DURC: imprenditori, sistemate le incongruenze prima della sentenza di irregolarità

Il Documento Unico di Regolarità contributiva è uno strumento fondamentale nella lotta all’evasione contributivo – previdenziale. A fare richiesta del certificato sono sia le aziende aggiudicatarie di appalti di forniture, servizi o lavori edili in ambito pubblico e privato, sia le imprese che intendono accedere a finanziamenti, sovvenzioni o benefici normativi in materia di  lavoro e legislazione sociale. A pronunciarsi sulla regolarità contributiva sono gli Enti previdenziali e assistenziali attraverso lo Sportello Unico Previdenziale, ufficio telematico a cui far pervenire le richieste Durc e presso il quale è possibile monitorare la pratica in tutte le sue fasi. La richiesta è quindi processata contemporaneamente da Inps, Inail e laddove previsto, dalla Cassa edile. Tutti e tre gli enti possono pronunciarsi sulla regolarità dell’impresa entro 30 giorni oltre i quali il certificato viene emesso applicando la regola del c.d. silenzio – assenso. In questo contesto è importante sottolineare un aspetto a volte trascurato nell’ambito della gestione della procedura DURC. Ci riferiamo al DM 24/10/2007 che all’art. 7 prevede la sospensione dell’istruttoria, fissata in 15 giorni, in caso di irregolarità. Tale periodo sarà utile all’azienda al fine di effettuare eventuali sanatorie riguardanti sia scoperture contributive che irregolarità legate al mancato espletamento di adempimenti amministrativi, evitando così l’emissione del certificato irregolare.

 L’invito agli imprenditori è dunque quello di mantenere gli occhi bene aperti e di accertarsi  che venga rispettato il diritto a poter sistemare eventuali incongruenze prima che venga emessa una sentenza di irregolarità  pregiudicando il buon esito del certificato.

Studio CIRAOLO

INFOIVA consiglia un approfondimento sul sito della COMMISSIONE NAZIONALE PARITETICA PER LE CASSE EDILI. Inoltre nella sezione daownload del sito è disponibile il link da cui scaricare tutti i moduli necessari.

L’Italia dei nuovi imprenditori: identikit e aiuti delle Pmi

In Italia, dall’inizio del 2010, le aziende sono in mano a donne, stranieri e giovani nuovi imprenditori al di sotto dei 30 anni.

Dall’inizio dell’anno, sono circa 53mila le nuove aziende delle quali:

– 1 su 3 è un’impresa individuale a conduzione femminile;

– 1 su 4 è guidata da un giovane laureando o neo laureato under 30;

– 1 su 5 ha un titolare straniero.

Questo è quanto emerge dall’indagine elaborata dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza su dati Registro Imprese-InfoCamere.

Un successo per l’imprenditoria italiana, che denota tutta l’originalità del made in Italy: buona parte di questi nuovi imprenditori è frutto di una creativa reazione alla crisi economica e del lavoro.

Secondo i dati, infatti, disoccupati o inoccupati neolaureati, ex casalinghe e impiegate di ritorno non finalizzate, fino a stranieri rappresentano l’identikit dei nuovi boss del 20% delle nuove aziende italiane.

Interessante anche il dato analizzato rispetto alle zone d’Italia.

La Toscana è la Regione a più alta densità di imprenditoria straniera, con il 27,9% di neo titolari non italiani.

In Basilicata, Calabria e Campania é maggiore la presenza di under 30, e più precisamente il 30,8%, 30,7% e 28,9% del totale delle imprese individuali, così come l’imprenditoria femminile.

Al Nord, la Lombardia spicca per le iniziative a sostegno delle nuove imprese. Ben due: da ” Start“, di cui abbiamo già parlato e il cui bando offre servizi gratuiti e contributi a fondo perduto per superare la cosiddetta fase di start up (il momento inizale dell’aziende) con particolare attenzione a giovani laureandi/laureati under 30 (a loro, sono stati messi a disposizione più servizi e più contributi); e “Punto Nuova Impresa” .

“Punto Nuova Impresa” nasce come sostegno ai nuovi aspiranti imprenditori grazie alla collaborazione di Camera di Commercio di Monza e Brianza con Formaper: insieme hanno seguito 165 utenti nei 3 primi mesi del 2010.

Insieme al bando “Start”, si rivolgono a disoccupati, inoccupati, cassaintegrati, lavoratori in mobilità, che intendono aprire un’impresa.

Per maggiori informazioni:
Formaper -Camera di Commercio Monza Brianza
Piazza Cambiaghi, 5
Monza
Tel. 039/2807411
Fax 039/2807449
progettostart@mb.camcom.it

Paola Perfetti

Lavoro occasionale, due domande dei nostri lettori.

Buongiorno, sono una studentessa universitaria, di tanto in tanto svolgo dei lavori di grafica per conto di una società. Ricevo compensi come prestazione occasionale. Vorrei sapere qual è il reddito massimo che si può raggiungere con prestazioni di lavoro occasionale. (Giulia – Nord-Ovest)

Cara Giulia,  il limite di reddito per svolgere lavoro occasionale è di 5.000 euro netti (6.660,00 euro lordi) per singolo committente nell’anno solare. Nel caso in cui il prestatore di lavoro occasionale fosse percettore di prestazioni integrative o di sostegno al reddito, il limite economico scenderebbe a 3.000 euro netti complessivi per anno solare e non per singolo committente.

Gentile Redazione, sono un libero professionista e a volte ricorro all’ausilio di collaboratori occasionali per dei lavoretti di data-entry. Mi potete chiarire qual è la percentuale da accantonare per la ritenuta d’acconto? (Pasquale – Sud)

Caro Lettore, la ritenuta di acconto dipende dalla natura del reddito (del collaboratore occasionale). Infatti se il reddito deriva da lavoro autonomo la ritenuta d’acconto è del  20%. Qualora invece il reddito fosse costituito da una provvigione o da una commissione, la ritenuta di acconto sarà del 23% sul 50% del reddito.

Più facile e veloce anche in Italia impedire la registrazione di un marchio confondibile con il proprio

Con il decreto n. 33 del 13 gennaio 2010, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 10 marzo 2010, entra finalmente in vigore il Regolamento di Attuazione del Codice della Proprietà Industriale, che rende esecutiva la procedura di opposizione alla registrazione dei marchi di impresa. Il nostro Paese si allinea quindi alla gran parte degli Stati comunitari e fa propria una procedura amministrativa adottata già da diversi anni dall’Ufficio comunitario (Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno di Alicante), seppur con qualche differenza relativamente ai motivi per poter depositare un’opposizione, più ristretti in Italia che in Unione Europea.

I titolari di marchi non saranno più costretti ad adire le vie giudiziarie per chiedere la cancellazione di un marchio illecitamente registrato ma potranno agire in via amministrativa davanti all’Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) per opporsi alla concessione di un marchio contrastante con il loro diritto anteriore. Da un lato, quindi, si potrà agire prima che il titolo venga concesso e, dall’altro, ci si potrà avvalere di una procedura amministrativa più snella e certamente meno onerosa rispetto ad un normale procedimento giudiziario. Sono legittimati a depositare un’opposizione, entro il termine di tre mesi dalla data di pubblicazione del marchio nel Bollettino Ufficiale, i titolari di marchi registrati identici o simili per prodotti identici o affini. L’opposizione dinanzi all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi potrà essere depositata anche in caso di assenza di consenso degli aventi diritto relativamente a ritratti di persone, nomi e segni notori. Le parti avranno la possibilità di raggiungere un accordo prima della chiusura della procedura amministrativa, che dovrà comunque concludersi entro 24 mesi dal deposito dell’atto di opposizione.

Ad oggi, l’UIBM non effettua una verifica sulla sussistenza di un contrasto tra un marchio depositato e le registrazioni precedenti; spetta invece al titolare di un marchio monitorare le richieste di registrazione che pervengono all’Ufficio. Per fare ciò, è necessario avvalersi di un consulente specializzato per il monitoraggio costante dei Registri dei marchi implicati e porre in essere azioni in difesa del proprio diritto qualora si ravvisi un conflitto con il proprio titolo anteriore. La coesistenza tra marchi di diverse imprese rischia di svilire l’importanza del marchio, principale strumento di comunicazione e collettore di clientela per l’impresa, con conseguenti perdite economiche e rischio di confusione per il consumatore, che potrebbe essere portato a confondersi tra prodotti aventi origine imprenditoriale differente a causa della somiglianza tra i marchi. L’introduzione della procedura di opposizione rappresenta dunque un’importante opportunità per impedire la concessione di un marchio che si ritiene in contrasto con il proprio diritto di esclusiva e per rafforzare, di conseguenza, il segno distintivo di cui si è titolari: con un’azione tempestiva in difesa dello stesso se ne accrescerà infatti il valore, grazie alla sua unicità sul mercato.

Tuttavia, per l’effettivo l’utilizzo di tale procedura manca ancora il decreto del ministro dello Sviluppo Economico che fissa termini e modalità di pagamento dei diritti per il deposito dell’opposizione che, a questo punto, si attende a breve.

Avv. Helene Regnault de la Mothe

Norme europee sulla concorrenza e la tutela degli scambi


Dalla Commissione Europea arrivano nuove norme che regolano e tutelano la concorrenza. Sono tenute in considerazione anche le vendite, sempre maggiori e veloci, via Internet così come  il commercio transfrontaliero.

E’ stato infatti adottato un nuovo regolamento di esenzione per categoria, che è proprio relativo agli accordi conclusi tra produttori e distributori rispetto alla vendita di prodotti e servizi.

E proprio il commercio transfrontaliero ha attirato l’attenzione dell UE, che ha considerato quanto questo aumenti la scelta dei consumatori e la concorrenza sui prezzi.

Il principio di base è lo stesso: le imprese sono libere di decidere come far distribuire i loro prodotti, purché gli accordi non prevedano prezzi fissati sia i produttori che i distributori non detengano una quota di mercato superiore al 30 per cento.

Stesso dicasi per le vendite online: i distributori autorizzati sono sempre liberi di vendere su Internet senza limitazioni riguardo alle quantità, ai prezzi e all’ubicazione dei clienti.

Questa la dichiarazione di Joaquín Almunia, vicepresidente della Commissione europea responsabile per la concorrenza: “Un’applicazione chiara e prevedibile delle norme di concorrenza agli accordi di fornitura e distribuzione è essenziale per la competitività dell’economia dell’Ue e per il benessere dei consumatori” . E poi: “I distributori dovrebbero essere liberi di soddisfare la domanda dei consumatori, sia nei punti vendita reali sia su internet. Le norme adottate garantiranno che i consumatori possano acquistare beni e servizi ai migliori prezzi disponibili ovunque nell’Ue, lasciando che le imprese prive di potere di mercato siano sostanzialmente libere di organizzare la propria rete di vendite come preferiscono”.

Paola Perfetti

Esenzione fiscale e indennità sulle trasferte dei dipendenti

Il Ministero del Lavoro si è espresso in merito all’ambito della indennità per la trasferta dei lavoratori dipendenti.

Con Nota n. 7301/2010, il Ministero ha ritrattato quanto comunicato nella risposta a interpello n. 14 del 2 aprile 2010: la Nota riguardava appunto la possibilità per il datore di lavoro di erogare ai suoi dipendenti un’indennità di trasferta di importo superiore a quella stabilita in sede di contrattazione collettiva, sia nazionale che di secondo livello.

Ora, il Ministero ha convenuto che queste indennità sono esenti da imposte e contributi per un valore complessivo che arrivi alla cifra di 46,48 euro al giorno, elevati a 77,47 euro per le trasferte all’estero, così come stabilito dall’articolo 51, comma 5 del TUIR.

Paola Perfetti

86.000 lavoratori extracomunitari pronti ad entrare in Italia: al via le domande per i lavoratori stagionali

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 20 aprile 2010 il Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) 1° aprile 2010, anticipato dalla circolare n. 14 del 19 aprile 2010 del Ministero del Lavoro, concernente la programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l’anno 2010.

Il Decreto consente l’ingresso in Italia di 80.000 lavoratori non comunitari residenti all’estero per motivi di lavoro subordinato stagionale e l’ingresso di 4.000 cittadini non comunitari per lavoro autonomo.

Oltre agli 84.00 lavoratori subordinati e autonomi, viene concesso l’ingresso a 2.000 cittadini non comunitari che abbiano completato programmi di istruzione e formazione nel Paese di origine (art. 23, D.Lgs. n. 286/1998).

La presentazione delle richieste di nulla osta al lavoro stagionale avviene esclusivamente con modalità informatiche, utilizzando il sistema accessibile dal sito internet del Ministero dell’Interno. L’invio delle richieste è iniziato lo scorso 21 aprile 2010 e sarà possibile inviare richieste fino alle ore 24:00 del 31 dicembre 2010. Nei primi giorni, circa il 27% delle richieste è arrivato da aziende agricole iscritte alla Coldiretti. Infatti sono circa 20.000 le domande nominative inviate per via informatica nelle prime 36 ore dal via libera alla presentazione delle domande di ingresso da parte delle aziende di Coldiretti. Secondo le stime dell’associazione, le aziende agricole che dovrebbero beneficiare di manodopera stagionale extracomunitaria saranno circa 30.000.

Pmi ecoinnovative sono il motore del piano economico europeo

E’ l’ecosostenibilità il motore propulsivo delle piccole medie imprese (Pmi).

Ecoinnovazione, quindi, non solo per il benessere dell’ambiente ma soprattutto per garantire la crescita in salute delle nuove realtà imprenditoriali, la competitività economica e nuovi posti di lavoro.

Ad essere protagoniste sono circa 23 milioni di piccole e medie imprese facenti capo all’Unione Europea.

Lo stabilsce il Blog Reporting the World Over, che tratta del ruolo dell’ecoinnovazione contestualmente agli sforzi compiuti dall’Europa per promuovere una crescita economica sostenibile anche dal punto di vista ambientale.

Secondo la nostra fonte, infatti, sono proprio queste Pmi votate all’attenzione per tutto ciò che è “verde” a rappresentare il 99% dei posti di lavoLero totali.

Pertanto, uno loro aiuto e stimolo sarebbe altrettanto produttivo per colmare il divario tra crescita economica e sostenibilità ambientale.

Certo, la prima soluzione necessaria da affrontare sarebbe quella di eliminare le barriere che ostacolo lo sviluppo di queste realtà imprenditoriali. Si pensi, per esempio, alla mancanza di fondi disponibili, gli elevati costi connessi alle attività di innovazione, la percezione che l’ecoinnovazione rappresenti un rischio commerciale, le lungaggini di posizionamento sul mercato delle nuove imprese, ostacolate ulteriormente dai tempi e dai costi esagerati.

Risulta allora pressoché fondamentale fornire un sostegno eco-tecnologico di prossima generazione che assecondi la creatività e il dinamismo delle tante piccole medie imprese “verdi” , per non parlare dei finanziamenti e delle agevolazioni importantissime per l’avvio di un’azienda e superamento della fase di start up.

A questo proposito, solo pochi giorni fa vi abbiamo segnalato l’iniziativa della Regione Lombardia proprio riferita a questo contesto, ma bisogna ammettere che l’Unione europea ha già iniziato a eliminare le barriere che ostacolano le PMI ecoinnovative varando, a partire dal 2004, il piano d’azione europeo per le tecnologie ambientali (ETAP, Environmental Technologies Action Plan).

Negli ultimi 6 anni, è stato proprio l’ETAP a migliorare le condizioni di mercato agevolando la transizione dalla ricerca al mercato stesso e favorendo così la conoscenza e l’implementazione dell’ecoinnovazione.

Oltre a questo, è bene segnalare altri strumenti introdotti proprio a sostegno di queste realtà imprenditoriali:

Programma quadro per la competitività e l’innovazione (CIP, Competitiveness and Innovation framework Programme), che prevede lo stanziamento di quasi 200 milioni di euro (tra il 2008 e il 2013) per aiutare le Pmi ecoinnovative a trasferire le proprie soluzioni ambientali dai laboratori teorici al mercato del lavoro.

Piattaforma di innovazione europea per l’ecoinnovazione (European Innovation Platform for Eco-Innovation), volta alla risoluzione dei problemi del mercato che ostacolano il cambiamento.

Fonte

Paola Perfetti

Agevolazioni Irpef sui trasferimenti di residenza per motivi professionali

Alcune novità riguardanti l’Irpef sui dipendenti che decidono di trasferire la propria residenza per motivi professionali o nel comune di lavoro o nel comune limitrofo entro tre anni dalla richiesta della detrazione.

Il contribuente deve essere titolare di un qualunque tipo di contratto di locazione di unità immobiliari che costituisca la sua abitazione principale e che si trovi nel comune di residenza a non meno di 100 Km di distanza dal precedente e comunque fuori dalla propria regione.

A costui  spetta una detrazione di imposta così ripartita solo nei primi 3 anni di trasferimento della residenza:
– 991,60 euro per il reddito complessivo entro i 15.493,71 euro;
– 495,80 euro per il reddito compreso tra i 15.493,71 e i 30.987,41.

Ciò significa che il contribuente che, ad esempio, abbia cambiato residenza e Comune nel mese di ottobre 2007, ha diritto alle detrazioni d’inmposta per gli anni 2007, 2008 e 2009.

In questo periodo di crisi del lavoro, però, è da considerare anche la situazione in cui il contribuente cessi di essere lavoratore dipendente.

In tal caso, nel corso del periodo di spettanza della detrazione, il contribuente perde il diritto alla detrazione a partire dall’anno successivo a quello nel quale non sussiste più tale qualifica.

Infine, ecco in che come compilare il modello per la dichiarazione dei redditi.

Parliamo naturalmente del modello 730: bisogna compilare il rigo E42 e in particolare

nella colonna 1 il numero dei giorni nei quali l’unità immobiliare locata è stata adibita ad abitazione principale;

nella colonna 2 la percentuale di spettanza della detrazione nel caso in cui il contratto di locazione è cointestato a più soggetti.

Paola Perfetti

Contratto a progetto: le domande dei nostri lettori.

Gentile Redazione, sto per assumere Giovanni e Valerio, due programmatori che dovranno svolgere un lavoro per la mia azienda per i prossimi sei mesi. Stipulerò con loro un contratto a progetto. Vorrei sapere se contemporaneamente i due programmatori potranno lavorare anche per altre aziende? (Giuseppe F. – Roma)

 Caro Giuseppe, il collaboratore a progetto può lavorare per più committenti. Tuttavia il contratto individuale può limitare in tutto od in parte tale facoltà.  Ovviamente il collaboratore a progetto è tenuto ad un comportamento professionale per il quale non potrà svolgere attività in concorrenza con i committenti, non potrà mai diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione interna dei committenti, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti.

 Buongiorno, al termine di un contratto a progetto è possibile rinnovare il contratto allo stesso collaboratore? (Salvatore R.- Bari)

 Caro Salvatore, il contratto contenente un progetto o programma di lavoro può certamente essere oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore. Oltre ad un rinnovo avente lo stesso oggetto del precedente contratto, è comunque possibile stipulare nuovi contratti per nuovi progetti con lo stesso collaboratore. Ad ogni modo, i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso collaboratore, non devono servire come espedienti per eludere l’attuale disciplina.

 Gentile Redazione, non sono un professionista a partita iva ma provo comunque a sottoporvi una domanda. Spero possiate rispondermi lo stesso. Al termine di uno stage svolto per un’agenzia di comunicazione mi hanno offerto un contratto a progetto per seguire un cliente dell’agenzia. Come faccio a sapere se quanto mi è stato offerto è un giusto compenso? Esiste un tariffario per i contratti a progetto? (Daniele P.- Firenze)

 Caro Daniele, grazie per la tua domanda. Per quanto ci è possibile cerchiamo sempre di rispondere a tutte le domande interessanti che ci giungono in redazione. Anche se chi ce la sottopone non è un lavoratore a partita iva :-)!

In realtà non esiste alcun tariffario per i collaboratori a progetto, anche perché si può sottoscrivere un contratto a progetto avente come oggetto qualunque tipo di attività. Per capire quanto sia giusto ricevere come compenso, occorre fare una piccola analisi relativa ai compensi percepiti dai lavoratori autonomi (quindi con partita iva) della tua zona che effettuano lo stesso tipo di lavoro che ti è stato proposto. Infatti il compenso deve essere sempre proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.

Se anche tu hai una domanda da sottoporci, scrivi alla nostra redazione. Se la tua domanda sarà particolarmente interessante riceverà risposta il martedì nella rubrica Question Time.