Cumulo pensioni professionisti: requisiti, decorrenza, convenzioni, calcolo, domanda e liquidazione

Per maturare il diritto alla pensione c’è la possibilità di sommare, e quindi di cumulare, i contributi che sono stati versati in fondi diversi. Facendo leva sul cumulo dei contributi, infatti, sarà così possibile e più veloce maturare i requisiti per andare in pensione non solo con la prestazione di vecchiaia, ma anche con la pensione anticipata ordinaria.

E lo stesso vale pure per le pensioni di inabilità e per quelle pagate ai superstiti. Il cumulo dei contributi, tra l’altro, è stato esteso pure ai professionisti al fine di maturare i requisiti per la pensione. Dagli avvocati ai geometri, e passando per i medici, per i ragionieri, per gli ingegneri, per gli architetti e per i consulenti.

Ecco allora tutto quello che c’è da sapere sul cumulo pensioni professionisti a partire dai requisiti e passando per la decorrenza e le convenzioni. Ma anche il calcolo cumulo pensioni professionisti, come presentare la domanda e come avviene la liquidazione.

Requisiti, decorrenza e liquidazione pensione professionisti con il cumulo dei contributi

Nel dettaglio, il cumulo dei contributi tra fondi diversi è gratuito, ma la liquidazione della pensione in cumulo può anche avvenire in più step in base ai requisiti INPS ed a quelli delle casse. In particolare, l’intera pensione in cumulo al professionista viene riconosciuta solo se i requisiti previsti dalla cassa professionale sono inferiori o uguali a quelli che sono previsti per le gestioni dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale.

Altrimenti, al compimento dell’età pensionabile, il professionista riceverà prima la quota di pensione INPS, e poi la quota di assegno previdenziale della cassa professionale nel momento in cui a sua volta sarà maturata l’età pensionabile che è prevista dal regolamento. Non a caso la pensione ai professionisti tramite il cumulo gratuito dei contributi non viene calcolata mai in maniera unitaria, ma in quote per ciascuna gestione previdenziale.

Come presentare la domanda di cumulo dei periodi assicurativi

La domanda di cumulo dei contributi previdenziali versati e maturati deve essere presentata all’ente previdenziale presso il quale il professionista risulta essere correntemente iscritto. Oppure presso l’ente dove il professionista ha versato l’ultima contribuzione.

Per esempio, per un ingegnere o per un architetto che è iscritto ad Inarcassa, la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti diventerà, per il professionista, l’ente istruttore per la domanda di cumulo dei contributi previdenziali.

Sarà infatti l’Inarcassa, presentata correttamente la domanda, ad avviare il relativo procedimento e contattando, di conseguenza, tutti gli altri enti di previdenza presso i quali risultano accreditati, per l’ingegnere o per l’architetto, i contributi previdenziali da cumulare ai fini della maturazione dei requisiti di accesso alla pensione.

Il cumulo contributivo è esteso anche a favore dei professionisti con decorrenza a partire dall’1 gennaio del 2017. L’istituto normativo del cumulo dei contributi, ai fini previdenziali per gli avvocati, i geometri, i medici, i ragionieri, gli ingegneri, gli architetti ed i consulenti, si va così ad aggiungere, ai fini della maturazione dei requisiti di accesso alla previdenza obbligatoria, alla ricongiunzione ed alla totalizzazione.

Contributi figurativi: la guida completa

In alcuni casi, anche se il datore di lavoro non versa i contributi al lavoratore, ci pensa l’INPS a farlo in modo da non lasciare scoperto questo periodo dell’attività lavorativa. Nella fattispecie, si parla di contributi figurativi. Ma come funzionano, come si calcolano e qual è il loro valore e quando è necessario fare richiesta, andiamo a scoprirlo qui di seguito.

Contributi figurativi: in quali periodi sono previsti

I contributi figurativi vengono accreditati al lavoratore dall’INPS in modalità gratuita. Sono previsti per diversi periodi di assenza: maternità, malattia, cassa integrazione (CIGO e CIGS), infortunio, congedo parentale, servizio militare, invalidità, disoccupazione, contratti di solidarietà (per la contribuzione persa a causa della riduzione dell’orario di lavoro), malattia del figlio, assistenza/educazione figli disabili non retribuita, assistenza ai portatori di handicap retribuita, donazione di sangue o di midollo osseo, aspettativa per cariche pubbliche o sindacali.

I contributi figurativi non sono da confondere con i contributi da riscatto (lavoro all’estero, corso legale di laurea etc.) il cui costo è a carico del lavoratore.

E’ bene precisare che il lavoratore può rinunciare all’accredito dei contributi INPS, ma solo nei casi in cui è necessario presentare domanda per ottenerlo e per periodi figurativi già utilizzati per liquidare precedenti prestazioni.

Quando fare richiesta e quando l’accredito è automatico?

L’accredito dei contributi figurativi viene effettuato senza bisogno di presentare domanda, per il periodo in cui il lavoratore è in malattia, ma solo a partire dal 2013. Infatti, per i periodi antecedenti, è necessario fare richiesta e lo si può fare in qualsiasi momento, poiché non c’è prescrizione.

L’accredito è automatico anche per i periodi che riguardano l’indennità di disoccupazione o di mobilità, per la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), quando si sono svolti lavori socialmente utili.

La domanda per ottenere i contributi figurativi è indispensabile per il periodo in cui è stato svolto il servizio militare, sia per quello obbligatorio che per quello volontario. Inoltre, per il servizio civile, per i riposi giornalieri, per astensione dovuta alla maternità, sia essa obbligatoria che facoltativa. Per assenza dal lavoro dovuta a donazione di sangue.

Contributi figurativi per lavoratori autonomi e dipendenti pubblici

L’accredito della contribuzione figurativa relativamente ai lavoratori autonomi, quali commercianti, artigiani e coltivatori diretti, vengono effettuati  in favore dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) vengono effettuati nel Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti e non nella gestione speciale nel caso ci sia anche un solo contributo versato nel regime obbligatorio dei lavoratori dipendenti. In deroga a tale criterio e quando sussiste il requisito per l’accredito nella gestione autonoma, il beneficiario ha la possibilità di ottenerlo tramite richiesta nella gestione autonoma.

Per i periodi di assenza dal lavoro dovuti a congedi, maternità, permessi e malattia, a indennizzare i dipendenti pubblici sono gli enti presso cui lavorano e non l’INPS. Motivo per cui, tecnicamente non si tratta di contributi figurativi ma il valore economico è identico.

I contributi figurativi valgono quanto quelli reali?

I contributi figurativi concorrono al raggiungimento del requisito pensionistico come anche per il calcolo della pensione. Nonostante si tratti di contributi non versati dal datore di lavoro ma dall’INPS e senza alcun costo per il lavoratore che beneficia, la loro valenza è uguale a quella dei contributi normali.

In diversi casi, è anche vero che i contributi figurativi sono più bassi, ma semplicemente perché sono relativi a una retribuzione minore, come nel caso dell’indennità di disoccupazione Naspi o Dis-Coll.

Esiste un limite massimo di contribuzione figurativa?

In linea generale, non esiste un limite massimo ai contributi figurativi, salvo per il caso di pensione anticipata spettante ai lavoratori che hanno versati i contributi reali dal 1993, per cui sussiste un limite massimo di cinque anni. Tuttavia, la parte eccedente è utilizzata per il calcolo dell’assegno mensile pensionistico.

Come si effettua il calcolo

Nel calcolo dei contributi figurativi ai fini della pensione, l’INPS prende in considerazione se l’evento si verifica in corso di lavoro o meno. In caso di malattia, l’Istituto riconosce i contributi come per un periodo normale di lavoro. In caso contrario, l’Ente previdenziale pubblico effettua il calcolo del contributo sulla media delle retribuzioni dell’anno solare in corso. Qualora non risultino settimane lavorate, si fa riferimento all’anno precedente.

L’aliquota contributiva INPS applicata dipende dal settore in cui il lavoratore svolge la sua attività e dalla categoria di appartenenza.

Per il calcolo dei contributi figurativi nel periodo in cui si percepisce la Naspi, l’INPS prende in considerazione la retribuzione degli ultimi quattro anni.

Nel caso del servizio militare, viene considerato lo stipendio percepito nell’anno solare in cui ha iniziato a lavorare. Per ottenere l’accredito dei contributi figurativi relativi è necessario aver maturato almeno 12 mesi di contributi successivi alla leva.

In caso di pensione anticipata, ai fini del calcolo del requisito contributivo, contano anche i contributi figurativi.

Richiesta di accredito

Per ottenere l’accredito dei contributi figurativi nei casi sopra indicati che necessitano di domanda, basta andare sul sito dell’INPS, oppure rivolgersi al call center (la chiamata è gratis da casa e il numero è 803 164, al costo dell’operatore per chiamata da cellulare al numero 06 164 164), o ancora affidarsi a un patronato.

La mia Pensione INPS: il servizio online di simulazione

Sul web c’è un servizio che, accessibile dal sito Internet dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS), permette di simulare e di calcolare l’importo della propria pensione. Si tratta, nello specifico, del servizio che, denominato ‘La mia pensione futura‘, permette di stimare quale sarà l’importo dell’assegno previdenziale al termine della propria attività lavorativa.

Come si accede al servizio online di simulazione La mia Pensione INPS

Per accedere online al servizio di simulazione La mia Pensione INPS sono necessarie le credenziali ai fini dell’autenticazione. E quindi serve il codice fiscale ed il PIN INPS, oppure SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale. In alternativa, si può accedere online al servizio di simulazione La mia Pensione INPS pure muniti di Carta Nazionale dei Servizi (CNS) e di Carta di identità elettronica 3.0 (CIE).

Chi può utilizzare il servizio web INPS La mia pensione futura

L’utilizzo del servizio web INPS La mia pensione futura è per molti ma non per tutti. In quanto con il servizio online possono ottenere il calcolo simulato della pensione i lavoratori con la contribuzione versata alla Gestione Separata INPS ed i lavoratori con la contribuzione versata al Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Possono accedere inoltre a La mia Pensione INPS pure i lavoratori con la contribuzione versata agli altri fondi e gestioni che sono amministrate dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, e tutti gli iscritti alla Gestione Dirigenti di aziende industriali.

Simulazione online La mia Pensione INPS, ecco quali sono le caratteristiche del servizio

Il servizio online di simulazione La mia Pensione INPS è chiaramente basato sull’inserimento di tutti i dati utili al fine di ottenere una stima quanto più attendibile della prestazione previdenziale che si percepirà al termine della propria attività lavorativa. Al riguardo i dati chiave sono rappresentati dall’età, dalla propria storia lavorativa e dalla propria retribuzione.

Scelto il fondo con il quale impostare il calcolo simulato della pensione, il servizio online dell’INPS permette di ottenere un valore stimato dell’assegno alla fine dell’attività lavorativa a moneta costante, ovverosia calcolato a prescindere dall’andamento dell’inflazione. Così come si possono inserire e quindi ipotizzare, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, pure i periodi di sospensione dal lavoro.

Inoltre, il servizio web La mia Pensione INPS permette pure, proprio in base all’età ed alla propria storia lavorativa e contributiva, di conoscere la data in corrispondenza della quale si maturerà il diritto alla pensione di vecchiaia oppure alla pensione anticipata.

Così come ‘La mia pensione futura’ è anche un servizio via web che permette di verificare la correttezza del propria posizione previdenziale corrente in quanto fornisce lo storico dei contributi che sono versati all’INPS. In questo modo, se ci sono dei periodi di contribuzione mancanti, il lavoratore potrà comunicare e segnalare all’Istituto di previdenza di effettuare tutti i controlli e tutte le verifiche del caso.

Infine, per comprendere pienamente come funziona il servizio l’INPS, nella pagina di accesso online a ‘La mia pensione futura’,  ha pubblicato il link ad un video di presentazione sul canale YouTube, e l’indagine statistica in formato PDF.

Come andare in pensione con il contratto di espansione, gli anticipi previsti per il 2021

Con il contratto di espansione, che è stato introdotto in via sperimentale con il Decreto Crescita, le aziende con almeno 100 addetti possono risolvere consensualmente il rapporto di lavoro con i dipendenti a patto di attivare uno scivolo pensionistico. Nell’ambito dei percorsi di riorganizzazione e di reindustrializzazione, infatti, le imprese possono licenziare i dipendenti a patto di garantire loro il pagamento di un’indennità che, assimilabile ad una pensione anticipata, ha una durata pari ad un massimo di 60 mesi.

Quali sono gli anticipi previsti nel 2021 per i contratti di espansione

Salvo proroghe e conseguenti modifiche a livello legislativo, attualmente lo scivolo pensionistico, grazie ai contratti di espansione, è possibile nel rispetto delle condizioni previste fino al mese di novembre del 2021. Si tratta, nello specifico, di una scadenza entro la quale l’impresa, con il dipendente prossimo o comunque vicino alla pensione, può concordare la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

Il contratto di espansione, quindi, è una misura di esodo aziendale che, ai fini pensionistici, tutela il lavoratore con un’indennità che è sostanzialmente di accompagnamento verso la successiva maturazione dei requisiti di accesso alla pensione anticipata oppure a quella INPS di vecchiaia. Inizialmente previsto per le aziende con oltre 1.000 dipendenti, e poi con minimo 250 dipendenti, attualmente, come sopra accennato, il contratto di espansione è una misura che è accessibile anche da parte delle aziende con almeno 100 dipendenti.

Quali sono le tempistiche da rispettare per l’accesso al contratto di espansione

Nell’ambito di accordi tra i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, l’accesso al contratto di espansione è subordinato all‘esplicito consenso da parte del lavoratore. Inoltre il dipendente deve essere iscritto all’FPLD, ovverosia al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, oppure ad altre forme sostitutive o esclusive dell’AGO che è l’Assicurazione Generale Obbligatoria gestita dall’INPS.

In più, per accedere ai contratti di espansione, i lavoratori devono trovarsi a livello previdenziale a non più di 60 mesi dalla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione anticipata oppure alla prestazione INPS di vecchiaia. Rispettate tutte queste condizioni, il dipendente che accetta il contratto di espansione riceverà fino ad un massimo di 60 mesi l’indennità mensile che è pagata dall’INPS ma che è finanziata dall’azienda.

Perché i contratti di espansione sono vantaggiosi per l’azienda e per il lavoratore vicino alla pensione

Il contratto di espansione, quindi, è attualmente una delle opzioni per la flessibilità in uscita dei lavoratori da accompagnare alla pensione mentre l’impresa, a sua volta, con il consenso del dipendente può far leva su questo strumento per agevolare e per accelerare il ricambio generazionale. Con il dipendente che, stipulando il contratto di espansione, riceverà l’indennità mensile fino a quella che sarà la prima data utile per l’accesso alla pensione anticipata o di vecchiaia come sopra accennato.

L’indennità mensile riconosciuta, tra l’altro, è cumulabile pure con altri redditi da lavoro dipendente e da lavoro autonomo o da libera professione. Così come all’accompagnamento quinquennale alla pensione, grazie ai contratti di espansione, possono accedere non solo i dipendenti che sono stati assunti a tempo indeterminato, ma anche i dirigenti ed i lavoratori con il contratto di apprendistato.

Pensione in cumulo: dopo quanto decorre il TFS per i dipendenti statali?

Oggi, con questa breve guida, andremo a indagare nella questione della pensione in cumulo, per capire insieme quando decorre il TFS per i dipendenti statali. Questa ed altre annose domande nell’ articolo che segue, troveranno risposta.

Pensione in cumulo, di cosa si tratta

Partiamo col dire di cosa si parla, quando si fa riferimento alla pensione in cumulo. Una breve spiegazione per coloro che ancora non sono approdati alla tanto ambita età pensionabile, ma che già iniziano a porsi domande sul proprio futuro pensionistico. Dunque, la pensione in cumulo viene erogata in unico assegno e l’ente erogatore è, come sempre, l’Inps anche quando questo non sia uno degli enti a cui il lavoratore ha versato contributi. La pensione in cumulo riguarda la pensione di vecchiaia ma anche la pensione anticipata.

Per dirla in breve, il cumulo per la pensione è uno strumento che offre la possibilità di sommare gratuitamente la contribuzione presente in diverse casse di previdenza, per poter ottenere le pensioni di vecchiaia ordinaria, quella anticipata, quella d’inabilità e la pensione ai superstiti.

Ora, invece andiamo ad occuparci della domanda primaria della questione. Ovvero, dopo quanto decorre il TFS sulla pensione in cumulo.

TFS per i dipendenti statali: dopo quanto decorre

Occorre e necessita sapere che con il cumulo gratuito dei contributi è possibile sommare spezzoni contributivi presenti in diverse gestioni pensionistiche senza ricorrere alla ricongiunzione onerosa, tanto meno alla totalizzazione che, pur essendo gratuita, prevede il ricalcolo gratuito dell’assegno pensionistico.

Considerato ciò, va detto che per i dipendenti del settore pubblico, quindi i cosiddetti dipendenti statali, però, non sempre il cumulo può essere economicamente conveniente, siccome esso influisce negativamente sulla liquidazione del trattamento di fine servizio.

Di norma, infatti, i termini di decorrenza per l’erogazione del TFS decorrono dalla data della cessazione del servizio lavorativo.

Possiamo dire, nello specifico che l’articolo 1, comma 196 della legge 232 del 2016 prevede che per i lavoratori che accedono alla pensione utilizzando il cumulo gratuito dei contributi è previsto che il TFS venga erogato solo dopo 12 mesi dal compimento dell’età pensionabile necessaria per accedere alla pensione di vecchiaia (67 anni).

Dunque questo è quanto concerne il nocciolo della questione, ma cosa altro ancora c’è da sapere sulla pensione in cumulo?

Pensione, conviene prendersela in cumulo?

La domanda per la pensione in regime di cumulo dovrà essere presentata presso l’ente previdenziale, laddove è stata accreditata l’ultima contribuzione. A questo punto sarà quindi quest’ultimo ad avviare il procedimento nei confronti degli altri enti dove sono presenti i contributi da cumulare. Va inoltre ricordato che la richiesta va fatta poco prima del pensionamento all’ultimo ente pensionistico al quale si è iscritti, indicando gli enti previdenziali dove sono stati versati gli altri contributi.

Altri ancora, inquieti e poco rasserenati si chiedono quale sia la differenza tra cumulo e totalizzazione. E a tal proposito, ecco la risposta.

Se nel caso del cumulo si consente di sommare gratuitamente i contributi per il diritto alla pensione, differentemente con la totalizzazione, ogni quota del trattamento è calcolata secondo le regole di ciascuna gestione.

Ma, quindi quando è conveniente la pensione in cumulo?

Va subito detto per riassumete una risposta esaustiva a questa domanda che il cumulo può essere valido anche quando ci sono moltissimi anni di contributi e quindi la ricongiunzione potrebbe limitare la crescita della pensione per il raggiungimento della massima anzianità contributiva.

Contributi figurativi in CIGS: sono dannosi per la pensione?

Cosa sono i contributi figurativi e come agiscono in CIGS, sono dannosi per l’ottenimento della pensione? A queste e ad altre domande sulla questione troverete risposte di seguito. Andiamo a scoprirle assieme, senza alcuna remore e senza altri indugi.

Contributi figurativi: cosa sono

Iniziamo, seduta stante a fare chiarezza sul significato dei contributi figurativi. Si chiamano contributi figurativi quei contributi accreditati, senza onere per i lavoratori pubblici e privati, nei periodi in cui si è verificata un’interruzione o una riduzione dell’attività lavorativa.

Quindi, quei contributi che trovano il proprio punto di sguazzo nella cassa integrazione di un lavoratore. In pratica, i lavoratori che sono posti in cassa integrazione, hanno diritto alla copertura contributiva dell’intero periodo. I periodi di cassa integrazione sono coperti, quindi, da contributi figurativi ma questi non sono calcolati sull’indennità erogata, bensì sulla retribuzione sulla quale l’indennità è calcolata.

Cosa vuol dire CIGS

Con il termine CIGS si fa riferimento alla Cassa Integrazione Straordinaria. Per dirla in maniera specifica, la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) è un’indennità erogata dall’INPS per poter integrare la retribuzione di lavoratori di aziende che si trovano ad affrontare situazioni di crisi e riorganizzazione o contratti di solidarietà difensivi.

In questo infausto periodo di travaglio da Covid molti sono i lavoratori che sono finiti a regime di CIGS. E molti ancora si chiedono, quando avvengono i pagamenti in cassa integrazione da Covid.

E, a tal punto, vi forniamo anche una risposta a tale annoso quesito. Il pagamento diretto della Cassa integrazione avviene dopo 2-3 mesi dalla presentazione della domanda all’INPS. Questo, in genere, quando non ci sono ritardi nei flussi, e nella retribuzione, come è potuto accadere (e accadrà ancora) in questa annata infausta.

I contributi in Cassa integrazione per la pensione

Dunque, per tornare a capo della domanda basica, possiamo dire se i contributi in CIGS sono dannosi per la pensione o meno?

Partiamo subito col dire che il lavoratore che si ritrova posizionato nel limbo della cassa integrazione riceve sempre la contribuzione figurativa e non perde nulla ai fini pensionistici. In pratica, sulle ore lavorate del mese, il datore di lavoro versa la contribuzione ordinaria a carico azienda e il lavoratore la contribuzione ordinaria del 9,19%.

Va aggiunto che in generale, l’accredito della contribuzione figurativa non abbassa l’importo del trattamento pensionistico, a meno che non siano previsti dei tetti massimi, come nel caso dell’indennità di disoccupazione Naspi o del congedo straordinario legge 104.

Quindi, nella maggior parte dei casi, possiamo dire che la risposta è No. I contributi in CIGS non sono dannosi per il fine pensionistico.

Ultime curiosità sul caso CIGS

Per chiudere al meglio la questione, inerente all’argomento, troviamo risposte ad altre domande in merito alla contribuzione in CIGS.

Come ad esempio, quale è il valore dei contributi figurativi e quanti anni di contributi figurativi si possono avere.

Dunque, partiamo subito col dire che i Contributi accreditati, senza onere a carico del lavoratore, per periodi in cui l’interessato è costretto a interrompere l’attività lavorativa per diversi motivi (siano gravidanza, malattia, disoccupazione), sono come detto utili sia per raggiungere il diritto a pensione sia per aumentare l’importo della stessa.

Quanto alla durata del periodo, va ricordato che l’articolo 15 relativo a “Accredito dei contributi figurativi” del Decreto legislativo n. 503/1992 così recita: “i periodi figurativi computabili non possono eccedere complessivamente cinque anni”.

Quindi, dopo i cinque anni in CIGS, occorrerà capire al meglio la questione e venir fuori dal limbo della disoccupazione, dell’attesa e della contribuzione figurativa.

Ma cosa perde il lavoratore in CIGS?

La domanda che più porta timore, ovvero la perdita di qualcosa nella instabilità lavorativa della CIGS. il lavoratore nel computo finale avrà una contribuzione che verrà calcolata solo su 10 mensilità. Per i due mesi di cassa integrazione il lavoratore percepirà dall’INPS l’80% della retribuzione comprensiva del rateo di tredicesima; nel caso della cassa integrazione a orario ridotto, invece, la tredicesima verrà doppiamente calcolata.

Dunque, questo è quanto di più necessario, a fine dei conti, vi fosse da sapere sulla questione della cassa integrazione e relativa contribuzione. Questione assai annosa e molto in uso, in questo periodo di pandemia che ogni lavoro si porta via.

Pensione anticipata 2022: quali ipotesi per il nuovo anno?

Dal prossimo anno, salvo clamorose sorprese, non sarà più possibile andare in pensione con la quota 100. Ed allora, in vista del nuovo anno, quali sono le ipotesi di pensione anticipata nel 2022? Al netto di interventi legislativi da qui a fine anno, senza i vantaggi offerti dalla quota 100, ad oggi la strada percorribile per il pensionamento anticipato è quella standard rispetto, invece, ai requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Pensione anticipata nel 2022, quali sono ad oggi i requisiti?

Nel dettaglio, ad oggi i requisiti per la pensione anticipata nel 2022 coincidono con quelli che sono attualmente in vigore e, in particolare, questi non presentano dei vincoli sull’età anagrafica ma solo sull’anzianità contributiva. Ovverosia, 42 anni e 10 mesi di contributi previdenziali versati per gli uomini, e 41 anni e 10 mesi di contributi previdenziali per le donne che decidono di presentare all’INPS la domanda di accesso alla pensione anticipata.

Accesso alla pensione anticipata nel 2022 con l’opzione contributiva, ecco come

Inoltre, sempre riguardo alla pensione anticipata nel 2022, attualmente è possibile ritirarsi dal lavoro, prima della maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, grazie alla cosiddetta opzione contributiva. In tal caso servono 64 anni di età e 20 anni di contributi previdenziali versati, ma a patto che il lavoratore non abbia maturato un’anzianità contributiva prima della data dell’1 gennaio del 1996.

Come andare in pensione nel 2022 senza la quota 100 e senza i requisiti per l’anticipata

Senza la quota 100, e senza aver maturato i requisiti per accesso all’anticipata come sopra descritto, come andare in pensione nel 2022? Ad oggi non ci sono altre alternative rispetto alla maturazione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia.

Ovverosia 67 anni di età per quel che riguarda il requisito anagrafico, ed almeno 20 anni di contributi previdenziali versati. Per gli addetti alle mansioni gravose, pur tuttavia, il requisito anagrafico scende da 67 anni a 66 anni e 7 mesi di età.

In assenza del requisito di anzianità contributiva, inoltre, la pensione di vecchiaia è ottenibile con 71 anni di età e con almeno 5 anni di contributi previdenziali versati. Ma a patto che si rientri interamente nel regime di calcolo pensionistico contributivo.

Come sarà dal prossimo anno il post quota 100?

Le ipotesi sul tavolo per il nuovo anno, in materia di pensionamento anticipato, sono tante anche perché le discussioni del Governo italiano con le parti sociali continuano senza che sia ancora stata raggiunta la quadratura del cerchio.

Tra i sindacati che, non a caso, da un lato chiedono delle formule di pensionamento anticipato senza vincoli e senza penalizzazioni, e dall’altro il Governo italiano che invece, ai fini del contenimento dei costi, punta al post quota 100 introducendo, tra le ipotesi al vaglio, la quota 102. Ovverosia con 64 anni di età, con 38 anni contributivi e con delle penalizzazioni in uscita anticipata dal lavoro.

La prudenza del Governo italiano, sul superamento della quota 100, è anche dettata dai recenti rilievi da parte della Corte dei conti che, nello stimare la spesa previdenziale per il 2021 in Italia, non ha escluso per i conti pubblici l’emergere di elementi di criticità per i prossimi due anni.

Quanto si paga di contributi INPS nel regime forfettario?

Molti si interrogano sulla contribuzione, in vista della futura pensione. Ancor più persone si interrogano su quanto si paga di contributi INPS nel regime forfettario. Oggi, andremo ad occuparci di questa annosa questione che attanaglia le partita IVA in tale regime.

Regime forfettario e contributi INPS

Il regime forfettario, come ben saprete, è un regime fiscale agevolato, destinato alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni. Ovviamente, il versamento dei contributi rappresenta una tappa fondamentale per il futuro pensionamento. Ma in tanti si chiedono quale sia la quota in contributi da versare, per tale regime forfettario.

Partiamo col dire che per il calcolo e, quindi, per il pagamento dei contributi Inps, i titolari di partita Iva in regime forfettario dovranno per prima cosa stabilire se iscriversi o se si è iscritti alla Gestione separata Inps artigiani e commercianti o alla Gestione separata Inps lavoratori autonomi.

Sarà, di fatto, la tipologia di attività a determinare il calcolo di tale pagamento dei contributi INPS.

Va aggiunto che i contribuenti possessori di partita Iva in regime forfettario che svolgono attività di servizi e che sono soggetti all’iscrizione a specifici albi professionali possono inoltre iscriversi alla cassa previdenziale di categoria.

Come calcolare i contributi INPS in regime forfettario

Vediamo, nello specifico come effettuare il calcolo dei contributi e scoprire, dunque, quanto si paga in regime forfettario. Dunque, per quanto riguarda i titolari di partita Iva in regime forfettario il calcolo dei contributi Inps andrà a variare sulla base di diversi fattori, tra cui l’iscrizione alla Gestione separata professionisti senza cassa o alla Gestione Inps artigiani e commercianti.

Dovranno iscriversi alla Gestione Separata Inps professionisti senza cassa quei contribuenti titolari di partita Iva in regime forfettario che svolgono attività di lavoro autonomo e che non hanno l’obbligo di iscrizione ad uno specifico albo professionale.

Calcolo contributi Gestione separata INPS artigiani e commercianti

Questo tipo di iscrizione, alla gestione separata, è obbligata per il regime forfettario. Per coloro che sono titolari di partita Iva in regime forfettario il calcolo dei contributi Inps potrà essere effettuato sulla base del minimale contributivo ridotto del 35%, entro le scadenze ordinarie del:

  • 16 maggio;
  • 16 agosto;
  • 16 novembre;
  • 16 febbraio.

Questa riduzione del 35% non compete invece i professionisti senza cassa, che andranno ad operare in un altro calcolo contributivo. Scopriamo quale.

Calcolo contributi professionisti senza cassa

Per quei titolari di partita Iva in regime forfettario che risultano iscritti alla Gestione separata Inps per professionisti senza obbligo di iscrizione ad un albo calcolano i contributi con aliquota del 25,72% sul reddito dichiarato. Si tratta di coloro che non risultano titolari di trattamenti pensionistici e che non sono iscritti ad altre gestioni previdenziali.

Come calcolare, dunque, il versamento dei contributi per i possessori di regime forfettario iscritti alla gestione separata senza cassa? Andiamo a vedere la formula di calcolo specifico.

Per il calcolo dei contributi Inps i titolari di partita Iva in regime forfettario dovranno utilizzare la seguente formula:

  • Reddito fiscale=Fatturato*coefficiente di redditività

In ultimo, ma non ultimo, va specificato che su questi contributi sussiste la regola generale della deducibilità per cassa, di conseguenza, i contributi stessi potranno essere interamente dedotti dal reddito relativo al periodo d’imposta in cui saranno pagati.

Dunque, questo è quanto di strettamente necessario vi era da sapere in merito alla situazione del pagamento dei contributi INPS per coloro che operano con partita IVA in regime forfettario. Ora, non vi resta che apprestarvi a versare il dovuto e tornare al lavoro, più carichi di prima.

Pensioni di reversibilità e indiretta ai superstiti, i limiti di reddito del 2021

Alla morte di un contribuente, lavoratore o pensionato, i familiari più stretti hanno diritto a una pensione. Si tratta di una prestazione riconosciuta dall’ordinamento giuridico al coniuge e ai figli, e subordinatamente, ai genitori del defunto di almeno 65 anni, ai fratelli e alle sorelle inabili. Non è richiesto alcun requisito contributivo particolare al defunto in quanto già titolare di una prestazione pensionistica (di vecchiaia, di anzianità o di inabilità). In tal caso la prestazione spettante ai superstiti si chiama pensione di reversibilità

Pensione di reversibilità e pensione indiretta

Nel caso in cui il defunto era ancora un lavoratore (non ancora titolare di pensione) con non meno di 780 settimane di contributi o 260 settimane di versamenti dei quali almeno 156 nei cinque anni precedenti la data della morte, ai superstiti spetta la pensione indiretta. Inoltre, il mancato raggiungimento dei requisiti contributivi del defunto presso un ulteriore fondo previdenziale presso il quale il defunto ha contribuito fa scattare la pensione supplementare indiretta, spettante al solo superstite già beneficiario di prestazione di reversibilità o indiretta. 

Reversibilità, cosa succede se il coniuge ha altri redditi?

Se il coniuge svolge attività lavorative o possiede altri redditi, sia la pensione di reversibilità che quella indiretta subiscono delle riduzioni. Normalmente, i due trattamenti sono di importo pari al 60% della pensione percepita dal defunto o di quella maturata nel caso dell’indiretta. Tuttavia, in presenza di altri redditi personali, superiori a tre volte il trattamento minimo stabilito dall’Inps, la quota della prestazione spettante al coniuge si riduce di percentuali tanto più alte quanto più elevato è il reddito percepito. 

Percentuali di riduzione pensione di reversibilità o indiretta

Le percentuali di riduzione della pensione di reversibilità o di quella indiretta in presenza di altri redditi sono stabile dal comma 41 dell’articolo 1  della legge 225 del 1995 (Legge Dini). Secondo il richiamato comma, le riduzioni sono pari al 25, al 40 e al 50% della prestazione spettante nel caso in cui il reddito del superstite sia maggiore, rispettivamente, di tre, quattro o cinque volte il trattamento minimo dell’Inps. Tale limite di trattamento è stabilito per annualmente e deve essere calcolato sulle tredici mensilità.

Riduzione della pensione di reversibilità per redditi del coniuge superiori a 20.107,62 euro

Nell’anno 2021, per non subire alcuna decurtazione della pensione di reversibilità o indiretta, è necessario che il coniuge superstite non superi il limite di reddito pari a 20.107,62 euro. Nel caso in cui il coniuge dovesse superare questa soglia annua, la riduzione della prestazione (il 60% della pensione percepita dal coniuge defunto oppure quella maturata fino al momento della sua morte) sarà del 25% per un ammontare dei redditi del beneficiario da 20.107,62 euro a 26.810,16 euro. Ciò significa che l’importo spettante al coniuge superstite non sarà del 60% ma del 45% della pensione maturata dal defunto, risultato ottenuto applicando la riduzione del 25%. 

Limite di reddito che il coniuge non deve superare per ridurre della metà la prestazione di reversibilità

Per redditi del coniuge superstite superiori, la percentuale di decurtazione della prestazione spettante come reversibilità o pensione indiretta è ulteriormente più alta. Pertanto, la presenza di redditi prodotti nell’anno da 26.810,16 euro a 33.512,70 euro, fa salire la percentuale di riduzione al 40%. Ne consegue che l’importo spettante al vedovo o alla vedova sarà pari al 36% (e non il 60%) della pensione maturata dal defunto. Il taglio della prestazione può arrivare fino al 50% per redditi annui di importo superiore a 33.512,70 euro. In tal caso, la prestazione di reversibilità corrisponde alla metà (il 30%) di quanto sarebbe spettato in assenza di redditi o per redditi entro i 20.107,62 euro. 

Pensioni di reversibilità, i redditi da prendere in considerazione

I redditi da prendere in considerazione ai fini della riduzione della prestazione di pensione di reversibilità o indiretta sono quelli assoggettati all’Irpef. Gli importi vanno presi al netto dei contributi assistenziali e previdenziali, ma rientrano ai fini del calcolo il trattamento di fine rapporto e le relative anticipazioni, i redditi della casa di abitazione e le competenze arretrate sottoposte alla tassazione separata. Tuttavia, non va considerato l’importo della pensione ai superstiti sulla quale va effettuata eventualmente la riduzione stessa. 

Il superstite deve presentare la dichiarazione reddituale per la pensione di reversibilità

Sia al momento della domanda di pensione di reversibilità o indiretta, che negli anni successivi, il coniuge deve presentare la dichiarazione reddituale che attesti i redditi percepiti nell’anno di riferimento. Dalla dichiarazione si calcola la riduzione da applicare alla prestazione del defunto. Le riduzioni scattano sempre nei casi di prestazione spettante solo al coniuge, ovvero ai genitori o ai fratelli e sorelle del defunto. Diversamente, la riduzione non scatta nel caso in cui i titolari della prestazione siano i figli, minori, studenti oppure inabili, ancorché in concorso con il coniuge del defunto.  In quest’ultimo caso, l’ordinamento giuridico permette la possibilità di cumulare per intero la prestazione del defunto con eventuali altri redditi. 

Chi sono i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali INPS?

In Italia l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) riconosce ed eroga le principali prestazioni pensionistiche in forza ad un primario istituto di assistenza sociale e previdenza. Si tratta, nello specifico, dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) alla quale, in automatico, sono iscritti tutti i lavoratori che prestano attività retribuita e che sono alle dipendenze di soggetti terzi.

Con l’Assicurazione Generale Obbligatoria, che è gestita dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS), i lavoratori nel rispetto dei requisiti previsti possono accedere a tante prestazioni pensionistiche a partire dalla pensione di vecchiaia alla pensione di anzianità, e passando per la pensione ai superstiti. Ma anche la pensione di inabilità e l’assegno di invalidità.

AGO gestioni speciali INPS, ecco quali sono i lavoratori iscritti

Sempre nell’AGO, inoltre, ci sono i lavoratori autonomi che sono iscritti in apposite sezioni speciali che, in particolare, sono caratterizzate da autonomia finanziaria e pure da una contabilità separata. Si tratta, nello specifico, degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti, dei commercianti e degli artigiani.

Nel dettaglio, le gestioni speciali INPS AGO sono 3, e precisamente quella per gli artigiani, quella per i commercianti e quella per i coltivatori diretti, imprenditori agricoli, mezzadri e coloni. In particolare, la gestione speciale per gli artigiani è stata istituita con la legge del 4 luglio del 1959 numero 463; la gestione speciale per i commercianti è stata istituita con la legge del 22 luglio del 1966 numero 613; mentre la gestione speciale per i coltivatori diretti, per gli imprenditori agricoli, per i mezzadri e per i coloni è stata istituita con la legge del 26 ottobre del 1957 numero 1047.

Contributi e aliquote INPS per artigiani, commercianti e coltivatori diretti

Per il 2021, l’aliquota contributiva per gli artigiani, per i commercianti e per i coltivatori diretti è pari al 24%. Con l’ammontare dei contributi da versare che è funzione di una quota fissa, che è calcolata sul cosiddetto minimale di reddito, e di una quota di contribuzione variabile in ragione dell’eventuale eccedenza.

Per esempio, a valere sull’anno 2021, il reddito minimo annuo da prendere come base, ai fini del calcolo del contributo IVS, è pari a 15.953,00 euro. Una soglia che è invariata rispetto all’anno 2020 per le gestioni speciali artigiani e commercianti. La quota variabile dei contributi si calcola invece sul reddito eccedente il minimale, ovverosia proprio su quello sopra la soglia dei 15.953,00 euro.

I contributi fissi si pagano in quattro rate con le scadenze, per il 2021, il 17 maggio, il 20 agosto, il 16 novembre ed il 16 febbraio del 2022. Mentre le scadenze per la quota di contributi eccedente il minimale, a titolo di saldo 2020, e pure di primo e di secondo acconto del 2021, seguono le stesse scadenze che sono previste per il versamento delle tasse che sono dovute in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi annuale.

Oltre al minimale di reddito, inoltre, ai fini del calcolo dei contributi INPS, per gli artigiani e per i commercianti, c’è pure il massimale imponibile di reddito annuo che è pari a 78.965,00 euro per chi è con anzianità contributiva alla data del 31 dicembre del 1995. Mentre il massimale 2021 sale a 103.055,00 euro per i lavoratori che sono privi di anzianità contributiva sempre alla data del 31 dicembre del 1995.