Le spese sportive si possono portare in detrazione?

Le spese per lo sport possono essere portate in detrazione nel modello 730/2023? Se sì, a quali condizioni? Si apre la stagione dichiarativa e le domande dei contribuenti sono sempre numerose infatti l’interesse principale è ottenere un risparmio di imposta o un rimborso in caso di versamenti effettuati dal sostituto. Vediamo quindi in quali situazioni è possibile ottenere la detrazione per le spese sportive.

In quali casi le spese sportive si possono portare in detrazione?

La detrazione per le spese sportive, ad esempio corsi di nuoto, iscrizioni a palestre, è sottoposta a numerosi vincoli. In primo luogo per poter ottenere la detrazioni in oggetto le attività sportive devono essere praticate dai figli di età compresa tra i 5 e i 18 anni. Un ulteriore limite è dato dall’ammontare delle spese che è possibile portare in detrazione. La normativa infatti prevede che la detrazione Irpef per le spese sportive possa essere fatta valare per un ammontare massimo di 210 euro per ogni figlio a carico.

Il contribuente può quindi ottenere un risparmio di imposta pari al 19% della spesa sostenuta nei limiti di spesa ora visti. Si tratta di un risparmio di imposta massimo di 39,90 euro per ogni figlio.

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Come avvalersi della detrazione per le spese sportive dei figli a carico?

Dal punto di vista pratico la detrazione deve essere indicata all’interno del modello 730/2023 nella sezione I, quadro E, nei righi E8-E10 con il codice tributo 16. Le spese sostenute per i vari figli a carico non possono essere indicate in modo complessivo, ma per ogni figlio deve essere compilato un rigo.

Può richiedere la detrazione per le spese sportive il soggetto che ha effettivamente effettuato la spesa o meglio il soggetto a cui è intestata la fattura o la ricevuta. Per poter ottenere la detrazione il pagamento deve essere tracciabile, quindi non può essere eseguito in contanti.

All’interno dalla fattura, del bollettino di pagamento o della ricevuta devono essere indicati:

  • i dati della ditta con denominazione o ragione sociale e la sede legale, o, se persona fisica, il nome cognome e la residenza, codice fiscale del soggetto che ha reso la prestazione;
  • causale del pagamento;
  • attività sportiva esercitata;
  • importo pagato;
  • dati anagrafici di chi pratica l’attività sportiva e il codice fiscale di chi effettua il pagamento.

La documentazione deve essere conservata in modo da poter essere mostrata in caso si controlli da parte dell’Agenzia delle entrate.

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Superbonus e bonus edilizi, aggiornata la piattaforma per le cessioni

Superbonus e bonus edilizi è aggiornata la piattaforma per le cessioni dei crediti che derivanno a tutti i bonus edilizi, le ultime novità

Superbonus e bonus edilizi, cosa succede?

E’ stata aggiornata la “Piattaforma cessione crediti” accessibile dall’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate. Le modifiche rispondono all’allineamento con la nuova disciplina introdotta dal decreto Aiuti Quater (articolo 9, comma 4, del Dl n. 176/2022). Il decreto consenti di suddividere in 10 rate annuali i bonus edilizi residui derivanti dalle opzioni di cessione del credito o sconto sul corrispettivo.

Le  modalità sono definite dal provvedimento del direttore dell’Agenzia con la risoluzione n. 19 del 2 maggio 2023 in cui sono stati istituiti i codici tributo necessari per spendere in compensazione, tramite F24, le somme derivanti dalla nuove rate.

Come accedere alla piattaforma?

La piattaforma è utilizzata dai titolari dei crediti e dai fornitori che hanno applicato lo sconto o dai cessionari dei bonus, per trasmettere la comunicazione con cui dichiarano di aderire alla rateizzazione. I soggetti cessionari dei crediti d’imposta e delle detrazioni per interventi edilizi possono accedere tramite l’area autenticata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate alla “piattaforma cessione crediti”. Così si possono visualizzare i crediti ricevuti, accettarli o rifiutarli ed effettuare le altre operazioni consentite dalle disposizioni vigenti.

Inoltre per accedere alla piattaforma, dopo l’autenticazione seguire il percorso “Servizi – Agevolazioni” e quindi cliccare sul collegamento “Piattaforma Cessione Crediti”. Online sul sito dell’Agenzia delle entrate è possibile consultare il manuale per la corretta gestione della piattaforma. Infine il manuale che guida all’utilizzo del servizio precisa che la ripartizione può riguardare la quota residua delle rate dei crediti riferite agli anni

Quali credito sono oggetto della rateizzazione?

In particolare, la ripartizione può essere comunicata per la quota residua delle rate dei crediti riferite:

  • agli anni 2022 e seguenti, per i crediti derivanti dalle comunicazioni delle opzioni per la prima cessione o lo sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate fino al 31 ottobre 2022, relative al Superbonus (codici tributo 6921, 7701 e 7711);
  • agli anni 2023 e seguenti, per i crediti derivanti dalle comunicazioni inviate all’Agenzia delle entrate dal 1° novembre 2022 al 31 marzo 2023, relative al Superbonus (codici tributo 7708 e 7718). Nonché dalle comunicazioni inviate fino al 31 marzo 2023, relative al Sismabonus (codici tributo 6923, 7703 e 7713). Sono inclusi gli interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche (codici tributo 7707 e 7717).

Inoltre la quota residua di ciascuna rata annuale dei crediti d’imposta di cui trattasi, non utilizzata in compensazione tramite modello F24, anche acquisita a seguito di cessioni del credito successive alla prima opzione, può essere ripartita in dieci rate annuali di pari importo, decorrenti dall’anno successivo a quello di riferimento della rata originaria. Mentre la comunicazione può riferirsi anche solo a una parte della rata del credito al momento disponibile e con successive comunicazioni potranno essere rateizzati, anche in più soluzioni, la restante parte della rata e gli eventuali altri crediti nel frattempo acquisiti.

Superbonus e bonus edilizi, le nuove rate detraibili

Le “nuove” rate risultanti dalla ripartizione in dieci anni costituiscono dei crediti utilizzabili esclusivamente in compensazione tramite modello F24. Senza bisogno di accettazione o altre formalità, dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento e non possono essere cedute ad altri soggetti, né ulteriormente ripartite. La quota di ciascuna nuova rata non utilizzata nell’anno di riferimento non può essere fruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso.

Per comunicare la ripartizione dei crediti residui in dieci rate annuali è anzitutto necessario individuare la rata originaria da ripartire, attraverso il relativo anno di riferimento e/o il codice tributo, utilizzando la funzione di selezione presente nel manuale.

Addio al Superbollo, il Governo vuole eliminare la tassa sulle auto di grossa cilindrata

Questa potrebbe essere la novità più rilevante del prossimo anno ed è prevista all’interno della riforma fiscale a cui il Governo sta lavorando. I contribuenti potrebbero infatti dire presto addio al Superbollo, la sovrattassa che molti italiani pagano sulle auto particolarmente inquinanti.

Addio al Superbollo, lo prevede la riforma fiscale

Partiamo dal presupposto che molto presto le auto inquinanti dovrebbero essere soppiantate da modelli a impatto ambientale ridotto, infatti il motore elettrico dovrà sostituire il motore endotermico e di conseguenza questa novità potrebbe essere semplicemente un anticipo verso un qualcosa che dovrebbe avvenire in modo naturale.

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Ad oggi è previsto che sulle auto che hanno una cilindrata superiore a 185 kW sia applicata un’ulteriore imposta pari a 20 euro per ogni kW in più rispetto al limite di 185. Il Superbollo si paga in contemporanea rispetto al pagamento del bollo auto.

Ad annunciare l’idea di eliminare il Superbollo è stato il vice-ministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo. Il Superbollo è stato introdotto per la prima volta dal Governo Monti nel decreto Salva-Italia e non è mai stato molto apprezzato dagli italiani. Sembra quindi arrivato ora il momento di dirgli addio, sebbene dal 2024.

Le micro-imposte che il Governo vuole cancellare

Il Superbollo non è l’unica imposta ad essere finita nel mirino del nuovo Esecutivo, infatti l’obiettivo da realizzare con la riforma fiscale è quello di semplificare il sistema andando ad eliminare quelle che si definiscono micro-tasse e di cui molti non comprendono la reale ratio. Ad esempio dovrebbe scomparire la tassa sugli intrattenimenti che si applica ad ogni tipologia di spettacolo, ma anche a slot machine, biliardino e qualunque altra forma di intrattenimento.

Tra le micro-imposte destinate a sparire vi è anche la tassa sulla laurea che si paga al momento dell’immatricolazioni e dell’iscrizione ai vari anni universitari. Sia chiaro, non scompaiono le tasse universitarie, ma semplicemente una piccola quota.

Affitti fuori controllo, sopratutto nelle città universitarie

Gli affitti fuori controllo è un’altra delle emergenze con cui le famiglie e gli studenti devono confrontarsi. Ecco quali sono le città con gli affitti più cari.

Affitti fuori controllo, cosa sta succedendo?

Le case non si vendono anche a causa delle difficoltà per i compratori per accedere al mutuo. Senza considerare tutta la polemica sulla casa green e l’incertezza generale. Ma in questo momento chi possiede un immobile, da affittare a studenti universitari, sta un pò esagerando. Va bene che la cultura costa, ma pagare anche 600 euro per una stanza, certo non aiuta le famiglie italiane. Eppure sono molte che famiglie che fanno dei sacrifici esasperanti proprio per permettere al proprio figlio di studiare.

Milano, è la capitale mondiale della moda e del design, è la cttà più cara tra quelle universitarie. Ebbene affittare una stanza singola costa circa 628 euro al mese. I costi più alti sono nelle zone Quadronno e Guastalla, vicine alla Bocconi, che sfiorano i 25 euro al metro quadro. Una vera e propria follia, ma che rispecchia una triste realtà. C’è in atto una grande speculazione per le locazioni a studenti universitari, che forse andrebbe meglio regolamentata.

Affitti fuori controllo, le città più care

Secondo i dati forniti da un noto portale immobiliare, al secondo e terzo posto troviamo Bologna con 467 e Roma con 452 euro. A livello nazionale si attestano sopra i 400 euro mensili gli affitti per una stanza anche a Firenze, Venezia, Modena e Verona. A completare la top ten Padova, Brescia e Napoli, dove l’ultimo semestre ha fatto segnare un rialzo dell’11,9% e ha portato il prezzo di una stanza a 380 euro. Secondo l’indagine infatti i costi sono in aumento: da ottobre a marzo i costi sono saliti ancora rispetto al semestre precedente, in alcuni casi in maniera molto sensibile. Hanno subito anche significativi aumenti gli affitti a studenti nelle città di:Bari, Palermo, Ferrara, Perugia. Mentre una situazione si stabilità si registra a Trieste, Pisa e Siena. 

Perché si preferisce affittare a studenti?

Il contratto stipulato per locazioni a studenti può essere quello di affitto transitorio a canone concordato che permette quindi di accedere a delle agevolazioni fiscali e avvalersi della cedolare secca con aliquota al 10%. Inoltre gli studenti garantiscono la possibilità di liberare in un tempo relativamente breve l’appartamento in caso di necessità (per esigenze personali o se si decide di vendere). Mentre il tutto è più complicato quando si loca a famiglie.

Secondo la norma, dall’imposta lorda si può detrarre un importo pari al 19% dei canoni di locazione sostenuti da studenti universitari fuori sede derivanti da: contratti di locazione stipulati o rinnovati ai sensi della legge 431/98. In definitiva possiamo dire che affittare a studenti è più pratico ed economicamente più conveniente, ecco perché i prezzi sono aumentati soprattutto nelle città universitarie.

Le detrazioni per le spese edilizie si trasmettono agli eredi?

Le ristrutturazioni edilizie sono uno degli argomenti più spinosi degli ultimi tempi questo perché le norme sono cambiate di frequente negli ultimi anni e di conseguenza si è generata molta confusione che l’Agenzia delle entrate prova a dipanare con risposte alle istanze dei contribuenti.

Tra le domande poste vi è quella sulla trasmissibilità delle detrazioni per le spese edilizie agli eredi. Ecco cosa dice l’Agenzia delle entrate.

Dalla cessione del credito alle detrazioni fiscali: si possono ereditare?

Con il decreto 34 del 2020 si è provveduto a riscrivere le norme sulle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edili. In particolare per il Superbonus, il bonus barriere architettoniche e il bonus sisma si è prevista la possibilità di ottenere lo sconto in fattura o la cessione del credito. Si tratta di agevolazioni che permettono di ottenere subito quanto speso.

Dal mese di febbraio 2023 c’è stata un’inversione di tendenza notevole, infatti è stata eliminata la possibilità di ottenere la cessione del credito e lo sconto in fattura, resta invece la possibilità di ottenere le detrazioni fiscali e il contribuente può scegliere se spalmare le stesse fino a 10 anni.

Si possono ottenere le classiche detrazioni fiscali anche su crediti incagliati.

Se per la cessione del credito e sconto in fattura non si creavano problemi inerenti gli eredi perché il credito di imposta veniva liquidato immediatamente attraverso la cessione al fornitore o a terzi soggetti, non è così per le detrazioni. Può capitare che dopo aver riscosso alcune rate, o nessuna, il titolare venga meno. Cosa succede in questi casi? Le detrazioni si perdono? Questa la domanda che un contribuente ha posto all’Agenzia delle entrate che ha così risposto.

Le detrazioni per le spese edilizie si trasmettono agli eredi in caso di morte del beneficiario?

La domanda specifica posta è stata: “Una persona deceduta lo scorso anno stava usufruendo delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie, avendo realizzato interventi su un’abitazione non di proprietà ma in affitto, con regolare contratto di locazione registrato. Le rate restanti di detrazione non ancora richieste si trasferiscono al convivente?”
In questo specifico caso la risposta dell’Agenzia delle entrate è stata positiva, ma al presentarsi di determinate condizioni. Infatti, l’AdE richiede che il convivente possa usufruire delle detrazioni fiscali solo nel caso in cui oltre ad avere la qualità di “convivente” sia anche erede della persona deceduta e che subentri nel contratto di locazione.

Precisa l’Agenzia che non spettano le rate residue della detrazione nel caso in cui il soggetto subentrante nel contratto di locazione non sia un erede. Ad esempio, non spetta nel caso di convivente di fatto non nominato erede dal de cuius oppure nel caso di coniuge che non abba accettato l’eredità.

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Mutui troppo costosi, alcuni consigli per sfruttare i bonus sull’acquisto

Mutui troppo costosi e sempre più difficile accedervi. Ma chi può ottenerlo non deve perdere l’occasione di sfruttare i bonus messi a disposizione sull’acquisto.

Mutui troppo costosi, l’Europa rende il denaro sempre più caro

È stato deciso dalla Bce un innalzamento dei tassi di 25 punti base. Questo porta inevitabilmente a pagare di più il denaro stesso in caso di prestito. Con un immediato calo delle richieste dei mutui, che è lo strumento più usato per chi vuole comprare un immobile. E’ ben chiaro a tutti che l’era dei prestiti a tasso zero nell’area euro è finita da un pezzo.

Ciò che ci si aspetta è che almeno si possa tornare ad un situazione precedente al Covid e alla crisi economica mondiale. Periodi in cui per accedere al mutuo, al massimo i tassi di interesse dalla Banca centrale europea non superavano il 2%. E’ la previsione del capo economista della Bce, Philippe Lane, durante un dibattito al forum sulla New Economy a Berlino. Secondo Lane questa aspettativa è diffusa tra economisti e operatori. Ma nel frattempo le famiglie vogliono comprare casa e continua a chiedere la possibilità di accedere al mutuo. Ma nel frattempo Christine Lagarde ha confermato come i rialzi proseguiranno,

Mutui troppo costosi, agevolati under 36

Il mercato immobiliare risente delle decisioni prese dall’Unione Europea in tema di mutui. Ma esistono delle agevolazioni che permetto di risparmiare qualcosa E’ il caso de: bonus under 36, acquisto prima casa o acquisto casa green.

I requisiti principali del Bonus prima casa under 36 sono due: chi richiede il mutuo non deve aver compiuto 36 anni nell’anno in cui avviene il rogito e l’ISEE può indicare un valore fino a 40.000 euro annui. Si può quindi ottenere una copertura finanziaria pari all’80% del capitale ottenuto. Esistono però altri paletti da considerare oltre all’età. Si possono acquistare immobili dal valore non superiore ai 250mila euro e in nessun caso potranno essere abitazioni di lusso.

Le classi catastali di riferimento sono:

  • A/1 (Abitazioni di tipo signorile)
  • A/8 (Abitazioni in ville)
  • A/9 (Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici).

Naturalmente, l’immobile in questione oggetto dell’acquisto deve essere ubicato nel Comune in cui l’acquirente risiede o che sposta la propria residenza entro diciotto mesi dall’acquisto.

Bonus casa green e prima casa

Un emendamento del Governo rivolto all’acquisto di nuovi immobili che sono costruiti in classe A e B. In tali classi energetiche rientrano gli immobili dotati di cappotto termico e fonti energetiche rinnovabili o quelli dotati di pannelli isolanti. Ebbene se la modifica venisse accettata, è previsto uno sconto del 50% dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto da portare in detrazione ai fini Irpef in 10 anni. L’acquisto deve essere svolto entro il 31 dicembre 2023.

Ancora in vigore per il 2023 il bonus per l’acquisto prima casa.  È così possibile ottenere l’Iva al 4%, l’imposta di registro al 2% e imposta ipotecaria e catastale fissa a 50 euro l’una. A ciò si aggiunge il credito d’imposta garantito per chi vende la prima casa e ne acquista un’altra entro 12 mesi. Possono accedervi tutti coloro che non sono proprietari di un’abitazione in Italia. Si richiede inoltre la residenza nel Comune d’acquisto o la promessa di trasferimento entro 18 mesi dall’atto.

Chi non deve presentare la dichiarazione con modello 730/2023?

Il modello 730/2023 è il più utilizzato per la presentazione della dichiarazione dei redditi, vi sono però dei contribuenti che non devono presentarlo, ecco chi sono.

Chi non può utilizzare il modello 730/2023?

Non possono utilizzare il modello 730/2023 i contribuenti:

  • che realizzano reddito di impresa anche in forma di partecipazione;
  • realizzano redditi “diversi” (ad esempio derivanti da locazione di impresa);
  • devono presentare una delle seguenti dichiarazioni: Iva, Irap, modelli 770 ordinario e semplificato;
  • soggetti non residenti in Italia nel periodo di imposta a cui si riferisce la dichiarazione da presentare;
  • nel caso in cui debba essere presentata la dichiarazione per conto di un deceduto;
  • nel periodo d’imposta di presentazione del modello, percepiscono redditi di lavoro dipendente erogati esclusivamente da datori di lavoro non obbligati a effettuare le ritenute d’acconto.

Chi è esonerato dalla presentazione della dichiarazione dei redditi?

Nei casi che abbiamo elencato è necessario presentare la dichiarazione dei redditi utilizzando il modello Redditi PF ( tranne nel caso in cui nell’anno di riferimento non si fosse residenti in Italia.

Vi sono però degli ulteriori casi in cui si è esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. Si tratta di:

  • soggetti che nell’anno di imposta di riferimento hanno prodotto solo redditi da abitazione principale o altri fabbricati non locati (quelli esenti imu);
  • soggetti che hanno maturato solo redditi da lavoro dipendente o da pensione il cui datore di lavoro ha versato le imposte (in questo caso può però essere consigliato presentare la dichiarazione per far valere deduzioni e detrazioni e di conseguenza ottenere anche dei rimborsi). È possibile non presentare la dichiarazione solo nel caso in cui nell’anno di imposta vi sia un solo sostituto di imposta, ad esempio nel caso in cui nel corso dell’anno il contribuente abbia cambiato lavoro e quindi maturato redditi da due aziende sarà tenuto a presentare la dichiarazione. Inoltre, la dichiarazione deve essere presentata anche nel caso in cui il sostituto di imposta non abbia applicato le addizionali regionali e comunali, oppure le caso in cui le imposte siano state trattenute in misura inferiore al dovuto.

In genere è tenuto alla presentazione della dichiarazione ogni soggetto che ha ricevuto due CU, ad esempio anche nel caso in cui per una parte dell’anno il lavoratore ha percepito reddito da lavoro dipendente e per l’altra parte ha percepito indennità di disoccupazione (Naspi).

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Spese condominiali, possono essere portate in detrazione?

Le spese condominiali sono dei costi che le famiglie devono sopportare quando vivono all’interno di un condominio. Ma possono essere scaricate?

Spese condominiali, in cosa consistono?

Sono molte le persone che vivono in appartamento, ma sognano una casa indipendente. Ma sono molti di più quelli che vivono in un appartamento e che quindi devono sopportare dei costi aggiuntivi per vivere in condominio. Ma partiamo subito con una bella notizia. Alcune di queste spese possono essere portate in detrazione sul modello 730.

Per le spese condominiali è possibile portare in detrazione circa il 50% dei costi sostenuti. La soglia massima è fissata a 60 mila euro l’anno. Ma alcune di queste detrazioni derivano da bonus temporanei, come ad esempio il superbonus. Questo permette di accedere alla misura fino a 96.000 euro complessivi. Altri, invece, hanno dei tetti più bassi, come il bonus verde che si ferma al 36%, per un valore complessivo pari a 5.000 euro. Per questo motivo ogni anno le detrazioni hanno una valenza diverse sulla dichiarazione dei redditi.

Spese condominiali, quali spese possono essere scaricate?

Le spese condominiali sono quelle che devono essere versate per le parti in comune. Come abbiamo già detto, le detrazioni fiscali scaricabili sono quelle che riguardano le seguenti misure:

  • superbonus;
  • bonus facciate, per il rifacimento dell’esterno;
  • bonus verde per le terrazze, giardini e cortili;
  • ecobonus;
  • bonus sicurezza per mettere a norma gli impianti di videosorveglianza, o la sostituzione dell’ascensore;
  • sismabonus per tutte le norme sull’adeguamento antisismico.

Tuttavia le agevolazioni fiscali spettano in proporzione alle rispettive quote di proprietà, indicate dalle tabelle millesimali o secondo il riparto delle spese condominiali, che deve essere effettuato rispettando i criteri riportati all’interno degli articoli 1123 e seguenti del Codice Civile. “Qualora un edificio abbia piu’ scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità“.

Ma come si scaricano questi costi?

L’amministratore di condominio ha un ruolo importante per scaricare i costi. L’agevolazione è riconosciuta per il periodo d’imposta nel quale l’amministratore di condominio ha effettuato il bonifico all’impresa che ha svolto i lavori nelle parti comuni. Quindi l’elemento fondamentale è la data in cui è stato eseguito il pagamento da parte dell’amministratore.

Inoltre trattandosi di lavori straordinari, l’amministratore deve rilasciare una certificazione dalla quale dovrà risultare l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento per gli interventi che sono ammessi in detrazione. Nella certificazione dovrà anche essere inserita la quota parte millesimale di ogni proprietario.

 

 

 

Alternanza scuola lavoro, con il decreto Lavoro arriva la riforma

Dopo gli incidenti che hanno caratterizzato l’anno scorso e che hanno coinvolto numerosi studenti impegnati nell’alternanza scuola lavoro, arriva la riforma inserita all’interno del decreto Lavoro varato il 1° maggio. Ecco cosa cambierà nei prossimi mesi.

Alternanza scuola-lavoro: arriva la riforma

La sicurezza dei percorsi di formazione e avviamento all’impiego previsti nell’alternanza scuola-lavoro è un elemento importante e troppe volte messo a rischio, nonostante vi siano norme che dovrebbero tutelare gli studenti. Proprio in seguito alla morte e in alcuni casi meno gravi, infortuni si è sentita l’esigenza di provvedere a una riforma dell’istituto.

Il ministro dell’Istruzione, Valditara, ha spiegato la riforma mira rafforzamento delle esperienze “on the job” ed è frutto dell’ascolto dei soggetti coinvolti e in particolare sindacati, stakeholder, imprese e vari componenti del mondo della scuola. Il nuovo protocollo di sicurezza entrerà in vigore nel prossimo anno scolastico 2023-2024.

Nuovi obblighi per le imprese impegnate nell’alternanza scuola-lavoro

La prima cosa da sottolineare è che le imprese che vogliono ospitare i ragazzi dell’alternanza scuola lavoro, compresi quelli impegnati nei PCTO (Percorsi trasversali per l’orientamento) dovranno redigere un nuovo documento di valutazione dei rischi con indicazione dei dispositivi di sicurezza da utilizzare.

Il documento deve essere pertinente con i reali rischi caratteristici di una determinata tipologia di mansioni in un determinato ambito lavorativo. Nel nuovo documento vi dovrà essere una sezione specifica per la prevenzione ed i dispositivi di protezione dedicati agli studenti. Tale sezione dovrà essere integrata alla Convenzione stipulata tra scuola e impresa. Con il decreto adottato il 1° maggio si rafforza il Registro per l’alternanza scuola-lavoro presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con l’inserimento di ulteriori requisiti che devono possedere le imprese ospitanti.

Gli obblighi delle scuole

La sicurezza sul lavoro dovrà inoltre essere trattata anche nell’ambito delle lezioni di educazione civica.

L’esperienza lavorativa dovrà essere inerente al percorso di studi, proprio per questo il piano di formazione e il PCTO devono essere compatibili/coerenti. Ci sarà inoltre il monitoraggio delle attività di Pcto e dovrà essere emanato un decreto ministeriale con le linee guida per il Pcto.

Anche se è triste pensare che vi debba essere una previsione simile, è stato istituito un fondo con 10 milioni di euro per il 202e e 3 milioni di euro per il 2024 da utilizzare per l’indennizzo delle famiglie degli studenti vittime di incidenti durante l’attività di alternanza scuola-lavoro.

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Accedere alla cedolare secca, cosa cambia per l’inquilino?

Accedere alla cedolare secca è possibile anche quando si ha un contratto di locazione a canone libero regolarmente registrato, ecco come fare.

Accedere alla cedolare secca, cosa cambia?

L’inquilino è la parte del contratto di locazione che ha l’obbligo di pagare mensilmente il canone di locazione. Mentre il proprietario è colui che mette a disposizione dell’inquilino un immobile per farglielo godere. Tuttavia è possibile che le parti firmino un contratto a canone libero e poi, per motivi fiscali, il proprietario decida di accedere al regime agevolato della cedolare secca. 

Quest’ultima è un regime facoltativo che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali. Per i contratti sotto cedolare secca non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo dovute per le registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. Tuttavia la cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratti di locazione.

Accedere alla cedolare secca, occorre inviare una raccomandata all’inquilino

La famiglia P. ha un contratto di locazione a canone libero per un appartamento sito in San Gregorio di Catania. Il contratto è stato sottoscritto nel 2021, regolarmente registrato presso l’Agenzia delle entrate ed ha un durata di quattro anni con possibilità di rinnovo per altri quattro. La famiglia P ha appena ricevuto dal proprietario della casa una raccomandata in cui gli viene indicato che il proprietario ha aderito al regime agevolato della cedolare secca. Ma il contratto non sarà chiuso, quindi potranno continuare ad abitare in quell’immobile.  Ci chiede quindi, cosa cambia per questa famiglia?

Beh è importante tranquillizzare subito la famiglia, perché non accadrà nulla di negativo, anzi. La famiglia potrà continuare ad abitare in quella casa, pagando lo stesso canone di locazione, almeno fino alla naturale scadenza contrattuale. Poi se entro sei mesi dalla data di scadenza del contratto, la famiglia non riceverà alcun avviso di mancato rinnovo può abitare in quell’immobile per i successivi altri 4 anni, dietro il pagamento del contratto canone di locazione.

Quali sono i vantaggi per l’inquilino?

Se il proprietario ha fatto questa scelta è perché la ritiene vantaggiosa. Ma ci sono anche dei vantaggi per l’inquilino. Infatti quest’ultimo avrà la certezza di non avere aumenti sul canone mensile, nemmeno l’aggiornamento Istat. Inoltre il proprietario è tenuto ad avvisarlo con lettera raccomandata, della sua intenzione di applicare alla locazione il regime di cedolare secca. Inoltre con l’accesso alla cedolare secca, si risparmiano le spese relative al:

  • rinnovo annuale pari al 2% del canone annuo;
  • le spese di registrazione e chiusura del contratto.

Sarà solo il proprietario a dover pagare le tasse sul contratto di locazione, secondo questi codici tributo:

  • 1840 per la cedolare secca locazioni, acconto della prima rata;
  • 1841 per la seconda rata;
  • 1842 per il saldo.

È possibile effettuare il pagamento in un’unica soluzione se l‘importo non supera i 257,52 euro, altrimenti il pagamento si può rateizzare.