Pensione ENASARCO 2021: come funziona il fondo per gli agenti di commercio?

Il fondo ENASARCO è la cassa previdenziale privata per Agenti e Rappresentanti di commercio, ma anche per promotori finanziari che eroga trattamenti pensionistici integrativi ai servizi erogati dall’INPS, dove gli agenti versano la loro contribuzione presso la gestione artigiani e commercianti.

I suddetti lavoratori autonomi sono obbligati all’iscrizione e al versamento dei contributi presso entrambi gli enti previdenziali.

Sono tenuti ad iscriversi all’Enasarco i Rappresentanti e gli Agenti di Commercio che svolgono la loro attività in Italia per conto di aziende mandatarie italiane o di ditte mandatarie straniere che hanno sede in Italia o una qualsiasi dipendenza nel territorio nazionale. Sono obbligati all’iscrizione Enasarco anche gli Agenti che lavorano all’estero per preponenti italiane o quelli che svolgono la loro attività sia in forma individuale che societaria, a prescindere dalla forma giuridica, ma che siano illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali. Da precisare che i soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali ma che non svolgono attività di agenzia, non sono obbligati all’iscrizione ad Enasarco.

Pensione Enasarco 2021: requisiti

Gli uomini possono accedere alla pensione di vecchiaia con Quota 92, età minima 67 anni e contribuzione minima di 20 anni. Le donne potranno accedervi con Quota 91, età minima 65 anni e un minimo di 20 anni di contributi. Gli agenti si trovano attualmente in un regime transitorio che porterà alla parità dei requisiti pensionistici uomo/donna nel 2024.

Rappresentanti e agenti di commercio (uomo/donna) possono accedere anche alla pensione anticipata Enasarco di uno o due anni, al compimento del 65° anno d’età. In questo caso, l’importo dell’assegno pensionistico sarà ridotto del 5% per ogni anno anticipato rispetto all’età anagrafica richiesta per la pensione di vecchiaia. L’anzianità contributiva minima deve essere di 20 anni, quindi Quota 90. La domanda di pensione va inoltrata sul sito Enasarco.

Enasarco: le altre pensioni

Pensione di invalidità: l’accesso è consentito a coloro che hanno riportato un’invalidità a causa di infermità o difetto fisico o mentale, sopraggiunta o aggravatosi dopo l’iscrizione al Fondo, almeno del 67% della capacità lavorativa nell’attività d’agente effettivamente esercitata. Altro requisito necessario: aver maturato almeno cinque anni di contributi obbligatori, di cui almeno tre nei cinque anni precedenti la presentazione della domanda.

Pensione di inabilità: si può chiedere nel caso di una sopraggiunta assoluta e permanente incapacità nell’esercizio di qualsiasi attività lavorativa a causa di infermità, difetto fisico o mentale. Sono necessari cinque anni di anzianità contributiva obbligatoria, di cui un anno (non richiesto per inabilità sopraggiunta per aggravamento dello stato di salute del pensionato di invalidità) nei cinque precedenti la presentazione della domanda.

Pensione ai superstiti: le pensioni Enasarco sono reversibili in favore dei superstiti dell’avente diritto già pensionato al momento della dipartita. La pensione indiretta spetta ai superstiti dell’agente non pensionato, ma solo se quest’ultimo, al momento del decesso, abbia versato almeno 20 anni di contribuzione. Oppure, almeno cinque anni di cui uno nel quinquennio precedente la morte. I superstiti dell’agente in possesso dei requisiti possono chiedere il riconoscimento della rendita contributiva (decorrenza dal 2024) che prevede la riduzione del 2% per gli anni mancanti di anzianità contributiva.

Supplemento di pensione

Il fondo Enasarco consente l’accesso a un supplemento di pensione a coloro che hanno già acquisito le pensioni di invalidità, di inabilità; ai titolari di pensione ai superstiti reversibile o indiretta; ai titolari di rendita contributiva. E’ necessario avere almeno 72 anni d’età (esclusi i pensionati d’inabilità e i superstiti) ed essere pensionato da cinque anni o aver ricevuto la liquidazione del precedente supplemento da almeno cinque anni.

Rendita previdenziale integrativa

I lavoratori iscritti ad Enasarco non possono cumulare i contributi versati al Fondo con altra contribuzione versata presso altre forme della previdenza obbligatoria. La ricongiunzione dei contributi non è possibile in quanto le prestazioni erogate dall’Enasarco hanno natura integrativa e non sostitutiva dell’assicurazione generale.

Gli agenti già titolari di una prestazione a carico dell’AGO o dei fondi ad essa sostitutivi od esclusivi non possono chiedere una prestazione supplementare Enasarco, se non possiedono almeno 20 anni di contributi.

Per ovviare alle suddette limitazioni, l’Enasarco ha adottato la rendita previdenziale integrativa. Essa spetta agli iscritti che abbiano versato cinque anni di contributi e almeno 67 anni d’età. L’importo dell’assegno è calcolato in base alla contribuzione effettivamente versata con riduzione del 2% per ogni anno mancante al raggiungimento di Quota 92. La rendita è reversibile, quindi il coniuge sopravvissuto potrà avere una quota del contributo.

A quale età si va in pensione nel 2021?

Con l’aumento della speranza di vita, e con gli interventi del legislatore, in genere le condizioni ed i requisiti per l’accesso in Italia alla previdenza pubblica cambiano o comunque possono cambiare di anno in anno. Per esempio, a quale età si va in pensione nel 2021?

Previdenza pubblica, dalla pensione di vecchiaia alle opzioni di pensionamento anticipato

Al riguardo c’è da dire che, fissato l’anno in corrispondenza del quale sarà possibile ritirarsi dal lavoro, la pensione di riferimento per la previdenza pubblica è rappresentata da quella di vecchiaia per la quale, in particolare, nel 2021 servono 67 anni di età ed almeno 20 anni di anzianità contributiva. Pur tuttavia, rispetto ai requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia, in Italia ci sono attualmente svariate opzioni e soluzioni di pensionamento anticipato che, nel rispetto delle condizioni previste, presentano dei requisiti che sono meno stringenti in alcuni casi sull’anzianità contributiva, ed in altri sull’età per il pensionamento.

Quali sono i requisiti 2021 per l’accesso alla pensione anticipata ordinaria

Prima della maturazione dei requisiti per la prestazione INPS di vecchiaia, il lavoratore ha la possibilità di accedere, nel rispetto dei requisiti previsti, alla pensione anticipata ordinaria per il cui ottenimento, comunque, serve un’anzianità contributiva molto alta e nessun requisito d’età.

Precisamente, per gli uomini, ben 42 anni e 10 mesi di contributi versati e, per le donne, 41 anni e 10 mesi di contributi versati da parte delle lavoratrici che sono iscritte alle gestioni previdenziali dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale.

Andare in pensione con la quota 100 nel 2021, le condizioni ed i requisiti

Tra le misure di pensionamento anticipato attualmente in vigore, rispetto alla prestazione di vecchiaia ed alla pensione anticipata ordinaria, spicca la quota 100. In particolare, per andare in pensione con la quota 100 servono 38 anni di anzianità contributiva, ma rispetto alla pensione di vecchiaia il requisito dell’età scende a 62 anni.

Introdotta con il Decreto legge numero 4 del 28 gennaio del 2019, la quota 100 è una misura di pensionamento anticipata che è stata introdotta in via sperimentale per il triennio che va dal 2019 al 2021. Dal 2022, stando all’attuale orientamento del Governo italiano, la quota 100 non dovrebbe essere rinnovata o prorogata.

L’anticipo pensionistico di accompagnamento alla prestazione di vecchiaia

Per accompagnare i lavoratori verso la maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, inoltre, attualmente c’è in vigore l’APE Sociale che non è altro che un anticipo pensionistico il cui importo massimo erogabile è pari a non oltre 3 volte l’assegno sociale.

Per l’accesso all’APE sociale, nel dettaglio, servono minimo 63 anni di età, un’anzianità contributiva di 30-36 anni di contributi versati, e l’appartenenza alle cosiddette categorie deboli. Ovverosia lavoratori che sono disoccupati, addetti a mansioni gravose, lavoratori precoci, lavoratori disabili o che assistono parenti con disabilità o con gravi patologie invalidanti.

Il lavoratore o la lavoratrice che percepisce l’APE Sociale prenderà l’assegno di accompagnamento fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia o di altre prestazioni previdenziali che prevedano l’erogazione del trattamento da parte dell’INPS in anticipo. Inoltre, l’APE Sociale è una prestazione INPS che, tra l’altro, non è compatibile con l’accesso agli ammortizzatori sociali.

Pensioni ed estratto conto contributivo: come leggerlo e verificarlo

In un mare generale di preoccupazione per i lavoratori e per coloro che presto dovranno accedere alla pensione, andiamo a scoprire, per questi ultimi cosa vuol dire quando ci sono contributi da verificare. Una rapida guida per capire come leggere l’estratto conto contributivo, prima di accedere alla desiderata pensione.

Cos’è l’estratto conto contributivo

Prima di accingerci ad un essenziale guida sul controllo del suddetto, partiamo col dire che, quando parliamo di estratto conto contributivo parliamo di un documento che viene inviato dall’Inps ai lavoratori, periodicamente, tenendoli aggiornati sulla propria storia assicurativa e contributiva. Consultando l’estratto il lavoratore potrà verificare la presenza di tutti i contributi versati autonomamente o versati dai propri datori di lavoro, per poter segnalare per tempo eventuali errori o inesattezze. Quindi un quadro utile per la propria posizione previdenziale.

Come leggere e verificare l’estratto conto

In linea di massima, la lettura dell’estratto conto non risulta molto difficile, in quanto i dati sono esposti in maniera abbastanza comprensibile per la lettura finale dell’utente. Tuttavia è importante avere chiari alcuni parametri. Vediamo dunque quali sono le principali voci dell’estratto conto e quali sono i principali punti da tenere sotto osservazione.

In alto a destra, nell’estratto conto, troviamo i dati anagrafici dell’interessato, mentre troveremo inseriti nella tabella i dati relativi ai versamenti previdenziali. Troveremo anche un campo relativo al Periodo di riferimento. Inoltre, un campo in cui è indicata la tipologia di contribuzione. Ed un altro campo in cui sono individuati i Contributi utili che saranno annoverati in giorni, mesi o settimane.

Inoltre, vi troveremo la retribuzione o reddito percepito durante il periodo di riferimento ed anche l’azienda presso cui il lavoratore ha prestato servizio e le eventuali Note che vengono poi riepilogate alla fine dell’estratto. Insomma, un quadro completo.

Ma, a cosa serve verificare l’estratto conto?

Controllare l’estratto conto è decisamente importante, poiché per poter accedere alla pensione bisogna aver versato un certo numero di contributi che sono espressi in giorni, settimane, mesi o anni, in base al tipo di lavoro svolto dal richiedente. E permette, quindi, all’iscritto di verificare se il datore di lavoro ha provveduto o meno al versamento dei contributi. Nel caso in cui vengano riscontrate delle anomalie è possibile inoltrare una segnalazione utilizzando la procedura attivabile dal percorso sul sito dell’INPS. Accedendo ai Servizi online quindi cliccando sui Servizi per il cittadino, poi inserendo codice identificativo PIN e accedendo al Fascicolo Previdenziale del Cittadino dal menu a sinistra, quindi andando su Posizione Assicurativa e andando nella sezione Segnalazioni contributive.

Tipo di contribuzione e numero dei contributi utili

Nel campo in cui troverete la dicitura “Tipo di contribuzione” nell’estratto conto, sarà descritta in chiaro il tipo di attività o il tipo di evento che ha dato luogo alla registrazione della contribuzione. Mentre, per quanto riguarda il Numero dei contributi utili per il diritto alla pensione si fa riferimento al valore centrale dell’estratto conto, rappresentante il numero delle giornate o delle settimane o dei mesi (indicazione specificata prima del numero di riferimento) compresi nel periodo in questione. La contribuzione la troveremo espressa in un periodo settimanale per quanto riguarda la generalità dei lavoratori dipendenti, in mesi per quanto concerne i periodi di lavoro autonomo ed in giorni per coloro iscritti nel fondo spettacolo o per i professionisti del settore dello sport.

Retribuzione e reddito da verificare

Andiamo, in ultimo a controllare come verificare il calcolo della retribuzione e del reddito nell’estratto conto. Con le voci apposite potremmo verificare la retribuzione percepita dai lavoratori per i periodi di lavoro svolto in qualità di dipendenti o il reddito percepito dal titolare d’impresa, ovvero commercianti e artigiani. Od anche il reddito percepito dagli iscritti alla gestione separata. Il parametro del reddito è importante per verificare innanzitutto il rispetto del minimale contributivo nel periodo di riferimento. Non a caso, se la retribuzione o il reddito percepito risultasse inferiore al minimo previsto dalla legge per l’accredito di un anno intero di versamenti, i contributi riportati in tale periodo dovranno essere rapportati alla retribuzione percepita effettivamente.

Dunque, potremmo dire che questo era quanto di più necessario da sapere per poter verificare i contributi e la funzionalità dell’estratto conto per poter accedere alla pensione. Ora, non vi resta che prepararvi a godere la tanto agognata meta pensionistica, con i conti alla mano.

Pensione: come si calcolano le settimane di contributi INPS?

Nel grande ballo delle pensioni e dei lavori sempre più altalenanti, molti si chiedono come calcolare i contributi INPS e capre il futuro che li attende. Andiamo, quindi oggi a scoprire come si calcolano le settimane di contributi INPS.

Il calcolo dei contributi INPS: una nuova frontiera della pensione

Cominciamo con riassumere in breve il quadro della situazione. Va ricordato che di recente, la legge sulla Quota 100 ha riportato inevitabilmente il tema delle pensioni al centro del dibattito pubblico. La legislazione sull’accesso al pensionamento è cambiata, di fatto, nel corso degli anni per poter affrontare le esigenze della riduzione della spesa pubblica e del cosiddetto debito pubblico. Ciò non ha fatto altro che comportarevisto sia l’allungamento del periodo lavorativo utile ad accedere al pensionamento e sia la possibilità di ridursi l’assegno pensionistico, per via dell’introduzione del metodo di calcolo contributivo.

Quindi qualvolta arriva una legge nuova sulle pensioni, il dipendente finisce per affannarsi di dover capire quando potrà finalmente conquistare la tanto attesa pensione. Molto spesso si fa riferimento al concetto di settimana contributiva. Quindi sarà utile conoscere, per i lavoratori come si calcolano le settimane contributive Inps.

Come calcolare le settimane contributive INPS

Sostanzialmente il calcolo delle settimane contributive Inps potrebbe apparire come un qualcosa di banale e di scontato, però non è così semplice come si potrebbe a primo impatto pensare. Per fare suddetto calcolo, di fatto bisogna verificare quando un dipendente può andare in pensione, oppure la possibilità di prendere un sussidio fondamentale per chi perde il lavoro come la Naspi. Facendo fronte alla lontana legge varata nel 2012, dalla cosiddetta forma Monti-Fornero, è previsto che tale pensionamento sia possibile solo se si raggiunge una soglia minima.

Quindi, facendo riferimento al calcolo dell’assegno, la suddetta riforma prevede che la cifra accreditata mensilmente dall’Inps sia calcolata sulla base dei contributi effettivamente versati da quel dipendente. Un calcolo che viene definito metodo contributivo pro rata. Più recentemente, l’attuale governo ha varato, invece, una riforma parziale delle pensioni, ossia la cosiddetta Quota 100. Ovvero, per farla breve si potrà andare in pensione quando la somma di anni di età e anni di contributi farà 100.

Ma quindi come calcolare praticamente le settimane contributive INPS

Va presto detto che, al momento del pensionamento, l’intera somma versata dal dipendente all’Inps nel periodo della sua vita lavorativa viene tramutata in un assegno mensile, sulla base di un calcolo matematico eseguito apportando un coefficiente dipeso da diversi fattori, tra cui l’età del dipendente e le sue aspettative di vita. Coefficient che verranno adeguati e modificati ogni tre anni, in seguito ai cambiamenti delle aspettative di vita mede.

Detto ciò, per poter calcolare il numero di settimane contributive che sono state pagate prima del 1995 (ovvero la data in cui è stata varata la riforma del metodo di calcolo contributivo) e quante dopo, è importane perché da ciò deriva anche quanto sarà pesante l’assegno pensionistico che verrà riconosciuto dall’Inps. Dunque sarà necessario il calcolo dell’anzianità contributiva, utile a stabilire se si ha diritto ad accedere alla pensione o ad ulteriori provvidenze pubbliche, attraverso l’ammontare delle prestazioni pensionistiche stesse.

Andando a fare un piccolo esempio, oggi per accedere alla pensione di vecchiaia, bisogna considerare che saranno necessari perlomeno 20 anni di contributi ed un’età anagrafica di 67 anni. Facendo riferimento ad altre situazioni sarà necessario, invece, il solo requisito contributivo senza una minima età anagrafica. Come nel caso della pensione anticipata erogabile quando si è maturata una certa anzianità di periodo contributivo, senza tener conto dell’età anagrafica.

La cosiddetta anzianità contributiva viene determinata, dunque, per la generalità dei lavoratori dipendenti in settimane contributive. Ovvero, in un numero di 52 settimane annuali. Ciò sta a voler dire che per ogni anno di lavoro del dipendente e di relativi contributi versati all’Inps, dovranno essere conteggiate 52 settimane contributive. Quindi, qualora occorrano 40 anni di contributi, bisognerà calcolare i 40 anni di contributi per le settimane annuali, ovvero 40×52 settimane. Avremo, quindi un totale di 2080 settimane contributive accreditate presso l’Inps.

Il Naspi e le settimane contributive

Ovviamente, bisogna tener conto che tale calcolo delle settimane contributive sarà necessario anche per verificare altre tipologie di provvidenze INPS. Come ad esempio il Naspi, meglio noto come indennità di disoccupazione. Per poter accedere alla Naspi il lavoratore dovrà accumulare almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Le settimane contributive, peraltro vanno ad incidere anche sul periodo di durata del beneficio. La Naspi è corrisposta dall’Inps al suddetto lavoratore disoccupato previa mensile, per un numero di settimane che deve essere pari alla metà delle stesse settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni.

Pensioni contributive, quali sono e come funzionano

La pensione contributiva è una prestazione previdenziale, il cui assegno mensile è calcolato con il sistema contributivo. Solitamente, l’importo riconosciuto al beneficiario è nettamente minore a quello che percepirebbe se il calcolo avvenisse tramite il sistema retributivo. Il lavoratore, vuoi per anzianità di servizio, vuoi per carriera, ha ricevuto retribuzioni crescenti o comunque non decrescenti.

Pertanto, poiché nella determinazione dell’assegno pensionistico contributivo si fa fede esclusivamente ai contributi versati nell’arco della propria vita lavorativa, a parità di anni lavorativi e reddito conseguito, la pensione contributiva è sempre inferiore alla pensione retributiva.

Il sistema contributivo riguarda tutti i soggetti che hanno cominciato a versare i contributi obbligatori a partire dal 1° gennaio 1996.

Esistono tre tipi di pensioni contributive: pensione di vecchiaia contributivi puri; pensione anticipata contributiva; pensione di vecchiaia con cinque anni di contributi. Ma entriamo nel dettaglio.

Pensione di vecchiaia 67 contributivi puri

Sono “contributivi puri” quei lavoratori il cui primo versamento contributivo sia successivo alla Riforma delle pensioni Dini, quindi, si fa riferimento alla data del 1° gennaio 1996. I requisiti d’età e di contribuzione non sono sufficienti, infatti, ne va preso in considerazione un altro. Ovvero, aver maturato una pensione di importo superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Con riferimento al 2021, l’importo è pari a 690,42 euro.

Nel caso in cui il terzo requisito venga a mancare, il lavoratore non acquisisce il diritto a ottenere la pensione. Quindi, il trattamento pensionistico sarà riconosciuto solo al compimento del 71° anno d’età, in questo caso, si parla di pensione di vecchiaia contributiva.

LEGGI ANCHE: Pensione con opzione contributiva: requisiti di accesso, pro e contro

Pensione anticipata contributiva

Tornando a fare riferimento ai “contributivi puri”, esiste una particolarità che prevede un’altra opzione: la pensione anticipata contributiva. Oltre a poter ottenere la pensione al raggiungimento dell’anzianità contributiva dei 42 anni e 10 mesi, che diventa 41 nni e 10 mesi per le donne, i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi dal 1° gennaio 1996 possono ottenere il trattamento pensionistico anticipato al compimento del 64° anno d’età (requisito che va sempre adeguato alla speranza di vita).

Tuttavia, ci sono altre due condizioni da soddisfare per accedere alla pensione che decorre subito, senza finestra. Aver maturato almeno 20 anni di contribuzione effettivamente accreditata. Con questa definizione s’intende che ai fini del computo sono considerati validi: i soli contributi obbligatori, volontari o da riscatto. Sono esclusi i contributi accreditati figurativamente per disoccupazione, malattia e/o prestazioni equivalenti.

Inoltre, aver maturato un assegno mensile pensionistico non inferiore a 2,8 volte quello dell’assegno sociale (460,28 euro). Quindi, 1.288,78 euro per il 2021.

Pensione di vecchiaia contributiva con 5 anni di contributi

I lavoratori che non hanno versato i contributi antecedentemente il 1° gennaio 1996, hanno la possibilità di ottenere la pensione di vecchiaia con cinque anni di contribuzione. Il requisito anagrafico necessario richiesto è pari a 71 anni (anche per il 2021/2022). Successivamente, esso viene incrementato di tre mesi per ogni biennio, sempre in adeguamento dell’aspettativa di vita.

Per accedere a questo trattamento pensionistico, non è previsto un importo minimo dell’assegno mensile, diversamente dalla pensione di vecchiaia ordinaria e dalla pensione anticipata contributiva.

I lavoratori soggetti a un calcolo dell’assegno di pensione effettuato con il sistema retributivo o misto (chi possiede contributi accreditati prima del 31 dicembre 1995), può usufruire del calcolo integralmente contributivo, quindi aver accesso alla pensione di vecchiaia contributiva, avvalendosi del computo presso la gestione separata. Tuttavia, è necessario rispondere ai seguenti requisiti:

  • essere iscritto alla gestione separata con il versamento di almeno di un mese di contributi;
  • avere meno di 18 anni di contribuzione versata o accreditata prima del 1° gennaio 1996;
  • avere almeno 5 anni di contributi versati o accreditati dal 1° gennaio 1996;
  • possedere almeno 15 anni di contributi complessivi.

Pensione di vecchiaia con 5 anni di contribuzione con il cumulo

La pensione di vecchiaia con cinque anni di contributi, può essere ottenuta anche tramite un cumulo di versamenti che risale al 1997. Esso è riservato a quei lavoratori che non sono in possesso di contribuzione accreditata entro il 31 dicembre 1995, o a coloro che hanno scelto il calcolo contributivo della pensione, e permette di raggiungere non solo la pensione di vecchiaia ordinaria, ma anche la pensione di vecchiaia contributiva con 5 anni di contributi.

I lavoratori i cui trattamenti pensionistici sono liquidati esclusivamente secondo il sistema contributivo, per conseguire la pensione di vecchiaia con cinque anni di contributi devono risultare iscritti ad almeno due gestioni tra le seguenti:

  • assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti (Ago);
  • forme sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria;
  • forme esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria;
  • gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
  • gestione separata.

Rientrano tra i beneficiari del “vecchio cumulo”, anche i lavoratori che in una o più delle stesse gestioni, abbiano versati contributi anche prima del 31 dicembre 1995, sempre che abbiano optato per il sistema di calcolo integralmente contributivo.

Eventuali periodi accreditati presso le gestioni previdenziali dei liberi professionisti possono essere cumulati con i contributi posseduti presso le gestioni Inps, purché anche per questi contributi sia stato scelto il calcolo interamente contributivo.

In ogni caso, i contributi accreditati nelle casse professionali possono essere considerati esclusivamente ai fini del diritto, ma non per la misura della pensione in cumulo.

Infine, non è possibile utilizzare il cumulo se si risulta già titolari di un trattamento pensionistico a carico di una delle gestioni nell’ambito delle quali si chiede il cumulo.

Pensione 2021: quanti anni di contributi servono?

In un periodo storico in cui è sempre più un dubbio la possibilità di arrivare ad una soddisfacente pensione, ci si chiede come sia la situazione attuale per la contribuzione. Andiamo, dunque a scoprire come funziona la pensione nel 2021 e quanti anni di contributi servono.

Pensione 2021: un futuro in fondo al tunnel

E’ arduo assicurarsi il futuro, ma anche dare vita al presente, in questa annata travagliata. La crisi dovuta al Covid-19 ha affossato molta economia e quindi anche il pensionamento appare un obiettivo lontano alla fine di un tunnel poco luminoso. Vediamo dunque, allo stato attuale delle cose, quali sono le alternative possibili per andare in pensione nel 2021.

Cominciamo con il precisare che le pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2021 sono caratterizzate da un assegno un po’ più basso. I coefficienti di trasformazione del montante contributivo sono passati dal 4,20% in corrispondenza dei 57 anni a 4,186%, mentre un ribasso anche da 6,513% in corrispondenza dei 71 anni al 6,466%. Riguardo i requisiti utili al pensionamento non subiscono modifiche, in quanto non ci sono cambiamenti per l’adeguamento sulle speranze di vita.

Come si potrà accedere alla pensione di vecchiaia nel 2021?

Per poter accedere alla pensione di vecchiaia, in questo anno 2021, occorrerà rispondere ai relativi requisiti:

  • 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi per i lavoratori generici;
  • 66 anni e 7 mesi di età per gli addetti alle mansioni gravose con almeno 30 anni di contributi;
  • 5 anni di contributi avendo compiuto i 71 anni di età per coloro che rientrano interamente nel regime contributivo.

Inoltre è richiesto un ulteriore requisito per accedere alla pensione di vecchiaia 2021, per chi rientra nel sistema misto ovvero l’aver maturato alla data di richiesta del pensionamento un assegno previdenziale pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale.

Pensione anticipata contributiva, come funziona nel 2021?

Per coloro che risultano rientrare nel sistema interamente contributivo c’è un’opzione di pensione anticipata in più e vi sarà possibile ritirarsi dal lavoro con 64 anni di età e 20 anni di contributi, solo però se avrà maturato un assegno previdenziale di importo pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Possono rientrare nel sistema contributivo i lavoratori che fanno parte di una delle seguenti categorie:

  • coloro privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996;
  • coloro che hanno anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, purché abbiano anche 15 anni di contribuzione versata, di cui 5 successivi al 1995.

Pensione quota 100 e pensione anticipata

Scopriamo, in ultimo, ma non ultime, le funzioni relative alla pensione anticipata e alle pensioni quota 100, inerenti al 2021.

Per quanto riguarda il pensionamento con Quota 100, resta in vigore fino al 31 dicembre 2021. Un’opzione, questa, che consente di andare in pensione qualora la somma tra età anagrafica e contributi sia pari a 100, a patto però di essere in possesso di un’ età anagrafica pari almeno a 62 anni ed una anzianità contributiva pari almeno a 38 anni di contributi, di cui almeno 35 effettivamente versati.

Per quanto concerne, invece la pensione anticipata, resta in vigore per il 2021 la possibilità di ottenere il pensionamento anticipato, a patto di soddisfare determinati requisiti. In particolare, per richiedere la pensione anticipata nel 2021 saranno richiesti:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per quanto riguarda gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per quanto riguarda le donne.

Va aggiunto, per quanto riguarda le pensioni anticipate precoci che sarà concessa un’ulteriore opzione di pensionamento. Ovvero, sarà possibile andare in pensione anticipata con soli 41 anni di contributi, qualunque sia l’età anagrafica. Requisito che sarà valido sia per uomini che per donne, che va ad aggiungersi a quello di rientrare in una delle categorie tutelate. Ovvero, nelle seguenti categorie di lavoratori:

  1. disoccupati previa licenziamento individuale o collettivo, licenziamento per giusta causa o previa risoluzione consensuale, che abbiano però terminato da almeno 3 mesi, la fruizione della NASPI o altra indennità spettante;
  2. caregiver o lavoratori dipendenti ed autonomi che al momento della domanda, assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, secondo legge 104
  3. invalidi civili con almeno il 74% di invalidità, che siano dipendenti o autonomi che hanno una riduzione della capacità lavorativa;
  4. addetti a mansioni usuranti o gravose svolte per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa.

Dunque, ora che avete vagliato il quadro della situazione, potrete sperare di iniziare a vedere una luce dal tunnel, con la possibilità che sia essa il più vicino possibile per il vostro pensionamento.

 

Pensione con opzione contributiva: requisiti di accesso, pro e contro

In tema di pensioni, la normativa vigente permette tante modalità di pensionamento anticipato, in attesa delle decisioni contenute nel Recovery Plan. Quota 100, Ape sociale, Rendita integrativa temporanea anticipata (RITA), pensione anticipata ordinaria, pensione anticipata contributiva, pensione anticipata disabili, pensione anticipata non vedenti, lavori usuranti, lavori gravosi, lavori precoci, lavoratori esposti all’amianto, isopensione, contratto di espansione, lavoratori su turni, fondo di solidarietà, cumulo gratuito, opzione donna, opzione contributiva. In questo articolo ci soffermiamo su quest’ultima, illustrando i requisiti di accesso e i benefici.

Opzione contributiva: cos’è

L’Opzione contributiva è prevista dalla riforma delle pensioni Dini del 1995 e dà la possibilità ai lavoratori di accedere al trattamento pensionistico anche con meno di 20 anni di contributi (l’opzione permette, infatti, di accedere alla pensione a 67 anni con soli 15 anni di contributi). Generalmente, ciò comporta una riduzione importante dell’assegno mensile previdenziale da ricevere. Il perché è presto detto: il lavoratore che intraprende questa strada deve accettare la variazione del calcolo della pensione spettante che avverrà esclusivamente con il sistema contributivo. Tuttavia, in alcuni casi il suddetto calcolo può rivelarsi più conveniente di quello effettuato con il sistema retributivo: accade quando il lavoratore giunto a fine carriera, recepisce retribuzioni più basse.

I lavoratori che scelgono di fruire dell’opzione contributiva non sono pochi, in quanto accedere con meno contributi in alcuni casi può essere importante o addirittura una necessità. Molto spesso, sono le donne a scegliere l’opzione contributiva, perché molte lavoratrici preferiscono occuparsi quanto prima della cura della famiglia, dei figli o nipoti e della casa.

A chi spetta

L’opzione contributiva è una facoltà concessa agli iscritti all’AGO (Assicurazione generale obbligatoria) e ai fondi ad essa sostitutivi (trasporti, dazieri, elettrici, volo, dirigenti di aziende industriali, previdenza dello spettacolo, previdenza degli sportivi professionisti, giornalisti) ed esclusivi (ex Inpdap, ex Ipost e Ferrovie).

Requisiti di accesso all’opzione contributiva

Per poter fruire dell’opzione contributiva, I lavoratori che al 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni possono optare per la liquidazione del trattamento pensionistico con il calcolo dell’assegno mensile che avviene tramite il sistema contributivo a condizione che siano in possesso di un’anzianità contributiva non inferiore a 15 anni, di cui almeno cinque nel medesimo sistema.

Per effetto dell’opzione contributiva, la lavoratrice fruisce di un anticipo d’età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia pari a quattro mesi per ogni figlio, con tetto massimo fissato a 12 mesi. In alternativa, ella può scegliere la determinazione della pensione con applicazione del coefficiente di trasformazione legato all’età posseduta al momento del pensionamento, maggiorato di un anno in caso di uno o due figli, e di due anni in caso di tre o più figli.

Con l’entrata in vigore della legge Fornero, dal 2011 l’INPS effettua una distinzione a seconda che i requisiti necessari per accedere all’opzione contributiva, siano maturati entro il 31 dicembre 2011 o dopo. Nel primo caso, la possibilità di opzione è concessa al lavoratore se i requisiti d’età e/o di contribuzione siano stati perfezionati per il diritto alla pensione entro il 31/12/2011, quindi, con le regole in vigore prima della legge Fornero. Nel secondo caso si applicano i requisiti necessari per l’accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata previsti per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.

Se i requisiti per l’opzione contributiva non sono stati maturati entro il 31 dicembre 2011, dal 2012 l’opzione Dini comporta l’applicazione esclusiva del sistema di calcolo contributivo al trattamento, e non più, anche, quella dei requisiti per il diritto alla pensione previsti nel regime contributivo.

Calcolo pensione con il sistema retributivo o misto

Per i lavoratori che maturano i requisiti per andare in pensione, il sistema di calcolo della prestazione previdenziale, che viene riconosciuta dall’INPS, varia in ragione della loro anzianità contributiva. Lo spartiacque in tal senso è rappresentato dalla data del 31 dicembre del 1995 come segue: per i lavoratori che sono privi di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre del 1995 il criterio di calcolo della pensione INPS è basato sul sistema contributivo; mentre per i lavoratori con anzianità contributiva alla data del 31 dicembre del 1995, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS), applicando la legge vigente, adotta invece per il calcolo della pensione il sistema retributivo o misto.

Come si applica il sistema retributivo o misto per il calcolo della pensione

In particolare, per i lavoratori che hanno maturato un’anzianità contributiva alla data del 31 dicembre del 1995, il sistema retributivo e misto prevede da parte dell’INPS il calcolo della pensione sempre in ragione di quando le anzianità contributive sono state maturate.

Nel dettaglio, il criterio di calcolo con il sistema retributivo si applica per tutti quei lavoratori che, alla data del 31 dicembre del 1995, hanno maturato almeno 18 anni di contributi versati. Rispettata questa condizione, per il calcolo della pensione si applicherà il criterio del sistema retributivo per tutte le anzianità contributive maturate fino alla data del 31 dicembre 2011.

Come si calcola la pensione INPS con il sistema retributivo

La pensione calcolata con il sistema retributivo sarà funzione di tre parametri che sono rappresentati dall’anzianità contributiva, dalla rivalutazione ai fini ISTAT del reddito o della retribuzione negli ultimi anni di attività lavorativa, e da un’aliquota di rendimento che è pari al 2% annuo moltiplicato per il numero di anni complessivi di anzianità contributiva.

E quando invece si rientra nel sistema misto per il calcolo dell’importo della pensione

Se invece al 31 dicembre del 1995 il lavoratore ha maturato anzianità contributiva, ma questa è inferiore ai 18 anni, allora per il calcolo della pensione l’INPS adotterà il sistema misto. U sistema di calcolo che, a decorrere dalla data dell’1 gennaio del 2012, viene peraltro applicato anche quando l’anzianità contributiva del lavoratore, alla data del 31 dicembre del 1995, risulta essere pari o superiore ai 18 anni. Il sistema misto è detto tale in quanto la pensione viene in parte calcolata con il sistema retributivo, ed in parte con il sistema contributivo.

Come si calcola la pensione INPS con il sistema misto

Nel dettaglio, applicando il sistema misto, per i lavoratori che, alla data del 31 dicembre del 1995, hanno maturato un’anzianità contributiva inferiore ai 18 anni, fino a tale data si applicherà il criterio di calcolo retributivo, e poi il sistema contributivo per tutti gli anni di anzianità a partire dalla data dell’1 gennaio del 1996.

Per i lavoratori che, invece, alla data del 31 dicembre del 1995 hanno maturato un’anzianità contributiva che è pari o superiore ai 18 anni, allora il sistema retributivo viene applicato per l’anzianità che è stata maturata fino alla data del 31 dicembre del 2011, e poi per gli anni di anzianità dall’1 gennaio del 2012 si applicherà il criterio di calcolo di tipo contributivo.

Calcolo pensione con il sistema contributivo

Quella del calcolo della pensione pubblica non è mai un’operazione semplice. E questo perché ad entrare in gioco, per la determinazione della prestazione ai fini previdenziali, sono diversi fattori a partire dal criterio di calcolo che può essere di tipo retributivo e misto, oppure di tipo contributivo.

Quando e come si può andare in pensione con il sistema contributivo

In quest’ultimo caso un lavoratore, per andare in pensione con il sistema contributivo, deve essere privo di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre del 1995. Oppure se, in base agli istituti vigenti, il criterio di calcolo della pensione è basato proprio sul sistema contributivo che, tra l’altro, da quasi un ventennio ha preso il sopravvento rispetto al criterio di calcolo di tipo retributivo e misto.

Dal 2012 per la pensione INPS il criterio contributivo ha preso il sopravvento

Per le anzianità contributive che sono state maturate a decorrere dalla data dell’1° gennaio del 2012, infatti, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) applica a tutti i lavoratori, ai fini della determinazione dell’importo della pensione, proprio il criterio di calcolo che è basato sul metodo contributivo.

Il passaggio dal retributivo al contributivo tra conti pubblici e giustizia sociale

Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo ha introdotto un sistema di calcolo della pensione in funzione di quanto effettivamente è stato versato in termini di contributi previdenziali. Una scelta, da parte del legislatore, che è stata dettata non solo dal garantire nel lungo termine la sostenibilità della spesa previdenziale a carico dello Stato italiano, al fine di continuare a garantire il pagamento delle pensioni, ma anche per sanare, proprio con il passaggio dal criterio di calcolo retributivo a quello contributivo, gli eccessi del passato tra pensioni d’oro, privilegi e rendite stellari.

Come viene calcolata la pensione con il sistema contributivo

Per spiegare con parole semplici come viene calcolata la pensione con il sistema contributivo, l’INPS determina la prestazione previdenziale in rapporto ai contributi effettivamente versati negli anni adottando ed applicando un criterio di rivalutazione che porta ad una somma che, detta montante, viene moltiplicata per un coefficiente di trasformazione che è funzione dell’aspettativa media di vita della generazione alla quale appartiene il lavoratore che ha maturato i requisiti per andare in pensione.

Con questo criterio di calcolo un lavoratore che ha versato di più prenderà ogni mese una pensione più alta rispetto a chi, invece, negli anni ha versato meno contributi previdenziali. Inoltre, il coefficiente di trasformazione applicato cresce all’aumentare dell’età, con la conseguenza che l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale tende sempre a premiare con una pensione più alta coloro che si ritirano dal lavoro più tardi.

Mentre per la determinazione del montante individuale, a favore del lavoratore che ha maturato il diritto per andare in pensione, l’INPS prima va a sommare i contributi che sono stati versati negli anni, e poi li rivaluta applicando un tasso annuo di capitalizzazione che, a sua volta, si basa sulla variazione media quinquennale del Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano che viene rilevato e determinato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).

Supplemento di pensione: come funziona e quando si richiede

Andare in pensione senza che sia necessario ritirarsi dal lavoro non solo è possibile, ma può portare pure ad ottenere un incremento dell’assegno previdenziale. Nel rispetto dei requisiti previsti, infatti, il pensionato INPS che continua a versare i contributi, dopo la data di decorrenza della pensione, può maturare per la prestazione previdenziale un supplemento.

Inoltre, maturato il primo supplemento di pensione, il pensionato continuando a versare i contributi potrà ottenere dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, sempre nel rispetto e delle condizioni che sono previste anche in base alla gestione di appartenenza, la liquidazione di ulteriori supplementi di pensione.

Come ottenere il supplemento di pensione INPS ed a chi spetta

Per ottenere dall’INPS il supplemento di pensione, il pensionato deve continuare a versare i contributi, nelle varie gestioni dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, per i periodi di lavoro che sono successivi alla decorrenza della prestazione previdenziale che è stata maturata.

Per i pensionati che maturano il diritto alla prestazione previdenziale tramite i contributi versati nella Gestione Separata, inoltre, il supplemento di pensione potrà essere riconosciuto dall’INPS se e solo se, dopo il pensionamento, i contributi per i periodi di lavoro successivi saranno versati sempre e solo nella stessa gestione.

Ed in ogni caso, in caso di decesso, al pari della pensione INPS pure il supplemento sarà computato ai fini della concessione della prestazione previdenziale ai superstiti. Così come, in base alla loro collocazione nel tempo, i contributi INPS che sono stati versati dopo il pensionamento possono andare a ricostituire i supplementi di pensione che sono stati concessi in precedenza dall’Istituto di previdenza.

Requisiti supplemento di pensione in base alla gestione INPS di appartenenza

La liquidazione del supplemento di pensione da parte dell’INPS, continuando a versare i contributi dopo il raggiungimento dell’età di pensionamento, è comunque subordinata al rispetto di alcuni requisiti che sono definiti e fissati, come sopra accennato, anche in base alla gestione di appartenenza.

In particolare, per i contributi INPS versati nella Gestione Lavoratori Autonomi e nell’Assicurazione Generale Obbligatoria per la liquidazione del supplemento di pensione è necessario che, a partire dalla data di decorrenza della pensione, o dal precedente supplemento di pensione riconosciuto e liquidato dall’Istituto di previdenza, siano trascorsi almeno 5 anni.

A questo requisito si aggiunge quello del compimento, così come è previsto dalla gestione di appartenenza, dell’età per la pensione di vecchiaia. Ed il tutto fermo restando che quest’ultimo requisito, invece, non è previsto e quindi richiesto per la liquidazione dei supplementi di pensione da parte di chi, raggiunta l’età del pensionamento, continua a versare i contributi nella Gestione Separata.

Il supplemento di pensione concorre pure per l’importo della 13esima mensilità

Il supplemento di pensione è una prestazione previdenziale che si va ad aggiungere alla pensione già erogata dall’INPS, il che significa che i supplementi non danno mai luogo all’emissione di certificati di pensione che risultano essere distinti tra di loro. Inoltre, il cumulo della pensione INPS con uno o più supplementi di pensione vale pure ai fini del riconoscimento della 13esima mensilità.