Lavoro autonomo e dipendente: tutti i pro e i contro

Lavoro autonomo o dipendente? Come in ogni cosa ci sono i pro ed i contro da valutare. Facciamo insieme il punto della situazione.

Lavoro autonomo o dipendente: non esiste una scelta oggettiva

Partiamo dal concetto di base che non esiste una risposta univoca ed oggettiva. Infatti, ci sono una serie di variabili da considerare, spesso legate allo stile di vita di ognuno. Ma una cosa è certa: in entrambe le categorie ci sono spesso dei veri e propri professionisti del settore. Il lavoratore autonomo è una persona che svolge per se la sua attività. Investe tempo e denaro al fine di offrire ai clienti, la sua competenza. Non è subordinato ad orari e tanto meno ad altre persone. Secondo l’articolo 2222 del codice civile il lavoro autonomo consiste nel compiere verso un corrispettivo un’opera  o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.  E’ così che si guadagna da vivere. Invece il lavoratore dipendente è una persona che lavora per contro altrui. Ha un contratto di lavoro che lo lega al suo datore di lavoro. Ma ogni mese percepisce lo stipendio commisurato alle sue mansioni svolte.

Lavoro autonomo o dipendente: la stabilità

Come abbiamo appena accennato, uno dei vantaggi del lavoro dipendente è la stabilità economica. In altre parole chi ha un contratto di lavoro regolare, cioè è messo in regola, può contare su uno stipendio. Ciò vuole dire che alla fine di ogni mese, può stare tranquillo. Avrà la busta paga che gli permetterà di vivere e programmare la propria vita. E non solo, in molti contratti è prevista anche la tredicesima mensilità ed in alcuni casi anche la quattordicesima. E’ chiaro che in relazione al tipo di contratto che si è firmato o alla categoria di appartenenza ci sono delle variazioni. Ma questo permette anche pianificare le ferie e i congedi o permessi. Molto differente è il lavoratore autonomo che non può godere di questa tranquillità. Nessuna stabilità economica che il freelance, ma ciò non vuol dire che non possa guadagnare, anche molto di più di un dipendente.

Il lavoro e il mondo delle donne

Il mondo delle donne è sempre stato contrastante dal punto di vista lavorativo. Le donne dipendente hanno diritto alla maternità. Il congedo per maternità è un periodo flessibile, di astensione obbligatoria dal lavoro per un totale di 5 mesi. La donna può scegliere di congedarsi da due mesi precedenti alla data della presunta nascita, e fino a tre mesi dopo. Oppure si può scegliere un mese precedente al parto e quattro mesi successivi, previo parere medico. Ci sono anche dei tipi di lavoro che prevedeno l’astensione di lavoro subito dopo la scoperta della gravidanza. Per le lavoratrici autonome ci sono delle differenze. Tutte le casse prevedono un indennizzo di maternità. Si tratta di un assegno, spesso in unica soluzione, a titolo di ristoro per l’astensione dal lavoro. Le lavoratrici iscritte alla gestione separata dell’Inps,  possono fruire dell’indennità di maternità pari all’80% della retribuzione giornaliera stabilita annualmente dalla legge per il tipo di attività svolta. Esiste anche la possibilità di accedere al Premio nascita, pari ad 800 euro per la nuova vita.

Lavoro autonomo o dipendente: i fini pensionistici

Grazie al proprio lavoro, e agli stipendi, il lavoratore dipendente ha maturato il termine per il trattamento di fine rapporto (TFR). Si tratta di una somma di denaro, pertanto spesso anche chiamata liquidazione. E’ una porzione di retribuzione accantonata annualmente, che viene “restituita” al lavoratore quando cesserà la sua attività lavorativa. I lavoratori autonomi accumulano volontariamente delle quote ai fini del diritto alla pensione. Ad esempio il lavoratore autonomo può pagare l’INPS ogni tre mesi, ma non è obbligato a farlo. Febbraio, maggio, agosto e novembre sono i mesi destinati a questi pagamenti. Spesso il lavoratore autonomo sceglie anche dei fondi pensionistici per crearsi la famosa “liquidazione” che spetta al lavoratore dipendente.

E allora cos’è meglio?

Un consiglio che si può dare è quello di capire realmente che tipo di persona si è. Se si è pronti a lavorare sotto qualcuno, alle regole imposte, ma di contropartita avere una stabilità economica, allora il lavoro dipendente è quello più opportuno. Se invece si preferisce lavorare sentendosi più liberi, nella consapevolezza di poter stare sulle montagne russe dal punto di vista economico, allora il lavoro autonomo sarà la scelta vincente. Però a prescindere da tutto, il consiglio più giusto è probabilmente capire ed individuare il mestiere che si ama fare. Perché se si ama ciò che si fa, nulla diventa difficile ed i problemi, se ci saranno, si affronteranno con grinta. Importante è anche la propensione al rischio, al mettersi in gioco. Quindi, è meglio capire bene cosa si vuol fare davvero e poi scegliere che tipo di lavoratore essere. Perché se una persona il coraggio non ce l’ha di suo, è difficile che qualcuno possa darglielo.

Mutuo ristrutturazione prima casa: la guida completa

Il mutuo ristrutturazione prima casa è un modo che prevede la possibilità di ammodernare un immobile. Scopriamo tutti i requisiti necessari per avviarlo.

Mutuo ristrutturazione prima casa: il concetto di Mutuo

Prima di ogni cosa è giusto definire il concetto di mutuo art. 1813 del Codice Civile. Si tratta di un contratto mediante il quale una parte, detta mutuante, consegna all’altra, detta mutuataria in credito o prestito una somma di denaro o una quantità di bene fungibili. Il mutuatario si impegna a riconsegnare alla scadenza, la stessa quantità di cose fungibili o di denaro.

Ma sappiamo benissimo che nel caso di mutuo bancario, il richiedente deve riconsegnare in banca la somma prestata più gli interessi, in relaziona alla durata del prestito stesso. Anche se spesso, legato a ciò ci sono una serie di assicurazioni che devono essere sottoscritte, per garantire il mutuante. La maggior parte delle case in Italia si comprano così. Mutui per autonomi o per dipendenti, grazie a ciò si può realizzare i propri sogni. Ma c’è anche la possibilità di avere un mutuo per la ristrutturazione della prima casa.

Mutuo ristrutturazione prima casa: cos’è e come funziona

Il mutuo per la ristrutturazione della prima casa non è altro che un prestito per permettere al proprietario di un immobile di ammodernarlo. Tuttavia, spesso le case in cui si abita hanno bisogno di lavoro di ripristino, magari per sistemare delle cose che  non la rendono vivibile come si deve. Il proprietario di un immobile, può pertanto chiedere alla banca prescelta una somma di denaro per il sostegno di queste spese. Addirittura, il valore del prestito può anche arrivare a coprire l’80% del valore finale di mercato che la casa potrebbe acquisire a fine lavori. Non male se si considera l’eventuale ipotesi di vendita dell’immobile.

Quali sono i documenti dell’immobile richiesti dalla banca?

Per poter accedere al mutuo per la ristrutturazione della prima casa occorre avere una serie di documenti. Prima di tutto occorre essere proprietari di un immobile. Pertanto, non è un problema presentare in banca l’atto di acquisto o proprietà del bene e la relativa visura catastale. In merito alla ristrutturazione occorre il preventivo dei costi di manutenzione straordinaria da sostenere. Il preventivo deve contenere in maniera dettagliata la descrizione dei lavori e i relativi costi.

Inoltre, occorre presentare l’autorizzazione di abitabilità/agibilità, che deve essere rilasciata dal Comune in cui ha sede l’immobile. Per tutte le grandi opere di ristrutturazione edilizia, si richiede anche la domanda di autorizzazione edilizia da effettuare nel Comune. Inoltre, necessita il permesso di costruire ed il pagamento di un contributo direttamente al Comune. E non dimenticare la Dia, dichiarazione di inizia attività.

I documenti relativi al richiedente

Oltre a tutta la documentazione riferita all’immobile, la banca richiedere anche delle garanzie personali. Infatti, non basta essere proprietari del bene. La banca ha bisogno della copia del contratto di lavoro del richiedente, se dipendente, anche le ultime busta paghe. Per quanto riguarda un lavoratore autonomo, la banca può chiedere la copia della dichiarazione dei redditi degli ultimi due anni. Tuttavia in entrambi i casi vanno allegati alla richiesta i documenti di identità e la copia della tessera sanitaria. Attenzione, la banca può chiedere anche la presenza di un garante. Anche a quest’ultimo  verranno richiesti gli stessi documenti sia reddituali che personali.

Mutuo ristrutturazione prima casa: come richiedere il pagamento

La banca ricevuti tutti i documenti necessari verificherà la situazione. Se l’esito sarà positivo, verrà concessa la somma richiesta. Questa può essere concessa in diversi modi:

  • attraverso un’unica soluzione. In altre parole, tutti in una volta. Sarà cura del richiedente provvedere ad effettuare tutti i dovuti pagamenti alle imprese che hanno eseguito i lavori;
  • attraverso gli stati d’avanzamento. L’accordo tra la banca ed il richiedente è di pagare l’impresa in relazione allo stato di avanzamento dei lavori. Dapprima con un anticipo, di pagamenti intermedi ed il saldo finale.

In entrambi i casi i soldi ottenuti vanno restituiti alla banca, secondo il piano stabilito. La durata del prestito può variare da 5 a 30 anni come qualsiasi altro mutuo. Ed anche in questo caso di può scegliere tra tasso fisso, variabile o misto.

Alcuni ultimi consigli

Un consiglio importante è quello di confrontare le varie proposte dei diversi Istituti di credito. Anche online è possibile valutare le varie tipologie di mutuo. Bastano pochi click per capire la fattibilità del proprio mutuo. Ma anche la possibile rata da dover pagare per rientrare dal prestito. Infine, è possibile beneficiare delle agevolazioni fiscali previste. Si tratta del diritto a una detrazione del 19% dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche, prevista sugli interessi passivi e/o gli oneri accessori pagati per il mutuo). L’importo massimo sul quale calcolare la detrazione per ristrutturazione del 19% è pari a 2.582,28€. Ma per poterlo fare occorre attenersi scrupolosamente ai passi che sono stati descritti fino a qui ed avere tutte le autorizzazioni necessarie.

Agevolazioni per giovani imprenditori: tutte quelle in vigore

Agevolazioni per giovani imprenditori sono chance che spesso non si possono perdere. Ecco quelle che sono a disposizione attualmente.

Agevolazioni per giovani imprenditori: Resto al Sud

Il Bando Resto al Sud è sempre stato rivolto agli imprenditori che volessero aprire un’attività nel Mezzogiorno. Infatti, sostiene la nascita e la crescita di attività con sede in Sicilia, Calabria, Abruzzo, Sardegna, Basilicata, Puglia, Molise e Campania. I fondi disponibili ammontano a 1 miliardo e 250 milioni di euro. Nel 2021 a differenza degli altri anni è stato la platea dei richiedenti si è ampliata. Infatti, possono richiedere accedere a questo bando, gli imprenditori fino a 55 anni di età. Questa è una vera e propria novità perché ha innalzato il valore età da 45 a 55 anni. Le agevolazioni coprono tutte le spese relative allo start-up e cioè all’avvio dell’idea imprenditoriale. Comunque, si tratta del 50% del totale dell’investimento a fondo perduto. Mentre l’altra metà è erogato con prestito a tasso zero, garantito dal Fondo per le PMI. Online è disponibile l’app di Resto al Sud per conoscere tutte le informazioni  come procedere alla richiesta del Fondo. Infine il fondo è gestito da Invitalia.

Agevolazioni per giovani impreditori: Smart e Start

Rispetto al Bando precedente, questo potremmo definirlo più settoriale. Infatti, è rivolto principalmente alle imprese che operano nel settore della tecnologia. Oggi, più che mai, vi è proprio bisogno di maggiore tecnologia, perché stiamo vivendo l’era della digitalizzazione. Meno contatti fisici e decisamente più pc, connessioni online, smartphone e social. Quindi, le attività che possono accedervi sono quelle che si occupano di offrire bene e servizi:

  • ad alto contenuto innovativo e tecnologico;
  • possono essere considerati come parte integrante dell’economia digitale;
  • la ricerca e sviluppo è essenziale, anche con uso di spin-off.

Per il bando Smart e Start la risorsa finanziaria a disposizione è pari a 200 milioni di euro. Mentre le spese finanziabili vanno da 100 mila ad un tetto massimo di un milione e mezzo di euro. Rientrano quindi sia le spese per i macchinari, ma anche quelli di gestione dell’attività stessa. Grazie ai finanziamenti europei, tutti gli Stati stanno sfruttando la possibilità di crescere in questo settore, che come si è sempre più dimostrato in questi periodi di pandemia, è diventato fondamentale. Il digitale unisce ciò che fisicamente non è possibile.

Agevolazioni per giovani imprenditori: il Bando Cultura Crea

Tre le altre agevolazioni per giovani imprenditori vi è il bando Cultura Crea. La nuova versione del bando è partita il 26 aprile 2021. Tutto è contenuto nel Decreto Ministeriale del Mibact del 10 Dicembre 2020 pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 40) il 17 febbraio scorso, che va a modificare il vecchio DM dell’11 Maggio 2016, introducendo modifiche ed integrazioni all’incentivo. Questo bando è rivolto al sostegno di idee imprenditoriali nel campo dell’industria  culturale-turistica. Possono pertanto richiedere l’accesso al bando tutte le micro, piccole e medie imprese dell’industria cultuale e creativa. Sono inclusi i team di spettacolo, della promozioni di prodotti tipici, offerta turistica e valorizzazione di idee dei soggetti facenti parte del terzo settore. Anche se in questo caso si parla di un settore fortemente colpito, in questo periodo, va sostenuto. Iniziative di questo tipo possono appunto stimolare il turismo sopratutto delle regioni del Sud Italia.

Bando Garanzia Giovani: Selfiemployment

Questo bando è un pò particolare. E’ rivolto ai NEET, acronimo che sta per Not in Education, Employment or Training. In altre parole tutti i disoccupati  che hanno una forte attitudine al lavoro autonomo e che hanno voglia di iniziare un’attività. Si tratta di un finanziamento agevolato, al tasso dello 0%, fino a 50 mila euro. Possono chiedere i finanziamenti:

  • imprese individuali; società di persone; società cooperative/cooperative sociali, composte al massimo da 9 soci:
    • costituite da non più di 12 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda, purché inattive
    • non ancora costituite, a condizione che vengano costituite entro 90 giorni dall’eventuale ammissione alle agevolazioni
  • associazioni professionali e società tra professionisti costituite da non più di 12 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda, purché inattive.

In altre parole, se nessuno ti dà il lavoro, è ora di costruirtelo da te. Infatti, i campi di applicazione sono tra i più svariati, dalla produzione di prodotti per la cura della persona, al risparmio energetico e risorse rinnovabili. Ed ancora dal settore manifatturiero a quello dei servizi. Gli unici che sembrano esclusi sono i settori della pesca, agricoltura e gioco come lotterie, scommesse e similari. Se si vuole ripartire, è ora il momento di farlo.

Canone concordato: il contratto che permette di risparmiare

Il contratto a Canone concordato prevede una serie di agevolazioni. Tutte le spiegazioni e qualche consiglio utile per locatore e conduttore.

Canone concordato: cosa sono e come funzionano

I contratti di locazione sono stati introdotti con la legge 431 del 1998. A differenza del classico contratto 4 anni con rinnovo di altri 4, hanno una durata minore. Infatti, possono avere una durata di tre anni con rinnovo di altri due, ad uso transitorio o per studenti universitari fuori sede. I contratti tre più due anni sono i classici contratti ad uso abitativo con fini residenziali, spesso usati per le famiglie. Mentre il contratto ad uso transitorio ha una durata minore da 1 a 18 mesi. Ma ha una particolarità, deve essere espresso in contratto il motivo per cui vi è la transitorialità, cioè uno spostamento per causa di lavoro, oppure per cure ad esempio. Invece i contratti per studenti fuori sede, hanno una durata da 6 a 36 mesi, legati appunto all’esigenza di studio. Sono molti, infatti, i ragazzi che si spostano dai centri più piccoli alle città per formarsi,presso le scuole, università o centri specializzati. Anche in questo caso è meglio allegare e specificare il motivo del contratto.

Canone concordato: quando possono essere redatti?

I contratti di locazione a canone concordato possono essere sottoscritti soltanto in uno dei Comuni ad alta densità abitativa. Ma quali sono questi Comuni?  Secondo l’articolo 1 del D.L. n.55/1988 questi comuni sono:

  • Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, e nei comuni confinanti con gli stessi;
  • negli altri comuni capoluoghi di provincia;
  • nei comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera CIPE del 13 novembre 2003;
  • nei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dagli eventi tellurici dei primi anni ottanta.

I comuni messi a disposizione dal Cipe, possono essere aggiornati ogni 24 mesi. Pertanto, molti comuni possono anche decidere di non voler applicare questa tipologia di contratto o di cominciare a farlo.

Canone concordato: come si determina il canone?

Il canone di locazione concordato viene calcolato sulla base degli accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni dei proprietari immobiliari e quelle degli inquilini. Il tutto nasce da accordi disciplinati in linea generale dalla Convenzione del 05/03/1999 aggiornata dal D.M. firmato il 30/12/2002 e successivamente rinnovate nel 2016. Secondo tali accordi, il comune viene suddiviso in zone e sub fasce, spesse divise in centro storico, periferia e aree di mezzo. In relazione ad una serie di variabili, è stabilito un valore minimo ed un valore massimo. Le variabili sono la metratura dell’immobile, le dotazioni, la presenza o meno di pertinenza, balconi, terrazzi o posti auto. Inoltre, il valore aumenta se l’immobile è di pregio, arredato oppure ha una classe energetica efficiente. Influisce anche al vicinanza a prossimità di servizi, mezzi pubblici, negozi ed attività. Il canone di locazione deve quindi stare all’interno di questo range.

Cos’è l’asseverazione del contratto?

All’inizio dell’introduzione della normativa vi era l’obbligo di assistenza da parte di un’associazione di categoria dei proprietari e degli inquilini. Oggi, non è più così però. Infatti, il Ministero delle Infrastrutture ha precisa che in assenza di assistenza risulta obbligatorio l’attestazione di conformità alle norme ed ai parametri contenuti nel patto sociale. Per questo motivo è meglio redigere il contratto secondo i moduli o gli schemi tipo che possono essere scaricabili anche online. L’asseverazione è quindi un timbro che garantisce che oltre alla correttezza del contratto, entrambe le parti possono accedere alle agevolazioni fiscali. Proprio per dare qualche consiglio, è giusto dire che il deposito cauzionale non può superare le tre mensilità. Inoltre, il copia de certificato Ape o degli impianti non guasta. Infine da allegare c’è anche il Verbale di consegna e la scheda arredi, se l’immobile ha già tutta la mobilia.

Tutte le agevolazioni previste per i proprietari

Una delle agevolazioni previste è la riduzione della base imponibile Irpef. La regola è la deduzione del 30% dall’imponibile per i proprietari che scelgono il regime tradizionale. Ma a se al contratto di locazione concordato è aggiunta la cedolare secca, le cose cambiano drasticamente. Infatti, le tasse da pagare sono pari solo al 10%  del valore annuo del canone. Applicando questo regime agevolato non sono previste imposte di registro, nè tanto meno imposte relative al rinnovo, alla registrazione o la chiusura. Quindi, anche in questo caso uno sgravio fiscale non indifferente. Inoltre, oltre i comuni possono prevedere ulteriori defiscalizzazioni per i contratti di questo tipo, Imu agevolato anche del 25%.

Tutte le agevolazioni previste per i conduttori

Anche l’inquilino ha delle agevolazioni in caso di sottoscrizione di un contratto a canone concordato. Infatti, se l’immobile è la sua abitazione principale, potrà usufruire delle detrazioni Irpef. In particolare:

  • 495,80 se il reddito complessivo non supera i 15.493,71 euro;
  • 247,90 se il reddito complessivo è compreso tra 15.493,71 euro e 30.987,41 euro.

Inoltre, se il proprietario ha deciso di aderire al regime agevolato della cedolare secca, avrà anche altri due vantaggi. Il primo è che non subira aumenti ISTAT per l’intera durata della locazione. Il secondo è che non dovrà sostenere alcuna spesa in merito alla registrazione, chiusura o rinnovo del contratto. Neanche se fossero state inserite terze persone come garanti delle obbligazioni che il conduttore si assume nel contratto.Un consiglio finale è quello di farsi seguire da professionisti, per evitare di incappare in spiacevoli multe da parte del Fisco.

 

Mediazione civile e commerciale: risolvere una lite senza il giudice

La Mediazione civile e commerciale permette di evitare alti costi e spreco di tempo per risolvere una controversia. Una strada alternativa al tribunale, ma molto più veloce e conveniente. Ecco come funziona.

Mediazione civile e commerciale: cosa dice la normativa?

La mediazione civile e commerciale è l’attività svolta da un terzo imparziale finalizzata ad assistere delle parti nella ricerca di un accordo amichevole, per la risoluzione di una controversia. Il d.lgs 4 marzo 2010 n.28, in attuazione della legge delega 69/2009 ha introdotto la mediazione civile e commerciale. 

Una serie di incontri dinanzi gli organismi di mediazione accreditati dal Ministero della Giustizia, con lo scopo di chiudere in maniera tombale una discordia tra parti. Il decreto ha previsto la mediazione obbligatoriavolontaria, delegata dal giudice e concordata. Inoltre, la controversia deve ricadere all’interno dei diritti disponibili, in altre parole le parti devono disporre dei diritti in  merito. Mentre se i diritti in oggetto, fossero indisponibili, in quel caso vi è l’obbligo di ottenere una sentenza del giudice. Tra gli indisponibili rientrano i diritti: della personalità, al nome, alla riservatezza o all’immagine. Infine, si può dire che si tratta di diritti inalienabili.

Mediazione civile e commerciale: tutte le tipologie

La mediazione volontaria si ha quando le parti, anche società, decidono liberamente di rivolgersi ad un terzo (mediatore) per risolvere la lite. Tuttavia, solo nel caso di questo tipo di mediazione, la presenza degli avvocati è facoltativa. Nella mediazione obbligatoria, le parti sono obbligate, prima di rivolgersi al giudice, a tentare un accordo dinnanzi al mediatore. I campi di interesse dall’obbligatoria sono:

  • locazione;
  • condominio;
  • divisioni;
  • successioni ereditarie;
  • contratti assicurativi, finanziari e bancari;
  • comodato;
  • patti di famiglia;
  • affitto di aziende;
  • responsabilità medica e sanitaria;

La mediazione è delegata, quando  le parti sono invitate ad entrare in mediazione, prima della sentenza da parte del giudice. Questo rappresenta un forte aiuto alla giustizia, sempre molto intasata da pratiche su cui sentenziare. La mediazione è concordata nell’ipotesi in cui un contratto preveda una clausola di mediazione o conciliazione con cui le parti si impegnano, nel caso dovesse al riguardo sorgere una controversia, ad esperire procedimento di mediazione prima di rivolgersi al giudice.

L’iter di mediazione dall’istanza

La domanda di mediazione viene presentata presso un Organismo, e viene chiamata istanza. L’istanza prevede al suo interno le parti (istante e chiamata), l’oggetto, e la regione della pretesa. Infatti, spesso viene proprio chiarito nell’oggetto un breve riassunto della controversia. Comunque sia, è importante il concetto della competenza territoriale dell’organismo. La parte istante deve depositare la domanda presso la sede principale, o secondaria, di un organismo iscritto nel registro ministeriale degli organismi di mediazione.

E’ cura dell’organismo provvedere alla convocazione di tutte le parti. Inoltre, è anche compito suo nomina il mediatore. Non è nè un giudice, né un arbitro, ma un facilitatore del dialogo tra le parti coinvolte. Fissata la data stabilita per la mediazione, si dà avvio al primo incontro: l’incontro programmatico. 

Il primo incontro tra le parti

Il mediatore deve controllare la regolarità della comunicazione, le parti presenti e gli avvocati che devono essere presenti in quella obbligatoria. A questo punto il mediatore spiega “le regole del gioco“, cioè che il dialogo deve essere la linea di condotta della trattativa. Le parti possono presentarsi, ma non voler proseguire, oppure anche rinviare quell’incontro. Ma quello che invece è auspicabile è trovare l’accordo.

Ciò vuol dire che si è conclusa e si verbalizzerà quanto accaduto. L’accordo non è altro che un atto esecutivo tra le parti. In altre parole, si è evitato di procedere in giudizio, risparmiando tempo e denaro. Invece, se alla chiusura del primo incontro, manca l’accordo il mediatore dà atto che la mediazione ha avuto un esito negativo. Però le parti possono anche decidere di inviare l’incontro e dare la possibilità al mediatore di fare una proposta. A volte questo tempo serve anche a metabolizzare cosa realmente si vuol fare.

Mediazione civile e commerciale: la proposta

Attraverso la proposta di dà la possibilità al mediatore di trovare un accordo. Un accordo che tenga in considerazione di tutti gli effetti e i voleri espressi dagli aventi diritto. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. A loro volta, le parti fanno pervenire al mediatore per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. Se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, viene redatto il relativo verbale. Se invece le parti rifiutano la proposta o non la accettano la proposta nel termine, il mediatore è tenuto a redigere il verbale di mancata conciliazione.

Ma tutto deve essere fatto sotto la sguardo attento degli avvocati. Sono loro che verificano che l’accordo rispetti tutte norme e sia appunto possibile. Spesso nel caso di immobili, come l’usucapione, c’è bisogno che all’accordo consegua l’intervento del Notaio. Ma anche in fase di mediazione, se ci sono dubbi, è possibile richiedere sempre e comunque l’intervento di un professionista. Lo scopo è quello di risolvere in maniera collaborativa il problema, senza commettere errori.

I vantaggi della mediazione

La mediazione rispetto ad un normale causa presenta molti vantaggi. Il primo riguarda proprio il fattore tempo. In una società in cui non c’è tempo per fare nulla, il tempo è davvero una risorsa. La mediazione su questo è formidabile. Infatti, secondo l’art 6 del decreto 28/2010 la durata del procedimento è di soli tre mesi. Le parti inoltre hanno la possibilità di esprimersi e di dialogare liberamente. Un altro vantaggio è rappresentato dai costi bassi da affrontare.

Questo perché tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione son esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa o tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Inoltre, il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite del valore di 50 mila euro. Non solo, ma avviare una pratica di mediazione, presso un organismo di mediazione, costa solo 40 euro+ Iva, fino al limite di 250 mila euro. E cosa incredibile, queste spese sostenute sono credito di imposta fino a 500 euro. E’ proprio così mediare dà la possibilità di risparmiare tempo, soldi e magari recuperare, anche attraverso il dialogo, dei rapporti seppellendo definitivamente l’ascia di guerra.

Contratto locazione commerciale: gli elementi che non possono mancare

Il contratto di locazione commerciale è quello che viene stipulato per immobili non a uso abitativo. Tutti gli elementi che non possono mancare.

Contratto locazione commerciale: i dati delle parti

I contratti di locazione sono disciplinati in Italia dalla legge del 27 luglio 1978 n. 392I contratti di locazione commerciale prevedono la possibilità che a contrarre siano delle società, ditte individuali, ma anche privati. Il tipo esempio è quello delle locazioni delle botteghe in cui il locatore è un privato, mentre il conduttore è un soggetto commerciale. Tuttavia, in entrambi i casi è obbligatorio specificare tutti i dati che riguardano i contraenti. Se ad esempio nelle persone fisiche si utilizza il codice fiscale, nei soggetti commerciali è importante la partita Iva. Un consiglio importante, che è nel caso di società è meglio inserire l’amministratore delegato, in quanto persona fisica. Anche perché in caso di beghe legali potrebbe risultare una mossa vincente, rispetto ad una semplice società che dichiara fallimento all’improvviso.

Contratto locazione commerciale: i dati dell’immobile

Subito dopo i dati delle parti, ci sono da indicare i dati catastali dell’immobile. Per intenderci i valori riportati dalla visura catastale: foglio, particella, categoria, subalterno, classe, mq e rendita catastale. In tutti i casi è importante che questi dati siano espressi per capire se l’attività da svolgersi è idonea con le caratteristiche dell’immobile. Inoltre, non dimenticare di indicare l’indirizzo completo in cui si trova l’oggetto del contratto. E più precisamente, si parla semplicemente di: via, civico, comune e provincia. All’interno del contratto commerciale deve essere riportato le caratteristiche dell’immobile al momento in cui si prendono in consegna le chiavi. Ma attenzione, se necessita fare delle modifiche, queste devono essere espressamente approvate dal proprietario.

Contratto locazione commerciale: la durata

In merito alla durata la legge dispone delle direttive molto chiare. Infatti, un contratto commerciale ha una durata di almeno sei anni. Si tratta dell’esempio più comune, in cui il conduttore dovrà svolgere all’interno un’attività economica o eserciti un lavoro autonomo. Mentre la durata è di nove anni per le locazioni di alberghi e similari. Ma anche quando si tratta di attività di tipo teatrale. E’ nullo ogni altro patto che prevede una durata contrattuale differente. Anche perché verrebbe automaticamente allungata o diminuita secondo quanto disposto dalla normativa. In tutti i casi i contratti possono essere rinnovati per la stessa durata, quando scadono. Il contratto è rinnovato tacitamente, quindi se le parti vogliono interromperlo devono, per forza, mandare una comunicazione alla controparte. Infine, solo nel contratto transitorio è possibile decidere una durata più breve. Ma questo è valido solo per le attività che sono transitorie per loro natura.

Il canone di locazione

Altro elemento essenziale del contratto di locazione commerciale è il canone di locazione. Cioè la somma che l’inquilino deve versare mensilmente per godere dell’immobile. Tuttavia, si consiglia sempre di scrivere l’importo sia in cifre che in lettere, per confutare qualsiasi errore. E’ meglio indicare sia il complessivo annuale che quello mensile. Ma è importantissimo indicare anche il modo in cui questo va corrisposto, meglio se con mezzi tracciabili. La modalità più comune è proprio quella del bonifico bancario. Infine, in merito al canone di locazione la legge prevede la facoltà di un adeguamento periodico annuale che non può superare il 75% della variazione Istat, registrata per l’anno di riferimento.

Come funziona il recesso del locatore?

In linea di massima le parti possono recedere dal contratto, dandone un preavviso di 6 mesi. Nella prassi il locatore deve avere delle valide motivazioni per voler recedere dal contratto. E’ il caso di un inquilino inadempiente. Oppure che si voglia svolgere all’interno di quel locale una propria attività o per uso familiare. Resta comunque la libertà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza. La decisione deve essere comunicata con lettera raccomandata almeno 12 mesi prima e 18 mesi se l’immobile è addebito ad attività alberghiera.

Il recesso del conduttore

Mentre è molto più semplice la retrocessione da parte del conduttore. Infatti, il conduttore può sempre recedere, purché ci siano gravi motivi per farlo. Qualche anno fa, ad esempio, la Suprema Corte (sent. n. 10624 del 26 Giugno 2012) ha ribadito che tali motivi consistono in “avvenimenti estranei alla volontà del locatario, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. Inoltre, con riferimento all’andamento dell’attività aziendale, può integrare grave motivo, legittimante il recesso del conduttore, non solo un andamento della congiuntura economica sfavorevole all’attività di impresa. Ma anche uno favorevole, purché sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (quando fu stipulato il contratto) che lo obblighi ad ampliare la struttura aziendale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo.

Altri aspetti generici

Le parti possono anche disporre liberamente tutti gli altri aspetti del contratto. Ad esempio, il concedere o il vietare la sublocazione. Ma anche gli aspetti legati agli impianti o ad eventuali interventi di ristrutturazione. Inoltre, anche la caparra può essere decisa nella sua entità e nella tempistica di consegna tra le parti. Parte integrante del contratto è anche la dichiarazione ai fini APE. L’ape è l’attestato di prestazione energetica redatta dal tecnico abilitato ed i cui estremi vanno inseriti espressamente in accordo. Si consiglia di allegare sempre una copia, prima di presentarlo per la registrazione all’Agenzia delle Entrate. Massima libertà lasciata alle parti, sempre nel rispetto delle norme di legge.

Cedolare secca: le novità e le principali caratteristiche

La Cedolare secca 2021 è un regime facoltativo che si applica ai contratti di locazione. Esistono due aliquote al 10% o al 21%, ma cosa cambia?

Cedolare secca: cos’è e quando si applica

La cedolare secca è un regime di tassazione agevolato, nato per contrastare l’evasione fiscale sugli affitti di immobili. Si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali. Inoltre, sui contratti redatti con l’applicazione della cedolare secca non si pagano la tassa di registrazione, la tassa annuale di rinnovo (per tutta la durata contrattuale) l’imposta di bollo. Non si pagano neanche gli adempimenti successivi, come potrebbero essere le proroghe o le cessazioni del contratto stesso. Tuttavia,  la cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro in caso di cessione.

Chi sono i soggetti che possono sceglierla?

Possono scegliere questo regime agevolato tutte le persone fisiche che sono possessori di immobili destinati ad uso abitativo. La locazione deve essere tra privati e quindi sono escluse le società sotto qualsiasi forma. Può applicare la cedolare secca al 21% anche chi loca nel mondo degli affitti brevi. Con la denominazione affitti brevi, si intende un contratto di locazione con durata non superiore a 30 giorni, ad esclusivo uso abitativo. Una novità introdotta quest’anno è che l’applicabilità è prevista solo se nell’anno si destinano a questa finalità al massimo quattro appartamenti; oltre tale soglia, l’attività, da chiunque esercitata, si considera svolta in forma imprenditoriale. Pertanto questo regime fiscale non può essere applicato. L’opzione però ha una piccola deroga, infatti può essere esercitata per i contratti di immobili ad uso commerciale con categoria C/1, stipulati nel 2019. I locali non devono avere la metratura superiore ai 600 mq.

Cedolare secca: le novità introdotte quest’anno

Le novità introdotte quest’anno riguardano principalmente i così detti affitti brevi. In particolare, le  modifiche riguardano gli acconti da versare. Infatti, è stato modificato che l’acconto per il pagamento delle imposte non deve essere del 95%, bensì del 100%. Inoltre, il pagamento dell’acconto ha delle scadenze ben stabilite, a seconda se si paga in unica soluzione o in due rate. Nel primo caso, si paga entro il 30 novembre, qualora l’importo dovuto sia minore di 257,52 euro. Nel secondo caso, invece abbiamo la data del 30 giugno per il pagamento della prima rata pari al 40% dell’imposta totale. Il restante 60% va versato entro il 30 novembre. In ogni caso il pagamento deve avvenire tramite modello F24. I codici da utilizzare sono:

  • 1840 cedolare secca locazioni – acconto prima rata;
  • 1841 cedolare secca locazioni – unico soluzione oppure acconto seconda rata;
  • 1842 cedolare secca locazioni – saldo.

La tassazione al 10% o al 21%, come si sceglie?

La cedolare secca ha un aliquota pari al 21%. Tuttavia esistono dei contratti di locazione detto “a canone concordato” che permettono di abbassare tale percentuale al 10%. Secondo, l’Agenzia delle entrate, questi immobili devono trovarsi nei comuni:

  • con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto legge 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché degli altri comuni capoluogo di provincia
  • ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe;
  • in cui vi siano state calamità naturali.

I contratti a canone concordato prevedono una mensilità stabilita da parametri che ne identificano un minimo ed un massimo. Inoltre, come se non bastasse devono anche essere approvati da associazioni di categoria dei proprietari o degli inquilini. Infine, prevedono uno schema rigido e validi solo in quei comuni per il quale è stato stabilito uno specifico accordo territoriale. Rientrano in questa categoria anche i contratti transitori o per affitto a studenti.

Gli obblighi del locatore

Il proprietario di un immobile che decide di locarlo, dopo aver trovato l’inquilino, deve procedere alla redazione del contratto. All’interno verranno indicati i dati del locatore, conduttore, canone, dati catastali e tutto ciò che riguarda gli accordi tra le parti. Il proprietario deve indicare che vuole aderire al regime di tassazione agevolato e comunicarlo anche tramite lettera raccomandata. Questo adempimento deve essere fatto anche quando si decide di tornare al regime di tassazione ordinario. La raccomandata però, non è necessaria per i contratti di durata inferiore ai 30 giorni.

E quali sono i benefici?

La cedolare secca consente di permette di determinare un risparmio dal punto di vista locatore. Com’è logico diminuito l’aliquota da pagare, diminuisce anche l’importo dal versare allo Stato. In genere, la tassazione IRPEF, che tale regime va a sostituire, può variare dal 43% al 23%. In altre parole, è un gran risparmio. Questo perché, il reddito assoggettato a cedolare secca:

  • è escluso dal reddito complessivo;
  • non possono essere fatti valere oneri deducibili o detrazioni.

E’ anche opportuno dire che vi è un beneficio anche dal punto di vista del conduttore. Infatti, per tutta la durata del contratto NON sono applicabili aumenti del canone locativo. E’ escluso anche l’aumento ISTAT, normalmente previsto per tutti i contratti di locazione, sia ad uso abitativo che non. Altro vantaggio per le parti è che anche in caso di proroga l’opzione va rinnovata contestualmente alla comunicazione di proroga.  In caso di risoluzione del contratto, l’imposta di registro non è dovuta se tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca. Tuttavia, è necessario comunicare la risoluzione anticipata presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto il modello RLI debitamente compilato.

 

Esterometro 2021: tutte le scadenze e le comunicazioni

Per Esterometro si intende la Comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere di cessione di beni e prestazioni di servizio. Operazioni ricevute ed effettuate da e verso soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.

Esterometro: cos’è e a cosa serve

La prima scadenza in vista è quella del 30 aprile 2021. In realtà tutte le comunicazioni vengono effettuate trimestralmente in relazioni alle operazioni trasfrontaliere effettuate. Nella comunicazione sono da escludersi quelle documentate da bolletta doganale o fattura elettronica. Secondo la legge di bilancio n.178/2020 si è prevista l’abrogazione di questo adempimento. Infatti, le transazioni transiteranno tramite il Sistema di Interscambio Sdl. A partire dal primo gennaio 2022, i dati delle operazioni con l’estero utilizzeranno il suddetto sistema. Si tratta di un sistema capace di:

  • effettuare controlli sui file ricevuti;
  • ricevere la fatture come già utilizzato dal sistema elettronico;
  • inoltrare le fatture verso la pubblica amministrazione o i destinatari privati.

Come abbiamo detto, la scadenza in vigore per quest’anno è il 30 aprile. Ma facciamo il punto della situazione sulle istruzioni, compilazioni e trasmissione all’Agenzia delle entrate.

Esterometro 2021: tutte le scadenze dell’anno

In attesa del 2022 è opportuno indicare tutte le scadenze che devono essere fino ad oggi rispettate. Secondo quanto stabilisce l’art 1, comma 3 del dlg n.127 del 2015: “I soggetti passivi trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazioni di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate dalla legge. La trasmissione telematica è effettuata trimestralmente entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento“. In merito a questo le scadenze da ricordare sono:

  • primo trimestre: 30 aprile;
  • secondo trimestre: 2 agosto;
  • terzo trimestre: 2 novembre;
  • quarto trimestre: 31 gennaio 2022.

L’Agenzia delle entrate ha fornito una guida completa sulla compilazione dell’esterometro.

Esterometro: i codici previsti dell’Agenzia delle entrate

I dati da fornire all’Ade per l’esterometro seguono dei codici ben stabiliti, in merito al tipo di documento. E sono:

TDO1 per le fatture;

TDO4 per le note di credito;

TDO5 per la nota di debito;

TD10 la fattura di acquisto intercomunitario di beni;

TD11 fattura di acquisto intercomunitario di servizi;

TD12 documento riepilogativo art6 d.P.R 695/1996.

In particolare in merito al codice TDO1 si intende le operazione in regime di IVA ordinaria. Il C/P (Cedente/Prestatore), entro dodici giorni dal momento di effettuazione dell’operazione1, emette una fattura nei confronti delC/C (Cessionario/Committente).

Quali sono gli altri dati da comunicare?

Oltre ai codici previsti, ci sono altri dati da comunicare. Tra questi: i dati identificativi del cedente/prestatore e del cessionario/committente. Ma anche la data ed il tipo di documento da inviare, la data di registrazione il numero del documento e la base imponibile. Infine, l’aliquota IVA o l’eventuale altra imposta da applicare. In caso di omesso, errato o tardivo invio la sanzione prevista ammonta a 2 euro per ciascuna fattura, entro il limite di mille euro per trimestre. Però la sanzione viene ridotta della metà, entro il limite massimo di 500 euro, se la trasmissione è affettuata entro i quindici gionri successivi alla scadenza, ovvero se nel medesimo trimestre è effettuato la trasmissione corretta dei dati. Il versamento della sanzione deve essere fatto attraverso il modello F24, utilizzando il codice tributo 8911.

Il caso della Gran Bretagna

Dal primo gennaio 2021 le operazioni con operatori della Gran Bretagna non sono considerabili come “scambi intracomunitari”. Infatti, nello specifico è stata prevista una regolamentazione per il periodo transitorio relativo alle operazioni a cavallo tra i due anni: 2020-2021. Del resto la Brexit ha cambiato il modo degli scambi tra Paesi europeri e la Gran Bretagna, di cui gli effetti non sono ancora ben chiari.

 

Cooperative: i caratteri generali di questo tipo di società

Le Cooperative sono delle società aventi scopo mutualistico. Ecco tutte le caratteristiche di queste società che le differenziano da tutte le altre.

Cooperative: cosa vuol dire scopo mutualistico

Per scopo mutualistico si intende offrire ai soci la possibilità di acquisire beni o servizi,oppure occasioni di lavoro, a condizioni più favorevoli di quelle che i soci otterrebbero sul mercato. Ciò vuol dire che le società non si propongono con scopo di lucro, ma piuttosto a realizzare obiettivi nell’interesse dei soci. Quando le cooperative svolgono attività anche con gli estranei, possono far pagare anche ai soci il prezzo pieno di mercato, salvo restituire la differenza tra il prezzo da essi pagato ed il prezzo di costo. Le somme rimborsate non sono utili, ma ristori che nulla hanno a che fare con il loro apporto o quote di cooperativa. Le cooperative sono gestite dall’articolo 1511 del  Codice Civile.

Cooperative: tutte le varie tipologie

Come nel caso delle società sia di persone che di capitali, esistono di diverse tipologie di Cooperative. Infatti, esistono le cooperative:

  • di produzione e lavoro, nelle quali i lavoratori si uniscono e si gestiscono per la produzione di beni e servizi, trovando talvolta lavoro per i soci;
  •  edilizie con lo scopo di costruire case da destinare ad alloggi per i proprio membri;
  • consumo, nella quali più consumatori si uniscono per acquistare all’ingrosso merci e rivenderle ai soci;
  • agricole, che operano per la conservazione trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli;
  • credito, che raccolgono capitali da prestare ai soci a condizioni più favorevoli rispetto al libero mercato;
  • assicuratrici, il cui oggetto è quello di svolgere un’attività assicuratrice nei confronti dei soci.

Come si costituisce una cooperativa?

La costituzione di una cooperativa ha un iter ben definito da seguire. Come prima cosa occorre avere il numero di soci pronti a costituirla: 3 per le piccole e 9 per le grandi cooperative. Il valore nominale di ciascuna quota non può essere inferiore a 25 euro. Inoltre, ai soci non è concesso il possesso di quote non superiore a 100 mila euro. Ma è anche vero che occorrono 50 cos per le cooperative di consumi, 15 per quelle di produzione e lavoro.

Tuttavia, le cooperative devono iscriversi nell’apposito registro della provincia nella quale è posta la loro sede. Ma anche nello schedario generale della cooperazione presso il Ministero del Lavoro.  Oltre a ciò, esiste anche un’attività di vigilanza su questo tipo di società. Infatti, a volte il bilancio deve essere sottoposto a certificazione da parte di una società di revisione dei conti. Questo dipende dal volume di affari, dal fatturato o dal possesso di partecipazione in società per azioni.

La differenza responsabilità: due casi differenti

Sotto il profilo giuridico le cooperative hanno personalità giuridica. Ma in merito alla responsabilità, ne esistono di due tipi. Nelle cooperative a responsabilità illimitata risponde la società con il suo patrimonio, ma quando vi è uno stato di insolvenza, come il fallimento, allora i debiti sociali rispondono un via sussidiaria i soci. Mentre in quelle a responsabilità limitata invece, per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il proprio patrimonio.

Infine, in questo caso le quote possono essere rappresentate da azioni. Per quanto riguarda il capitale sociale, in entrambi i casi è di tipo variabile. Questo vuol dire che il capitale sociale non ha un importo obbligatorio. Ma che di conseguenza può aumentare o diminuire in base all’ingresso o all’uscita delle persone.

Come si diventa soci della cooperativa?

L’ammissione dei nuovi soci viene deliberata dagli amministratori su richiesta degli interessati. Anche se è bene specificare che il diritto di voto, può essere esercitato soltanto da coloro che risultano iscritti nel libro soci almeno da tre mesi. Nelle assemblee ogni socio ha diritto ad un solo voto.

I soci possono anche diventare amministratori. Inoltre, in sede di riparto degli utili si deve destinare almeno il 20% degli utili netti annui alla riserva legale. L’atto costitutivo può autorizzare gli amministratori ad acquistare o rimborsare quote o azioni delle società, purché l’operazione sia fatta nei limiti degli utili distribuiti e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio.

Come si forma il capitale?

Le società cooperative hanno la possibilità di ottenere il capitale di rischio mediante:

  • i conferimenti effettuati da soci sovventori;
  • l’emissione di azioni di partecipazione cooperativa.

Oltre ai capitali provenienti dai soci, esiste la figura del socio sovventore. Ai soci sovventori vengono assegnate azioni nominative liberamente trasferibili. In statuto possono anche essere disposte delle condizioni migliori per la ripartizione degli utili e della quota di liquidazione.

Queste azioni però non danno diritto di voto e possono essere al portatore. Infine, le azioni di partecipazione cooperativa possono essere emesse anche per finanziare programmi pluriennali di sviluppo ed ammodernamento aziendale. In conclusione sono azioni che hanno caratteristiche simili alle azioni di risparmio delle spa quotate in borsa.

Riscatto laurea agevolato: una guida per andare prima in pensione

Il riscatto laurea agevolato è un modo per poter andare in pensione in modo anticipato. Una breve guida su come funziona e come richiederlo.

Riscatto laurea agevolato: cos’è e chi può richiederlo

Oltre al riscatto della laurea che potremmo definire di tipo classico, esiste una versione agevolata. Il riscatto della laurea consiste nella possibilità di poter utilizzare gli anni universitari ai fini pensionistici. In altre parole, riuscire ad andare in pensione con qualche anno di anticipo. Gli anni riscattabili sono quelli previsti dal corso di studio 3-5. Ma per essere utili occorre che il soggetto abbia conseguito il titolo, altrimenti non è possibile. I titoli riconosciuti sono:

  • laurea standard;
  • diplomi universitari relativi ai corsi di durata non inferiori a due e non superiori a tre;
  • dottorati di ricerca;
  • diplomi di specializzazione;
  • diplomi rilasciati da istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale.

Il riscatto della laurea è sempre e comunque a titolo oneroso e viene riconosciuto solo a domanda dell’interessato. La domanda va presentata all’INPS tramite via telematica, oppure Call Center o numero telefonico, sulla pagina dell’Istituto.

Riscatto laurea agevolato: il riscatto dei soggetti inoccupati

Oltre ai modello tradizionale del riscatto laurea agevolato, l’ordinamento italiano prevede due altri modi per ottenere lo stesso obiettivo. Il Riscatto per i soggetti inoccupati ex L. 247/2007 – è previsto dall’art. 1 della legge 247/2007. Tuttavia ha reso accessibile la facoltà di riscatto anche ai cosiddetti “inoccupati“. Si tratta di coloro che al momento della presentazione della domanda di pensionamento, non ha versato alcun contributo. Ma in questo modo, può farlo attraverso un pagamento forfettario. In questo caso il parametro di riferimento per il calcolo è il reddito minimo imponibile dalla gestione Artigiani e Commercianti, al quale si applica l’aliquota di riferimento dei lavoratori dipendenti. Per le domande presentate dall’1 gennaio 2008 è inoltre possibile rateizzare il costo del riscatto in 120 rate mensile senza applicazione di interessi. Inoltre, se il versamento dell’onore avviene da parte dello stesso assicurato, il contributo è deducibile.

Riscatto laurea agevolato: come funziona?

Il Riscatto agevolato ex D.L. 4/2019 è stato introdotto dal “Decretone” del 2019. Prevede uno sconto sull’onore da versare consentendo di velocizzare l’uscita dal mondo del lavoro. E’ un metodo di calcolo dell’onore più vantaggioso rispetto a quello ordinario. Ma i periodi da riscattare devono ricadere sotto la competenza del  metodo di calcolo contributivo. Tuttavia per esercitarlo non ci sono limiti di età, ma essere iscritti all’assicurazione generale obbligatoria. Non possono comunque usufruire, come nel riscatto tradizione, chi è già titolare di una pensione. Sono escluse anche le casse dei liberi professionisti e gli ordinamenti previdenziali stranieri.

Quanto costa il riscatto?

Parlando in termini di costi, in media il riscatto è pari 5 mila euro per ogni anno di università. Questa cifra può essere dedotta fiscalmente, arrivando per i redditi sopra i 75 mila euro a un beneficio fiscale del 43%. L’onere è determinato sul minimale degli artigiani e commercianti vigente nell’anno di presentazione della domanda. Altro parametro è la base dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche vigente, nello stesso periodo, nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD). L’importo retributivo di riferimento è rapportato al periodo oggetto di riscatto ed è attribuito temporalmente e proporzionalmente ai periodi medesimi. Il contributo è rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda.

Quant’è il valore del costo per il 2021?

E’ possibile consultare anche sul sito INPS, tutte le informazioni in merito al riscatto della laurea agevolato. Per  il 2021 il reddito minimo annuo ai fini del reddito del contributo dovuto da artigiani e commercianti è pari a 15.953 euro. In questo caso è applicabile l’aliquota del 33%. Quindi, per le domande presentate nel corso del 2021, il costo per riscattare un anno di corso è pari a 5.264,49 euro. Il consiglio è sempre quello di valutare la convenienza dell’operazione e se ci sono i requisiti previsti.