Marzo 2024, tutte le scadenze fiscali e le date da non dimenticare

Marzo 2024 è appena arrivato e sono davvero tante le scadenze previste per questo mese che porterà una ventata di primavera.

Marzo 2024, attenzione alla rata della rottamazione quater

Il mese inizia con il classico versamento dell’imposta di registro sui contratti di locazione e affitto. Si tratta dei contratti stipulati in data 01/02/2024 o rinnovati tacitamente con decorrenza dal 01/02/2024. Mentre l’8 marzo scade il termine per comunicare l’esercizio dell’opposizione a rendere disponibili all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle spese sanitarie sostenute nell’anno d’imposta 2023 e ai rimborsi effettuati per prestazioni parzialmente o completamente non erogate, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata 2024

Ma una data da non dimenticare è quella del 15 marzo, per il pagamento della rata della rottamazione quater prevista dalla legge di conversione del Decreto Milleproroghe 2024 per le prime tre quote dovute. Tuttavia si ricorda che alla scadenza sono previste 5 giorni di tolleranza, quindi c’è tempo fino al 20 marzo 2024.

Marzo 2024, martedì 18 sarà un giorno intenso

Ben 47 versamenti sono previsti da tra Iva, imposte e ritenute.  Entro il 18 marzo i sostituti d’imposta dovranno provvedere sia all’invio telematico che alla consegna dell’ex CUD ai percipienti. Ed ancora consegna agli interessati della Certificazione Unica (c.d. CU 2024) contenente i dati fiscali e previdenziali relativi alle certificazioni lavoro dipendente, assimilati e assistenza fiscale e alle certificazioni lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi corrisposti nel 2024.

Sempre il 18 marzo gli asili nido pubblici e privati e gli altri soggetti a cui sono versate le rette, devono comunicare all’Anagrafe tributaria, con riferimento a ciascuno iscritto, i dati relativi alle spese per la frequenza degli asili nido e per i servizi formativi infantili (“sezioni primavera”) sostenute dai genitori nell’anno 2023. Ed ancora comunicazione all’Anagrafe Tributaria dei dati, riferiti all’anno precedente, relativi alle quote di interessi passivi e relativi oneri accessori per mutui agrari e fondiari.

Le scadenze di fine mese

Il 20 marzo è prevista la comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati di dettaglio relativi al canone TV addebitato, accreditato, riscosso e riversato nel mese precedente. infine chiudono il calendario delle scadenze di marzo gli elenchi Intrastat. Entro la scadenza del 25 marzo gli operatori intracomunitari con obbligo mensile dovranno trasmettere telematicamente i dati relativi alle operazioni intracomunitarie realizzate nel mese di febbraio.

Tra le scadenze previste invece per il 31 marzo ci sono la domanda per il “Contributo per genitori separati o divorziati per garantire la continuità dell’erogazione dell’assegno di mantenimento”. Ed infine la trasmissione telematica della dichiarazione IVA IOSS relativa alle vendite a distanza di beni importati (in spedizioni di valore intrinseco non superiore a € 150) del mese precedente, da parte dei soggetti iscritti al (nuovo) Sportello unico per le importazioni (IOSS), indicando per ogni Stato membro di consumo l’imponibile, l’aliquota e l’imposta dovuta per le cessioni di beni ivi effettuate.

 

Banca dati sentenze tributarie, un nuovo strumento per i contribuenti

In attuazione dell’articolo 19 delle legge di delega fiscale, legge 111 del 2023, la banca dati delle sentenze tributarie sarà accessibile a tutti. Arriva un nuovo strumento per i contribuenti.

Banca dati sentenze tributarie, a cosa serve

In genere sono disponibili le sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale in quanto si tratta di giudizi che formano veri e propri orientamenti, si dice anche che la Corte di Cassazione sia la terza Camera riconoscendo una sorta di potere legislativo vero e proprio. Per le altre sentenze vi è particolare remora perché è necessario rendere anonime le stesse, cioè fare in modo che non sia possibile “scoprire” dati personali dei soggetti coinvolti.

Il diritto tributario ha però delle caratteristiche peculiari, in quanto può essere considerato un ramo del diritto pubblico e di conseguenza le sentenze, sono sì valide tra le parti, ma possono avere rilevanza anche in casi simili. Ne consegue che per un contribuente e per chi svolge professioni legali avere una banca dati di riferimento composta da sentenze che possono riguardare casi molto simili, può aiutare a impostare una difesa congrua, ma soprattutto a evitare liti del tutto inutili.

Fatta questa premessa, ricordiamo che il principio di pubblicità delle sentenze pronunciate dalle Corti di Giustizia tributaria di primo e di secondo grado è prevista dalla legge di delega. Le sentenze entreranno nella banca dati in forma anonima, come è giusto che sia, e quindi dopo l’eliminazione di riferimenti a persone, aziende e società coinvolte.

Come avviene la realizzazione della banca dati delle sentenze tributarie

A dare notizia dell’inizio delle pubblicazioni è stato Direttore generale del dipartimento della giustizia tributaria, Fiorenzo Sirianni, nell’audizione al Senato del 20 febbraio 2024.

La banca dati sarà gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’accesso a essa sarà gratuito. La banca dati conterrà sentenze emesse in formato digitale a partire dal 2022 e che di conseguenza sono più semplici da inserire, ma conterrà anche le sentenze pubblicate sul cartaceo antecedenti rispetto alla pubblicazione in digitale. Le stesse naturalmente dovranno prima essere rese anonime, poi scansionate e, infine, inserite nella banca dati.

L’anonimizzazione sarà effettuata da parte delle segreterie delle Corti tributarie di merito.

Infine, occorre dire che grazie all’uso dell’intelligenza artificiale sarà possibile anche ottenere le sentenze in sintesi, in questo modo sarà più facile reperire il principio di diritto applicato, senza dover scorrere l’intera sentenza.

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Evasione per necessità e riduzione sanzioni nel nuovo decreto fiscale

Continua la riforma del Fisco e il prossimo passo è la riduzione delle sanzioni tributarie e l’introduzione dell’evasione per necessità o sopravvivenza. Ecco cosa cambia.

Riduzione sanzioni tributarie

Il Governo aveva annunciato, tra le misure previste nella legge di delega fiscale il riallineamento delle sanzioni tributarie applicate in Italia a quelle generalmente applicate in ambito UE e di conseguenza una riduzione delle sanzioni attualmente previste. La stessa si rende necessaria anche perché la Corte Costituzionale, nella sentenza sentenza 46 del 2023 cui fa seguito un Comunicato della Corte Costituzionale datato 17 marzo 2023, ha sottolineato l’incostituzionalità del sistema sanzionatorio tributario in quanto non proporzionale. Nel caso in oggetto la sanzione tributaria applicata era molto più elevata rispetto al mancato introito fiscale.

In Italia le sanzioni tributarie oscillano tra il 120 e il 240%, proprio per questo Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e padre di questa riforma, ha parlato di un vero e proprio esproprio. A fronte anche di una media europea al 60%, quindi molto più bassa rispetto a quella italiana.

Tra le altre misure previste vi è l’esclusione del rilievo penale nel caso in cui il contribuente raggiunga un accordo transattivo con il Fisco. Inoltre, se nell’ambito di un procedimento penale per evasione fiscale il contribuente viene assolto perché il fatto non sussiste, il giudice tributario deve tenerne in considerazione nell’ambito del processo di sua competenza.

Evasione di necessità o per sopravvivenza

Infine, si introduce l’evasione di necessità o di sopravvivenza. Il Governo intende distinguere tra chi non presenta la dichiarazione o presenta dichiarazioni false e chi, invece, presenta correttamente le dichiarazioni (Iva, Irap, Irpef) ma non riesce a versare i dovuti tributi.

In questo secondo caso si prevede un trattamento di favore. Naturalmente deve trattarsi di un’impossibilità oggettiva e sopraggiunta, ad esempio, nel caso in cui l’attività sia colpita da un particolare evento (alluvione, terremoto, incendio) e si trovi nell’impossibilità di continuare a produrre, abbia problemi di liquidità e di conseguenza non possa versare i tributi dovuti. È possibile tenere in considerazione anche ulteriori fattori, ad esempio il caso in cui il contribuente in difficoltà economica abbia preferito versare i contributi previdenziali per i propri dipendenti e non abbia invece versato le imposte.

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Tasse partite Iva, addio al maxi acconto e pagamento mensile

Tasse partite iva a presto potrebbero esserci delle grosse novità che cambiano il modo con cui si sono sempre pagate, i dettagli.

Tasse partite iva, tasse a rate

La Riforma Fiscale è un punto fermo del governo Meloni. Una progressiva e variazione degli scaglioni sia per i dipendenti pubblici e privati è in atto. Ma adesso tocca anche alle partite Iva, sempre più in difficoltà a causa della crisi economica. Le partite iva negli ultimi anni hanno fatto registrare un calo. Soprattutto per quanto riguarda gli artigiani classici sono sempre in diminuzione: piccoli artigiani, lavoratori di pellame e tessuti, calzolai.

Ma in contro tendenza sembrano invece esserci coloro che aprono la partita IVA e che lavorano mondo di internet, come gli influencer, formatori e consulenti informatici, ed aziendali, copywriter, social media manager e web designer. Tuttavia per cinque milioni di lavoratori autonomi le cose potrebbero cambiare e le tasse potrebbero spalmarsi in 12 rate.

Tasse partiti iva, addio al maxi acconto

Il governo potrebbe decidere di dilazionare il pagamento delle tasse in sette mesi per le partite iva. Si tratta del versamento del saldo e del primo acconto delle imposto calcolate sull’anno precedente. Non solo si potrebbe così  rateizzare anche il secondo acconto, che cade a novembre, su cinque mesi, posticipandolo cioè a gennaio senza l’applicazione di alcun interesse.

Gli autonomi potrebbero così dire addio al maxi acconto che si paga in previsione dell’anno successivo. Ma la dilazione potrebbe permettere di pagare solo a reddito concluso. Cioè spostando il pagamento da novembre a gennaio dell’anno successivo, la determinazione dell’imposta sarebbe su redditi realmente conseguiti. Se la norma riceverà l’ok definitivo, a partire da quest’anno gli autonomi non dovranno più pagare metà delle tasse in anticipo, ma a consuntivo.

Un’operazione a costo zero

In questo momento manca ancora il decreto attuativo che potrebbe dare vita a questa novità per le partite Iva. Tuttavia si conta che arrivi entro tre mesi dalla sua approvazione. “L’operazione non comporta costi per lo Stato e assicura maggiore liquidità a professionisti e imprese, che in futuro avranno a che fare con un Fisco più equo“. A dirlo è il promotore della riforma Alberto Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive della Camera e responsabile per le materie fiscali della Lega.

Ecco perché c’è ottimismo nella risoluzione positiva della nuova Riforma fiscale per le partite Iva in merito alle novità che si vogliono introdurre. Novità che riguardano tutti i possessori di partita Iva, compresi i forfettari, il regime più scelto dagli italiani, in questi ultimi anni.

Lettera compliance agenzia delle Entrate, chi sta per riceverla?

Tra gli obiettivi del Pnrr vi è il contrasto all’evasione fiscale, nel 2023 sono state inviate 3,2 milioni di comunicazioni di compliance, per 4,2 miliardi di euro versati. Nel 2024 si profila un risultato simile e sono in corso gli invii di lettere di compliance relative all’anno di imposta 2020.

Lettere di compliance dall’Agenzia delle Entrate, per quali contribuenti?

I controlli dell’Agenzia sono eseguitti per anno di imposta e dopo aver terminato quelli relativi alle dichiarazioini del 2019, si procede ora alle dichiarazioni per l’anno di imposta 2020, relativi alle dichiarazioni presentate nel 2021. Le lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate hanno l’obiettivo di avvisare il contribuente di un’anomalia riscontrata nella dichiarazione dei redditi. In questo modo è possibile una sorta di accordo amichevole tra le parti e correggere gli errori evitando gli avvisi di accertamento. In questo modo si può evitare l’applicazione di sanzioni e interessi.

Le lettere di compliance sono dirette a lavoratori dipendenti, assimilati e lavoratori autonomi e, infine, redditi derivanti da contratti di locazione non dichiarati. La lettera di compliance fornisce ai contribuenti la possibilità di regolarizzare la loro posizione con una dichiarazione integrativa precompilata.

Come conoscere i dettagli della lettera di compliance?

Nella lettera di compliance il contribuente trova indicazione generica dei redditi non dichiarati. Entrando invece nel cassetto fiscale, può accedere alla sezione “l’Agenzia scrive” e prendere visione del prospetto della comunicazione con il dettaglio dei dati in possesso dell’amministrazione finanziaria al fine di individuare con esattezza l’eventuale omissione. Si applica comunque una sanzione del 15% della maggiore imposta determinata (1/6 del 90% da infedele dichiarazione). La percentuale raddoppia in caso di canoni di locazione soggetti a cedolare secca parzialmente dichiarati (si arriva al 40% se vi è l’omissione totale dei canoni).

Se il contribuente ritiene che i dati in possesso dell’amministrazione siano errati può comunque fornire chiarimenti e ulteriore documentazione utilizzando la sezione presente all’interno del Civis, il canale telematico messo a disposizione del contribuente da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Leggi anche: Civis, cos’è e come funziona il canale telematico dell’AdE?

Compenso servizio civile universale è tassato?

Il servizio civile è un’opportunità per molti giovani per fare la prima esperienza nel mondo del lavoro/sociale e per guadagnare un po’ di denaro, ma gli importi sono soggetti a tassazione? A porre il quesito all’Agenzia delle Entrate è un contribuente. Ecco come sono tassati gli importi percepiti per lo svolgimento del servizio civile universale e se permettono di ottenere le detrazioni fiscali per figli a carico.

Detrazioni fiscali per il figlio che svolge il servizio civile

Un contribuente ha posto questo quesito all’Agenzia delle Entrate, in particolare chiede se è possibile richiedere le detrazioni per il figlio che svolge il servizio civile.

L’Agenzia delle Entrate attraverso la rubrica FiscoOggi sottolinea che con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 40/2017, che ha istituito il “Servizio civile universale”, gli assegni attribuiti agli operatori per tale servizio rientrano tra i redditi esenti da imposizioni tributarie e non sono imponibili ai fini previdenziali.

Ne consegue che i compensi erogati in favore di coloro che prestano il servizio civile universale non rilevano più nel calcolo del limite massimo di reddito complessivo, previsto dall’articolo 12 del Tuir, per essere considerati familiari a carico.

Visto che tali importi non rientrano nel calcolo per considerare fiscalmente non più a carico il figlio, il genitore può continuare a far valere in dichiarazione dei redditi le detrazioni per le spese sostenute in favore del figlio, ad esempio le spese sanitarie, spese di trasporto spese per affitto per gli studenti universitari.

Naturalmente se il giovane percepisce altri redditi questi devono essere assoggettati alla relativa disciplina. Si ricorda che un soggetto è considerato fiscalmente a carico:

  • reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.
  • Figli di età inferiore a 24 anni sono considerati fiscalmente a carico con un reddito complessivo uguale o inferiore a 4.000 euro, al lordo degli oneri deducibili.

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Detrazione affitto 2024 senza il cambio di residenza: come ottenerla

Rottamazione quater arriva la maxi sanatoria per chi non ha pagato le prime due rate

Rottamazione quater arriva la maxi sanatoria per chi non ha pagato le prime due rate. La rottamazione quater continua a far discutere, dopo gli intoppi nella fase dei pagamenti che si sono verificati negli ultimi giorni utili per effettuare i pagamenti, c’è di nuovo la possibilità di rimettersi in carreggiata e pagare le prime due rate, nel caso in cui siano saltate. In questo modo si evita la decadenza.

Rottamazione quater, chi non ha pagato le prime due rate può recuperare

La nuova scadenza per la rottamazione quater è prevista per il 15 marzo. A prevedere la possibilità di recupero per i contribuenti che non hanno versato le prime due rate della rottamazione quater è il decreto Milleproroghe in sede di conversione in legge.

La rottamazione quater è il provvedimento di pace fiscale che ha permesso a molti contribuenti di sanare il rapporto con il Fisco versando solo le imposte non versate, senza sanzioni e senza interessi. Per coloro che hanno aderito vi era la possibilità di effettuare il versamento entro il 30 ottobre del 2023 oppure scegliere il pagamento rateale. In questo caso la prima rata era in scadenza al 30 ottobre, la seconda rata al 30 novembre e in seguito scadenze trimestrali. Ne deriva che la terza rata sarebbe in scadenza il 28 febbraio 2024.

Già alla scadenza della prima rata si erano verificati disservizi nel momento del pagamento, proprio per questo era stata data la possibilità ai contribuenti decaduti di versare contemporaneamente le prime due rate.

Alla seconda scadenza si è nuovamente verificato l’intoppo, proprio per questo erano in molti a chiedere una nuova sanatoria.

Cosa prevede la sanatoria per la rottamazione quater?

La sanatoria è prevista in un emendamento al decreto Milleproroghe che stabilisce: il contribuente non decade dalla definizione agevolata se “effettua l’integrale versamento di tali rate entro il termine del 15 marzo 2024“. Alla nuova scadenza, si precisa, si applica anche il consueto termine di tolleranza di 5 giorni previsto dalla norma.

Non è questa l’unica novità, infatti un altro emendamento al decreto Milleproroghe prevede il ravvedimento speciale. Lo stesso offre la possibilità a coloro che hanno regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2022 di regolarizzare le violazioni riguardanti le dichiarazioni fiscali.

L’emendamento fissa il versamento delle somme dovute “in un’unica soluzione entro il 31 marzo 2024 o in quattro rate di pari importo con scadenza della prima rata fissata al 31 marzo 2024“. L’Agenzia delle Entrate ricorda che in caso di ravvedimento speciale si è tenuti al pagamento delle “sanzioni nella misura di 1/18 del minimo edittale irrogabile. In caso di rateazione delle somme, il mancato pagamento, anche parziale, di una rata entro il termine di scadenza della rata successiva comporta la perdita del beneficio della dilazione e le somme residue sono iscritte a ruolo con applicazione della sanzione ordinaria e degli interessi”.

Gli emendamenti in oggetto sono stati presentati dal Governo e sono all’esame della Commissione Affari Costituzionali e bilancio della Camera.

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Certificazione unica 2024, le novità per quest’anno e le istruzioni

La certificazione unica 2024 prevede delle importanti novità per alcune tipologie di lavoratori, ecco quindi quali sono.

Certificazione unica 2024, che cos’è?

Attraverso il provvedimento n.825/2024, l’Agenzia delle entrate ha approvato il modello di certificazione unica 2024. Con questo modello i sostituti d’imposta attestano i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi nonché i corrispettivi derivanti dai contratti di locazioni brevi.

Il modello deve essere utilizzato anche per dichiarare l’ammontare dei redditi corrisposti nell’anno 2023, che non hanno concorso alla formazione dell’imponibile ai fini fiscali e contributivi, dei dati previdenziali e assistenziali relativi alla contribuzione versata o dovuta agli enti previdenziali.

Limitatamente ai dati previdenziali e assistenziali relativi all’Inps, la Certificazione deve essere rilasciata anche dai datori di lavoro non sostituti di imposta già tenuti alla presentazione delle denunce individuali delle retribuzioni dei lavoratori o alla presentazione del modello DAP/12 per i dirigenti di aziende industriali.

Quando si presenta il modello?

La certificazione unica si rilascia al percettore delle somme, utilizzando il modello “sintetico” entro il 16 marzo. Sempre entro la stessa data deve essere effettuata in via telematica, la trasmissione all’Agenzia delle Entrate. In questo caso si utilizza il modello “ordinario”. Si precisa che la trasmissione telematica delle certificazioni uniche contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione dei redditi precompilata, può avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta ovvero entro il 31 ottobre 2024.

Certificazione unica 2024, le novità

La certificazione unica 2024 ha introdotto diverse novità rispetto agli anni passati. Tra queste ci sono:

  • la tassazione agevolata delle mance per i lavoratori dipendenti del settore turistico;
  • la riorganizzazione del lavoro sportivo dilettantistico e professionistico;
  • l’innalzamento a 3 mila euro dei fringe benefit erogati a favore dei lavoratori dipendenti con figli a carico;
  • l’indicazione del trattamento integrativo speciale erogato ai lavoratori del settore turistico, ricettivo e termale;
  • la rideterminazione della riduzione Irpef spettante al comparto sicurezza e difesa.

Di particolare importanza è la presenza di figli a carico all’interno di un nucleo familiare. Attraverso la Risoluzione n. 55/2023, l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato che la sezione si compila anche nel caso in cui ci sono figli a carico per i quali è riconosciuto l’Assegno Unico e non le relative detrazioni.

Mentre per i contribuenti che hanno aderito al regime forfettario è abolito l’obbligo di inviare la certificazione unica.Questa regola vale, però, per i compensi erogati nel 2024, quindi salterà la certificazione unica 2025. Quella di quest’anno, che è legata ai compensi del 2023, deve essere regolarmente consegnata.

 

 

Scadenze fiscali, occhio allo stop ai pagamenti

Il nuovo calendario fiscale contenuto nel decreto legislativo 1 dell’8 gennaio 2024 prevede lo stop alle comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate nei periodi di agosto, fino al 31 agosto, e nel mese di dicembre. Lo stop alle comunicazioni però non implica lo stop ai pagamenti. Ecco a cosa devono prestare attenzione i contribuenti.

Stop agli avvisi dell’Agenzia delle Entrate, ma atttenzione ai pagamenti

Chiarisce l’Agenzia delle Entrate che sono interessati dal blocco gli avvisi bonari e le lettere di compliance che vengono inviate dall’Agenzia delle Entrate. Sarà questa a dover bloccare l’invio di una serie di atti nei periodi compresi tra il 1° ed il 31 agosto e tra il 1° ed il 31 dicembre . Il fermo coinvolge le comunicazioni inerenti:

  • esiti dei controlli effettuati automatizzati del Decreto n. 633 del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972;
  • comunicazioni che dipendono da controlli formali che vengono effettuati ai sensi dell’articolo 36-ter del Decreto n. 600 del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973;
  • liquidazione delle imposte dovute che risultino essere assoggettate a tassazione separata;
  • inviti che sollecitano agli adempimenti.

Naturalmente nel momento in cui tali atti non sono inviati in un certo senso risultano sospesi anche i termini dei pagamenti relativi a tali avvisi.

Dal decreto legislativo 1 del 2024 non vengono però sospesi i pagamenti relativi ad avvi emessi in precedenza e che hanno i tempi di scadenza degli adempimenti nel periodo di stop delle comunicazioni. Occorre erò ricordare che il blocco dei versamenti risulta già previsto da altre due disposizioni, che prevedono dal 1° agosto al 4 settembre un blocco per il versamento di somme che siano dovute a vario titolo. Per il mese di dicembre invece non vi è alcuna norma che prevede la sospensione dei termini di pagamento. Ne consegue che stop ai versamenti vige solo per il mese di agosto.

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Irpef, nuovo taglio per redditi superiori a 50.000 euro

Il 2024 è l’anno della grande svolta per l’Irpef, si passa infatti da 4 aliquote a 3 aliquote fiscali con vantaggi però limitati a coloro che hanno un reddito inferiore a 50.000 euro. Il 2025 potrebbe essere un altro anno cruciale, infatti, si studiano soluzioni per riconoscere un vantaggio fiscale Irpef anche a coloro che hanno un reddito superiore a 50.000 euro.

Aliquote Irpef, perché cambiano nel 2025?

Le aliquote Irpef applicate nel 2024 sono:

  • prima fascia 0-28.000 euro aliquota al 23%
  • seconda fascia da 28.001 a 50.000 euro 35%
  • terza fascia da 50.001 euro 43%.

Rispetto al 2023 il risparmio effettivo massimo è di 260 euro per coloro che hanno un reddito compreso tra 15.000 euro e 50.000 euro. Superata questa soglia il risparmio viene meno perché chi ha un reddito superiore a 50.000 euro subisce una franchigia di 260 euro sulle detrazioni fiscali al 19%, escluse quelle per le spese sanitarie. Questa tagliola è resa necessaria dal fatto che è bene andare con i piedi di piombo, infatti il taglio delle tasse deve evitare buchi nelle casse dello Stato.

Come cambiano le aliquote Irpef nel 2025?

L’obiettivo dichiarato dal Governo è estendere man mano i benefici e il viceministro Leo ha affermato che il Governo sta lavorando a un progetto volto a ridurre la pressione fiscale anche per i contribuenti che hanno redditi superiori a 50.000 euro.

Ricordiamo che con il nuovo taglio Irpef l’aliquota marginale è stata calcolata al 43% ma superati i 50.000 euro sale al 50% e questo potrebbe indurre all’evasione fiscale. Proprio per questo diventa importante trovare una soluzione per chi ha redditi medio-alti.

I dettagli di questa operazione ancora non sono conosciuti, alcuni pensano a un passaggio a due aliquote Irpef, quindi un percorso verso la tassa piatta o proporzionale per tutti. Un ostacolo potrebbe erò essere la Costituzione che prescrive l’adozione di un sistema di tassazione progressivo in cui chi guadagna di più debe pagare progressivamente di più.

In realtà la decisione finale dipenderà molto dall’andamento delle entrate fiscali. Il 2023 è stato un anno importante da questo punto di vista, ma una buona parte del lavoro è rappresentato dalle misure di pace fiscale che hanno permesso allo Stato di incassare, si tratta però di risorse che non arrivano ogni anno e quindi è necessario valutare l’impatto di un passaggio a due aliquote in modo oculato per evitare di dover tagliare servizi.

Ricordiamo che al taglio Irpef si cumula il taglio contributivo del 7% per i redditi fino a 25 mila euro e del 6% per i redditi fino a 35 mila euro.

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