Bonus barriere architettoniche 2022: scopri come avere il 75% delle spese

Importanti novità dalla Legge di Bilancio 2022: è possibile accedere al bonus barriere architettoniche 2022 anche senza eseguire altri lavori edili. Ecco tutte le novità.

Bonus barriere architettoniche 2022: di cosa si tratta?

Fino ad ora il Bonus barriere architettoniche per eliminare gli ostacoli alla libertà di movimento delle persone diversamente abili erano connessi all’uso di altri bonus edilizi, ad esempio il bonus ristrutturazioni o Super Bonus 110%. Dal 2022, e per ora solo per il 2022, è prevista la possibilità di usufruire di questa importante agevolazione anche senza effettuare altri lavori edili e quindi autonomamente.

A fare il punto su questa importante novità è la Guida sulle agevolazioni per le persone con disabilità dell’Agenzia delle Entrate.

A quanto ammonta il Bonus barriere architettoniche 2022?

L’agevolazione è pari al 75% dei costi sostenuti per l’eliminazione delle barriere architettoniche in edifici già esistenti. Le spese per poter essere portate in detrazione devono essere documentate ed effettuate tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022. Sono previsti però dei tetti di spesa:

  • 50.000 euro per gli edifici unifamiliari o unità abitative inserite in edifici plurifamiliari, ma dotate di autonoma entrata dall’esterno e funzionalmente indipendenti (ad esempio le classiche villette a schiera);
  • 40.000 euro per ciascuna unità immobiliare appartenente a un edificio che comprenda da un minimo di 2 a un massimo di 8 unità;
  • 30.000 euro per ogni unità immobiliare appartenente a un edificio che comprenda più di 8 unità immobiliari.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che il bonus barriere architettoniche si riconosce anche per gli interventi di automazione funzionali all’abbattimento delle barriere architettoniche. Anche in questo caso si matura il diritto al bonus sia per interventi su unità immobiliari che su impianti degli edifici. Inoltre l’incentivo in questione può essere usufruito anche per sostenere il costo di smaltimento dei materiali di risulta degli impianti sostituiti.

Come usufruire del Bonus?

Per il bonus barriere architettoniche c’è la possibilità di usufruire delle classiche detrazioni IRPEF. L’ammontare della detrazione, pari al 75% del costo sostenuto nei limiti dei tetti di spesa massima vista, viene diviso in 5 rate annuali. L’ammontare dell’importo riconosciuto viene quindi portato in detrazione dall’IRPEF in 5 periodi di imposta.

Inoltre, come previsto anche per gli altri bonus riconosciuti in edilizia, è possibile optare per la cessione del credito ad altri soggetti o per lo sconto in fattura. Negli ultimi due casi c’è il vantaggio di poter usufruire dello sconto nell’anno stesso in cui c’è stato l’esborso.

Possono usufruire del beneficio fiscale i lavori eseguiti per eliminazione delle barriere elettroniche. Ad esempio ascensori, montacarichi. Si può usare il bonus anche per interventi che ricadono nell’ambito della legge 104 del 1992 e che mirano ad agevolare la libertà di movimento delle persone con disabilità grave, ad esempio interventi di robotica e mezzi di comunicazione.

Gli interventi devono garantire accessibilità, adattabilità e visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, quindi possono essere fatti anche presso “case popolari”.

I lavori possono essere eseguiti anche negli immobili in cui non siano presenti disabili.

Altre agevolazioni per l’eliminazione delle barriere architettoniche

Ricordiamo che il soggetto che esegue i lavori per l’eliminazione delle barriere architettoniche può utilizzare anche altre agevolazioni fiscali, ovviamente in alternativa. Chi sceglie di utilizzare il Superbonus 110%, che però deve portare al recupero di almeno due classi energetiche e deve prevedere i lavori trainanti, può inglobare i costi sostenuti nel Super Bonus 110%. Dal punto di vista economico può essere un notevole vantaggio.

Inoltre è possibile inserire l’abbattimento delle barriere architettoniche nel Bonus Ristrutturazioni al 50%.

L’Agenzia delle Entrate sottolinea che non è possibile usufruire contemporaneamente del Bonus barriere architettoniche al 75% e del 19% prevista per le spese sanitarie, insomma questi due benefici fiscali non sono cumulabili.

Per ulteriori informazioni leggi: Superbonus 110% per eliminazione barriere architettoniche senza disabili

Pensione 2022 in anticipo per gli invalidi: le tutele ci sono, ecco come fare

In pensione prima è il sogno di tutti i lavoratori. Ed è l’argomento principale di una riforma delle pensioni che il governo, con l’ausilio dei sindacati, sembra sul punto di iniziare a varare. Il nostro sistema previdenziale è il peggiore o vicino ad esserlo come età di uscita rispetto ai Paesi Europei più vicini a noi come economia.

Ma è anche un sistema che ormai da anni è dotato di misure che anticipano la quiescenza per alcune particolari categorie di persone. Abbiamo infatti le donne a cui si applica il regime agevolato meglio conosciuto come opzione donna. Poi  abbiamo i lavori notturni e usuranti con il loro scivolo. E ancora, i lavori gravosi o i disoccupati o addirittura, chi assiste parenti disabili.

Infine abbiamo i disabili, i soggetti affetti da patologie invalidanti che possono godere di prestazioni assistenziali ma anche di prestazioni previdenziali. Ed è proprio su questo che oggi andiamo ad approfondire, parlando di due misure destinate a chi ha determinate invalidità, ma collegate anche ai contributi versati.

Misure che permettono di accedere alla pensione discretamente in anticipo. Parliamo dell’Ape sociale e della pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile.

L’Ape sociale per invalidi, come funziona

L’Ape sociale è una misura che consente un anticipo di pensione a partire dai 63 anni di età. L’Anticipo pensionistico sociale è limitato a determinate categorie di lavoratori o soggetti in genere. Abbiamo infatti i disoccupati, i caregivers, i lavori gravosi e appunto gli invalidi. Tranne che per i lavori gravosi, per cui oltre ai 63 anni di età come soglia minima per accedere al trattamento pensionistico anticipato, servono 36 anni di contributi (32 per edili e ceramisti), per gli altri, invalidi compresi servono “solo” 30 anni di versamenti.

Per gli invalidi occorre anche avere un grado di invalidità certificato dalle competenti commissioni mediche delle Asl, superiore al 74%. Deve essere la Commissione medica delle Asl a certificare questo grado di invalidità, previo visita nei confronti del contribuente e dopo che il medico di base ha prodotto il certificato medico utile alle richieste delle prestazioni per disabili.

Ricapitolando, per ottenere l’Ape sociale come disoccupati servono i seguenti requisiti:

  • Almeno 63 anni di età;
  • 30 anni di contributi versati;
  • Percentuale di disabilità certificata dalla Commissione Medica Asl superiore al 74%.

La pensione anticipata per invalidità pensionabile

Ancora più vantaggiosa in termini di uscita è la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile. In questo caso deve essere la commissione medica Inps a certificare il grado di invalidità. Per questa misura serve una invalidità pensionabile pari ad almeno l’80%.

La commissione Inps certifica l’invalidità basandosi sulla riduzione della capacità lavorativa del soggetto interessato in base alle mansioni e all’attività lavorativa svolta dallo stesso. Si può uscire con questa misura a 61 anni se il richiedente invalido è maschio, mentre a 56 anni se invece si tratta di una lavoratrice invalida donna. Servono almeno 20 anni di contributi previdenziali versati, alla stregua di quelli necessari per le ordinarie pensioni di vecchiaia a 67 anni.

Va ricordato che la misura prevede 12 mesi di finestra. In altri termini la decorrenza della prestazione è posticipata di 12 mesi rispetto alla data in cui si maturano i requisiti previdenziali che sono:

  • 61 anni di età per gli uomini;
  • 56 anni di età per le donne;
  • 80% di invalidità pensionabile almeno;
  • 20 anni di contributi a qualsiasi titolo versati.

Assegno ordinario di invalidità: nella trasformazione in pensione di vecchiaia l’importo cambia?

L’assegno ordinario di invalidità è riconosciuto ai lavoratori che perdano almeno 2/3 della capacità lavorativa, ma cosa succede al momento in cui maturano i requisiti per la pensione? In particolare: cambia l’importo percepito in seguito alla trasformazione?

Cos’è l’assegno ordinario di invalidità?

L’assegno ordinario di invalidità, da non confondere con l’indennità di invalidità civile, è una prestazione economica, non reversibile, riconosciuta ai lavoratori dipendenti e autonomi, sono esclusi i lavoratori del settore pubblico. La disciplina di questo istituto è contenuta nella legge 222 del 1984.

Il diritto a percepirlo è riconosciuto ai lavoratori che abbiano maturato almeno 5 anni di anzianità contributiva, di cui 3 nel quinquennio precedente rispetto al momento in cui si presenta l’istanza. Per ottenere l’assegno ordinario di invalidità è inoltre necessaria la perdita di almeno 2/3 della capacità lavorativa a causa di un’infermità fisica o mentale. La sentenza della Corte di Cassazione 7770/2006 ha sottolineato che la riduzione delle capacità lavorativa non deve essere valutata avendo come riferimento le tabelle utilizzate per l’invalidità civile, ma avendo come punto di riferimento le mansioni generalmente svolte dal soggetto che presenta l’istanza.

Per ottenere l’assegno ordinario di invalidità non sono previsti requisiti anagrafici. Ci sono invece dei limiti inerenti la durata, infatti lo stesso viene corrisposto per 3 anni ed è  prorogabile su richiesta del lavoratore. Naturalmente la proroga avviene solo nel caso in cui persistano i requisiti che hanno portato al riconoscimento dell’assegno. Dopo tre conferme, quindi dopo nove anni, si rinnova automaticamente, infine al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia si trasforma automaticamente in tale misura. La differenza è data dal fatto che l’assegno ordinario di invalidità non prevede reversibilità, mentre la pensione di vecchiaia sì, inoltre vi è anche un adeguamento dal punto di vista economico.

Come si calcola l’importo dell’assegno ordinario di invalidità?

L’importo dell’assegno ordinario di invalidità si misura sulla base dei contributi effettivamente versati dal lavoratore.

Se il lavoratore ha maturato dei contributi prima del 1996 si adotta il criterio misto (contributivo e retributivo) per il calcolo dell’ammontare. In questo caso se prima del 1996 il lavoratore aveva maturato almeno 18 anni di contributi, il sistema retributivo si applica fino al 2011, mentre se prima del 1996 i contributi maturati erano meno di 18 anni, il calcolo retributivo si applica fino al 1996.

Per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 il calcolo è interamente contributivo.

Fatta questa premessa, la normativa stabilisce che, se applicando i criteri visti il risultato è una assegno ordinario di invalidità di valore inferiore al minimo previsto dalle singole gestioni, il contributo mensile sarà adeguato al minimo. Vi sono però dei correttivi:

  • per i soggetti coniugati e non separati legalmente l’integrazione ora vista non spetta se il reddito complessivo supera di tre volte il minimo per la gestione a cui appartiene il richiedente;
  • l’integrazione inoltre non spetta a coloro che hanno ulteriori redditi propri di importo superiore a due volte il valore previsto per la pensione sociale.

A questo punto occorre ricordare che coloro che, nonostante il riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità continuano a svolgere attività lavorativa, possono andare incontro a una riduzione degli importi. La stessa è del 25% per coloro che dichiarano redditi compresi tra 4 e 5 volte il minimo dell’assegno sociale e del 50% per coloro che dichiarano redditi superiori a 5 volte il minimo sociale. Per il 2022 il trattamento minimo sociale è 523,83 euro.

Nella trasformazione in pensione di vecchiaia, l’importo cambia?

Maturati i requisiti per la pensione di vecchiaia, l’assegno ordinario di invalidità viene automaticamente trasformato in pensione di vecchiaia. Ciò porta dei vantaggi, infatti se prima del riconoscimento del sostegno economico erano maturati dei contributi, l’assegno viene appunto calcolato su questo, con la possibile integrazione vista prima.

Nel frattempo, visto che residua della capacità lavorativa, il lavoratore può continuare a maturare dei contributi a fini pensionistici. Nel momento della trasformazione dell’assegno dovranno essere considerati anche tali contributi e questo porterà a un aumento dell’assegno riconosciuto.

Non ci sarà aumento nel caso in cui invece il percettore non abbia maturato ulteriori contributi e quindi abbia cessato ogni attività lavorativa.

Con la trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità in assegno di pensione viene meno anche un altro svantaggio, avevamo visto in precedenza che vi era una riduzione degli importi nel caso in cui residuava al lavoratore capacità lavorativa e lui riusciva ad ottenere un reddito imponibile. Con la trasformazione non c’è più questa decurtazione quindi l’assegno sarà percepito per intero anche nel caso in cui il soggetto ha altre entrate.

Infine, come già anticipato, una volta trasformato l’assegno ordinario di invalidità in assegno di pensione matura anche il diritto a percepire la pensione superstiti o di reversibilità.

Contributo per genitori con figli con disabilità: via alle domande. Guida

L’INPS con il messaggio 471 del 2022, pubblicato il 31 gennaio 2022, rende noto che dal primo febbraio è possibile inoltrare le domande per ottenere il contributo per genitori con figli con disabilità che siano monoreddito oppure non abbiano reddito.

Contributo per genitori con figli con disabilità: dal 1° febbraio via libera alle domande

Il contributo per famiglie con disabili è previsto dall’articolo 1, commi 365 e 366, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di Bilancio 2021) ed è rivolto ai nuclei familiari in cui sia presente una persona con una percentuale di invalidità riconosciuta almeno del 60%. Tale beneficio è rivolto però alle famiglie con disabili che si trovano in particolari condizioni di reddito, cioè con genitore disoccupato oppure famiglia monoreddito che percepisca un reddito inferiore a 8.145 euro annuali se lavoratore dipendente e 4.800 euro se autonomo. Viene naturalmente riconosciuto anche alle famiglie in cui sia presente un unico genitore.

Affinché si possa ottenere questo aiuto sono però necessari anche ulteriori requisiti, in particolare il genitore che presenta la domanda deve:

  • essere residente in Italia;
  • avere un ISEE di valore non superiore a 3.000 euro (abbiamo quindi il doppio requisito, reddito e ISEE);
  • avere uno o più figli a carico con una disabilità non inferiore al 60%. Si considera come figlio a carico colui che, se inferiore a 24 anni ha un reddito non superiore a 4.000 euro e se di età superiore a 24 anni ha un reddito non superiore a 2.840,51 euro. Ricordiamo che coloro che hanno ottenuto il riconoscimeto della disabilità possono comunque lavorare e di conseguenza avere un reddito.

A quanto ammonta il contributo per famiglie con disabili?

L’ammontare del contributo dipende dal numero di figli con disabilità presenti in famiglia. Nel caso in cui ci sia un solo figlio disabile l’importo è di 150 euro al mese. Se in famiglia ci sono due disabili l’importo è di 300 euro, per famiglie con più di due disabili, si potranno percepire 500 euro mensili.

Come si può notare la percentuale di disabilità che permette di maturare il diritto a percepire il contributo per genitori con figli con disabilità è del 60%, cioè molto più bassa rispetto a quella richiesta per poter accedere all’indennità di invalidità.

Questo beneficio può essere cumulato con altri strumenti del welfare, ad esempio è compatibile con la percezione del reddito di cittadinanza. Un altro dettaglio molto rilevante è dato dal fatto che le domande possono essere presentate dal primo febbraio 2022, ma in realtà il contributo per famiglie con disabili è previsto per il triennio 2021-2023, quindi una volta inoltrata la domanda, seguendo la procedura che a breve vedremo, si potranno ottenere anche gli arretrati del 2021 e dei primi mesi del 2022. Questa operazione può essere eseguita spuntando semplicemente la voce “Dichiaro di voler presentare domanda anche per l’anno 2021”.

Come inoltrare la domanda?

La prima cosa da fare è collegarsi al sito dell’INPS e accedere con le proprie credenziali, cioè SPID, CIE o CNS. A questo punto è necessario andare alla voce “Prestazioni e servizi”. Da qui si deve raggiungere la voce “Contributo genitori con figli con disabilità”. Per poter inoltrare a domanda è necessario inserire i dati del figlio disabile per il quale si chiede il contributo in favore di famiglie con disabili e monoreddito o monoparentale e il codice IBAN dove effettuare l’accredito. La domanda deve essere presentata una volta l’anno e quest’anno deve essere presentata anche per ricevere gli arretrati maturati dal 1° gennaio 2022.

La domanda può essere inoltrata anche attraverso i patronati, gli stessi entrano nella pagina INPS e possono accedere alla piattaforma per l’inoltro attraverso la voce “Portale dei Patronati” .

Una volta inoltrata la domanda, la ricevuta della stessa è disponibile alla voce “Ricevute e provvedimenti” con il relativo numero di protocollo. Si dovrà quindi attendere l’esito dell’istruttoria. L’INPS fa sapere che ci sarà una seconda comunicazioen avente ad oggetto le modalità di riscossione degli importi e degli arretrati.

Congedo straordinario legge 104: dopo cosa resta per assistere i disabili?

Chi ha un familiare disabile sa quanto possa essere difficile e dispendioso prendersene cura, al punto che in alcuni casi può essere necessario anche lasciare il lavoro per occuparsene. Negli articoli precedenti abbiamo visto che per accudire un parente disabile è possibile avvalersi del congedo straordinario legge 104, che può però essere fruito da un solo parente per ogni disabile, ma una volta terminato il periodo fruibile di congedo straordinario legge 104, cosa resta per assistere i disabili? Cerchiamo di fare luce.

Dopo il congedo straordinario legge 104 c’è l’aspettativa

Il congedo straordinario legge 104 appare molto vantaggioso infatti consente di astenersi dal lavoro per 24 mesi, anche frazionati, e di ottenere comunque la retribuzione, ma due anni non sempre bastano per prendersi cura di un parente non autosufficiente e di conseguenza può essere necessario utilizzare altri permessi. Questa è la situazione in cui purtroppo spesso si trovano i genitori, costretti per tutta la vita ad assistere un figlio nato con disabilità.

La prima possibilità è data dall’aspettativa, questa può essere richiesta per gravi motivi personali tra cui assistenza parenti e affini entro il 3° grado. Anche l’aspettativa ha una durata massima di due anni ma, a differenza del congedo straordinario, non è retribuita. Una volta accettata la richiesta da parte del datore di lavoro, si ha semplicemente il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di due anni con diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Se vuoi saperne di più sull’aspettativa, sui casi in cui è possibile richiederla e quando la stessa viene retribuita, leggi l’approfondimento: Lavoro: quando si può chiedere l’aspettativa retribuita e non retribuita.

Permessi retribuiti Legge 104

Chi deve assistere un parente che ha disabilità che permette di accedere ai benefici della Legge 104 ha inoltre un’altra possibilità. Si tratta dei permessi retribuiti Legge 104. Gli stessi possono essere fruiti per un periodo massimo di 3 giorni mensili.

I permessi retribuiti sono riconosciuti in favore di:

  • genitori, anche adottivi e affidatari;
  • coniuge, convivente, parte dell’unione civile;
  • parenti e affini entro il 2° grado;
  • parenti e affini entro il 3° grado ma solo nel caso in cui il coniuge o convivente del soggetto disabile abbia compiuto 65 anni oppure si trovi in una condizione di salute incompatibile con il prendersi cura di un’altra persona.

Il datore di lavoro non può rifiutare tali permessi, può solamente chiedere al lavoratore di “prenotare” tali giorni, ma solo nel caso in cui la tipologia di disabilità consenta di programmare la fruizione dei permessi retribuiti.

La disciplina è in parte diversa per i genitori che si trovano nella condizione di dover assistere un figlio di età inferiore a 12 anni. In questo caso possono prolungare il congedo parentale fino a 3 anni, in alternativa per i primi tre anni di vita del bambino possono usufruire di due ore di permesso al giorno o 3 giorni al mese continuativi o frazionati.

Per i bambini di età superiore a 3 anni ma inferiore a 12 anni, i genitori possono chiedere il prolungamento del congedo parentale fino a 3 anni o 3 giorni al mese.

Donazione delle ferie e banca delle ore

Un’altra opportunità per assistere un parente disabile nel caso in cui non siano fruibili altre alternative, come il congedo straordinario legge 104 e aspettativa, e non si voglia perdere il lavoro è la donazione delle ferie da parte dei colleghi. Ovviamente siamo in un ambito molto delicato in cui tutto dipende dalla solidarietà dei propri colleghi. In questo caso l’ammontare dei giorni che si riescono a ottenere dipende dalla generosità dei colleghi, dal loro numero, ma anche dalla volontà del datore di lavoro che deve “aderire” a questo progetto di solidarietà.

Un’ulteriore alternativa, sebbene parziale, è accedere alla banca delle ore. La normativa prevede la possibilità per il lavoratore che deve svolgere delle ore di straordinario, di accumulare le stesse e utilizzarle sotto forma di permessi retribuiti. Potrebbe essere un modo per assistere un parente disabile. Ricordiamo che il numero massimo di ore di straordinario che è possibile svolgere in una settimana è 40 e alcuni CCNL possono arrivare a 48. Naturalmente lo straordinario deve essere richiesto dal datore di lavoro, non c’è la possibilità per il lavoratore di protrarre volontariamente la sua permanenza sul luogo di lavoro al fine di accumulare permessi. La banca delle ore è considerata uno strumento di welfare aziendale. Le ore possono essere fruite solitamente dal mese successivo rispetto a quando sono state maturate e deve essere dato al datore di lavoro un congruo preavviso prima di poterle utilizzare.

Per conoscere cosa prevede il congedo straordinario legge 104 leggi l’articolo: Congedo straordinario legge 104: a chi spetta e come richiederlo

Home Care Premium: il bonus per care givers dell’Inps: ultimi giorni

Entro il 31 gennaio 2022 può essere presentata la domanda per accedere all’Home Care Premium, si tratta di un assegno elargito dall’INPS ai disabili e finalizzato al rimborso di spese sostenute per l’assunzione di un assistente domiciliare. Ecco tutte le notizie.

Home Care Premium: cos’è?

Prendersi cura di un disabile non è semplice, richiede costanza, impegno e tanto sacrificio, purtroppo spesso questa attività viene svolta gratuitamente dai parenti che in alcuni casi sono anche costretti a lasciare il lavoro. Per mitigare in parte questo sacrificio, l’INPS mette a disposizione Home Care Premium, si tratta di una sorta di concorso che permette di ottenere un assegno mensile per un anno del valore massimo di 1.050 euro. Il progetto è riservato a dipendenti e pensionati pubblici che necessitano di assistenza al proprio domicilio per coniuge e parenti entro il primo grado. Si tratta di una misura sperimentale quindi in futuro ci potranno comunque essere delle modifiche/estensioni.

Il bonus care givers è riconosciuto per l’assistenza di un familiare disabile ai sensi della legge 104 del 1992. Solitamente il concorso viene bandito annualmente, per chi vuole accedere ora, la domanda deve essere presentata entro il 31 gennaio 2022. L’assegno viene riconosciuto per quest’anno a 30.000 persone quindi vi è un’ampia possibilità di rientrare.

Requisiti per accedere all’Home Care Premium

Per poter partecipare è necessario avere un ISEE in corso di validità, gli importi di cui si può beneficiare variano in base al valore ISEE  e naturalmente è necessaria la certificazione della disabilità.

Chi vuole beneficiare di questo assegno dell’INPS per l’assistenza domiciliare deve inoltrare la domanda dal sito INPS, da qui è necessario accedere attraverso le proprie credenziali, in particolare codice fiscale e SPID, oppure altro sistema di identificazione, come la CIE o CNS. Una volta entrati, si deve andare alla voce “Scelta Prestazione” e di seguito “Home Care Premium” e seguire le istruzioni per inoltrare la domanda. Al termine dell’inoltro viene rilasciato un numero di protocollo da conservare al fine di accedere nuovamente a tutte le informazioni inerenti la propria domanda.

In alternativa la domanda può essere presentata tramite il Contact Center 803164 gratuito da telefono fisso, oppure da telefono mobile al numero 06164164 , infine la domanda può essere presentata tramite patronato.

A quanto ammonta il bonus care givers dell’INPS?

Gli importi previsti dipendono da diversi fattori, cioè grado di disabilità, determinato in base alle patologie che possono ottenere il riconoscimento della disabilità, e ISEE. E’ previsto:

Per il grado di disabilità gravissima:

  • 1.050 euro al mese per ISEE fino a 8.000 euro;
  • 950 euro fino a 16.000 euro ISEE;
  • 850 euro fino a 24.000 euro ISEE;
  • 750 euro fino a 32.000 euro;
  • 650 euro al mese fino a 40.000 euro di valore ISEE ;
  • 550 euro al mese per redditi ISEE oltre 40.000 euro.

Per la disabilità grave gli importi sono:

  • 700 euro mensili con ISEE fino a 8.000 euro;
  • 600 euro mensili con ISEE fino a 16.000 euro;
  • 500 euro mensili con ISEE fino a 24.000 euro;
  • 300 euro mensili per redditi ISEE fino a 32.000 euro;
  • 100 euro mensili per ISEE fino a 40.000 euro;
  • 50 euro mensili nel caso in cui l’ISEE abbia un valore superiore a 40.000 euro.

Per la disabilità di grado medio:

  • 500 euro mensili con ISEE fino a 8.000 euro;
  • 400 euro mensili con ISEE fino a 16.000 euro;
  • 300 euro mensili con ISEE fino a 24.000 euro;
  • 100 euro mensili con ISEE fino a 32.000 euro.

Il beneficiario del bonus mensile Home Care Premium per poterne beneficiare dovrà comunque stipulare un contratto di lavoro in favore dell’assistente domiciliare e nei suoi confronti si qualifica come datore di lavoro.

L’assistente può essere anche un familiare del beneficiario, ma in questo caso l’erogazione della prestazione è subordinata all’accoglimento della domanda di assunzione da parte dell’INPS.

A ciascun beneficiario potranno inoltre essere destinate risorse integrative in relazione al bisogno assistenziale del singolo.

 

Pensione a qualsiasi età per invalidi anche non gravi: ecco quando spetta

Sei invalido e non riesci più a svolgere il tuo lavoro? Fai fatica rispetto ai tuoi colleghi a portare a termine i tuoi compiti a causa della tua disabilità? Forse non lo sai ma puoi avere diritto all’assegno ordinario di invalidità, una prestazione che spetta sia continuando a lavorare sia decidendo di cessare l’attività lavorativa. Si tratta di una prestazione previdenziale calcolata sui contributi realmente versati al momento della presentazione della domanda della durata triennale che può essere rinnovata per 3 volte prima di diventare permanente. Vediamo come funziona e a chi spetta.

Assegno ordinario, la pensione indipendente dall’età

Gli unici requisiti richiesti per avere diritto all’assegno ordinario di invalidità sono: riduzione della capacità lavorativa a meno di due terzi ed almeno 5 anni di contributi versati, di cui almeno 3 nei 5 anni precedenti la presentazione della domanda.

Ma attenzione: non basta il 67% di invalidità per avere indiscutibilmente diritto all’assegno ordinario. Si parla, infatti, di riduzione della capacità lavorativa e non di percentuale di invalidità. Questo perchè l’assegno viene riconosciuto nello specifico sul grado di capacità di svolgere la propria mansione. Se, ad esempio, un lavoratore fa il muratore ha problemi a camminare, la sua disabilità pregiudica la sua capacità di svolgere il proprio lavoro, gli crea un handicap non indifferente visto che deve muoversi sulle impalcature. E proprio per questo si vedrà quasi sicuramente riconoscere l’assegno ordinario di invalidità.

Se la stessa patologia, però, ce l’ha un impiegato, un insegnante, una segretaria, ad esempio, la riduzione della capacità lavorativa non sarà la stessa visto che il non camminare bene o il fare fatica a camminare non pregiudica la propria professione.

L’assegno, quindi, viene riconosciuto sulla perdita della capacità lavorativa riferita al lavoro che si svolge e non in via generale come accade nel riconoscimento della percentuale di invalidità civile.

Spetta a qualsiasi età

Detto questo l’assegno ordinario di invalidità spetta a qualsiasi età, visto che i requisiti che richiede sono solo quello sanitario e quello contributivo. Per il titolare di AOI è possibile anche continuare a svolgere la propria attività lavorativa in full time, scegliere di svolgerla in part time o decidere di cessare l’attività lavorativa. Da tenere presente, però, che dopo il primo riconoscimento l’assegno ha una durata di soli 3 anni. Poi deve essere rinnovato e devono essere nuovamente verificate le condizioni sanitarie del richiedente. Solo dopo il terzo rinnovo l’assegno diventa definitivo e non ha più scadenza, fermo restando il diritto dell’INPS di procedere a visita di revisione se lo ritiene opportuno.

 

Adeguamento indennità di invalidità 2022: piccoli importi maggiorati

L’inflazione pesa nelle casse di tutti gli italiani, ecco perché l’INPS, oltre ad aver provveduto all’adeguamento degli assegni pensionistici, ha perfezionato anche l’adeguamento indennità di invalidità 2022.

Adeguamento indennità di invalidità 2022

L’assegno di invalidità è un diritto di coloro che hanno un’invalidità superiore al 74% e prevede il versamento di un importo mensile, comprensivo di tredicesima mensilità, di piccola entità.

Nel 2021 l’importo previsto per l’indennità di invalidità era di 287,09 euro, per il 2022, in applicazione della circolare 197 del 2021 dell’INPS, l’importo è stato adeguato all’inflazione dell’1,6% e di conseguenza l’assegno di invalidità è di 291,69 euro.

A questo proposito occorre fare delle precisazioni, infatti coloro che hanno ottenuto il riconoscimento della cecità parziale percepiscono un importo minore: 215,35 € , nel 2021 l’importo per questa categoria era di 213,08 €.

L’indennità di comunicazione per sordo muti è invece di 260,76 euro.

Coloro che in seguito alla valutazione della Commissione risultano ciechi totali hanno il riconoscimento di un’indennità di invalidità di 315,45 €, mentre nel 2021 percepivano 310,48 €.

Ulteriori informazioni sull’adeguamento dell’indennità di invalidità 2022

Si tratta a ben vedere di piccoli aumenti, ma è opportuno sottolineare che, come la stessa INPS afferma, la circolare del mese di ottobre ha il solo scopo di far in modo che i soggetti interessati possano percepire fin dal primo mese dell’anno di importi di valore adeguato all’indice di inflazione. Nel primo trimestre del 2022 si provvederà ad aggiornare l’indice di inflazione con dati correnti. Di conseguenza, visti i costanti aumenti energetici che portano al rialzo dei prezzi di molti beni di uso quotidiano, a partire dagli alimentari, è possibile che nei prossimi mesi ci sia un piccolo ritocco al rialzo.

La circolare 197 dell’ INPS sottolinea anche che per l’anno 2022 e 2023 i requisiti anagrafici per la trasformazione dell’invalidità civile in assegno sociale sono fissati a 67 anni di età.

Ricordiamo anche che il Governo nei mesi passati è intervenuto sulla questione inerente la perdita del diritto all’indennità di invalidità per coloro che hanno un lavoro, indipendentemente dal reddito. A tal proposito il governo ha fissato il limite di redditi da lavoro in 4.391 euro.

Per un approfondimento della questione si consiglia la lettura dell’articolo: Nel decreto fiscale ripristinato l’assegno di invalidità per chi lavora.

Per ulteriori informazioni leggi:

Adeguamento indennità di accompagnamento 2022 dell’INPS

Disability Card: dal 2022 servizi più agili per i disabili

Adeguamento indennità di accompagnamento 2022 dell’INPS

L’INPS con la circolare 197 del 23 dicembre 2021 ha provveduto all’adeguamento dell’indennità di accompagnamento 2022 riconosciuta a coloro che hanno un’invalidità del 100% e, di conseguenza, non essendo autonomi hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro prestando assistenza continua.

Adeguamento indennità di accompagnamento all’inflazione

L’INPS nella circolare rende noto che, al fine di consentire agli aventi diritto di percepire già dal mese di gennaio importi adeguati all’inflazione, ha ritenuto di dover procedere in anticipo avendo in considerazione l’indice di perequazione disponibile al 15 ottobre 2021. In quel periodo lo stesso corrispondeva all’1,6%. L’INPS però sottolinea che nel corso del primo trimestre dell’anno 2022 provvederà ad adeguare nuovamente gli importi attraverso un indice di perequazione aggiornato.

L’assegno di accompagnamento previsto per il 2021 era di 522,10 euro mensili e passa nel 2022 a 528,94 euro al mese. Si tratta quindi di un aumento di poco più di 6 euro.

Assegno di accompagnamento per ciechi totali

Diverso è il caso dell’assegno riconosciuto ai ciechi totali (ex articolo 1 della legge 406/1968), per loro l’assegno di accompagnamento per il 2021 era di 938,35 euro mensili e nel 2022 l’importo viene aumentato a 954,30 euro mensili .

Ultime informazioni sull’indennità di accompagnamento 2022

Ricordiamo che l’INPS eroga l’assegno di accompagnamento, a differenza di altri assegni, ad esempio quello di invalidità civile e i trattamenti pensionistici, per 12 mensilità e non 13 mensilità.

Non percepiscono l’indennità di accompagnamento coloro si trovano in condizione di ricovero gratuito presso strutture per periodi superiori a 30 giorni. Inoltre non percepiscono tale assegno coloro che hanno il riconoscimento di indennità analoghe di accompagnamento, come nel caso di invalidità a causa di guerra, ragioni di servizio o lavoro. In questo caso il soggetto può optare per il servizio economicamente più conveniente. L’assegno di accompagnamento è inoltre cumulabile con assegno di invalidità civile, inabilità e altri trattamenti pensionistici, ad esempio la pensione di vecchiaia o pensioni indirette, ad esempio la pensione superstiti.

Bonus lavoratori fragili 2022: a chi spetta e come ottenerlo

La legge di bilancio 2022 contiene molte novità e alcune conferme, tra queste vi è il Bonus lavoratori fragili 2022 che prevede un assegno una tantum di 1.000 euro per i lavoratori considerati “fragili”, cioè che potrebbero avere gravi conseguenze in caso di contagio con Covid 19.

Cos’è il Bonus lavoratori fragili 2022

La legge di bilancio 2022, legge 30 dicembre 2021 n. 234, prevede che i lavoratori che abbiano raggiunto il limite massimo di malattia indennizzabile e che si siano assentati dal lavoro per almeno un mese nel corso del 2021 possano richiedere questo importo. Il fondo stanziato per il Bonus lavoratori fragili 2022 è di 5 milioni di euro. Fin da ora è bene ricordare che il Bonus una tantum non concorre alla determinazione del reddito imponibile e non porta al riconoscimento di contribuzione figurativa.

Beneficiari del Bonus lavoratori fragili 2022

A stabilire la platea dei soggetti che possono accedere a questo particolare aiuto è il comma 969 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2022. Ormai siamo abituati ad avere leggi con un unico articolo e numerosi commi. Questo precisa che per poter presentare la domanda occorre essere:

  • lavoratori dipendenti del settore privato;
  • disabili gravi;
  • lavoratori in possesso di una certificazione medico legale attestante una condizione di rischio derivante dalla compromissione del sistema immunitario;
  • sottoposti a terapie oncologiche;
  • sottoposti a terapie salvavita;
  • essere stati nel 2021 destinatari del Bonus lavoratori fragili previsto dal Decreto Cura Italia (articolo 26 comma 2 decreto legge 18 del 2020, convertito in legge 27/2020;
  • essere stati assenti dal lavoro almeno per un mese nel 2021 per fatti connessi alla propria fragilità;
  • non avere più la possibilità di utilizzare permessi indennizzabili;
  • non poter prestare lavoro in modalità agile ( o smart working).

La scelta di questi soggetti non è casuale, infatti il Decreto Cura Italia che ha introdotto i requisiti per la prima volta ha inteso tutelare tutti quei lavoratori fragili ( con invalidità) che in caso di infezione da Coronavirus avrebbero potuto rischiare seriamente la vita e che allo stesso tempo per le mansioni svolte e la tipologia di azienda in cui lavorano non possono svolgere il lavoro attraverso lo smart working. Queste persone hanno dovuto infatti assentarsi dal lavoro usufruendo dell’indennità di malattia e di conseguenza meritano un riconoscimento ulteriore nel momento in cui non possono più usufruire di permessi indennizzabili.

Come richiedere il Bonus lavoratori fragili 2022

Sarà l’INPS a dover gestire ed erogare il Bonus lavoratori fragili 2022, attualmente ancora non abbiamo le linee guida per poter presentare la domanda e non si conoscono le tempistiche. Le uniche cose certe sono che la richiesta dovrà essere fatta attraverso il sito INPS, quindi accedendo con le proprie credenziali (SPID, CIE e CNS). Il soggetto richiedente dovrà autocertificare di trovarsi nelle condizioni delineate nel comma 969 già citato. Le domande saranno verificate e accettate in ordine di presentazione fino alla copertura del budget previsto, questo vuol dire che superato il budget non saranno più erogati Bonus lavoratori fragili 2022. Si prospetta quindi una sorta di click day. L’INPS sarà tenuta al monitoraggio delle risorse.

Restiamo in attesa dei vari decreti attuativi per ulteriori informazioni sulle tempistiche per richiedere il Bonus una tantum.