Irpef, confermate le 3 aliquote e il taglio del cuneo fiscale

Prime indiscrezioni sul documento di programmazione economico-finanziaria, confermate le 3 aliquote Irpef e il taglio del cuneo fiscale.

Taglio Irpef confermato per il 2025, prime indiscrezioni sul Def

Il ministro Giorgetti ha reso note le prime indiscrezioni sul documento di programmazione economico-finanziaria per il 2025. Tante le conferme che aiutano lavoratori e pensionati ad avere una busta paga più corposa. Il taglio delle aliquote Irpef da 4 a 3, come risaputo, non è strutturale, ma vige solo per l’anno di imposta 2024. Tra i propositi del Governo vi è l’obiettivo di arrivare gradualmente all’imposta proporzionale, riducendo le aliquote prima a 2 e, infine, a 1. Per ora tutto fermo e mentre c’è chi auspica di tornare a 4 aliquote, il Ministro dell’Economia dichiara che anche per il 2025 si punta a confermare le 3 attuali aliquote.

Taglio del cuneo fiscale confermato anche per il 2025 nel documento di programmazione economico-finanziaria

In base alle regole previste dall’Unione europea, il Def deve essere pronto entro il 20 settembre, ma il Ministro ha chiarito che dovrebbe essere pronto in anticipo. Poche le novità che dovrebbero essere introdotte visto che i conti non sono brillanti. Le prime dichiarazioni anticipano che oltre a confermare le 3 aliquote Irpef, si punta manche a conservare il taglio del cuneo fiscale.

Queste due misure per il 2024 hanno un costo di 14 miliardi di euro, lo stesso previsto per il 2025. Conferma il ministro Giorgetti che per il taglio dell’Irpef sono già disponibili fondi, derivanti dall’ eliminazione dell’Ace (aiuto alla crescita economica) e dalla global minimum tax.

È presente un differenziale che secondo il Ministro potrà essere colmato con le maggiori entrate previste con il concordato preventivo biennale. Quando sarà certa la maggiore entrata derivante dal concordato sarà possibile ricominciare a parlare anche di un ulteriore appiattimento dell’Irpef.

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Confermato anche il taglio del cuneo fiscale, attualmente l’esonero contributivo applicato alla quota di contributi a carico dei lavoratori è del 7% per redditi fino a 25.000 euro e 6% per redditi fino a 35.000?euro. Il taglio del cuneo corrisponde a circa 100 euro in più in busta paga. Il taglio dell’Irpef ha invece consentito un risparmio annuo massimo di 260 euro.

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Infissi, se cambio solo i vetri posso avere le detrazioni?

Rinnovare casa migliorando le prestazioni energetiche è sicuramente l’ obiettivo di molti e tanti sono i dubbi che caratterizzano i contribuenti. Tra i quesiti posti all’Agenzia delle Entrate uno desta interesse e risolve il dubbio sulla possibilità di avvalersi della detrazione fiscale anche sostituendo solo i vetri degli infissi.

Detrazioni fiscali per sostituzione vetri degli infissi

Un contribuente chiede all’Agenzia “Se cambio solo i vetri degli infissi della mia abitazione posso usufruire della detrazione del 50%? Ci sono condizioni particolari per avere l’agevolazione?” I motivi per cui un contribuente può scegliere di sostituire solo i vetri possono essere numerosi, ad esempio si può trattare di una struttura nuova e si vogliono solo migliorare le prestazioni energetiche.

In altri casi è possibile che il contribuente desideri solo migliorare l’isolamento acustico dell’ immobile. In ogni caso, qualunque sia la motivazione, è importante capire se si possono ottenere le detrazioni fiscali. L’Agenzia delle Entrate sottolinea che anche in questo caso è possibile ottenere le detrazioni fino al 50% su una spesa massima di 96.000 euro.

In particolare sottolinea l’ Agenzia nella risposta sul sito FiscoOggi,” L’articolo 16-bis del Tuir – lettera g) del comma 1 – comprende, tra gli interventi detraibili effettuati sia sulle singole unità immobiliari sia sulle parti comuni, quelli finalizzati al contenimento dell’inquinamento acustico.” Inoltre tali interventi possono essere portati in detrazione anche se non sono collegati ad altri lavori edilizi.

Al fine di ottenere le detrazioni è però necessario avere idonea documentazione sulle prestazioni degli infissi. Dalla documentazione deve emergere l’abbattimento delle fonti sonore interne o esterne all’abitazione, nei limiti fissati dalla normativa (legge quadro sull’inquinamento acustico – legge n. 447/1995).

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Bonus mobili, si può portare in detrazione lo scontrino di acquisto?

Il bonus mobili 2024 è una detrazione Irpef per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobile in ristrutturazione.

Bonus mobili 2024, come funziona

Il bonus mobili è una delle agevolazioni che piace di più. Secondo quanto specifica la stessa Agenzia delle entrate è una detrazione Irpef per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione si calcola su un importo massimo di 8.000 euro per l’anno 2023 e di 5.000 euro per il 2024. Comprensivo delle eventuali spese di trasporto e montaggio, e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo.

Può beneficiare della detrazione chi acquista entro il 31 dicembre 2024 mobili ed elettrodomestici nuovi (di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori e ha realizzato interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni.

Lo scontrino si può portare in detrazione?

Per usufruire del bonus mobili 2024 il pagamento va effettuato con bonifico o carta di debito o credito. Mentre non è consentito, invece, pagare con assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento, al d fuori di quelli indicati. Uno dei quesiti più frequenti in merito all’ottenimento della detrazione è il seguente:

Posso richiedere il bonus mobili se ho come documento di spesa solo uno scontrino fiscale e non la fattura di acquisto dei mobili?

L’Agenzia delle entrare ha così risposto alla domanda. Nei casi in cui la normativa fiscale prevede la possibilità di usufruire del bonus mobili ed elettrodomestici (articolo 16, comma 2, del decreto legge n. 63/2013), per poter richiedere la detrazione occorre conservare i documenti che attestano il pagamento dei beni (ricevute dei bonifici, ricevute di avvenuta transazione per i pagamenti mediante carte di credito o di debito, documentazione di addebito sul conto corrente) e le fatture di acquisto che specificano natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi acquisiti.

Ai fini della detrazione lo scontrino è equivalente alla fattura solo se riporta il codice fiscale dell’acquirente. Deve anche contenere l’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni acquistati. Se lo scontrino non indica il codice fiscale dell’acquirente, la detrazione può essere consentita solo se, oltre a riportare natura, qualità e quantità dei beni acquistati, è riconducibile al contribuente titolare della carta di debito (o della carta di credito), in base alla corrispondenza con i dati del pagamento (esercente, importo, data e ora).

Scadenze di aprile 2024, quello da non dimenticare

Scadenze di aprile 2024 ecco tutto quello da non dimenticare per far fronte agli impegni con il fisco, un breve riassunto.

Scadenze di aprile 2024, iniziamo dal due aprile

Il primo aprile quest’anno ricorre la Pasquetta, o lunedì dell’Angelo che permette di prendere un giorno di riposo da lavoro e scadenze. Ma subito dopo si ricomincia con gli appuntamenti del Fisco. Infatti, martedì due aprile è tempo d versamento della quinta rata del ravvedimento operoso speciale. Nello stesso giorno si dovranno versare le imposte di registro sulle locazioni registrati nel mese precedente. E anche la liquidazione e versamento dell’Iva relativa agli acquisti intracomunitari registrati nel mese precedente.

Sempre entro il 2 aprile va effettuato il versamento della seconda e ultima rata della regolarizzazione degli errori formali. Infine sempre per la stessa data è fissata il termine ultimo per presentare la comunicazione relativa all’accesso al credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali. Investimenti effettuati o da effettuare nel 2024. Un credito d’imposta, pari al 75% del valore incrementale degli investimenti realizzati, concesso a condizione che l’ammontare complessivo degli stessi superi almeno dell’1% l’importo degli analoghi investimenti effettuati nell’anno precedente.

Le scadenze previste per la metà del mese

Si riparte il 10 aprile con la comunicazione dei corrispettivi relativi alle operazioni in contanti legate al turismo effettuate nell’anno 2022 nei confronti delle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei Paesi dell’Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo, che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato, di importo pari o superiore a euro 1.000.

Per il 15 aprile c’è l’emissione e registrazione delle fatture differite relative a beni consegnati o spediti nel mese solare precedente e risultanti da documento di trasporto o da altro documento idoneo ad identificare i soggetti tra i quali effettuata l’operazione nonché fatture riferite alle prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione effettuate nel mese solare precedente. Inoltre per il 16 aprile sono previsti ben 44 versamenti tra ritenute ed imposte.

Scadenze di aprile 2024, la conclusione del mese

Il 25 aprile, scadenza per l’invio dei modelli Intrastat riguardanti elenchi riepilogativi per cessioni e acquisti intracomunitari di beni e per prestazioni di servizi rese/ricevute a/da soggetti passivi Ue. Mentre per il 30 aprile è prevista la trasmissione telematica della dichiarazione trimestrale IVA riepilogativa delle operazioni effettuate nel trimestre precedente e contestuale versamento dell’Iva dovuta in base alla stessa. L’obbligo di comunicazione sussiste anche in caso di mancanza di operazioni nel trimestre.

Sempre per l’ultimo giorno del mese è resa disponibile sul portale dedicato dell’Agenzia delle Entrate la dichiarazione dichiarazione dei redditi precompilata 2024 relativa all’anno di imposta 2023. Quest’anno arriva anche la novità della Dichiarazione precompilata per i soggetti possessori di partita Iva.

Bonus mobili con lo scontrino fiscale? Ecco in quali casi.

Tra i bonus maggiormente apprezzati dai contribuenti vi è il bonus mobili. La detrazione è riconosciuta a fronte dell’acquisto di mobili però a condizione che il contribuente abbia effettuato anche una ristrutturazione edile. Naturalmente quando si tratta di bonus i contribuenti hanno spesso dubbi e in questo caso il dubbio riguarda la possibilità di ottenere il bonus mobili con lo scontrino fiscale. Ecco quali sono le linee dell’Agenzia delle Entrate.

Bonus mobili con scontrino fiscale, è possibile?

Con il tempo la disciplina è cambiata e in particolare sono stati ridotti gli importi. Ricordiamo che nel 2023 era possibile ottenere il 50% su una spesa massima di 8.000 euro, il bonus mobili del 2023 potrà essere portato in detrazione con la dichiarazione del 2024. Per l’anno di imposta 2024 invece il bonus mobili scende a 5.000 euro, resta la percentuale di detrazione al 50%. Sappiamo che per poter ottenere le detrazioni fiscali è necessario che i pagamenti siano tracciabili, un contribuente ha però chiesto all’Agenzia delle Entrate se è possibile avvalersi delle detrazioni per il bonus mobili anche nel caso in cui si sia in possesso dello scontrino fiscale.

Ecco cosa dice l’Agenzia delle Entrate in merito.

I requisiti dello scontrino fiscale per avere il bonus mobili

La risposta è affermativa, di conseguenza è possibile ottenere la detrazione bonus mobili anche nel caso in cui si sia in possesso dello scontrino fiscale e non della fattura di acquisto. Vi sono però delle precisazioni da fare.

Nel caso in cui il pagamento sia avvenuto in contanti è necessario che dallo scontrino emergano i seguenti dati:

  • codice fiscale dell’acquirente;
  • importo pagato;
  • indicazione della natura, qualità e quantità dei beni acquistati.

Nel caso in cui non sia presente il codice fiscale del soggetto che ha effettuato il pagamento, la prestazione deve comunque essere tracciabile e di conseguenza, oltre all’indicazione del prezzo pagato della natura, qualità e quantità di beni acquistati, deve essere rilevato il pagamento con carta di debito o con carta di credito. In questo modo è possibile risalire al titolare della stessa e quindi identificare in modo corretto il soggetto che ha effettuato il pagamento.

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Rottamazione quater, ancora pochi giorni per evitare la decadenza

Mancano pochi giorni per recuperare il pagamento delle tre rate della rottamazione quater ed evitare la decadenza. Ecco come fare per non perdere i benefici della pace fiscale.

Rottamazione quater, pagare le prime 3 rate entro il 15 marzo

La rottamazione quater è la misura di pace fiscale adottata con la legge di Bilancio per il 2023. Terminata la prima fase di adesione si è passati al pagamento delle rate. La rottamazione quater ha consentito di rateizzare tutti i carichi affidati all’Agente della riscossione nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022.

Il piano dei pagamenti prevedeva il versamento della prima rata entro il 31 ottobre, 2023, la seconda rata entro il 30 novembre. Le successive rate dovevano avere cadenze trimestrali e di conseguenza la terza rata era in scadenza il 28 febbraio 2024.

Per ogni pagamento vi è una tolleranza di 5 giorni. Nel momento in cui vi era la scadenza delle prime due rate si sono però verificate delle difficoltà con l’uso della piattaforma, proprio per questo a novembre è stata concessa la possibilità di recuperare anche la prima rata e ora viene riconosciuta la possibilità di recuperare il pagamento della prima e della seconda rata, senza quindi decadenza. Il termine entro il quale devono essere pagate le prime 3 rate  è il 15 marzo 2024. Anche per questo pagamento è possibile usufruire della ulteriore soglia di tolleranza di 5 giorni.

La possibilità di rientrare nei pagamenti è prevista dal decreto Milleproroghe ed è stata inserita al momento della conversione in legge dello stesso.

Come effettuare i pagamenti delle prime tre rate ed evitare la decadenza

I pagamenti possono avvenire tramite banca, anche attraverso i servizi online messi a disposizione. Inoltre è possibile effettuare i versamenti attraverso le sedi territoriali dell’Agenzia delle Entrate. Infine, è possibile utilizzare il servizio “Paga on-line”, la piattaforma PagoPA, canali telematici bancari e postali, il servizio di domiciliazione bancaria.

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Rottamazione quater, chi decade può chiedere la rateizzazione?

Decreto fiscale con maxi rateizzazione e compensazione

Nuovo decreto fiscale in arrivo, tante le novità attese, come la rateizzazione dei debiti fiscali fino a 10 anni. La compensazione automatica dei crediti fino a 500 euro e velocizzazione degli adempimenti.

Rateizzazione fino a 120 rate per il debito fiscale, ecco come funzionerà

Il Fisco vuole essere sempre più vicino ai contribuenti cercando di agevolare i pagamenti in modo da favorire gli adempimenti spontanei. Proprio per questo motivo nello schema di decreto legislativo presentato, rientrante nella riforma fiscale, entra la rateizzazione fino a 120 rate dei debiti verso l’Erario. Attualmente il numero massimo di rate che si può ottenere è 72. In base a quanto si apprende per ottenere questa maxi rateazione è necessario dimostrare oggettive difficoltà nel pagamento. Il processo di estensione delle rate non sarà immediato, ma graduale. Rientra fra l’altro negli obiettivi fissati dall’articolo 18 della legge delega 111 del 2023.

La suddivisione degli importi in 120 rate, corrispondenti a 10 anni, sarà attutata entro il 2031. In base a quanto anticipato dal vice-ministro Maurizio Leo, per coloro che documentano la situazione di difficoltà economica in cui si trovano l’aumento della rateizzazione è immediata, mentre per coloro che richiamano tale difficoltà ma non offrono prove oggettive, la rateizzazione sarà aumentata nel corso di un biennio e comunque fino a un numero massimo di 108 rate mensili, quindi non 120.

Come già sottolineatto l’ampliamento dei termini di rateizzazione sarà applicato nel tempo, di conseguenza:

  • per le richieste presentate nel 2025 e 2026 si può ottenere un dilazionamento in 84 rate mensili;
  • per le richieste presentate nel 2027 e 2028 si ha un dilazionamentto fino a 96 rate mensili;
  • infine, per le richieste presentate nel 2029, 108 rate mensili.

Chi invece documenta lo stato di difficoltà può ottenere il dilazionamento fino a 10 anni indipendentemente dalla data di presentazione dell’istanza. In base alle dichiarazioni del vice-ministro Maurizio Leo per documentare lo stato di difficoltà si fa riferimento ” all’indice di liquidità e al rapporto tra debito da rateizzare e di quello residuo eventualmente già in rateizzazione e il valore della produzione”.

Altre novità nel decreto fiscale

Questa non è l’unica novità presente nella bozza del nuovo decreto legislativo. Le prime indiscrezioni trapelate confermano la possibilità di una compensazione automatica per importi fino a 500 euro.

Infine, tra le prime ipotesi vi è anche una velocizzazione dei controlli dell’Agenzia delle Entrate in 9 mesi.

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Isee corrente, può essere utile per accedere a nuovi bonus

L’Isee corrente è un documento che permette di modificare le regole dell’Isee ordinario, ecco quando è opportuno farlo e perché.

Isee corrente, cos’è e quando va richiesto

Dal valore ISEE del nucleo familiare dipendono diversi bonus ed agevolazioni. Di solito prende in esame i valori dei due anni precedente. Ad esempio l’ISEE 2024 considera i valori e i redditi dell’anno 2022. Tuttavia può essere che nell’arco dei due anni ci siano stati dei cambiamenti. Come fare a questo proposito? Un valido aiuto arriva dall’Isee corrente. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali specifica che l’ISEE corrente aggiorna il valore dell’Indicatore ISEE prendendo a riferimento i redditi e /o i patrimoni relativi ad un periodo di tempo più ravvicinato. 

La variazione di solito si richiede quando si ha un valore minore di quello ordinario e quindi c’è la possibilità di avere accesso ad agevolazioni per la famiglia che altrimenti non sarebbero corrisposte. Ma vediamo alcuni casi in cui è necessario presentare un ISEE diverso a quello ordinario.

Isee corrente, cosa è necessario?

Per poter richiederlo è necessario il possessodi un ISEEin corso di validità, ma che si siano verificati dei cambiamenti importanti. Tra questi rientrano:

  1. una variazione della situazione lavorativa ovvero un’interruzione dei trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari non rientranti nel reddito complessivo per uno o più componenti del nucleo familiare.
  2. una variazione della situazione reddituale complessiva del nucleo superiore al 25% rispetto alla situazione reddituale individuata nell’ISEE calcolato ordinariamente
  3. o una variazione della situazione patrimoniale complessiva del nucleo superiore al 20% rispetto alla situazione patrimoniale individuata nell’ISEE calcolato ordinariamente. Tale variazione può essere fatta valere a decorrere dal 1° aprile di ciascun anno.  

Del resto sono questi gli elementi che permettono di avere una diversa formazione e composizione dell’indicatore della situazione economica di una famiglia.

Alcune precisazioni sulla validità e sulla richiesta

Nel caso in cui siano aggiornati solo i redditi, il nuovo ISEE ha validità di sei mesi dal momento della presentazione della DSU a meno di variazioni nella situazione occupazionale o nella fruizione dei trattamenti, Mentre nell’ipotesi in cui siano aggiornati solo i patrimoni ovvero i patrimoni e redditi il documento ha validità fino al 31 dicembre dell’anno di presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica.

Se durante il periodo di validità dell’ISEE corrente, nel quale sia stata aggiornata anche o solo la componente reddituale, intervengano variazioni nella situazione occupazionale o nella fruizione dei trattamenti, l’ISEE corrente deve essere aggiornato entro due mesi dalla variazione. Infine nel caso di mancato rinnovo dell’ISEE corrente, sarà considerato l’ISEE ordinario.

Dichiarazione dei redditi semplificata con un semplice questionario

La dichiarazione dei redditi è un impegno annuale che coinvolge quasi tutti i contribuenti e nel tempo sono state adottate misure volte a semplificare questo adempimento cercando anche di stimolare il contribuente a dichiarare in redditi autonomamente quindi senza rivolgersi a professionisti e CAF, in questo modo si ottiene un risparmio economico e di tempo. Quest’anno c’è un ulteriore passo perché dalla dichiarazione precompilata si va alla dichiarazione dei redditi semplificata con un semplice questionario.

Come nasce la dichiarazione dei redditi semplificata

Facciamo un passo indietro: la dichiarazione semplificata, come la dichiarazione precompilata è predisposta dall’Agenzia delle Entrate in base ai dati in suo possesso, ad esempio i redditi e le ritenute operate dal datore di lavoro e trasmesse con la CU, le spese da portare in detrazione e deduzione che arrivano all’Agenzia delle Entrate tramite fatturazione elettronica e grazie ai bonifici parlanti che consentono nella causale di indicare anche il tipo di agevolazione fiscale a cui si aderisce, ad esempio bonus ristrutturazioni o bonus barriere architettoniche. Le spese sanitarie arrivano, invece, all’Agenzia delle Entrate tramite il Sistema Tessera Sanitaria.

La dichiarazione semplificata, come già la dichiarazione pre-compilata, può essere inoltrata così com’è, quindi senza modifiche e di conseguenza non vi sono ulteriori controlli perché i dati sono già controllati, oppure può essere modificata, ad esempio facendo valere ulteriori detrazioni o deduzioni. Con la precompilata deve essere modificato il singolo quadro della dichiarazione, tutto però cambia nel caso in cui si opti per la dichiarazione semplificata. In questo caso infatti il contribuente accede a un questionario che consente di modificare le singole voci presenti nel data base dell’Agenzia, senza doversi preoccupare di dover incasellare bene le voci nei singoli quadri del modello 730.

I vantaggi della dichiarazione dei redditi semplificata

Questo implica che il contribuente per modificare la dichiarazione non dovrà verificare i codici corrispondenti alla singola detrazione/deduzione, non dovrà leggere e interpretare fardelli di istruzioni dell’Agenzia delle Entrate per la compilazione. In teoria una platea più ampia di contribuenti dovrebbe poter avere accesso alla dichiarazione fai da te.

Il linguaggio del sistema messo a punto è semplice e intuitivo, si tratterà di un semplice questionario inerente i redditi prodotti, le spese sostenute, ad esempio spese sanitarie o interessi mutuo e in base alle risposte confermerà o meno le voci già presenti nella banca dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate.

Ricordiamo che la dichiarazione semplificata è una misura sperimentale per il 2024 per la dichiarazione dei redditi prodotti nel 2023. Alla dichiarazione semplificata per quest’anno non possono accedere gli intermediari finanziari, ma solo i contribuenti. Resta sempre la possibilità di presentare la dichiarazione tradizionale o pre-compilata.

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Rinegoziazione del mutuo e detrazione interessi passivi sono compatibili?

Si è detto nelle settimane scorse che a breve inizia la discesa dei tassi di interesse sui mutui. Questo implica che chi ha stipulato un mutuo a tasso fisso può iniziare a pensare di chiedere una rinegoziazione del mutuo. In questi casi la rinegoziazione del mutuo è compatibile con la detrazione prevista per gli interessi passivi del mutuo prima casa? Vediamo cosa dice in proposito l’Agenzia delle Entrate.

Rinegoziazione del mutuo, perché potrebbe essere conveniente ora?

La rinegoziazione del mutuo è una procedura volta a modificare le condizioni del mutuo già stipulate. A differenza della surroga, in questo caso le condizioni sono oggetto di accordo con la stessa banca con cui è stato stipulato il mutuo originario. Generalmente questa modifica si richiede quando le condizioni del mercato dei mutui sono cambiate e in particolare sono scesi i tassi di interesse e di conseguenza il vecchio mutuo a tasso fisso non è più conveniente.

In merito a ciò un contribuente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate: Ho intenzione di rinegoziare il contratto di mutuo stipulato qualche anno fa per l’acquisto della mia abitazione principale. Mi confermate che dopo la rinegoziazione potrò continuare a detrarre gli interessi passivi?

L’Agenzia risponde attraverso la rubrica FiscoOggi.

Rinegoziazione del mutuo: è possibile mantenere le detrazioni interessi passivi acquisto prima casa

Si conferma che quando viene rinegoziato il mutuo acceso per acquistare l’abitazione principale, per modificare alcune condizioni previste nel contratto in essere, si conserva il diritto alla detrazione degli interessi passivi.

Ricordiamo che è possibile portare in detrazione il 19% delle spese sostenute come interessi passivi del mutuo per l’acquisto della prima casa. Il tetto massimo di spesa agevolabile è di 4.000 euro l’anno. Nel caso di più intestatari la detrazione massima deve essere distribuita per quota. Fa eccezione il mutuo cointestato tra i due coniugi di cui uno fiscalmente a carico dell’altro: in questo caso il coniuge che ha sostenuto interamente la spesa può fruire della detrazione per entrambe le quote.

Specifica l’Agenzia delle Entrate che la detrazione spetterà nei limiti riferiti alla quota residua di capitale da rimborsare alla data di rinegoziazione del contratto. Infine, sottolinea che alla detrazione si possono aggiungere ulteriori voci oltre gli interessi passivi, ad esempio eventuali rate scadute e non pagate, il rateo di interessi del semestre in corso (rivalutati al cambio del giorno in cui avviene la conversione), gli oneri susseguenti all’estinzione anticipata della provvista in valuta estera.

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