni e servizi e come erogarli. Periodicamente, l’impresa deve monitorare l’andamento del piano per capire se sia efficace.

Da sottolineare come la legge preveda che tra i destinatari dei benefit che compongono un piano di welfare aziendale, siano compresi anche i familiari del datore di lavoro (coniuge non legalmente separato, i figli, i genitori, i suoceri, i generi e le nuore, i fratelli e le sorelle.

Quanto costa la gestione di un piano di welfare aziendale

Stabilire la spesa da sostenere per gestire un piano di welfare aziendale, dipende da molti fattori. Si deve tener conto del numero dei dipendenti, dal tipo e dal costo dei benefit da erogare, dalla tassazione.

Inoltre, la differenza di costo varia a seconda che le misure siano derivanti da una contrattazione di primo o secondo livello in un accordo sindacale, per cui è prevista la detassazione dell’intero importo investito nel piano di welfare o che derivano dall’iniziativa unilaterale dell’azienda, per cui diventa deducibile dalle tase solo il 5 per mille dell’investimento in benefit.

Nel caso in cui l’attuazione del piano di welfare fosse frutto di un’iniziativa unilaterale dell’azienda, invece, il costo del piano di welfare aumenterebbe, poiché sarebbe deducibile dalle tasse solo il 5 per mille dell’intero importo.

Altro fattore determinate per il costo del welfare è la modalità di erogazione del premio.

Welfare aziendale, cos’è e quali sono i benefit che possono rientrarci

Il welfare aziendale non è di natura monetaria in quanto rappresentato da tutte le iniziative, servizi e beni messi a disposizione dall’impresa come sostegno al reddito per aumentare il potere di spesa, la salute e il benessere del lavoratore con contratto a tempo indeterminato.

In parole semplici, si tratta di benefit e vantaggi per il lavoratore, ma è anche vero che tutto questo costituisce un vantaggio anche per il datore di lavoro.

I benefit che rientrano nel welfare aziendale

I benefit aziendali non migliorano solo il lavoro, ma anche la qualità e lo stile di vita dei lavoratori. Tra i principali e più apprezzati ci sono i premi immediati come il buono spesa. A seguire, il food and beverage, i benefit finanziari, i buoni pasto, l’assistenza sanitaria privata sia di tipo fisico che psicologico, i trasporti pubblici, la formazione, l’auto aziendale, i servizi per i bambini come gli asili nido all’interno dell’azienda e le baby sitter convenzionate, colonie estive e spese scolastiche. Per i figli più grandi, i rimborsi per lo sport, corsi di lingue straniere e viaggi.

La carta di credito messa a disposizione dall’impresa piace al dipendente che non deve più anticipare le spese inerenti al lavoro, ma piace anche al datore di lavoro che può gestire e tracciare le spese del personale. Tra i benefiti aziendali può rientrare il buono carburante, la flessibilità dell’orario di lavoro, le ferie aggiuntive, in casi eccezionali anche l’anno sabbatico.

I fringe benefit

Per fringe benefit s’intendono i benefici accessori per cui non è prevista alcuna tassazione entro il limite di 258,23 euro, portato a 516,46 euro per il 2020 e 2021. Ne fanno parte il servizio mensa aziendale, la convenzione con bar, ristoranti e similari solitamente vicino alla sede. Ma anche le rette scolastiche, i buoni pasto, l’auto aziendale concessa anche come noleggio a lungo termine o per contratti di leasing. Gli smartphone anche per uso privato, i premi riguardanti polizze vita e assicurazioni extra-infortuni con una soglia di esenzione pari a 3.615 euro. Il limite di 5.164 euro per la previdenza complementare.

Welfare aziendale: i vantaggi per il datore di lavoro

Applicare un piano di welfare aziendale, vuol dire poter disporre di un personale motivato. Di conseguenza, maggiore produttività per l’azienda, un’immagine migliore, un ambiente di lavoro sereno, un clima di grande fiducia tra le parti. Inoltre, costituisce anche un’arma per ridurre il turnover e i tempi di rientro dai congedi facoltativi, e per combattere l’assenteismo e la disparità di genere. Tutto ciò diventa attraente per gli aspiranti lavoratori e l’eventuale ricerca di personale dipendente qualificato diventerà più facile e veloce per l’azienda.

I vantaggi per l’impresa sono anche di carattere fiscale e contributivo, grazie alla detassazione totale o parziale del denaro investito. Tuttavia, per poterne beneficiare i benefit previsti dal piano di welfare aziendale devono essere offerti a tutto il personale dipendente o a una categoria omogenea di lavoratori. Inoltre, se i vantaggi fiscali per i dipendenti si applicano siano al piano di welfare che si basa su un contratto collettivo nazionale di lavoro, sia a quelli offerti dall’impresa su base volontaria, i benefit basati sul contratto saranno deducibili al 100%, quelli concessi volontariamente avranno una deducibilità che scende allo 0,5%. Per beneficiare del piano welfare, il dipendente deve percepire un reddito pari o inferiore a 80.000 euro.

Welfare aziendale: i vantaggi per il dipendente

I pro per il dipendente che usufruisce del welfare aziendale sono tanti e li abbiamo già elencati. Più in generale, aumentano il suo benessere personale, la capacità di conciliare il lavoro con la vita privata, un maggiore potere d’acquisto, la riduzione del cuneo fiscale e l’esenzione dagli obblighi contributivi.