Trasferimenti del lavoratore con legge 104: quando operano i limiti?

Il dipendente che assiste un proprio familiare disabile ai sensi della Legge 104/92 non può essere trasferito unilateralmente dal datore di lavoro, da una sede all’altra, quantunque il trasferimento non comporti il passaggio ad una nuova unità produttiva.

Trasferimenti del lavoratore con legge 104: i vincoli

Esistono dei limiti prestabiliti con riferimento al trasferimento del lavoratore che beneficia dei permessi della Legge 104 in caso di assistenza familiari portatori di handicap. Detto ciò, se il dipendente rifiuta il trasferimento il datore di lavoro non è legittimato a licenziarlo, così come si evince dalla sentenza n. 24015 del 2017 della Corte di Cassazione.

Quando si valuta il trasferimento sede ai sensi della Legge 104/1992 del lavoratore dipendente che gode ogni mese dei permessi relativi all’assistenza di familiari disabili, non può valere il riferimento posto dall’articolo 1203 del codice civile legato al concetto di unità produttiva, mentre perché scatti il divieto basta che vi sia un mutamento geografico del luogo dove si svolge la prestazione lavorativa.

Il riconoscimento al lavoratore dello speciale regime di protezione si pone l’obiettivo di tutelare il familiare che rientra nelle categorie protette a mantenere invariate le condizioni di assistenza nel rispetto di quanto previsto dalla Costituzione, dalla Carta di Nizza che salvaguarda il diritto dei portatori di handicap di beneficiare delle misure tese al loro inserimento sociale, e dalla Convenzione delle Nazioni unite del 13 dicembre 2006 in materia di protezione disabili.

Una delle parti comprese nella Legge 104/92 legittima il dipendente a rifiutare di trasferirsi in un sede che possa pregiudicare l’assistenza prestata al familiare disabile o comunque nel caso in cui il datore di lavoro non dimostri effettivamente che il trasferimento è dovuto per ragioni tecniche, organizzative e produttive dell’azienda che, diversamente non avrebbe potuto soddisfare.

Quando il datore di lavoro può pretendere il trasferimento sede legge 104

Questo unico caso che concede la possibilità al datore di lavoro di operare in modo legittimo il trasferimento del dipendente che assiste ai sensi della legge 104 un familiare disabile, deve essere comprovato in casi eclatanti, dove sono palesi le evidenze delle esigenze aziendali di carattere tecnico quanto organizzativo. Quindi, spetta sempre al datore di lavoro l’onere di fornire tali dimostrazione e che non esiste un alto modo per soddisfare i bisogni al momento di quell’azienda.

Legge 104 e trasferimenti lavoratore: quali limiti?

Il lavoratore dipendente con la legge 104 può essere trasferito?

Il dipendente che assiste in modo continuativo un proprio familiare disabile ai sensi della legge 104/92 non può essere trasferito in modo unilaterale da una sede di lavoro a una nuova, anche se ciò dovesse comportare uno spostamento ad una nuova unità produttiva. Ciò rappresenta una tutela per i soggetti svantaggiati portatori di handicap, i quali hanno diritto a scegliere la sede lavorativa più vicina al loro domicilio o al luogo dove si recano per effettuare le cure mediche. La stessa regola vale per chi assiste un familiare disabile.

Vincoli 104 al trasferimento del lavoratore

Infatti, ci sono alcuni vincoli legati al trasferimento del lavoratore che beneficia dei permessi concessi tramite la legge 104 per prestazione di assistenza a un familiare portatore di handicap. In virtù di tali vincoli, il dipendente che fruisce della legge 104 può rifiutare lo spostamento in una nuova sede anche se appartenente alla medesima unità produttiva, senza che il datore di lavoro possa licenziarlo legittimamente.

Quando si valuta il trasferimento sede in 104 del lavoratore dipendente a cui sono concessi permessi mensili per assistere i familiari disabili, non può operare il riferimento posto dell’articolo 2103 del codice civile al concetto di un’unità produttiva, mentre perché scatti il divieto è sufficiente che vi sia un cambiamento geografico del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa.

Al dipendente viene riconosciuto lo speciale regime di protezione che ha come finalità la tutele del congiunto che rientra nelle categorie protette a mantenere inalterate le condizioni di assistenza nel rispetto di quanto previsto dalla Costituzione, dalla Carta di Nizza, che salvaguarda il diritto dei disabili di beneficiare di misure rivolte al loro inserimento sociale, e dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 in materia di protezione dei disabili.

Trasferimento per handicap meno grave: è possibile?

L’entità dell’handicap va stabilita da una commissione istituita presso l’ASL, in quanto farlo comporta differenti prerogative e agevolazioni per il beneficiario. Tuttavia, nel caso di trasferimento di sede aziendale” la suddetta valutazione non assume alcuna rilevanza.

Infatti, con la sentenza n. 25379/2016 la Corte di Cassazione ha chiarito che la condizione più o meno grave di disabilità non incide sulla possibilità da parte del datore di lavoro di operare un trasferimento, tanto meno con riferimento al familiare che assiste il disabile.

Trasferimento con 104: l’unico caso in cui è possibile

Sin qui, appare del tutto evidente che chi usufruisce della legge 104 beneficia di un particolare regime di protezione. Eppure, esiste un caso in cui il datore di lavoro può trasferire il lavoratore in un’altra sede, senza che quest’ultimo possa opporsi al trasferimento.

In poche parole, ciò accade quando il datore di lavoro trasferisce il dipendente fruitore della 104 in un’altra sede, a condizione che sussistano esigenze aziendali effettive e urgenti. Ad ogni modo, l’azienda dovrà dimostrare in giudizio che la richiesta di trasferimento del dipendente non può essere evitata in alcun modo, in quanto strettamente legata ai bisogni produttivi aziendali. Questo è l’unico caso che può essere riconosciuto valido dalla Suprema Corte di Cassazione dopo averne verificato i presupposti e percepito che non esistono alternative per soddisfare le esigenze dell’azienda che possono essere di carattere tecnico, organizzativo o produttivo.

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Quando si può chiedere il congedo straordinario

I lavoratori che assistono un familiare disabile hanno diritto alla fruizione di un congedo straordinario retribuito, ma solo a determinate condizioni.

Per congedo straordinario s’intende un lungo periodo di assenza dal lavoro di cui usufruisce il lavoratore per assistere un disabile e durante il quale ha diritto di ricevere un’indennità, solitamente erogata dall’INPS ma anticipata dal datore di lavoro.

Tale aspettativa può essere richiesta se il familiare assistito è affetto da grave disabilità per una durata massima di due anni, per ogni lavoratore e per ogni portatore di grave handicap.

E’ considerato disabile grave la persona con una minorazione psichica, fisica o sensoriale che ne ha ridotto l’autonomia personale tanto da rendere indispensabile un assistenza totale, permanente e continuativa.

Congedo straordinario: a chi spetta

Possono fruire del congedo straordinario i lavoratori dipendenti familiari del disabile grave, secondo un ben definito ordine prioritario;

  • Il coniuge o la parte dell’unione civile convivente;
  • uno dei genitori (anche adottivi o affidatari) in caso di decesso o presenza di patologie invalidanti del coniuge;
  • uno dei figli conviventi, in caso di assenza o decesso dei genitori e se questi sono affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei fratelli o sorelle conviventi, dovuti da assenza o decesso o ancora da presenza di patologie invalidanti dei figli;
  • un parente o affine entro il terzo grado convivente, se fratelli e sorelle mancano o sono deceduti o sono affetti da patologie invalidanti.

Il requisito della convivenza (verificata) è indispensabile se il congedo straordinario è richiesto dal coniuge o dalla parte dell’unione civile, dai figli, fratelli e sorelle, parenti e affini entro il terzo grado del disabile grave.

I lavoratori esclusi dal congedo straordinario

Non possono fruire del congedo straordinario per l’assistenza dei disabili i lavoratori autonomi, parasubordinati, domestici e familiari o che assistono un disabile ricoverato a tempo pieno (fatte salve alcune eccezioni previste dalla legge). I dipendenti a domicilio o a contratto a tempo parziale verticale durante le pause di sospensione contrattuale e gli agricoli giornalieri.

Congedo straordinario: durata

Come già anticipato, la durata massima del congedo straordinario per ogni lavoratore e con riferimento a ogni disabile è pari a due anni (anche non continuativi e frazionabili in giorni ma non in ore).

Non è possibile raddoppiare questa aspettativa per lo stesso lavoratore. Tuttavia, se ci sono due figli disabili gravi all’interno nel nucleo familiare, può succedere che uno dei genitori fruisca dei due anni di congedo per uno dei figli e l’altro genitore di due anni per l’altro figlio.

I sabato e le domeniche, così come i giorni festivi sono conteggiati nel congedo (salvo la ripresa del lavoro). Sono esclusi dal computo i giorni di ferie, di malattia, le festività. L’assenza per congedo straordinario e l’indennità decorrono dalla data della domanda.

Fruizione del congedo straordinario: requisiti

Per beneficiare del congedo bisogna essere dipendenti, pubblici o privati che siano (cambiano solo alcune regole). La persona assistita deve essere riconosciuta disabile grave ai sensi della legge 104 e certificata dall’apposita Commissione Medica ASL / INPS.

Il disabile che beneficia dell’assistenza non deve essere ricoverato 24h in strutture ospedaliere pubbliche o private che forniscono assistenza sanitaria continuativa. Tuttavia, esistono dei casi di esclusione dalla predetta regola, ossia:

  • il ricovero a tempo pieno risulti sospeso in quanto il paziente ha l’esigenza di recarsi all’esterno della struttura ospitante per effettuare visite e cure certificate;
  • il disabile sia ricoverato in stato vegetativo persistente o con prognosi infausta a breve termine;
  • il disabile necessiti di assistenza da parte di un genitore o di un familiare.

Come richiedere il congedo straordinario?

La richiesta di congedo straordinario deve essere inoltrata al sito INPS, tramite il servizio “Invio online di domande di prestazioni a sostegno del reddito”. Oppure attraverso i patronati o telefonando al call center INPS (803.164 gratuito da fisso e 06.164164 da mobile).

L’indennità del congedo straordinario

L’indennità per congedo straordinario, su cui sono accreditati anche i contributi figurativi INPS, è pari alla retribuzione percepita nel mese di lavoro antecedente l’aspettativa, esclusi gli elementi variabili ed entro un limite massimo di reddito annuo rivalutato secondo gli indici Istat.

I periodi di congedo straordinario non sono validi per la maturazione delle ferie, della tredicesima, quattordicesima e TFR. Invece, sono validi per il calcolo dell’anzianità assicurativa.

Nel caso in cui il lavoratore benefici di un’integrazione dello stipendio antecedentemente al congedo, l’indennità va calcolata sempre in riferimento all’ultima retribuzione percepita scomputata dal trattamento integrativo.

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Legge 104: quali benefici per il lavoratore autonomo?

Di cosa si parla quando si fa riferimento alla legge 104? E quali sono i benefici, da tale leggi, per il lavoratore autonomo? Queste sono alcune delle domande a cui daremo risposta in questa rapida ed esaustiva guida in merito alla vicenda.

Legge 104, di cosa si tratta

Innanzitutto, facciamo rapida chiarezza sulla vicenda, rispondendo alla domanda basica della questione. Ovvero, cosa è la legge 104., di cosa si parla quando vi si fa riferimento?

Nota anche come legge 104/92, è il riferimento legislativo per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap. Il presupposto è infatti che l’autonomia e l’integrazione sociale si raggiungono garantendo alla persona con disabilità ed alla propria famiglia un adeguato sostegno.

Quindi, sostanzialmente, quando si parla di Legge 104 ci si riferisce alla principale fonte normativa che riconosce benefici fiscali, economici e lavorativi ai portatori di handicap. E’ dunque una legge pensata per tutelare e promuovere i diritti, l’integrazione sociale e lavorativa delle persone disabili e dei loro familiari, che se ne prendono cura.

Va aggiunto che l’handicap è considerato grave quando la persona necessita di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione personale.

Legge 104, benefici per il lavoratore autonomo

Partiamo subito col dire che l’unico beneficio esteso ai lavoratori autonomi con Legge 104 è quello previdenziale. Secondo il quale, dunque, i lavoratori autonomi precoci che assistono un familiare affetto da un handicap grave possono accedere, se sussistono i requisiti, all’Ape sociale ( al compimento di almeno 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi).

Altra domanda molto in voga sulla questione è legata a quale familiare potrà usufruire dei benefici per la legge 104. Partiamo subito con il dire che i permessi legge 104 possono essere fruiti solo dai lavoratori dipendenti e, quindi, solo qualora il lavoratore autonomo sia il disabile a fruirne possono essere i familiari a patto che siano lavoratori dipendenti. Ma non potrà essere il lavoratore autonomo a poter fruire dei permessi per assistere un familiare con handicap grave ai sensi della legge 104. Questo è il punto focale del discorso.

La risposta, presto detta, è molto semplice. Possono fare richiesta dei benefici il coniuge della persona disabile, i parenti di terzo grado se il genitore o il coniuge della persona con handicap hanno più di 65 anni oppure siano invalidi, deceduti o mancanti.

Legge 104 di un genitore, chi può usufruirne?

Molti si chiedono anche se e come è possibile usufruire della legge 104 per un genitore. L’articolo 33 della Legge 104/92 prevede che i permessi di tre giorni possano essere concessi anche a familiari diversi dai genitori del disabile grave accertato tale con specifica certificazione di handicap (articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992) dall’apposita Commissione operante in ogni Azienda USL.

Quali altri benefici per chi usufruisce della legge 104

Molti si chiedono se vi possano essere agevolazioni o benefici anche sull’acquisto di materiali, come elettrodomestici, grazie alla legge 104.

Si può, invece dire che in linea generale, non si ha diritto ad agevolazioni sull’acquisto di beni di facile consumo, quali lavatrici, frigoriferi, microonde, o quant’ altro, in quanto non vi è condizione necessaria al diritto o la sussistenza di un collegamento funzionale fra il tipo di menomazione/disabilità e il tipo di prodotto da acquistare.

Ma quindi cosa spetta a chi assiste un disabile con la legge 104?

Come stabilito dalla legge 205/2017 articolo 1 co. 162, i lavoratori che si ritrovano ad assistere un proprio parente convivente affetto da disabilità grave che abbia già compiuto i 70 anni di età, o i soggetti stessi affetti da patologie invalidanti, possono beneficiare dell’Ape Sociale o della pensione anticipata.

In ultimo, ma non ultimo, un passaggio piuttosto importante per la questione. Ovvero, quali sono i documenti necessari per potere ottenere la legge 104.

Occorre necessariamente un documento di identità, il verbale di accertamento sanitario, quindi la dichiarazione sostitutiva dello stato di famiglia. I soggetti con sindrome di Down invece ottengono il riconoscimento dell’handicap con la sola attestazione del medico curante secondo quanto stabilito dalla Legge 289/2002.

Questo è quanto vi fosse di più necessario e indispensabile da sapere in merito ai benefici e le funzionalità della legge 104.

Assistenza saltuaria legge 104: i beneficiari dei permessi possono essere 2?

Hai mai sentito parlare di assistenza saltuaria legge 104? Si tratta di una opportunità per tutte le famiglie che devono assistere un disabile grave e hanno difficoltà

Assistenza saltuaria legge 104 del 1992

Le legge 104/92  è rubricata “legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili” e contiene disposizioni legislative il cui obiettivo è tutelare coloro che si trovano in una condizione di disabilità.  Tra le varie disposizioni vi sono permessi di lavoro di cui possono usufruire i familiari di una persona gravemente malata, denominata referente unico. In passato il riconoscimento di questa agevolazione era riconosciuta a un solo familiare, ma questo limite è caduto e dal 2018 possono esservi anche due persone ad usufruire delle diverse agevolazioni.

In questi casi si parla anche di assistenza saltuaria per la Legge 104 del 1992 o di caregiver sostituto temporaneo e permette di ottenere un giorno di permesso dal lavoro ogni 10 di assistenza continuativa, tradotti sono 3 giorni al mese.  La normativa stabilisce che per il lavoratore part time il permesso due ore per ogni giorno di servizio prestato a cui si aggiunge un permesso mensile di 3 giorni che però viene ridotto in proporzione alle giornate effettivamente lavorate.

Chi può richiedere l’assistenza saltuaria legge 104 del 1992

Questa importante modifica deriva dalla sentenza 4069 del 2018 della Corte di Cassazione da cui emerge il principio che il disabile ha diritto ad un’assistenza continuativa e di conseguenza se il referente unico è impossibilitato, deve essere riconosciuta la possibilità ad un altro soggetto di sostituirlo. Ad esempio, può capitare che una madre disabile sia assistita dalla figlia che però a un certo punto è in maternità ed è impossibilitata a prestare assistenza di tipo fisico alla madre, in questo caso deve poter essere sostituita.

Le agevolazioni e i permessi sia per il referente unico sia per quello sostitutivo possono essere richieste da genitori del disabile, figlio, coniuge, convivente, parenti entro il secondo grado, ad esempio nonni, nipoti, fratelli, suoceri, generi, nuore, cognati. I parenti entro il II grado per poter ottenere le agevolazioni devono essere conviventi con il disabile grave.

Nel caso in cui il coniuge o i genitori del disabile abbiano superato i 65 anni di età, oppure abbiano delle patologie invalidanti, o siano deceduti, le agevolazioni possono essere richieste anche dai parenti entro il III grado e quindi zii, nipoti, bisnonni.

Come ottenere il riconoscimento dei permessi per il secondo beneficiario

Per ottenere i permessi per l’assistenza di un disabile senza essere il referente unico è necessario presentare all’INPS e al datore di lavoro un richiesta scritta in cui sono indicati dati precisi, in particolare:

  •  il motivo per cui è necessario sostituire il responsabile principale;
  •  il rapporto di parentela con il disabile;
  •  il tempo per cui è necessario prestare assistenza;
  •  la tipologia di assistenza che deve essere prestata.

In questi casi si parla anche di caregiver sostituto.

I permessi cumulativi

Tra le varie possibilità vi è anche quella di usufruire di permessi cumulativi, una circolare dell’INPS infatti sottolinea che un soggetto gravemente disabile che gode dei permessi della legge 104 del 1992 può chiedere le agevolazioni della legge 104 per assistere un familiare. In base alla circolare, per poter ottenere tali benefici non è necessaria neanche l’acquisizione di un parere medico inerente le capacità per il disabile di prendersi cura di un altro disabile. Per ottenere questo vantaggio vi sono però delle condizioni e cioè che nello stesso nucleo familiare non sia presente un altro soggetto non disabile e non lavoratore che possa assistere colui che fruisce della legge 104 del 1992.

Assunzione numerica o nominativa lavoratori disabili, ecco quali sono le differenze

In Italia, al fine di non escludere i disabili dal mercato del lavoro, le imprese devono rispettare degli obblighi di legge per quel che riguarda le assunzioni. In particolare, per l’impresa che raggiunge i 15 lavoratori occupati scatta l’obbligo del rispetto di una quota di lavoratori invalidi da assumere.

Si tratta di conseguenza, in tutto e per tutto, di assunzioni obbligatorie che possono essere effettuate facendo leva su due possibili strumenti di inserimento lavorativo, ovverosia l’assunzione a chiamata nominativa e l’assunzione a chiamata numerica. Ecco allora, nel dettaglio, quali sono le differenze tra l’assunzione numerica e l’assunzione nominativa, e quando questi due strumenti di inserimento lavorativo di persone disabili sono applicabili.

Le differenze tra assunzione numerica e nominativa per il datore di lavoro

Nel dettaglio, la chiamata nominativa per l’assunzione di disabili è lo strumento di inserimento lavorativo standard. Attraverso il collocamento mirato, infatti, il datore di lavoro, non solo in caso di azienda privata, ma anche di ente pubblico, acquisisce la lista di persone disabili che si sono candidate alla specifica offerta di lavoro. Con l’azienda pubblica o privata che, procedendo poi con i colloqui di selezione, potrà scegliere il candidato o i candidati da assumere.

La chiamata nominativa per l’assunzione di disabili, invece, è in tutto e per tutto uno strumento di inserimento lavorativo alternativo ed anche integrativo rispetto alla chiamata numerica. E questo perché, per esempio, questo si applica quando un’impresa è inadempiente nel rispetto delle quote di assunzioni da destinare ai lavoratori con disabilità.

Ma la chiamata nominativa per l’assunzione di disabili rappresenta pure uno strumento di inserimento lavorativo che, in alternativa alla chiamata numerica, può essere utilizzato su richiesta da parte degli enti pubblici. In questo caso non c’è una lista di nominativi tra cui scegliere, ma una vera e propria graduatoria di persone disabili che sono disponibili e che sono rispondenti ai requisiti di assunzione che sono richiesti. Per la determinazione della graduatoria, in particolare, si tiene conto dell’anzianità di iscrizione e della percentuale di invalidità, ma anche del reddito lordo dell’anno precedente e di eventuali familiari che sono a carico.

La chiamata nominativa, a carico di un’azienda che è obbligata ad assumere una quota di lavoratori disabili, è quindi una procedura d’ufficio che, nello specifico, scatta dopo che l’impresa non ha rispettato tale obbligo entro un termine di 60 giorni dall’insorgenza. Al riguardo, per accelerare e per agevolare il rispetto di tale obbligo, i centri per l’impiego offrono sul territorio all’impresa, gratuitamente, un apposito servizio specialistico di preselezione che è finalizzato proprio al collocamento mirato di persone con disabilità.

Quali sono le quote di assunzione numeriche e nominative da rispettare

Nel dettaglio, come sopra accennato, per i datori di lavoro che occupano dai 15 ai 35 dipendenti l’obbligo di assunzione di lavoratori disabili è pari a 1 lavoratore. Sale a 2 lavoratori dai 36 ai 50 dipendenti, mentre oltre i 50 dipendenti la quota obbligatoria di lavoratori disabili da assumere non è numerica ma si applica nel rispetto di una percentuale che è pari al 7% del totale dei lavoratori occupati.

Invalidità, quali agevolazioni lavorative per l’autonomo?

Per gli autonomi la cui capacità lavorativa risulta essere ridotta a meno di un terzo, a causa di infermità fisica o mentale, c’è la possibilità di accedere ad una prestazione economica INPS che, tra l’altro, può essere riconosciuta pure agli iscritti alla gestione separata ed ai lavoratori dipendenti.

Assegno ordinario di invalidità autonomi è compatibile con la prosecuzione dell’attività lavorativa

Si tratta, nello specifico, dell’assegno ordinario di invalidità che, tra l’altro, risulta essere compatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa. Questo significa che il lavoratore autonomo che chiede e che ottiene l’assegno ordinario di invalidità può comunque continuare ad esercitare la propria attività.

Presentando la domanda, la persona con capacità lavorativa ridotta riceverà l’assegno ordinario di invalidità a partire dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione dell’istanza. Ma il tutto a patto che il lavoratore autonomo rispetti i requisiti amministrativi e sanitari di accesso alla prestazione economica che, comunque, non è vitalizia.

Quanto dura l’assegno ordinario di invalidità per i lavoratori autonomi?

L’assegno ordinario di invalidità autonomi, infatti, ha una durata e quindi una validità che è pari a tre anni, e quindi questo deve essere rinnovato ogni volta prima della scadenza presentando una nuova istanza con tanto di nuove verifiche a livello medico. Pur tuttavia, dopo tre rinnovi consecutivi l’assegno ordinario di invalidità, il cui importo viene calcolato con il sistema misto contributivo/retributivo, viene confermato in automatico fatte salve le facoltà di revisione.

La principale agevolazione per l’autonomo che percepisce l’assegno ordinario di invalidità, è quindi come sopra accennato quella di poter continuare l’attività, ma per l’accesso alla prestazione economica non basta in ogni caso l’attestazione di una capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo.

Requisiti contributivi per assegno invalidità autonomi e la trasformazione in prestazione pensionistica

Ci sono infatti dei requisiti di contribuzione da rispettare come segue: servono minimo 5 anni di contributi versati, di cui almeno 3 anni che sono stati maturati nei 5 anni precedenti la data di presentazione della domanda per l’assegno ordinario di invalidità. Allegando la certificazione medica, la domanda di assegno ordinario di invalidità si presenta all’INPS anche via contact center oppure rivolgendosi sul territorio agli enti di patronato.

Quelli contributivi e medico-legali sono gli unici requisiti, per il lavoratore autonomo, al fine di chiedere ed ottenere l’assegno ordinario di invalidità senza dover poi cessare la propria attività. Per l’accesso a questa prestazione economica erogata dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, infatti, non ci sono dei requisiti d’età da rispettare.

Inoltre, se l’importo dell’assegno ordinario di invalidità, in base al calcolo in funzione dei contributi versati, risulta essere minore al minimo previsto, allora anche per questa prestazione economica l’INPS, nel rispetto dei requisiti previsti, può riconoscere al lavoratore autonomo il diritto all’integrazione al minimo.

Sempre nel rispetto dei requisiti, il lavoratore autonomo che percepisce l’assegno ordinario di invalidità, e che ha maturato pure i requisiti di età pensionabile, percepirà poi la pensione di vecchiaia. In tal caso, infatti, la trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità in pensione di vecchiaia avviene d’ufficio.

Quando scatta l’obbligo di assunzione disabili?

La Legge n. 68 del 23 marzo 1999 ha stabilito la normativa riguardante il diritto al lavoro dei disabili, per cui è previsto il collocamento mirato da parte dei datori di lavoro privati pubblici tramite l’utilizzo di strumenti tecnici e di supporto.

Il collocamento dei disabili

La suddetta legge prevede l’assunzione obbligatoria disabili con riferimento agli invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%; agli invalidi del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%; ai non vedenti e sordomuti; agli invalidi di guerra; agli invalidi civili di guerra e invalidi per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria; categorie protette, ovvero profughi italiani, orfani e vedove/i di deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio ed equiparati, vittime del dovere, del terrorismo e della criminalità organizzata.

Per tutti i datori di lavoro ricorre l’obbligo di garantire la conservazione del posto di lavoro ai soggetti che, non disabili al momento dell’assunzione, abbiano acquisito condizioni di disabilità a causa di infortunio sul lavoro o malattia professionale.

Assunzioni obbligatorie disabili e quote di riserva

I datori di lavoro pubblici e privati con più di 50 dipendenti sono obbligati all’assunzione di disabili nella misura del 7% più l’1% a favore dei familiari degli invalidi e dei profughi rimpatriati. Un solo inserimento è previsto per le imprese da 15 a 35 dipendenti, sono due per quelle con un numero di dipendenti compreso tra 36 e 50.

La quota di riserva per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni non a scopo di lucro che operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, si computa solo al personale tecnico-esecutivo e che svolge funzioni amministrative. I disabili possono essere collocati esclusivamente nei servizi amministrativi della polizia e della protezione civile.

I lavoratori in condizioni di disabilità antecedentemente l’instaurazione del contratto lavorativo, sono computati nella quota di riserva anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio. Ma a condizione di avere una diminuzione della capacità lavorativa non inferiore al 60% o con minorazioni ascritte dalla 1^ alla 6^ categoria o con disabilita’ intellettiva e psichica e diminuzione della capacita’ lavorativa oltre il 45%.

I disabili impiegati a domicilio o per telelavoro dal datore di lavoro che gli affida una quantità di lavoro anche con aggiustamenti ragionevoli, sono computati alla copertura della quota di riserva.

Il computo dei dipendenti

Il numero di soggetti disabili da assumere è data dal computo tra i dipendenti e i lavoratori assunti con rapporto lavorativo subordinato di lavoro.

Non rientrano nel computo i disabili; i lavoratori impiegati con contratto a tempo determinato (massimo 6 mesi) o d’inserimento o di somministrazione presso l’utilizzatore, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata della stessa o a domicilio o aderenti al programma di emersione, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili.

Sospensione degli obblighi d’assunzione

L’obbligo di assunzione disabili è sospeso in via temporanea, per le imprese: in ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale con in intervento straordinario di integrazione salariale; in situazione dichiarata di fallimento, in liquidazione; che stipulano contratti di solidarietà; in mobilità nel caso in cui la procedura si chiuda con il licenziamento di più di cinque lavoratori, la sospensione si proroga di un anno; che hanno sottoscritto accordi di incentivo all’esodo.

Nei suddetti casi, nel periodo in cui l’azienda rimane in attesa di ricevere l’autorizzazione, il Servizio Provinciale Competente può concedere la sospensione per un periodo non superiore a tre mesi, rinnovabile una sola volta.

I datori di lavoro privati e pubblici fruiscono previo richiesta dell’esonero parziale dall’obbligo di assunzione dei disabili per il tipo di lavoro svolto. Ovvero per attività faticose, pericolose e in modalità d’esecuzione particolare.

L’esonero può essere concesso fino al 60% ma anche fino all’80% nel caso di datori lavoro che operano nei seguenti settori: sicurezza, vigilanza, trasporto privato.

Il predetto esonero prevede il versamento di un contributo pari a 30,64 euro per ciascun giorno lavorativo e per ogni lavoratore disabile non assunto al Fondo Regionale per l’occupazione dei disabili.

E’ possibile richiedere l’esonero parziale del 60 per mille, laddove il datore di lavoro è obbligato al pagamento di un premio INAIL non superiore al 60 per mille, tramite autocertificazione per via telematica. In questo caso scatta l’esenzione dal contributo di 30,64 dovuto per i motivi di cui sopra.

La durata massima dell’esonero è di 12 mesi e scade al 31 dicembre di ogni anno, con possibilità di proroga.

Sanzioni per mancato collocamento

I datori di lavoro devono richiedere l’assunzione entro 60 giorni dal momento dalla decorrenza dell’obbligo. Per ogni giorno lavorativo di ritardo viene applicata una sanzione amministrativa da versare al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili pari a 30,64 euro al giorno moltiplicata per 5 (153,20 €).

Inoltre, esiste lo strumento di diffida obbligatoria. Ovvero la diffida laddove gli organi ispettivi rivelino degli inadempimenti dai quali scaturiscono le sanzioni amministrative, questi diffidano il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze sanabili, fissandone il termine. In caso di ottemperanza alla diffida, il datore di lavoro è ammesso al pagamento delle sanzioni ridotte, ovvero un quarto dei 153,20 euro (38,30 €) da versare al fondo predetto.

Se sei interessato puoi leggere: Disabili, agevolazioni fiscali: beneficiari e situazioni in cui si verificano

Patologie legge 104 del 1992: quali sono riconosciute?

Le patologie che danno diritto a usufruire della legge 104 del 1992 sono davvero numerose e riguardano tutti gli apparati dell’organismo umano. In seguito ci sarà una disamina che ha come punto di riferimento le tabelle ministeriali.

Patologie legge 104 del 1992

Deve essere premesso che il campo della legge 104 del 1992 è davvero vasto, quindi per ulteriori approfondimenti si rimanda ad altri articoli specifici, mentre in questa sede ci occuperemo solo delle patologie che consentono di ottenere una percentuale di invalidità tale da ottenere i benefici della legge 104 del 1992.

Patologie dell’apparato circolatorio

Tra le patologie che frequentemente danno diritto al riconoscimento dei benefici della legge 104 ci sono quelle dell’apparato cardiocircolatorio. Può trattarsi di :

  • aritmie: possono essere classificate gravi o gravissime e per loro è prevista una percentuale di invalidità che va da 71% al 100%;
  • coronopatie, anche in questo caso di diversa entità, con riconoscimento della condizione di gravità elevata in caso di allettamento. La percentuale di invalidità anche in questo caso va dal 71% al 100%;
  •  miocardiopatie che possono portare al riconoscimento dal 71% al 100% di invalidità;
  • trapianto cardiaco complicato con riconoscimento della percentuale di invalidità dal 61% al 100%;
  • valvulopatie, aneurisma, arteriopatia ostruttiva cronica, pericardite cronica o esiti di pericardite cronica, pervietà del dotto arterioso, difetto interatriale, tutte queste patologie in base alla gravità possono portare al riconoscimento di una percentuale di invalidità dal 71% al 100%.

Patologie legge 104 del 1992: apparato respiratorio

Le patologie dell’apparato respiratorio che possono portare al riconoscimento dell’invalidità sono altrettanto numerose, si tratta di: BPC (Broncopneumopatie)  asmatiche gravi e severe, BPC ostruttive e BPC restrittive, interstiziopatie gravi e severe. Anche per le patologie dell’apparato respiratorio menzionate le percentuali di invalidità che si possono ottenere variano dal 71% al 100%. Alle altre patologie di tale apparato vengono riconosciute percentuali di invalidità che non consentono di ottenere i benefici della legge 104 del 1992.

Patologie dell’apparato digerente

Tra le patologie che danno diritto al riconoscimento dei benefici della legge 104 ci sono quelle dell’apparato digerente, in particolare la stenosi esofagea con disfagia o ostruzione, si tratta di una patologia che rende difficile, o impossibile, deglutire e in base alla gravità l’invalidità riconosciuta varia  dal 71% al 100%.

La cirrosi epatica classe B porta a un riconoscimento di invalidità dal 61% all’80%, mentre in classe C dall’81% al 100%. Trapianto di fegato e trapianto di intestino comportano il riconoscimento di una percentuale che varia dal 61% all’80%;

In base alle tabelle ministeriali la sindrome da malassorbimento enterogeno da patologia pancreatica o intestinale stenotica e/o infiammatoria e/o da resezione causa un’invalidità dal 61% all’80%. Il range è invece più ampio nel caso in cui si soffra di malattie infiammatorie croniche intestinali, infatti varia dal 61% al 100%.

L’insufficienza renale cronica, terminale o in emodialisi porta ad un riconoscimento dal 61% al 100%, mentre il trapianto renale porta al riconoscimento di una percentuale che varia dal 51% al 100%.

Patologie legge 104 del 1992: apparato osteoarticolare

Hanno come conseguenza un’elevata percentuale di invalidità anche le patologie che interessano l’apparato osteoarticolare, ad esempio l’amputazione di un arto porta al riconoscimento di una percentuale di invalidità al 100%; l’amputazione o perdita delle due mani con protesi funzionale, invece comporta un’invalidità all’80%; l’amputazione bilaterale della coscia protesizzabile prevede il riconosicmento dell’80% di invalidità, mentre se non è possibile avere le protesi l’invalidità è al 100%.

Apparato neurologico

Anche di fronte a patologie che riguardano l’apparato neurologico vi è il riconoscimento dei benefici previsti dalla legge 104, in questo caso però molto dipende dallo stadio in cui si trova la patologia. Ad esempio il morbo di Alzheimer può portare al riconoscimento dall’ 81% al 100% dell’invalidità. Lo stesso discorso può essere fatto con la demenza vascolare riconosciuta dal grado lieve con l’81% di invalidità fino al grado grave. Per la sclerosi si applica una scala di gravità che va da 0 a 10, al livello 4 viene assegnato un punteggio del 61%, naturalmente aumentando la gravità aumenta anche la percentuale di invalidità. Per il Parkinson la percentuale è pari al 71% in caso di malattia bilaterale di entità lieve o moderata, naturalmente all’aumentare della gravità, aumenta la percentuale.

Discorso in parte diverso viene fatto per l’epilessia, in questo caso contano le crisi settimanali, se la frequenza è plurisettimanale la percentuale va dal 71% al 90%, se gli episodi sono più frequenti aumenta la percentuale.  Particolare potere invalidante viene poi riconosciuto alle paresi che portano a un’invalidità dal 71% al 100%, la paraplegia e la distrofia di Duchenne invece portano al riconoscimento del 100% di invalidità, mentre l’atassia  viene valutata in base alla gravità dal 71% al 100%. Il mielomeningocele viene valutato in base alla gravità dal 71% al 100%, le miopatie e la sindrome della cauda equina sono valutate dal 71% al 100%.

Patologie psichiche

Possono portare al riconoscimento dell’invalidità anche le patologie psichiche, anche in questo caso molto dipende dalla gravità dei sintomi che il paziente palesa, infatti si può ottenere il riconoscimento della legge 104 con la schizofrenia, disturbo bipolare, depressione, paranoia, anoressia, ritardo mentale, depressione.

Patologie apparato uditivo, visivo, fonatorio

Per quanto riguarda l’udito viene riconosciuto  l’80% di invalidità nel caso in cui si verifichi una perdita di udito grave bilaterale con conseguenti difficoltà fonatorie dovute alla sordità. Per la vista, il riconoscimento dell’invalidità da legge 104 si ha in caso di una ipovisione grave con campo visivo residuo tra il 29% e il 10%, in questo caso l’invalidità è al 60%. Naturalmente la percentuale aumenta nel momento in cui il residuo visivo sia più basso e si parla di cecità parziale o cecità totale. Si deve infine parlare delle patologie dell’apparato fonatorio, in questo caso la percentuale di invalidità è del 70% in caso di laringectomia totale e dell’80% se questa è accompagnata da tracheostomia.

Altre patologie legge 104 del 1992

Sono riconosciute le patologie congenite, ad esempio la sindome down, patau (trisomia 13), di edward, trisomia 9, monosomia 5p o sindrome del “cri du chat”,  oloprosencefalia alobare o semilobar che danno il riconoscimento del 100% di invalidità.

L’artrite reumatoide in base alla gravità porta ad un’invalidità dal 21% al 100%. Le neoplasie, le infezioni da HIV, la talassemia hanno una percentuale di invalidità dal 21% al 100%. Tra le patologie invalidanti c’è l’artrosi che ha un range davvero molto ampio, cioè dal 5% al 100%. Il diabete mellito porta al riconoscimento di invalidità se è  accompagnato da complicanze di grado moderato e la percentuale minima è il 61% per arrivare al 100% nei casi più gravi. Portano al riconoscimento della legge 104 del 1992 anche la acromegalia e la sindrome di cushing.

Occorre ricordare che quando sono presenti più patologie  i punteggi delle stesse non vengono sommati, ma si procede ad una valutazione complessiva della situazione del paziente avendo come punto di riferimento la reale menomazione delle capacità della persona e applicando una formula specifica.

Cosa fare per cambiare il beneficiario della legge 104?

Molti si chiedono cosa accade quando il caregiver non può attenzionare un familiare disabile e come poter cambiare il beneficiario della legge 104. Oggi, andremo assieme a scoprire come si può sostituire l’assistenza per un disabile.

Assistenza legge 104: come cambiare il beneficiario

Andiamo a fare un piccolo esempio di caso possibile in cui occorre chiedere un cambio beneficiario per la legge 104. Se, ad esempio, hai chiesto ed ottenuto di essere beneficiario della legge 104 e quindi poter usufruire dei permessi che ti consentono di prenderti cura del tuo familiare disabile. Ma, ora qualcosa nella tua vita è cambiato e non puoi sostenere più questa pratica di caregiver (prendersi cura). Quindi, magari non puoi permetterti circa tre giorni al mese di assenza dal lavoro, durante i quali devi dedicarti solo al familiare che, in questo momento della sua vita, ha più bisogno che mai di te.

Ora, dunque, una nuova posizione lavorativa, ti richiede maggiore impegno e più presenza in ufficio. Quindi hai necessariamente bisogno di rivedere l’assistenza al tuo familiare. Occorre dunque capire se è possibile e come fare a cambiare il beneficiario della legge 104.

In tal senso, occorre sapere che oggi la legge 104 è stata parzialmente modificata. E tra le novità che essa presenta, hai la possibilità di avere una persona al tuo fianco con la quale condividere l’assistenza al tuo familiare disabile. In poche parole, puoi non solo cambiare il beneficiario della legge 104 ma addirittura «raddoppiarlo». Ovviamente, solo in talune condizioni da tenere conto. Ma, intanto, puoi avere l’aiuto da un’altra persona, colui che farà da sostituto caregiver, che potrà, dunque, sostituirti quando tu non ci sarai ed usufruire come te delle agevolazioni della 104 grazie alla cosiddetta assistenza saltuaria.

Cosa fare per effettuare sostituzione del beneficiario?

Andiamo in breve a vedere cosa occorre fare, dunque, per sostituire il beneficiario della legge 104.

Il beneficiario della legge 104, comunemente chiamato caregiver familiare, è quella persona che si prende cura di un parente affetto da handicap grave e che necessità di costante assistenza. Come detto, questa figura assistenziale (solitamente un parente del disabile) può essere sostituita.

Chi vorrà subentrare nell’assistenza deve semplicemente presentare domanda all’Inps e al proprio datore di lavoro. Dovrà, inoltre, allegare un documento in cui dichiara sotto la propria responsabilità:

  • di essere imparentato con la persona con disabilità grave e specificare il grado di parentela;
  • sottolineare e palesare il periodo in cui presterà l’assistenza al posto del caregiver familiare;
  • enunziare il motivo per cui andrà a sostituire il precedente beneficiario.

Tuttavia, potrebbe succedere che il nuovo caregiver sostituto debba prestare assistenza alla persona malata in modo continuativo, cioè con una certa continuità nel tempo. Che non si tratti, quindi, di una sostituzione isolata e sporadica, ma duratura. In questo caso, sia il beneficiario principale (quindi quello già beneficiario in precedenza) sia il suo sostituto possono usufruire dei permessi della legge 104, anche se con modalità diverse rispetto a quelle previste quando il beneficiario è uno solo.

In sostanza, entrambi i caregiver avranno diritto ad 1 giorno di permesso al mese anziché i soliti 3 giorni, ogni 10 di assistenza in maniera continuativa. E potranno, così alternarsi nell’impegno di assistenza al proprio familiare disabile.

Mentre, per quei genitori, lavoratori, che hanno un figlio disabile, la cosa cambia. Di fatto, i genitori con figlio disabile, gravemente, possono beneficiare in modo alternativo dei permessi della legge 104. Inoltre, il disabile in questione può chiedere per sé i permessi ed avere, al tempo stesso, un beneficiario unico da lui stesso scelto. Questo familiare scelto su misura potrà chiedere i 3 giorni di permesso al mese per assistere il disabile in questione.

Beneficiario legge 104, con lavoro part time: è possibile esserlo?

Molti si chiedono se sia possibile effettuare questo tipo di assistenza e beneficiare della legge 104 in caso di lavoro part time.

La risposta è sì. La Cassazione, infatti con una sentenza recente, ha stabilito che anche un dipendente che non lavora a tempo pieno (quindi un lavoratore part time) può assistere un parente con handicap grave grazie ai permessi della legge 104. Poiché, secondo la Suprema Corte, il diritto ad usufruire di quest’agevolazione non è comprimibile.

Aggiungiamo inoltre, che nel caso del part time orizzontale, si avrà diritto ad un permesso giornaliero ridotto proporzionato alle rispettive ore lavorate e ad un permesso di 3 giorni al mese. Chi, invece, ha un contratto part time verticale potrà beneficiare di un permesso di 3 giorni al mese se lavora per più della metà dei giorni settimanali e ai permessi giornalieri di 2 ore distribuiti in base ai gironi effettivi in cui si lavora.

Dunque, ora che abbiamo apposto una luce chiarificatrice sulla questione, potete stabilire in che modo beneficiare della legge 104. E in che modo assistere al meglio, secondo le vostre priorità, il vostro familiare disabile e sostenerne il benessere e le esigenze.