Bonus export digitale, richieste entro il 15 luglio. Guida

Le imprese che sostengono attività di internazionalizzazione possono ottenere un finanziamento a fondo perduto per sostenere spese digitali volte a rendere l’azienda sempre più globale. Si tratta del bonus export digitale la cui domanda può essere proposta entro il 15 luglio.

A chi è rivolto il bonus export digitale?

Il bonus export digitale è un contributo a fondo perduto di 4.000 euro in favore di imprese che sostengono spese per la internazionalizzazione delle imprese attraverso il digitale. I costi che possono godere di tale agevolazione sono:

  • spese sostenute per la realizzazione di siti internet e e-commerce/ app mobile;
  • realizzazione di una strategia di comunicazione attraverso il digital marketing, tra cui campagne di presenza sui social;
  • servizi di consulenza per lo sviluppo di processi organizzativi e di capitale umano;
  • iscrizione e/o abbonamento a piattaforme SaaS (Software as a Service) per la gestione della visibilità e spese di content marketing.

Possono accedere a questo contributo le microimprese fatturiere iscritte nel registro delle imprese sotto forma di società, ditte individuali, artigiani, reti e consorzi.

Come richiedere il bonus export digitale

Il bonus export digitale può essere richiesto attraverso la piattaforma Invitalia alla pagina https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/rafforziamo-le-imprese/bonus-export-digitale

Per poter presentare la domanda è necessario avere uno spid. Una volta effettuato l’accesso prende il via una procedura informatica guidata. Durante la fase di compilazione della domanda è necessario inserire anche un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) e la firma digitale.

Il contributo rientra tra gli aiuti de minimis ed è di:

  • 4.000 euro per le microimprese a fronte di spese non inferiori a 5.000 euro al netto dell’Iva;
  • 22.500 euro per consorzi e reti di imprese a fronte di spese sostenute di importo non inferiore a 22.500 euro al netto dell’Iva.

Il contributo è erogato in un’unica soluzione.

Per avere le idee chiare prima di iniziare la compilazione della domanda per ottenere il bonus export digitale è possibile scaricare le istruzioni rilasciate da Invitalia che comprendono schede infografiche chiare e sintetiche

Istruzioni presentazione domanda per bonus export digitale

Ricordiamo che c’è tempo fino al 15 luglio 2022 per presentare la domanda.

Per avere le idee più chiare leggi anche:

Aiuti de minimis: cosa sono, limiti, ammontare e come ottenerli

Micro, piccola e media impresa: definizione e differenze

Ancora scontro tra Governo e Casse sugli investimenti

Sembrava tutto finito ma poi all’improvviso sembra di essere ritornati indietro nel tempo. Tra Casse professionali e Governo torna lo scontro, come recita bene anche il quotidiano Repubblica. Sembrava che dopo ben 11 anni il governo con le casse professionali avesse trovato un’intesa con tutte le regole relative ai vari investimenti delle casse previdenziali private. E sono proprio queste ultime che pare, in base a ciò che si legge sul quotidiano prima citato, stiano facendo muro. Questo perché considerano le misure che il governo ha intenzione di varare, come penalizzanti della loro autonomia. E la situazione rischia di ingessarsi.

Le casse previdenziali fanno muro

Parliamo delle casse previdenziali private, che liquidano le pensioni ai liberi professionisti. L’argomento è caldo e riguarda una vasta platea di soggetti. La cosa strana è che sono ben 11 anni da quando fu introdotta una legge che prevedeva un successivo decreto riguardante gli investimenti che questo genere di casse potevano effettuare. Ciò che manca in pratica è la sottoscrizione del decreto da parte del Ministro dell’economia. E non parliamo del titolare del Ministero attuale,  perché essendo passati 11 anni l’evidente ritardo è stato generato da tutti i Ministri dell’economia che sono succeduti negli anni governo dopo governo. Resta il fatto che il decreto è stato già messo nero su bianco e liquidato favorevolmente sia dal Consiglio di Stato che dal Ministero del Lavoro. Adesso tocca al Mef sottoscriverlo.

Il Ministro di Economia e Finanza al lavoro per sbrogliare la matassa

I più ottimisti possono pensare che già il fatto che se ne torni a parlare sia una buona cosa. E dimostra come Daniele Franco, che oggi è titolare del dicastero delle economie e delle finanze, adesso ha intenzione di mettere mani al provvedimento. Come dicevamo sono ben 1,5 milioni i professionisti delle stati da questo provvedimento che attendono novità da leggi varate verso la metà degli anni 90 e che necessitano di novità. Ma sono sui contenuti che Casse e governo paiono distanti.

Anche la Corte Costituzionale intervenne a suo tempo

Perfino la Corte Costituzionale nel 2017 è intervenuto in materia, ribadendo e stabilendo la piena autonomia operativa che hanno queste casse previdenziali private nel determinare dove come quando investire. Adesso è proprio sull’autonomia decisionale che si è arrivati a quello che Repubblica considera un vero e proprio scontro. Sul decreto per gli investimenti infatti il Ministero di economia e delle finanze prima citato, vorrebbe inserire nel testo una clausola che di fatto toglie autonomia queste Casse. Infatti verrebbe stabilito che lo stato ha il potere di andare a sindacare su questi investimenti. Una limitazione evidente che non è digerita quindi.

Poca autonomia alle Casse, questo l’oggetto del contendere

Come si legge su Repubblica “lo Stato ha il diritto di stabilire tutti. Oltre ai principi generali su governance, gestione del rischio e conflitto d’interessi, anche una dettagliata misura. Si parla della misura di impiego nei singoli asset quali azioni, titoli di Stato, Oicr, immobili e così via”. Una diatriba che rischia di essere abbastanza lunga. E che deve trovare la risoluzione il prima possibile visto che parliamo di una platea che da 11 anni cerca soluzioni.

IMU 2022: come pagare in ritardo se non versata

Cosa succede se non si paga per tempo la tassa IMU 2022? A cosa si va incontro per il mancato esborso e in che modo sopperire, lo scopriamo in questa rapida ma essenziale guida sull’ argomento.

IMU 2022: di cosa si tratta

Innanzitutto, andiamo a definire cosa si intende con il termine IMU.

IMU è inteso come “Imposta Municipale Propria”. L’IMU è il tributo istituito dal governo Monti nella manovra Salva-Italia del 2011 e si paga a livello comunale sul possesso dei beni immobiliari. È operativa a decorrere dal gennaio 2012, fino al 2013 è stata valida anche sull’abitazione principale.
Andiamo a vedere come si può sanare il pagamento tardivo di tale tassa patrimoniale.

IMU 2022, come pagarlo se in ritardo

Coloro i quali non fossero riusciti a pagare la tassa IMU entro il 16 giugno 2022 potranno rimediare compilando il modulo F24 – cartaceo o online -, aggiungendo all’imposta interessi e sanzioni, dando quindi vita al ravvedimento operoso. A livello di compilazione dell’F24, dopo il rigo dedicato all’imposta principale – codice tributo 3918 – va compilato un 2° rigo in cui barrare il quadratino del ravvedimento, calcolando gli importi con le seguenti regole:

1) gli interessi, da calcolare al netto del tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito;

2) la sanzione in misura ridotta, fino al 1° luglio 2022 ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo (in pratica 1%). Per cui, in sede di ravvedimento, la sanzione da versare sarà pari allo 0,1% per ciascun giorno di ritardo.

Superata, invece, la scadenza di un anno, si pagherà una multa del 30%.

Ravvedimento operoso

La dovuta sanzione, in caso di omesso o errato pagamento è del 30% dell’importo del versamento omesso o errato. Ma, cosa accade con il ravvedimento operoso?

Questa si riduce se si usufruisce del cosiddetto ravvedimento operoso, che riduce l’importo della sanzione di una percentuale diversa a seconda di quando l’imposta viene pagata. Ricordiamo che il ravvedimento operoso, compreso quello per regolarizzare il versamento di tributi locali come Tari, bollo auto e Imu, si applica a patto che la violazione non sia stata già contestata e comunque non siano iniziate le attività di accertamento.

Di seguito, troviamo differenti tipi di ravvedimento operoso:

  • ravvedimento operoso sprint: viene esercitato entro 14 giorni dalla data di scadenza, con la riduzione della sanzione a 1/15 per ciascun giorno di ritardo, pari allo 0,1% giornaliero. Si dovrà pagare l’importo dovuto del tributo con l’aggiunta di una sanzione dello 0,1% per ogni giorno di ritardo e gli interessi pari al tasso legale;
  • ravvedimento breve: pagando dal quindicesimo al trentesimo giorno, viene applicata una maggiorazione fissa dell’1,5%;
  • ravvedimento intermedio: oltre il mese di ritardo la multa sale all’1,67% e si può applicare fino al 90esimo giorno dalla scadenza;
  • ravvedimento lungo: un anno di tempo, quindi entro la scadenza per la dichiarazione dell’anno successivo, la sanzione è pari al  3,75%.

Acconto IMU 2022: chi non paga

Andiamo, in ultimo a vedere chi è omesso dal pagamento IMU 2022.

Coloro che sono licenziati dal pagamento dell’imposta sono i possessori di un immobile adibito ad abitazione principale accatastato nelle categorie A/2, A/3, A/4, A/5, A/6, A/7. Sono inoltre, esonerati dal pagamento i seguenti casi:

  • il nudo proprietario (quando sull’ immobile è presente un usufrutto);
  • l’inquilino dell’immobile (l’imposta deve essere versata dal titolare dei diritti reali);
  • la società di leasing concedente (in quanto paga l’ utilizzatore);
  • l’affittuario dell’azienda se l’azienda comprende un immobile (il versamento compete al proprietario dell’azienda concessa in affitto);
  • il comodatario (paga il comodante titolare dell’immobile),
  • il coniuge non assegnatario in caso di separazione o divorzio.

Questo, dunque, è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito al pagamento ritardato o mancato della tassazione IMU 2022.

 

Imprese energivore: dal 7 luglio domande per cessione del credito. Modello

In questi mesi sono molte le misure di aiuto alle imprese che si avvicendano e mirano ad aiutare le imprese ad affrontare le difficoltà economiche legate agli aumenti soprattutto della spesa energetica, cercando così anche di evitare rincari a pioggia su tutti i prodotti che comunque richiedono un costo energetico per la loro produzione. Tra le attività destinatarie di aiuti ci sono le imprese energivore cioè ad elevato consumo energetico che possono sfruttare anche la cessione del credito di imposta maturato.

Imprese energivore: quali sono e quando possono avvalersi della cessione del credito di imposta?

Nel decreto Sostegni Ter, al fine di aiutare le imprese energivore a far fronte all’aumento dei costi energetici, è stato previsto il credito di imposta da utilizzare in compensazione per far fronte a “debiti” fiscali.  Sono considerate imprese energivore quelle che hanno un consumo medio di energia, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 1 Gwh/anno, mentre sono escluse dalle agevolazioni le imprese che manifestano delle difficoltà.

Affinché le imprese energivore possano ottenere il credito di imposta, è necessario che siano iscritte nell’elenco della CSEA ( cassa per i servizi energetici e ambientali) che comprende le imprese ad elevato consumo energetico, infine l’impresa deve dimostrare di aver subito un incremento di oltre il 30% dei costi medi per kilowattora, al netto delle imposte e di eventuali sussidi nei trimestri di riferimento.

Il contributo che si può ottenere sotto forma di credito di imposta è pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022 e al 25% per il secondo trimestre 2022.

Fatta questa precisazione, occorre sottolineare che il decreto legge 21 del 2022 (articoli 3, 4, 9 e 18 ) e l’articolo 15.1 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 hanno previsto la possibilità di cessione di tali crediti ad altri soggetti.

Modello e istruzioni dell’Agenzia delle Entrate per cessione del credito imprese energivore

L’Agenzia delle Entrate con provvedimento del 30 giugno 2022 ha approvato il modello e le istruzioni per poter accedere alla cessione del credito. Le istanze potranno essere presentate telematicamente dal soggetto che appone il visto di conformità, se lo stesso è richiesto, oppure dall’impresa cedente ( o suo intermediario) a partire dal giorno 7 luglio 2022 e fino al 21 dicembre 2022.

Il modello che è possibile scaricare in fondo all’articolo insieme alle istruzioni per la compilazione può essere utilizzato per la cessione del seguenti crediti di imposta:

  • Codice 7720credito d’imposta a favore delle imprese energivore (primo trimestre 2022), di cui all’articolo 15 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4;
  • Codice 7721 – credito d’imposta a favore delle imprese energivore (secondo trimestre 2022), di cui all’articolo 4 del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17;
  • Codice 7722 – credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale (primo trimestre 2022), di cui all’articolo 15.1 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4;
  • Codice 7723 – credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo gas naturale (secondo trimestre 2022), di cui all’articolo 5 del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17;
  • Codice 7724 – credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (secondo trimestre 2022), di cui all’articolo 3 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21;
  • Codice 7725 – credito d’imposta a favore delle imprese diverse da quelle a forte consumo gas naturale (secondo trimestre 2022), di cui all’articolo 4 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21;
  • Codice 7726 – credito d’imposta per l’acquisto di carburanti per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca (primo trimestre 2022), di cui all’articolo 18 del decreto-legge 1° marzo 2022 n.17.

Deve essere ricordato che il credito può essere ceduto solo per intero e la cessione deve essere tracciabile.

Modelli da scaricare

Modello cessione del credito imprese energivore

Istruzioni modello cessione del credito imprese energivore

Leggi anche Bonus locazioni imprese turistiche: domande dall’11 luglio. Modello

 

Offerte sui prodotti alimentari, altrimenti non si arriva a fine mese

Le offerte sui prodotti alimentari sembrano essere la soluzione che molti italiani stanno adottando per arrivare a fine mese, le novità.

Offerte sui prodotti alimentari, il comportamento degli italiani

Inflazione all’8%, caro bollette da affrontare, e a fine mese la busta paga non basta più. Così gli italiani stanno diventando un popolo che compra sempre più in base alle offerte sui prodotti alimentari. Ma a tavola si deve pur portare qualcosa e si deve dare aiuto alle famiglie. Tuttavia al supermercato bisogna andare, ma per adesso sembrano essere le offerte ad essere l’ancora di salvezza di molte famiglie.

Mentre gli italiani sembrano che stiano piano rinunciando ai piccoli elettrodomestici, alle piante o ai fiori recisi. Meno pranzi fuori casa a favore di cene a casa, magari preparati con le proprie mani. Anche nel campo dell’abbigliamento, si cerca di tenersi sempre di più. Ma su questo settore, per fortuna,arrivano gli sconti che a luglio danno un pò di respiro ai negozi.

Offerte sui prodotti alimentari, attenzione ai prezzi

Ai carrelli dei beni di prima necessità non si può proprio rinunciare. Così gli italiani consumano molta carne bianca,  a discapito di quella rossa che sembra subire una leggera flessione. Il pesce ha consumi in netta diminuzione, perché ormai costa troppo. La frutta e la verdura si compra solo facendo attenzione al prezzo esposto. E così vale per molti altri prodotti, e a tavola si porta solo ciò che si è trovato in offerta al supermercato.

Lo scontrino medio sta calando, e la gente compra di meno o si muove appunto dove ci sono le offerte. Confrontare prezzi, anche in punti vendita diversi permette a volte di risparmiare. Ma per fare la spesa, occorre più tempo e magari fare più puntate al supermercato. Quindi sono sempre meno le persone che si recano a fare la spesa mensilmente, per trasformarsi in “cacciatori di offerte su prodotti alimentari”. Altrimenti, i soldi non bastano.

Alcune proposte per aiutare le famiglie

E’  il momento di intervenire sul potere di acquisto degli italiani. . Un’idea potrebbe essere quella di calmierare i prezzi dei prodotti di prima necessità. Cioè il paniere di prodotti con cui le famiglie può far fronte alle proprie necessità. Abbassare l’Iva su questi prodotti sarebbe certo utile.

Oppure il nostro Governo introdurre, per il periodo di crisi, degli aiuti più frequenti. E non solo il bonus 200 euro una tantum, perché non basta come singolo intervento, e magari non tutti riusciranno a prenderlo. Così il consiglio per gli italiani è quello di cambiare i luoghi d’acquisto e preferire di discount o i mercati. Altro suggerimento è quello di scaricare sul cellulare le app che permettono di sfogliare i volantini online, visionare le offerte sui prodotti alimentari e fare così la spesa. Nella speranza che presto si possa tornare ad una situazione in cui prezzi possano tornare alla normalità.

 

 

 

 

 

Chiusura del Nord Stream, sarà una stangata per le famiglie e le imprese

L’annuncio della chiusura del Nord Stream farà aumentare il prezzo del gas. Sarà una stangata per le imprese e le famiglie ed ecco il perché.

Chiusura del Nord Stream è corsa agli approviggionamenti

La chiusura del Nord Stream per manutenzione porterà una riduzione sulla presenza del gas sul mercato. Pertanto il prezzo del gas aumenterà destando preoccupazioni. Da tempo Draghi propone in Europa l’imposizione di un tetto massimo sul prezzo del gas, ma ancora non è stato trovato l’accordo.

Questo porterà ad una stangata sulle famiglie e sulle imprese sempre più alle prese con rincari anche alimentari. Tuttavia l’Italia sta spingendo il pedale dell’acceleratore sul fronte degli stoccaggi. Infatti nelle ultime 24 ore hanno superato la quota destina alla domanda. Si tratta di circa 107,2 milioni di metri cubi messi nei serbatoi, soprattutto da Snam, contro i 106 destinati al consumo. E’ una corsa contro il tempo, ma anche in vista del prossimo inverno.

Chiusura del Nord Stream, le parole di Cingolani

Il Ministro della Transizione Ecologia Cingolani dichiara che la posizione del nostro paese è abbastanza buona anche agli ultimi accordi commerciali, ad esempio con il Congo. Ma se Mosca dovesse chiudere definitivamente i rubinetti all’Italia:  “è chiaro però che avremo un inverno difficile e francamente nessuno vuole fare misure restrittive – afferma. Un conto è dire abbassiamo la temperatura del riscaldamento di un grado, o dire per qualche mese andiamo avanti con le centrali a carbone, perché intanto risparmiamo gas transitoriamente, un conto è dire dobbiamo interrompere le attività. Questo noi cerchiamo di non farlo” – conclude.

Continua il ministro: “”Poi bisogna ringraziare i grandi operatori, Snam ed Eni, che stanno facendo i salti mortali per riempire gli stoccaggi“, ha detto Cingolani. Si conferma prima l’Algeria con 54 milioni di metri cubi da Mazara del Vallo (Trapani) mentre dal Tap arrivano 29 milioni di metri di cubi. Al lavoro anche i tre rigassificatori dai quali arriva una quota attorno ai 50 milioni di metri cubi. Poi prosegue l’attività diplomatica con i paesi esportatori, come dimostra la missione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Mozambico. L’obiettivo è quello di arrivare al 90% degli stoccaggi per ‘scavallare’, spiega Cingolani.

Continuano a crescere i prezzi anche dei prodotti alimentari

Sono in seria difficoltà anche i consumatori. Fare la spesa ogni giorno sta diventando una gara al risparmio. Tra i prodotti che hanno subito rincari eccessivi, secondo l’Istat, c’è l’olio (+70%), burro (27%), farina (+20.5), pasta (+18%) e pesce (+10%). Tutto parte dal costo dell’energia e del gas per le imprese, che inevitabilmente devono alzare i prezzi dei prodotti, per non lavorare in perdita.

L’inflazione all’8% è un’emergenza. Occorre fare qualcosa per aiutare le famiglie ad arrivare a fine mese. I nuovi poveri potrebbero essere i dipendenti, i pensionati, le partite Iva e le piccole imprese che non hanno più lo stesso potere d’acquisto. Ma che sono il cuore dell’Italia che non riesce più ad andare avanti.

 

 

 

Iva non pagata: pagamento o crisi di impresa. Comunicazione dell’Agenzia

Stanno creando molte polemiche le comunicazioni pervenute dall’Agenzia delle Entrate ai titolari di partite Iva che hanno un debito Iva superiore a 5.000 euro. La comunicazione, infatti sollecita ad effettuare il pagamento oppure aprire una crisi di impresa.

Perché i contribuenti stanno ricevendo l’invito ad aprire una crisi di impresa?

Questa particolare novità deriva dall’articolo 30 sexies del decreto legge 152 del 2021, questo prescrive che a far data dalle comunicazioni periodiche Iva relative al primo trimestre 2022 (LIPE) in caso di omessi versamenti dell’imposta superiori a 5.000 euro, l’Agenzia delle Entrate debba provvedere alla comunicazione al contribuente e all’organo di controllo, ad esempio collegio sindacale, di tale omissione invitandolo ad adempiere oppure a valutare l’ipotesi di aprire una crisi di impresa.

L’Agenzia delle Entrate in applicazione di questa normativa ha provveduto a tali comunicazioni che ovviamente hanno destabilizzato i contribuenti perché trattasi di una novità di cui molti non erano a conoscenza.

Per maggiori informazioni sulla crisi di impresa, leggi l’articolo: Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza: cos’è la crisi di impresa

Aprire la crisi di impresa non è un obbligo anche se l’invito arriva dall’Agenzia delle Entrate

Deve essere sottolineato che l’invito a valutare l’ipotesi di una crisi di impresa non è un obbligo e non rappresenta la fine dell’impresa, cioè l’imprenditore non è obbligato. Il legislatore parte dal presupposto che se un’azienda ha un debito Iva superiore a 5.000 euro, molto probabilmente ha delle difficoltà economiche e di gestione dell’ impresa che potrebbe essere in passivo. Di conseguenza lo invita a prendere dei provvedimenti.

Ricordiamo però che il nuovo codice della crisi di impresa, che si adegua alle direttive dell’Unione Europea in materia, è diffondere la cultura della prevenzione e del salvataggio delle aziende in crisi e quindi agire in modo tempestivo al fine di risanarla. La comunicazione dell’Agenzia delle Entrate volta ad invitare il contribuente a valutare l’ipotesi di una crisi di impresa è quindi un modo per mantenere in vita in Italia solo aziende sane e in grado di apportare benefici sociali in termini occupazionali e di Pil.

Molto probabilmente l’entrata in vigore della norma è poco tempestiva considerando il panorama economico del Paese, ma la stessa Agenzia ha tenuto a precisare che la comunicazione è un semplice adempimento a cui è tenuta nel rispetto della legge.

Pagamenti elettronici, gli obblighi degli operatori finanziari

I pagamenti elettronici sono un mezzo molto diffuso. Ma arrivano gli obblighi anche per gli operatori finanziari che li offrono.

Pagamenti Elettronici, la circolare dell’Agenzia delle entrate

Dal primo luglio 2022 tutti gli esercenti dovranno accettare i pagamenti elettronici da parte dei loro clienti. Altrimenti si rischia una multa e un’ammenda commisurata al valore dell’operazione. Ma sono stati indicati anche gli obblighi da parte degli operatori finanziari. Infatti l’agenzia delle entrate con il provvedimento del 30 giugno 2022 ha disciplinato l’invio dei dati relativi ai pagamenti elettonici dei soggetti operatori finanziari.

In particolare ha introdotto l’obbligo per gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti gli strumenti di pagamento elettronico, di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati identificativi degli strumenti elettronici che concedono. Per far ciò possono anche usufruire dei servizi offerti dalla società PagoPa S.p.A. Inoltre deve essere inviato l’importo complessivo delle transazioni giornaliere effettuate mediante l’utilizzo di questi strumenti elettronici.

Pagamenti elettronici, i dati che devono essere indicati

L’Agenzia delle entrate indica tutti i dati che gli operatori finanziari devono inviare e sono:

– La partita IVA dell’esercente convenzionato, il codice fiscale se disponibile,  e il codice univoco del contratto di convenzionamento con il prestatore di servizi di pagamento;
– il codice ABI ovvero il codice fiscale del prestatore di servizi di pagamento obbligato alla trasmissione;
– il codice identificativo univoco, assegnato da PagoPA, del soggetto che trasmette le informazioni;
– l’identificativo univoco dello strumento di pagamento, fisico o virtuale, attraverso cui l’esercente accetta la transazione elettronica;
– la tipologia di operazione, distinta tra pagamento e storno pagamento;
– la data di trasmissione delle operazioni da parte del prestatore di servizi di pagamento;
– la data contabile delle operazioni;
– l’importo complessivo giornaliero delle transazioni elettroniche effettuate dall’esercente;
– il numero giornaliero delle transazioni elettroniche effettuate dall’esercente.

Insomma tutti quei dati che permetto di identificare in modo univoco il pagamento attraverso mezzi elettronici, come bancomat, carte di credito e di debito o prepagate.

Alcune precisazioni in merito all’invio

La prima trasmissione riguarderà i dati dei pagamenti elettronici ricevuti a partire dal primo settembre 2022. Invece entro fine ottobre 2022, gli operatori finanziari dovranno trasmettere le informazioni riferite ai mesi che includono l’arco temporale tra gennaio e agosto 2022.

Il flusso informativo sarà inviato direttamente All’agenzia delle entrate attraverso la società PagoPa S.p.A., con cui gli operatori finanziari hanno già costruito infrastrutture tecniche per lo scambio di informazioni di natura finanziaria. E che quindi hanno già preso accordi per espletare tale procedura. I dati riservati, trasmessi e utilizzati saranno conservati secondo la normativa in materia di sicurezza del trattamento dei dati sensibili.

 

 

 

Credito di imposta di 10mila euro per partecipare alle fiere in Italia

In arrivo il credito di imposta pari a massimo 10 mila euro per la partecipazione a fiere internazionali organizzate in Italia. A introdurre il nuovo bonus è il decreto legge “Aiuti” che prevede risorse a favore delle imprese pari a 34 milioni di euro. Il credito di imposta è oggetto di uno specifico emendamento al decreto Aiuti, presentato dalla maggioranza e già approvato in Commissione alla Camera. L’incentivo andrà a favore soprattutto delle piccole e medie imprese (Pmi) che potranno incrementare la propria propensione all’internazionalizzazione.

Bonus fiere fino a 10 mila euro, in arrivo il sostegno al settore fiere e alle piccole e medie imprese italiane per l’export

Il credito di imposta di 10 mila euro per ciascuna impresa rappresenta un bonus differente rispetto a quello previsto finora dal Fondo 394 di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. Quest’ultimo, infatti, assegna risorse per la partecipazione delle imprese a fiere e congressi internazionali svolti anche in Italia. La misura del decreto “Aiuti”, presentato dall’esponente della Lega Benedetta Fiorini, incentiva unicamente la partecipazione alle fiere e mostre internazionali svolte nel territorio italiano. Si tratta, pertanto, di un incentivo al settore delle fiere italiane dopo i periodi di chiusura per la pandemia. In conseguenza proprio delle chiusure, il comparto fieristico ha subito pesanti penalizzazioni. Ma si tratta anche di un sostegno a favore dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane che, da sole, generano all’incirca il 50% delle esportazioni secondo quanto stimato dall’Associazione di riferimento delle Fiere Italiane (Aefi).

Cosa finanzia il credito di imposta per le fiere delle piccole e medie imprese?

L’emendamento al decreto “Aiuti” approvato in Commissione nella notte del 1° luglio 2022, prevede il sostegno a ciascuna piccola e media impresa di un importo pari a 10 mila euro per la partecipazione alle fiere internazionali. Il bonus, che si concretizza in un credito di imposta, mira a finanziare proprio le spese sostenute dalle Pmi per partecipare alle fiere. E pertanto, tra le spese ammissibili, rientreranno proprio quelle direttamente imputabili alla partecipazione di manifestazioni fieristiche. Il bonus potrà essere utilizzato entro il 30 novembre prossimo a rimborso delle spese sostenute. Si attendono, dunque, maggiori dettagli della misura con la conversione del decreto “Aiuti” previsto nel corso della prima metà di luglio.

Contributi a fondo perduto Simest Fondo 394, presentazione delle domande dal 12 luglio 2022

A proposito dei contributi elargiti da Simest, si potranno presentare a partire dal prossimo 12 luglio le domande per i contributi contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati del Fondo 394 per la digitalizzazione delle imprese, la transizione ecologica e per l’export. Gli incentivi rientrano nelle misure di investimento del Programma Next Generation EU, Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La gestione degli incentivi è affidata a Simest secondo le line tracciate dal decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 126 del 31 maggio scorso. Si possono finanziare gli investimenti in spese digitali per una parte di almeno il 50% dei contributi richiedibili; più le spese di promozione della sostenibilità e della competitività sui mercati internazionali per il restante 50%.

Microimpresa e piccola impresa, il confronto e quali sono le differenze

In Italia le imprese sono denominate e sono classificate sia in base al numero dei dipendenti, sia in ragione del loro fatturato annuo. Per esempio, in Italia ci sono tantissime microimprese, e lo stesso dicasi per la cosiddetta piccola impresa. Vediamo allora di fare il confronto tra le due, e vediamo anche di capire quali sono le differenze tra microimpresa e piccola impresa.

Cos’è una microimpresa

Nel dettaglio, in Italia sulle microimprese c’è da dire, prima di tutto, che queste rientrano tra le PMI, ed hanno meno di 10 dipendenti. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 2 milioni di euro.

Cos’è una una piccola impresa

La piccola impresa, invece, è un po’ più grande di una microimpresa. Dato che rientrano tra le piccole imprese le attività imprenditoriali che occupano meno di 50 lavoratori. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 10 milioni di euro.

Come si calcola il numero degli occupati nelle microimprese e nelle piccole imprese

Per il calcolo del numero degli occupati in una microimpresa, e lo stesso dicasi per una piccola impresa, sono conteggiati gli impiegati con contratto di lavoro a tempo indeterminato full time, e quelli con contratto a part-time. Mentre non sono conteggiati gli apprendisti, le lavoratrici in maternità e gli stagisti.

Quindi, una micro impresa può avere meno di 10 dipendenti, e classificarsi come tale, ma può avere pure stagisti e apprendisti, non conteggiati, così come avviene spesso per le microimprese e per le piccole imprese che sono operanti nel settore dell’artigianato.

Quali sono gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese, occhio alla fatturazione elettronica

Tra gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese ricordiamo che c’è quello relativo alla fatturazione elettronica. In particolare, molti contribuenti in regime fiscale forfettario rientrano tra le microimprese. Ma anche per loro, con ricavi o compensi sopra i 25.000 euro, dall’1 luglio del 2022 è scattato l’addio all’emissione di fatture cartacee.

Per la fatturazione elettronica le microimprese e le piccole imprese possono utilizzare dei software accreditati. Oppure, senza mai spendere un euro, c’è l’app FatturAE ed il portale ‘Fatture e Corrispettivi‘ dell’Agenzia delle Entrate.