Chi ha partita Iva può chiedere il reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza è per molti un quesito per il richiedente e gli aventi diritto. Oggi andremo a vedere se sia possibile o meno richiedere il reddito di cittadinanza per chi è possessore di Partita IVA.

Reddito di cittadinanza e partita IVA: possono coesistere?

Come detto, in questa breve ma esaustiva guida andremo a vedere una questione piuttosto frequente. C’è chi si domanda, frequentemente, se sia possibile richiedere il reddito di cittadinanza con la Partita IVA o se esso sia invece compatibile con altri strumenti di welfare, come ad esempio la Naspi. Innanzitutto, è bene fare chiarezza sulle basi della questione, partendo dal precisare cosa sia il reddito di cittadinanza.

Il reddito di cittadinanza non è altro che una forma di sostegno, per costituire un minimo reddito. Ovvero, un sussidio statale rivolto a quelle fasce economicamente deboli della popolazione. L’erogazione dello stesso avviene attraverso una card, mentre la somma assegnata a ciascun richiedente varia in base a diversi fattori, quali il numero di componenti del nucleo familiare, la presenza di figli minorenni, il possesso di beni immobiliari ed il calcolo di eventuali entrate extra, come lavori occasionali.

Reddito di cittadinanza, associato alla Naspi

Per coloro che percepiscono altre forme di sostegno, come la Naspi, è possibile accedere al reddito di cittadinanza.  La normativa tiene a specificare di fatto, la possibile compatibilità tra i due strumenti, tenendo naturalmente sempre in conto il reddito dato dall’Indennità di Disoccupazione. Quindi, anche in suddetto caso, l’erogazione del reddito di cittadinanza potrà essere in forma ridotta, in base anche all’ISEE ed alle dimensioni del proprio nucleo familiare.

Dunque, come funziona invece per chi volesse associare partita IVA e reddito di cittadinanza?

Sembrerebbe non esserci alcun divieto per i lavoratori autonomi, che possa impedir loro l’accesso al reddito di cittadinanza. Quindi, l’essere possessori di Partita IVA non costituisce, di per sé, un problema per ottenere il reddito.

La procedura per la richiedere il reddito è la seguente:

  • Qualora l’attività l’aveste iniziata a partire dal 2017, sarà necessario compilare il modello Rdc/Pdc – Com Ridotto e consegnare direttamente ad un CAF convenzionato il protocollo rilasciato dall’INPS, entro un massimo di 30 giorni, specificando annesso il Codice Fiscale del richiedente. Se la persona percepisce redditi di lavoro autonomo (sia con Partita IVA, ma anche in via occasionale), l’erogazione potrebbe avvenire, tuttavia, in misura ridotta.
  • Qualora, invece, l’apertura della Partita IVA avvenisse dopo la richiesta del reddito di cittadinanza, sarà necessario comunicare tempestivamente l’avvenuta variazione, in modo che l’INPS possa provvedere a verificare la validità effettiva dei requisiti.

E se invece volessimo aprire una partita IVA, successivamente alla percezione del reddito di cittadinanza?

Se si percepisce già il reddito di cittadinanza e si vuole approfittare di questo sostegno statale per potersi mettere in proprio, costituendo quindi lavoro autonomo, lo si può fare tranquillamente. Come detto poco sopra, di fatto, il sussidio ed eventuali redditi da lavoro autonomo sono compatibili, pur controllando i limiti delle soglie indicate. Sarà, quindi obbligatorio comunicarlo all’INPS, compreso il reddito che si percepisce, al fine di verificare se permangono le necessarie condizioni per ottenere il sussidio.

Reddito di cittadinanza e lavoro autonomo: cosa cambia?

E’ bene appurare un ultimo dato inerente alla questione. Per quanto riguarda il livello documentale e di tassazione non cambia nulla per IVA e IRPEF se il lavoratore autonomo percepisce anche il Reddito. Inoltre, a differenza dei compensi percepiti, il sussidio è al 100% esente da contributi e tasse.

All’interno della specifica categoria “lavoro autonomo” la normativa sul Reddito non vede distinzioni in caso in cui l’attività in corso o appena intrapresa sia semplicemente lavoro autonomo o una libera professione.

Dunque, questo è quanto di necessario ci fosse da sapere per quanto riguarda l’accostamento tra reddito di cittadinanza e apertura o possesso di Partita IVA.

Lavoro autonomo e dipendente: tutti i pro e i contro

Lavoro autonomo o dipendente? Come in ogni cosa ci sono i pro ed i contro da valutare. Facciamo insieme il punto della situazione.

Lavoro autonomo o dipendente: non esiste una scelta oggettiva

Partiamo dal concetto di base che non esiste una risposta univoca ed oggettiva. Infatti, ci sono una serie di variabili da considerare, spesso legate allo stile di vita di ognuno. Ma una cosa è certa: in entrambe le categorie ci sono spesso dei veri e propri professionisti del settore. Il lavoratore autonomo è una persona che svolge per se la sua attività. Investe tempo e denaro al fine di offrire ai clienti, la sua competenza. Non è subordinato ad orari e tanto meno ad altre persone. Secondo l’articolo 2222 del codice civile il lavoro autonomo consiste nel compiere verso un corrispettivo un’opera  o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.  E’ così che si guadagna da vivere. Invece il lavoratore dipendente è una persona che lavora per contro altrui. Ha un contratto di lavoro che lo lega al suo datore di lavoro. Ma ogni mese percepisce lo stipendio commisurato alle sue mansioni svolte.

Lavoro autonomo o dipendente: la stabilità

Come abbiamo appena accennato, uno dei vantaggi del lavoro dipendente è la stabilità economica. In altre parole chi ha un contratto di lavoro regolare, cioè è messo in regola, può contare su uno stipendio. Ciò vuole dire che alla fine di ogni mese, può stare tranquillo. Avrà la busta paga che gli permetterà di vivere e programmare la propria vita. E non solo, in molti contratti è prevista anche la tredicesima mensilità ed in alcuni casi anche la quattordicesima. E’ chiaro che in relazione al tipo di contratto che si è firmato o alla categoria di appartenenza ci sono delle variazioni. Ma questo permette anche pianificare le ferie e i congedi o permessi. Molto differente è il lavoratore autonomo che non può godere di questa tranquillità. Nessuna stabilità economica che il freelance, ma ciò non vuol dire che non possa guadagnare, anche molto di più di un dipendente.

Il lavoro e il mondo delle donne

Il mondo delle donne è sempre stato contrastante dal punto di vista lavorativo. Le donne dipendente hanno diritto alla maternità. Il congedo per maternità è un periodo flessibile, di astensione obbligatoria dal lavoro per un totale di 5 mesi. La donna può scegliere di congedarsi da due mesi precedenti alla data della presunta nascita, e fino a tre mesi dopo. Oppure si può scegliere un mese precedente al parto e quattro mesi successivi, previo parere medico. Ci sono anche dei tipi di lavoro che prevedeno l’astensione di lavoro subito dopo la scoperta della gravidanza. Per le lavoratrici autonome ci sono delle differenze. Tutte le casse prevedono un indennizzo di maternità. Si tratta di un assegno, spesso in unica soluzione, a titolo di ristoro per l’astensione dal lavoro. Le lavoratrici iscritte alla gestione separata dell’Inps,  possono fruire dell’indennità di maternità pari all’80% della retribuzione giornaliera stabilita annualmente dalla legge per il tipo di attività svolta. Esiste anche la possibilità di accedere al Premio nascita, pari ad 800 euro per la nuova vita.

Lavoro autonomo o dipendente: i fini pensionistici

Grazie al proprio lavoro, e agli stipendi, il lavoratore dipendente ha maturato il termine per il trattamento di fine rapporto (TFR). Si tratta di una somma di denaro, pertanto spesso anche chiamata liquidazione. E’ una porzione di retribuzione accantonata annualmente, che viene “restituita” al lavoratore quando cesserà la sua attività lavorativa. I lavoratori autonomi accumulano volontariamente delle quote ai fini del diritto alla pensione. Ad esempio il lavoratore autonomo può pagare l’INPS ogni tre mesi, ma non è obbligato a farlo. Febbraio, maggio, agosto e novembre sono i mesi destinati a questi pagamenti. Spesso il lavoratore autonomo sceglie anche dei fondi pensionistici per crearsi la famosa “liquidazione” che spetta al lavoratore dipendente.

E allora cos’è meglio?

Un consiglio che si può dare è quello di capire realmente che tipo di persona si è. Se si è pronti a lavorare sotto qualcuno, alle regole imposte, ma di contropartita avere una stabilità economica, allora il lavoro dipendente è quello più opportuno. Se invece si preferisce lavorare sentendosi più liberi, nella consapevolezza di poter stare sulle montagne russe dal punto di vista economico, allora il lavoro autonomo sarà la scelta vincente. Però a prescindere da tutto, il consiglio più giusto è probabilmente capire ed individuare il mestiere che si ama fare. Perché se si ama ciò che si fa, nulla diventa difficile ed i problemi, se ci saranno, si affronteranno con grinta. Importante è anche la propensione al rischio, al mettersi in gioco. Quindi, è meglio capire bene cosa si vuol fare davvero e poi scegliere che tipo di lavoratore essere. Perché se una persona il coraggio non ce l’ha di suo, è difficile che qualcuno possa darglielo.

Pensione ENASARCO 2021: come funziona il fondo per gli agenti di commercio?

Il fondo ENASARCO è la cassa previdenziale privata per Agenti e Rappresentanti di commercio, ma anche per promotori finanziari che eroga trattamenti pensionistici integrativi ai servizi erogati dall’INPS, dove gli agenti versano la loro contribuzione presso la gestione artigiani e commercianti.

I suddetti lavoratori autonomi sono obbligati all’iscrizione e al versamento dei contributi presso entrambi gli enti previdenziali.

Sono tenuti ad iscriversi all’Enasarco i Rappresentanti e gli Agenti di Commercio che svolgono la loro attività in Italia per conto di aziende mandatarie italiane o di ditte mandatarie straniere che hanno sede in Italia o una qualsiasi dipendenza nel territorio nazionale. Sono obbligati all’iscrizione Enasarco anche gli Agenti che lavorano all’estero per preponenti italiane o quelli che svolgono la loro attività sia in forma individuale che societaria, a prescindere dalla forma giuridica, ma che siano illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali. Da precisare che i soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali ma che non svolgono attività di agenzia, non sono obbligati all’iscrizione ad Enasarco.

Pensione Enasarco 2021: requisiti

Gli uomini possono accedere alla pensione di vecchiaia con Quota 92, età minima 67 anni e contribuzione minima di 20 anni. Le donne potranno accedervi con Quota 91, età minima 65 anni e un minimo di 20 anni di contributi. Gli agenti si trovano attualmente in un regime transitorio che porterà alla parità dei requisiti pensionistici uomo/donna nel 2024.

Rappresentanti e agenti di commercio (uomo/donna) possono accedere anche alla pensione anticipata Enasarco di uno o due anni, al compimento del 65° anno d’età. In questo caso, l’importo dell’assegno pensionistico sarà ridotto del 5% per ogni anno anticipato rispetto all’età anagrafica richiesta per la pensione di vecchiaia. L’anzianità contributiva minima deve essere di 20 anni, quindi Quota 90. La domanda di pensione va inoltrata sul sito Enasarco.

Enasarco: le altre pensioni

Pensione di invalidità: l’accesso è consentito a coloro che hanno riportato un’invalidità a causa di infermità o difetto fisico o mentale, sopraggiunta o aggravatosi dopo l’iscrizione al Fondo, almeno del 67% della capacità lavorativa nell’attività d’agente effettivamente esercitata. Altro requisito necessario: aver maturato almeno cinque anni di contributi obbligatori, di cui almeno tre nei cinque anni precedenti la presentazione della domanda.

Pensione di inabilità: si può chiedere nel caso di una sopraggiunta assoluta e permanente incapacità nell’esercizio di qualsiasi attività lavorativa a causa di infermità, difetto fisico o mentale. Sono necessari cinque anni di anzianità contributiva obbligatoria, di cui un anno (non richiesto per inabilità sopraggiunta per aggravamento dello stato di salute del pensionato di invalidità) nei cinque precedenti la presentazione della domanda.

Pensione ai superstiti: le pensioni Enasarco sono reversibili in favore dei superstiti dell’avente diritto già pensionato al momento della dipartita. La pensione indiretta spetta ai superstiti dell’agente non pensionato, ma solo se quest’ultimo, al momento del decesso, abbia versato almeno 20 anni di contribuzione. Oppure, almeno cinque anni di cui uno nel quinquennio precedente la morte. I superstiti dell’agente in possesso dei requisiti possono chiedere il riconoscimento della rendita contributiva (decorrenza dal 2024) che prevede la riduzione del 2% per gli anni mancanti di anzianità contributiva.

Supplemento di pensione

Il fondo Enasarco consente l’accesso a un supplemento di pensione a coloro che hanno già acquisito le pensioni di invalidità, di inabilità; ai titolari di pensione ai superstiti reversibile o indiretta; ai titolari di rendita contributiva. E’ necessario avere almeno 72 anni d’età (esclusi i pensionati d’inabilità e i superstiti) ed essere pensionato da cinque anni o aver ricevuto la liquidazione del precedente supplemento da almeno cinque anni.

Rendita previdenziale integrativa

I lavoratori iscritti ad Enasarco non possono cumulare i contributi versati al Fondo con altra contribuzione versata presso altre forme della previdenza obbligatoria. La ricongiunzione dei contributi non è possibile in quanto le prestazioni erogate dall’Enasarco hanno natura integrativa e non sostitutiva dell’assicurazione generale.

Gli agenti già titolari di una prestazione a carico dell’AGO o dei fondi ad essa sostitutivi od esclusivi non possono chiedere una prestazione supplementare Enasarco, se non possiedono almeno 20 anni di contributi.

Per ovviare alle suddette limitazioni, l’Enasarco ha adottato la rendita previdenziale integrativa. Essa spetta agli iscritti che abbiano versato cinque anni di contributi e almeno 67 anni d’età. L’importo dell’assegno è calcolato in base alla contribuzione effettivamente versata con riduzione del 2% per ogni anno mancante al raggiungimento di Quota 92. La rendita è reversibile, quindi il coniuge sopravvissuto potrà avere una quota del contributo.

Agevolazioni riconosciute con legge 104, articolo 3, comma 1

 

La legge 104 del 1992, spesso chiamata semplicemente “la 104” , è una legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Il nucleo fondamentale di questa normativa sono i riconoscimenti attribuiti a soggetti disabili, e ai loro familiari, e in particolare detrazioni e altri benefici fiscali e permessi di lavoro. Oggi ci occuperemo in particolare dell’articolo 3 comma 1 di questa legge.

A chi è rivolto l’articolo 3, comma 1 della legge 104

L’articolo 3 comma 1 mira a delineare chi è la persona diversamente abile, la norma parla di  persona handicappata, che definisce come “colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

Per poter ottenere quindi tale riconoscimento è necessario che si verifichino diverse condizioni:

  • minorazione fisica, psichica o sensoriale;
  •  tale condizione deve essere stabilizzata (non può trattarsi di una minorazione temporanea) o progressiva (condizione che con il tempo peggiora);
  •  minorazione deve essere tale da portare uno svantaggio sociale o emarginazione.

Per determinare il campo di applicazione e quali diritti derivano da tale riconoscimento occorre fare un paragone con il comma 3 dello stesso articolo che si applica a coloro che hanno bisogno di un intervento assistenziale permanente e per questo considerati “disabili gravi”.

Appare quindi evidente che il soggetto che trova tutela nell’articolo 3, comma 1 della legge 104 abbia una menomazione di entità non grave, non richiede assistenza h24 e non implica incapacità di provvedere a sé, ma deve essere tale da determinare uno svantaggio sociale e/o emarginazione. Proprio per questo il soggetto non ha diritto ad assegni di tipo economico, ma questo non vuol dire che non abbia dei riconoscimenti.

Detrazioni spese mediche e per assistenza

La normativa riconosce a chi rientra nella legge 104 del 1992, articolo 3, comma 1, diverse agevolazioni  la possibilità di detrarre al 19% le spese per i contributi previdenziali e assistenziali sostenute baby sitter e badanti a cui siano stati affidati incarichi inerenti all’assistenza del disabile.

Tra le spese che possono essere dedotte vi sono anche quelle per visite mediche e terapie, ad esempio la fisioterapia, sostenute per il soggetto disabile. Tali costi possono essere dedotti sia dal disabile, quindi nella dichiarazione dei redditi di tale soggetto, sia dai familiari a cui sia fiscalmente a carico il disabile.  Questo implica che se il genitore di una ragazzo disabile sostiene i costi per la fisioterapia del figlio a cui è riconosciuta la 104, costui può dedurre dalla propria dichiarazione dei redditi tali spese. Se il soggetto disabile è fiscalmente indipendente, potrà dedurre tali spese dal suo reddito. Particolari agevolazioni sono previste per l’acquisto di ausili medici per i disabili, infatti in questo caso viene applicata l’IVA agevolata al 4%, inoltre la spesa sostenuta potrà essere portata in detrazione al 19%. Rientrano tra le spese mediche anche il trasporto in ambulanza. Per gli invalidi civili, ciechi civili e sordomuti è previsto che gli ausili medici come protesi, ortesi e altri ausili correlati alla minorazione riscontrata siano a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Agevolazioni per lavoratori della Pubblica Amministrazione

Particolari agevolazioni sono previste anche nella Pubblica Amministrazione. Colui a cui vengono riconosciuti i benefici della legge 104 articolo3, comma 1 che abbia un’invalidità superiore ai 2/3 oppure minorazioni che rientrano nella Tabella A della legge 648 del 1950,  nel caso in cui risulti vincitore in pubblici concorsi ha diritto con priorità rispetto ad altri vincitori a scegliere la sede.

Deve essere sottolineato che i familiari (coniuge, convivente, parenti o affini entro il secondo grado) che si occupano di un soggetto riconosciuto disabile in base alla legge 104, articolo 3, comma 1  non possono essere obbligati al lavoro notturno. Non godono però di permessi retribuiti e dei congedi straordinari riconosciuti a coloro che hanno disabilità ex articolo 3, comma 3, legge 104.

Legge 104, articolo 1, comma 3: agevolazioni per acquisto auto

Molti soggetti che ottengono il riconoscimento della disabilità prevista dalla legge 104 articolo 3 comma 1 sono in realtà interessate alle agevolazioni previste per il settore auto. In questo caso occorre sottolineare che coloro che sono titolari di indennità di accompagnamento o certificato di handicap grave per disabilità motoria o intellettiva, ridotte capacità motorie oppure disabilità sensoriale (sordi e ciechi),  possono ottenere in caso di acquisto di un veicolo, la riduzione dell’IVA al 4% e la detraibilità dalla dichiarazione dei redditi del 19% di quanto pagato per l’acquisto dell’auto. Il costo non deve superare il limite di 18.075,99 euro e l’acquisto può riguardare veicoli nuovi o usati. Per il settore auto vi è anche il riconoscimento dell’esenzione dal pagamento del bollo auto e delle tasse di trascrizione.  Anche in questo caso le agevolazioni possono essere riconosciuti anche ai familiari che hanno fiscalmente a carico il disabile, ma l’auto deve essere utilizzata in modo prevalente per il trasporto dello stesso.

Agevolazioni per acquisto di ausili informaici e tecnici

Le stesse agevolazioni sono previste anche per l’acquisto di ausili informatici, ma in questo caso è bene porre attenzione perché non sempre si rientra tra i beneficiari di questo diritto. Tale riconoscimento è legato in modo esclusivo all’acquisto di ausili che possano migliorare la qualità della vita del disabile aiutandolo a colmare il gap dovuto alla menomazione/patologia. Come sottolineato dall’Agenzia Entrate e Riscossioni, deve trattarsi quindi di ausili informatici in grado di migliorare:

  • la comunicazione interpersonale;
  • l’elaborazione scritta o grafica;
  • il controllo dell’ambiente circostante;
  • l’accesso all’informazione e alla cultura;
  • assistere nella riabilitazione.

Per quanto riguarda gli ausili tecnici, deve trattarsi anche in questo caso di strumenti che migliorano le condizioni del disabile, ad esempio l’acquisto del servoscale, poltrone per inabili o persone con limitate capacità di movimento e simili. L’agevolazione è quindi strettamente correlata alla disabilità.

Certificazione per compensi corrisposti a Minimi e Forfettari

Oggi andremo insieme, allegramente, a sfoderare le cose da sapere inerenti alla Certificazione Unica. Una piccola guida, insomma, utile al contribuente, per scoprire i compensi corrisposti ai contribuenti minimi e forfettari.

Certificazione unica: una guida per i minimi e forfettari

E’ il caso di ricordare che i sostituti di imposta sono tenuti a consegnare e compilare la Certificazione Unica anche ai titolari di partita IVA che si adoperano in regime forfettario e in regime dei minimi, sebbene tali redditi non siano soggetti a ritenuta d’acconto. Andiamo a vedere approfonditamente come includere nella dichiarazione le somme corrisposte in tali regimi. Innanzitutto, va chiarito che tale adempimento permette al Fisco di effettuare i relativi controlli fiscali atti anche a verificare eventuali incongruenze dei ricavi/compensi indicati nella certificazione UNICO PF.

Obbligo di CU e 770: a chi spetta

Precisiamo che nello specifico ci sono due categorie soggette ad obbligo di Certificazione Unica e di compilazione del modello 770. Ci riferiamo ai soggetti ordinari che fatturano ad un soggetto ordinario ed agli ordinari che fatturano ad un soggetto minimo. Ci sono, tuttavia, anche obblighi di Certificazione Unica, ma senza obbligo di 770. Ed è il caso dei soggetti ordinari che ricevono fattura da soggetto in regime minimo o forfettario. Ma tale situazione riguarda anche i minimi che ricevono una fattura da un minimo o forfettario. Infine, sono inclusi i forfettari che ricevono una fattura da un minimo o forfettario.

Come funziona la compilazione del CU per forfettari e minimi

Molti si chiedono come avviene la compilazione della Certificazione Unica, per forfettari e minimi. Dunque, se una Partita IVA eroga compensi ad un minimo o ad un forfettario dovrà compilare il punto 4 della Certificazione Unica, ovvero alla dicitura “ammontare lordo corrisposto” ed il punto 7 che recita “altre somme non soggette a ritenuta”.

Se un soggetto ordinario, forfettario, o minimo emette fattura ad un forfettario, non essendo quest’ultimo un sostituto d’imposta, compilerà semplicemente il quadro RS nel modello Redditi Persone fisiche. In caso contrario, invece, ove vi siano i professionisti operanti in regime dei minimi o forfettario ad erogare compensi a professionisti in regime ordinario, le regole da seguire saranno diverse a seconda dei casi.

Aggiungiamo, inoltre che i titolari di partita IVA che operano nel Regime dei minimi sono ritenuti sostituti d’imposta, diversamente dai forfettari. Tale cosa comporta l’obbligo di versare la ritenuta d’acconto entro il giorno 16 del mese seguente a quello del pagamento e di effettuare certificazione del compenso, tramite compilazione di Certificazione Unica e modello 770.

Ma quali somme vanno riportate nella Certificazione Unica?

Alla annosa e legittima domanda dei contribuenti, la risposta è semplice. Nella Certificazione Unica andrà riportato il totale dei compensi e delle eventuali provvigioni corrisposti agli autonomi nel periodo d’imposta 2019.

Pure per quanto riguarda l’eventuale rivalsa INPS del 4% andrà riportata nella Certificazione Unica, poiché contribuisce alla formazione del compenso. Il contributo integrativo, invece, relativo alle casse professionali non rientra nella formazione del compenso, pertanto non andrà riportato nella compilazione.

In ultimo, ma non ultimo sarà bene tenere a mente altri piccoli particolari. Ad esempio, nel caso in cui non vi sia obbligo di Certificazione Unica e/o del modello 770, il forfettario sarà comunque tenuto a compilare il quadro RS nel modello Redditi Persone Fisiche.

Scadenze per il CU

Ovviamente, molti si chiederanno quali sono le scadenze per inviare la Certificazione Unica e quali rischi si incorrono per errato o mancato invio dello stesso CU. Per coloro che sono soggetti obbligati alla compilazione del CU, la scadenza ultima per l’invio dello stesso, all’Agenzia delle Entrate è prevista per il 16 marzo, stessa data per la consegna al lavoratore autonomo, anche nel caso in cui si è in regime dei Minimi o in regime forfettario. Non va sottovalutato il rischio e pericolo di sanzioni.

Le sanzioni per il mancato o errato invio della CU per i contribuenti minimi è pari alla somma di 100 euro per ognuna delle Certificazioni errate, omesse o tardive.

Tuttavia, c’è un modo per sopperire all’errore. Qualora l’errore venisse corretto entro un limite di 5 giorni successivi alla scadenza, all’errata trasmissione della CU non viene applicata alcuna sanzione. Quindi, un tempo di 5 giorni per rimediare al misfatto.

Isee: ecco tutte le agevolazioni che spettano

L’indicatore della situazione economica equivalente, che è noto semplicemente con l’acronimo di Isee, è un parametro che misura lo stato e la condizione economica di una famiglia. Così come l’Isee, a patto che sia aggiornato ed in corso di validità, è pure la chiave di accesso alla maggioranza dei bonus e delle prestazioni sociali erogate e concesse in Italia non solo dallo Stato centrale, ma anche dalle regioni e dai comuni. Ecco allora la carrellata su quali sono tutte le agevolazioni che spettano con l’Isee.

Quali sono tutte le agevolazioni che possono spettare alle famiglie con l’Isee

Nel dettaglio, con l’Isee aggiornato ed in corso di validità, le famiglie possono accedere a bonus, a prestazioni sociali e ad aiuti economici che spaziano dal reddito di cittadinanza al bonus idrico, e passando per il bonus luce e gas, ma a patto che l’indicatore della situazione economica equivalente sia inferiore ad una soglia prefissata.

Tra le agevolazioni accessibili con l’Isee, inoltre, c’è pure il bonus sul canone da pagare per la telefonia su rete fissa, il conto corrente di base gratuito, il bonus affitti e tutta una serie di prestazioni sociali a sostegno della famiglia che spaziano dal bonus bebè all’assegno di maternità, e passando per gli assegni al nucleo familiare.

In più, nell’ambito del diritto all’istruzione, le famiglie con Isee basso possono pure accedere al bonus libri per i figli, a riduzioni o esenzioni dal pagamento delle tasse universitarie, ed alla riduzione della retta per gli asili nido e per altri servizi educativi.

A chi presentare la domanda per l’accesso alle agevolazioni con Isee basso

Per ogni agevolazione o bonus che è ottenibile con l’Isee, variano non solo le soglie dell’indicatore della situazione economica equivalente da rispettare, ma pure le modalità di presentazione delle istanze. Per esempio, il reddito di cittadinanza, nel rispetto dei requisiti previsti, si può chiedere e si può ottenere presentando la domanda dal portale dell’Inps oppure con SPID dal sito Internet ufficiale della misura, oppure avvalendosi dell’assistenza sul territorio dei patronati.

Mentre la domanda per il bonus idrico, per il bonus luce e per il bonus gas si presenta al CAF oppure al Comune di residenza. Con il modulo per la presentazione dell’istanza che si può scaricare dal sito Internet dell’ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente.

Inoltre, alcune prestazioni sociali ottenibili con l’Isee sono accessibili se e solo se è stato emanato un bando. E questo vale, per esempio, per il bonus affitti che, come contributo ad integrazione del pagamento del canone di locazione, viene stabilito in base a singoli bandi comunali.

In aggiunta alle misure statali che sono accessibili rispettando le soglie Isee, inoltre, le regioni ed i Comuni possono stanziare pure altri fondi al fine di attivare misure per aiutare e per sostenere le famiglie a basso reddito. Come per esempio i bandi comunali per le famiglie a basso reddito ed anche per le imprese in difficoltà, al fine di chiedere e di ottenere, presentando la domanda, il rimborso totale o parziale della TARI.

Mutuo ristrutturazione prima casa: la guida completa

Il mutuo ristrutturazione prima casa è un modo che prevede la possibilità di ammodernare un immobile. Scopriamo tutti i requisiti necessari per avviarlo.

Mutuo ristrutturazione prima casa: il concetto di Mutuo

Prima di ogni cosa è giusto definire il concetto di mutuo art. 1813 del Codice Civile. Si tratta di un contratto mediante il quale una parte, detta mutuante, consegna all’altra, detta mutuataria in credito o prestito una somma di denaro o una quantità di bene fungibili. Il mutuatario si impegna a riconsegnare alla scadenza, la stessa quantità di cose fungibili o di denaro.

Ma sappiamo benissimo che nel caso di mutuo bancario, il richiedente deve riconsegnare in banca la somma prestata più gli interessi, in relaziona alla durata del prestito stesso. Anche se spesso, legato a ciò ci sono una serie di assicurazioni che devono essere sottoscritte, per garantire il mutuante. La maggior parte delle case in Italia si comprano così. Mutui per autonomi o per dipendenti, grazie a ciò si può realizzare i propri sogni. Ma c’è anche la possibilità di avere un mutuo per la ristrutturazione della prima casa.

Mutuo ristrutturazione prima casa: cos’è e come funziona

Il mutuo per la ristrutturazione della prima casa non è altro che un prestito per permettere al proprietario di un immobile di ammodernarlo. Tuttavia, spesso le case in cui si abita hanno bisogno di lavoro di ripristino, magari per sistemare delle cose che  non la rendono vivibile come si deve. Il proprietario di un immobile, può pertanto chiedere alla banca prescelta una somma di denaro per il sostegno di queste spese. Addirittura, il valore del prestito può anche arrivare a coprire l’80% del valore finale di mercato che la casa potrebbe acquisire a fine lavori. Non male se si considera l’eventuale ipotesi di vendita dell’immobile.

Quali sono i documenti dell’immobile richiesti dalla banca?

Per poter accedere al mutuo per la ristrutturazione della prima casa occorre avere una serie di documenti. Prima di tutto occorre essere proprietari di un immobile. Pertanto, non è un problema presentare in banca l’atto di acquisto o proprietà del bene e la relativa visura catastale. In merito alla ristrutturazione occorre il preventivo dei costi di manutenzione straordinaria da sostenere. Il preventivo deve contenere in maniera dettagliata la descrizione dei lavori e i relativi costi.

Inoltre, occorre presentare l’autorizzazione di abitabilità/agibilità, che deve essere rilasciata dal Comune in cui ha sede l’immobile. Per tutte le grandi opere di ristrutturazione edilizia, si richiede anche la domanda di autorizzazione edilizia da effettuare nel Comune. Inoltre, necessita il permesso di costruire ed il pagamento di un contributo direttamente al Comune. E non dimenticare la Dia, dichiarazione di inizia attività.

I documenti relativi al richiedente

Oltre a tutta la documentazione riferita all’immobile, la banca richiedere anche delle garanzie personali. Infatti, non basta essere proprietari del bene. La banca ha bisogno della copia del contratto di lavoro del richiedente, se dipendente, anche le ultime busta paghe. Per quanto riguarda un lavoratore autonomo, la banca può chiedere la copia della dichiarazione dei redditi degli ultimi due anni. Tuttavia in entrambi i casi vanno allegati alla richiesta i documenti di identità e la copia della tessera sanitaria. Attenzione, la banca può chiedere anche la presenza di un garante. Anche a quest’ultimo  verranno richiesti gli stessi documenti sia reddituali che personali.

Mutuo ristrutturazione prima casa: come richiedere il pagamento

La banca ricevuti tutti i documenti necessari verificherà la situazione. Se l’esito sarà positivo, verrà concessa la somma richiesta. Questa può essere concessa in diversi modi:

  • attraverso un’unica soluzione. In altre parole, tutti in una volta. Sarà cura del richiedente provvedere ad effettuare tutti i dovuti pagamenti alle imprese che hanno eseguito i lavori;
  • attraverso gli stati d’avanzamento. L’accordo tra la banca ed il richiedente è di pagare l’impresa in relazione allo stato di avanzamento dei lavori. Dapprima con un anticipo, di pagamenti intermedi ed il saldo finale.

In entrambi i casi i soldi ottenuti vanno restituiti alla banca, secondo il piano stabilito. La durata del prestito può variare da 5 a 30 anni come qualsiasi altro mutuo. Ed anche in questo caso di può scegliere tra tasso fisso, variabile o misto.

Alcuni ultimi consigli

Un consiglio importante è quello di confrontare le varie proposte dei diversi Istituti di credito. Anche online è possibile valutare le varie tipologie di mutuo. Bastano pochi click per capire la fattibilità del proprio mutuo. Ma anche la possibile rata da dover pagare per rientrare dal prestito. Infine, è possibile beneficiare delle agevolazioni fiscali previste. Si tratta del diritto a una detrazione del 19% dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche, prevista sugli interessi passivi e/o gli oneri accessori pagati per il mutuo). L’importo massimo sul quale calcolare la detrazione per ristrutturazione del 19% è pari a 2.582,28€. Ma per poterlo fare occorre attenersi scrupolosamente ai passi che sono stati descritti fino a qui ed avere tutte le autorizzazioni necessarie.

Canone speciale RAI per Partite Iva: cos’è, esenzione, novità sconto

Avete mai sentito parlare di canone speciale RAI? Per chi non lo sapesse, è un’imposta o abbonamento concernente gli utenti che possiedono uno o più apparecchi dedicati alla ricezione di trasmissioni radio televisive negli esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o in ogni caso al di fuori dell’ambito familiare, a prescindere dalla quantità e qualità del suo utilizzo. Stiamo parlando di bar, ristoranti, alberghi, uffici dei liberi professionisti, circoli, associazioni ecc., che li usano a scopo di lucro, anche se indiretto.

Canone speciale RAI per le partita IVA

Il canone ordinario RAI destinato alle famiglie, è stato inserito nel pagamento della bolletta elettrica come stabilito nella legge finanziaria 2016. La stessa procedura non è stata applicata nel caso del canone speciale RAI a cui sono soggetti le partita IVA. Il suo importo varia a seconda dal tipo d’impresa, associazione o ente in possesso dei suddetti apparecchi radiofonici e televisivi e al numero degli stessi.

Il pagamento può essere effettuato annualmente entro il 31 gennaio, semestralmente entro il 31 gennaio e il 31 luglio oppure trimestralmente con quattro scadenze: 31 gennaio, 30 aprile, 31 luglio.  31 ottobre.

Sono esentati dal pagamento del canone RAI speciale: i titolari di Partita Iva che detengono apparecchiature né atte nè adattabili alla ricezione della radiodiffusione: 

  • PC senza sintonizzatore TV
  • Monitor per computer
  • Casse acustiche
  • Videocitofoni

Per effettuare la disdetta dal canone speciale, si deve inviare alla sede regionale RAI la comunicazione relativa sotto forma di raccomandata con ricevuta di ritorno, specificando che non si è più detentori di apparecchi atti alla ricezione della radiodiffusione e quale sia la loro destinazione.

Quali sono le apparecchiature, il cui possesso prevede il pagamento del canone RAI speciale

  • Ricevitori TV (fissi, portatili, per mezzi mobili);
  • ricevitori radio (fissi, portatili, per mezzi mobili);
  • riproduttore multimediale con ricevitore TV/Radio;
  • terminale d’utente per telefonia mobile con ricevitore Radio/TV
  • videoregistratore con sintonizzatore TV;
  • chiavetta USB con sintonizzatore TV/Radio;
  • scheda per PC con sintonizzatore Radio/TV;
  • decoder per la TV digitale terrestre;
  • ricevitore Radio/TV satellitare;
  • riproduttore multimediale con ricevitore TV/Radio senza trasduttori.

Modalità di pagamento

Il canone speciale RAI può essere pagato con i classici bollettini postali ricevuti dalla RAI o solo annualmente tramite domiciliazione bancaria. E’ possibile contattare gli operatori al numero verde 800.938.362 o presso gli Uffici Regionali per attivare il pagamento online con carta di credito senza commissioni. Tramite bonifico postale o bancario indicando il codice IBAN IT75O0760101000000000002105. In questo caso, va indicato il numero di abbonamento, nome e cognome o ragione sociale, indirizzo, codice fiscale o Partita Iva. Con carte di credito o di debito tramite POS presso gli Uffici Regionali.

Infine, dal 1° gennaio 2020 il pagamento del canone RAI può essere effettuato tramite carta di credito attraverso il Sistema Direct link. In questo caso, l’utente deve contattare il Call Center Rai, al numero verde 800.938.362 fornendo l’intestazione e il numero dell’abbonamento, nonché un indirizzo di posta elettronica al quale l’operatore invierà un link valido 15 giorni. Cliccandoci sopra e seguendo le istruzioni, si potrà procedere al pagamento con carta di credito direttamente sulla piattaforma della banca e senza necessità di fornire all’operatore telefonico i dati delle carte di credito.

Sanzioni canone speciale RAI

I titolari del canone RAI speciale che non sono in regola con i pagamenti, dovranno pagarlo con l’aggiunta degli interessi “legali” e delle eventuali spese di riscossione coattiva. Inoltre, in seguito a una manovra di accertamento da parte della Guardia di Finanza, quest’ultimo potrà comminare una multa compresa tra 103,29 euro e 516,45 euro.

Riduzione importo del canone speciale RAI

Il Decreto Sostegni del 22 marzo 2021 ha stabilito una riduzione delle bollette elettriche non a uso domestico ma anche del canone RAI per le strutture ricettive e di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico. Come? Con uno sconto del 30% sull’importo dovuto o per chi ha già pagato prima del 23 marzo 2021, con la concessione di un credito d’imposta sempre del 30%.

Si ricorda che il CDA Rai, ha concesso un differimento senza oneri aggiuntivi del pagamento del canone speciale 2021 dal 31 marzo al 31 maggio.

 

A quale età si va in pensione nel 2021?

Con l’aumento della speranza di vita, e con gli interventi del legislatore, in genere le condizioni ed i requisiti per l’accesso in Italia alla previdenza pubblica cambiano o comunque possono cambiare di anno in anno. Per esempio, a quale età si va in pensione nel 2021?

Previdenza pubblica, dalla pensione di vecchiaia alle opzioni di pensionamento anticipato

Al riguardo c’è da dire che, fissato l’anno in corrispondenza del quale sarà possibile ritirarsi dal lavoro, la pensione di riferimento per la previdenza pubblica è rappresentata da quella di vecchiaia per la quale, in particolare, nel 2021 servono 67 anni di età ed almeno 20 anni di anzianità contributiva. Pur tuttavia, rispetto ai requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia, in Italia ci sono attualmente svariate opzioni e soluzioni di pensionamento anticipato che, nel rispetto delle condizioni previste, presentano dei requisiti che sono meno stringenti in alcuni casi sull’anzianità contributiva, ed in altri sull’età per il pensionamento.

Quali sono i requisiti 2021 per l’accesso alla pensione anticipata ordinaria

Prima della maturazione dei requisiti per la prestazione INPS di vecchiaia, il lavoratore ha la possibilità di accedere, nel rispetto dei requisiti previsti, alla pensione anticipata ordinaria per il cui ottenimento, comunque, serve un’anzianità contributiva molto alta e nessun requisito d’età.

Precisamente, per gli uomini, ben 42 anni e 10 mesi di contributi versati e, per le donne, 41 anni e 10 mesi di contributi versati da parte delle lavoratrici che sono iscritte alle gestioni previdenziali dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale.

Andare in pensione con la quota 100 nel 2021, le condizioni ed i requisiti

Tra le misure di pensionamento anticipato attualmente in vigore, rispetto alla prestazione di vecchiaia ed alla pensione anticipata ordinaria, spicca la quota 100. In particolare, per andare in pensione con la quota 100 servono 38 anni di anzianità contributiva, ma rispetto alla pensione di vecchiaia il requisito dell’età scende a 62 anni.

Introdotta con il Decreto legge numero 4 del 28 gennaio del 2019, la quota 100 è una misura di pensionamento anticipata che è stata introdotta in via sperimentale per il triennio che va dal 2019 al 2021. Dal 2022, stando all’attuale orientamento del Governo italiano, la quota 100 non dovrebbe essere rinnovata o prorogata.

L’anticipo pensionistico di accompagnamento alla prestazione di vecchiaia

Per accompagnare i lavoratori verso la maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, inoltre, attualmente c’è in vigore l’APE Sociale che non è altro che un anticipo pensionistico il cui importo massimo erogabile è pari a non oltre 3 volte l’assegno sociale.

Per l’accesso all’APE sociale, nel dettaglio, servono minimo 63 anni di età, un’anzianità contributiva di 30-36 anni di contributi versati, e l’appartenenza alle cosiddette categorie deboli. Ovverosia lavoratori che sono disoccupati, addetti a mansioni gravose, lavoratori precoci, lavoratori disabili o che assistono parenti con disabilità o con gravi patologie invalidanti.

Il lavoratore o la lavoratrice che percepisce l’APE Sociale prenderà l’assegno di accompagnamento fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia o di altre prestazioni previdenziali che prevedano l’erogazione del trattamento da parte dell’INPS in anticipo. Inoltre, l’APE Sociale è una prestazione INPS che, tra l’altro, non è compatibile con l’accesso agli ammortizzatori sociali.

Pensioni ed estratto conto contributivo: come leggerlo e verificarlo

In un mare generale di preoccupazione per i lavoratori e per coloro che presto dovranno accedere alla pensione, andiamo a scoprire, per questi ultimi cosa vuol dire quando ci sono contributi da verificare. Una rapida guida per capire come leggere l’estratto conto contributivo, prima di accedere alla desiderata pensione.

Cos’è l’estratto conto contributivo

Prima di accingerci ad un essenziale guida sul controllo del suddetto, partiamo col dire che, quando parliamo di estratto conto contributivo parliamo di un documento che viene inviato dall’Inps ai lavoratori, periodicamente, tenendoli aggiornati sulla propria storia assicurativa e contributiva. Consultando l’estratto il lavoratore potrà verificare la presenza di tutti i contributi versati autonomamente o versati dai propri datori di lavoro, per poter segnalare per tempo eventuali errori o inesattezze. Quindi un quadro utile per la propria posizione previdenziale.

Come leggere e verificare l’estratto conto

In linea di massima, la lettura dell’estratto conto non risulta molto difficile, in quanto i dati sono esposti in maniera abbastanza comprensibile per la lettura finale dell’utente. Tuttavia è importante avere chiari alcuni parametri. Vediamo dunque quali sono le principali voci dell’estratto conto e quali sono i principali punti da tenere sotto osservazione.

In alto a destra, nell’estratto conto, troviamo i dati anagrafici dell’interessato, mentre troveremo inseriti nella tabella i dati relativi ai versamenti previdenziali. Troveremo anche un campo relativo al Periodo di riferimento. Inoltre, un campo in cui è indicata la tipologia di contribuzione. Ed un altro campo in cui sono individuati i Contributi utili che saranno annoverati in giorni, mesi o settimane.

Inoltre, vi troveremo la retribuzione o reddito percepito durante il periodo di riferimento ed anche l’azienda presso cui il lavoratore ha prestato servizio e le eventuali Note che vengono poi riepilogate alla fine dell’estratto. Insomma, un quadro completo.

Ma, a cosa serve verificare l’estratto conto?

Controllare l’estratto conto è decisamente importante, poiché per poter accedere alla pensione bisogna aver versato un certo numero di contributi che sono espressi in giorni, settimane, mesi o anni, in base al tipo di lavoro svolto dal richiedente. E permette, quindi, all’iscritto di verificare se il datore di lavoro ha provveduto o meno al versamento dei contributi. Nel caso in cui vengano riscontrate delle anomalie è possibile inoltrare una segnalazione utilizzando la procedura attivabile dal percorso sul sito dell’INPS. Accedendo ai Servizi online quindi cliccando sui Servizi per il cittadino, poi inserendo codice identificativo PIN e accedendo al Fascicolo Previdenziale del Cittadino dal menu a sinistra, quindi andando su Posizione Assicurativa e andando nella sezione Segnalazioni contributive.

Tipo di contribuzione e numero dei contributi utili

Nel campo in cui troverete la dicitura “Tipo di contribuzione” nell’estratto conto, sarà descritta in chiaro il tipo di attività o il tipo di evento che ha dato luogo alla registrazione della contribuzione. Mentre, per quanto riguarda il Numero dei contributi utili per il diritto alla pensione si fa riferimento al valore centrale dell’estratto conto, rappresentante il numero delle giornate o delle settimane o dei mesi (indicazione specificata prima del numero di riferimento) compresi nel periodo in questione. La contribuzione la troveremo espressa in un periodo settimanale per quanto riguarda la generalità dei lavoratori dipendenti, in mesi per quanto concerne i periodi di lavoro autonomo ed in giorni per coloro iscritti nel fondo spettacolo o per i professionisti del settore dello sport.

Retribuzione e reddito da verificare

Andiamo, in ultimo a controllare come verificare il calcolo della retribuzione e del reddito nell’estratto conto. Con le voci apposite potremmo verificare la retribuzione percepita dai lavoratori per i periodi di lavoro svolto in qualità di dipendenti o il reddito percepito dal titolare d’impresa, ovvero commercianti e artigiani. Od anche il reddito percepito dagli iscritti alla gestione separata. Il parametro del reddito è importante per verificare innanzitutto il rispetto del minimale contributivo nel periodo di riferimento. Non a caso, se la retribuzione o il reddito percepito risultasse inferiore al minimo previsto dalla legge per l’accredito di un anno intero di versamenti, i contributi riportati in tale periodo dovranno essere rapportati alla retribuzione percepita effettivamente.

Dunque, potremmo dire che questo era quanto di più necessario da sapere per poter verificare i contributi e la funzionalità dell’estratto conto per poter accedere alla pensione. Ora, non vi resta che prepararvi a godere la tanto agognata meta pensionistica, con i conti alla mano.