Marzo 2022, tutte le scadenze fiscali del mese e date importanti

Marzo 2022, come tutti i mesi ci sono delle scadenze fiscale e non da non dimenticare. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Marzo 2022, i primi quindici giorni

Il mese di marzo 2022 si apre con il versamento dell’imposta di registro sui contratti di locazione e affitto stipulati in data 01/02/2022 o rinnovati tacitamente con decorrenza dal 01/02/2022. Si ricorda che i contratti di locazione prevedono il pagamento dell’imposta pari al 2% del canone annuo, sia in sede di registrazione, sia nel caso di rinnovo annuale. Imposta che invece non si applica per i contratti che godono del regime agevolato della cedolare secca.

Mentre giorno 15 è prevista la comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati di dettaglio relativi al canone TV addebitabile e accreditabile nelle fatture emesse dalle imprese elettriche riferiti al mese precedente. Sempre in questa data sono previsti una serie di adempimenti contabili per i soggetti IVA, ASD, proloco ed associazioni. Ad esempio dette associazioni devono annotare, anche con un’unica registrazione, l’ammontare dei corrispettivi. Ma anche di qualsiasi provento conseguito nell’esercizio di attività commerciali con riferimento al mese precedente,

Il 16 marzo un giorno “pieno” di adempimenti

Uno dei tanti adempimenti è l’invio telematico del modello CU (certificazione unica). Questa deve essere inviata non solo al dipendente, ma anche all’Agenzia delle entrate. Sempre in tema di modello 730, il 16 marzo devono essere inviate telematicamente le spese detraibili sostenute dai contribuenti. Ma attenzione questo adempimento riguarda i soggetti terzi che devono trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati che poi serviranno per la dichiarazione dei redditi.

Sempre previsti per il 16 marzo c’è il saldo IVA emerso dalla dichiarazione annuale. Va eseguito tramite modello F24 utilizzando il codice tributo 6099. L’indicazione è “versamento IVA sulla base della dichiarazione annuale. Ed ancora il versamento delle ritenute alla fonte e dei contributi relativi al mese di febbraio. Beh una giornata molto calda visto che l’Agenzia delle entrate indica 60 versamenti, 2 dichiarazioni e 15 comunicazioni.

Marzo 2022, gli adempimenti di fine mese

Giorno 18 marzo è l’ultima giornata per regolarizzare i versamenti di imposte e ritenute non effettuati o effettuati in misura insufficiente entro il 16 febbraio 2022, con maggiorazione degli interessi legali e della sanzione ridotta a un decimo. Si parla del così detto ravvedimento breve.

Mentre venerdì 25 marzo 2022 è fissata un’altra scadenza. Quella entro la quale gli operatori con obbligo mensile dovranno trasmettere gli elenchi Intrastat relativi alle operazioni intracomunitarie effettuate nel mese di febbraio. Infine il 31 marzo vi è il versamento dell’Iva per i operatori extracomunicati. Ma anche le aziende che utilizzano lavoratori dipendenti i quali svolgono attività “usuranti” devono comunicare i dati del lavoro usurante all’INPS tramite apposito canale.

 

 

 

Assegno unico assorbe anche gli Assegni familiari del coniuge a carico!

Inizialmente si pensava, come dimostrano articoli, guide e spiegazioni dei tecnici, che l’assegno unico universale sarebbe stato una rivoluzione solo per le misure di welfare per le famiglie in relazione ai loro figli.

Infatti l’assegno universale per i figli sotto i 21 anni di età sostituisce detrazioni per i figli a carico, assegni per il nucleo familiare, bonus bebè e via dicendo. Ma sugli Anf occorre fare una precisazione. In base ai dettami normativi dell’Inps, che ieri ha pubblicato la sua circolare n° 34 sul suo portale istituzionale, l’assegno unico universale sui figli, assorbe pure gli assegni familiari sul coniuge a carico. Questo non sempre, perché l’istituto degli Anf resta in vigore e richiedibile, ma se in presenza di figli sotto i 21 anni, niente assegno nemmeno per la moglie casalinga per esempio.

Sembra una anomalia questa, ma è tutto vero, messo nero su bianco dalla nuova circolare dell’Inps. Le due misure, assegno unico ed assegno per il nucleo familiare non possono coesistere, anche se relative a soggetti diversi.

Assegno unico assorbe pure gli Anf sul coniuge a carico, lo conferma l’Inps

In genere tutti i lavoratori lo sanno bene, gli Anf, acronimo di Assegno nucleo familiare, riguardavano coniuge, figli ed altri familiari a carico fiscale. Parliamo di soggetti con redditi entro la soglia di 2.840,51 euro o di 4.000 euro se sotto i 24 anni di età. Questo per coniuge o figli, mentre per gli altri parenti i requisiti e i paletti sono stati sempre diversi e maggiori.

Con l’avvento dell’assegno unico sui figli sotto i 21 anni di età, gli Anf spariscono. Ma non solo quelli dei figli sotto i 21 anni di età. Infatti se nel nucleo familiare sono presenti figli che rientrano nel perimetro dell’assegno unico universale, si perde anche il beneficio degli Anf per il coniuge a carico. Chi pensava di trovare l’assegno per il nucleo familiare in busta paga da marzo, quanto meno per il coniuge, avrà questa sorpresa.

Nessuno credeva che l’assegno universale eliminasse anche gli Anf per il coniuge, ma così è come sottolineato nella circolare da parte dell’Inps.

Quali Assegni al nucleo familiare sopravvivono all’assegno universale

Una autentica doccia fredda quella che si è abbattuta sui lavoratori che da settimane fanno i conti su cosa guadagneranno con l’assegno unico rispetto ai vecchi bonus percepiti. Se dal punto di vista delle detrazioni per coniuge a carico, queste vengono salvaguardate e conviveranno con l’assegno univo (al contrario naturalmente delle detrazioni per i figli a carico), non si salva l’Anf sul coniuge.

Dal primo marzo, cioè da oggi, data di entrata in vigore dell’Assegno Unico, un nucleo familiare con marito lavoratore, moglie casalinga e figlio sotto i 21 anni, non avrà nessun assegno per il nucleo familiare in busta paga.

L’anomalia è che l’assegno unico riguarda i figli e non il coniuge, ma secondo la normativa, anche l’assegno per il coniuge a carico finisce con l’essere assorbito dalla novità.

Con il via all’assegno unico per i figli a carico, gli Anf resteranno fruibili solo da famiglie senza figli che rientrano nella nuova misura. In pratica, famiglie formate solo da coniugi, fratelli, sorelle e nipoti, e sempre in base alle specifiche condizioni.

Abolizione quasi totale degli assegni familiari

Ricapitolando, potranno ancora fare domanda per gli Anf solo i nuclei familiari senza figli minorenni o senza figli disabili a carico a prescindere dalla loro età.

In pratica, l’assegno per il nucleo familiare di coniuge o di altre persone a carico, può essere richiesto ad una condizione. Solo se non ci sono figli nel perimetro dell’assegno unico. E va ricordato che tale assegno è erogato sui figli fino a 21 anni di età non compiuti, o senza limiti di età se figli disabili. Un lavoratore quindi, perderà il diritto agli Anf per il coniuge e non solo a quello sui figli. Potrà semmai tornare a percepire l’assegno per il nucleo familiare sono in un caso. Solo presentando domanda per il coniuge a carico,  quando i figli escono fuori dal perimetro dell’assegno unico.Nello specifico, se questi figli superano i 20 anni di età per esempio. Ma anche se per qualsiasi altra ragione la domanda di assegno unico viene respinta.

In definitiva, si salvano gli Anf solo per i nuclei familiari composti unicamente dai coniugi, dai fratelli, dalle sorelle e dai nipoti, sempre a determinate condizioni. In alternativa possono chiedere gli Anf i nuclei familiari per i quali viene meno il diritto all’assegno unico. Per questi nuclei familiari, tornerà possibile richiedere gli assegni al nucleo familiare alle condizioni prima citate. E quindi, per i soggetti diversi dal figlio, quali il coniuge, le sorelle, i fratelli o i nipoti per i quali ricorre il diritto alla prestazione.

Le 10 qualifiche professionali che daranno più lavoro dal 2022 al 2026

Nel quinquennio dal 2022 al 2022 in Italia si prevede un fabbisogno di nuovi lavoratori complessivo tra 4,1 e 4,5 milioni di unità. Di questi, un numero variabile tra 1,3 e 1,7 milioni di lavoratori costituirà la componente di crescita aggiuntiva dettata dalle nuove misure rientranti, soprattutto, nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Un surplus stimato, in termini occupazionali, compreso tra il 31% e il 38% che, probabilmente, non ci sarebbe stato senza le misure rientranti nei fondi di ripresa dalla pandemia Covid-19 del programma Next Generation Eu.

Di quanti laureati, diplomati e giovani con qualifica professionale avranno bisogno le imprese e la Pa tra il 2022 e il 2026?

Dei nuovi occupati che il monto delle imprese e la Pubblica amministrazione avrà bisogno, tra il 2022 e il 2026 l’offerta di lavoratori sarà data da:

  • 1,1-1,2 milioni di lavoratori in possesso del titolo di laurea;
  • 1,6-1,8 milioni di giovani in possesso del diploma di maturità;
  • 1,2-1,4 milioni di giovani che posseggono al massimo di una qualifica professionale.

I dati sono stati diramati dall’indagine congiunta di Unioncamere e Anpal grazie alla ricerca Excelsior.

Fabbisogno di giovani con qualifica professionale delle imprese e Pubblica amministrazione e offerta di lavoro

Come per i laureati e i diplomati, anche per i giovani in possesso della sola qualifica professionale è importante fare una generale premessa. Le richieste di giovani con qualifica professionale segnerà una differenza tra la domanda, ovvero il fabbisogno delle imprese e della Pubblica amministrazione di giovani con questo grado di istruzione, e l’offerta, ovvero quanti saranno i giovani alla ricerca di lavoro con i requisiti richiesti. In generale, l’offerta formativa complessiva è in grado di soddisfare solo all’incirca il 60% della potenziale domanda, con fabbisogno maggiore nei settori dell’edilizia, della logistica e della meccanica.

Quali saranno i settori nei quali serviranno di più i giovani con qualifica professionale?

Per quanto attiene all’istruzione e alla formazione professionale regionale (IeFP), il fabbisogno maggiore negli anni dal 2022 al 2026 si riscontra, infatti, negli indirizzi della meccanica, dell’edilizia e dell’elettrico. Si tratta, essenzialmente, della domanda proveniente soprattutto dalle filiere delle costruzioni e delle infrastrutture. È interessante notare che l’indagine Unioncamere e Anpal prevede due scenari nel calcolo delle stime del fabbisogno e dell’offerta lavorativa. Un primo scenario, più ottimistico, è dato da tassi di Prodotto interno lordo elevanti, connessi soprattutto agli ottimali investimenti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Il secondo scenario è sì positivo, ma meno rispetto al primo. Si discosta al massimo di qualche punto di Pil, soprattutto nei primi anni (2022, 2023 e 2024) del quinquennio.

Quali sono le 10 qualifiche professionali che daranno maggiori opportunità di lavoro tra il 2022 e il 2026?

Dalle stime della ricerca Unioncamere e Anpal, le 10 qualifiche professionali che daranno le maggiori opportunità di lavoro tra il 2022 e il 2026 saranno:

  • la qualifica professionale in meccanica. Nello scenario migliore le imprese avranno bisogno ogni anno di 27.200 nuove unità, in quello peggiore di 23 mila unità. Alla richiesta delle imprese si contrappone offerta di neoqualificati. Mediamente, infatti, saranno disponibili sul mercato del lavoro appena 6.400 neoqualificati all’anno;
  • la qualifica al secondo posto per le richieste delle imprese è quella legata agli indirizzi dell’edilizia e dell’elettrico. Nello scenario peggiore serviranno alle imprese 21 mila nuovi qualificati, in quello migliore 23.900. Tuttavia, l’offerta di neoqualificati in media all’anno si fermerà ad appena 5.500 nuove unità;
  • al terzo posto della qualifica professionale si trovano gli indirizzi legati alle segreterie amministrative e ai servizi di vendita. Serviranno, nello scenario peggiore 18.600 nuovi qualificati, in quello migliore 20.400. Tuttavia, l’offerta annua media di nuovi qualificati si fermerà a 5.900.

Le 10 qualifiche professionali con più offerte di lavoro tra il 2022 e il 2026: quali sono?

Si ribalta la situazione al quarto posto delle qualifiche professionali con più offerte di lavoro tra il 2022 e il 2026 in merito alla domanda e offerta di nuovi qualificati. Infatti, il settore della ristorazione registrerà un fabbisogno di nuovi lavoratori di 17 mila unità nello scenario peggiore e di 19.900 all’anno in quello migliore. L’offerta di nuovi qualificati sarà maggiore rispetto ai posti di lavoro a disposizione e si attesterà a 21.700 nuovi qualificati medi per ogni anno. A seguire:

  • la logistica, i trasporti e le riparazioni di veicoli. La qualifica professionale sarà ricercata per un fabbisogno di 12.100 nuove unità nello scenario peggiore e per 13.600 in quello migliore. Ma mancherà l’offerta di nuovi qualificati. La stima indica appena 6 mila nuovi qualificati all’anno tra il 2022 e il 2026;
  • a seguire le qualifiche per i servizi di promozione e di accoglienza, settore nel quale le imprese cercheranno di assumere 6.600 lavoratori qualificati nello scenario peggiore e 7.200 unità in quello migliore. L’offerta di neoqualificati ogni anno si fermerà a meno della metà, mediamente a 3.200;

Quali qualifiche professionali saranno richieste maggiormente dal 2022 al 2026?

A seguire tra le 10 qualifiche professionali più richieste dalle imprese per il quinquennio dal 2022 al 2026 si ritrovano:

  • la qualifica agraria e agroalimentare. Nello scenario peggiore le imprese avranno bisogno di 4.600 nuovi occupati con questa qualifica. In quello migliore di 5.000. L’offerta media annuale sarà maggiore rispetto ai posti alle richieste delle imprese e si attesterà sui 6.900 nuovi qualificati ogni anno;
  • all’ottavo posto nella classifica delle 10 qualifiche più richieste dalle imprese, si ritrovano i candidati provenienti dalla formazione in grafica, in cartotecnica e nel legno. La richiesta delle imprese sarà di 4.000 unità nello scenario peggiore e di 4.600 in quello migliore. Più o meno in linea sarà la risposta dei candidati neoqualificati che si attesterà a 4.300 nuove unità di media all’anno.

Tessile, benessere, calzature e benessere sono tra le qualifiche professionali più richieste dalle imprese dal 2022 al 2026

La qualifica professionale dei settori del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature occupano la nona posizione tra i qualificati richiesti dalle imprese dal 2022 al 2026. Nello scenario peggiore, infatti, i qualificati in queste mansioni saranno richiesti dalle imprese per 2.900 unità, nello scenario migliore per 4.100 unità. Più alta sarà l’offerta proveniente dai nuovi qualificati mediamente all’anno, pari a 5 mila. A chiudere la classifica i qualificati nel settore del benessere, richiesti dalle imprese in numero di 3.900 in entrambi gli scenari. Ma ci sarà molta concorrenza tra i candidati dal momento che, per ogni anno, mediamente si qualificheranno 10 mila unità.

Le altre qualifiche professionali richieste dalle imprese tra il 2022 e il 2026

Tra le altre qualifiche professionali richieste dalle imprese tra il 2022 e il 2026 figurano i candidati per gli impianti termoidraulici (3.000 o 3.400 le richieste rispettive tra scenario peggiore e migliore). L’offerta media annua si fermerà ad appena mille nuovi qualificati. A seguire sarà richiesta la qualifica in elettronica (tra le 2.300 e le 2.500 nuove richieste dalle imprese nei due scenari). L’offerta di nuovi qualificati media all’anno sarà più o meno bilanciata e stimabile in 2.200 neoqualificati. Gli altri indirizzi varieranno sulla richiesta delle imprese tra 1.700 e 1.900, ma mediamente i neoqualificati saranno appena 700 all’anno. In linea complessiva, le imprese avranno bisogno, dal 2022 al 2026, di 120.700 nuovi qualificati nello scenario peggiore e di 137.600 in quello peggiore. Molto ridotta sarà l’offerta di nuovi qualificati: mediamente, all’anno, la ricerca stima appena 78.800 neoqualificati.

 

PayPal: commissioni sui conti dormienti e regole per protezione vendite

Entrerà in vigore il 6 maggio 2022 la modifica contrattuale di PayPal che applicherà commissioni sui conti dormienti. Di cosa si tratta e come funziona?

Cos’è PayPal

PayPal è probabilmente la piattaforma di pagamento digitale più conosciuta al mondo ed è molto utilizzata anche in Italia. Consente di disporre e ottenere pagamenti e fare acquisti online sicuri. Per aprire un conto PayPal non sono necessarie formalità, infatti basta avere una casella di posta elettronica e il gioco è fatto.

Non sono previste commissioni fisse, cioè non c’è un prelievo periodico dei fondi. Sono però applicate piccole commissioni ad alcune transizioni, in particolare quando si effettuano e si ricevono pagamenti. Ad esempio in caso di acquisti non ci sono commissioni sul conto PayPal. Proprio la sua versatilità ha portato molte persone ad aprire un conto senza poi utilizzarlo effettivamente. Naturalmente su tutti questi utenti non c’è alcun guadagno da parte di PayPal e quindi la società ha previsto dei cambiamenti. Gli stessi saranno attivi dal 6 maggio 2022. Il principale cambiamento è rappresentato dalle commissioni sui conti dormienti.

PayPal e le commissioni sui conti dormienti

Trattandosi di una modifica contrattuale unilaterale, affinché sia efficace è necessario che ne sia data comunicazione agli utenti entro 2 mesi dal momento in cui prende il via l’applicazione della nuova regola. Entro il 6 marzo molti riceveranno la comunicazione, altri già la stanno ricevendo. Cosa cambia per gli utenti?

Le nuove regole si applicano ai conti dormienti, cioè ai conti in cui nell’arco di un anno non sono state compiute operazioni, può trattarsi di un accredito, un pagamento, un acquisto, insomma un’operazione qualunque. Per costoro ci sarà una commissione di 10 euro. La modifica entra in vigore il 6 maggio 2022, ma i primi prelievi saranno effettuati ad ottobre 2022 per i venditori e ad ottobre 2023 per i conti personali. Per evitare questo addebito, in particolare per chi non solo ha un conto dormiente, ma nello stesso tiene solo pochi spicci, cosa frequente perché solitamente chi non lo usa, non lo carica e quindi si ritroverebbe in passivo, è necessario effettuare almeno un’operazione l’anno. In alternativa per chi non lo usa più, e non ha intenzione di ricominciare, potrebbe essere conveniente chiudere il conto prima del 6 maggio 2022 e quindi recedere dal contratto.

C’è da ricordare che chi non riceve la comunicazione entro il 6 marzo non dovrà temere nulla, infatti le modifiche contrattuali unilaterali, come ricordato già in precedenza, non sono valide se non comunicate almeno 60 giorni prima. E’ bene però anche controllare la casella di posta Spam, infatti spesso le e-mail “commerciali” oppure provenienti da indirizzi e-mail che solitamente il titolare non apre, vengono classificate in modo automatico come Spam.

Ulteriori novità da PayPal

Questa però non è l’unica novità prevista da PayPal, infatti viene meno la protezione sugli acquisti in NFT. Generalmente PayPal offre una protezione sugli acquisti, questo vuol dire che nel caso in cui il prodotto acquistato tramite l’uso di un conto PayPal non arrivi a destinazione oppure non sia conforme alle aspettative, facendo ricorso a PayPal è possibile ottenere la restituzione delle somme pagate. Esiste però una lista di venditori per i quali non è fornita tale protezione. Tra gli acquisti che saranno esclusi a partire dai prossimi mesi ci sono quelli di NFT di valore superiore a 10.000 dollari.

Un’altra importante modifica riguarda la legge applicabile. Chi fino ad ora ha aderito a un contratto per aprire un conto PayPal, sa che la legge applicabile è quella del Regno Unito, ora tutto cambia. La legge applicabile al contratto in caso di controversie sarà quella del Lussemburgo e di conseguenza cambia anche il foro, la competenza per la decisione su controversie tra PayPal e utenti sarà di spettanza dei tribunali del Lussemburgo. Dopo la Brexit questa modifica si è resa necessaria per allinearsi alla sede di PayPal (Europe) S.à r.l. et Cie, S.C.A., banca registrata nel Lussemburgo.

Paypal ha reso noto che ci sarà anche una modifica alla sezione Reclami, infatti sarà necessario fornire una maggiore quantità di dati per poter procedere.

Bonus turismo, contributi ad agenzie viaggio e tour operator: domanda dal 4 marzo 2022

Si potranno presentare a partire da venerdì 4 marzo 2022 le domande per i contributi a fondo perduto e i finanziamenti alle imprese del turismo operanti come agenzie di viaggio e tour operator. Si tratta di un credito di imposta, denominato “Digitour”, promosso dal ministero del Turismo e gestito da Invitalia. Le spese ammissibili al finanziamento sono quelle per la digitalizzazione e per gli investimenti. Intanto, nel giorno di partenza delle domande per i contributi a fondo perduto, i finanziamenti agevolati e i crediti di imposta delle imprese del turismo (dagli alberghi ai centri termali, dalle strutture ricettive ai parchi acquatici), si è registrato nella giornata del 28 febbraio 2022 il boom delle pratiche.

Credito di imposta per tour operator e agenzie di viaggio: quanti aiuti sono a disposizione per il turismo?

Il bonus a favore delle agenzie di viaggio e dei tour operator è una misura a favore delle imprese turistiche rientrante nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Il credito di imposta rappresenta un’importante iniziativa per gli operatori del settore beneficiari dei fondi, 98 milioni di euro, per la ripresa delle attività. il decreto di riferimento è il numero 152 del 2021, all’articolo 4. Le risorse a disposizione saranno così ripartite:

  • 18 milioni di euro verranno assegnate nell’anno in corso;
  • 10 milioni di euro verranno stanziati per il 2023;
  • altrettanti verranno messi a disposizione nel 2024;
  • 60 milioni di euro arriveranno per le domande del 2025.

Contributi per le agenzie di viaggio e tour operator: aiuti soprattutto alle imprese del Sud Italia

È importante sottolineare che il 40% dei fondi messi a disposizione riguarda investimenti riguardanti agenzie di viaggio e tour operator con sede nelle regioni del Sud Italia. In particolare, le maggiori risorse andranno a vantaggio delle imprese con sede in Abruzzo, in Basilicata, in Calabria, in Campania, in Molise, in Puglia, in Sicilia e in Sardegna.

Requisiti per presentare domanda di credito di imposta dei tour operator e agenzie di viaggio

Il credito di imposta concesso dal ministero del Turismo alle agenzie di viaggio e ai tour operator può arrivare a coprire il 50% delle spese ritenute ammissibili. Le imprese interessate devono rientrare nei codici Ateco 79.1; 79.11; 79.12. Inoltre, i richiedenti devono essere iscritti al Registro delle imprese, avere la sede operativa nel territorio italiano; essere in regola con il versamento dei contributi (Durc regolare), con gli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse e non essere in stato di fallimento o di liquidazione, anche volontaria.

Quale tipo di credito di imposta si mette a disposizione delle agenzie di viaggio e dei tour operator?

Il credito d’imposta messo a disposizione della misura a favore delle agenzie di viaggio e dei tour operator può arrivare al 50% delle spese finanziabili e fino all’importo limite complessivo di 25 mila euro per ciascuna impresa. Il beneficio fiscale è concesso nell’ambito del massimale “de minimis” in applicazione di quanto previsto dal Regolamento Ue numero 1407 del 2013.

Come può essere utilizzato il credito di imposta per le imprese del turismo?

Il credito di imposta a favore delle agenzie di viaggio e dei tour operator si può fruire a seguito dell’autorizzazione che Invitalia rilascia al termine della conclusione e del totale pagamento dell’investimento per il quale si beneficia della misura. Inoltre, il credito di imposta si può utilizzare in compensazione dall’anno susseguente a quello dell’autorizzazione concessa da Invitalia. Il credito di imposta si può cedere, in tutto o anche parzialmente, a soggetti terzi. Sono compresi tra i soggetti le banche e gli altri intermediari finanziari. Infine, il credito di imposta non si può cumulare, per le stesso spese, con nessuna misura prevista di aiuti alle imprese.

Credito di imposta a tour operator e agenzie di viaggio, da quando si può presentare domanda?

La domanda del credito di imposta a favore dei tour operator e delle agenzie di viaggio si può presentare a partire dalle ore 12 del giorno 4 marzo 2022. La scadenza per l’invio delle istanze è prevista alle ore 17 del 4 aprile 2022. Già a partire dal ieri, 28 febbraio, è possibile consultare la modulistica per la presentazione delle domande dal sito di Invitalia. Le istanze verranno esaminate secondo l’ordine di arrivo e, al termine delle verifiche, verrà pubblicato il decreto a cura del ministero del Turismo con il quale si renderanno note le imprese beneficiarie.

Come presentare domanda del credito di imposta per agenzie di viaggio e tour operator?

Per la presentazione delle domande del credito di imposta delle agenzie di viaggio e tour operator è necessario essere in possesso di una identità digitale. Ovvero dello Spid, della Carta nazionale dei servizi (Cns) o della Carta di identità elettronica (Cie). Mediante queste credenziali è possibile accedere all’area riservata per compilare l’istanza in via telematica. Risulta necessario, altresì, disporre della firma digitale e di un indirizzo di posta elettronica certificato (Pec). Con l’invio della domanda si ottiene un numero di protocollo elettronico.

Contributi a fondo perduto, finanziamenti e crediti di imposta delle imprese del turismo: come stanno andando le domande?

Intanto, nella giornata di ieri 28 febbraio 2022, sono iniziate le domande per i finanziamenti, i contributi a fondo perduto e i crediti di imposta per tutte le altre imprese rientranti nel settore del turismo. Si tratta di aiuti concessi per investimenti per la transizione ecologica e digitale, ristrutturazioni, efficientamento energetico e messa in sicurezza in chiave antisismica e l’acquisto di attrezzature. Nel giro di poche ore dall’avvio della piattaforma (che rimarrà attiva per la presentazione delle domande fino al 30 marzo 2022), le istanze presentate erano pari a 4.300. Ma ulteriori 759 domande erano in attesa di compilazione e 900 erano le richieste dal contact center di Invitalia.

Aiuti a fondo perduto e finanziamenti turismo: come si presenta la domanda?

L’inoltro delle domande a Invitalia per i finanziamenti e i contributi a fondo perduto delle imprese del turismo comporta la presentazione di una vasta documentazione (29 documenti da presentare tra permessi, visti e autorizzazioni) entro la fine di marzo. Anche per questi contributi è previsto l’ordine di arrivo delle domande per la verifica dei requisiti e della documentazione richiesta. Il controllo viene svolto nei 60 giorni successivi alla chiusura della piattaforma (30 marzo 2022). Tra la metà di maggio e i primi giorni di giugno dovrebbe essere pubblicato il decreto con la graduatoria dei beneficiari.

Bonus Irpef 100 euro: ecco la guida dettagliata per il 2022, tutto cambia

Si chiama trattamento integrativo ma viene conosciuto da tutti come bonus Irpef o bonus 100 euro. Si tratta della risultanza del taglio del cuneo fiscale. Un bonus che spetta ai lavoratori come spettava il bonus Renzi da 80 euro al mese. Infatti è proprio il bonus Renzi che è stato sostituito dal nuovo beneficio fiscale.

Parliamo quindi di una specie di credito fiscale che viene  riconosciuto ai lavoratori, direttamene  in busta se hanno redditi al di sotto di una determinata soglia. Proprio la sua erogazione in busta paga però espone a determinate problematiche. Infatti c’è chi rischia di doverlo restituire dopo averlo percepito.

Ma non è detto che il lavoratore deve per forza di cose accettare di ricevere il bonus direttamente in busta paga. Questa è solo una delle tre opzioni previste.

Bonus Irpef 100 euro

Il  bonus Irpef 80 euro, conosciuto semplicemente come bonus Renzi è stato sostituito dal bonus Irpef 100 euro. Con la legge di bilancio 2020 si materializzò questo cambiamento, dopo che dal 2014 i lavoratori dipendenti avevano percepito quello dell’ex Premier Matteo Renzi. Dal primo luglio 2020 il trattamento integrativo da 100 euro al mese ha è diventato parte integrante delle buste paga.

Nel 2022 però sono state introdotte alcune novità dalla riforma del Fisco, con nuove aliquote di imposta e con la riduzione da 5 a 4 scaglioni. E per quanto riguarda il bonus Irpef è sceso da da 28.000 euro a 15.000 euro il limite di reddito che un lavoratore deve avere per ottenere il bonus.

Nello specifico va sottolineato che per l’anno 2022 il beneficio è fruibile sempre se il reddito è fino alla soglia di 15.000 euro. Ma è altrettanto vero che il bonus è spettante se il reddito complessivo non supera i 28.000 euro. Per redditi compresi tra 15.001 e 28.000 euro infatti, il trattamento integrativo è corrisposto a condizione che la somma delle detrazioni spettanti è superiore all’imposta lorda.

E quando parliamo di detrazioni spettanti parliamo di detrazioni per familiari a carico, detrazioni per lavoro dipendente e tutte le altre detrazioni sui redditi, dalle spese sanitarie agli interessi sui mutui, dalle spese di ristrutturazione edilizia a quelle di riqualificazione energetica.

Importo bonus 100 euro

L’importo  del bonus  è massimo di 1.200 euro, cioè 100 euro al mese per 12 mensilità. Ma corrisponde nello specifico,  alla differenza tra la somma delle detrazioni  e l’imposta lorda. Quest’ultima si determina non solo sui redditi corrisposti dal proprio datore di lavoro, ma anche da tutti gli altri redditi imponibili fiscalmente.

Come si fa a capire se spetta davvero 100 euro al mese di bonus è un vero arcano. Infatti l’ammontare di tutte le detrazioni possono essere conteggiate solo a fine anno. Così come i redditi effettivamente percepiti in un anno di imposta.

Il caso anomalo, forse non tenuto in considerazione dai legislatori è che un datore di lavoro può erogare questo bonus mese per mese in busta paga, e pure fino alla cifra massima di 100 euro al mese, senza avere la benché minima certezza che il bonus sia prima di tutto effettivamente spettante al lavoratore. E poi quale sia effettivamente l’importo spettante.

Secondo l’Agenzia il bonus “va riconosciuto dai sostituti d’imposta in via automatica, senza attendere  la richiesta  da parte dei lavoratori, direttamente nelle buste paga a partire dal gennaio 2022  e verificandone in sede di conguaglio la relativa spettanza”.

In pratica, il bonus va erogato automaticamente (salvo diversa scelta del lavoratore), ma è provvisorio. A dicembre con i conguagli fiscali si saprà effettivamente se era spettante e se magari va restituito con trattenute sullo stipendio.

 La scelta del lavoratore

Il diretto interessato, cioè il lavoratore dipendente può richiedere al sostituto di non procedere all’erogazione del  bonus, spostandolo a conguaglio a fine anno. Così si evita di dover restituire eventualmente un bonus che non era spettante.

Anche in questo caso però, il conguaglio può non essere definitivo. Il datore di lavoro infatti può essere all’oscuro di altri redditi del lavoratore, e magari può non essere a conoscenza di determinate detrazioni Irpef del lavoratore stesso.

Il conguaglio tombale di tutta questa vicenda si ha nel 730 o nelle dichiarazioni reddituali del lavoratore dall’aprile dell’anno successivo. In quel caso si può verificare la situazione di un bonus Irpef da restituire in sede di dichiarazione dei redditi nonostante il datore di lavoro abbia applicato il suo di conguaglio a dicembre.

E per questo che qualcuno potrebbe trovare idoneo comunicare al datore di lavoro di non voler percepire alcun trattamento integrativo, e di voler risolvere il tutto con il Fisco e con le sue dichiarazioni dei redditi.

Una via quest’ultima, consigliabile a chi non ha solo il reddito da lavoro dipendente come fonte di sostentamento. Ma è altrettanto vero che può essere una soluzione auspicabile da chi non ha ben chiaro se le sue detrazioni complessive superano l’imposta lorda.

Invalidità civile: nuove procedure per le visite di prima istanza e di revisione

L’INPS con il Messaggio 926 del 25 febbraio 2022 ha provveduto a chiarire le nuove modalità per le visite di prima istanza e di revisione per l’invalidità civile, adeguando così la pratica al decreto legge 76 del 2020 (decreto Semplificazioni) convertito in legge 120 del 2020. Con la procedura online non è più necessario sottoporsi a visita presso la Commissione medica.

Invalidità civile: come cambia la procedura per visite di prima istanza e revisione

L’INPS nel Messaggio precisa che in base all’articolo 25, comma 6-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 esiste un preciso obbligo in capo all’INPS di provvedere alla revisione dei provvedimenti di invalidità civile al fine di valutare la persistenza nel tempo delle condizioni patologiche che hanno portato al riconoscimento del beneficio. In base a tale obbligo l’INPS si adegua quindi alle nuove modalità operative. La normativa, articolo 29 ter del decreto legge 76 del 2020, autorizza le commissioni mediche a procedere all’accertamento delle minorazioni civili e dell’handicap basandosi sui soli atti fatti pervenire dal richiedente. La commissione medica può procedere in tal senso solo nel caso in cui dalla documentazione in atti sia possibile procedere a una valutazione obiettiva, quindi non devono esservi dubbi sul fatto che la condizione del soggetto sia tale da portare al riconoscimento dell’invalidità civile.

Il nuovo iter per la revisione dell’invalidità civile

L’INPS nel Messaggio 926 rende operativa questa norma e specifica come avverrà la revisione dell’invalidità civile già riconosciuta. L’obiettivo è semplificare le procedure razionalizzando l’iter di revisione attraverso l’uso di nuove tecnologie, il tutto a vantaggio dell’economicità e dell’efficienza.

Quattro mesi prima della data prevista per la revisione, l’INPS estrarrà dai sistemi le posizioni interessate. Il soggetto riceverà prima della data prevista per la revisione dell’invalidità civile una lettera attraverso posta prioritaria con l’invito ad allegare online, sul sito dell’INPS, la documentazione aggiornata sulle condizioni di salute

La documentazione deve essere allegata entro i successivi 40 giorni. Le commissioni mediche provvederanno a valutare tale documentazione, se la riterranno sufficiente provvederanno a formulare il proprio giudizio. In caso contrario, cioè se riterranno che la documentazione allegata non sia sufficiente, fisseranno una visita di revisione.

L’interessato riceverà una comunicazione della data e del luogo della visita per invalidità civile con Raccomandata con Ricevuta di Ritorno. La visita sarà fissata presso l’UOC (Unità Operativa Complessa) o presso l’UOS (Unità Operativa Semplice). Occorre sottolineare che la data potrà anche non corrispondere con il termine iniziale dei 4 mesi indicato nella prima comunicazione e dipenderà dal calendario della Commissione. Si procederà a fissare la visita anche nel caso in cui il soggetto interessato nel termine dei 40 giorni non provveda ad allegare la documentazione, quindi chi ha difficoltà con i nuovi strumenti tecnologici potrà comunque procedere in modo tradizionale. Naturalmente per allegare gli atti, sarà necessario autenticarsi sul sito INPS con le proprie credenziali utilizzando un codice SPID, CIE o CNS.

Cosa fare se non è possibile presenziare all’appuntamento con la Commissione?

Nel caso in cui il soggetto non possa essere presente alla visita, dovrà comunicarlo all’INPS attraverso la struttura INPS territorialmente competente, precisando se l’impossibilità è rappresentata da motivi amministrativi o sanitari. In questo caso l’INPS fornirà un nuovo appuntamento. Nel caso in cui il soggetto non invii tale comunicazione e non si presenti all’appuntamento, si provvederà alla sospensione dei benefici ed entro 90 giorni alla revoca della prestazione.

L’INPS provvederà alle comunicazioni attraverso posta prioritaria e posta raccomandata, inoltre saranno effettuate chiamate outbound per comunicare la data ed eventuali variazioni, inoltre verrà inviato un sms per ricordare la data della visita della Commissione. Naturalmente tali servizi sono attivi solo nel caso in cui l’INPS sia a conoscenza dei recapiti telefonici.

Se sei confuso sulle varie prestazioni per invalidi? Leggi la guida: Pensione di inabilità: differenze con invalidità civile, assegno ordinario. Guida

Reddito di cittadinanza non pagato a febbraio 2022, perché e come fare

Numerose le segnalazioni di utenti beneficiari del reddito di cittadinanza che non hanno ricevuto il sussidio in questo mese di febbraio. Le ricariche sono partite dal 25 febbraio, cioè pure in anticipo rispetto al solito. Ciò che stride però è che non tutti lo hanno ricevuto. E ancora oggi primo marzo, sono tanti i lettori che chiedono spiegazioni.

La prima cosa da ribadire è che le motivazioni di queste mancate ricariche possono essere molteplici. Ogni caso è diverso dall’altro. Ma vediamo insieme di approfondire l’argomento andando a sottolineare quali potrebbero essere queste cause scatenanti di queste problematiche che hanno portato alla mancata erogazione del sussidio.

Reddito di cittadinanza non pagato a febbraio 2022

Il flusso dei pagamenti del reddito di cittadinanza è partito come prassi anche per il mese di febbraio. Ma non sono poche le famiglie ed i singoli che lamentano la mancata erogazione della mensilità spettante. Essendo il sussidio una entrata fondamentale per tutte le famiglie che ne beneficiano (al netto dei cosiddetti furbetti), evidente che la situazione non è certo rosea per chi non ha ricevuto nulla.

Il mese di febbraio è quello più delicato in materia di reddito di cittadinanza. Questo è il primo fattore da considerare. Febbraio è il primo mese di quello che può essere considerato il nuovo anno di beneficio. Infatti la mensilità del redito di cittadinanza del mese di gennaio viene pagata normalmente dall’Inps, basandosi sui dati nel 2021,cioè sull’Isee precedente nonostante la sua scadenza sia il 31 dicembre 2021.

Solo a febbraio l’Inps inizia a collegare il beneficio ai nuovi Isee. Ma sono tante le famiglie che non hanno ricevuto il sussidio, nonostante l’Isee effettivamente già ottenuto perché rinnovato normalmente. Al netto di chi, alla luce del nuovo Isee, ha superato i parametri utili al beneficio del reddito di cittadinanza e ne è stato escluso,  gli altri avrebbero dovuto percepirlo. Magari con cifre diverse visto l’aggiornamento dell’Isee, ma chi ne ha diritto avrebbe comunque dovuto essere liquidato.

A febbraio l’Inps ha avuto numerosi problemi

Come se non bastassero le problematiche relative al nuovo allineamento tra domande del reddito di cittadinanza e nuovi Isee, l’Inps ha avuto altri problemi a febbraio. Lo stesso Istituto Nazionale di Previdenza Sociale Italiano ha già segnalato che a febbraio, a causa di problemi tecnici, l’Inps non ha potuto provvedere al ricalcolo del reddito di cittadinanza a molti beneficiari. In pratica, non si è potuta applicare la normativa che  prevede la rivisitazione degli importi del sussidio in base ai dati reddituali e patrimoniali del 2020 e non del 2019.

Un problema che potrebbe essere quello determinante per le ricariche non pervenute sulla card Rdc. Se fosse così, ipotizzare ricariche nelle prossime ore per chi si trova in questa situazione non è esercizio azzardato.

Le altre possibili cause del mancato pagamento del reddito di cittadinanza febbraio 2022

Prima abbiamo elencato due possibili cause per il mancato pagamento del reddito di cittadinanza di febbraio 2022. Poi naturalmente ci sono le cause che dipendono dal beneficiario stesso.

In premessa abbiamo detto che è facile che ci siano famiglie che hanno un Isee nuovo che ha fatto superare alcune delle soglie utili al beneficio. Parliamo dei redditi e dei patrimoni che magari hanno provocato la fuoriuscita dai parametri che vanno considerati per essere dentro il programma reddito di cittadinanza.

I requisiti per poter continuare a percepire il sussidio

ll Reddito di Cittadinanza viene erogato ai nuclei familiari in possesso cumulativamente, al momento della presentazione della domanda, dei seguenti requisiti:

  • Cittadinanza italiana o dell’Unione Europea, o in alternativa, cittadinanza di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, per il richiedente;
  • Familiare di cittadino italiano o comunitario titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente;
  • Residenza in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo;
  • Isee 2022 inferiore a 9.360 euro;
  • Patrimonio immobiliare in Italia e all’estero, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro;
  • Patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro incrementato fino a 10.000 euro in base ai componenti il nucleo familiare, sulla base di 1.000 euro in più per ogni figlio oltre il secondo, o di 5.000 euro in più per ogni componente con disabilità media o 7.500 euro in più per ogni componente in condizione di disabilità grave;
  • Reddito familiare inferiore a 6.000 € annui, o di più in base ai componenti il nucleo familiare e la relativa scala di equivalenza.

Evidente che se alla luce del nuovo Isee si evince il superamento anche di uno solo di questi requisiti, il sussidio viene perduto. In questo caso si parla di decadenza. L’unica via, se nel frattempo sono interventi cambiamenti reddituali importanti, è l’Isee corrente. La soluzione per rendere la certificazione più vicina alla realte ed attuale situazione di un nucleo familiare.

Come capire quale è la causa del mancato pagamento

Sgravi contributivi per le imprese che assumono anche con contratto a tempo determinato

Anche il mancato rinnovo dell’Isee può essere la causa di questo blocco. Al riguardo va detto che se l’Isee è stato rinnovato sul finire del mese di febbraio, è evidente che la mensilità di Rdc dello stesso mese non è pagata dall’Inps. In questo caso però la mensilità non è perduta. Cambia la data di scadenza del periodo di beneficio. Infatti la misura dura 18 mesi, anche se rinnovabile.

Nel caso in cui a febbraio non è stato erogato il sussidio perché l’Isee è stato rinnovato troppo tardi, la prestazione può dirsi sospesa e non revocata. In pratica, si tornerà a percepirlo da marzo.E se i 18 mesi scadevano ad agosto, evidente che si passerà a settembre. Così come se scadeva a settembre, si passerà ad ottobre. Accedendo alla propria area riservata sul sito istituzionale dell’Inps , con Spid, Carta nazionale dei servizi o Carta di identità elettronica, si può controllare il tutto. Si può verificare lo stato del proprio reddito di cittadinanza, verificando i pagamenti e il loro stato.

Bonus edilizi per piccoli lavori e interventi oltre 10.000 euro: conviene la cessione dei crediti o la detrazione?

Per i piccoli interventi rientranti nei bonus edilizi o i lavori modesti ma di importo superiore ai 10 mila euro, conviene procedere con la cessione dei crediti di imposta o con la detrazione fiscale diretta? Le ultime novità relative ai bonus e ai superbonus edilizi, in particolare relative alle strette sulle cessioni dei crediti di imposta e alle asseverazioni e ai visti di conformità e di congruità delle spese sostenute per i lavori, farebbero propendere la scelta verso la detrazione fiscale.

Bonus su piccoli interventi edilizi: gli adempimenti per la cessione dei crediti di imposta

Analizzando quali interventi paghino il prezzo maggiore per le nuove strette dei decreti antifrodi, sono proprio i piccoli lavori (da distinguere da quelli entro i 10 mila euro o da quelli in edilizia libera). Per questi lavori, infatti, pur senza la necessità di ricorrere a grandi cantieri, il committente deve comunque sostenere i costi di asseverazione delle spese e di visti di conformità. Gli stessi adempimenti previsti per la cessione dei crediti di imposta o per lo sconto in fattura. Si tratta, anche se in proporzioni percentuali da calcolare rispetto all’entità degli interventi, di alcuni costi fissi dei quali il committente deve farsi carico.

Bonus edilizi, quando visti di conformità e asseverazioni di congruità delle spese sono sempre necessari

Questi costi potrebbero eliminare la convenienza di ricorrere alle opzioni di cessione dei crediti di imposta e dello sconto in fattura. Inoltre per alcuni bonus, come quello delle facciate, questi adempimenti sono sempre necessari, anche se si tratta di interventi ancora più piccoli. Ovvero di lavori entro i 10 mila euro o ricadenti in edilizia libera.

Bonus edilizi per piccoli interventi, conviene la detrazione fiscale diretta?

Nella scelta su come trarre vantaggi fiscali dall’esecuzione degli interventi ricadenti nei bonus edilizi, torna utile dunque valutare la convenienza della detrazione fiscale diretta. Normalmente i bonus prevedono il recupero del beneficio spalmandolo in dieci rate annuali. Ma la valutazione non deve escludere un altro parametro di valutazione, ovvero l’inflazione. Ad oggi, secondo gli ultimi andamenti, la percentuale di crescita dei prezzi è del 4,8% (dati di gennaio 2022 dell’Istat). E dunque risulta necessario calcolare quanto del vantaggio fiscale legato ai bonus edilizi viene sottratto dall’inflazione.

Detrazioni fiscali legate ai bonus edilizi: quanto è importante considerare l’inflazione?

La detrazione diretta di quanto spettante dai bonus sugli interventi edilizi può essere calcolata al netto dell’inflazione prodotta negli anni di recupero fiscale. Ad esempio, se un contribuente fa fare interventi edilizi per 8.000 euro nel 2022 rientranti nel bonus ristrutturazioni, la detrazione del 50% sarebbe di 4.000 euro. Questa detrazione dovrà essere spalmata nei 10 anni successivi, mediante una rata annuale di detrazione pari a 400 euro. Il primo anno di detrazione è quello successivo al periodo in cui sono stati svolti i lavori, ovvero il 2023.

Bonus edilizi e detrazioni fiscali: quanto si perde negli anni per l’inflazione?

A partire dalla dichiarazione dei redditi del 2023, quindi, immaginando un indice di inflazione costante al 4% all’anno, il valore effettivo del beneficio fiscale (dei 4.000 euro) scenderebbe a 3.250 euro. Ovvero nell’arco dei 10 anni il potere di acquisto del beneficio fiscale calcolato nel 2022 si riduce progressivamente di 4 punti percentuali per ogni anno. Con un’inflazione media annua del 2%, l’erosione del vantaggio fiscale si fermerebbe a 3.600 euro.

Bonus edilizi: inflazione e costi della cessione dei crediti di imposta non detraibili

Considerazioni e calcoli sull’inflazione entrano, pertanto, di diritto nella scelta di quale strumento avvalersi per spalmare il vantaggio fiscale dei bonus edilizi negli anni. Nel caso di cessione del credito di imposta a una banca, il prezzo applicato dall’istituto contiene già una voce di costo dell’inflazione stimata nel tempo. Ma il rischio di erosione del valore del bonus può essere, a fronte di un prezzo da pagare, scaricato su chi acquisisce il credito di imposta. Si tratta, in definitiva, di valutare l’erosione del vantaggio fiscale negli anni per l’inflazione con i costi applicati all’opzione di cessione del credito di imposta, alcuni dei quali non risultano detraibili.

Assegno unico: ecco le date e i controlli dell’Inps

Scattano i controlli dell’Inps sull’assegno unico, così titolano molti quotidiani. Infatti da oggi primo marzo, entra ufficialmente in atto l’era dell’assegno unico universale sui figli sotto i 21 anni di età.

Un cambiamento epocale di tutte le misure di welfare per la prole. Molte delle quali scompaiono proprio da oggi, sostituite dal nuovo strumento.

Moltissimi i lavoratori che hanno già fatto domanda e che allo stesso tempo hanno già ottenuto la loro certificazione Isee in corso di validità. Ma quando iniziano i pagamenti?

Assegno unico, prima i controlli, più i pagamenti

Come ogni novità, soprattutto quando sono novità profonde e radicali come lo è questa dell’assegno unico universale, i tempi per l’effettiva entrata a regime tutto sono tranne che brevi.

E immaginiamo che ci vorrà del tempo affinché i richiedenti inizino ad essere pagati. Fino al mese di febbraio tutto come prima, con i lavoratori che hanno ricevuto gli assegni per il nucleo familiare anche sui figli under 21 oggi rientranti nel perimetro dell’assegno unico universale. Ed anche le relative detrazioni. Tutto in busta paga come sempre. Il datore di lavoro come sostituto di imposta a completare i pagamenti in busta paga.

Da adesso sarà l’Inps direttamente, a versare il corrispettivo spettante per l’assegno unico ai lavoratori. Direttamente sul conto corrente dei diretti interessati, che in sede di compilazione della domanda hanno indicato l’Iban.

Ma prima dei pagamenti, l’Inps dovrà dare luogo prima ai controlli del caso.

Controlli sulla veridicità dei dati dichiarati dagli interessati nelle Dsu (Dichiarazione sostitutiva unica) per l’Isee, ma non solo.

Pratiche accolte in pagamento dopo il 15 marzo

Difficilmente, proprio per via dei controlli necessari dell’Inps, i lavoratori riceveranno l’assegno unico prima del 15 marzo prossimo.

Più attendibile l’ipotesi che vuole il pagamento, sopraggiungere dopo la prima metà del mese di marzo.

Ma solo per le pratiche accolte. Infatti, come già detto, scattano i controlli Inps sulle domande per ricevere l’assegno unico per i figli sotto i 21 anni di età.

Più facili i controlli per chi non ha un Isee, dal momento che l’assenza della certificazione fa percepire l’assegno unico base da 50 euro al mese a figlio.

Le banche dati utilizzate dall’Inps per il controllo delle istanze di assegno unico universale

I controlli dell’Istitito Nazionale di Previdenza Sociale, saranno capillari, con l’incrocio di molte banche dati.

L’Inps le consulterà per verificate in modo automatico se ci sono i requisiti per rilasciare l’assegno unico universale per i figli ad ogni richiedente. Visto l’altisonante numero di domande già pervenute (oltre 2,7 milioni alla data di oggi), è evidente che ci vorrà del tempo.

I controlli saranno automatizzati e telematici naturalmente. Si parte dall’interrogazione all’Anagrafe nazionale della popolazione residente, al fine di verificare la validità dei primi requisiti utili, tra cui la residenza in Italia da almeno due anni, la cittadinanza e la composizione del nucleo familiare.

Poi si passa a quelli successivi, su redditi, lavoro, eventuale permessi di soggiorno, iscrizione dei figli tra 18 e 21anni alle scuole.

Assegno unico universale, le cifre si ricavano con simulatore

Come abbiamo detto, se tutto in regola, se l’Inps accoglie l’istanza verificando la correttezza di tutti i requisiti, dopo il 15 marzo si dovrebbe partire con i primi pagamenti. Per capire quanto spetta di assegno, l’Inps ha facilitato il compito producendo sul portale ufficiale dell’Istituto, il simulatore di calcolo.

In effetti sul sito Inps.it c’è il simulatore dell’assegno unico, che permette, con semplici passaggi e rispondendo a poche domande (che poi sono alcune di quelle che andranno inserite nella domanda), di risalire all’importo di assegno unico universale spettante.

La procedura di simulazione è assai semplice ed aperta a tutti dal momento che non servono autenticazioni, password e pin, cose che invece servono per la presentazione della domanda. L’Inps precisa però che il risultato della simulazione va preso come dato puramente indicativo. Solo al termine dell’istruttoria si conoscerà il reale valore dell’assegno unico assegnato al richiedente.

La guida all’assegno universale, tutte le maggiorazioni eventualmente spettanti

Si rammenda che l’assegno unico viene assegnato mese per mese per ciascun figlio ma variabile in base alla condizione economica del nucleo familiare come si evince dall’Isee. Vanno considerate infatti tutte le varie maggiorazioni previste che per esempio vanno da 15 ad 85 euro per le famiglie con 3 figli, oppure quella forfettaria da 100 euro per famiglie con 4 o più figli. Ma c’è quella di 30 euro al mese in più a figlio in presenza di entrambi i genitori lavoratori o i 20 euro in più per le mamme under 21. Va ricordato che per i figli disabili scompare il limite di età dei 21 anni non compiuti come requisito per avere accesso alla misura.

Le famiglie con figli disabili riceveranno l’ assegno unico senza limiti di età dei figli. Per i minorenni disabili extra assegno di 105 euro al mese se non autosufficienti, 95 euro al mese con disabilità grave e 85 euro al mese con disabilità media.