Ricongiunzione, totalizzazione e cumulo: è possibile con contributi Enasarco?

Oggi andremo ad approfondire diverse questioni in merito ai contributi Enasarco. Come effettuare la ricongiunzione, la totalizzazione ed il cumulo con i contributi e come e cosa sia possibile di tutto ciò.

Enasarco: di cosa si tratta

Innanzitutto, per venire al punto della questione, bisogna capire di cosa si parla quando si parla di Enasarco.

Ebbene, la Fondazione Enasarco (riassunta come Ente Nazionale di Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio) é un ente previdenziale specifico per i Rappresentanti e gli Agenti di Commercio ai quali eroga una serie di servizi pensionistici integrativi ai servizi erogati dall’INPS.

Dunque, si può ben dire che l’Enasarco non è altro che una misura che aggiunge e integra redditi alla pensione Inps. Per dirla in breve, quest’ultima non si può sostituire con quanto maturato presso la prima. Di conseguenza, l’unica via per recuperare le somme consiste nel proseguire col versare volontariamente la contribuzione.

In conclusione, va aggiunto che il contributo Enasarco è un importo pagato da agenti di commercio e rappresentanti come percentuale delle provvigioni maturate. Questo importo deve essere inserito nel modello di fattura e sottratto dall’imponibile.

Ricongiunzione, totalizzazione e cumulo: sono possibili con Enasarco?

E veniamo, dunque alla domanda centrale della questione.

Innanzitutto, chiariamo di cosa si parla quando si fa riferimento a questi tre procedimenti, ovvero ricongiunzione, totalizzazione e cumulo, prima di capire se essi siano possibili o meno con la contribuzione Enasarco. Per quanto riguarda la ricongiunzione dei contributi, trattasi di quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione.

D’altro canto, invece, la totalizzazione dei contributi consiste nella possibilità di sommare i periodi contributivi di due od anche più enti di previdenza, per poter quindi conseguire quote di pensione, proporzionali agli stessi contributi versati, a carico delle gestioni interessate.

In ultimo, ma non ultimo vediamo cosa è il cumulo.

Il cumulo contributi è quel particolare meccanismo grazie al quale è possibile aggregare quanto versato al lavoratore in casse previdenziali differenti, perché ha avuto un percorso lavorativo discontinuo.

Quindi, è possibile ottenere queste tre procedure o alcune di esse, attraverso Enasarco?

La risposta, alla fine di tutto ciò è molto semplice e chiara: i contributi Enasarco rappresentano un caso particolare e ad oggi non è possibile ricongiungerli o cumularli con altre tipologie di versamenti obbligatori, ricorrendo agli strumenti ordinariamente previsti: né ricongiunzione, né totalizzazione, né cumulo.

Quindi, attraverso Enasarco non c’è possibilità di ricongiunzione, totalizzazione o cumulo.

Ricongiunzione, totalizzazione e cumulo sono a pagamento?

Molti, ovviamente si chiedono se queste procedure sono gratuite o a pagamento, andiamo a vedere ognuna di esse come consiste.

Per quanto riguarda la ricongiunzione va chiarito che è sempre a pagamento. È gratuita solo in un caso, qualora siate un dipendente pubblico che in passato lavorava presso un ente statale ora chiuso, di conseguenza verreste ricollocati presso un altro ente statale che vi versa i contributi INPS.

Mentre, per quanto concerne la totalizzazione, essa è sempre gratuita. Anche il cumulo avviene gratuitamente. Ed esso consente di cumulare tutta la contribuzione versata in diverse gestioni pensionistiche, comprese le varie casse professionali.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più necessario ed essenziale da sapere e approfondire in merito alla questione legata ai contributi Enasarco.

Pensione quota 100 dopo il 2021: il diritto è cristallizzato, come si esercita?

I contribuenti che raggiungeranno i requisiti anagrafici e contributivi per la formula di pensione anticipata quota 100 nel corso del 2021, o che li abbiano raggiunti negli anni precedenti, possono accedere alla misura anche nel 2022. In tal caso, la domanda di pensionamento va presentata nel prossimo anno. Il chiarimento arriva direttamente dal decreto legge che ha istituito il meccanismo di uscita anticipata risalente a inizio 2019.

Requisiti della quota 100: uscita dai 62 anni con 38 anni di contributi

La precisazione è particolarmente importante per la circostanza che le pensioni nella formula della quota 100 termineranno la loro sperimentazione il 31 dicembre 2021. Ciò significa che, a partire dal 1° gennaio 2021, non potranno andare in pensione con quota 100 i contribuenti che matureranno, nel prossimo anno, 38 anni di contributi all’età minima di 62 anni. Ma nel 2022 potranno andare in pensione con quota 100 i contribuenti che i requisiti li hanno raggiunti entro il 31 dicembre 2021.

Quota 100, requisiti da raggiungere entro il 31 dicembre 2021 altrimenti si subirà lo ‘scalone’

Per chi maturerà i requisiti nel 2022, in assenza di nuove misure previdenziali o di incompatibilità con i meccanismi alternativi di uscita attualmente in vigore, si prospetta un’attesa di 5 anni per andare in pensione. I contribuenti in questa situazione dovranno attendere, infatti, i 67 anni della pensione di vecchiaia o continuare a lavorare fino a raggiungere almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per la pensione anticipata. Si tratta del cosiddetto “scalone” previdenziale.

Pensioni quota 100: domanda 2022 con i requisiti maturati nel 2021

Sulla base di quanto chiarito dall’articolo 14 del decreto legge 4 del 2019, i lavoratori che perfezionano i requisiti per la quota 100 nel periodo tra il 2019 e ail 2021 possono conseguire la prestazione previdenziale anche successivamente. Nello specifico, in qualsiasi momento successivo all’apertura della cosiddetta finestra. Il decreto legge, poi convertito nella legge 26 del 2019  (“Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni”), specifica quanto segue: “Il diritto alla ‘pensione quota 100’ acquisito nel triennio 2019-2021 potrà essere esercitato anche successivamente al 31 dicembre 2021 e l’età anagrafica dei 62 anni non sarà ‘indicizzata’ alla cosiddetta ‘speranza di vita’”.

Pensioni anticipate a quota 100 e finestre mobili

Peraltro, nella scelta di uscita con quota 100 e di posticiparne la domanda pur avendo già maturato i requisiti, è necessario considerare le finestre mobili. La pensione anticipata che matura a partire dai 62 anni unitamente ad almeno 38 anni di contributi prevede una finstra di tre mesi. Ciò significa che per la decorrenza della pensione occorre attendere 90 giorni dalla maturazione del requisito.

Finestra mobile della quota 100 nella Pubblica amministrazione e scuola

Per i lavoratori della Pubblica amministrazione, invece, la finestra è di 6 mesi. Fanno eccezione i dipendenti del comparto scuola per i quali varia la decorrenza delle pensioni a quota 100. Infatti, tale decorrenza è fissata al 1° settembre dell’anno in cui raggiungono i requisiti. Pertanto, se i dipendenti scuola dovessero maturare la quota 100 entro la fine del 2021, devono aver già inoltrato le dimissioni entro il 7 dicembre 2020. Il rimando della presentazione della domanda di quota 100 farebbe trascorrere anche il periodo di finestra mobile.

Quota 100: il requisito anagrafico dei 62 anni rimane invariato alla speranza di vita

Lo stesso decreto legge 4 del 2019 ha escluso, inoltre, la possibilità che il requisito anagrafico dei 62 anni possa innalzarsi per la variazione della speranza di vita. In realtà, i requisiti anagrafici delle pensioni sono rimasti stabili negli ultimi anni. La pensione di vecchiaia è fissata a 67 anni e non subirà variazioni anche nei prossimi anni.

‘Cristallizzazione’ requisiti di uscita delle pensioni anticipate

La pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (per gli uomini) e di 41 anni e 10 mesi (per le donne) rimarrà invariata fino al 2026. E’ stato lo stesso decreto 4 del 2019 a bloccare il requisito dei versamenti richiesti per l’uscita senza considerare l’età anagrafica. Indipendentemente da quanto stabilito dal decreto legge 4 del 2019, l’età della pensione non sarebbe comunque variata parallelamente agli altri meccanismi di pensionamento.

Pensioni quota 100 e non cumulabilità con i redditi da lavoro

E’ importante sottolineare che il rinvio della pensione a quota 100 al 2022, pur con la maturazione dei requisiti nel 2021, deve essere attentamente valutato nel caso si continui a lavorare. Infatti, lo stesso articolo 14 del decreto 4 del 2019 disponde il divieto di cumulo dei redditi da lavoro con la pensione a quota 100. Nel dettaglio, la pensione con quota 100 è incumulabile con redditi da lavoro, da dipendente o da autonomo. Fa eccezione il reddito derivante dal lavoro autonomo svolto occasionalmente nel limite dei 5.000 euro lordi annui.

Quando inizia e finisce il divieto di cumulo pensione-lavoro della quota 100

Il limite del cumulo dei redditi si applica nel periodo che intercorre dalla data di decorrenza della pensione a quota 100 e la data di maturazione del requisito anagrafico della pensione di vecchiaia. Dunque tale limite, secondo i requisiti attuali, incombe fino al compimento dei 67 anni di età, indicizzabile alla speranza di vita.

Riscatto laurea per la pensione: si può interrompere?

Con il decreto legge numero 4 del 2019 sono diventati tre i metodi per il riscatto degli anni di laurea. Al riscatto ordinario e a quello per inoccupati, infatti, si è aggiunto il riscatto agevolato. Tutti e tre i metodi consentono al contribuente di ridurre il periodo che lo separa dalla pensione. Inoltre, il contribuente può ottenere un importo proporzionalmente più alto in base a quanto versato. Proprio la proporzione tra quanto versato ai fini del riscatto e gli effetti e aspettative sulla futura pensione confermano la possibilità di interrompere il pagamento delle rate previste per il riscatto stesso.

Quanto costa riscattare la laurea?

L’interruzione è valida per tutte e tre le tipologie di riscatto della laurea previste:

  • il riscatto ordinario;
  • quello riservato agli inoccupati;
  • il nuovo riscatto agevolato previsto dal decreto 4 del 2019.

In linea generale, con il riscatto ordinario si procedere al pagamento di un costo per il riscatto degli anni universitari variabile. Per chi rientri nel sistema retributivo, ovvero con contributi prima del 1995, il riscatto si calcola in base al sistema della riserva matematica. Tale meccanismo quantifica il beneficio sulla futura pensione considerando sia l’età che altre caratteristiche del contribuente.

Calcolo del riscatto di laurea ai fini della pensione

Per studi universitari che si collocano dopo il 1995 il calcolo di quanto costa il riscatto si ottiene da una formula matematica che prevede di moltiplicare il reddito dei 12 mesi precedenti la domanda per la percentuale di imponibile (per il lavoro alle dipendenze è del 33%). Il riscatto per gli inoccupati prevede, in maniera simile, l’applicazione della percentuale a forfait del 33%, pari all’imponibile figurativo del reddito minimo.

Col riscatto di laurea agevolato si paga poco più di 5 mila euro per ogni anno di studio

Il riscatto previsto dal decreto legge numero 4 del 2019 si chiama agevolato perché consente di pagare poco più di 5 mila euro per ogni anno da riscattare. In tutti i casi indicati, ci si chiede se il contribuente che abbia pagato un certo numero di rate del riscatto di laurea, possa sospendere il pagamento. E, in questo caso, se vedrà comunque riconosciuti i mesi pagati fino al momento della sospensione in vista di un assegno di pensione più alto e di una uscita prima dal lavoro.

Riscatto laurea per avere una pensione più alta: si può interrompere il pagamento delle rate

La risposta se il pagamento delle rate del riscatto di laurea si possa interrompere è positiva. Nel senso che il contribuente può interrompere il pagamento delle rate usufruendo dei benefici proporzionalmente a quanto già pagato. E, pertanto, ai fini della futura pensione, il contribuente si vedrà riconoscere il riscatto limitatamente agli anni per i quali ha versato quanto previsto. Inoltre, anche dopo l’interruzione del pagamento delle rate, il contribuente può decidere di riprendere i pagamenti con la rideterminazione delle rate.

Cosa succede se si interrompe di pagare il riscatto della laurea?

Nel caso in cui si decida di non pagare la prima rata, oppure l’unica rata se si è scelto di versare quanto dovuto per il riscatto della laurea in un’unica soluzione, la domanda decade. Nel caso in cui, invece, non si pagano le rate successive, sarà l’Inps a interrompere gli effetti della domanda di riscatto laurea. Tuttavia, i periodi per i quali sono stati effettuati i pagamenti rimangono validi ai fini della futura pensione.

Riscatto parziale della laurea, cosa succede alla futura pensione?

La rinuncia a pagare la prima (o unica) rata del riscatto della laurea, o l’interruzione successiva non preclude mai la possibilità di procedere con una nuova domanda di riscatto. Inoltre, è importante ricordare che il riscatto può essere parziale, anche di una sola settimana. E può essere richiesto in più momenti, sempre per la parte residua non ancora saldata.

Coefficienti di trasformazione, come influiscono sull’assegno di pensione?

Il calcolo delle pensioni del meccanismo contributivo implica un equilibrio tra il montante dei contributi che si sono versati durante la vita lavorativa e l’importo della pensione attesa. Questa equivalenza necessita, dunque, dell’applicazione di coefficienti di trasformazione, cioè di parametri che, moltiplicati per il montante dei contributi rivalutati, determinano l’assegno di pensione maturato in corrispondenza dell’età dell’uscita da lavoro.

Prestazione pensionistica e assegno futuro di pensione legato alla speranza di vita

Il coefficiente di trasformazione delle pensioni implica anche una componente aleatoria, dipendente dalla speranza di vita attesa all’età di uscita da lavoro. L’aumento della speranza di vita, e dunque il numero di anni sul quale spalmare la futura pensione, determina una conseguente riduzione della prestazione pensionistica. Viceversa, una speranza di vita in diminuzione implica (come sta avvenendo a causa della Covid) un assegno pensionistico più elevato.

Sistema pensionistico ed equilibrio dei coefficienti di trasformazione

Il sistema previdenziale contributivo si basa essenzialmente sul coefficiente di trasformazione per determinare, in maniera equa, il futuro assegno di pensione. Un aumento o una diminuzione accentuati della speranza di vita determinerebbe uno squilibrio finanziario direttamente proporzionale al numero, rispettivamente maggiore o minore, di assegni mensili. In linea di massima, il sistema previdenziale si può equilibrare agendo su tre fattori:

  • innalzando il valore dei contributi;
  • aumentando l’età di uscita per il pensionamento;
  • diminuendo i coefficienti di trasformazioni e quindi riducendo il valore del mensile di pensione.

Riequilibrio del sistema previdenziale

L’aumento del valore dei contributi è una soluzione impraticabile data la pressione alla quale è sottoposta, al giorno d’oggi, la previdenza italiana. Pertanto, la revisione periodica dei coefficienti di trasformazione, oltre ad agire sull’età del pensionamento, rappresenta il meccanismo tramite il quale il sistema previdenziale provvede al riequilibrio. Ovvero all’equilibrio tra i contributi versati, l’età di uscita per il pensionamento e la rata della prestazione previdenziale.

Coefficienti di trasformazione, più si anticipa la pensione più sono bassi

Analizzando i coefficienti di trasformazione si può notare che, fin dalla loro introduzione nel 1995, i parametri sono più bassi quanto più bassa è l’età di uscita per il pensionamento. Contrariamente, più si esce a un’età avanzata, più i coefficienti sono elevati. Dunque, una prima osservazione porta a concludere che più si beneficia di meccanismi di pensione che fanno abbandonare prima il lavoro e minore sarà l’assegno futuro di pensione. Ciò dipende sia dal minor numero di anni di contributi versati (ad esempio 38 anni, quanti ne richiede la quota 100 rispetto ai circa 43 della pensione anticipata), ma anche dal coefficiente di trasformazione. Che, all’età di 62 anni, quella minima della quota 100, fa corrispondere un indice più basso dei 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia.

Coefficienti di trasformazione, diminuiscono a ogni aggiornamento

La seconda considerazione che si può fare sui coefficienti di trasformazione è quella secondo la quale gli indici sono decrescenti nel tempo. Ovvero, i valori dei coefficienti diminuiscono a ogni revisione che, attualmente, si fa ogni due anni. Considerando l’età di uscita dei 67 anni, quella per la pensione di vecchiaia, nel periodo dal 1995 al 2009 il coefficiente di trasformazione era pari a 6,136%. Da notare che fino al 2009, il coefficiente di trasformazione dai 65 anni in su era sempre lo stesso. Attualmente, l’Inps determina il coefficiente sulla base dei dati demografici Istat dai 57 ai 71 anni di età.

Qual è l’attuale coefficiente di trasformazione per le pensioni di vecchiaia?

Con i valori in vigore dal 1° gennaio 2021, chi va in pensione a 67 anni ha un coefficiente pari a 5,575%, ancora più basso del 5,604% del biennio precedente, ovvero il 2019-2020. Considerando l’età minima per la quota 100, i 62 anni, l’attuale coefficiente è pari a 4,770%, meno del precedente aggiornamento (4,790% del 2019-2020) e infinitamente inferiore a quello del 1995-2009 pari a 5,514%.

Coefficienti di trasformazione, aggiornamento periodico

La costante diminuzione dei coefficienti di trasformazione a ogni aggiornamento può portare i contribuenti a uscire da lavoro alla prima data utile possibile. Da un lato, infatti, è vero che più si esce tardi e più il coefficiente di trasformazione è alto. Ma, dall’altro lato, è altrettanto vero che il coefficiente diminuisce ogni due anni, cioè ad ogni aggiornamento. per ciascuna età di uscita. E i requisiti di uscita, ovvero l’età minima richiesta o i contributi minimi versati, sono sempre più in aumento. La riforma delle pensioni di Elsa Fornero del 2011 aveva previsto il ricalcolo dei coefficienti dapprima ogni tre anni e poi, dal 2019, ogni due. E, di conseguenza, anche una diminuzione del mensile di pensione a una rotazione più elevata.

Esempio di calcolo dei coefficienti di trasformazione

La relazione tra coefficienti di trasformazione, aspettativa di vita e montante contributivo può essere spiegata con un esempio. Ammettiamo un contribuente che, nella vita lavorativa, abbia accumulato 280 mila euro di montante contributivo. È interessante verificare di quanto è diminuita la pensione del contribuente nel tempo a parità di età di uscita, ovvero a 67 anni. Innanzitutto, è indispensabile verificare le variazioni della speranza di vita, mediamente di 77,88 anni nel periodo 1995-2009 e di 83,25 nel 2019-2020 (calcolo pre-Covid). Per continuare a crescere, secondo le stime demografiche, a quasi 86 anni nel 2040 e a quasi 88 anni nel 2060.

Coefficienti di trasformazione, come influiscono sul mensile di pensione

In costante diminuzione risulta il coefficiente di trasformazione a 67 anni per i quattro periodi considerati. Nel 1995-2009 risulta pari a 6,136%, nel 2019-2020 è del 5,604%, nel 2040 corrispondente a 5,202% e nel 2060 pari a 4,994%. Considerando le 13 rate annuali di pensione e il montante di contributi di 280 mila euro per tutti e quattro i periodi considerati, a una pensione di 1.332 euro del 1995-2009 corrisponde un assegno mensile di 1.207 euro del periodo 2019-2020. Nell’esempio, il montante contributivo di 280 mila euro deve essere moltiplicato per il coefficiente di trasformazione corrispondente all’anno e all’età di uscita (6,136% del 1995-2209). Il risultato va diviso per 13 mensilità per ottenere il mensile di pensione (1.332 euro). Ulteriormente in diminuzione la pensione mensile nel 2040 (pari a 1.120 euro) e nel 2060 (1.076 euro).

Quanto incide la speranza di vita sulle pensioni?

Come si può notare dall’esempio, dunque, le pensioni sono mediamente più basse a parità di montante contributivo versato. E, come facilmente intuibile, questo dipende da più fattori. In primo luogo da una speranza di vita sempre crescente e quindi su un numero di anni più elevato per spalmare la vita da pensionato. L’attuale situazione di alta mortalità tra i pensionati per la Covid rappresenta, statisticamente, un evento eccezionale che ha ridotto la speranza di vita anche di anni. Ad esempio, in alcune zone della Lombardia, si sono persi mediamente cinque anni di aspettativa di vita. E nelle altre parti d’Italia, in attesa di dati più aggiornati, la perdita si attesta su uno, due o anche tre anni. Ma, passata l’emergenza, la speranza di vita tornerà a crescere e a ristabilirsi a livelli pre-Covid presumibilmente a partire dal 2025-2026.

Con la speranza di vita in calo si bloccherà l’età di uscita per la pensione?

In secondo luogo, la diminuzione della speranza di vita potrebbe incidere, nei prossimi anni, anche sul mancato aggiornamento dell’età di uscita per la pensione. Presumibilmente, l’età dei 67 anni per la pensione di vecchiaia potrebbe non subire variazioni anche nel prossimo biennio, nel 2022-2023. Anziché aumentare di 3 mesi come avrebbe dovuto essere seguendo le stime demografiche prima della Covid.

Perché le pensioni diminuiscono sempre?

Quanto è presumibile possa avvenire per l’età di uscita delle pensioni, con un blocco per almeno il prossimo biennio, potrebbe succedere anche ai coefficienti di trasformazione. Ovvero che la diminuzione della speranza di vita sulla quale si basa la determinazione dei coefficienti possa subire uno stop nei prossimi anni e per un periodo limitato, in conseguenza di quanto sta avvenendo per l’emergenza Covid. In ogni caso, con il tornare a crescere della speranza di vita anche i coefficienti di trasformazione torneranno a diminuire conseguentemente. E a determinare assegni di pensione sempre più ridotti a parità di anni di contributi versati e di età di uscita.

Pensione Enasarco, quanti contributi servono?

Quanti sono gli anni di contributi, i requisiti, le condizioni e le combinazioni per raggiungere la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata Enasarco? Gli agenti e i rappresentanti di commercio devono verificare il possesso di requisiti che sommino l’anzianità contributiva, l’età anagrafica e il raggiungimento di una “quota” in corrispondenza dell’anno nel quale si voglia uscire da lavoro.

La riforme delle pensioni Enasarco a partire dal 2013 fino al 2021

Come per le pensioni di altre gestioni previdenziali, anche la Fondazione Enasarco ha modificato le regole per andare in pensione negli ultimi anni. Con l’entrata in vigore dell’ultimo regolamento, a partire dal 1° gennaio 2013 i requisiti sono cambiati progressivamente, fino agli ultimi parametri richiesti a partire dal 2019 al termine del regime transitorio.

La pensione di vecchiaia o ordinaria Enasarco

Nell’anno 2021 i rappresentanti e gli agenti di commercio maturano i requisiti per la pensione di vecchiaia o ordinaria Enasarco al raggiungimento dei 20 anni di contributi. Inoltre, devono aver raggiunto un’età anagrafica minima che, sommata alla contribuzione, dia come risultato una “quota” minima richiesta per andare in pensione. Nel 2021 per andare in pensione ordinaria l’agente deve raggiungere la quota 92 e l’età minima di 67 anni.

Pensioni Enasarco, come si raggiunge la quota?

Ciò significa che all’età minima dei 67 anni, per poter andare in pensione l’agente deve aver maturato almeno 25 anni di contributi. Per le donne, invece, la quota minima prevista per il 2021 è pari a 91 con l’età minima di uscita di 65 anni. Ciò equivale a dire che gli anni di contributi minimi devono essere pari a 26, oppure l’uscita può essere garantita da una combinazione tra età anagrafica e contributi maggiori.

Pensione di vecchiaia Enasarco: quali sono i requisiti a partire dal 2022?

Tuttavia, i requisiti di uscita per le pensioni di vecchiaia Enasarco sono in continua evoluzione negli anni. Se per gli agenti uomini la quota 92 sarà richiesta fino al 2024, con l’età minima di 67 anni e un numero di anni di contributi pari a 20 anni, per le donne salirà ancora la quota e l’età minima. Infatti, le contribuenti Enasarco nel 2022 dovranno raggiungere la quota 92. L’innalzamento dipende dell’aumento dell’età di uscita minima a 66 anni, fermo restando i 20 anni di contributi minimi.

Pensione di vecchiaia Enasarco donne: come cambiano i requisiti di uscita fino al 2024

La quota 92 sarà in vigore fino al 31 dicembre 2023, mentre dal 1° gennaio 2024 è previsto un ulteriore aumento dei requisiti per le lavoratrici. Infatti, le donne che svolgano lavoro di agente o di rappresentante di commercio avranno l’equiparazione dell’età minima di uscita a quella degli uomini dal 2024, quando l’età anagrafica richiesta sarà pari a 67 anni, fermo restando la quota 92.

Alternativa alla pensione di vecchiaia Enasarco: la pensione di vecchiaia anticipata

L’alternativa alla pensione ordinaria o di vecchiaia Enasarco consiste nel raggiungere i requisiti della pensione di vecchiaia anticipata. In base a quanto previsto dal Regolamento Enasarco, a partire dal 1° gennaio 2017 l’agente di commercio può uscire in anticipo al raggiungimento di un’età minima di 65 anni unitamente a 20 anni di anzianità contributiva. La quota richiesta per la pensione anticipata è pari a 90, limite minimo che a partire dal 2021 è stato stabilito anche per le donne agenti unitamente all’età minima sempre di 65 anni.

Requisiti di uscita della pensione anticipata Enasarco e tagli

La pensione anticipata Enasarco comporta, in ogni modo, un taglio dell’assegno pensionistico. Infatti, il Regolamento ha stabilito un assegno di pensione ridotto del 5% per ogni anno di anticipo rispetto ai requisiti ovvero alla quota, della pensione di vecchiaia. Tuttavia, la pensione anticipata consente di maturare l’uscita da lavoro uno o due anni prima, con la quota 90 o 91 al posto della quota 92. Pertanto, un agente che nel 2021 compia 65 anni essendo nato nel 1956, potrà andare in pensione con la quota 90 se ha maturato 25 anni di contributi.

Combinazioni per maturare la pensione anticipata Enasarco

Con gli attuali requisiti di uscita, si possono stabilire le combinazioni richieste per la pensione di vecchiaia anticipata Enasarco. All’età di 65 anni unitamente a 25 anni di contributi, un agente o un rappresentante di commercio matura la pensione anticipata con quota 90 e una decurtazione, per sempre, del 10%. All’età di 66 anni sono sufficienti 24 anni di contributi per raggiungere quota 90, sempre con la decurtazione del 10%. Nel caso in cui, ai 66 anni di età si unissero 25 anni di contributi, raggiungendo quota 91, la decurtazione si fermerebbe al 5%.

Decorrenza della pensione di vecchiaia anticipata agenti e rappresentanti Enasarco

La pensione di vecchiaia anticipata Enasarco decorre dal primo giorno del mese susseguente a quello nel quale si è presentata la domanda di pensionamento. Conseguentemente l’importo della pensione viene calcolato con specifico riferimento alla data di presentazione della domanda stessa.  Inoltre è importante sottolineare che l’inoltro della domanda on line, anche tramite i patronati, deve avvenire non prima del compimento dell’età minima di 65 anni. Si rischierebbe, altrimenti, il respingimento della domanda stessa.

Esempio di presentazione della domanda di pensione anticipata Enasarco

Pertanto, un agente di commercio che raggiunga l’età di 65 anni il 30 agosto 2021 dovrà inoltrare la domanda non prima del 30 agosto. Ad esempio, all’età di uscita di 65 anni, unitamente ai contributi pari ipoteticamente a 25 anni, l’agente potrà raggiungere la quota 90. A questa quota corrisponderà una decurtazione del 10% (differenza di quota, 92 – 90 = 2 x 5% = 10%).

Pensioni Enasarco, come inviare domanda di uscita ordinaria o anticipata

Sia la pensione ordinaria di vecchiaia Enasarco che la pensione anticipata, ma anche la trasformazione di invalidità in vecchiaia e il supplemento di pensione devono essere richieste mediante domanda da inoltre on line. L’invio cartaceo è previsto solo per le pensioni dei superstiti e per le pensioni di inabilità e di invalidità. In alternativa, gli agenti e i rappresentanti di commercio possono avvalersi dei servizi del Patronato Enasarco che provvede all’invio di domanda di pensionamento all’Ente previdenziale. Avvalersi del patronato è gratuito.

 

Riscatto laurea agevolato: quanto conviene per la pensione?

Quali sono i vantaggi o gli svantaggi, sia per l’età di pensionamento che per l’importo della pensione, con il riscatto della laurea? In particolare, ci si riferisce al riscatto degli anni universitari con pagamento agevolato e a chi convenga questa operazione. Innanzitutto è importante determinare il costo del riscatto della laurea.

Riscatto della laurea per la futura pensione, quanto costa?

Il regime agevolato del costo inerente al riscatto della laurea deriva dal decreto numero 4 del 2019. Con il sistema agevolato si pagano, nel 2021, 5.264,49 euro per ogni anno di laurea da riscattare. Non sono da conteggiare gli anni di “fuori corso”. Dunque il massimo costo che si deve sostenere, nel 2021, per riscattare la propria laurea è di 26.322,45 euro per corsi di 5 anni e 21.057,96 per corsi di 4 anni.

Rateizzazione del costo del riscatto di laurea

Le cifre indicate per riscattare gli anni universitari possono essere rateizzate, senza l’applicazione degli interessi, fino a un massimo di dieci anni. Da un rapido costo, preferendo la rateizzazione dell’importo per tutti e dieci gli anni, il riscatto della laurea ai fini della futura pensione costerebbe 220 euro al mese per le lauree di cinque anni e 175 euro mensili per quelle di quattro anni. Il contributo annuale, tuttavia, può essere dedotto al 100% dall’imponibile fiscale. Se non si riuscisse più a pagare o si volesse interrompere il pagamento, la quota maturata fino a quel momento rimarrebbe valida ai fini dello sconto sull’età della pensione.

Riscatto agevolato della laurea, chi può richiederlo?

Il riscatto agevolato della laurea (con i calcoli tradizionali si potrebbe arrivare anche a cifre di 80mila euro), secondo quanto prevede il comma 6 dell’articolo 20, del decreto-legge numero 4 del 28 gennaio 2019, è un sistema riservato ai lavoratori che si collocano nel sistema contributivo della pensione. Si tratta, nello specifico, di chi abbia iniziato a lavorare e a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996.

Il riscatto agevolato della laurea per la pensione anche ai lavoratori pre 1996

Successive modifiche e interpretazioni del decreto 4 del 2019 hanno allargato la possibilità di riscatto agevolato della laurea anche a chi abbia contributi entro il 31 dicembre 1995. In questo caso, però, è necessario optare per il ricalcolo con il metodo contributivo degli anni di contributi previdenziali. È in ogni modo necessario che gli anni di contributi versati prima del 1996 siano:

  • meno di 18 anni;
  • che almeno 15 anni di contributi siano stati già versati alla data di richiesta del riscatto laurea;
  • che almeno cinque anni di contributi siano stati versati a partire dal 1996.

Pensione con riscatto laurea, cosa non vale?

I periodi universitari che non possono essere riscattati consistono in due tipologie:

  • gli anni di iscrizione fuori corso;
  • i periodi già coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa.

Come si richiede il riscatto agevolato della laurea?

La richiesta di riscatto della laurea può essere fatta online. Nello specifico è necessario accedere con il Pin del sito dell’Inps o rivolgersi al Caf per inoltrare la pratica. Dopo la presentazione della domanda, l’Inps verifica i documenti depositati e i requisiti vantati. L’Istituto previdenziale accerta anche il versamento di almeno un contributo previdenziale obbligatorio. Al termine delle verifiche, l’Inps invia i bollettini Mav da pagare insieme al provvedimento di accoglimento della domanda.

Come si paga il riscatto agevolato della laurea

Il pagamento dell’onere del riscatto della laurea avviene con l’utilizzo dell’Avviso di pagamento pagoPa. Per accedere al portale dei pagamenti è possibile utilizzare il proprio codice fiscale con il numero della pratica indicato nel provvedimento inviato dall’Inps.

Convenienza del riscatto laurea per la futura pensione

Ammettiamo che un contribuente, nato a febbraio del 1979, abbia conseguito una laurea di quattro anni nel 2004 e voglia riscattare il titolo di studio. Inoltre, il contribuente lavora dal 2006 in maniera continuativa. Sulla base dei dati in possesso, il lavoratore andrebbe in pensione con la vecchiaia nel 2048. Con gli aumenti previsti nel tempo dell’aspettativa di vita, l’età pensionabile slitterebbe a 69 anni.

Pensione anticipata contributiva con il riscatto laurea

Per un contribuente del sistema contributivo (con inizio dei versamenti dal 1° gennaio 1996 in poi) l’alternativa alla pensione di vecchiaia è la pensione anticipata contributiva. Si raggiunge a 64 anni di età (salvo gli adeguamenti della speranza di vita nel tempo) e con 20 anni minimi di contributi versati. Inoltre, il primo importo della futura pensione deve essere di 2,8 volte quello della pensione sociale. Nel caso preso in esame, il lavoratore andrebbe in pensione con questo meccanismo nel 2045.

Pensione anticipata con i requisiti della riforma Fornero

Con i requisiti della riforma Fornero per la pensione anticipata mediante versamento di 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) la prima data utile per il pensionamento risulterebbe più avanti rispetto alla pensione di vecchiaia. Pertanto, questa possibilità non sarebbe conveniente. Anche riscattando la laurea, la prima data utile sarebbe nel 2046, meno conveniente della pensione anticipata contributiva a 64 anni che rimarrebbe la soluzione più praticabile per l’uscita prima da lavoro.

Importo della futura pensione con il riscatto della laurea

In merito all’importo della futura pensione, poiché il contribuente versa un onere per il riscatto della laurea, l’importo previdenziale futuro risulterebbe più elevato rispetto a quello di una pensione senza riscatto. Questo risultato deriva dal fatto che l’onere per riscattare la laurea va a determinare un incremento del montante contributivo della vita lavorativa del contribuente.

Riscatto contributi per periodi non versati: come si recuperano per Partita Iva?

L’INPS, Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, nel rispetto di opportuni requisiti, permette di andare a riscattare i contributi previdenziali per i periodi non versati. Si tratta di un’operazione e di una scelta che, in particolare, è alquanto vantaggiosa quando, per la maturazione dei requisiti di pensionamento, mancano poche annualità contributive da versare. Per esempio, per il riscatto contributi per periodi non versati, come si recuperano per chi è titolare di Partita Iva?

Ecco come si recuperano per i titolari di Partita Iva i contributi previdenziali per i periodi non versati

Al riguardo c’è da dire che per i titolari di Partita Iva, l’INPS permette il riscatto dei contributi per i periodi non versati agli iscritti ad una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. Inoltre, a differenza dei contributi figurativi, che sono gratuiti, è bene precisare che il riscatto dei contributi per i periodi non versati è sempre e rigorosamente a titolo oneroso. E quindi c’è sempre da pagare.

Ragion per cui, al fine di accelerare la maturazione dei requisiti per andare in pensione, occorre sempre valutare la convenienza dell’operazione a livello economico. La facoltà di riscatto dei contributi per i periodi non versati, tra l’altro, è permessa ed è concessa pure ai superstiti del lavoratore deceduto.

Lavoratori a partita Iva, ecco come si presenta la domanda di riscatto dei contributi previdenziali

La domanda per il riscatto dei contributi per i periodi non versati si presenta online dal sito Internet dell’INPS, oppure recandosi presso l’ufficio dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale che è competente per territorio.
La domanda sarà poi lavorata dall’INPS allegando pure tutta la documentazione richiesta. Dopodiché l’Istituto risponderà con una raccomandata. In caso di accoglimento della richiesta, nella lettera recapitata a mezzo posta sarà indicato l’onere di riscatto, e quindi quanto andare e pagare per i periodi non versati tramite i bollettini MAV in banca oppure recandosi alla posta.

I bollettini MAV da pagare, tra l’altro, si possono recuperare e si possono stampare online collegandosi tramite le credenziali al sito Internet dell’INPS prima accedendo al ‘Portale dei Pagamenti’, e poi nella sezione ‘Riscatti ricongiunzioni e rendite’. Oppure, chiamando il contact center dell’INPS, è possibile acquisire i bollettini MAV da pagare, per il riscatto dei contributi per i periodi non versati, con l’invio a mezzo posta elettronica all’indirizzo mail fornito all’operatore.

Come e dove si possono pagare i bollettini MAV per il riscatto dei contributi INPS per i periodi non versati

Oltre che in banca ed alla posta, le somme dovute, per il riscatto dei contributi previdenziali per i periodi non versati, si possono pagare pure dal sito Internet dell’INPS e tramite il contact center muniti di carta di credito. Oppure attraverso il circuito ‘Reti Amiche’ al quale, tra l’altro, aderiscono pure le tabaccherie sparse su tutto il territorio nazionale.

A fronte dei versamenti effettuati, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, all’inizio dell’anno solare successivo, invierà poi al titolare di partita Iva, che ha sta riscattando i contributi per periodi non versati, un’attestazione che sarà utile ai fini fiscali.

Simulatore pensioni Inps: come funziona

Il sito istituzionale dell’Inps mette a disposizione un servizio gratuito per simulare quale sarà la propria pensione futura, ovvero quanto si andrà a prendere di pensione nel momento in cui terminerà la propria attività lavorativa. Il calcolo si fonda su tre elementi della normativa previdenziale, ovvero l’età, la storia lavorativa e la retribuzione (o reddito).

La mia pensione futura Inps: a chi è rivolto il servizio

Possono usufruire del servizio “La mia pensione futura”:

  • i lavoratori che abbiano contributi versati al Fondo pensione dei lavoratori dipendenti;
  • i lavoratori che abbiano contributi versati alla Gestione Separata Inps;
  • gli iscritti alla Gestione dirigenti di aziende industriali;
  • i lavoratori che abbiano versato contributi ad altri fondi amministrati dall’Inps.

Cosa permette di sapere il simulatore delle pensioni Inps

Il simulatore delle pensioni Inps permette di:

  • controllare i versamenti fatti all’Inps e di comunicare all’Istituto previdenziale eventuali periodi di contribuzione che mancano tramite la funzione di segnalazione contributiva;
  • conoscere la data nella quale presumibilmente maturi la pensione di vecchiaia o quella anticipata;
  • stimare l’importo della pensione futura senza tener conto dell’inflazione (funzione “a moneta costante”);
  • ottenere il tasso di sostituzione, ovvero il rapporto tra l’ultimo stipendio percepito e la prima rata di pensione.

Pensione futura, prevedere scenari di variazione della propria retribuzione

Con il servizio della futura pensione dell’Inps è possibile prevedere anche variazioni della propria situazione lavorativa futura o dell’economia nel medio e lungo termine. Le previsioni sono particolarmente indicate per i contribuenti più distanti dall’uscita da lavoro e si basano sulla possibilità:

  • di ipotizzare la sospensione del lavoro, ovvero di inserire la data nella quale si prevede di interrompere l’attività lavorativa;
  • di modificare le previsioni sul Prodotto interno lordo futuro. Ad esempio, modificare le previsioni dell’1,5% di Pil all’1% di incremento nel medio e lungo periodo;
  • di modificare l’andamento della propria retribuzione o del reddito annuale con valori da 0 a +5%;
  • di scegliere il fondo sul quale basare la propria simulazione.

Costruire la futura pensione confrontando diversi scenari

Per i contribuenti più indecisi sulla data del pensionamento, è possibile modificare i parametri della simulazione. Ad esempio, si può:

  • calcolare la futura pensione verificando l’incidenza di retribuzioni diverse. Si può, in altre parole, modificare la retribuzione dell’anno in cui si utilizza il servizio e verificare l’andamento percentuale annuo;
  • si può verificare cosa succede se si posticipa la data presunta del pensionamento (quanto si guadagna di pensione se si rimane ancora a lavoro?);
  • modificare entrambe le variabili, retribuzioni e data di uscita da lavoro, che possono essere combinate per verificare la soluzione più conveniente.

Come accedere e utilizzare il servizio Inps ‘La mia pensione’

Per poter utilizzare il servizio online La mia pensione è necessario andare sul sito dell’Inps nella sezione “Prestazioni e servizi – La mia pensione futura: simulazione della propria pensione” e scorrere alla voce “Accedi al servizio”. In alternativa, non appena si apre la pagina Inps, è possibile direttamente l’accesso dalla sezione “Vai a MyInps”. L’autenticazione è possibile combinando il codice fiscale con il Pin rilasciato dall’Istituto previdenziale, con l’identità Spid almeno di secondo livello, con la Carta di identità elettronica 3.0 (Cie) oppure con una Carta nazionale dei Servizi (Cns).

Come calcolare la pensione futura: caso concreto sul sito Inps

Dopo aver fatto l’accesso e confermato le informazioni sulla privacy, la prima pagina del servizio Inps per il calcolo della pensione futura riepiloga la posizione contributiva fino al giorno dell’accesso da parte del richiedente mediante l’estratto conto previdenziale. Per andare avanti, è necessario selezionare nella parte in basso la casella nella quale si dichiara di aver preso visione della propria situazione contributiva.

Come funziona il simulatore delle pensioni Inps?

La pagina successiva è quella di maggiore interesse per il calcolo della pensione futura. Infatti sono presenti due specchietti, corrispondenti alle presunte uscite da lavoro con la pensione di vecchiaia o con la pensione anticipata. In corrispondenza delle due colonne sono presenti anche gli importi mensili lordi delle pensioni previsti con il meccanismo di uscita prescelto (vecchiaia o anticipata). Ulteriore informazione presente per le due formule di pensione è quella dell’ultima retribuzione rispetto al reddito lordo stimato (pensione lorda futura). Dal rapporto di questi due valori il sistema restituisce il tasso di sostituzione, ovvero a quanto ammonta la pensione futura rispetto all’ultimo stipendio percepito a lavoro.

Quale sarà l’importo della pensione futura rispetto all’ultimo stipendio?

Il valore del tasso di sostituzione lordo indicato in corrispondenza della pensione di vecchiaia è normalmente più alto dello stesso valore iscritto nella pensione anticipata. Questo andamento si può spiegare con il meccanismo di calcolo delle pensioni che tiene conto sia degli anni di contributi versati che dell’età di uscita effettiva da lavoro. Infatti, con la pensione di vecchiaia, attualmente a 67 anni, si dovrebbe accumulare un numero di anni di contributi più alto della pensione anticipata.

Pensione di vecchiaia o pensione anticipata, quale conviene?

La pensione anticipata è maturabile, con le attuali regole previdenziali, per gli uomini con 42 anni e 10 mesi di contributi e per le donne con 41 anni e 10 mesi. Inoltre, il coefficiente di trasformazione è variabile in base all’anno di uscita: più è alta l’età, maggiore è l’indice di calcolo delle pensioni. Proprio il coefficiente concorre, insieme al Prodotto interno lordo, a trasformare il montante dei contributi versati in pensione futura.

Pensione futura: quanto incidono retribuzioni e Pil?

I valori indicati nella pagina della pensione futura, tuttavia, sono indicativi della situazione attuale proiettata nel futuro, ipotizzando crescite costanti della retribuzione e del Prodotto interno lordo. Un calcolo più realistico si può ottenere inserendo un valore del Pil più basso e, sicuramente, più in linea con l’andamento attuale dell’economia. Inoltre, si presume che il lavoro che si svolge abbia un andamento, in termini delle ultime retribuzioni percepite, di crescita fino alla pensione. Il valore, dunque, può essere modificato a seconda della propria situazione per renderlo più aderente al reale andamento retributivo.

Come modificare la retribuzione nel calcolo della pensione futura Inps?

Proprio in previsione di variazioni della retribuzione è possibile, nella parte bassa della pagina, modificare il reddito di partenza della simulazione. Dunque per migliorare la precisione della proiezione della futura pensione, si potrebbe inserire l’attuale retribuzione annuale lorda se diversa o in previsione differente rispetto a quella per la quale l’Inps ha già fatto la sua previsione. Le retribuzioni inerenti agli anni futuri verrebbero costruite a partire dal valore di retribuzione annuale indicato, con i consueti criteri di crescita delle retribuzioni stesse e dell’andamento del Prodotto interno lordo.

Pensione anticipata contratto di espansione: requisiti e costi

La decisione di un lavoratore di accedere a una pensione anticipata è sempre da ponderare. Sul piatto della bilancia c’è la possibilità di uscire dal lavoro qualche anno prima del previsto, ma anche la consapevolezza di subire una decurtazione dell’assegno previdenziale e di dover sostenere dei costi. In questo articolo, prenderemo in esame una delle formule che consente l’accesso al prepensionamento: la pensione con contratto di espansione.

Andare in pensione con contratto di espansione

I contratti di espansione sono finalizzati alla riorganizzazione aziendale che ha lo scopo di far crescere l’azienda stessa che deve basarsi sulla digitalizzazione al fine di migliorare le competenze professionali del suo organico, anche ricorrendo all’assunzione di nuove professionalità.

Inizialmente, i contratti di espansione riguardavano solo le grandi aziende con almeno 500 dipendenti, ma la Legge di Stabilità ne ha esteso l’applicazione anche alle medie imprese con almeno 250 dipendenti. Successivamente, questo numero è stato notevolmente abbassato dal decreto Sostegni Bis che l’ha portato a 100.

L’impresa firmataria il contratto di espansione può mandare in pensione i suoi dipendenti su base volontaria, fino a cinque anni prima rispetto ai requisiti richiesti per poter usufruire della pensione di vecchiaia o anticipata.

Al lavoratore viene corrisposta un’indennità per 13 mensilità l’anno a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro fino al raggiungimento dei requisiti necessari per accedere al trattamento previdenziale. L’assegno di prepensionamento può essere erogato anche una tantum per l’intero importo spettante.

I lavoratori che vogliono accedere alla pensione con contratto di espansione, devono aver compiuto 62 anni e maturato una contribuzione di almeno 20 anni. A differenza di quanto accade con la pensione anticipata, bastano 37 anni e 10 mesi di contributi versati, mentre per le donne 36 anni e 10 mesi.

I beneficiari

I lavoratori che potrebbe essere coinvolti nel piano di prepensionamento con contratto di espansione sono quelli titolari di un contratto a tempo indeterminato, apprendisti e dirigenti inclusi, che risultino iscritti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD) o alle forme esclusive o sostitutive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) gestite dall’Istituto (escluso l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, meglio conosciuta come INPGI) e che abbiano aderito all’accordo di uscita dal lavoro tra l’azienda e i sindacati.

La prima adesione non vincola i lavoratori, ma deve essere seguita da una risoluzione consensuale con la quale il rapporto di lavoro deve risolversi entro il 30 novembre 2021.

I lavoratori coinvolti dall’esodo perdono il diritto a beneficiare dell’indennità di disoccupazione Naspi, che diventa solo un parametro economico da utilizzare. Inoltre, questi dipendenti non possono fruire di altre prestazioni INPS fino all’accesso alla pensione. Tuttavia, la percezione di esodo è compatibile con qualunque altro reddito da lavoro conseguito durante il periodo di passaggio alla pensione.

Nel caso in cui l’uscita dal lavoro è legata alla decorrenza di una pensione anticipata, l’azienda provvede al versamento dei contributi previdenziali che concorrono al conseguimento del diritto, ridotti dell’ammontare dei contributi figurativi, che viene comunque calcolata per intero.

Qual è il costo per i lavoratori?

In base a una stima dei sindacati, il dazio da pagare per l’accesso alla pensione con contratto di espansione è abbastanza alto. Non potendo maturare il TFR negli ultimi anni di lavoro e il correlato mancato versamento contributivo previdenziale, porta a percepire un assegno decurtato del 22% rispetto a quello che avrebbero percepito con il raggiungimento dei requisiti ordinari. Taglio che passa al 10/15% dal momento in cui si fruisce la pensione.

Per rendere l’idea in modo più pratico, facciamo ricorso agli importi. Prendendo in considerazione un’aspettativa di vita pari a 82 anni, un soggetto con un reddito di 35.000 euro con 62 anni d’età e 35 anni di contributi versati, beneficiando della pensione con il contratto di espansione perderebbe circa 80 mila euro, rispetto a quanto avrebbero percepito senza prepensionamento.

Il costo per le aziende

Per accedere al contratto di espansione l’azienda deve accordarsi con il sindacato che le permette di adottare diversi strumenti, come lo scivolo pensionistico o la cassa integrazione per un massimo di 18 mesi, nella quale la riduzione media oraria del lavoratore non può essere superiore al 30% dell’orario di lavoro. Questo, vale per i dipendenti che non si trovano nella condizione di beneficiare del prepensionamento e che sono interessati alla loro riqualificazione attraverso dei piani formativi.

Contributi da lavoro: come controllare sul sito dell’INPS

Capita spesso di chiedersi quali e quanti siano i contributi da lavoro INPS versati e pagati, soprattutto per verificare se il datore di lavoro ha provveduto a farlo. Ma il controllo si effettua anche in prossimità della pensione, per capire se sono stati raggiunti o, quando lo saranno, i requisiti necessari per accedervi. E ci fossero delle incongruenze, dati errati, importi sospetti, contributi mancanti, cosa fare?

Innanzitutto, scopriamo qual è la procedura di verifica dei contributi da lavoro attraverso il sito dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

Controllo dei contributi INPS: come fare

Per controllare lo stato dei contributi versati all’INPS è sufficiente accedere al sito dell’Istituto da pc, tablet o smartphone. Per autenticarsi è necessario utilizzare le credenziali rilasciate dall’INPS o mediante SPID, CIE (Carta d’Identità Elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi). Dopodiché, sulla barra di ricerca in alto si scrive “Fascicolo previdenziale del cittadino” e si vedranno comparire diversi riquadri. A questo punto, si sceglie SERVIZI del fascicolo previdenziale del cittadino e non la scheda PRESTAZIONE relativa.

Apparirà la pagina Cassetto Previdenziale Cittadino e sul menù a sinistra, va cliccata la voce “Posizione Assicurativa” e nel menù che si apre a seguire, deve essere selezionata la voce “Estratto Conto“. A questo punto è possibile controllare tutti i datori di lavoro che ha avuto il lavoratore con i relativi versamenti contributivi effettuati.

Nel caso il lavoratore noti delle anomalie negli importi, nelle date o addirittura che manchino dei contributi, è possibile cliccare sulla voce “Segnalazioni contributive” che fa parte della sezione “Posizione assicurativa” ed effettuare la segnalazione.

Per maggiore sicurezza, si può stampare l’estratto conto contributivo in cui il lavoratore ha rilevato degli errori o delle omissioni, e portarlo al Patronato o a un consulente del lavoro per saperne di più ed essere messo al corrente di cosa si deve fare.

Estratto contributivo nel dettaglio

Quali voci sono riportate nell’estratto conto previdenziale? Teniamo conto che se si è iscritti, ad esempio, alla Gestione Separata, la prima schermata indica il Regime Generale:

  • dati anagrafici del lavoratore;
  • periodo di riferimento contributivo (dal…al…);
  • tipo di contribuzione (lavoro dipendente, commerciante, artigiano, titolare d’impresa etc);
  • contributi utili alla pensione al diritto e al calcolo espressi in anni, mesi, settimane, giorni);
  • eventuali maggiorazioni;
  • retribuzione o reddito;
  • datore di lavoro o il nome del lavoratore;
  • eventuali note.

Nel caso di iscrizione alla Gestione Separata e ponendo il caso che il lavoratore abbia prestato la sua opera con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co), si potrà scegliere anche successivamente di cliccare sul menù relativo alla Gestione Separata e sul monitor o display si aprirà l’Estratto Conto Parasubordinati.

In questo estratto conto, viene indicato l’anno solare e il relativo reddito imponibile, la descrizione del committente, il tipo di attività svolta (attività di collaborazione), i contributi versati e l’aliquota contributiva.

Nel caso i conti non tornino, la cosa è da addebitare a un errore del sistema INPS, all’aggiornamento ritardato da parte dell’Istituto di Previdenza dei contributi versati o al datore di lavoro che, evidentemente non ha versato e pagato i contributi dovuti al lavoratore.

Si può calcolare la pensione dall’estratto conto contributivo?

Evincere dall’estratto conto contributivo quando si potrà accedere alla pensione e quale importo avrà l’assegno mensile, è impresa ardua. Per prima cosa, è necessario che i dati relativi ai contributi INPS debbano essere aggiornati in tempo reale, cosa praticamente quasi impossibile.

Inoltre, c’è da prendere in considerazione quale sistema di calcolo deve essere utilizzato e per quale periodo: retributivo, contributivo o misto?

Ad ogni modo, l’INPS ha introdotto un servizio sul proprio sito denominato “La mia pensione futura” e che si trova all’interno del fascicolo previdenziale del cittadino.

Utilizzando tale servizio si può avere un prospetto di calcolo della pensione, ma se i dati non sono aggiornati o ancor peggio ci sono errori o contributi mancanti, la verifica diventa quasi inutile.

Tra l’altro, poiché non si possono totalizzare i contributi presenti in più casse previdenziali, non vengono presi in considerazione i periodi riscattati e sono esclusi i lavoratori che possiedono contributi in gestioni previdenziali diverse dall’INPS, non resta che affidarsi a un professionista.

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