Ministro Giorgetti: lavoriamo alla detassazione dei premi di produttività

Tra le ipotesi allo studio del Governo Meloni al fine di ridurre le tasse aiutando le persone così a far fronte agli effetti dell’inflazione c’è la detassazione dei premi di produttività. Ecco come potrebbe funzionare.

A chi sono erogati i premi di produttività?

Per i lavoratori la detassazione dei premi di produttività potrebbe essere una buona notizia che va ad aggiungersi all’aumento fino a 600 euro del fringe benefit esentasse.  Questi rappresentano un incentivo per i lavoratori che sono quindi indotti a lavorare con una certa perizia, diligenza al fine di partecipare attivamente alla crescita dell’azienda dal punto di vista economico, ma non solo, anche come qualità dei servizi offerti alle persone e alle aziende.

Le regole attuali sulla tassazione dei premi di produttività

Attualmente la tassazione dei premi di produttività è regolata dalla legge di bilancio per il 2017 che prevede la tassazione Irpef sostitutiva al 10%, la stessa sostituisce l’Irpef e tutte le addizionali generalmente applicate. Questo implica che già ora è prevista una tassazione di favore. La tassazione sostitutiva si applica a premi fino a 3.000 euro, limite innalzato a 4.000 euro in caso di imprese che prevedono forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro. La tassazione di favore viene applicata esclusivamente ai lavoratori che nell’anno precedente abbiano maturato redditi non superiori a 80.000 euro.

Ministro Giorgetti: premi di produzione esentasse. Seguiamo la Germania

Se si dovesse arrivare a un accordo, in base alle previsioni ora allo studio i premi di produzione legati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione non saranno più tassati. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti ha sottolineato che l’ipotesi di detassazione dei premi di produzione è allo studio e attualmente è in fase embrionale. Inoltre ha dichiarato di avere già iniziato colloqui con la Germania in quanto già applica tali norme.

Affitto a studenti universitari, i tempi e i modi del recesso anticipato

L’affitto a studenti universitari prevede la stipula di un contratto di locazione tra il proprietario di casa e lo studente, ma cosa funziona il recesso anticipato?

Affitto a studenti universitari, come funziona il recesso?

Il contratto di affitto a studenti universitari è quel contratto in cui una parte locatore (proprietario dell’immobile) concede in locazione il proprio immobile a studenti che frequentano un corso di studi universitari o equipollenti. Il contratto va regolarmente compilato in tutte le sue parti e registrato presso l’Agenzia delle entrate.

Tuttavia qualora una delle parti desideri chiedere la risoluzione anticipata del contratto può farlo. Questo deve avvenire attraverso una comunicazione di disdetta, da comunicare almeno con tre mesi di anticipo, rispetto alla scadenza del contratto. Tuttavia le parti possono prevede che l’inquilino possa lasciare l’immobile, perché ad esempio non vuole più seguire quel corso di studi dandone comunque preavviso, con lettera raccomandata o pec.

Affitto a studenti universitari, il recesso anticipato quando si vuole lasciare l’università

Il Sig. A proprietario di un immobile, regolarmente affittato a studenti universitari, ci manda la seguente email per chiederci un consiglio in tema di recesso anticipato.

Buongiorno, mi ha contattato la mamma di uno dei ragazzi a cui ho locato casa, dicendomi che suo figlio vuole lasciare l’università e quindi la casa. Voleva sapere cosa fare e se deve mandarmi una raccomandata o pec. Come devo gestire i tempi e le mensilità che mi deve e non deve? Nel contratto è specificato che possono recedere in qualsiasi momento, ma con un preavviso di 90 giorni. Come devo gestire il subentro di un’altra persona visto che già c’è un collega pronto a sostituirlo?

In merito alla comunicazione possiamo subito dire che si deve dare una comunicazione tramite pec o raccomandata, almeno tre mesi prima della scadenza contrattuale. Ma se il contratto prevede la possibile di recedere in qualsiasi momento, occorre solo rispettare il limite di preavviso dei 90 giorni. Il conduttore dovrà pagare tutti i mesi fino al termine del periodo di preavviso e vedersi restituito la caparra iniziale, se non ci sono danni.

Alcune precisazioni in merito al subentro

Come stabilito dal Decreto del 5/03/1999 e il D.M. del 30/12/2022 il locatore può trovarsi di fronte a due possibili situazioni:

  • Recesso di un conduttore senza subentro – In questo caso è opportuno presentare apposito modello RLI all’Agenzia delle Entrate per comunicare il recesso parziale del conduttore;
  • Recesso di un conduttore con subentro – Nel caso in cui oltre al recesso parziale dal contratto, vi sia anche il subentro nello stesso da parte di un nuovo studente, è necessario che questi accetti le condizioni del contratto originario. In questo caso il consiglio è di stipulare un atto integrativo al contratto originale dove lo studente dà la propria accettazione a tutte le clausole vigenti. Anche in questo caso il subentro va dichiarato con il modello RLI e presentato all’Agenzia delle entrate.

 

Taglio Superbonus retroattivo: si salvano in pochi

Nel decreto Aiuti Quater sono previste numerose novità per coloro che vogliono accedere al beneficio del Superbonus. Meglio dimenticare la possibilità di ricevere il 110% di quanto speso, infatti il decreto provvede al taglio del Superbonus. Ecco le novità.

Taglio del Superbonus per condomini

Già lungamente annunciato, c’è stato il taglio del Superbonus 110% che ora diventa Superbonus 90%. Una percentuale di credito di imposta comunque rilevante e interessante se non fosse per il fatto che, chi vuole rientrare in breve termine delle spese sostenute, deve provvedere alla cessione del credito, infatti la maggior parte dei contribuenti, rispetto al credito di imposta che potrebbero maturare con lavori trainanti e trainati, sono incapienti. La cessione del credito fa comunque perdere parte dell’importo e se con il 110% si riuscivano a ottenere dalle banche quote tra il 84% e il 94%, scommettiamo che con il Superbonus 90% la percentuale sarà ancora ridotta.

A ciò deve aggiungersi che in seguito alla pronuncia della Corte di Cassazione che ha portato al diniego di dissequestro delle somme già “acquistate” dagli istituti di credito, Poste Italiane e Banca Intesa hanno bloccato le cessioni a causa degli elevati rischi connessi a tale pratica. Si può immaginare quindi una certa difficoltà anche in futuro a collocare sul mercato i crediti maturati.

Leggi anche: Truffa Superbonus 110%, disposto il sequestro dei crediti presso gli intermediari finanziari

Taglio del Superbonus retroattivo per le somme spese nel 2023 anche per lavori iniziati nel 2022

La brutta notizia però non è solo che il meccanismo del decalage e quindi il taglio del bonus sia anticipato al 2023, ma anche un’altra. Infatti inizialmente il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva dichiarato che le pratiche già avviate avrebbero comunque avuto copertura, invece oggi le cose cambiano, infatti per i lavori per i quali non viene presentata la Cilas (comunicazione inizio lavori asseverata) entro il 25 novembre 2022, sarà comunque applicato il credito di imposta al 90% e non al 110%. Con il taglio del Superbonus retroattivo dal 1° gennaio 2023 tutte le spese sostenute saranno riconosciute al 90%.

In merito alla cessione dei crediti, il ministro Giorgetti ha dichiarato “la cessione è una possibilità, non un diritto. Bisogna fare chiarezza su questo. E’ passata nell’immaginario collettivo l’idea che il credito d’imposta sia moneta, ma così non è“. Il Governo si sta quindi adoperando per trovare una soluzione per i crediti esistenti, ma per il futuro sarà bene essere responsabili e trovare un soggetto a cui cedere i crediti prima di iniziare i lavori. Le parole testuali sono ” chi deve fare un investimento deve valutare prima se l’impresa costruttrice o la banca sia disponibile a riconoscere il credito, altrimenti condomini e famiglie e devono calcolare il progetto d’investimento in modo diverso

Proroga Superbonus 110% solo per villette unifamiliari: condizioni

Una buona notizia vi è solo per i proprietari delle abitazioni unifamiliari, infatti potranno usufruire del Superbonus fino al 31 dicembre 2023 se titolari di un reddito inferiore a 15.000 euro annui. Possiamo anche immaginare che con un reddito così basso potrebbero avere difficoltà con la copertura dei costi che resterebbero a carico. Deve però essere ricordato che la soglia dei 15.000 euro viene calcolata applicando il quoziente familiare.

Un’altra novità c’è per coloro che hanno iniziato i lavori con il Superbonus 110% per le villette unifamiliari e abbiano rispettato il SAL 30% al 30 settembre 2022, costoro potranno avere più tempo per completare i lavori, cioè fino al 31 marzo 2023 e soprattutto potranno avere il 110%. Questa piccola agevolazione è stato calcolato che potrebbe costare 2,5 miliardi di euro. Il risparmio che invece si ottiene con il taglio superbonus retroattivo dovrebbe essere di circa 4,5 miliardi di euro.

Ricordiamo infine, che nel 2024 il superbonus passerà al 70% e nel 2025 al 65%.

Chiudere il balcone di casa è possibile, ecco tutti i modi per farlo

Chiudere il balcone di casa è possibile, ci sono diversi modi per farlo e adesso cerchiamo di proporvi delle interessanti soluzioni che non prevedono premessi.

Chiudere il balcone di casa, le vetrate temporanee

La possibilità di rendere vivibili spazi esterni, anche in inverno, piace a molti. L’articolo 33 del decreto aiuti bis modifica il Testo Unico Edilizio, facendo rientrare l’istallazione di “vetrate temporanee” nel ventaglio degli  interventi in edilizia ibero. Cioè quei lavori che possono essere realizzati senza titolo abitativo, cioè senza Dia, Cila o Scia. Per capire bene quali sono le istallazioni permesse, occorre capire bene il concetto di vetrate temporanee.

Si tratta di lastre di vetro che chiudono la parte frontale del balcone, dal piano fino alla soletta del piano superiore, ma che essendo fatte a pannello possono scorrere l’una sopra l’altra per poter essere impacchettate e facilmente rimosse. I vetri così posizionati aiutano a proteggere maggiormente l’immobile nel periodo invernale, ma vanno rimosse in quello estivo per evitare che creino un eccessivo surriscaldamento. Questo tipo di verande di chiamano anche Vepa.

Chiudere il balcone di casa, altre soluzioni

Una soluzione per chiudere uno spazio di balcone è l’utilizzo delle serre bioclimatiche. Si tratta di uno spazio chiuso, «separato dall’esterno mediante pareti vetrate, che accresce il contributo all’edificio della radiazione solare trasformata in energia termica e immagazzinata all’interno della serra.

Altra soluzione economica è l’istallazione di una pergotenda in PVC, che permettono di avere una tettoia da aprire o chiudere quando si vuole. Inoltre possono essere realizzate in diversi materiali come ad esempio il policarbonato, o in tessuto, in vinile trasparente o in PVC. Le guide sono istallate alle pareti e le quel posto viene chiuso con delle zip che permettono di chiudere ermeticamente parte del balcone.

Permane il permesso di costruire per le verande chiuse

A questo punto è bene fare un ulteriore chiarimento. Per chi volesse chiudere lo spazio del balcone con delle verande chiuse, per quello occorre ancora il permesso di costruire. Si richiedere al Comune in cui è ubicato l’immobile a seguito di documentazione presentata da parte di un professionista. Questo perché realizzando una struttura chiusa, si aumenta il volume dell’immobile e quindi comporta, oltre il pagamento degli oneri al comune, una modifica anche in planimetria catastale presso l’Ufficio competente.

Quindi la nuova normativa non dice che si possono chiudere i balconi di casa, senza alcun tipo di permesso. Ma dice ben diverso, cioè si può schermare la parte frontale del balcone per aiutare a diminuire le dispersioni termiche, e quindi anche risparmiare in bolletta di gas e luce. Ma per chiusure totali e fisse (quindi non amovibili e aperte) occorre fare la normale patrica di concessione edilizia.

Concorso Ministero della Cultura: disponibili 518 posti. Il bando

Il Ministero della Cultura assume: sono 518 le posizioni rese disponibili dal bando. Per partecipare al concorso Ministero della Cultura è necessario presentare domanda entro il giorno 9 dicembre 2022 alle ore 23:59.

Profili professionali ricercati con il bando concorso Ministero della Cultura

Le figure professionali richieste nel nuovo bando di concorso per il Ministero della Cultura sono:

  • archivisti (268 unità codice 01)
  • funzionari bibliotecari (130 unità, codice 02)
  • restauratori ( 15 unità, codice 03);
  • architetti (32 unità, codice 04);
  • storici dell’arte (35 unità codice 05);
  • archeologi ( 20 unità, codice 06);
  • paleontologi (8 unità, codice 07);
  • demoetnoantropologo ( 10 unità, codice 08).

Per ciascuna delle figure professionali elencate sono descritte nel bando le mansioni che dovranno essere svolte e soprattutto i titoli richiesti per poter partecipare, proprio per questo invitiamo tutti gli interessati a visionare le informazioni di dettaglio inerenti il concorso sul bando che è possibile trovare all’indirizzo https://cultura.gov.it/concorso518cultura .

Possiamo qui sottolineare che il concorso è riservato ai laureati e che per poter partecipare è necessairo avere compiuto 18 anni di età, essere in possesso dei diritti civili e politici, non aver riportato condanne penali, non essere stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, ovvero non essere stati dichiarati decaduti o licenziati da un impiego statale.

Come presentare la domanda per il concorso Ministero della Cultura

La domanda dovrà essere presentata entro le ore 23:59 del giorno 9 dicembre 2022 per via telematica attraverso l’indirizzo https://www.inpa.gov.it/ per poter presentare la domanda è necessairo utilizzare un codice di identità digitale, come Cie, Cns e Spid. Nella compilazione è necessario indicare un indirizzo di posta elettronica certificata. I candidati possono presentare domanda per ciascun codice per il quale abbiano i titoli richiesti, ma per ciascun codice concorsuale a cui si intende partecipare è necessario effettuare un versamento di 10 euro.

Le prove del concorso 518 assunzioni

Per ciascun codice di concorso saranno espletate le prove. La prima prova è un test a risposta multipla di 40 domande, 10 delle stesse saranno comuni a tutti i profili e mirano a verificare le competenze dei candidati nelle materie giuridiche ed economiche applicate all’ambito del patrimonio culturale e afferenti, mentre le altre saranno sulle specifiche materie dei vari profili.

Appare dubbia alla scrivente la formulazione utilizzata per indicare le modalità di calcolo del punteggio, quindi riporta in calce:

“A ciascuna risposta è attribuito in funzione del livello di efficacia il seguente punteggio:

  • risposta più efficace: + 0,75 punti;
  • risposta neutra: + 0,375 punti;
  • risposta meno efficace: 0 punti.”

La prova si intende superata con un punteggio di 21/30. Seguono la prova orale e la valutazione dei titoli. Tutte le informazioni sulle prove saranno pubblicate agli indirizzi https://riqualificazione.formez.it e sul portale InPa.

Coloro che superano il concorso potranno avere il contratto di personale non dirigenziale a tempo pieno ed indeterminato da inquadrare nell’Area III, posizione economica F1 con retribuzione mensile di ingresso di circa 1.941 euro, tabella aggiornata a luglio 2022.

 

   

 

 

 

Riscaldamenti a gas, i consigli di Enea per risparmiare sui consumi

I riscaldamenti a gas in casa sono presenti in molte case degli italiani, alcuni consigli di Enea su come risparmiare sui consumi in vista dell’inverno.

Riscaldamenti a gas, sta per arrivare il freddo

Il freddo d’inverno è ormai alle porte. Ma le famiglie hanno anche timore di accendere i riscaldamenti visto il costo del gas in questi ultimi tempi. Tuttavia arriva da ENEA il vademecum per cercare di risparmiare. Si intitola “Indicazioni essenziali per una corretta impostazione degli impianti di riscaldamento a gas” che ha lo scopo di agevolare l’attuazione delle misure di contenimento dei consumi di metano per il riscaldamento domestico.

Si ricorda che la stagione invernale 2022-2023 prevede degli orari di accensione dei riscaldamenti. In particolare un’ora in meno di accensione al giorno e stagione ridotta di circa 15 giorni. Ma il decreto contiene anche la riduzione obbligatoria della riduzione di un grado delle temperature. Tutte queste misure se apportate correttamente possono portare un risparmio nazionale di 2.7 miliardi di mc di metano e circa 180 euro di metano in meno da pagare per famiglia.

Riscaldamenti a gas, i 10 consigli di Enea

Enea propone 10 regole pratiche che permettono di abbattere i costi anche del 40%. Ed in un momento di crisi così difficile, il risparmio non guasta mai. Ecco quali sono i dieci consigli di Enea:

  1. Eseguire la manutenzione degli impianti;
  2. Controllare la temperatura degli ambienti;
  3. Fare attenzione alle aree di accensione;
  4. Installare pannelli riflettenti tra muri e termosifoni
  5. Schermare le finestre durante la notte;
  6. Evitare ostacoli davanti ai termosifoni;
  7. Non lasciare le finestre aperte troppo a lungo;
  8. Fare un chech-up alla casa;
  9. Installare le valvole termostatiche;
  10. Scegliere soluzioni di ultima generazione.

Alcuni approfondimenti sui consigli dati

E’ dimostrato che un impianto consuma e inquina meno se è pulito, senza calcare, e correttamente oggetto di manutenzione. Inoltre per chi non effettua la manutenzione del proprio impianto è prevista una multa a partire da 500 euro, secondo quanto disposto dal DPR 74/2013. Quest’anno è anche importante mantenere la temperatura a 19 gradi e prestare attenzione ai nuovi orari forniti per singole aree di appartenenza.

Inoltre tra gli ultimi consigli c’è quello di mettere anche un foglio di alluminio tra il muro e i termosifoni, serve a proteggere dalla dispersione termica. Così come si sconsiglia di ostacolare l’area calda che esce dal termosifoni per asciugare i vestiti, questo si fa spesso. Prima di andare a dormire controllare con attenzione che le porte e le finestre siano chiuse e se possibile schermare con le tapparelle o apposite protezioni.

 

Cambio Sim smartphone: arrivano le nuove regole. Ecco cosa fare

Dal 14 novembre 2022 arrivano nuove regole da adottare per il cambio sim utilizzata per lo smartphone. Ecco cosa cambia e la ratio della nuova disciplina.

Perché è stato necessario dettare nuove regole per il cambio sim?

Lo smartphone,  e altri dispositivi mobili, è sempre più frequentemente utilizzato per identificarsi presso servizi pubblici, servizi bancari, e-commerce. Il numero di telefono, associato naturalmente al supporto fisico del chip della sim diventa quindi uno strumento di identificazione e di pagamento, proprio per questo la sim deve essere custodita con particolare cura e deve sempre essere possibile connettere automaticamente un numero a una sim e a una persona al fine di essere sicuri dell’identità digitale di un soggetto e proteggersi da eventuali furti e sostituzione di persona.

L’allarme è diventato evidente negli anni appena trascorsi in cui numerosi frodi creditizie, o meglio il classico svuotamento del conto con cui si opera attraverso home banking, ha portato a frodi del valore di 125 milioni di euro l’anno. Le frodi sono basate sul furto di identità e lo schema è abbastanza “standard” e basato soprattutto sulla richiesta di una nuova sim. Tal procedura  si chiama “sim swap” cioè “truffa di scambio sim”, e ha portato molti operatori telefonici a condanne al rimborso verso gli utenti che sono stati vittime di questo illecito. Ecco perché le regole che ora vedremo e che saranno obbligatorie dal 14 novembre in realtà sono state già adottate da molti operatori.

L’obiettivo è far in modo che la richiesta di attribuzione di una nuova sim con il vecchio numero di telefono ( portabilità) sia un servizio effettivamente richiesto dal titolare.

Le nuove regole per il cambio sim

Le nuove regole per il cambio sim sono contenute delibera 86/21/CIR a luglio 2021 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). In base alle nuove regole non sarà più possibile delegare un sostituto per le operazioni di cambio sim. La richiesta deve quindi essere effettuata direttamente dall’interessato. Al momento della richiesta si procederà alla doppia verifica dell’identità, quindi sarà controllato il documento di identità del richiedente in modo da essere sicuri che la richiesta provenga dal reale intestatario della sim, inoltre l’intestatario riceverà un sms con un codice sul numero per il quale intende effettuare la portabilità e dovrà quindi comunicare tale codice all’operatore che sta effettuando il riconoscimento.

Le nuove regole prevedono che in caso di furto o smarrimento della sim sia effettuata una preventiva denuncia, mentre nel caso in cui la sim sia rotta e quindi non si possa ricevere l’sms sulla stessa, dovrà essere riconsegnata.

Le nuove regole consentiranno anche di evitare numerosi furto di identità social reato “relizzato spesso con la stessa tecnica sim swap.

Le regole ora viste non si applicano per le sim aziendali.

Bonus internet connettività, il voucher sta per scadere

Bonus internet connettività e tanto richiesto dalle imprese sta per terminare, resta poco più di un mese. Alcuni consigli su come attivarlo ancora.

Bonus internet, molto scelto dalle imprese

Il bonus connettività o più comunemente detto “internet” sta riscuotendo parecchio successo tra le piccole e medie imprese. Tuttavia c’è tempo ancora un mese per richiederlo. La possibilità di richiederlo dovrebbe infatti scadere il 15 dicembre 2022. Ma comunque è ancora richiedibile anche perché permette di connettersi ad internet in maniera veloce.

Per chi non lo avesse ancora richiesto, la misura prevede il riconoscimento di un contributo. Si tratta di uno sconto, sul prezzo di vendita dei canoni di connessione ad internet in banda ultra larga. L’attuazione dell’intervento è affidata ad Infratel Italia S.p.a., sotto la vigilanza della Direzione Generale per i servizi Comunicazione elettronica, di radiodiffusione e Postale del ministero.

Bonus internet, i vari tipi di voucher

Lo Mise prevede il riconoscimento di 4 diversi tipi di bonus. Voucher richiedibili dalle micro, piccole, medie imprese e persone fisiche titolari di partita Iva, che esercitano in proprio o in forma di associata una professione intellettuale o una delle professioni non organizzate. Le scelte disponibili sono:

  • A1, con contributo di connettività pari a 300 euro per un contratto della durata di 18 mesi che garantisca il passaggio ad un connettività con velocità massima in download compresa nell’intervallo di 30Mbit/s – 300 Mbit/s;
  • A2, con contributo di connettività pari a 300 euro per un contratto di durata 18 mesi velocità compresa tra 300Mbit/s – 1Gbit/s. Per connessioni che offrono velocità pari ad 1 Gbit il voucher potrà essere aumentato di un ulteriore contributo fino a 500 euro a fronte di costi di allaccio alla rete sostenuti dai beneficiari;
  • B, con contributo di connettività pari a 500 euro per un contratto di durata di 18 mesi per tale tipologia di voucher è prevista una soglia di banda minima garantita pari ad almeno 30 Mbit/s);
  • C, con contributo di connettività pari a 2.000 euro per un contratto della durata di 24 mesi che garantisca il passaggio ad una connettività con velocità massima in download superiore ad 1 Gbit/s. Il voucher potrà essere aumentato di un ulteriore contributo fino a 500 euro a fronte di costi di allaccio alla rete sostenuti dai beneficiari. Per tale tipologia di voucher è prevista una soglia di banda minima garantita pari ad almeno 100 Mbit/s.

Ultimi consigli utili

Manca poco più di un mese per richiedere l’agevolazione. In effetti permette di risparmiare sulla bolletta del telefono e di internet, almeno per la durata del contratto. Ma è un buon incentivo da una parte per migliorare la connettività e la velocità delle prestazioni e dall’altra alleggerite i conti aziendali, già provati dalla crisi. Per eventuali richieste di chiarimenti è possibile formulare una domanda in forma scritta, da inviare all’indirizzo di posta elettronica info@infratelitalia.it.

Bonus figli disabili: le date di pagamento di novembre 2022

Importanti novità per chi ha figli disabili, infatti sono note le date del pagamento di novembre 2022 per il bonus figli disabili.

Bonus figli disabili: ecco le date di pagamento di novembre 2022

L’articolo 1 commi 365 e 366 della legge di bilancio 2021 ha introdotto il bonus figli disabili. Si tratta di un bonus mensile di 150 euro, a cui si aggiungono eventuali maggiorazioni ( fino ad un massimo di 500 euro mensili) erogato per i genitori disoccupati o monoreddito, con a carico uno o più figli con disabilità. Attualmente è prevista l’erogazione per gli anni 2021, 2022 e 2023 con stanziamento di 5 milioni di euro per ciascun anno.

Il Bonus disabili è inoltre cumulabile con il Reddito di Cittadinanza.

Per i percettori nel mese di ottobre 2022 vi è stata però una brutta notizia, infatti, non hanno ricevuto il pagamento, ufficiosamente sembra che la motivazione sia la mancanza di fondi. Nel mese di novembre 2022 sono invece partite le nuove erogazioni. Sono molti quindi a chiedersi quando sarà pagato il bonus disabili di novembre 2022?

Le date ufficiali in cui sarà erogato il pagamento del bonus disabili per il mese di novembre 2022 sono 3:

  • 3 novembre;
  • 8 novembre;
  • 11 novembre.

Questo vuol dire che coloco che ancora non hanno ricevuto gli importi potranno riceverli domani. I caso di mancata erogazione è consigliata la visione del fascicolo previdenziale del cittadino disponibile sul sito Inps. Si può accedere all’area personale solo se si è in possesso di credenziali Spid, Cie o CNS.

A chi spetta il bonus disabili?

Ricordiamo che il bonus disabili per ora è confermato anche per il 2023 e di conseguenza è ancora possibile presentare domanda e ottenere anche gli arretrati. Ecco chi sono i destinatari del bonus disabili:

  • i nuclei familiari monoparentali (un solo genitore) con almeno un figlio con disabilità a carico;
  • i genitori disoccupati: soggetti privi di impiego o con reddito all’anno che non supera gli 8.145 euro (se dipendenti) o i 4.800 euro (se autonomi);
  • genitori monoreddito: nuclei che vivono in via esclusiva dell’attività lavorativa di un solo individuo, sia pure svolta a favore di più datori di lavoro. Rientrano in questa categoria anche le famiglie con redditi da pensione. Per questa tipologia di nucleo, l’Inps specifica che non si fa riferimento al possesso di una abitazione, mentre si tiene conto di eventuali altri sostegni percepiti in via assistenziale;
  • infine i figli legittimi o legittimati, gli adottivi, i figli naturali, i minori di età solo se fiscalmente a carico e con una disabilità pari ad almeno il 60%.

Ecco quali aumenti pensioni scatteranno dal 1° gennaio. Simulazioni

Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti ha firmato il decreto di adeguamento delle pensioni al costo della vita. Ecco quanto percepiranno in più gli italiani dal 1° gennaio 2023 con gli aumenti pensioni.

Aumenti pensioni 2023 del 7,3%

Le pensioni sono adeguate annualmente in base all’indice dell’inflazione. L’adeguamento avviene il 1° gennaio di ogni anno in base ai dati sul costo della vita registrati a inizio novembre. Con il decreto firmato ieri è stata disposta la perequazione con un aumento pensioni del 7,3%. Deve però essere ricordato che quest’anno dal mese di ottobre i pensionati che percepivano un assegno lordo inferiore a 2.692 euro hanno ricevuto un aumento del 2%. Si è trattato di un anticipo rispetto all’aumento pensioni di gennaio 2023 e questo perché l’inflazione troppo elevata ha creato problemi con la gestione delle spese quotidiane. A ciò deve essere aggiunto che nel mese di novembre 2022, gli italiani hanno percepito un ulteriore aumento dello 0,2% che costituisce il conguaglio della perequazione in base all’inflazione reale dell’anno 2021.

Come sono calcolati gli aumenti della pensione?

Gli aumenti di gennaio sono calcolati sempre in base ai dati provvisori dell’inflazione dell’anno precedente così come rilevati nel mese di novembre. Nel corso dell’anno arrivano però i dati definitivi sull’inflazione e di conseguenza i pensionati, solitamente nel mese di gennaio dell’anno successivo, ricevono questo conguaglio pari alla differenza tra i dati provvisori e i dati reali.

Nel mese di gennaio 2022 i pensionati avevano ricevuto l’importo calcolato su un’inflazione provvisoria di 1,7%, registrata nel mese di novembre 2021. I dati definitivi hanno portato a rilevare un’inflazione reale per il 2021 all’1,9%. Questo implica che i pensionati avrebbero dovuto ricevere nel mese di gennaio 2023 il conguaglio dello 0,2% (differenza tra i dati provvisori e i dati definitivi sull’inflazione 2021). Al fine di agevolare i pensionati, questo conguaglio è stato anticipato al mese di novembre, ecco perché gli importi sono stati superiori rispetto a quanto generalmente percepito. Ricordiamo che nel mese di novembre i pensionati con un assegno inferiore a 1.538 euro lordi hanno ricevuto anche il bonus di 150 euro.

A quanto ammonta l’aumento pensioni a gennaio 2023?

Si è detto che il Ministro Giorgetti ha firmato il decreto che autorizza l’Inps ad aumentare le pensioni del 7,3%. Questo vuol dire che su un importo lordo di 1.000 euro, l’aumento sarà di 73 euro. Naturalmente occorre poi valutare l’effetto delle imposte che sono trattenute dall’assegno pensionistico che dipendono dall’aliquota applicata. Proprio tali aumenti secondo molti potrebbero generare il fenomeno del drenaggio fiscale.

Dai primi dati emerge che l’importo della pensione minima sale da 525,38 a 563,73 euro, l’aumento dovrebbe essere di 38 euro netti. In base ai calcoli effettuati da Il Sole 24 ore, l’aumento per una pensione di 1.000 euro lordi dovrebbe essere di 52 euro netti. Chi percepisce una pensione lorda di 2.000 euro, dovrebbe ricevere un aumento netto di 100 euro.