Assicurazione INAIL Infortuni domestici: importo e scadenza

La casa spesso nasconde delle insidie che portano al verificarsi di piccoli o grandi incidenti domestici. Per chi si occupa prevalentemente dei lavori domestici c’è l’Assicurazione INAIL Infortuni Domestici. Di seguito importi, coperture e piccole novità previste dal 2022 come il riconoscimento di un risarcimento anche per i piccoli incidenti domestici.

Dall’Assicurazione Casalinghe all’Assicurazione INAIL Infortuni Domestici

L’INAIL è l’Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, prevede l’obbligo di versare dei contributi economici a copertura di eventuali sinistri che dovessero accorrere ai lavoratori o a copertura di malattie professionali, ad esempio quelle per esposizione ad agenti chimici nocivi. Restava però un problema, cioè il mancato riconoscimento del lavoro di cura svolto in maniera gratuita e che esponeva comunque al rischio di infortuni. Nasce per questo motivo quella che inizialmente veniva indicata come assicurazione obbligatoria per casalinghe. Fortunatamente nel tempo il concetto di lavoro di cura e lavoro domestico è stato esteso anche agli uomini  e ora l’assicurazione non è rivolta più solo alle donne che si occupano dei lavori domestici, ma a chiunque, uomo o donna, si ritrovi nelle condizioni previste dalla disciplina.

La polizza è rivolta a coloro che svolgono a titolo gratuito e senza vincolo di subordinazione attività volte alla cura della famiglia e dell’ambiente in cui vivono in modo abituale ed esclusivo. L’assicurazione infortuni domestici dell’INAIL è entrata in vigore nel 2001 e nel tempo ha avuto diverse modifiche.

Chi deve sottoscrivere l’Assicurazione INAIL Infortuni Domestici e chi è escluso dall’obbligo

Sono obbligati a sottoscrivere la polizza INAIL per infortuni domestici:

  • persone di età superiore a 18 anni di età e di età inferiore a 67 anni;
  • chi presta lavoro domestico in modo esclusivo e abituale;
  • non è legato da vincolo di subordinazione.

Sono esclusi coloro che hanno un reddito basso, in particolare chi ha un reddito personale lordo di fino a 4.648,11 euro annui oppure fa parte di un nucleo familiare con reddito non superiore a 9.296,22 euro annui.

Sono altresì esclusi dall’obbligo:

  • i lavoratori socialmente utili;
  • coloro che non hanno i requisiti anagrafici prima visti;
  • titolari di borsa lavoro;
  • coloro che sono iscritti a tirocini o corsi di formazione;
  • lavoratori part time;
  • religiosi.

Devono invece sottoscrivere l’assicurazione infortuni domestici INAIL

  • gli studenti anche se dimorano in una città diversa da quella di residenza e che si occupano in modo esclusivo della cura dell’ambiente in cui abitano (studenti fuori sede);
  • i titolari di pensione che non hanno superato i 67 anni di età;
  • i cittadini stranieri che soggiornano regolarmente in Italia e non hanno occupazione;
  • i lavoratori in mobilità, in cassa integrazione guadagni, beneficiari di prestazioni a carico dei fondi di integrazione salariale, lavoratori che beneficiano di indennità di disoccupazione o altri benefici del welfare simili;
  • lavoratori che hanno un contratto che non copre l’intero arco annuale, ad esempio i lavoratori stagionali, a tempo determinato, con contratti di lavoro temporanei. Per questa tipologia di assicurati l’assicurazione copre i periodi non coperti da assicurazione. Il premio deve comunque essere versato per intero.

Scadenza e modalità del pagamento dell’Assicurazione INAIL Infortuni Domestici

L’assicurazione INAIL deve essere pagata entro il 31 gennaio di ogni anno e ha durata annuale, l’ammontare del premio da versare è di 24 euro.

Chi è già assicurato potrà versare il premio entro il 31 gennaio 2022 attraverso il bollettino Pago PA recapitato dall’INAIL, si tratta di un pre-stampato con già indicati i dati del titolare. Chi invece deve attivare l’assicurazione per la prima volta, può farlo attraverso il sito internet, registrandosi e accedendo con l’uso delle credenziali SPID, Sistema Pubblico di Identità Digitale, CIE Carta di Identità Elettronica o CNS. Il pagamento può avvenire direttamente dal sito INAIL, oppure attraverso bonifico bancario o postale, presso i tabaccai autorizzati, sul sito di Poste Italiane. L’importo essendo minimo non è rateizzabile, ma può essere dedotto ai fini IRPEF.

Il risarcimento INAIL

Tra le novità del 2022 vi è la possibilità di ottenere un “risarcimento” anche per i piccoli infortuni, in particolare per incidenti domestici che portano:

  • inabilità permanente tra 6 e il 15 per cento è previsto un assegno una tantum di 337,41 euro ;
  • per un’inabilità permanente di valore pari o superiore al 16% è prevista una rendita mensile da un minimo di 119,23 euro a un massimo di 1.454,07 euro, l’assegno è commisurato ai punti di invalidità;
  • in presenza di gravi menomazioni si riceve un assegno mensile di importo 574,59 euro per assistenza personale continuativa;
  • in caso di decesso dovuto ad infortunio in ambito domestico è previsto in favore dei familiari superstiti un assegno una tantum di 10.542,45 euro e una rendita mensile.

E’ importante determinare cosa si intende per infortunio in ambito domestico. In base alla disciplina deve essere ritenuto tale non solo quello che avviene nell’abitazione, ma anche sinistri accorsi in pertinenze, soffitte, balcone, cantina, giardino, parti comuni del condominio, ad esempio l’androne del palazzo, le scale, balcone, cantina, giardino.

I sinistri coperti sono tutti quelli inerenti le normali attività domestiche, come cadute, inalazioni di gas, scottature, utilizzo di sostanze che ledono la pelle e tutto ciò che generalmente accade durante i lavori domestici.

Per avere ulteriori informazioni è possibile chiamare il contact center INAIL 06.6001 contattabile da telefono fisso o mobile.

Disability card: dal 2022 servizi più agili per i disabili

Accesso semplificato ai servizi, convenzioni, sconti e tanto altro con la Disability Card che diventerà attiva dal 2022. Ecco come funzionerà e tutti i vantaggi.

Cos’è la Disability Card

La disability card mira ad adeguare la disciplina italiana a quanto effettivamente previsto dall’Unione Europea con il Regolamento 1381 del 2013 all’articolo 4 lettera C. Questa sollecita gli Stati Membri ad adottare le misure della Carta Europea della Disabilità, tra cui una tessera che permette l’accesso facilitato a servizi e luoghi.

Il ministro per le disabilità Erika Stefani ha presentato la disability card nei giorni passati, la stessa dovrebbe essere attiva già dal mese di aprile 2022. La richiesta dovrà essere effettuata con una procedura super-semplificata sul sito dell’INPS. Dai dati in possesso dell’INPS emerge che gli utenti che potranno usufruirne saranno circa 4 milioni  di soggetti che hanno una disabilità riconosciuta con una percentuale dal 67% al 100%.

L’obiettivo di questa speciale tessera è sostituire tutti i certificati medici cartacei che dimostrano la disabilità e quindi consentire di accedere ai servizi e alle prestazioni in modo più semplice e veloce. Ciò è possibile grazie al QR Code integrato.

I tempi sembrano essere ristretti, infatti in base alla tabella di marcia per ora prospettata le domande dovrebbero essere inoltrate già dal mese di febbraio 2022, mentre la stampa delle stesse avverrà dal mese di aprile ad opera dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. La card avrà una durata di 10 anni e dovrà è soggetta a rinnovo alla scadenza.

A cosa servirà la Disability Card?

Le funzioni di questa semplice tessera saranno molteplici, in primo luogo contenendo nel chip tutte le informazioni del disabile potrà essere utilizzata al posto delle varie scartoffie che ogni disabile si ritrova a dover portare con sé per accedere ai servizi riservati, in questo modo sarà più semplice avere a che fare con la Pubblica Amministrazione perché non capiterà di recarsi presso un ufficio e sentirsi dire che la documentazione deve essere integrata perché un documento è stato lasciato a casa. Non solo questo, infatti la disability card potrà essere utilizzata in tutti i Paesi Membri dell’Unione Europea per accedere a servizi e prestazioni riservate ai disabili.

In Italia inoltre la disability card potrà essere utilizzata per avere convenzioni, sconti riservati e ingresso ai musei pubblici. Tra le convenzioni già attivate vi è infatti quella con il Ministero della Cultura e prevede la possibilità per chi ha la tessera di accedere gratuitamente ai musei pubblici.

Il Presidente dell’INPS Tridico ha espresso particolare soddisfazione per tale iniziativa, sottolineando che tale progetto è continuo divenire e nel tempo ci sarà un ampliamento delle possibilità e funzioni della disability card.

Deve essere sottolineato che questo progetto è stato realizzato anche grazie all’impegno e alla sensibilità delle associazioni di settore come FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) e FAND (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità).

L’adozione della disability card è solo una delle novità in favore dei disabili, infatti il decreto fiscale prevede anche il ripristino dell’assegno di invalidità per i disabili che hanno un lavoro. Per saperne di più leggi l’articolo: Nel decreto fiscale ripristinato l’assegno di invalidità per chi lavora

Nel decreto fiscale ripristinato l’assegno di invalidità per chi lavora

In seguito a diverse pronunce della Corte di Cassazione, l’INPS con il messaggio 3495 del 14 ottobre 2021 aveva sospeso con effetto immediato l’erogazione dell’assegno di invalidità alle persone che avevano un contratto di lavoro. Ora con il decreto fiscale cade questa regola e viene ripristinato l’assegno di invalidità anche per gli invalidi che hanno un lavoro e percepiscono un piccolo reddito.

INPS sospende l’erogazione dell’assegno di invalidità a chi ha un lavoro indipendentemente dal reddito

La vicenda parte da due pronunce della Corte di Cassazione che hanno stabilito la possibilità di erogare l’assegno di invalidità solo agli invalidi civili che risultassero inoccupati. Una qualunque attività lavorativa, a prescindere dal reddito che il disabile ne ricava è considerata ostativa rispetto alla possibilità di percepire l’assegno. L’INPS ha quindi pensato di evitare il moltiplicarsi di tali giudizi andando ad eliminare il problema alla fonte. Ha quindi sospeso l’erogazione dell’assegno di 287 euro a tutti coloro che, a prescindere dal reddito avevano un contratto di lavoro.

Al momento della cancellazione del diritto a percepire l’assegno di invalidità per i soggetti disabili che hanno un contratto di lavoro sono stati molti a insorgere. In primo luogo i tanti invalidi che percepiscono meno di 300 euro al mese hanno dovuto scegliere tra questo importo, che di sicuro non offre autosufficienza economica, e il lavoro. Il fattore che più di tutti ha scatenato la rabbia è rappresentato dalla sospensione dell’assegno di invalidità senza distinguere tra redditi bassi e redditi alti. Ciò ha impedito anche a chi ha contratti di poche ore, part time o di collaborazione occasionale, di poter integrare l’assegno di invalidità civile con un piccolo lavoro.

Per approfondire la ratio della scelta dell’INPS, puoi leggere l’articolo: INPS: gli invalidi che hanno un reddito perdono l’assegno di invalidità

Ripristinato  assegno di invalidità per chi lavora

Molti politici hanno cercato fin da subito di correggere questa scelta dell’INPS considerata una vera ingiustizia. Con il decreto fiscale sembra sia andata proprio così. Gli emendamenti per la riscrittura dell’articolo 13 della legge 118 del 1971 sono stati presentati dal M5S e dal Partito Democratico e prevedono la possibilità per gli invalidi che percepiscono un reddito da lavoro inferiore a 4.391 euro di continuare a percepire anche l’assegno di invalidità di 287 euro mensili.

Particolare soddisfazione per l’emendamento che ha ripristinato l’assegno di invalidità per chi ha un piccolo lavoro, approvato in Commissione al Senato, è stata espressa dal ministro Orlando che si era impegnato in prima persona per ottenere tale modifica a sostegno delle posizioni delle associazioni e delle famiglie che lottano per l’inclusione. Reazioni positive sono arrivate anche l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, del M5S e responsabile Economia e finanze del Pd Antonio Misiani. Hanno manifestato soddisfazione anche le associazioni di categoria, come FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap ) e ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili). Naturalmente ora sono in tanti a chiedere anche il versamento degli assegni non versati in questi mesi.

Assunzioni disabili: dal 2022 aumentano sanzioni per le aziende

Il Ministro Andrea Orlando con una nota pubblicata il 30 settembre 2021 ha provveduto ad adeguare gli importi delle sanzioni per la mancata comunicazione dei dati relativi alle assunzioni disabili e del contributo esonerativo per ogni disabile non assunto. Ecco le novità per le aziende.

Contributo per la quota di riserva: contributo esonerativo

La legge 12 marzo 1999 n° 68 si occupa del collocamento a lavoro dei disabili, la stessa prevede tutta una serie di tutele per chi si trova in una situazione di svantaggio e prevede delle soglie di riserva, cioè un numero minimo di dipendenti disabili che le aziende devono assumere. Le soglie sono:

  • 1 disabile per le aziende da 15 a 35 dipendenti;
  • 2 disabili per le aziende che hanno da 36 a 50 dipendenti;
  • per le aziende che hanno un numero di dipendenti superiore a 50, la percentuale di disabili è al 7%.

L’articolo 5 prevede però una quota di esonero, cioè alcune tipologie di aziende possono chiedere un esonero parziale del numero di dipendenti disabili da assumere. Questa agevolazione però non è generica, ma viene riconosciuta esclusivamente:

quando la tipologia di attività svolta all’interno dell’azienda è pericolosa, troppo faticosa o comunque presenta particolarità di svolgimento.

In questo caso però è previsto il versamento di un contributo esonerativo commisurato a ciascun soggetto non occupato e per ogni giorno di lavoro non prestato. Il contributo deve essere versato in favore del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili. Attualmente il contributo ammonta a 30,64 euro per ogni lavoratore disabile non occupato. Il provvedimento del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando ha provveduto ad aumentare a 39,21 euro giornaliere per ogni disabile non assunto a partire dal primo gennaio 2022.

Assunzione disabili e sanzioni per il mancato inviso del prospetto informativo

Le novità però non finiscono qui, infatti l’articolo 13 della legge già citata prevede anche che le aziende entro il 31 gennaio di ogni anno debbano comunicare telematicamente al Servizio territorialmente competente un prospetto informativo in cui sono indicati:

  • il numero dei disabili complessivamente occupati;
  • il numero dei lavoratori computati nella quota di riserva;
  • l’ammontare del numero dei lavoratori da occupare tra i disabili.

I dati devono essere riferiti alla situazione dell’azienda del 31 dicembre dell’anno precedente, quindi entro il 31 gennaio 2022, deve essere inviato il prospetto relativo al 31 dicembre 2021.

Tale obbligo viene meno solo nel caso in cui non ci siano state modifiche in azienda circa l’obbligo di assunzioni disabili o sulla quota di riserva.

Se nell’arco di un anno solare ci sono posizioni scoperte per disabili, l’azienda è tenuta ad assumere per la copertura delle posizioni scoperte, cioè a regolarizzare la posizione entro 60 giorni dal momento in cui si verifica tale vacanza. In seguito alla nuova assunzione l’azienda non è tenuta a inviare un nuovo prospetto informativo.

L’articolo 13 prevede sanzioni per il mancato invio del prospetto informativo o invio in ritardo dello stesso. Le sanzioni attuali sono di 635,11, cui si sommano 30,76 euro per ogni giorno di ulteriore ritardo. Dal primo gennaio 2022 anche tali somme però variano e la sanzione per la mancata trasmissione o il ritardo della stessa sarà di 702,43 euro, mentre le sanzioni per l’ulteriore ritardo sarà di 34,02 euro per ogni giorno trascorso senza regolarizzare la posizione.

Calcolo delle sanzioni

Dal punto di vista pratico è bene fare qualche precisazione, ad esempio nel caso in cui rispetto al 31 gennaio maturi un giorno di ritardo l’importo sarà di 702,43+34,02, quindi l’importo minimo della sanzione è sempre di 736,45 euro.

Il Ministro Orlando nell’annuncio presente sul portare lavoro.org ha sottolineato che tali nuove sanzioni sono dovuti al fatto che erano ormai 11 anni che tali importi non venivano modificati.

Per i disabili ci sono ulteriori agevolazioni, se vuoi saperne di più leggi:

Bonus disabili: ecco il decreto attuativo per richiederlo

 

Bonus disabili: ecco il decreto attuativo per richiederlo

Il 14 ottobre 2021 viene emanato il decreto attuativo del Bonus Disabili, ecco a chi spetta e come farne richiesta. Tutte le novità per le famiglie con disabili.

Il Bonus Disabili nella legge bilancio 2021

Il Bonus Disabili è previsto nella legge di bilancio 2021 (legge 30 dicembre 2021 n° 178), comma 365, prevede una elargizione fino a 500 euro per gli anni 2021, 2022 e 2023. L’articolo al successivo comma 366 invece stabilisce che entro 60 giorni deve essere emanato il decreto in cui sono indicati i criteri per individuare i beneficiari di tali importi. Provvede il Decreto Sostegni, come modificato in sede di conversione in Legge 21 maggio 2021 numero 69, che applica anche una modifica alla legge di bilancio. La legge introduttiva prevedeva che il bonus disabili fosse diretto esclusivamente alle famiglie monoparentali, ma in presenza della sola madre. Questa postilla evidentemente discriminante è stata quindi eliminata. Il nuovo testo individua quindi come beneficiario “genitore disoccupato o monoreddito” .

Il decreto del 14 ottobre a firma del Ministro del Lavoro Andrea Orlando e del Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco determina invece in modo dettagliato i requisiti per poter accedere a tale beneficio.

Il Bonus Disabili nel decreto attuativo: a chi spetta?

L’articolo 4 del decreto attuativo del 14 ottobre 2021 precisa i requisiti. Sottolinea che gli stessi devono essere cumulativi e non alternativi quindi se manca anche uno solo di essi, non si può accedere al Bonus Disabili.

I requisiti sono:

  • residenza in Italia;
  • avere un reddito ISEE in corso di validità non superiore a 3000 euro;
  • essere disoccupato o monoreddito all’interno di un nucleo familiare monoparentale ( quindi con un solo genitore, indipendentemente dal fatto che si tratta di padre o madre;
  • infine, nel nucleo deve essere presente una persona con una disabilità in percentuale non interiore al 60%.

Non si fa riferimento solo all’ISEE ma anche al reddito infatti si collocano nella fascia delle famiglie monoreddito quelle che hanno un lavoro che non porti a un reddito annuale superiore a 8.145 euro se lavoratore dipendente o 4.800 euro se autonomo. Si tratta della soglia della No Tax Area.

Ammontare e come richiederlo

Il contributo previsto è di 150 euro mensili per ogni figlio disabile, fino a un massimo di 500 euro mensili. Nelle famiglie in cui è presente un solo disabile, l’importo è di 150 euro, nelle famiglie con due disabili con disabilità almeno del 60% l’importo mensile è di 300 euro.

Lo stanziamento totale dello Stato è di 5 milioni di euro. Nel caso in cui tali importi non dovessero essere sufficienti a coprire le domande pervenute e accettate sarà data preferenza alle famiglie con ISEE più basso. Inoltre si terrà conto della gravità della disabilità dando preferenza ai disabili non autosufficienti e disabili gravi.

La domanda deve essere presentata telematicamente tramite il sito INPS, si attende la circolare che rende operativo il sussidio. La stessa deve essere presentata ogni anno. Si ricorda che attualmente la copertura è prevista per il 2021, 2022 e 2023.

Per poter presentare la domanda è necessario avere uno SPID o un altro codice di identità digitale ad esempio con la CIE (Carta di Identità Elettronica) o la Carta Nazionale Servizi.

La domanda può essere presentata anche tramite il contact center INPS al numero 803.164 oppure da rete mobile (a pagamento) al numero 06 164.164 o attraverso un patronato.

Una volta presentata la domanda la stessa verrà vagliata dagli uffici INPS.

La notizia importante è che per il 2021 l’assegno sarà retroattivo quindi dal momento dell’approvazione sarà percepito l’ammontare che sarebbe maturato se l’erogazione fosse avvenuta dal primo gennaio 2021.

Sospensione e decadenza del Bonus Disabili

La normativa per il bonus Disabili prevede anche dei casi di sospensione della percezione. Ciò avviene nel caso in cui il disabile sia ricoverato in una struttura di lunga degenza o presso un’altra struttura residenziale completamente a carico dello Stato o di una qualsiasi amministrazione pubblica. In questi casi i genitori sono tenuti a dare immediata comunicazione all’INPS del ricovero. Si decade invece dal beneficio nel caso in cui venga meno uno dei requisiti.

Non si percepiranno più gli assegni mensili nel caso in cui il disabile sia affidato a terzi, venga meno la responsabilità genitoriale sul figlio disabile o in caso di decesso del figlio.

INPS: gli invalidi che hanno un reddito perdono l’assegno di invalidità

Con un messaggio scarno l’INPS ha fatto sapere che a decorrere dalla data del 14 ottobre 2021 non sarà più erogato l’assegno mensile di assistenza previsto dall’articolo 13 della legge 30 marzo 1971 n°118 a coloro che hanno un reddito. Naturalmente sono molti gli invalidi che mostrano una certa preoccupazione di fronte a questo importante cambiamento. Ecco la nuova normativa.

L’assegno mensile di assistenza/invalidità

Per capire bene di cosa ci occupiamo è bene delimitare prima il campo. L’articolo 13 della legge 30 marzo 1971 prevede l’erogazione in favore di coloro a cui viene riconosciuta una percentuale di disabilità compresa tra il 74% e il 99% di un assegno mensile di assistenza per 13 mensilità.

Oltre a tali requisiti (disabilità) è necessario avere un’età compresa tra i 18 e i 65 anni di età e percepire un reddito annuo personale inferiore a 4.931,29 euro.

Sono destinatari dell’assegno di invalidità i cittadini italiani o cittadini di altri paesi dell’Unione Europea che però siano residenti in Italia, inoltre si riconosce tale diritto anche ai cittadini extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno e soggiornanti di lungo periodo. L’assegno è incompatibile con altre pensioni erogate da INPS, INAIL o altri enti.

L’ammontare dell’assegno di assistenza è nel 2021 di 287,09 euro mensili ed è oggetto di rivalutazione di anno in anno in base all’inflazione. Al compimento del sessantesimo anno di età si trasforma in assegno sociale.

Cosa dice il Messaggio INPS 3495 del 14 ottobre 2021?

Questa è appunto la disciplina generale. Su essa nel tempo vanno a incidere delle sentenze della Corte di Cassazione e nel messaggio 3495 del 14 ottobre 2021 dell’INPS si sottolinea proprio che ci sono molte sentenze che confermano che il requisito economico previsto dalla disciplina della legge non debba essere considerato una “mera condizione di erogabilità” ma un elemento costitutivo del diritto a percepire l’assegno mensile di assistenza. Di conseguenza, secondo l’INPS, nel rispetto delle diverse sentenze dei tribunali italiani, è necessario affermare che lo svolgimento di un’attività lavorativa “a prescindere dalla misura del reddito ricavato, preclude il diritto al beneficio”. La scrivente ha preferito citare alla lettera le parole del messaggio perché esse non lasciano spazio ad alcun dubbio.

Resta, infine, da ricordare che il Messaggio INPS 3495 del 14 ottobre 2021 non si riferisce a coloro che hanno il riconoscimento dell’invalidità al 100%.

Appare in tutta evidenza che con questo messaggio si modifica una parte importante delle disposizioni prima vigenti, cioè quella che prevede la possibilità di mantenere l’assegno mensile di assistenza nel caso in cui il reddito sia inferiore a 4.931 euro annuali.

Naturalmente non sono mancate prese di posizione contrastanti con questo messaggio, infatti, pensare che un disabile possa essere autonomo economicamente con una blanda misura di 287 euro mensili è assurdo. Di conseguenza per lui cercare un lavoro, magari da casa, in smart working, un leggero part time, è essenziale . E’ però altrettanto vero che le entrate di tali lavori sono comunque basse e da sole non possono dare indipendenza economica mentre con il piccolo aiuto dell’assegno di invalidità sicuramente vi può essere una maggiore disponibilità economica, anche tenendo in considerazione le esigenze peculiari di chi è diversamente abile.

Come ha reagito la politica alla decisione dell’INPS di sospendere l’erogazione dell’assegno di invalidità?

A far scudo contro questa decisione ci sono volti importanti, ad esempio Iacopo Melio, free lance e ora consigliere nella regione Toscana che sottolinea come per un disabile sia difficile accedere a posizioni lavorative stabili e soddisfacenti dal punto di vista economico (anche a causa dei limiti alla mobilità) e, di conseguenza, tagliare l’assegno mensile di assistenza a fronte di erogazioni spesso precarie, rappresenta una forte ingiustizia. In effetti come dargli torto? Una condizione lavorativa anche precaria può essere un forte sostegno anche dal punto di vista psicologico perché lavorare può offrire stimoli importanti, ma se il prezzo da pagare è perdere l’assegno di assistenza, molti si troveranno a dover rinunciare anche a piccoli incarichi e collaborazioni da free lance.

Intanto qualcosa inizia a muoversi sul fronte politico, infatti dal dicastero del Ministro del Lavoro, Orlando, emerge che la questione è all’esame degli uffici competenti, mentre l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo (M5S) ha fatto sapere che c’è l’intenzione di presentare un emendamento fiscale che possa far superare gli ostacoli posti dall’INPS.

Nel frattempo i delegati delle due assiciazioni maggiormente impegnate sul fronte dalla tutela dei diritti dei disabili, Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) e Federazione tra le associazione nazionali delle persone con disabilità (Fand) hanno incontrato il ministro per la Disabilità Erika Stefani che ha confermato l’interesse a porre fine alla questione e a tutelare i disabili. Le associazioni propongono una radicale modifica della legge 118 in modo che non vi possano essere difficoltà interpretative e che sia concessa ai disabili la possibilità di lavorare senza perdere l’assegno di assistenza.

Se vuoi saperne di più sull’assunzione di soggetti disabili, leggi la guida: Assunzione come categoria protetta: caratteristiche e informazioni

Categoria protetta e licenziamento: è possibile licenziare il dipendente?

Nel mondo del lavoro esistono particolari tutele, come quelle delle categorie protette. Si tratta della tutela più importante prevista dal Diritto del Lavoro ed è relativa all’inserimento di un numero di posti riservato alle persone appartenenti a questa categoria.

Le categorie protette sono previste dalla legge n. 68 del 1999, in cui vi rientrano tutte le persone affette da disabilità o invalidità. Ci riferiamo agli invalidi di guerra e civili di guerra, ai non udenti, non vedenti, invalidi per servizio, ma anche orfani e coniugi di grandi invalidi o deceduti in guerra o lavoro, coniugi e figli di profughi italiani rimpatriati.

Puoi leggere anche l’approfondimento su: chi ha diritto all’assunzione come categoria protetta.

E’ possibile licenziare un lavoratore in categoria protetta?

Quanto sopra indicato, vuol dire che non è possibile licenziare un lavoratore appartenente a una categoria protetta? La risposta è “NO”. In realtà, è possibile licenziare un dipendente che rientra nelle predetta categoria, ma solo in determinati casi. E’ l’art. 10 della legge sopra indicata a disciplinarlo. Inoltre, a chiarire la situazione è intervenuta più volte la Corte di Cassazione con l’emissione di precise sentenze.

I casi in cui si può licenziare un dipendente in categoria protetta

Tutti i lavoratori, e non fanno eccezioni i dipendenti appartenenti alle categorie protette, possono essere licenziati per giusta causa. Ricordiamo che essa ricorre quando il lavoratore alle dipendenze di un datore di lavoro, assume un grave comportamento tale o si mostra inadempiente da non permettere la prosecuzione del rapporto di lavoro, in quanto viene scalfita irrimediabilmente il rapporto di fiducia. E’ pur vero, che spetta sempre al tribunale stabilire la sussistenza dei fatti.

LEGGI ANCHE: Licenziamento giusta causa, quando ricorre e come impugnarlo

Il dipendente appartenente alle categorie protette può essere licenziato anche per giustificato motivo oggettivo e soggettivo. Quindi, per necessità di riduzione del personale da parte del datore di lavoro o per l’aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore, tale da non consentire la prosecuzione dell’attività e contemporaneamente non sussiste la possibilità di affidargli un’altra mansione per ricollocarlo in un altro settore o reparto dell’azienda.

Tuttavia, è bene precisare che il licenziamento per riduzione del personale o per giustificato motivo oggettivo può venire annullato se, in seguito al licenziamento, il numero dei dipendenti alle categorie protette assunti è minore della quota di riserva, così come stabilito dall’art. 3 della legge n. 68 del 1999.

Aggravamento

Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute del dipendente appartenente alle categorie protette oppure a causa di rilevanti modifiche nell’organizzazione aziendale, il datore di lavoro può chiedere agli organi competenti l’accertamento dell’idoneità del dipendente alla mansione. Se il lavoratore alle sue dipendenze non dovesse risultare idoneo, quest’ultimo acquisisce il diritto alla sospensione dal lavoro senza ricevere alcun stipendio, sino al momento in cui le condizioni di salute dovessero migliorare e rendere possibile un reinserimento.

Diversamente, se l’aggravamento resta tale, rendendo impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro, in quanto non consente al dipendente in categoria protetta di far fronte alla propria attività di lavoro, quindi, diventa impossibile reinserirlo anche in altri reparti aziendali, il licenziamento è legittimo. Lo stesso discorso vale dopo le variazioni avvenute all’interno dell’organizzazione del lavoro, nonostante tutti i tentativi di reinserimento per lo svolgimento di altre mansioni.

A supporto della legge sono arrivate anche delle sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione Civile che ha dichiarato legittimo il licenziamento di dipendenti appartenenti alle categorie protette, una volta dimostrata l’impossibilità del dipendente anche a svolgere compiti lavoratori minori.

Licenziamenti collettivi

I lavoratori appartenenti alle categorie protette sono tutelati qualora sia attuata una riduzione del personale da parte del datore di lavoro, licenziamento collettivo, o soppressione del posto di lavoro avvenuto per ragioni economiche. Infatti, in tali casi, il dipendente non può essere licenziato se, a seguito di questa decisione, in azienda resta un numero di lavoratori affetti da disabilità o invalidità, inferiore alla quota di riserva prevista dalla legge suddetta.

QR-Code INPS per invalidi: cos’è e come funziona

Nelle precedenti guide più volte abbiamo visto che per poter accedere a benefici per invalidi è necessario mostrare non semplicemente il certificato di invalidità, ma anche il verbale di invalidità in modo da determinare se si può avere accesso a determinate agevolazioni. Ora questa procedura è molto più semplice grazie al QR-Code INPS per invalidi.

Cos’è il QR-Code INPS per invalidi

Il QR-Code è un codice a matrice, ormai abbiamo tutti imparato a capire come è fatto, che memorizza dei dati leggibili attraverso  l’uso di un lettore di QR-Code ormai disponibile e scaricabile su tutti i dispositivi mobili. In questo caso memorizza i dati inerenti l’invalidità civile. I dati sono costantemente aggiornati con eventuali aggravamenti, revisioni, verifiche straordinarie, proprio per questo il servizio risulta essere molto efficiente.

Come ottenere il QR-Code INPS per invalidi

Per ottenere il QR Code INPS per invalidi è necessario collegarsi al sito INPS e accedere con le proprie credenziali. Deve essere ricordato che dal 1° ottobre sono dismessi tutti i codici PIN e di conseguenza è necessario utilizzare uno SPID, oppure la Carta di Identità Elettronica o la Carta Nazionale Servizi associata alla propria tessera sanitaria. La strada più semplice per i possessori di CIE è proprio questa, visto che consente l’accesso a tutti i servizi PA.

Se vuoi scoprire come utilizzare la CIE per l’accesso ai servizi INPS, leggi l’articolo: Carta di Identità Elettronica per accesso ai servizi PA senza SPID: guida

Una volta effettuato l’accesso, occorre andare alla voce “generazione QR-Code Invalidi Civili per attestazione status” . Da qui è possibile scaricare il QR-Code sul proprio smartphone per poi mostrarlo in caso di richiesta.

Il QR-Code viene generato in formato PDF e di conseguenza può anche essere stampato e mostrato in cartaceo, può essere salvato su computer o altro dispositivo mobile e inviato da un dispositivo all’altro, ad esempio lo si scarica su uno smartphone e lo si invia a un altro nel caso in cui si sia in possesso di due smartphone, può essere salvato in Cloud e comunque recuperato in ogni momento.

L’INPS precisa che il QR-Code può essere utilizzato sia nei confronti di soggetti pubblici, ad esempio Agenzia delle Entrate se si devono ottenere agevolazioni fiscali, sia nei confronti di privati, ad esempio nel caso in cui si voglia acquistare l’auto o un altro dispositivo con le agevolazioni previste dalla legge 104.

Come si usa il QR-Code

I soggetti nei cui confronti si usa, possono controllare il QR-Code con un’applicazione specifica per la lettura dei codici e inserendo il codice fiscale del cittadino invalido, naturalmente il codice fiscale deve consegnarlo tale soggetto al momento della richiesta di accesso al beneficio. Il QR-Code ha due livelli. Il livello primario in cui semplicemente viene confermato che il soggetto ha l’invalidità civile, mentre il secondo livello consente di accedere a informazioni più dettagliate.

Sappiamo tutti che vi sono delle prestazioni a cui si accede solo a determinate condizioni o al raggiungimento di una particolare percentuale di invalidità. Queste informazioni, che possono essere definite dati sensibili o supersensibili, sono accessibili con un’autorizzazione di secondo livello. Di conseguenza, il soggetto invalido mostra il QR-Code e il codice fiscale a chi deve eseguire il controllo, questo si autentica al servizio con le proprie credenziali, quindi il soggetto interessato riceve sullo smartphone un codice OTP che in seguito deve consegnare al gestore del servizio in modo che possa completare l’autenticazione di secondo livello.

Assegno di incollocabilità: importo e destinatari, la domanda

L’assegno di incollocabilità è una prestazione economica erogata nei confronti degli invalidi di guerra, del servizio o del lavoro, che si trovano nell’impossibilità di fruire dell’assunzione obbligatoria come previsto dalla Legge n. 68 del 1999. Dal 1° luglio ne è stato rideterminato l’importo che resta uguale a quello del 2020 pari a 263,37 euro. Lo ha pubblicato sul proprio sito il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso il decreto ministeriale n. 173 del 1° settembre 2021.

Requisiti per assegno di incollocabilità

Per beneficiare dell’assegno di incollocabilità tutti i soggetti invalidi che ne hanno diritto devono essere in possesso di determinati requisiti, oltre a quelli che riguardano l’aver subito un infortunio  una malattia processionale:

  • l’invalido non deve avere un’età che superi i 65 anni;
  • il grado d’inabilità non deve essere inferiore al 34%, riconosciuto dall’Inail secondo le tabelle allegate al Testo Unico (Dpr. n. 1124/1965) per infortuni sul lavoro che si sono verificati o malattie professionali denunciate fino al 31 dicembre 2006;
  • il grado di menomazione dell’integrità psicofisica o danno biologico superiore al 20% riconosciuto secondo le tabelle per gli infortuni che si sono verificati e per le malattie professionali allegate all’art. 13 del decreto Legislativo n. 38 del 2000, denunciata a partire dal 1° gennaio 2007.

L’assegno viene erogato mensilmente insieme alla rendita ed è rivalutato annualmente, con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della variazione effettiva dei prezzi al consumo.

Come effettuare la domanda

Per ottenere l’assegno il lavoratore deve fare domanda alla sede Inail d’appartenenza, oppure tramite via email, o ancora tramite PEC. Una volta ricevuta la richiesta, l’Inail convoca per una visita medica il richiedente per verificare la veridicità di quanto affermato nell’istanza.

Sia in caso di esito positivo che di esito negativo, verrà comunicata rispettivamente: l’accettazione dell’istanza o la motivazione del rifiuto via posta ordinaria o via PEC.

E’ da precisare che l’assegno può essere riconosciuto anche mediante il parere del medico Inail al momento dell’accertamento del danno permanente.

Nella compilazione della domanda vanno indicati i dati anagrafici del richiedente, la descrizione dettagliata dell’invalidità lavorativa, ed eventualmente di quelle extra lavorativa (per cui è necessaria certificazione apposita). Inoltre, una fotocopia del documento d’identità.

Nel caso lo ritenesse opportuno per timore di commettere degli errori e invalidare l’istanza, il lavoratore può rivolgersi a un patronato.

Modalità di pagamento

La somma di denaro spettante alla persona priva di qualsiasi capacità lavorativa, verrà erogata a partire dal mese successivo in cui è stata presentata domanda, tramite un accredito sul conto corrente postale o bancario, oppure un accredito sul libretto di deposito nominativo che sia bancario o postale (escluso per il settore navigazione).

L’accredito può essere effettuato anche su una carta prepagata munita di codice IBAN. Il pagamento può avvenire anche mediante gli istituti di credito convenzionati con l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale per i titolari di rendita che riscuotono all’estero, escluso il settore di navigazione.

Può essere inviato come erogazione al beneficiario anche un assegno fino a un milione di euro, con pagamento in contanti presso sportello posta o cambiario, escluso per il settore navigazone.

La suddetta prestazione economica, ossia l’assegno di incollocabilità non concorre alla formazione del reddito, quindi, risulta esente dall’Irpef.

 

Acquisto auto con IVA agevolata: non basta il riconoscimento della 104

L’acquisto auto con IVA agevolata è un beneficio previsto per coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell’invalidità, molti però ritengono che basti il riconoscimento della 104 per poter accedere, in realtà non sempre è così perché non tutte le patologie aprono la strada a tale diritto. Vediamo in quali casi si può ottenere tale agevolazione.

La legge 104 del 1992: quadro generale

La legge 104 del 1992 regola diritti e agevolazioni spettanti a coloro che sono colpiti da disabilità, è rubricata “legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e diritti delle persone handicappate” e disegna un quadro abbastanza meticoloso, ma soprattutto cerca di dare a ogni disabile, in base alla gravità della condizione e alla tipologia di limitazione, un supporto adeguato, cioè mirato. Non tutti i benefici e le agevolazioni previste vengono riconosciute a tutti indistintamente, ma si procede in base alla condizione del singolo.

Per chi vuole conoscere le varie tipologie di aiuto per i disabili c’è la guida: Acquisti agevolati per invalidi con legge 104: quali sono e a chi spettano

Acquisto auto con IVA agevolata per disabili

In questo caso ci occuperemo in modo dettagliato dell’acquisto auto con IVA agevolata. Il beneficio prevede la possibilità di acquistare un veicolo con il pagamento dell’IVA al 4% e non al 22% (aliquota ordinaria), come si può notare il risparmio è davvero notevole, inoltre si può beneficiare dell’esenzione dal pagamento del bollo auto e la detrazione IRPEF al 19%. Questi benefici però non sono automatici , cioè non vengono riconosciuti a tutti i soggetti con legge 104, ma solo per alcune patologie, si tratta di:

  • non vedenti, tra cui ciechi totali, parziali e ipovedenti gravi;
  • sordità congenita o preverbale;
  • soggetti con handicap fisico o mentale per i quali è prevista anche l’indennità di accompagnamento;
  • soggetti pluriamputati o con gravi limitazioni alla capacità di deambulare;
  • disabili con ridotte o limitate capacità motorie, in questo caso l’agevolazione è riconosciuta solo nel caso in cui sia necessario effettuare degli adattamenti al veicolo.

C’è comunque un’altra condizione per poter accedere al beneficio, cioè il veicolo deve essere utilizzato in via esclusiva o prevalente per il trasporto del disabile.

A ben vedere si tratta quindi di soggetti che hanno capacità di movimento gravemente limitate, in assenza di gravità non si può accedere a questi benefici. Per valutare se si ha diritto a ottenere il riconoscimento del diritto all’acquisto auto con IVA agevolata per disabilità si deve fare riferimento al verbale redatto dalla commissione che ha riconosciuto il diritto al riconoscimento della legge 104. Se in esso è scritto che il paziente ha una capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, non c’è spazio per ottenere i benefici previsti.

Chi può ottenere l’acquisto auto con IVA agevolata

Dal punto di vista soggettivo, il beneficio può essere richiesto dal disabile o dal familiare che lo ha in carico. Il disabile è a carico di un familiare quando è minorenne oppure se maggiorenne con reddito inferiore a 4.000 euro, se di età inferiore a 24 anni e 2.840,51 euro annui, se di età inferiore.

Quali veicoli si possono acquistare

Non tutti i veicoli possono beneficiare dell’acquisto auto con IVA agevolata, deve infatti trattarsi di vetture con cilindrata non superiore 2.000 cc se a benzina o 2.800 cc con alimentazione diesel.

Per i veicoli elettrici non è possibile ottenere l’IVA agevolata in quanto la stessa è subordinata ai limiti di cilindrata, mentre si può usufruire per le vetture ibride, quindi con doppia alimentazione. L’agevolazione non è prevista neanche per le minicar, che possono essere guidate anche senza patente. Si può invece ottenere per le motocarrozzette, da intendersi come veicoli a tre ruote destinati al trasporto di persone, con massimo 4 posti, compreso quello del conducente ed equipaggiati con idonea carrozzeria. Un’altra particolarità sta nel fatto che si può ottenere l’IVA agevolata per l’acquisto anche di autocaravan per il trasporto massimo di 7 persone compreso il conducente.

L’acquisto può riguardare un’auto nuova o usata, inoltre non si può godere dello stesso più di una volta nell’arco di 4 anni. Ci sono però deroghe a tale limitazione, infatti se il precedente veicolo viene demolito, è possibile ottenere l’agevolazione anche prima dei 4 anni. In caso di furto, si può ottenere il beneficio prima del quadriennio dal precedente acquisto.

Disabilità: IVA agevolata per le modifiche al veicolo

Naturalmente può capitare che un disabile abbia bisogno di apportare delle modifiche sul veicolo acquistato al fine di rendere possibile il trasporto del disabile, oppure per far in modo che possa guidare nonostante le menomazioni. In questo caso l’IVA agevolata si estende anche a tali “optional” o modifiche. L’IVA agevolata si estende quindi alle sue riparazioni degli adattamenti. Ad esempio se si adatta il cambio per rendere possibile la guida al disabile, si può ottenere l’IVA agevolata e la detrazione al 19% su tale modifica, se lo stesso è danneggiato e va riparato, i benefici si ottengono anche sull’intervento di riparazione, ma se si rompe a un’altra componente che non sottoposta ad adattamento, non si può usufruire dell’IVA agevolata.

Documenti da presentare per l’acquisto auto con IVA agevolata legge 104

Il venditore applica in modo diretto l’IVA agevolata al 4% per l’acquisto di auto a uso prevalente o esclusivo del disabile, ma ci sono delle procedure da espletare, in particolare è necessario consegnare al venditore la documentazione che prova la disabilità, quindi il verbale di accertamento da cui emerge la tipologia e la gravità della patologia.

Occorre inoltre presentare:

  • autocertificazione con cui si dichiara che nei precedenti 4 anni non si è usufruito del beneficio;
  • Se l’acquisto è effettuato dal soggetto a cui il fiscalmente a carico occorre fornire l’autocertificazione di tale status.

Chi vende deve emettere la fattura da cui emerge l’agevolazione applicata e comunicare all’Agenzia delle Entrate (sede territorialmente competente) la vendita indicando anche le generalità dell’acquirente, la targa del veicolo e la data dell’operazione.