Pensione di invalidità civile e pensione di vecchiaia: spettano entrambe?

La pensione di invalidità civile e la pensione di vecchiaia spettano entrambe? Per rispondere a questa domanda è necessario chiarire che entrambe possono essere godute da un contribuente, ma le due misure di pensione non sono cumulabili. Ovvero non possono essere percepite entrambe nello stesso momento. Per arrivare a questa conclusione è necessario verificare quando decorra la pensione di invalidità civile e quando quella di vecchiaia, con subentro di quest’ultima alla maturazione dei relativi requisiti.

Che cos’è la pensione di invalidità civile?

La pensione di invalidità (o di inabilità) civile è una prestazione riconosciuta e pagata dall’Inps per le persone in stato di bisogno. Rientrano nello stato di bisogno i soggetti che hanno un’invalidità civile riconosciuta nella misura pari al 100%. Tuttavia, l’Inps riconosce lo stato di necessità se il richiedente non supera anche determinati tetti di reddito.

A chi spetta la pensione di invalidità civile?

La pensione di invalidità civile spetta ai cittadini che:

  • hanno un’età compresa tra i 18 e i 67 anni;
  • sono stati riconosciuti con una riduzione della capacità di lavorare nella misura del 100%;
  • sono cittadini italiani, europei o extracomunitari (è necessario il permesso di soggiorno da minimo un anno);
  • risiedono stabilmente e continuativamente in Italia;
  • hanno un reddito che non supera i 16.982,49 euro all’anno, per il 2020 e il 2021.

Quanto si prende di pensione di invalidità civile?

Per l’anno 2021, l’importo della pensione di invalidità civile è pari a 287,09 euro. La rata mensile è uguale a tutti gli invalidi civili, sia totali che parziali. Tuttavia, per gli invalidi civili totali la rata può essere ulteriormente aumentata grazie alle recenti novità normative che hanno disposto per i maggiorenni l’incremento al milione. Ciò significa che gli invalidi civili totali di almeno 18 anni, con redditi annui non superiori a 8.476,26 euro, possono ottenere l’aumento sino a 651,51 euro al mese. Il limite di reddito aumenta a 14.459,90 euro per il 2021 se l’invalido risulta coniugato. Chi, invece, riceve ha un reddito annuo tra 8.476,26 e 16.982,49 euro continua a percepire la pensione di inabilità di 287,09 euro.

Chi prende la pensione di invalidità può avere anche la pensione di vecchiaia?

Il soggetto che percepisce già la pensione di invalidità civile non può prendere, contemporaneamente, anche la pensione di vecchiaia. La motivazione risiede nel fatto che l’assegno di invalidità che si percepisce si trasforma d’ufficio in pensione di vecchiaia alla maturazione dei requisiti anagrafici previsti dalla legge Fornero per le pensioni di vecchiaia. Tale principio tutela chi percepisce la pensione di invalidità civile. Infatti, il soggetto beneficiario non può vedersi revocato l’assegno mensile per il venir meno del requisito sanitario connesso alla prestazione.

Pensioni, come avviene il passaggio dall’invalidità civile alla vecchiaia?

La trasformazione dell’assegno di invalidità civile in pensione di vecchiaia avviene in maniera automatica. Ad agire è proprio l’Inps senza che il beneficiario debba presentare alcuna domanda. L’Istituto previdenziale, al compimento dell’età pensionabile fissata attualmente a 67 anni, unitamente alla verifica dei contributi minimi (20 anni), provvede alla trasformazione dell’assegno mensile.

Quali vantaggi nascono dalla trasformazione della pensione di invalidità civile in vecchiaia?

Alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, che per il 2021 e il 2022 decorre dai 67 anni, la trasformazione della pensione di invalidità civile comporta due vantaggi. Il primo riguarda la possibilità, per il pensionato, di cumulare senza limiti la pensione con eventuali altri redditi da lavoro. Tali redditi potranno maturare sia in un rapporto di lavoro da dipendente, che da lavoratore autonomo. Con la prestazione di pensione di invalidità civile, invece, la cumulabilità dell’indennità con redditi da lavoro può essere solo parziale per la decurtazione dell’indennità stessa.

Reversibilità della pensione di vecchiaia e dell’invalidità civile

Il secondo vantaggio della trasformazione dell’indennità di invalidità civile in pensione di vecchiaia risiede nel fatto che, in caso di decesso del pensionato, gli eredi possono godere della pensione di reversibilità. L’assegno di invalidità civile, invece, non è reversibile verso gli eredi. Gli stessi, in caso di morte del lavoratore titolare di un’assicurazione obbligatoria, dovranno verificare la sussistenza di requisiti contributivi ai fini della pensione indiretta.

Contributi ai fini della pensione di vecchiaia

I periodi nei quali il percettore dell’invalidità civile ha ottenuto l’assegno e non ha lavorato, sono utili ai fini del perfezionamento del diritto a maturare la pensione di vecchiaia, ma non sono decisivi per la determinazione della misura della pensione stessa. Dunque, se un soggetto ha ricevuto l’assegno di invalidità con quindici anni di contributi, e per dieci lo ha ricevuto senza svolgere alcuna attività lavorativa, l’Inps accrediterà i 25 anni di contribuzione ai fini dei 20 anni minimi richiesti a 67 anni per la pensione di vecchiaia. Ma la misura dell’assegno mensile di pensione sarà determinato solo sui 15 anni di contributi effettivamente versati. Verranno pertanto esclusi i 10 anni in cui il lavoratore non ha effettuato versamenti.

Invalidità civile e pensione anticipata

La trasformazione dell’assegno di invalidità civile può avvenire solo con i requisiti della pensione di vecchiaia dei 67 anni. Lo stesso non può dirsi per la trasformazione in pensione anticipata. Pertanto, se il lavoratore invalido dovesse raggiungere i 42 anni e dieci mesi richiesti per la pensione anticipata, continuerà a percepire l’indennità di invalidità fino alla maturazione dei 67 anni della pensione di vecchiaia.

Quando può essere anticipata l’età dei 67 anni della pensione di vecchiaia per un invalido civile?

L’unico caso in cui il lavoratore invalido può anticipare la pensione di vecchiaia dei 67 anni è quello disciplinato dal comma 8, dell’articolo 1 del decreto legislativo numero 503 del 1992. Secondo quanto prescrive la norma, infatti, l’età per la pensione di vecchiaia può essere ridotta a 61 anni per gli uomini e a 56 per le donne che hanno un’invalidità pari o superiore all’80%. È utile ricordare che la norma riguarda i lavoratori dipendenti del settore privato. Inoltre,  alla maturazione dei requisiti, l’invalido deve attendere i 12 mesi di finestra mobile.

Permessi legge 104: che trattamento in busta paga?

I permessi da legge 104 sono ottenuti per lavoratori fragili, per cui sono retribuiti. Chi li riceve in concessione ottiene il relativo pagamento in busta paga attraverso lo stesso importo che avrebbe ricevuto lavorando, quindi, a titolo di retribuzione. Tuttavia, ad erogare le somme corrispondenti è l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ma il lavoratore otterrà il denaro dal datore di lavoro in anticipo in busta paga, con una specifica voce indicata nella colonna riportante i componenti di retribuzione spettanti.

Come avviene il calcolo

L’ammontare delle somme erogare per i permessi da legge 104 viene calcolato in relazione all’ultima mensilità ricevuta di stipendio che precede il permesso, sulla base delle soli componenti fisse. L’INPS si occupa, poi, di comunicare i tetti massimi annuali.

I permessi legge 104 non incidono sul Trattamento di Fine Rapporto e sulla tredicesima mensilità, in quanto scatta la contribuzione figurativa. Non vale lo stesso per il congedo straordinario biennale (Legge 151) per cui non maturano né il TFR né la tredicesima mensilità, così come neanche le ferie, e il datore di lavoro in corrispondenza della tredicesima e quattordicesima, trattiene già quanto anticipato a titolo per conto dell’INPS.

Tuttavia, a tal proposito ci sono state lamentele da parte dei fruitori dei permessi legga 104, in quanto hanno ricevuto un premio minore al previsto. L’interpretazione sulla legge 104 ha prestato il fianco ad errori commessi da parte dei datori di lavoro su retribuzione, ferie, tredicesima e quattordicesima mensilità o similari.

Secondo la Cassazione, gli incentivi di produzione, previa valutazione e verifica dei risultati ottenuti, non si limitano il numero delle ore o dei giorni effettivamente lavorati. Per questo motivo, le somme devono essere corrisposte interamente al dipendente fruitore dei permessi legge 104.

La legge 104 non prevede tagli in busta paga, per incentivi di produzione e nemmeno per tredicesima e quattordicesima. Inoltre, il lavoratore matura anche le ferie nei giorni di permesso quando non è presente in azienda.

Che si parla di retribuzione, incentivi di produzione, tredicesima e quattordicesima, i permessi legge 104 devono essere retribuiti come una normale giornata lavorativa. Sono retribuiti e garantiti da contributi figurativi che non influiscono sul calcolo delle ferie.

Non è previsto alcun tipo di taglio né delle ferie né della tredicesima, quando riposi e permessi non si cumulano con il congedo parentale. Nel caso specifico, ai fini della doppia gratifica (tredicesima e quattordicesima) il calcolo della retribuzione può essere ridotto solo se i permessi si cumulano con il congedo parentale ordinario (con sospensione dell’attività lavorativa) e con il congedo per malattia del figlio (indennità inferiore rispetto a quella prevista dalla Legge 104).

Pertanto, sono da considerarsi inammissibili e potrebbero configurare specifiche discriminazioni eventuali tagli di ferie e tredicesima dovuti a un’incidenza negativa dei permessi retribuiti (legge 104).

Tutto questo vale sia per i dipendenti pubblici e privati, ma si consiglia di fare riferimento alle indicazioni riportate dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di riferimento.

Permessi legge 104 retribuiti: a chi spettano

Si ricorda che i permessi retribuiti legge 104 previsti dall’art. 33 al comma 3 consistono nel permesso retribuito sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta e coperto anche ai fini previdenziali da contribuzione figurativa, di astenersi da lavoro.

Per beneficiare dei permessi legge 104, si deve essere in possesso di determinati requisiti:

  • i disabili affetti da situazioni di grave handicap;
  • i familiari di disabili portatori di handicap grave, quindi, ci si riferisce al coniuge o ai genitori biologici o adottivi;
  • i parenti o affini entro il secondo grado della persona disabile in situazione di gravità (l’estensione al terzo grado avviene se il coniuge o i genitori adottivi della persona portatrice di grave disabilità, abbiano almeno 65 anni d’età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o assenti sia fisicamente che giuridicamente.

E’ da evidenziare che alle persone che assistono il disabile sono concessi i permessi retribuiti 104 anche se equiparati alla famiglia del convivente di fatto e della parte dell’unione civile alle più conosciute figure familiari o parentali del disabile.

Ausili disabili con IVA al 4%, quando spetta l’agevolazione?

In questa rapida guida andremo a scoprire ed approfondire quando spetta l’agevolazione per gli ausili ai disabili con IVA al 4% e quali benefici può comportare per chi ne usufruisce.

Ausili disabili 4%, di cosa si tratta

Come molti sanno la normale aliquota sull’IVA è applicata al 22%, ma nel caso di disabilità c’è l’agevolazione in ausilio alle persone con disabilità, che riduce tale aliquota al 4%.

Con questa riduzione si dona agevolazione per l’acquisto di mezzi di notevole importanza per chi possiede disabilità, come ad esempio i seguenti soggetti:

  • servoscala e altri mezzi simili, in grado di permettere alle persone con ridotte o impedite capacità motorie il superamento di barriere architettoniche (tra le quali, anche le piattaforme elevatrici, se possiedono le specificità tecniche che le rendono idonee a garantire la mobilità dei disabili con ridotte o impedite capacità motorie)
  • protesi e ausili applicabili per menomazioni di tipo funzionale permanenti
  • protesi dentarie, apparecchi di ortopedia e di oculistica
  • apparecchi per sostegno audio, per i disabili non udenti
  • poltrone e veicoli simili, per inabili e persone non deambulanti, anche con motore o qualunque altro meccanismo di propulsione
  • prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere per il superamento o l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Oltre alle già citata detrazione dell’IVA al 4%, vi si può applicare anche la detrazione IRPEF del 19%, per l’acquisto di sussidi tecnici ed informatici, utili a fare da sostegno a chi possiede disabilità. Rientrano, ad esempio, nel beneficio le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, sia di comune reperibilità sia appositamente fabbricati.

A chi spetta l’agevolazione del 4%?

La risposta a questa domanda è presto data. Difatti, l’ applicazione dell’Iva al 4% è riconosciuta esclusivamente ai disabili in situazione di gravità ai sensi del comma 3 dell’articolo 3 della legge n. 104/1992.

Ma come si richiede, quindi l’agevolazione al 4% di agevolazione è un passo che andremo a scoprire nel prossimo paragrafo.

Agevolazione IVA al 4% come si richiede?

In maniera molto sostanziale, per poter beneficiare della aliquota al 4% sulle cessioni dei ausili tecnici e informatici sarà necessario che le persone con disabilità producano, al momento dell’acquisto, solo una copia del certificato attestante l’invalidità funzionale permanente rilasciato dall’azienda sanitaria locale competente o dalla commissione medica integrata. 

Va aggiunto, inoltre che l’Iva al 4si applica, tra le altre cose, anche alle prestazioni di servizi dipendenti da appalti per la costruzione di un immobile da adibire a prima casa, oltre che per interventi successivi. Rientrano nell’agevolazione tutti gli interventi che non rendono l’immobile di “lusso” ma ne migliorano le condizioni di abitabilità.

IVA al 4% per acquisto auto

Come è possibile acquistare un auto con la riduzione al 4% dell’IVA? Questa è una domanda assai in voga per le persone affette da gravi disabilità ma è bene specificare che questo beneficio è destinato solo a chi ha problemi di deambulazione e non basta, quindi, la gravità dell’handicap per poterne beneficiare.

Possiamo ben dire, per rispondere a tale quesito che vanno evidenziati tre punti basici per gli acquisti delle auto e dei veicoli effettuati dai disabili è con IVA al 4% applicabile:

  • sull’acquisto di autovetture nuove o usate, con una cilindrata fino a 2.000 centimetri cubici (se con motore a benzina o ibrido) o 2.800 centimetri cubici (se con motore diesel o ibrido) o fino a 150 kW se a motore elettrico;
  • sull’acquisto di autoveicoli, motocarrozzette, autoveicoli o motoveicoli per uso promiscuo o per trasporto specifico del disabile. Il veicolo deve essere adattato alla ridotta capacità motoria del disabile prima dell’acquisto (o perché così prodotto in serie o per effetto di modifiche fatte appositamente eseguire dallo stesso rivenditore);
  • alle prestazioni rese da officine per adattare i predetti veicoli (anche non nuovi di fabbrica), alla riparazione degli adattamenti, ai relativi acquisti di accessori e strumenti.

Si specifica che il venditore deve emettere fattura (pur laddove non richiesta dal cliente), con l’annotazione che si tratta di operazione effettuata ai sensi della legge n. 97/86 e della legge n. 449/97, ovvero della legge n. 342/2000 o della legge n. 388/2000.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più necessario da sapere in merito all’agevolazione dell’IVA al 4% per disabili gravi.

 

Pensione anticipata per invalidità: tutte le opzioni possibili

Si può accedere alla pensione anticipata per invalidità INPS, attraverso varie opzioni a cui possono accedere solo i lavoratori invalidi. Spetta alla commissione medica dell’INPS stabilirne la percentuale ed eventuale capacità lavorativa residua.

La pensione anticipata per invalidità può essere ottenuta con assegno ordinario di invalidità, per lavoratori precoci, Ape sociale e invalidità.

La pensione di vecchiaia anticipata per invalidità

E’ possibile andare in pensione in modo agevolato con requisiti ridotti rispetto a quelli previsti per la pensione di vecchiaia. E’ il caso di un lavoratore che possiede un’invalidità riconosciuta almeno pari all’80% e ai non vedenti.

La pensione anticipata riservata ai portatori di handicap all’80%, prevede che il suddetto lavoratore abbia versato almeno 20 anni di contributi, con un’età minima per gli uomini di 61 anni e per le donne di 56 anni.

Per quanto concerne il prepensionamento dei lavoratori non vedenti, si richiedono sempre almeno 20 anni di contributi, ma con un requisito anagrafico di almeno 56 anni per gli uomini e 51 anni per le donne.

L’anzianità contributiva scende da 20 a 15 anni per i beneficiari di una delle tre deroghe della Legge Amato: ossia quando la contribuzione è stata versata prima del 1992. Oppure, essere stati autorizzati al versamento di contributi volontari entro il 24 dicembre 1992. Oppure con almeno 25 anni di contributi maturati (primo contributo risalente ad almeno 25 anni prima), 15 anni di contributi effettivi derivanti da lavoro dipendente e almeno 10 anni lavorati in modo discontinuo, ovvero che non coprono le intere 52 settimane necessarie per compiere l’annualità.

La pensione anticipata per gli invalidi non inferiori all’80% e non vedenti viene riconosciuta ai soli lavoratori iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria dell’INPS (ad esclusione degli iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi) e alle forme di previdenza sostitutive dell’Assicurazione generale obbligatoria stessa. Il beneficio non include i dipendenti pubblici e i lavoratori autonomi.

Pensione anticipata per invalidità: quando si ha diritto alla quota 41

La pensione anticipata di invalidità è concessa ai lavoratori che hanno versato 41 anni di contributi che abbiano maturato 12 mesi di contributi prima del compimento del diciannovesimo anno d’età. Tuttavia, questo trattamento pensionistico anticipato riguarda solo i lavoratori precoci che rientrano in determinate categorie: gli invalidi ma non i disabili.

Il lavoratore precoce per ottenere quota 41 deve trovarsi in stato di disoccupazione, senza aver percepito la relativa indennità per almeno tre mesi. In alternativa può accedere alla pensione anticipata se sta assistendo un parente disabile da almeno sei mesi o se è un invalido con riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%.

Pensione anticipata per invalidità: ape sociale

L’Ape sociale spetta ai lavoratori iscritti all’AGO dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla Gestione Separata, i quali hanno una grado di invalidità riconosciuto almeno del 74% e che consente di ricevere un assegno pensionistico fino a 15.000 euro. Può accedere a tale beneficio chi ha almeno 63 anni d’età con una contribuzione pari a 30 anni. Le lavoratrici con figli potranno ricevere la riduzione dei contributi pari a un anno per ogni figlio, fino a un massimo di 2 anni.

Oppure, spetta ai lavoratori che assistono al momento della richiesta di pensione anticipata il coniuge o un parente di I grado convivente e portatore di grave handicap, o ancora un parente o un affine di II grado convivente i quali genitori o il coniuge della persona con grave handicap abbiano compiuto 70 anni d’età oppure siano stesso loro affetti da patologie invalidanti o siano decedute o mancanti, con un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni.

E ancora, possono accedere al trattamento previdenziale anticipato se sono dipendenti al momento della decorrenza dell’indennità, in possesso di 36 anni di anzianità contributiva e che abbiano svolto da almeno sette anni negli ultimi dieci o almeno 6 anni negli ultimi 7, una o più delle attività gravose.

Pensione anticipata con assegno ordinario di invalidità

Possono accedere alla pensione anticipata con assegno ordinario di invalidità, per l’appunto gli invalidi con almeno un grado relativo riconosciuto di almeno il 74%, purché in possesso di almeno cinque anni di contributi maturati all’INPS, di cui tre versati negli ultimi cinque anni, e di un’anzianità assicurativa di minino 5 anni.

L’assegno ordinario di invalidità non è una pensione vera e propria e ha una durata massima di tre anni, con possibilità di rinnovo da parte del beneficiario.

Acquisto condizionatore con IVA ordinaria: non è ausilio per disabili

La legge 104 del 1992 riconosce ai disabili e ai familiari rispetto ai quali sono fiscalmente a carico delle agevolazioni il cui obiettivo è aiutare il disabile ad avere una qualità della vita migliore e a relazionarsi con l’ambiente circostante e con le persone in modo completo.

Agevolazioni legge 104/1992

La legge 104 del 1992 è un importante pilastro del nostro ordinamento per la tutela del disabile e riconosce diversi gradi di disabilità in base alle patologie e alla loro gravità e in correlazione a tali caratteristiche prevede anche agevolazioni diverse. Proprio perché trattasi di una legge particolarmente complessa la normativa ha dato adito a dubbi interpretativi realtivi a cosa si potesse far rientrare tra gli acquisti con agevolazioni e in particolare con l’IVA agevolata oppure con IVA ordinaria. In questo caso ci occuperemo della possibilità di acquistare un condizionatore d’aria con l’IVA agevolata.

Se vuoi conoscere le agevolazioni spettanti ai disabili leggi l’articolo: Acquisti agevolati per invalidi con legge 104.

Acquisto del condizionatore con IVA ordinaria o agevolata?

La prima domanda a cui rispondere è: perché è sorto il dubbio interpretativo sulla possibilità di effettuare l’acquisto del condizionatore con  IVA ordinaria o agevolata? La risposta è semplice, infatti il decreto legge 669 del 1996 convertito in legge 30 del 1997 si occupa delle disposizioni urgenti in materia tributaria e all’articolo 2 comma 9 “prevede  l’applicazione dell’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto nella misura del 4 per cento agli ausili relativi a menomazioni  funzionali  permanenti,  si applica anche ai sussidi tecnici ed informatici rivolti a  facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap di cui all’articolo 3 della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104.  Con decreto del Ministro delle finanze sono stabilite le condizioni e  le modalità alle quali e’  subordinata  l’applicazione  della  predetta aliquota.”

Il successivo decreto di attuazione è del 14/03/1998 e all’articolo 2 a sua volta precisa che i dispositivi che possono godere di tale beneficio sono “ basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio“.

Disabilità: collegamento funzionale tra condizionatore e patologia

La parte che ha destato ambiguità al punto da indurre a pensare che i condizionatori potessero essere acquistati con IVA agevolata è quella inerente il controllo dell’ambiente. Nel caso concreto, un Associazione di categoria ha proposto un interpello sottolineando che si sono verificati casi di prescrizione del condizionatore per soggetti malati di sclerosi multipla. Molti medici specialisti del Servizio Pubblico (ASL)  sottolineano l’esistenza del collegamento funzionale tra la malattia e l’apparecchiatura e questo perché avere un clima confortevole, non eccessivamente caldo e umido in estate, evita ai pazienti un aggravamento della condizione di salute e in particolare riduce i sintomi.

Il condizionatore non è ausilio per disabili

Da questi dubbi interpretativi nasce l’esigenza della Risoluzione n° 57 del 3 maggio 2005 dell’Agenzia delle Entrate, in questa si precisa che il legislatore quando parla di controllo dell’ambiente intende riferirsi  “all’installazione  di  strumenti  basati su tecnologie  meccaniche, elettroniche   o   informatiche  che  consentano  al  disabile  il  superamento degli  impedimenti  derivanti  dal proprio handicap od il parziale  recupero di  migliori capacità motorie, uditive, visive o di linguaggio.”

Nella Risoluzione si sottolinea che deve trattarsi di ausili il cui obiettivo è dare maggiore autosufficienza e propone degli esempi: “dispositivi a telecomando che  consentono l’apertura  o  la  chiusura  di porte o finestre, l’accensione o lo  spegnimento di  luci,  rispondere  al  citofono  e  al  telefono,  gestire gli  elettrodomestici, la   televisione   oppure   gli   strumenti   meccanici  che  consentano di  conferire  una  certa  autonomia  permettendo,  ad  esempio, al  portatore di handicap di passare da una carrozzella al letto o viceversa”. Infine, nella Risoluzione l’Agenzia sottolinea che il Ministero della Salute è dello stesso parere e di conseguenza, sebbene sia evidente che il climatizzatore possa alleviare i sintomi per i soggetti colpiti da sclerosi multipla, la regola prevede l’acquisto del condizionatore con IVA ordinaria in quanto non è considerato un ausilio per disabili.

 

 

Controlli del datore di lavoro sui permessi legge 104 del 1992

La legge 104 è di fondamentale importanza per i portatori di handicap e per i loro familiari. Gli ultimi, al fine di svolgere il loro dovere di assistenza nei confronti del congiunto, possono utilizzare i permessi lavorativi della legge 104 del 1992, gli stessi prevedono però dei limiti. Naturalmente in questo settore non sono mancati nel tempo i furbetti che hanno utilizzato i permessi legge 104 per fini personali e diversi dall’assistenza ai familiari. I controlli del datore di lavoro possono però aiutarlo a tutelarsi da comportamenti impropri, ecco cosa può fare senza incorrere in reati.

Utilizzo improprio dei permessi legge 104/1992

I permessi legge 104 del 1992 sono diversi e dipendono dalla situazione concreta del disabile, di sicuro quelli più conosciuti e utilizzati sono i 3 giorni di permessi retribuiti in cui il lavoratore può astenersi dall’attività lavorativa. Questi permessi sono però strettamente correlati all’assistenza del disabile, cioè non possono essere utilizzati per fini personali e in caso di uso improprio sono previste delle sanzioni particolarmente pesanti.

Vuoi conoscere le sanzioni per chi abusa dei permessi legge 104/1992? Leggi l’articolo Lavoro e legge 104: quali sanzioni per chi abusa dei permessi?

I permessi legge 104 possono essere usufruiti da un solo parente, anche se vi sono dei casi in cui è possibile avvalersi dell’assistenza saltuaria. Il soggetto che li usa deve utilizzare il tempo dei permessi per assistenza materiale al disabile, ad esempio per accompagnarlo a visite, alcune sentenze hanno stabilito che non incorre in sanzioni il lavoratore che durante le ore di permesso si rechi a fare commissioni per il disabile, ad esempio si occupi della spesa, vada in farmacia, non deve però allontanarsi dalla città in cui si trova il disabile. Naturalmente il datore di lavoro può avere dei sospetti su un abuso dei permessi per l’assistenza ai disabili, occorre infatti ricordare che mentre si usufruisce degli stessi non ci può essere visita fiscale, come avviene con i dipendenti in malattia, e non c’è obbligo di reperibilità e questo potrebbe portare alcuni dipendenti ad approfittare delal situazione.

Quali sono i poteri di controllo del datore di lavoro sui permessi legge 104?

La prima cosa da sottolineare è che in linea di massima il datore di lavoro non può far pedinare il lavoratore, tanto meno per scoprire cosa fa negli orari in cui è libero dal lavoro, ma la Corte di Cassazione nelle sue sentenze ha ben tollerato una mitigazione di tale principio. In particolare ha sentenziato che nel caso in cui il datore di lavoro abbia il fondato sospetto che i permessi legge 104 siano utilizzati in modo improprio dal lavoratore, il pedinamento è legittimo, ma deve essere svolto esclusivamente negli orari in cui il lavoratore si avvale dei permessi stessi.

Cosa vuol dire legittimo sospetto? Anche in questo caso la Corte di Cassazione è stata abbastanza morbida, infatti anche il semplice fatto che il dipendente usufruisca dei permessi sempre durante il week end, al ridosso di festività o delle vacanze, può avallare l’ipotesi che in realtà i permessi legge 104 siano utilizzati per fini personali e quindi ci sia un abuso.

Il legittimo sospetto può essere sostenuto anche con altri mezzi di prova, ad esempio la giurisprudenza ormai ammette che possano essere utilizzate come prove anche le foto postate sui profili social. Inoltre, è possibile avvalersi della prova testimoniale, ad esempio un collega che affermi di aver visto il dipendente che mentre stava usufruendo di permessi legge 104 era a un party.

Le indagini effettuate dall’investigatore devono comunque svolgersi in modo opportuno e quindi senza ledere la privacy del dipendente.

Sentenze della Corte di Cassazione

Il disvalore sociale dell’abuso dei permessi

I dipendenti che hanno un comportamento scorretto sono sanzionabili con il licenziamento disciplinare, questo perché si tratta di una violazione grave che lede il datore di lavoro che, per consentire al lavoratore di adempiere i suoi doveri di solidarietà familiare deve riorganizzare il proprio lavoro e rinunciare alla produttività di quel dipendente, ma anche a carico della collettività, infatti la retribuzione per i permessi legge 104 del 1992 è a carico dal datore di lavoro ma poi ricade sulle casse dell’INPS e quindi della collettività.

Il disvalore sociale è oggetto di attenzione anche della Corte di Cassazione nella sentenza 8784 del 2015 in cui sottolinea che tale comportamento implica“un disvalore sociale giacché il  lavoratore aveva usufruito di permessi per l’assistenza a portatori di handicap per soddisfare proprie esigenze personali scaricando il costo di tali esigenze sulla intera collettività, stante che i permessi sono retribuiti in via anticipata dal datore di lavoro, il quale poi viene sollevato dall’ente previdenziale del relativo onere anche ai fini contributivi e costringe il datore di lavoro ad organizzare ad ogni permesso diversamente il lavoro in azienda ed i propri compagni di lavoro, che lo devono sostituire, ad una maggiore penosità della prestazione lavorativa”.

La sentenza appare particolarmente gravosa, infatti, non rileva che il dipendente non abbia subito precedenti censure sul luogo di lavoro e che non ci siano altri provvedimenti disciplinari a suo carico. Non rileva neanche il fatto che, a detta del lavoratore, solo una parte delle ore di permesso sia stata utilizzata in modo improprio (per recarsi a una festa) mentre le altre ore erano state utilizzate effettivamente per prestare assistenza. Il disvalore per la Corte è nel semplice abuso perpetrato.

Attenzione ai social

Particolare attenzione deve essere posta perché la Corte di Cassazione, sezione VI, sotto sezione L, nell’ordinanza 2743 del 2019 ha precisato che non rileva neanche la circostanza che il fatto contestato si sia verificato una sola volta perché anche in tal caso il licenziamento disciplinare resta valido. Tra l’altro questa ordinanza è fondamentale perché riguarda proprio l’ipotesi in cui a suffragare la contestazione del datore di lavoro convergevano foto pubblicate su facebook nel giorno in cui il lavoratore doveva prestare assistenza al disabile e le attività investigative commissionate dal datore di lavoro.

Sintesi sui poteri di controllo del datore di lavoro sui permessi legge 104

Il datore di lavoro nel caso in cui il lavoratore abusi o utilizzi in modo improprio i benefici previsti dalla legge 104 e in particolare i permessi di lavoro è sicuramente un soggetto danneggiato. Gli viene quindi data la possibilità di tutelarsi e licenziare il dipendente che durante i permessi non si occupi del disabile. In caso di contestazione del licenziamento può provare il comportamento infedele del lavoratore attraverso:

  • prove documentali (tra cui foto postate sui social);
  • prove testimoniali;
  • indagini condotte da un investigatore privato ( devono svolgersi con particolare attenzione in quanto non possono sfociare nel reato e sono da utilizzare quando vi sia un fondato sospetto di comportamento illegittimo).

Assegno ordinario di invalidità, quando da diritto a contribuzione figurativa?

Cosa si intende per assegno ordinario di invalidità, come si calcola il suo importo e soprattutto quando questo da diritto ad una contribuzione figurativa? Questo ed altro ancora in merito all’assegno ordinario di invalidità, andremo a scoprire in questa rapida guida.

Assegno ordinario di invalidità, cosa è?

Ovviamente, come è ben definito dal suo stesso nome, quando si parla di assegno di invalidità si fa riferimento ad un pagamento economico rivolto a persone con invalidità.

Nello specifico, possiamo dire che quando si parla di tale assegno, ovvero l’assegno ordinario di invalidità, si parla di una prestazione economica, erogata a domanda, in favore di coloro la cui capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale.

Quindi per tradurre il tutto in domanda più essenziale,  chi spetta l’assegno ordinario di invalidità? Molto semplicemente, hanno diritto allassegno di invalidità INPS i lavoratori dipendenti, gli autonomi (tra cui, artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri), nonché gli iscritti ad alcuni fondi pensione sostitutivi ed integrativi dell’assicurazione generale obbligatoria, i quali vedono ridotta la propria capacità lavorativa di un terzo.

A differenza degli invalidi ad un terzo, vi sono gli invalidi civili.

Ovvero, per stessa definizione dell’INPS

Si considerano mutilati e invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo (compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico o per insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali), che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età“.

Come si calcola l’ importo dell’assegno di invalidità?

Questo onere, diciamo così, è un qualcosa che spetta all’INPS. Ma su quali basi, avverrà questo calcolo?

L’INPS andrà a calcolare l’importo dell’ assegno ordinario di invalidità sulla base dei contributi che risultano versati a nome del richiedente e, nello specifico:
  1. Con il sistema contributivo se si ha iniziato a lavorare dal 1996.
  2. Con il sistema misto (retributivo e contributivo) qualora si avesse iniziato a lavorare prima del 1996.

Quando tale assegno dà contributi figurativi

E dunque, veniamo al nodo della questione, ovvero scoprire se e quando l’assegno di invalidità ordinaria da diritto a contribuzione figurativa.

La risposta a tale quesito è presto data. Infatti, nei periodi in cui si percepisce un assegno ordinario di invalidità senza svolgere attività lavorativa, viene riconosciuta contribuzione figurativa utile al riconoscimento futuro (può accadere nel caso l’assegno ordinario non venga riconfermato in revisione) dell’assegno stesso. La contribuzione figurativa dell’assegno ordinario di invalidità viene, inoltre, riconosciuta per il raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia per un massimo di 3 anni a chi, al raggiungimento dei 67 anni non ha maturato i 20 anni di contributi necessari per l’accesso. In questo caso, però, la contribuzione sarà valida solo per il diritto e non per ma misura.

Va aggiunto che per i lavoratori del settore privato (autonomi o dipendenti che essi siano) l’ordinamento prevede che l’assegno ordinario di invalidità venga trasformato in pensione di vecchiaia al perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legge Fornero.

Dunque, questo è quanto di più utile ed essenziale vi fosse da sapere in merito alla questione degli assegni ordinari di invalidità.

 

Assegno ordinario di invalidità: la guida completa alla misura

Per ottenere l’assegno ordinario di invalidità, al destinatario deve essere riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore a due terzi. Tale prestazione economica è irreversibile per superstiti e viene erogata dall’INPS per la perdita di codesta capacità di lavoro a causa di una riscontrata infermità mentale o fisica.

L’assegno ordinario di invalidità è diverso dall’assegno di invalidità civile che consiste in una prestazione assistenziale non legata al requisito della contribuzione e ottenibile dai soggetti in possesso di determinati requisiti di reddito.

A chi spetta l’assegno ordinario di invalidità?

Possono fruire di codesta prestazione economica i lavoratori dipendenti, parasubordinati e autonomi, ma non i dipendenti pubblici che fruiscono già delle discipline speciali previste dalla normativa vigente.

In ogni caso i dipendenti pubblici non sono esclusi a priori dal beneficio: un lavoratore che ha ottenuto l’assegno ordinario di invalidità, per esempio, può cambiare lavoro ed essere assunto nella pubblica amministrazione pur conservando il diritto all’AOI (maturato con i contributi versati nel settore privato).

Un dipendente pubblico, poi, che svolge, ad esempio anche lavoro autonomo può avere diritto all’assegno grazie ai contributi maturati nell’attività autonoma o, ancora, può avere diritto se ha versato almeno 5 anni di contributi di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio, lavorando nel settore privato. Di fatto, quindi, non si può parlare di incompatibilità tra assegno ordinario di invalidità e lavoro nella pubblica amministrazione.

I destinatari dell’assegno ordinario di invalidità devono essere lavoratori iscritti all’AGO e in alcune gestioni sostitutive. L’invalidità deve ridurre a meno di un terzo della capacità lavorativa e devono risultare versati cinque anni di contributi, di cui tre nei cinque anni precedenti la richiesta dell’agevolazione.

E’ possibile svolgere un’attività lavorativa?

I percettori di un assegno ordinario di invalidità possono svolgere un’attività di lavoro sia dipendente che autonoma. Ma se i redditi percepiti sono superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, l’assegno viene ridotto del 25% che sale al 50% nel caso in cui i redditi conseguiti sono superiori cinque volte il trattamento minimo.

Il requisito contributivo

Per ottenere l’assegno ordinario di invalidità i lavoratori devono essere iscritti all’AGO da almeno cinque anni con altrettanti contributi versati, di cui tre nel quinquennio precedente la data di presentazione della relativa domanda.

Tuttavia, vanno esclusi i seguenti periodi “neutri” ai fini della determinazione del requisito contributivo:

  • congedo parentale;
  • lavoro subordinati all’estero non devono essere protetti agli effetti delle assicurazioni interessate in base a convenzioni o da accordi internazionali;
  • servizio militare eccedente il servizio di leva;
  • malattia superiori a un anno;
  • iscrizione a forme di previdenza obbligatorie diverse da quelle sostitutive dell’assicurazione Ivs per i quali sia stabilito altro trattamento obbligatorio di previdenza, quando non diano luogo a corresponsione di pensione.

Il requisito medico legale

Il beneficiario dell’assegno ordinario di invalidità deve avere una capacità di lavoro ridotta permanentemente, causa un’infermità psichica o fisica, ad almeno un terzo. La determinazione di questa condizione è legata al requisito medico legale che viene effettuato in relazione all’attività lavorativa confacente alle capacità dell’assicurato. Per tale motivo, non si può fare riferimento alla determinazione delle tabelle previste per l’assegno di invalidità civile che prendono in considerazione la riduzione della capacità lavorativa in generale. Per questo motivo non si parla di percentuale di invalidità civile quando si prendono in considerazione i requisiti di accesso alla misura, molto spesso, infatti, solo il 67% di invalidità civile non basta per avere diritto all’assegno, sopratutto se la patologia invalidante non compromette la capacità lavorativa propria della mansione svolta.

Si acquisisce il diritto all’assegno ordinario di invalidità anche se la riduzione lavorativa limitata ad almeno un terzo sia preesistente al rapporto assicurativo, sempre che ci sia stato un successivo aggravamento o il sopraggiungere di nuove infermità. In tal caso, si procederà a un nuovo accertamento fisico o psichico che rilevi le nuove condizioni di salute dopo l’instaurazione del rapporto di lavoro.

La valenza figurativa dei periodi di fruizione dell’assegno

Indipendentemente dai motivi per cui cessa l’assegno ordinario di invalidità, i periodi di cui si è beneficiato della prestazione nei quali non è stata prestata attività lavorativa, vengono considerati figurativamente utili ai fini del conseguimento dei requisiti di contribuzione per un eventuale altro riconoscimento dell’assegno o per il conseguimento della pensione di vecchiaia. In questo caso, il riconoscimento è utile ai fini del diritto ma non della misura della prestazione. L’agevolazione vale solo per i dipendenti e non per gli autonomi.

La durata dell’assegno

La prestazione previdenziale è riconosciuta per un periodo di tre anni ed è confermabile, su richiesta del titolare, per altri due trienni se permangano le medesime condizioni medico legali. Dopo tre riconoscimenti consecutivi l’assegno di invalidità è confermato automaticamente, ferma restando la facoltà di revisione.

L‘Inps può in qualsiasi momento sottoporre il titolare della prestazione ad accertamenti medico legali per la revisione dello stato di invalidità.

L’importo

L’assegno è calcolato sulla base dei contributi effettivamente versati al momento della richiesta, con eventuale integrazione al minimo, a condizione che non vengano considerati le soglie di reddito personali e coniugali.

  • Anno 2021 – pensionato 11.967,28 euro – pensionato coniugato 17.950,92 euro

Integrazione al minimo

Quando l’assegno è inferiore al trattamento minimo, potrà essere integrato a quella della stessa gestione. Tuttavia, l’integrazione non spetta ai possessori di redditi tassati IRPEF per un importo superiore a due volte l’ammontare annuo della pensione sociale; ai coniugati e non separati legalmente, qualora il reddito totale sia superiore a tre volte l’importo della pensione sociale; a coloro che hanno la pensione interamente calcolata con il sistema contributivo.

Al compimento dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia l’assegno ordinario di invalidità si trasforma d’ufficio in pensione di vecchiaia.

La compatibilità con la prestazione di attività lavorativa

La soglia di invalidità per il riconoscimento dell’assegno è costituita dal almeno due terzi della capacità lavorativa. Pertanto il beneficiario può continuare a svolgere un’attività di lavoro redditizia, percependo al contempo la prestazione previdenziale. Tuttavia, se il reddito conseguito è quattro volte superiore il trattamento minimo INPS vigente, l’assegno viene decurtato del 25% che diventa 50% se è superiore a cinque volte l’importo dell’assegno.

Lavoro e legge 104: quali sanzioni per chi abusa dei permessi?

Lavoro e legge 104/1992, oggi poniamo l’accento sul corretto utilizzo dei relativi permessi che devono assolutamente essere legati all’assistenza del familiare disabile. Un utilizzo improprio si trasformerebbe non solo in un abuso giuridico ma anche una violazione dell’etica del lavoro e della buona fede nei confronti non solo del datore di lavoro ma anche dell’ente assicurativo.

L’abuso dei permessi legge 104 può avere pesanti conseguenze, come il licenziamento e un procedimento penale per indebita percezione dei contributi INPS. La Corte di Cassazione si è nuovamente espressa nel merito, proprio con l’intento di ribadire le conseguenze di un tale scorretto comportamento da parte del fruitore dei permessi legge 104.

Le sanzioni per l’abuso dei permessi legge 104

Purtroppo, capita (e non dovrebbe) che il lavoratore che ottiene il permesso legge 104 retribuito per la durata prevista di tre giorni, sottragga delle ore dedicate all’assistenza del familiare disabile per svolgere mansioni che nulla hanno a che fare con essa.

I permessi retribuiti legge 104 non obbligano il fruitore a compiere azioni strettamente legate all’assistenza del familiare portatore di grave handicap, ma nemmeno vengono concessi per consentire attività estranee all’assistenza di cui sopra. Fare ciò, significa abusare del permesso e frodare. Per tale motivo, sono previste sanzioni che possono portare anche a un licenziamento per giusta causa del lavoratore.

Leggi anche: Patologie legge 104 del 1992: quali sono riconosciute?

L’abuso dei permessi legge 104: cosa dice la Cassazione su un caso di licenziamento per giusta causa

Una recente sentenza dei Giudici di Cassazione (n. 17102 del 16 giugno 2021) ha rigettato il ricorso di un lavoratore presentato alla Corte per contestare il subito licenziamento per giusta causa operato dall’azienda per cui lavorava.

Il fatto:

Il lavoratore aveva utilizzato dei permessi legge 104 concessi dall’azienda per assistere la madre del dipendente, per recarsi al mercato, al supermercato e successivamente al mare con la famiglia, invece di utilizzare le ore di assenza dal lavoro per assistere la madre convivente in casa con il marito. Ad aggravare la situazione, il cambio di residenza del familiare disabile non comunicato al datore di lavoro, se non a seguito delle contestazioni disciplinari, ciò ha impedito a quest’ultimo di svolgere i controlli.

La condotta del lavoratore dipendente ha provocato la rottura del rapporto di fiducia che si era instaurato con l’azienda, offrendo su un piatto d’argento la possibilità da parte del datore di lavoro di procedere con il licenziamento per giusta causa. Affinché ciò accada, non è necessario che vi sia stato un comportamento simile in precedenza, è sufficiente il fatto di per sé.

Tale condotta, ossia non utilizzare il permesso retribuito legge 104 per assistere il familiare disabile, rappresenta anche una truffa nei confronti dell’INPS. La legge 104/1992 a proposito di permessi retribuiti concessi ai lavoratori, non esige una cura continuativa e, quindi, una presenza constante del dipendente nei confronti del familiare per cui è stata chiesta assistenza, tuttavia, obbliga che la gran parte del tempo venga utilizzato per farlo. L’assistenza va concentrata soprattutto nelle ore di assenza da lavoro richieste per metterla in atto.

Sanzioni diverse per abuso dei permessi legge 104

Detto, come nel caso specifico di cui sopra trattato da una recente sentenza della Cassazione, di una delle sanzioni più pesanti che un lavoratore può ricevere per abuso dei permessi legge 104, ossia il licenziamento (in tronco) per giusta causa, esistono anche altri tipi di sanzione che vanno da una pesante sanzione amministrativa fino al carcere, in quanto si è di fronte a un reato.

Ad esempio, la querela esposta ai danni del dipendente da parte dell’INPS per indebita percezione dei contributi e dal datore di lavoro per retribuzione percepita indebita, può portare anche ad una pena detentiva che va dai sei mesi ai tre anni di reclusione. Tuttavia, se il denaro percepito indebitamente non supera i 3.996,96 euro, si applica solo (si fa per dire) una sanzione amministrativa che va da 5.164 euro fino a 25.822 euro.

Ma cosa è concesso dai permessi legge 104?

Come già anticipato poc’anzi, la legge sui permessi retribuiti per assistere un familiare disabile, non è poi così stringente. Il lavoratore che ne fruisce, può anche utilizzare una parte marginale del tempo per fare delle commissioni personale e ritenuti essenziali (una spesa veloce, accompagnare i figli a scuola, comprare medicine, accertarsi saltuariamente e rapidamente di come procedono i lavori, allontanandosi sporadicamente dal domicilio del familiare disabile.

In conclusione, si può affermare che i permessi legge 104 concessi per l’assistenza di un familiare disabile, non costringono a passare ogni minuto delle ore sottratte al lavoro per assisterlo, ma sicuramente per una gran parte del tempo, quando quella restante è impiegata per attività essenziali e di breve durata, che non possono essere certamente costituite da una chiacchierata in un bar con gli amici, dedicarsi al riposo casalingo o andare addirittura in gita, in quanto considerate attività continuative ed estranee a quelle richieste per la fruizione dei permessi retribuiti legge 104.

Leggi anche: Trasferimenti del lavoratore con legge 104: quando operano i limiti?

Acquisti agevolati per invalidi con legge 104: quali sono e a chi spettano

La legge 104 del 1992 è rubricata legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Riconosce a coloro che ottengono tale status una serie di aiuti il cui obiettivo è migliorare la loro qualità della vita. Di molti diritti/benefici si avvale direttamente il soggetto che ha la patologia che porta alla accettazione della domanda per legge 104, mentre di altri possono beneficiare anche coloro che si occupano del soggetto, cioè i familiari. In questo caso parliamo degli acquisti agevolati  per invalidi con legge 104.

Se hai bisogno di sapere a chi sono riconosciuti i benefici della legge 104, leggi la guida: Patologie legge 104: quali sono riconosciute

Acquisti agevolati per disabili

La prima cosa da sottolineare sugli acquisti agevolati per invalidi è che gli stessi prevedono semplicemente per alcune la deduzione delle spese sostenute dai redditi, per altre la possibilità di accedere all’IVA agevolata al 4% e, infine, la possibilità di portare i costi sostenuti in detrazione al 19% o al 36%. Occorre inoltre ricordare che l’effettiva possibilità di acquistare determinati beni dipende dalla tipologia di patologia, questo vuol dire che non tutti ottengono le stesse agevolazioni.

Automobili per disabili con legge 104

La prima tipologia di acquisti agevolati per invalidi legge 104, riguarda le automobili, questo perché sicuramente è la categoria che desta maggiore interesse in quanto, vista l’entità dei costi da sostenere, vi è un maggiore risparmio.

Il beneficio in questo caso viene riconosciuto ai disabili gravi, a coloro che sono colpiti da cecità, sordità, ridotte o nulle capacità motorie. Il diritto viene riconosciuto al disabile oppure a un familiare del disabile, purché questo sia fiscalmente a suo carico, ad esempio se i benefici della legge 104 sono riconosciuti a un minore, dell’acquisto dell’auto può usufruire il genitore. I benefici previsti sono:

  • riduzione dell’IVA al 4%;
  • detrazione IRPEF al 19%, ma per un importo massimo di 18.075,99 euro;
  • esenzione dal pagamento del bollo auto;
  • viene, infine, esclusa l’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà.

Questi benefici sono cumulabili. Vuoi scoprire in quali casi ci possono essere più soggetti che possono fornire assistenza a un disabile? Leggi l’articolo Assistenza saltuaria legge 104.

Acquisti agevolati per invalidi con legge 104: mezzi tecnologici

Probabilmente hai sentito parlare della possibilità di acquistare a condizioni agevolate anche dei dispositivi di nuova generazione come PC, tablet, smartphone, telefoni con viva voce e dispositivi elettronici in genere. In questo caso l’agevolazione prevede l’IVA agevolata al 4% e detrazione dei costi dall’IRPEF al 19%. Tali benefici però non sono riconosciuti sempre, ma solo nel caso in cui tali strumenti possano aiutare il disabile a comunicare.

Il Ministero Economie e Finanze ha recentemente  modificato le procedure previste per ottenere questa agevolazione con una nota pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 4 maggio 2021. Ora al momento dell’acquisto occorre esibire  una copia del certificato in cui si attesta l’invalidità funzionale permanente, rilasciato dall’ASL competente o dalla commissione medica integrata.  Qualora però questo certificato non attesti la relazione tra i dispositivi tecnici digitali e la menomazione, quindi la reale funzionalità di tali beni in relazione alla patologia, sarà necessario richiedere al proprio medico curante il rilascio di un certificato da cui emerga l’utilità del bene per il paziente.

In questo caso si può notare che l’unico a poter beneficiare dell’agevolazione è il disabile.

Abbattimento barriere architettoniche

Tra gli acquisti agevolati per disabili con legge 104 ci sono anche quelli relativi all’abbattimento delle barriere architettoniche. Il disabile, o chi presta assistenza, ad esempio i genitori, hanno diritto ad una detrazione al 36% dall’IRPEF del costo sostenuto per l’acquisto di ascensori, servoscale e altri ausili per disabili il cui obiettivo è migliorare la libertà di movimento del soggetto. Se i lavori per l’eliminazione delle barriere architettoniche sono svolti contemporaneamente a un intervento di ristrutturazione per cui è prevista la detrazione al 50%, è possibile usufruire di questa. Nel caso in cui con i lavori di ristrutturazione si superino i limiti di detrazione previsti per legge, è possibile cumulare i due benefici.

Bonus bollette elettriche

La normativa a tutela dei disabili prevede anche un particolare bonus bollette elettriche riconosciuto in favore dei soggetti che, a causa della patologia che ha portato al riconoscimento della legge 104, devono utilizzare ausili elettronici, ad esempio apparecchiature alla funzione di supporto cario-respiratoria, dispositivi per la prevenzione e il trattamento delle piaghe da decubito, ausili per il sollevamento, macchinari per il sostegno della funzione renale e simili.

In questo caso è possibile ottenere uno sconto in bolletta. Per richiederlo è possibile rivolgersi al comune di residenza o a un CAF e presentare la documentazione che attesta la patologia, la necessità di utilizzare ausili e la tipologia di essi. Occorre inserire un documento di riconoscimento e codice fiscale del beneficiario, l’indirizzo di residenza del disabile e il codice POD del contatore. Il bonus dipende  dalla fascia di consumo, ad esempio se il nucleo ha un consumo extra rispetto alla “famiglia tipo” di 600 KW/h l’anno, il risparmio è di 189 euro l’anno se la potenza impegnata è di 3 KW e 442 per potenze superiori.

Il risparmio aumenta se il consumo extra rispetto a una situazione tipo è tra i 600 e i 1200 KW/h, in questo caso si possono risparmiare fino a 559 euro o addirittura superiore a tali limiti. nel compilare la domanda occorre anche precisare per quanto tempo nell’arco della gironata viene utilizzato il dispositivo. E’ normale che debba esservi una certa congruita tra i consumi e effettivi e l’uso che viene fatto del dispositivo.