Infortuni sul lavoro, aumentano gli indennizzi Inail

Nell’articolo 21 della bozza del decreto Lavoro è in arrivo un’importante novità per i lavoratori. Sono riviste verso l’alto le tariffe defli indennizzi Inail in caso di infortunio sul lavoro. Ecco i nuovi importi.

Differenza tra indennizzi e risarcimenti Inail

I lavoratori in caso di infortuni sul lavoro sono tutelati attraverso l’Inail (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) che ha un fondo per risarcire i lavoratori implementati attraverso i contributi versati dai datori di lavoro.

In caso di infortunio, il lavoratore ottiene un risarcimento calibrato in base alla perdita economica da lui subita. A tale risarcimento si aggiunge un indennizzo, definito danno biologico, derivante dalla menomazione alla propria capacità psico-fisica.

L’indennizzosi corrisponde in forma di capitale per per infortuni o malattie professionali con invalidità dal 6 al 15% e in forma di rendita per menomazioni che oscillano tra il 16% e il 100%.

Su queste due voci è intervenuto il governo andando ad aumentare gli importi dovuti.

I nuovi importi degli indennizzi Inail nel decreto Lavoro

I nuovi importi degli indennizzi Inail sono più elevati. Per quanto riguarda l’indennizzo in forma di capitale per le lesioni di minore rilevanza (dal 6% al 15%), gli importi previsti oscillano in base alla percentuale. In base alle nuove tabelle il valore di 9.600 euro viene riconosciuto in caso di menomazione del 6% in una persona fino a 20 anni di età. L’importo si riduce all’aumentare della fascia di età del lavoratore. Ad esempio per lo stesso grado di invalidità permanente nella fascia di età 36-40 anni, l’importo è di 7.760 euro.

Deve però essere sottolineato che non tutti gli infortuni sul lavoro portano a maturare il diritto all’indennizzo, infatti non sempre ne consegue una menomazione permanente. Generalmente invece matura il diritto al risarcimento.

Nel caso in cui al lavoratore debba essere corrisposta una rendita annua, gli importi variano da 1.472€ (16%) e i 26.000€ (100%). Per un’invalidità permanente al 17% si ottiene una rendita annua di 1.598 euro. All’aumentare del grado di invalidità aumentano gli importi.

Tale rendita non è incompatibile con un reddito da lavoro dipendente, infatti le menomazioni di piccola entità, di entità non grave, consentono comunque di proseguire nel rapporto di lavoro. Tale rendita inoltre non è incompatibile con assegni di pensione o altre forme di reddito.

Come sono calcolati i nuovi indennizzi Inail?

Le tabelle ora sinteticamente spiegate sono realizzate avendo come punto di riferimento «Punto base Inail» questo nel 2000 corrispondeva al triplo dell’assegno sociale, nel tempo non si è però provveduto ad aumentare il Punto base Inail in base all’aumento dell’assegno sociale determinato tenendo in considerazione l’inflazione. Questo ha portato ad un disallineamento tra il costo della vita e tali rendite o indennizzi. Si è quindi provveduto a rivedere il Punto base Inail e da questo sono state create le nuove tabelle.

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Matrimonio simbolico, costa meno e si può fare ovunque

Il matrimonio simbolico è la soluzione per chi vuole festeggiare il proprio amore con amici e parenti. Purtroppo però non ha alcun valore legale.

Matrimonio simbolico, quando il rito classico costa troppo

Arriva direttamente dell’America il Matrimonio simbolico. Costa meno e sta spopolando anche in Italia. Ma c’è un piccolo problema e cioè non è valido legalmente. Quando una coppia decide di sposarsi, anche con il rito cattolico, deve fare una serie di adempimenti sia civile che religiosi. Ad esempio deve fissare il giorno del matrimonio in Chiesa e poi il ristorante, il fioraio, il fotografo, i vestiti, gli accessori, le bomboniere e le partecipazione per gli invitati. In media per un solo giorno occorrono circa 20 mila euro.

Quando poi ci si sposa sia in Chiesa che in Municipio (dinnanzi al pubblico ufficiale) con il matrimonio civile, vengono letti gli articoli di legge che regolano l’unione tra la coppia. Da quel momento, subito dopo le firme, il matrimonio produce i suoi effetti civili, che vincolano la coppia nei successivi anni. Ad esempio dall’art. 43 al 46 del codie civile sono elencati i diritti e dovere dei coniugi.

Si può fare ovunque e senza burocrazia

I matrimoni veri in Italia sono in calo. Tanto che si era parlato di un bonus sposi per aiutare le coppie a coronare il solo sogno d’amore. La proposta di legge, bocciata però, prevedeva una detrazione del 20% per le spese connesse alla celebrazione. In altre parole le spese relative al make-up, parrucchiere, fotografo, servizio di ristorazione, bomboniere, libretti e servizio del wedding reporter. Ma non è andata in porto. Anche se sarebbe stato comodo, visto che per sposarsi a volte c’è bisogno di chiedere un prestito.

Ma arriva però il matrimonio simbolico che abolisce tutte le spese di ordine burocratico e religioso. Si può celebrare ovunque, quindi sia in un prato, sia al mare o in qualsiasi altra location. Può celebrarlo chiunque, non occorre avere nessun “potere riconosciuto dallo Stato”. Anche gli sposi possono pronunciare i loro voti o intensioni senza alcuno schema. Tutto è molto libero, ma è un modo per gli innamorati di professare il loro amore.

Sta trovando mando utilizzo anche in Italia, tra vips o persone che non possono risposarsi perché in fase di separazione dal precedente impegno coniugale. In ogni caso piace e tanto che nel 2022 le richieste per questo tipo di evento sono aumentate del 330%. Secondo Federmep, associazione che riunisce lavoratori e aziende del settore, i riti simbolici costituiscono i due terzi delle celebrazioni straniere totali per un giro di affari di circa 300 milioni di euro all’anno.

Bonus caldaie ed infissi, la soluzione per non perdere l’agevolazione

Il bonus caldaie ed infissi prevede un “accordo vincolante” tra le parti, al fine di non perdere l’agevolazione. Ecco in cosa consiste questo accordo.

Bonus caldaie ed infissi, cosa dice il decreto cessioni

Il bonus caldaia 2023 prevede una detrazione del 65% per sostituire gli impianti di climatizzazione con apparecchi dotati di pompa di calore integrata con una caldaia a condensazione. L’Agenzia delle Entrate restituisce il 50% o il 65% in detrazioni Irpef, restituendo la somma scalandola dalle tasse future. Ma per accedere al bonus caldaie ed infissi c’era anche la possibilità dello sconto in fattura o della cessione del credito. Entrambe le possibilità sono state poi bloccate dall’attuale Governo Meloni.

Ma oggi le cose sono diverse, e saranno possibii cessioni e sconto in fattura. Infatti sarà possibile usufruire dello sconto in fattura o della cessione del credito purché si dimostri di aver iniziato i lavori prima del 17 febbraio 2023. Come dimostrazione occorre aver già eseguito degli acconti sul prezzo tramite bonifico o l’autocertificazione che ne dimostri la data antecedente a quella di febbraio.

L’accordo vincolante tra le parti

Nel Decreto cessioni si fa riferimento ad un “accordo vincolante” in merito alle attività di edilizia libera come l’installazione di una caldaia o la sostituzione degli infissi. L’accordo comunque non è altro che un contratto controfirmato dalle parti e che attesta con autocertificazione quanto richiesto dal Governo.

Occorrono infatti due dichiarazioni sostitutive: una per il committente e una per il fornitore. I documenti servono a far assumere ad entrambe le parti la responsabilità penale di quello che dichiarano. La certificazione può essere fatta anche dall’inquilino, ma solo dietro espressa autorizzazione del proprietario dell’immobile.

Il Ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha espresso la disponibilità del Governo a valutare una disciplina transitoria a tutela degli interventi di edilizia libera non ancora realizzati ma per i quali risultassero accordi vincolanti di fornitura stipulati entro 16 febbraio.

La data cruciale è quindi aver iniziato i lavori prima del 17 febbraio 2023. Quindi entro tale data ci sono tre scenari possibili:

  • una fattura di acconto con relativo pagamento;
  • l’inizio effettivo dei lavoro;
  • un accordo vincolante tra le parti per la fornitura di beni e servizi

Nel caso in cui siano stati versati acconti prima del 17 febbraio 2023 si potrà ricorrere alla dichiarazione sostitutiva doppia. Se si hanno tutti questi documenti allora si potrà accedere ancora allo sconto in fattura o la cessione del credito. In ogni caso le associazioni di categorie stanno già mettendo, nei propri siti, delle dichiarazioni scaricabili da utilizzare per l’adempimento di legge. Dichiarazione, che si ricorda, deve essere sottoscritta anche dal committente.

 

Principio di rotazione nel Codice degli appalti, cosa cambia per le imprese

Entra in vigore il nuovo Codice degli appalti previsto nel decreto legislativo 36 del 2023 e tra le norme che cambiano nel settore degli appalti pubblici vi sono quelle sul principio di rotazione regolato dall’articolo 49 del Codice degli appalti.

Il principio di rotazione nel Codice degli appalti: quando trova applicazione?

Il principio di rotazione era precedentemente disciplinato dall’art. 36, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016 vi sono però ora delle significative modifiche.

Il principio di rotazione trova applicazione nelle categorie di appalti sotto soglia, cioè quegli appalti affidati con procedure semplificate, ad esempio con procedura negoziata o affidamento diretto. Gli obiettivi sono la  tutela del principio di concorrenza ed evitare una posizione di dominio di un’impresa.

Il principio di rotazione prevede il divieto di affidamento o aggiudicazione di un appalto all’impresa uscente in seguito a due affidamenti consecutivi che abbiano ad oggetto un appalto:

  • nello stesso settore merceologico;
  • nella stessa categoria di servizi;
  • nella stessa categoria di opere.

La disciplina prevede che già nella fase degli inviti alle imprese a presentare una proposta debba essere rispettato il principio di rotazione.

Le deroghe al principio di rotazione nel nuovo Codice degli appalti

Il secondo punto della nuova disciplina prevede la possibilità per la stazione appaltante, ad esempio il Comune X, di ripartire gli affidamenti in fasce di prezzo, in questo caso l’obbligo di rotazione può essere riferito alla singola fascia economica, ad esempio l’impresa Zeta ha avuto per due anni l’affidamento della manutenzione strade in fascia economica 2, al terzo incarico non potrà partecipare alla procedura per lo stesso lavoro in fascia economica 2, ma può partecipare all’affidamento del lavoro in fascia 3.

Inoltre, il comma 4 dell’articolo 49 stabilisce che “in casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto.” Le condizioni che ora abbiamo visto non devono però essere alternative, ma devono tutte concorrere, quindi essere presenti.

Il comma 6 invece stabilisce che è sempre possibile l’affidamento diretto senza rispetto del principio di rotazione per gli affidamenti di importo inferiore a 5.000 euro. In precedenza tale soglia era fissata a 1.000 euro. Tale deroga con innalzamento del limite viene giustificata dal fatto che è in grado di velocizzare le procedure e quindi rispetta il principio di economicità ed efficienza della Pubblica Amministrazione.

Le norme sull’obbligo di rotazione non trovano applicazione nel caso in cui la stazione appaltante decida di iniziare una procedura semplificata di affidamento senza limitare il numero di operatori economici che possono partecipare alla procedura. In questo caso viene infatti meno la necessità di tutelare il principio di concorrenza e non vi è il rischio che possano consolidarsi delle posizioni di dominio.

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Decreto lavoro, ultimi ritocchi al testo tra sindacati e lavoratori

Decreto lavoro ancora si studia per portare un testo definitivo con tante novità. I sindaci chiedono un incontro con il Governo, ecco i temi in esame.

Decreto lavoro, la data importante del primo maggio

La Festa dei lavoratori è celebrata il primo maggio di ogni anno in molti paesi del mondo. Serve a ricordare tutte le persone che hanno lottato per i diritti dei lavoratori, come la riduzione  della giornata lavorativa. Ma quest’anno per noi italiani la data del primo maggio coincide con il Consiglio dei Ministri che dovrà proprio discutere sul decreto lavoro.

Tuttavia i sindacati hanno già chiesto al Governo Meloni di poter incontrarsi prima di tale data. Anche perché proprio il primo maggio saranno impegnati a manifestare in piazza contro le scelte delle politiche sul lavoro. Ebbene i sindacati chiedono l’incontro con lo scopo di riprendere un dialogo costruttivo su molti punti che riguardano i lavoratori.

Decreto lavoro, i punti sul tavolo

Il Consiglio dei Ministri previsto per il primo maggio ha per oggetto il lavoro ed il cuneo fiscale. In particolare il decreto dovrebbe riguardare sia la riduzione del peso dei contributi Inps e fisco sulla busta paga, sia le nuove regole per i contratti a termine. E’ chiaro che se diminuiscono le tasse sulla busta paga, la cifra netta a disposizione delle famiglie sarà più elevata. E questo si che è un grande aiuto sia per i single, ma soprattutto per le famiglie che fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese. Infatti anche i lavoratori a reddito medio bassa, potranno respirare un pò di più.

In merito ai contratti a termine non c’è ancora un accordo con le parti coinvolte. Ma la durata del contratto a termine non possono comunque essere superiori ai 24 mesi con la possibilità di proroga fino a 4 volte (sempre entro i 24 mesi) e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro.

Ma qual’è l’obiettivo del Governo?

L’obiettivo del Governo è quello di aumentare il potere d’acquisto degli italiani. Anche perché, ad oggi, le retribuzioni non sono al passo dell’aumento dei prezzi. In altre parole, l’inflazione, cioè l’aumento generale del livello dei prezzi è aumentata, e con lei anche il costo di prodotti primari come pasta e riso sulle famiglie. Ma se le retribuzioni non aumentano di pari passo, il potere di acquisto degli italiani diminuisce. E’ proprio su questo aspetto che il Governo Meloni vuole intervenire, rendendo i lavoratori più “ricchi”, almeno come importo in busta paga. Ad esempio in Germania si è riusciti a trovare un accordi. Infatti gli stipendi saranno aumentati del 5%, anche se la misura per adesso sembra riguardare solo il settore pubblico.

 

 

Denatalità: quali sono gli incentivi per fare figli in Italia e in Europa?

L’Italia ha un problema di bassa natalità e mentre il Governo cerca di arginarlo in vari modi, in Europa c’è chi ha già affrontato la denatalità con aiuti alle famiglie, ma quali sono le tipologie di intervento messe in atto?

Denatalità, l’Italia deve raggiungere quota 2

La media dell’Italia è di 1,24 figli a coppia, l’obiettivo dichiarato dal Governo è arrivare a 2 figli a coppia, sembra facile ma non lo è. Difficoltà nella conciliazione dei tempi di lavoro con i carichi familiari, problemi economici esasperati dall’inflazione, difficoltà a trovare un lavoro stabile in età giovane, portano molte coppie a rinunciare ai figli, spesso anche a causa di una diminuzione della fertilità legata all’età. Raggiungere quota 2 permetterebbe all’Italia di mantenere inalterata la situazione e nel tempo anche una facilità di gestione del sistema pensionistico e del welfare in generale, infatti la popolazione sta invecchiando.

Tra le proposte volte a raggiungere quota 2 c’è quella del ministro Giorgetti che propone di azzerare le tasse alle donne con figli, ma come si comportano gli altri Paesi dell’Unione Europea?

Il Welfare in Europa per contrastare la denatalità

Svezia, Francia e Germania hanno adottato un modello di welfare che mira ad agevolare le famiglie nella conciliazione di lavoro e famiglia, in particolare hanno realizzato un sistema di nidi sufficienti ad accogliere i bambini. La Germania dedica al welfare familiare circa il 3% del Pil e attualmente ha una media di figli per coppia di 1,6. Tra i vantaggi vi sono i nidi gratuiti, ma anche una questione di mentalità, infatti in Germania si è generalmente portati a ritenere che presso i nidi i bambini crescano meglio.

Sempre in Germania sono in vigore due assegni, il primo viene riconosciuto indipendentemente dal reddito a tutti i figli fino al compimento del 18° anno di età, si tratta del Kindergeld che ammonta a contributo di 219 euro per il primo figlio, 225 per il secondo e 250 dal terzo in su ogni mese.

Il secondo sussidio è invece legato al reddito, viene riconosciuto fino al compimento del 14° mese del bambino ed è pari al 65% della perdita economica legata alla rinuncia al lavoro. L’importo massimo di questo assegno, denominato Elterngeld è di 1.800 euro.

Bonus nido e assegno unico e universale

L’Italia in realtà pur non avendo sufficienti posti in nidi pubblici ha adottano il bonus nido che permette alle famiglie di avere il rimborso delle spese per il nido. Proprio questa misura ha portato alla nascita di numerose strutture private. L’introduzione dell’Assegno Unico e Universale dovrebbe essere simile al Kindergeld, anche se gli importi in Italia sono legati al reddito.

Una strategia simile è quella della Danimarca, dove le famiglie possono ricevere un rimborso della retta dell’asilo nido che copre tra il 70% e il 100% della spesa sostenuta. La differenza tra Italia e Danimarca è data dai livelli occupazionali che in Danimarca sono altissimi, mentre in Italia c’è ancora molta disoccupazione, ma soprattutto discontinuità nei contratti.

Leggi anche: Bonus nido 2023: ora si può presentare la domanda. Tutorial dell’Inps

Aumenti Assegno unico e universale, ecco a chi spettano

Esenzione bollo auto per disabilità: quando spetta e procedura

Il bollo auto è una delle imposte più odiate dagli italiani, ci sono però dei casi in cui lo stesso non deve essere versato, è infatti in vigore l’esenzione per disabilità. Ecco in quali casi spetta e quali sono limiti e condizioni per potersene avvalere.

A chi spetta l’esenzione per disabilità dal bollo auto?

Le agevolazioni per disabilità nel settore auto sono riconosciute a persone:

  • non vedenti (artt 2, 3 e 4 della legge 138 del 2001);
  • sordi ( articolo 1, comma 2, legge 381 del 1970);
  • con disabilità psichica o mentale titolari dell’indennità di accompagnamento ( articolo 3 comma 3 della legge 104 del 1992);
  • con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni ( articolo 3, comma 3, legge 104 del 1992);
  • con ridotte o impedite capacità motorie ( articolo 8, comma 7, legge 388 del 2000).

Naturalmente per potersi avvalere dell’esenzione bollo auto è necessario che l’invalidità sia riconosciuta da una commissione medica che certifica la tipologia di disabilità e la percentuale di invalidità.

L’esenzione spetta sia nel caso in cui il veicolo sia intestato al disabile, sia nel caso in cui sia intestato a una persona a cui il disabile è fiscalmente a carico. Deve però essere sottolineato che spetta su un solo veicolo, quindi se vi è una doppia intestazione, l’esenzione dal bollo può essere fatta valere solo su uno.

Per quali veicoli spetta l’esenzione bollo auto per disabilità?

L’esenzione bollo auto spetta per autovetture, veicoli per il trasporto promiscuo, autoveicoli specifici, autocaravan, motocarrozzette, motoveicoli per il trasporto promiscuo, motoveicoli per trasporti specifici.

In base alla normativa sono previsti limiti di cilindrata, infatti possono ottenere l’esenzione bollo auto per disabilità solo veicoli con cilindrata:

  • fino a 2000 centimetri cubici se a benzina o ibridi;
  • fino a 2800 centimetri cubici se diesel o ibridi;
  • di potenza non superiore a 150 kW se con motore elettrico.

Come fruire dell’esenzione

Per potersi avvalere dell’esenzione è necessario effettuare la comunicazione della disabilità una sola volta, in particolare il primo anno è necessario presentare all’ufficio competente la documentazione che certifica la disabilità. La documentazione può essere consegnata a mano oppure con raccomandata A/R. È bene però prestare attenzione al rispetto dei termini, infatti la documentazione deve essere consegnata almeno 90 giorni prima rispetto alla scadenza del bollo auto. Deve inoltre essere indicata la targa del veicolo per il quale si intende usufruire dell’agevolazione.

Gli uffici trasmettono quindi gli atti all’anagrafe tributaria per l’inserimento tra i soggetti beneficiari dell’esenzione bollo per disabilità e danno notizia agli interessati dell’inserimento o del mancato inserimento nel caso in cui vi siano motivi ostativi.

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Litio, costoso e difficile da trovare, ma perché è diventato così importante?

Litio è diventato sempre più introvabile e costoso. Ecco cosa sta succedendo su questo mercato e le eventuali ripercussioni sul mercato italiano.

Litio, cos’è e quando si usa

Il litio indicato con il simbolo Li e con il numero atomico 3, è un elemento chimico appartenente alla famiglia dei metalli alcalini. Si tratta del metallo solido più leggero ed è la sostanza che permette il funzionamento delle batterie, grazie agli ioni che la compongono. Quindi è un minerale diventato componente fondamentale dei magneti delle pale eoliche e delle batterie ricaricabili delle auto elettriche, degli smartphone e dei computer. In particolare l’accumulatore agli ioni di litio è un tipo di batteria ricaricabile che utilizza la riduzione reversibile degli ioni di litio per immagazzinare energia. È comunemente utilizzata per l’elettronica portatile, nei veicoli elettrici, in applicazioni industriali, militari e aerospaziali.

L’andamento del mercato del litio

In una società digitale, in cui smartphone e pc sono diventati alla portata di tutti a cui si aggiunge la transizione dei motori da benzina ad elettrici la domanda di litio è senza alcun dubbio aumentata. Nel 2022 queste variabili ha fatto cresce il costo del 500% arrivando ai 47.500 dollari a tonnellata, poco più di 43 mila euro. Beh se questo il trend ben presto il litio diventerà più importante del petrolio e l’attenzione mondiale si sta spostando verso questa risorsa.

In maggioranza, comunque, il litio viene estratto dalle miniere. Le riserve più grandi si trovano in Cile, Argentina e Cile. Alcune significative sono poi in Australia e in Nord America, dove ci sono riserve di pegmatiti di spodumene, un tipo di roccia che contiene litio.

Qual’è la situazione in Italia?

Anche gli italiani hanno bisogno delle batterie per auto, smartphone e pc. Tuttavia sembra che in Italia ci siano delle aree ricche di litio. In particolare nel sottosuolo di alcune aree italiane ci sono almeno 15 delle 34 materie prime necessarie per lo sviluppo della transizione energetica. Infatti sembra che sia stato istituito un Tavolo Tecnico delle materie prime critiche”, coordinato dal ministero delle Imprese e da quello dell’Ambiente che sta portando avanti la mappatura dei siti in Italia. 

La Regione dove risulta esserci maggiore presenza di litio è il Lazio, soprattutto nelle aree vulcaniche come il Lago di Bracciano. Una grande risorsa per l’Italia soprattutto in termini di crescita economica. Questo settore insieme alla crescita del fotovoltaico potrebbero essere un volano per la crescita dell’economia del nostra Paese, magari per uscire da questa crisi economica che attanaglia famiglie ed imprese.

Bonus figli, 10 mila euro di detrazione per le famiglie

Bonus figli per spingere sulla natività in Italia. Ecco quindi in cosa consiste la proposta del Governo per aiutare le famiglie sia sul breve che nel lungo termine.

Bonus figli, l’Italia un Paese senza nascite

L’Italia è un paese che non registra sempre meno nascite. E se la rotta non cambia ci troveremo una Nazione di “soli anziani”, che indubbiamente non può puntare alla crescita a queste condizioni. E’ vero che prima il Covid-19, poi la crisi economica mondiale, sono stati fattori che hanno fatto da deterrente sulle nascite. I figli costano già da quando una donna rimane incinta fino alla loro crescita. Sono poche le famiglie che decidono di mettere al mondo più figli. Qualcuno dice anche che “un bimbo e poco e due sono troppi” e questo non è altra che una “battuta” che rispecchia la situazione che stiamo vivendo.

Tuttavia il Governo sta studiando questa situazione, nella speranza di ribaltare la situazione. Già dalla campagna elettorale, la premier Giorgia Meloni, aveva detto che “le famiglie prima di tutto”. Occorre fare qualcosa e farlo anche subito per permettere di evitare una situazione irreversibile. Più che altro si sta puntando ad un “bonus figli” per le coppie che decidono di allargare la famiglia.

Bonus figli, come dovrebbe funzionare?

Il bonus figli è solo una proposta, ma che deve essere sottoposta al Parlamento. In sintesi niente tasse per chi procrea figli. Più che altro si punta verso una detrazione di 10 mila euro all’anno per ogni figlio a carico fino al termine del corso di studi universitari. Quindi i nuclei familiari composti da almeno due figli non pagheranno le tasse, ma ancora non è chiaro come dovrebbe funzionare il meccanismo. Anche perché non si sa se la misura sarà per tutti oppure legata al valore dell‘ISEE 2023.

Secondo il Ministro Giorgetti:per incentivare la natalità la leva più forte non può che essere un’altra: proporre non semplici sgravi alle famiglie ma riduzioni del numero di tasse da pagare”. Quindi soldi risparmiati dalle famiglie che potranno così permettersi di accudire e gestire come meritano i propri figli.

L’assegno unico non sarà eliminato

Nel frattempo se per incentivare la natalità diventa necessario ridurre la tassazione per le famiglie con più figli a carico, ci si chiede che fine farà l’assegno unico. Ebbene ad oggi sembra che non sarà eliminato.  Si otterrebbe così una doppia incentivazione e contrasto alla denatalità: con l’assegno unico universale una misura diretta mensile di sostegno, mentre con la detrazione un taglio consistente della tassazione a favore delle nostre famiglie. Non resta che aspettare se la misura diventerà realtà o meno.

 

 

Deduzione contributi lavoratori domestici, innalzata la soglia

Nel Consiglio dei ministri in programma per il 1° maggio, festa dei lavoratori, il tema preponderante sarà il lavoro, infatti si discute proprio il decreto lavoro e sono numerose le novità in arrivo, tra queste la possibilità di portare in deduzione i contributi per i lavoratori domestici con una soglia molto più alta del passato, infatti la deduzione potrà raggiungere l’importo di 3.000 euro.

Decreto Lavoro, in arrivo un aumento delle deduzioni contributi lavoratori domestici

Le deduzioni possono essere definite delle voci negative nella dichiarazione dei redditi, le stesse infatti devono essere sottratte ai redditi, a differenza delle detrazioni che sono sottratte alle imposte, e quindi vanno a ridurre la base imponibile, determinando così una riduzione delle imposte da versare, inoltre possono determinare anche l’applicazione di un’aliquota più bassa. Nel decreto Lavoro a cui il Governo sta lavorando vi è l’innalzamento della soglia delle deduzioni contributi lavoratori domestici fino a 3.000 euro. Non è però questa l’unica novità che riguarderà colf, badanti e baby sitter, infatti viene introdotta anche per questi lavoratori la sorveglianza sanitaria.

Attualmente in base all’articolo 10 comma 2 del Tuir la soglia di deducibilità dei contributi per i lavoratori domestici è di 1.549,37 annui , in base invece ai nuovi programmi del Governo la stessa sarà portata fino a 3.000 euro. Questo determinerà una buona riduzione della base imponibile e quindi delle imposte da pagare. Tra le novità importanti vi è anche il fatto che sebbene siamo già al mese di maggio, le nuove norme troveranno applicazione già dal periodo di competenza 2023.

Tali nuove norme troveranno applicazione per tutti i lavoratori domestici, tra cui anche autisti, giardinieri, colf, badanti, baby sitter, persone che prestano assistenza alle persone anziane.

Come far valere le deduzioni lavoratori domestici

Dal punto di vista pratico non cambiano le regole applicabili. Per poter far valere la deduzione all’interno della dichiarazione dei redditi relativa al 2023, quindi presentata nel 2024, è necessario avere ricevute di pagamento complete della parte informativa sul rapporto di lavoro domestico intestati all’Inps ed eseguiti con c/c postale e/o MAV (pagamento mediante avviso).

Nella parte informativa sul rapporto di lavoro devono essere presenti le indicazioni inerenti le generalità del datore di lavoro e del lavoratore, ore trimestrali lavorate, retribuzione oraria erogata, importo complessivo pagato al lavoratore.

In base ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione 278 del 2019 la deduzione potrà essere fatta valere esclusivamente dal soggetto che dai dati prima visti risulti essere datore di lavoro, indipendentemente dal fatto che i versamenti possano essere effettuati da conto corrente intestato a terzi.

Sorveglianza sanitaria per i lavoratori domestici nel decreto Lavoro

In base all’articolo 33 dello schema di decreto su cui il Governo sta lavorando i lavoratori domestici possono chiedere di essere sottoposti a sorveglianza sanitaria dell’Inail. La richiesta di tale servizio non dovrebbe comportare ulteriori oneri per il datore di lavoro. Per conoscere le modalità operative della sorveglianza sanitaria sui lavoratori domestici sarà però necessario attendere il decreto attuativo del Ministero del lavoro.

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