Noleggio a lungo termine 2021: le agevolazioni fiscali

Tutti coloro che decidono di optare per un noleggio auto a lungo termine, per il 2021 possono usufruire di alcune agevolazioni fiscali. Le deduzioni e detrazioni in questione, variano a seconda dell’utilizzo che se ne fa del mezzo e dal richiedente.

Il noleggio auto a lungo termine: detrazioni e deduzioni

Sempre più persone scelgono di noleggiare un auto piuttosto che procedere al suo acquisto. I motivi che inducono a tale scelta possono avere varia natura e comunque essere molto soggettivi. Tuttavia, molti soggetti optano per il noleggio a lungo termine, per via dei diversi benefici fiscali di cui possono fruire.

Il noleggio prevede la possibilità di usare il veicolo dietro il pagamento di una quota mensile che comprende quasi tutti i costi di gestione, come il bollo auto, l’assicurazione relativa, la revisione, i tagliandi, gli imprevisti tecnici, le gestione di furti e sinistri. Al termine del noleggio l’auto deve essere restituita.

Se il proprietario del noleggio deve garantire che il veicolo non abbia difetti e sia funzionale, ci sono degli obblighi anche per il contraente dell’autoveicolo. La diligenza nell’utilizzo, il pagamento del canone mensile dovuto e la responsabilità di restituire la vettura in condizioni non deteriorate rispetto al momento in cui l’ha noleggiata. Inoltre, l’utilizzatore risponde anche in caso di perdita del veicolo.

Quando si parla di benefici fiscali per il noleggio a lungo termine, s’intendono detrazioni e deduzioni. Nel primo caso, l’agevolazione è da calcolare sull’importo lordo; nel secondo caso si tratta di una facilitazione fiscale che incide sul pagamento delle tasse ed è correlata all’imponibile dell’automobilista contribuente.

La deduzione fiscale riduce il reddito imponibile su cui applicare le aliquote Irpef, mentre la detrazione fiscale riduce l’Irpef lorda in percentuale o in valore assoluto.

Agevolazioni fiscali noleggio auto a lungo termine 2021: a chi spettano

La platea di coloro che scelgono di noleggiare un veicolo a lungo termine è varia. Solitamente, si tratta di professionisti, agenti e rappresentanti di commercio, imprese. Le detrazioni e le deduzioni cambiano in base all’utilizzo del veicolo e al soggetto richiedente.

Per quanto riguarda l’uso, esso può essere strumentale: dove il contraente utilizza l’auto per finalità aziendali. Nel caso di utilizzo non strumentale, il contraente usa l’auto non solo per scopi lavorativi. Il noleggio a lungo termine può essere richiesto anche per un uso promiscuo, dove il contraente utilizza il veicolo per motivi personali e professionali. Infine, l’uso pubblico: l’auto è utilizzata per finalità pubbliche.

Sulla base delle suddette modalità d’uso del noleggio combinate con la tipologia del soggetto sottoscrittore, vengono determinate le agevolazioni fiscali.

Noleggio auto a lungo termine: deduzioni e detrazioni per aziende

Le imprese hanno la possibilità di sfruttare detraibilità e deducibilità al 100% per il noleggio a lungo termine, solo nel caso in cui il veicolo venga utilizzato per motivi aziendali. In caso contrario, le quote delle agevolazioni fiscali si riducono sensibilmente, con detrazione al 40% e deduzione al 20%. Nel caso in cui l’azienda utilizzi l’auto a uso promiscuo, la detraibilità è pari al 40% e la deducibilità al 70%.

Noleggio auto a lungo termine: deduzioni e detrazioni per professionisti

Così come per le aziende, anche i professionisti possono ottenere il 100% di deducibilità e detraibilità se la vettura noleggiata a lungo termine per fini esclusivamente lavorativi. In caso contrario, le deduzioni e detrazioni fiscali scendono rispettivamente al 20% e al 40%. Stesso discorso per l’utilizzo del veicolo a uso promiscuo, con la deducibilità al 70% e la detraibilità al 40%.

Da sottolineare, che il professionista può fruire dei benefici fiscali per una sola vettura. Si ricorda che per professionista, s’intende colui che esercita la propria arte o professione in modo autonomo e continuativo, quindi, in assenza di qualsiasi tipo di vincolo di subordinazione. L’attività esercitata non deve essere aziendale e deve avere natura intellettuale.

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Noleggio auto a lungo termine: deduzioni e detrazioni per Agenti

Rappresentanti e agenti di commercio beneficiano di detrazioni e deduzioni fiscali fisse. Infatti, per il noleggio auto a lungo termine, la detrazione è sempre del 100% e la deduzione è fissa all’80%.

Tetto massimo di deducibilità

Esiste un tetto massimo di deducibilità per il noleggio a lungo termine. Per le autovetture e gli autocaravan è pari a 3.615,20 euro che diventa 5.164,57 euro per gli autoveicoli utilizzati da rappresentanti e agenti di commercio. Per i motocicli il limite è fissato a 774,69 euro, per i ciclomotori a 413,17 euro.

Professionisti da casa: quali sono i costi deducibili?

I professionisti possono lavorare sia dentro che fuori l’ufficio. Ma alcuni di essi possono esercitare anche da casa. Ma quali sono i costi che possono essere scaricati?

Professionisti da casa: l’uso promiscuo dell’abitazione

I professionisti da casa possono svolgere la loro attività restando nella loro abitazione. Oppure decidere di andare in  in ufficio. Infatti, è possibile destinare una camera dalla propria abitazione ad uso ufficio. In questo caso si parla di “uso promiscuo“. In altra parole si tratta di un immobile che può essere utilizzato in parte per un’attività lavorativa. Ma anche viceversa un immobile ad uso ufficio o commerciale, usato in parte per abitarci. La legge italiana prevede una netta distinzione tra quelli che sono gli immobili destinati ad uso abitativo, identificati con lettera A nelle visure catastali e gli immobili destinati ad uso ufficio, identificati con la lettera A/10 oppure C/1 o C/3. Quando ci si trova nella condizione di uso promiscuo, quello che bisogna capire è l’uso prevalente di quell’immobile. In altre parole, cosa prevale di più, l’abitazione privata oppure la professione, questo deve essere chiaro.

Quali sono i costi che possono essere scaricati dal professionista?

Secondo quando esposto dalle recenti direttive dell’Agenzia delle entrate, il professionista pare possa detrarre due criteri:

  • la rendita catastale dell’immobile utilizzato come abitazione e studio;
  • il 50% delle spese dei servizi ad esso correlato.

Ciò vuol dire che se la porzione dello spazio usato come ufficio in casa a scopo professionale è diversa del 50%non è possibile variare la deduzione. La percentuale fa riferimento solo alle spese che possono essere promiscue, come ad esempio le spese delle utenze di acqua, luce e telefono.  Ma le bollette devono essere intestate al Professionista e non ad altra persona, anche se con esso conviventi.

E’ bene precisare che ci sono delle spese che non sono in alcun modo deducibili. E’ il caso delle spese strettamente personali, che sono chiare nella loro imputazione. Mentre invece, le spese che sono strettamente legate all’attività professionale possono sempre essere scaricate. Ovviamente nei limiti previsti del regime fiscale scelto dal professionista, con o senza partita IVA.

Alcuni esempi per essere più chiari

A questo punto per essere più dettagliati è meglio fare alcuni esempi specifici. Se un professionista compra un mobile, il costo può essere scaricato o meno? La risposta cambia in relazione al tipo di bene. Infatti, se il professionista, ad esempio un avvocato, lavora da casa ed acquista una cucina non sembrano esserci dubbi. La cucina non è legata all’attività lavorativa pertanto non è possibile dedurre questo costo. Se invece il soggetto compra un telefonino oppure un portatile come funziona? In questi casi è prevista una deduzione del 50% del costo del bene strumentale. Oltre al fatto che è possibile anche ammortizzare il costo sostenuto. Infine, se il professionista paga una spesa legata solo all’attività, come ad esempio un corso di aggiornamento specifico oppure un’assicurazione professionale, in quel caso è interamente deducibile.

Professionisti da casa: i costi relativi all’immobile

Per quanto riguarda i costi relativi all’immobile, qui ci sono alcuni problemi. Infatti, il professionista che lavora da casa, non può beneficiare di alcuna deduzione dell”IMU. Però solo nel caso di un immobile strumentale, adibito esclusivamente ad attività lavorativa, può arrivare ad una riduzione del 20%. In merito a Tari e Tasi non esiste un’applicazione univoca. Il metodo è quello dell’applicazione del 50%. Se il professionista prende in affitto un ufficio o uno studio, questi possono essere sottoposti a deducibilità. Ma se il soggetto va ad abitarci, ritorna la percentuale del 50%. Infine ai fini della locazione, il contratto va debitamente registrato, ma non si potrà godere delle agevolazioni fiscali per l’uso abitativo. E’ escluso quindi sia la cedolare secca che i contratti a canone concordati. Quindi, per evitare qualsiasi tipo di problema per l’Agenzia delle entrate, sembra corretto analizzare ogni volta il tipo di costo per una giusta imputazione.

DURC, ecco come scaricarlo dal sito dell’INPS

Oggi entreremo nel mondo del DURC, alla scoperta di cosa esso sia e come scaricarlo dal sito dell’INPS. Un rapido e sensazionale viaggio per comprendere se siete soggetti tenuti a richiederlo e come svolgere la procedura di verifica di regolarità.

DURC, cosa è e a cosa serve

Innanzitutto, è bene sapere che con DURC si intende un Documento Unico di Regolarità Contributiva, ottenibile previa richiesta nel portale dell’ INPS o dell’ INAIL. In pratica, parliamo di un certificato che attesta la regolarità del soggetto che ne fa richiesta nei confronti di Inps, Inail o le casse edili, qualora si trattasse di aziende che applichino i contratti dell’edilizia. Il DURC è quindi una dichiarazione di conformità riguardo a obblighi contrattuali come quelli dei contributi e della previdenza.

La richiesta di tale documento è fatta per lavorare con la pubblica amministrazione, in taluni casi anche in ambito privato. I casi più specifici in cui è strettamente necessario ottenere il DURC sono i seguenti:

  • Partecipare a gare per aggiudicarsi appalti pubblici
  • Per poter godere di subappalti nel settore pubblico
  • Per ottenere il rilascio delle attestazioni SOA
  • Per lavori in ambito privato che sono sottoposti a concessione edilizia o a DIA
  • Per potere erogare sussidi e sovvenzioni.

Sarà, pertanto effettuare verifica di regolarità, quindi richiedere il DURC, per i sopra elencati casi. Inoltre, hanno possibilità di effettuare la verifica di regolarità le imprese, i lavoratori autonomi e sue eventuale propria delega chiunque abbia interesse nel farlo, ma anche altri enti, come ad esempio le banche e gli intermediari delegati dal soggetto titolare del credito. Tale verifica di regolarità sarà svolta nei confronti di coloro ai quali è richiesto il possesso del Durc, cioè il datore di lavoro, in relazione a tutti i rapporti di lavoro, sia subordinato che autonomo.

Come scaricare il DURC da INPS o INAIL

Dal 2015 è possibile effettuare la verifica della regolarità contributiva esclusivamente online. Si otterrà un esito immediato, sia esso negativo che positivo. Qualora la verifica ha esito positivo viene generato il Durc online che avrà validità di 120 giorni dal momento in cui lo si richiede. Se invece si avrà esito negativo, gli enti preposti trasmetteranno via Pec all’interessato la notifica a mettersi in regola entro un tempo massimo di 15 giorni.

Come detto, è possibile effettuare tale richiesta del DURC sia tramite portale INPS che attraverso il sito INAIL. Al momento dell’ accesso bisognerà registrare un indirizzo Pec, col quale successivamente sarà notificato l’esito. Al termine della suddetta verifica verrà prodotto un documento in Pdf, il quale riporterà alcuni dati essenziali. Trattasi dei dati del soggetto su cui si è stata effettuata la verifica, ovvero denominazione o ragione sociale, la sede legale, il suo codice fiscale ed anche l’iscrizione a Inps, Inail o Casse.

Sarà inoltre, tra i dati, riportata la dichiarazione di regolarità vera e propria ed il numero identificativo, con anche la data di scadenza del documento appena rilasciato in Pdf.

Vediamo, rapidamente, i passaggi per il DURC sul sito INPS e INAIL

Come abbiamo poco sopra detto, è possibile richiedere il Durc online attraverso i servizi Inps Online, accedendo al sito dell’Istituto previdenziale. In questo caso una volta acceduto alla home page del portale Inps si dovrà fare clic su Prestazioni e servizi, successivamente sulla dicitura Durc online. Quindi, a tal punto di dovrà solo scegliere il profilo corrispondente, se si è utenti con Pin code o se Stazioni appaltanti o Soa.

Cambia poco, nel caso del sito Inail. Una volta nel sito, dalla home page si dovrà fare clic su “Servizi per te” nel menù principale. A quel punto si deve selezionare “Datore di lavoro” e nel menù a tendina “Gestione azienda”. Tra le numerose caselle che appariranno troveremo anche “Durc online – Verifica la regolarità contributiva”. Quindi avrete la schermata di login.

Ma cosa accade qualora vi fosse esito negativo nella verifica di regolarità?

Qualora dovreste avere un esito negativo, il documento risultante dalla procedura sarà reso disponibile entro trenta giorni dalla prima interrogazione ai soggetti che hanno svolto la procedura di richiesta. Nel caso in questione, il documento prodotto al termine della procedura di verifica avrà riportato indicati tutti gli importi che risultano essere a debito e avrà cura di specificare anche tutti i relativi motivi di irregolarità riscontrati.

Dunque, questo è tutto quanto era necessario sapere sulla richiesta e la verifica per poter scaricare il DURC online, non vi resta che procedere.

Noleggio auto a lungo termine, conviene davvero ai privati?

Possedere un’auto senza doverla per forza acquistare è possibile grazie ad una formula che, originariamente accessibile solo alle imprese, può essere stipulata anche dai privati. Si tratta, nello specifico, del noleggio a lungo termine che permette di entrare in possesso di un’auto nuova per parecchi mesi pagando un canone fisso che in genere include pure la manutenzione, il bollo ed anche la copertura assicurativa obbligatoria ai fini della responsabilità civile. Ma detto questo, quando per le automobili il noleggio a lungo termine è una formula conveniente anche per i privati?

I vantaggi del noleggio a lungo termine, dalla certezza della spesa alla permuta della vecchia auto

Al riguardo c’è da dire, prima di tutto, che per un’auto la formula del noleggio auto a lungo termine è potenzialmente vantaggiosa quando non c’è la disponibilità economica per acquistare il veicolo in un’unica soluzione. Così come il noleggio auto a lungo termine può rivelarsi vantaggioso e quindi più conveniente anche rispetto all’acquisto di un’auto tramite un finanziamento.

Nello specifico, il noleggio auto a lungo termine è vantaggioso quando si vuole cambiare auto spesso, in media ogni 2-3 anni, quando ogni anno si percorrono tanti chilometri, e quando l’obiettivo è quello della certezza della spesa. Essendo infatti inclusa nel canone pure la manutenzione, l’automobilista con il noleggio a lungo termine è sollevato da preoccupazioni relative a guasti o a malfunzionamenti per il veicolo.

In più, il noleggio a lungo termine può rivelarsi ancor più vantaggioso quando il cliente ha una vecchia auto. E questo perché le migliori società di noleggio a lungo termine possono proporre il noleggio a lungo termine includendo pure la permuta della vecchia auto, ed in tal caso il canone mensile da pagare si abbasserà ulteriormente.

Come sottoscrivere un contratto di noleggio auto a lungo termine

Per la sottoscrizione di un contratto di noleggio auto a lungo termine bisogna in ogni caso rispettare alcune condizioni e valutare pure l’eventuale presenza di clausole come quelle relative al chilometraggio. E questo perché il canone lievita se si supera il chilometraggio a meno che non si scelga la formula illimitata che comporta un aumento del costo mensile del noleggio a lungo termine, ma che permetterà di fare un uso intensivo del mezzo senza pensieri.

In più, oltre all’assicurazione, alla manutenzione ed al bollo, nel contratto di noleggio auto a lungo termine è possibile inserire pure altri servizi accessori che spaziano dal soccorso stradale all’auto sostitutiva gratuita in caso di fermo del veicolo. In termini di percorrenza, inoltre, si può dire che il noleggio auto a lungo termine conviene anche ai privati quando la percorrenza annua supera come minimo i 15.000 chilometri.

L’automobilista, inoltre, può sottoscrivere anche contratti di noleggio a lungo termine della durata di 5 anni pagando un anticipo, che di norma è molto contenuto, e poi 60 rate mensili che, per quel che riguarda le coperture assicurative, di norma includono pure il furto e incendio e la Kasko. Ma ci sono pure società di noleggio auto a lungo termine che permettono anche di evitare di pagare l’anticipo. In tal caso l’acconto sarà incluso e spalmato sulle rate da pagare.

Chi sono i lavoratoti autonomi iscritti all’Ago?

AGO è l’acronimo dell’Assicurazione Generale Obbligatoria. Tutte le risposte in merito all’istituto, ai lavoratori che ne fanno parte ed alla pensione di vecchiaia.

AGO: cos’è e come funziona?

L’Ago è l’Assicurazione Generale Obbligatoria. Si tratta di un istituto giuridico che prevede, per i suoi associati, forme di tutela sociale, tra cui la pensione di vecchiaia. Questo è possibile attraverso delle assicurazioni sottoscritte dagli iscritti. E’ stata istituita con Regio decreto legge n. 636 del 14 aprile 1939. Ed infine pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 3 maggio 1939 e confermata dalla Legge 6 luglio 1939, n. 1272 e dalle successive leggi di modifica ed integrazione. Lo scopo dell’Istituto è quello di garantire la pensione di vecchiaia e di invalidità ai suoi iscritti. L’AGO è obbligatoria per tutti i lavoratori dipendenti. Anche se è gestita dall’Inps, Istituto Nazionale di previdenza sociale, ma possono, se vogliono anche iscriversi i lavoratori autonomi. Di seguito, alcuni campi di applicazione, in merito alle pensioni di vecchiaia erogate.

Ma chi sono i lavoratori autonomi iscritti all’Ago?

L’Ago è prevista principalmente per i lavoratori dipendenti del settore privato, compresi elettricisti, autoferrotranvieri, telefonici, dirigenti d’azienda (EX Inpdai) che fanno riferimento al Fondo pensione lavoratori dipendenti (Fpld). Tuttavia, rientrano anche alcuni i lavoratori autonomi tra questi: artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni. Si tratta quindi di soggetti autonomi, ma che rientrano in categorie ben definite. Inoltre all’ago è iscritta la generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato, nonché i lavoratori autonomi e professionisti “senza cassa”. Anche se tutti comunque fanno sempre e comunque capo all’INPS. Ma vediamo nel dettaglio le singole categorie di lavoratori.

Ago: cosa si intende per lavoratori dipendenti del settore privato?

Sono definiti lavoratori dipendenti tutti coloro che si impegnano, per effetto di un contratto, a prestare la propria opera intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto, detto “Datore di lavoro“. Il corrispettivo è rappresentato dallo stipendio, cioè un pagamento mensile in proporzione alle ore di lavoro prestate ed al tipo di lavoro. Il contratto di lavoro subordinato è quindi l’elemento chiave del rapporto tra i due soggetti e di conseguenza, contiene tutte le “regole del gioco” tra le parti. Ma nello specifico, l’Ago tratta i dipendenti del settore privato. In altre parole, quei lavoratori che NON sono impiegati nella pubblica amministrazione, lavori statali o affini. Quindi il settore privato è formato da tutte quelle aziende di piccole, medie e grandi dimensioni che fanno parte del nostro sistema economico.

Quali sono le caratteristiche dell’artigiano?

Altra categoria di lavoratori iscritti all’Ago è quella degli artigiani. Per artigiano si intende un lavoratore autonomo di un’impresa artigiana. Un’impresa in cui vengono svolte le attività di prestazione di servizi, facchinaggio, barbieri, tintorie, parrucchieri. Quindi possiamo definire artigiano chi svolge un’attività produttiva, ad eccezione per le attività agricole, commerciali e di intermediazione. L’artigiano è quindi un lavoratore esperto che utilizza per la sua produzione mezzi, macchinari, e materie prime per la realizzazione di determinati manufatti. Ogni artigiano è un imprenditore e che come tutti per dover operare ha bisogno di aprire una partita IVA, iscriversi al relativo albo, ed adempiere alle all’iscrizione presso l’INPS e l’INAIL.

La figura del commerciante iscritto all’Ago

Il commerciante è colui che esercita un commercio, chi si dedica ad un’attività commerciale e svolge un’attività intermediaria nella circolazione dei beni. Anche se nella gergo, quando si parla di commercianti viene sempre in mente colui che sta dietro al bancone, pronto a vendere un prodotto oppure un servizio. Ma allora qual’é la differenza con l’artigiano? Si è artigiani se si svolge un’attività manuale o professionale in modo artigianale. Ne sono esempio: idraulici, muratori, pasticcieri, meccanici. Mentre il commerciante è più legato alla figura di colui che acquista e rivende merci. Il commerciante pertanto ha si costituisce come imprenditore, proprio perché ha bisogno di una gestione più complessa della propria attività. Infine, può essere costituito sotto forma di qualsiasi tipo di società.

Le altre figure iscritte

Tra le altre figure iscritte all’Ago troviamo i coltivatori diretti. Si intende l’imprenditore agricolo, che si dedica abitualmente e manualmente alla coltivazione dei campi. Non deve per forza esserne proprietario, perché può essere affittuario, usufruttuario, enfiteuta dei terreni di cui si prendere cura. Per essere definito coltivatore diretto occorre contribuire con il proprio lavoro, o della propria famiglia, ad almeno un terzo del fabbisogno lavorativo in azienda. Ed inoltre le giornate dedicate a questo lavoro non possono essere inferiori a 104 in riferimento all’anno solare. Diversa è la figura del mezzadro. La mezzadria (da un termine derivante dal latino tardo che indica “colui che divide a metà”) è un contratto agrario d’associazione con il quale un proprietario di terreni (chiamato concedente) e un coltivatore (mezzadro), si dividono (normalmente a metà) i prodotti e gli utili di un’azienda agricola (podere). Infine, possono iscriversi all’Ago anche i coloni. Si tratta di persone che si occupano solo della cultura del fondo, più associato alla figura del contadino. L’Ago abbraccia molte categorie, ma per qunato riguarda le pensioni di vecchiaia, invalidità o affini, è gestita del’Inps.

Disabili, agevolazioni fiscali: beneficiari e situazioni in cui si verificano

Le persone disabili e i loro familiari possono godere di molte agevolazioni fiscali: quando, quali sono, beneficiari, regole e modalità per richiederle.

Le detrazioni IRPEF per figli disabili a carico

  • 1.620,00 € per figlio se di età inferiore a tre anni;
  • 1.350,00 € per figlio se di età uguale o superiore a tre anni;

La detrazione aumenta di 200,00 € per ogni figlio a partire dal primo, nel caso di più di tre figli.

Le detrazioni IRPEF sono calcolate in modo inversamente proporzionale al reddito e si annullano per redditi che superano i 95.000 euro all’anno.

Acquisto di veicoli: benefici fiscali

  • Detrazione Irpef del 19% per acquisto, manutenzione o riparazione (se sostenute entro 4 anni dall’acquisto del mezzo) di autovetture senza limiti di cilindrata, e di altri veicoli (nuovi o usati) per una spesa massima di 18.075,99 euro;
  • Esenzione del bollo auto e imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà;
  • Iva al 4% sull’acquisto di autovetture nuove o usate, ma anche in leasing traslativo con motore elettrico di potenza non superiore a 150 Kilowatt; con motore a benzina o ibrido fino a 2.000 cm cubici; con motore diesel o ibrido fino a 2.800 cm cubici.

Le agevolazioni spettano una sola volta nel corso di un quadriennio, salvo furto o cancellazione del precedente veicolo dal PRA, per demolizione. L’erede ha la possibilità di cedere il veicolo ereditato dalla persona portatrice di handicap, anche prima dei due anni dall’acquisto con IVA agevolata, senza che ciò implichi l’obbligo di versamento della differenza d’imposta.

Agevolazioni fiscali: beneficiari e veicoli di riferimento

I beneficiari delle agevolazioni fiscali sono rappresentati dalle persone sorde e non vedenti; da portatori di disabilità psichica o mentale che hanno ottenuto l’indennità di accompagnamento o con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni; disabili con ridotte o impedite capacità motorie permanenti.

I veicoli di riferimento sono:

  • autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo (max 9 posti) e autoveicoli specifici per il trasporto di cose o persone muniti di speciali attrezzature;
  • autocaravan con una speciale carrozzeria ed attrezzati al trasporto (max 7 posti);
  • motocarrozzette a tre ruote per il trasporto (max 4 posti) con carrozzeria idonea;
  • motoveicoli per trasporto promiscuo o specifici a tre ruote per il trasporto di cose o persone muniti di speciali attrezzature relative a tale scopo.

Ausili tecnici e informatici: agevolazioni

  • detrazione IRPEF del 19% dei costi d’acquisto per sussidi informatici e tecnici;
  • IVA al 4% sulla spesa sostenuta;
  • detrazioni per le spese di acquisto e mantenimento concernenti il cane guida per i non vedenti;
  • detrazione IRPEF del 19% spese per i servizi di interpretariato dei sordi.

I costi sostenuti per l’acquisto di telefonini per sordomuti, sussidi informatici e tecnici e cucine, si può fruire della detrazione solo nel caso di collegamento funzionale tra il sussidio tecnico informatico e lo specifico handicap.

Barriere architettoniche: detrazioni e interventi

Per ristrutturazione edilizia sugli immobili: detrazione 50% su un massimo di 96.000 euro, se la spesa è sostenuta tra il 26/06/2012 e il 31/12/2020. Detrazione 36% su un importo massimo di 48.000 euro, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2021.

Altri interventi agevolati riguardano l’eliminazione delle barriere architettoniche e la realizzazione di strumenti che, con la comunicazione, la robotica e ogni altro strumento tecnologico siano idonei a favorire la mobilità interna ed esterna delle persone portatrici di grave disabilità.

Le spese sanitarie

Sono interamente deducibili dal reddito complessivo del disabile: le spese mediche generiche e le spese di assistenza specifica (anche per un familiare disabile non a carico). Dall’imposta possono essere detratte le spese sanitarie specialistiche per la parte eccedente l’importo di 129,11 euro.

Sono ammesse integralmente alla detrazione del 19%, con la franchigia di 129,11 euro per:

  • spese effettuate il trasporto in ambulanza del disabile o compiuto dalla Onlus;
  • acquisto di arti artificiali per la deambulazione o di poltrone per inabili e minorati non deambulanti e di apparecchi per il contenimento di fratture, ernie e per la correzione dei difetti della colonna vertebrale o di componenti di cucine basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, preposte a facilitare il controllo dell’ambiente da parte dei disabili;
  • costruzione di rampe per l’eliminazione delle barriere architettoniche alle abitazioni, siano esse interne che esterne;
  • rendere idoneo l’ascensore a contenere la carrozzella e l’installazione e la manutenzione della pedana di sollevamento installata nell’abitazione della persona con disabilità;
  • i mezzi fondamentali all’accompagnamento, alla deambulazione e al sollevamento dei disabili.

Assistenza personale: agevolazioni fiscali

  • deduzione dei contributi (fino a 1.549,37 euro) per addetti a servizi domestici e assistenza personale o familiare;
  • detrazione spese per addetti all’assistenza personale (fino a 2.100 euro) per redditi fino a 40.000 euro;
  • detrazione spese per il familiare non autosufficiente anche se non a carico e anche se le prestazioni di assistenza sono rese da una casa di cura o di riposo; da una cooperativa di servizi; da un’agenzia interinale.

Polizze assicurative: detrazioni

  • detrazione di 530 euro per le polizze che prevedono il rischio di morte o di invalidità permanente;
  • detrazione di 1.291,14 euro per le polizze che coprono il rischio di non autosufficienza;
  • 750 euro per i premi versati per le polizze assicurative a tutela delle persone con disabilità grave che coprono il rischio di morte. Se nel contratto di assicurazione sono indicati più beneficiari e uno dei quali ha una grave disabilità, l’importo massimo detraibile deve essere ricondotto all’unico limite più elevato di 750 euro.

L’imposta agevolata su successioni e donazioni

Solo sulla parte della quota ereditata (o donata) che supera l’importo di 1.500.000 euro; l’esenzione per i beni e i diritti conferiti in un trust o gravati da un vincolo di destinazione e per quelli destinati a fondi speciali creati per i portatori di grave disabilità.

Gestione Separata INPS: chi deve iscriversi?

Il mondo del lavoro nel tempo è stato profondamente modificato e sono emerse forme contrattuali che possono essere definite atipiche, per tutte costoro c’è comunque l’esigenza di avere una previdenza sociale. Sopperisce a tale necessità la Riforma Dini del 1995  che istituisce la Gestione Separata INPS, ma di cosa si tratta e chi deve iscriversi?

Cos’è la gestione Separata INPS?

La Gestione Separata INPS è un fondo previdenziale istituito con la Legge 335 del 1995, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare“, anche conosciuta come Riforma Dini. Il fondo è alimentato con i contributi versati dai lavoratori assicurati. L’obiettivo è far in modo che lavoratori non iscritti in altre casse possano comunque avere delle tutele per la vecchiaia, pensione, in caso di malattia o in maternità.

Chi deve iscriversi alla Gestione Separata INPS?

I lavoratori che hanno l’obbligo di iscriversi alla Gestione Separata INPS sono una categoria piuttosto eterogenea e le norme applicate sono diverse. Fin da ora è bene sottolineare che in alcuni casi il versamento dei contributi ricade completamente sul lavoratore, del tutto assimilato quindi a un professionista, mentre in altri casi ricade sul datore di lavoro in quanto il rapporto può essere iscritto comunque nella categoria del lavoro dipendente. Deve anche essere detto che i contributi raccolti in questo fondo sono solitamente di piccola entità, proprio per questo vi è una certa difficoltà da parte del fondo stesso ad erogare delle prestazioni sociali che possano assicurare una buona qualità della vita.

In linea generale devono iscriversi alla Gestione Separata INPS coloro che non sono iscritti in altre casse previdenziali, si tratta quindi di lavoratori autonomi, persone con contratto di collaborazione o lavoro autonomo occasionale. Possono essere tenuti all’iscrizione a tale cassa previdenziale anche i pensionati e coloro che esercitano abitualmente altre attività e occasionalmente svolgono lavoro autonomo.

Collaborazione continuata e continuativa (co.co.co)

Si è anticipato che non tutti coloro che si iscrivono alla Gestione Separata INPS sono sottoposti allo stesso trattamento, un caso particolare è quello dei co.co.co.. Le collaborazioni coordinate e continuative sono infatti assimilate a lavoro dipendente, affinché si configuri questo tipo di trattato devono però verificarsi determinate condizioni:

  •  il lavoratore decide autonomamente orari e tempi di lavoro;
  •  il committente esercita un potere di coordinamento che rappresenta comunque un limite all’autonomia del lavoratore;
  •  continuità nelle prestazioni tale da far nascere un vincolo continuativo tra le parti;
  •  retribuzione in forma periodica  prestabilita.

Come detto, la collaborazione coordinata e continuativa viene assimilata a lavoro dipendente, proprio per tale motivo gli oneri contributivi per il fondo Gestione Separata INPS devono essere versati da entrambe le parti. Le quote sono così stabilite: 2/3 a carico del committente e 1/3 a carico del lavoratore, ma sotto forma di ritenuta dal compenso, proprio per questo motivo il versamento è tutto a carico del committente in qualità di sostituto d’imposta.

Lavoratore con contratti di prestazioni occasionali e Gestione Separata INPS

Nelle collaborazioni meramente occasionali manca la coordinazione del lavoro da parte del committente. Il lavoratore che ha contratti di prestazioni occasionali nella maggior parte dei casi lavora in favore di più soggetti, in tal caso, nel momento in cui supera la soglia dei 5.000 euro annui è tenuto a comunicare a tutti i committenti il superamento della soglia. Costoro devono provvedere alla iscrizione del lavoratore alla Gestione Separata INPS e di conseguenza a versare gli importi dovuti tenendo in considerazione le aliquote stabilite con circolare INPS per l’anno in corso. Anche in questo caso la misura da applicare è di 2/3 a carico del committente, 1/3 a carico del lavoratore, ma trattenuto dal compenso.

Lavoratori autonomi

I lavoratori autonomi non iscritti ad alcuna cassa previdenziale e non ascrivibili nel campo del collaboratori coordinati e continuativi e nei contratti di prestazione occasionale devono iscriversi autonomamente alla Gestione Separata INPS. La procedura si svolge attraverso il sito dell’INPS, nella sezione “servizi per il cittadino” a cui si accede con il PIN o con lo SPID. Una volta iscritti si possono versare gli importi in relazione ai redditi da lavoro autonomo. La normativa prevede il versamento con le stesse scadenze previste per le imposte sul reddito, quindi entro il 30 giugno si versa il saldo per l’anno precedente e contestualmente si versa l’acconto per l’anno in corso, entro il 30 novembre viene invece versato il secondo acconto per l’anno in corso.

Riepilogo: chi deve iscriversi alla gestione Separata INPS?

Tra i lavoratori che devono iscriversi alla Gestione Separata, in base alle indicazioni fornite dall’INPS, ci sono :

  • gli spedizionieri doganali non dipendenti;
  • coloro che usufruiscono di borse di studio per la frequenza di dottorati di ricerca, attività di tutorato, didattiche e di recupero;
  • i medici con contratti di formazione specialistica;
  • gli amministratori locali;
  • gli associati in partecipazione;
  • i volontari del Servizio Civile Nazionale, iscrizione e contributi devono essere versati dall’ente che usufruisce del servizio;
  • collaboratori occasionali;
  • titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa ( a questi sono assimilati i venditori porta a porta).

 

Sono protestato, posso aprire partita Iva?

E’ una annosa questione quella che andremo a sviscerare in questo essenziale articolo. Molti si chiedono se posso aprire una partita iVA, essendo protestato. Quindi, come rimettersi in sesto con una nuova attività. Scopriamolo assieme.

Come avviare nuova attività se si è protestati

Partiamo col dire che nel momento in cui si decide di avviare una nuova attività, si deve prestare una adeguata attenzione ad eventuali debiti pregressi accumulati o vi siano state precedentemente situazioni di insolvenze e mancati pagamenti di cui abbiamolasciato traccia nei registri pubblici.

E’ ad ogni modo possibile avviare l’attività, ma sarà bene prestare attenzione a seconda che ci si trovi in una delle seguenti situazioni: cattivi pagatori o protestati o se si è stati dichiarati falliti. 

Andiamo a vedere, però nel caso specifico cosa accade nel caso in cui si è protestati

Come si finisce per essere “protestato”?

Innanzitutto, dunque, chiariamo cosa si intende per “protestato” e come lo si diventa.

La condizione di protestato potremmo definirla più grave di quella di un “cattivo pagatore”, sebbene le due condizioni non siano necessariamente separate. Quindi, specifichiamo che si diventa protestati in determinate occasioni:

  • Quando non si è stati in grado di onorare un pagamento sotto forma di titolo di credito.
  • Quando viene emesso un assegno o una cambiale a favore di un terzo, al momento della scadenza il terzo presenta il titolo per incassarlo. Qualora il pagamento dovesse essere rifiutato, il creditore è autorizzato a procedere nei confronti del debitore con l’atto di protesto, indipendentemente dal motivo per il quale il pagamento è stato rifiutato

Sostanzialmente, con l’atto di protesto si intende un atto pubblico, ed esso comporta lo stesso valore di un decreto ingiuntivo. Tale atto viene registrato nel registro informatico dei protesti alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura.

E’ possibile cancellare un atto di protesto? E in che modo?

Sarà possibile eliminare un protesto nel caso in cui l’iscrizione è illegittima o sia conseguenza di un errore o se si è ottenuta la riabilitazione dal giudice.

Come fare richiesta di annullamento è presto detto. La tale domanda si deve presentare presso il Registro informatico della Camera di Commercio allegando, a differenza dei vari casi le seguenti informazioni:

  • Decreto di riabilitazione, copia conforme all’originale rilasciato dal Tribunale, nel caso di assegno protestato poi onorato con conseguente richiesta di decreto di riabilitazione;
  • Documentazione che comprovi l’erroneità o l’illegittimità, nel caso di un protesto illegittimo;
  • La ricevuta del pagamento effettuato per la cambiale protestata, nel caso in cui vi fosse in nuce una cambiale protestata o comunque altri titoli che non richiedono specificamente il decreto di riabilitazione.

Molti si chiedono se per cancellare un protesto occorre pagare qualcosa o meno. Ci sono, ma sono praticamente minimi.

I costi per la cancellazione di un protesto, potranno essere i seguenti:

  • 2 euro per la visura protesto
  • 5 euro per il costo del certificato di esistenza in vita del protesto
  • 8 euro inerenti ai diritti di segreteria
  • 16 euro di imposta di bollo
  • 16 euro di ulteriore bollo per il certificato esistenza in vita

E, dunque, in ultimo ma non ultimo veniamo alla questione più attesa per chi ha ottenuto un fastidioso protesto.

Come aprire nuova attività per protestati: Conti correnti per le aziende protestate

Diciamo che il primo fastidio per coloro che hanno ricevuto un protesto, sarà certamente con le banche. Dunque, chi è protestato e ha intenzione di aprire un nuovo conto corrente, dal primo gennaio 2020 può aprire in banca e Poste Italiane un conto corrente. Tale tipo di conto corrente offrirà un numero di operazioni sufficiente a coprire l’uso personale da parte del cliente consumatore. Una sorta di conto corrente apposito per i “protestati”. Le operazioni e i servizi che si potranno trovare inclusi nei conti correnti per le aziende protestate comprenderanno le seguenti funzioni:

  • Naturale apertura, gestione e chiusura del conto corrente;
  • Accreditamento di fondi sul conto corrente compreso accredito di stipendio e pensione);
  • prelievo di contante all’interno dell’Unione europea;
  • Possibilità di addebiti diretti, da usufruire anche online nell’ambito dell’Unione europea;
  • Ed ovviamente i bonifici.

Non sarà invece possibile emettere assegni.

Tuttavia, sarà opzionabile per la banca o per Poste italiane rifiutare la richiesta di apertura di un conto di base che comprenda i servizi elencati poco sopra, qualora il consumatore (protestato) sia già titolare in Italia di un conto corrente che gli consenta di utilizzare le operazioni e i servizi inclusi nel conto corrente di base.

Questo è quanto c’era da sapere sulla labile condizione di protestato. Come visto, nulla è perduto e per ogni protestato c’è possibilità di rinascita con una nuova attività. Non chi è protestato, ma chi si ferma è perduto.

 

Start Up innovativa: per la costituzione necessario intervento notarile – La sentenza

Senza l’intervento del notaio la costituzione di una start up innovativa si presenta in tutto e per tutto come un’operazione illegittima. Questo è quanto in estrema sintesi, con la sentenza numero 2643 del 4 marzo del 2021, ha sancito la Sezione sesta del Consiglio di Stato nell’accogliere un ricorso che è stato presentato dal Consiglio Nazionale del Notariato.

Ecco perché per costituire una start up innovativa serve il notaio

La sentenza che decreta l’illegittimità della costituzione di una start up innovativa senza l’intervento e senza la presenza del notaio, di fatto rende illegittimo a cascata pure il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) del 17 febbraio del 2016. Un Decreto contro il quale, tra l’altro, il Consiglio Nazionale del Notariato aveva subito manifestato la propria opposizione presentando un ricorso dinanzi al TAR del Lazio.

Un ricorso che venne sostanzialmente respinto dal TAR del Lazio con la sentenza numero 10004 del 2017, e che ha portato il Consiglio Nazionale del Notariato, di conseguenza, a presentare il ricorso in appello al Consiglio di Stato ottenendo, invece, un pronunciamento favorevole. Un pronunciamento che, in pratica, sancisce come la costituzione di una start up innovativa senza l’intervento e senza la presenza del notaio sia illegittima in quanto risulta essere assente il necessario controllo di legalità.

Creazione online di una start up innovativa, il servizio è momentaneamente sospeso

La palla ora passa al legislatore che sarà chiamato ad intervenire proprio a seguito del pronunciamento da parte del Consiglio di Stato che, di riflesso, vieta alla start up innovativa la sua costituzione gratuita online in quanto, come sopra detto e come sopra spiegato, serve obbligatoriamente l’atto pubblico che garantisca il controllo preventivo, amministrativo e giudiziario. Non a caso, sulla piattaforma online di Infocamere attualmente si legge che il servizio risulta essere momentaneamente sospeso proprio a seguito della sentenza della Sezione sesta del Consiglio di Stato e delle conseguenti e necessarie valutazioni.

La posizione del Consiglio Nazionale del Notariato sulla costituzione delle SRL online

Il Consiglio Nazionale del Notariato, aspettando l’esito del ricorso al Consiglio di Stato, poi vinto, ha inoltre manifestato già da tempo la volontà di predisporre una piattaforma informatica unica finalizzata proprio alla costituzione delle SRL online. Ovverosia una piattaforma attraverso la quale la costituzione delle imprese, pur avvenendo senza la presenza fisica di notaio, offra tutte le garanzie di controllo a livello preventivo, amministrativo ed anche giudiziario come sopra accennato. Ovverosia l’accertamento di tutte le identità in gioco, la verifica e l’accettazione della loro volontà e, di riflesso, la conseguente stipula dell’atto unitamente a tutti i relativi adempimenti.

Già nel marzo scorso, tra l’altro, il Consiglio Nazionale del Notariato con una nota aveva fatto presente ed aveva precisato, dopo aver presentato il ricorso, di non essere per nulla contrario al modello di impresa che è rappresentato dalla start up innovativa. Ma nello stesso tempo il controllo di legalità preventivo è fondamentale per evitare che, in maniera indiscriminata, le organizzazioni malavitose facciano leva proprio su questi nuovi modelli societari che, tra l’altro, sono appetibili in quanto risultano essere agevolati in maniera significativa.

Riscatto laurea: convenienza a confronto con fondo pensione

Quanto è conveniente il riscatto della laurea in vista della futura pensione e quale scelta può essere più indicata rispetto al fondo pensione per il contribuente? Per rispondere a questa domanda, soprattutto in vista di un assegno di pensione più alto o di una via più breve per arrivare alla pensione, è necessario fare una prima generale considerazione.

Ovvero, di fronte alla scelta personale di riscattare gli anni universitari, a meno che non si è certi che il riscatto presso l’Inps possa portare ad anticipare la prima data utile per il pensionamento, l’opzione del fondo pensione appare, in genere, quella più conveniente.  Vediamo perché.

Riscatto della laurea ai fini della pensione, come si può richiederlo

Rispetto al fondo pensione, il riscatto della laurea si incrementa secondo l’andamento del Prodotto interno Lordo (Pil) e i contributi sono interamente deducibili dal reddito imponibile ai fini fiscali. La prestazione che comporta il riscatto della laurea, tuttavia, è differita al momento in cui il richiedente maturerà i requisiti richiesti per andare in pensione di vecchiaia o per quella anticipata.

Per questo motivo, stabilire con un certo numero di anni di anticipo quello che sarà il beneficio una volta che si andrà in pensione risulta non sempre agevole. La determinazione di quanto verranno rivalutati i contributi versati per il calcolo della futura pensione dipenderà, infatti, da molteplici fattori. Tra questi, il coefficiente di trasformazione (al quale concorre il Prodotto interno lordo), il costo della vita e l’aspettativa di vita. In definitiva, la sopravvivenza media della popolazione.

Riscatto della laurea, quanto costa? 

Pertanto, oltre al costo previsto per il riscatto della laurea, occorrerà tener presente la rivalutazione dei contributi che diventeranno pensione e della tassazione applicata. Nel sistema contributivo, nel quale il riscatto della laurea può avvenire in maniera agevolata secondo quanto prevede il decreto numero 4 del 2019 con il pagamento di poco più di 5.000 euro per ogni anno da riscattare, occorre tener presente della tassazione finale. Ad oggi, la tassazione prevista secondo le regole dei redditi da lavoro e assimilati è pari al 23%, a esclusione della tassazione regionale e comunale.

I fondi pensione, quali regole e convenienza 

I fondi pensione presentano un primo vantaggio della deducibilità dei contributi nei limiti di 5.165 euro all’anno sul reddito imponibile. È tuttavia possibile che i contribuenti che non raggiungano questo limite possano pianificare i versamenti in modo da arrivare alla completa deducibilità fiscale. Diversamente dal riscatto della laurea, la rivalutazione dei contributi versati dipenderà dal rendimento annuo che si genera sui mercati finanziari dagli investimenti effettuati dai fondi pensione. Mediamente, il tasso di rivalutazione dei fondi pensione è superiore a quello del Prodotto interno lordo.

Fondi pensioni, i vantaggi della Rita

Inoltre, anche se la prestazione dei fondi pensione viene erogata alla maturazione della pensione di vecchiaia o anticipata, nella sostanza la norma permette al contribuente una serie di possibilità per rientrare velocemente nella disponibilità, anche in parte, delle somme versate. È il caso della Rendita integrativa anticipata temporanea (Rita), strumento che negli ultimi anni ha permesso ai contribuenti di poter ricevere anticipatamente la rendita prevista a scadenza sotto forma di pensione. La conversione dei contributi versati avviene mediante con un coefficiente stabilito dalla compagnia erogatrice della prestazione.

Fondo pensione, quale rivalutazione futura? 

La rivalutazione futura del fondo pensione è soggetta al tasso annuo di rendimento ottenuto dalla compagnia di assicurazione. Di solito, il rendimento è più alto rispetto alla rivalutazione media applicata dall’Inps. All’atto del pensionamento, la metà della prestazione può essere richiesta in pagamento sotto forma di capitale. La tassazione del fondo pensione dipende dal periodo di iscrizione prevedendo un’aliquota massima del 15%, con un minimo del 9% dopo 35 anni di iscrizione.

Esempio di convenienza del fondo pensione rispetto al riscatto della laurea

La maggiore convenienza del fondo pensione rispetto al riscatto della laurea può essere dimostrata ricorrendo a un esempio concreto. Consideriamo un lavoratore nato nel 1981, iscritto per la prima volta all’Inps nel 2008 e dunque ricadente interamente nel meccanismo previdenziale contributivo, che decida di riscattare i quattro anni di laurea ottenuta con iscrizione universitaria tra il 2000 e il 2003. Sulla base della nuova normativa previdenziale, la prima data utile per la pensione del lavoratore ricadrebbe al compimento dei 64 anni di età con la pensione anticipata del sistema contributivo. Sono necessari altresì 20 anni di contributi e una pensione futura che sia di importo di almeno 2,8 volte la pensione minima.

Quanto rendono i fondi pensione?

Con il riscatto della laurea, applicando l’agevolazione prevista dal decreto 4 del 2019 e dunque con un pagamento di poco più di 5.000 euro per ogni anno universitario da riscattare, e un pensionamento con aliquota marginale del 27%, il futuro pensionato riceverebbe un incremento netto sull’assegno di pensione pari a 949 euro. Il rendimento è ottenuto mediante un tasso annuo dell’operazione pari all’1,4%. Nel caso in cui ci si trovasse di fronte a scegliere tra il riscatto della laurea e il fondo pensione, quest’ultimo potrebbe risultare più vantaggioso per rendimento. Infatti, nell’ipotesi del lavoratore, l’incremento della prestazione al netto sarebbe di 1.111 euro, con una rivalutazione che, all’atto della pensione, risulterà più elevata rispetto a quella ottenibile dall’Inps.