NFT: impatto ambientale e altri aspetti da considerare

In questi anni il fenomeno NFT è stato veramente molto rilevante. È legato alla tecnologia blockchain la quale, come sappiamo, è la madre delle criptovalute.

Grazie agli NFT viene creato un nuovo titolo di proprietà virtuale che riguarda da vicino oggetti da collezione sia digitali che reali. 

Infatti, non a caso una delle categorie più interessata in maniera concreta agli NFT è proprio quella degli appassionati di arte, la quale ha voluto approfondire l’argomento imparando in primo luogo come comprare NFT.

Sugli NFT tuttavia si è molto discusso per il loro impatto ambientale. Questo aspetto viene considerato problematico: ed ecco perché gli esperti hanno cercato diverse soluzioni e approcci con lo scopo di dare agli NFT un equilibrio significativo dal punto di vista energetico ed ambientale sia nel presente che nel futuro.

Molte persone si chiedono come si evolverà la tendenza di quelli che vengono definiti NFT verdi, cioè rispettosi dell’ambiente. 

Come tutto è cambiato

Gli NFT sono asset che vengono gestiti attraverso una rete blockchain: l’impatto ambientale che ha la loro creazione è legato soprattutto alla blockchain e all’algoritmo di consenso che essa usa per gestirli.

Però per fortuna il passaggio di Ethereum, che ricordiamo essere la blockchain principale utilizzata per gli NFT, all’algoritmo di consenso Proof of Stake, ha ridotto in maniera significativa il costo della loro creazione e commercio in termini energetici.

Questo particolare ha cambiato le carte in tavola nel senso che ormai l’affermazione che il mondo degli NFT sia dannoso per l’ambiente è esagerata proprio per questo cambiamento.

Per comprendere meglio la questione ci basti pensare che nella versione di Ethereum basata su PoW l’impronta stimata di un NFT era stimata in circa 38 kg di CO2, che equivale, prendendo come unità di misura l’impronta di carbonio, a circa 82,648 transazioni VISA.

Invece con il passaggio a PoS una singola transazione emette 0,02 kg di anidride carbonica pari a circa 44 transazioni Visa. La differenza è notevole e fa ben sperare per il futuro.

Differenze tra NFT e criptovalute

Bisogna ricordare ancora una volta che gli NFT, così come Ethereum, Bitcoin e tante altre criptovalute si basano sulla tecnologia blockchain.

Gli NFT sono però diversi dalle altre criptovalute le quali possono essere scambiate tra di loro, mentre i non-fungible token sono unici e sono da considerare come un’opera d’arte originale che non può essere riprodotta.

Un NFT inoltre può essere considerato una fonte di guadagno ma soprattutto uno strumento di marketing da parte delle aziende le quali spesso decidono di utilizzarli  anche come bonus innovativi.

Di sicuro nel corso del tempo gli NFT sono diventati sempre più accessibili a un grande numero di persone e molto probabilmente lo saranno sempre di più in futuro, soprattutto grazie alla nascita recente dei giochi.

Proprio per questo motivo l’aspetto relativo all’impatto ambientale ed energetico degli NFT non può essere sottovalutato.

L’indennità di frequenza spetta solo agli invalidi minorenni, ma cosa accade se a 18 anni si frequenta ancora la scuola?

L’indennità di frequenza è una prestazione a livello economico che l’INPS eroga ai minori per favorirne l’inserimento scolastico e spetta fino al compimento della maggiore età. Ma cosa accade al giovane invalido, una volta diventato maggiorenne se ancora frequenta la scuola? Scopriamolo rispondendo ad un lettore di Money.it che ci scrive:

Buon Giorno, sono padre di una giovane in Legge 104 – ora Maggiorenne. L’INPS respinge il Rinnovo dell’Indennità di Frequenza appunto per aver raggiunto la Maggiore età.
Ora sulla, Relazione Funzionale vi era esposto che durante tutto il periodo della Scuola Secondaria di 1° grado mia figlia aveva bisogno dell’insegnante di Sostegno anche per il 4° anno ( 18 anni).
Ora mi sembra che la Normativa preveda che se mia Figlia abbia l’insegnante di Sostegno – gli sia riconosciuta anche a 18 anni una Difficoltà di Apprendimento. Non dovrebbe avere di conseguenza anche l’indennità di Frequenza pur avendo compiuto i 18 anni.? Attendo vostro Riscontro. Cordiali Saluti.

Indennità di frequenza e compimento dei 18 anni

Purtroppo l’indennità di frequenza al compimento dei 18 anni viene sospesa perché si tratta di una prestazione che spetta solo agli invalidi minorenni. E non viene rinnovata neanche se la ragazza frequenta ancora la scuola. Al suo posto, però, può avere diritto alla pensione di invalidità civile.

Si tratta, infatti, di una prestazione legata all’età e non all’effettiva frequentazione della scuola da parte del’invalido. Questo perchè al minorenne invalido non viene attribuita una percentuale di invalidità civile ma solo lo status di invalido civile e proprio per questo motivo al minorenne non spetta la pensione di invalidità civile, ma l’indennità di frequenza o, al limite quella di accompagnamento nei casi più gravi.

Al compimento dei 18 anni, però, l’invalido ha diritto all’assegnazione di una percentuale di invalidità e proprio per questo l’indennità di frequenza viene meno. In base alla percentuale di invalidità assegnata, infatti, può avere diritto o meno all’assegno ordinario di invalidità parziale o totale.

E proprio per questo motivo la frequentazione della scuola è ininfluente per il diritto alla continuità dell’erogazione del beneficio. Lo stesso non è legato alla frequentazione scolastica ma all’età dell’invalido. In ogni caso rimando alla lettura di un articolo di approfondimento sui passi da fare per trasformare l’indennità di frequenza in assegno di invalidità civile.

#x-party, di una start up italiana, debutta il 2 dicembre in una festa al limite del futuristico

Si parla spesso di eccellenze italiane che emigrano all’estero senza pensare che fior fiori di menti brillanti decidono di restare in Italia per provare a sfondare nel fare quello che credono. E proprio questo hanno fatto il gruppo di ventenni che ha creato l’#x-party che debutterà fra poco più di una settimana nella prima festa completamente digitale.

Gestita, appunto, dall’#x-party, un programma ideato e scritto dal programmatore della start up  che promette di cambiare il modo di concepire le feste non solo per quel che riguarda gli inviti, ma anche per lo svolgimento dell’evento stesso. Abbiamo contattato il giovane che ci ha confidato che per la creazione dell’app sono stati utilizzati 4 linguaggi di programmazioni più l’intelligenza artificiale.

#x-party creato da giovani per i giovani

Il 2 dicembre 2022 sarà una serata unica nel suo genere che la nostra redazione ha intenzione di seguire molto da vicino per capire come il digitale possa intervenire in una nottata di musica e divertimento e di come l’#x-party possa diventare uno strumento commercializzabile nel settore e utilizzabile non solo da PR e organizzatori ma anche dagli invitati stessi.

Dalla programmazione all’ideazione di totem, giochi di luci, pagamenti digitali automatici che dovrebbero eliminare la coda al bar, fino ad arrivare alla visualizzazione del brano che si sta ascoltando in quel momento. Tutto da proprio smartphone.

Nella nostra chiacchierata con il programmatore del gruppo ci è stata spiegata in anteprima la funzione del fotografo robotizzato che l’invitato potrà, durante la serata, gestire dal suo smarphone. 2 luci della discoteca si bloccheranno per puntarsi sull’utilizzatore con funzione di flash e si potrà scegliere, sempre tramite il proprio device, la colorazione dell’illuminazione delle stesse prima dello scatto che, poi, apparirà solo sullo smartphone dell’invitato. E questa è solo una delle tantissime gestioni digitali che l’#x-party promette.

E dietro tutto questo c’è il duro lavoro di un gruppo di giovani poco più che ventenni desiderosi di stravolgere un mondo che, seppur divertente, tendeva ormai a diventare monotono per i loro standard. Il tutto in collaborazione con Alchimia 13, locale in Via Giuseppe Petroni, 1/2b a al centro della movida bolognese che, come noi, ha creduto fortemente nel progetto.

La data e la location dell’evento

Ci aspettiamo grandi cose dall’#x-party che debutterà, come detto, il 2 dicembre 2022 alle ore 23,00 alla discoteca O2 Oxygen in Via dell’Incisore, 2 a Bologna. Dove speriamo che i nostri intrepidi giovani riescano a dimostrare il loro genio con la determinazione che li ha contraddistinti nell’organizzazione del tutto.

Pignoramento pensioni, il tetto limite sale a 1.000 euro, cosa significa?

Il Decreto Aiuti bis, approvato dal Senato lo scorso 20 settembre, porta dei cambiamenti anche in ambito pignoramento pensioni. E la modifica in questione ha certamente rilevanza visto che alza il tetto limite pignorabile. Una buona notizia, quindi, soprattutto per chi ha una pensione relativamente bassa. Ma andiamo a vedere cosa cambia.

Limiti pignorabilità pensioni

Il decreto va a modificare il Codice di procedura civile  nella parta in cui limita i pignoramenti su stipendi e pensioni. Nello specifico si introduce un tetto limite per la pignorabilità delle somme che si ricevono a titolo di pensione mentre nessuna novità è stata introdotta per quello che riguarda l’accredito delle pensioni sul conto corrente postale o bancario.

La novità è illustrata nell’articolo 21 bis del decreto Aiuti bis che dispone che le somme ricevute a titolo di pensione, indennità equiparabili a pensioni e altri assegni di quiescenza possono essere pignorate solo per la parte eccedente al doppio della misura massima prevista per l’assegno sociale. E non sotto i 1.000 euro. La parte eccedente i 1.000 euro, poi, può essere pignorabile entro determinati limiti che possono essere un quinto, un quarto o un terzo.

Cosa cambia? Prima dell’intervento la parte di pensione impignorabile era pari a una volta e mezza l’assegno sociale  INPS (Che ricordiamo ammonta a 468 euro mensili) e quindi si parla di 702 euro. La somma eccedente risulta pignorabile nella misura di un quinto, un quarto e un terzo.

Appare chiaro che in questo modo chi percepisce una pensione fino a 1.000 euro può stare tranquillo che il reddito mensile non può in nessun caso essere attaccato da eventuale pignoramento.

Leggi anche: Pignoramento, esistono dei limiti di legge in base al tipo di bene

Tariffe e commissioni per utenti e consumatori: come funziona PayPal

L’utilizzo di PayPal da parte di milioni di acquirenti, venditori e aziende in tutto il mondo, necessita di informazioni rispetto alle tariffe applicate agli acquirenti e ai commercianti, che variano da settore a settore, tenendo conto che grazie al wallet ormai è possibile inviare e trasferire denaro in riferimento alle transazioni di ogni comparto merceologico e di servizio.

Ecco, dunque, una lista delle principali tariffe e commissioni applicate da PayPal, distinte per settore.

Le tariffe per i consumatori

In prima battuta va specificato che le tariffe applicate sulle transazioni cambiano a seconda che mittente e destinatario siano entrambi residenti nello Spazio economico europeo, oppure appartenenti a mercati diversi di riferimento. 

PayPal dispone dunque di una Tabella dei Codici mercati, per individuare di volta in volta il codice che verrà applicato, in base a questo parametro. 

PayPal è gratuito per donazioni e compravendite online e in negozio, salvo i casi in cui si applichi una conversione di valuta. 

Nel caso delle raccolte fondi che prevedono una transazione commerciale, la tariffa applicata è del 3,4% + la tariffa fissa, con quota aggiuntiva nel caso di operazioni internazionali.

Le transazioni di tipo personale come l’invio di denaro agli amici sono gratuite se nazionali, mentre viene applicata la tariffa di 1,99 euro o di 3,99 euro nel caso rispettivo che il mercato di residenza del destinatario sia l’Europa o gli Stati Uniti, oppure altri territori al di fuori di questi spazi.                  

La ricezione di denaro da parte di amici e parenti non è invece soggetta all’applicazione di tariffe da parte del wallet. 

Le tariffe per gli utenti di servizi in Rete

L’utilizzo di PayPal per i pagamenti online di servizi al cittadino come ad esempio tasse, bollette e utenze quotidiane reso possibile dagli erogatori , così come anche la possibilità di usare il wallet per accedere a programmi di cashback in ambito e-commerce, oppure, dal lato entertainment – e in particolare nel gioco legale a distanza, nel crescente caso dei casinò che accettano PayPal come mezzo sicuro di deposito e prelievo – impone spesso trasferimenti dal conto PayPal alle carte/conti correnti dell’utente. 

Se i trasferimenti al conto corrente sono gratuiti in caso di non necessità di conversione di valuta, la tariffa applicata è pari al 3% se verso i mercati statunitensi, e, nel caso di collegamento con carte di credito o debito, la tariffa standard è pari all 1% dell’importo trasferito

Le condizioni variano comunque in base alla valuta di trasferimento, in un range minimo o massimo che il wallet elenca nel proprio sito 

ufficiale, paese per paese, con possibilità di variazioni sull’importo massimo, stabilite di volta in volta da PayPal in base alla tipologia di servizio. 

Tra le altre attività, le tariffe applicate da PayPal sugli storni sono pari a 3 euro, e si applicano quando una transazione non va a buon fine, spesso per errore nell’indicazione delle coordinate bancarie, nel caso di operazioni che avvengono fuori dal circuito del wallet. 

In caso di richiesta di documentazione circa l’esito negativo di una determinata transazione viene invece richiesto un contributo di 12 euro per ogni voce specificata. 

Nel caso, infine, di inattività del conto, viene applicata da PayPal una tariffa basata sul saldo residuo, in riferimento a parametri standard individuati in un’apposita tabella, consultabile anch’essa dal sito ufficiale del wallet. 

Stando alle ultime dichiarazioni di PayPal, l’11 febbraio 2022 è in realtà entrato in vigore un cambiamento del servizio, che prevede un addebito di 10 euro per inattività al consumatore che non abbia fatto accesso al proprio conto per più di 12 mesi consecutivi, con estensione dell’applicazione di questa tariffa anche ai venditori, a partire però dal prossimo ottobre. 

 

Cartelle esattoriali non pagate dal defunto: ricadono su vedova ed eredi?

Cosa accade se un congiunto viene a mancare senza aver saldato i suoi debiti? L’obbligo di pagamento delle cartelle esattoriali ricade anche sull’eventuale vedovo o vedova e sugli eredi?

Quando una persona cara viene a mancare gli eredi, oltre ad elaborare il lutto, devono anche fare i conti con l’accettazione o meno dell’eredità. E con l’eredità devono accettare o rifiutare anche eventuali debiti. Ma in essi rientrano anche eventuali cartelle esattoriali non pagate?

Cartelle esattoriali del defunto

Il nostro ordinamento prevede che i debiti tributari non vengono meno con il decesso di chi li ha contratti.  Gli eredi, quindi, devono rispondere anche del pagamento di eventuali cartelle esattoriali non pagate dal defunto prima del decesso.

Ovviamente possono non accollarsi il debito rifiutando l’eredità entro 10 anni dall’apertura della successione. In questo modo non ereditano l’obbligo di saldare gli eventuali debiti tributari.

Ogni erede, tra l’altro, risponde dei debiti in questione in percentuale sulla base della quota ereditaria. L’erede, quindi, accettando l’eredità diventa a sua volta debitore dovendo rispondere in prima persona e con il proprio patrimonio delle pendenze del de cuius.

Ma in questo ambito occorre una precisazione. Agli eredi può essere richiesto dall’Agenzia delle Entrate Riscossioni il pagamento del debito contratto ma non somme a titolo di sanzioni visto che quest’ultima non si trasmette agli eredi.

Pellet, metano e gasolio: quanto ci costerà in più il riscaldamento quest’anno?

Con l’autunno per gli italiani arriva la stangata dell’aumento dei prezzi. Sarà difficile per i nuclei familiari affrontare i rincari che toccano ogni settore. Ma ancora più difficile sarà il gestire i primi freddi visto che uno dei settori più colpito dai rincari è proprio quello relativo al riscaldamento delle abitazioni.

A prescindere da cosa si utilizzi per riscaldare, infatti, l’aumento ci sarà e andrà da un minimo del 49% ad un massimo del 99%. In qualsiasi modo si alimenti il caldo in casa, quindi, l’aumento sarà salatissimo.

Pellet, metano e gasolio di quanto aumentano?

Secondo uno studio effettuato dalla Federconsumatori, i costi che le famiglie dovranno sostenere per l’inverno 2022/2023 saranno salitissimi. Lo studio è stato svolto prendendo in considerazione un appartamento di 100 metri quadri da riscaldare.

Per quel che riguarda il gas metano nel 2021/2022 il riscaldamento è costato in media per tutta la stagione fredda 912 euro. In base agli ultimi aggiornamenti sulle tariffe del gas per il terzo trimestre 2022, invece, si stima un costo di 1.479 euro, con un aumento del 62% rispetto allo scorso anno.

Per chi alimenta i propri termosifoni con gasolio, che è la tipologia di riscaldamento più diffusa per i condomini, la spesa per il 2021/2022 è stata di 1.545 euro. Nel 2022/2023, invece, sarà di 2.309 euro con un aumento del 49%.

A sorpresa gli aumenti maggiori si riscontrano con il pellet. Un impianto di riscaldamento alimentato a pellet, infatti, lo scorso anno è costato per tutta la stagione fredda 670 euro. Ma è da considerare che un sacchetto da 15 kg di pellet che lo scorso anno costava 5 euro, ora ne costa 10. Si registra in questo caso un aumento del 99% con una spesa complessiva, per tutto il periodo freddo, di 1.333.

Sicuramente il pellet è ancora la tipologia di riscaldamento che costa meno ma alla luce di questi aumenti la convenienza è stata limata di molto.

Pensione a 57 e 62 anni anche nel 2023, la misura non è a rischio

La riforma pensioni preoccupa i lavoratori. Le elezioni per rinnovare il governo, invece, ritardano gli interventi in tal senso. Se qualcosa verrà previsto, molto probabilmente sarò inserito all’interno della Legge di Bilancio di fine anno ma non si tratterà sicuramente di un intervento strutturale.

Una cosa importante da sottolineare è che ci sono misure che attualmente non sono sperimentali e che, quindi, resteranno in vigore anche per il prossimo anno. E’ il caso, ad esempio, delle pensioni contributive, della pensione anticipata ordinaria, della pensione di vecchiaia e della quota 41.

Pensione a 57 e 62 anni

Una misura che molto spesso non viene presa in considerazione è la RITA. La rendita integrativa temporanea anticipata, uno scivolo che accompagna il lavoratore alla pensione di vecchiaia e che può essere richiesta o 5 o 10 anni prima dell’età necessaria alla pensione di vecchiaia. Appunto a 62 o 57 anni, in base alla condizione lavorativa del richiedente.

Non si tratta di una misura erogata dall’INPS. Infatti si tratta di un beneficio che spetta solo a coloro che sono titolari di un fondo previdenziale complementare. Ed è proprio il fondo, grazie al tesoretto accumulato, ad erogare la rendita mensile che sarà tanto più alta quanto più consistenti sono stati i contributi versati in esso.

Ma quali sono i requisiti per l’accesso? Per il lavoratore senza occupazione è richiesto:

  • disoccupazione da almeno 24 mesi;
  • 57 anni di età almeno;
  • 5 anni di contributi versati nel fondo integrativo;
  • 20 anni di contributi versati nell’AGO.

Per chi, invece, è ancora in servizio è richiesto:

  • di cessare l’attività lavorativa;
  • 62 anni di età almeno;
  • 5 anni di contributi versati nel fondo integrativo;
  • 20 anni di contributi versati nell’AGO.

La cosa interessante è che la misura, essendo strutturale, rimarrà in vigore anche per il prossimo anno, a meno che non si intervenga in tal senso per apportare modifiche o per l’abrogazione della stessa. Ma considerando che l’anticipo in questione non prevede costo alcuno per le casse dello Stato e che il lavoratore si finanzia da solo l’anticipo pensionistico con quanto versato nel corso degli anni nella pensione complementare.

 

 

Deiana: “Italia, Confassociazioni c’è!”

Confassociazioni ha presentato oggi a Roma le più importanti iniziative in cantiere per il 2017. “Sono grato agli oltre 466mila soci di Confassociazioni e ai loro delegati per la riconferma, per acclamazione, alla presidenza della nostra Confederazione – ha dichiarato il Presidente Angelo Deiana, a margine della conferenza stampa che si è svolta stamane -. È anche per questo che la programmazione delle iniziative di Confassociazioni per il 2017 e per i prossimi anni includerà una serie di progetti volti ad azioni concrete e condivise per un futuro di sviluppo e benessere del nostro Paese. Siamo in un momento cruciale in cui non possiamo sottrarci al nostro ruolo di azionisti del nostro Paese”.

I numeri della nostra crescita dimostrano che il nostro modello di rete si è dimostrato vincente – ha continuato Deiana -. In tre anni e mezzo siamo cresciuti oltre ogni nostra aspettativa. 273 organizzazioni professionali tra soggetti di primo e secondo livello che riuniscono più di 466mila professionisti, circa 122mila imprese (con dimensione media di 4,5 addetti) e rappresentano una parte fondamentale del sistema nervoso dell’economia italiana. Un sistema che genera il 9% del PIL del Paese (il 21% se si considerano le aziende collegate) di cui il 43% è fatto di professioniste donne e il 57% di professionisti maschi”.

Senza dimenticare – ha proseguito Deianache è di grande interesse anche la nostra distribuzione degli iscritti per fasce d’età. Una distribuzione che rende merito del nostro essere una parte importante della classe dirigente del nostro Paese”.

Questa, nello specifico, la distribuzione cui fa riferimento Deiana:

Fascia 1 – Tra 0 e 18 anni – 100 iscritti circa

Fascia 2 – Tra 18 e 24 anni – 7.000 iscritti circa

Fascia 3 – Tra 24 e 30 anni di età – 28.000 iscritti circa

Fascia 4 – Tra 30 e 36 anni di età – 27.000 iscritti circa

Fascia 5 – Tra 36 e 42 anni di età – 71.000 iscritti circa

Fascia 6 – Tra 42 e 48 anni di età – 101.000 iscritti circa

Fascia 7 – Tra 48 e 54 anni di età – 98.000 iscritti circa

Fascia 8 – Tra 54 e 60 anni di età – 72.000 iscritti circa

Fascia 9 – Tra 60 e 66 anni di età – 61.000 iscritti circa

Fascia 10 – Tra 66 e 100 anni di età – 5.000 iscritti circa

È per questo che Confassociazioni ha condiviso e deciso di mettere in campo iniziative così importanti per i prossimi anni con la piena consapevolezza che il peso della responsabilità aumenta notevolmente. Il progetto Fondazione, il progetto Previdenza, il progetto Accademia della Politica e della Rappresentanza 4.0, il nuovo profilo di Confassociazioni Giovani con lo sviluppo della visione relativa alle Start-Up presentati oggi sono il frutto di un lavoro intenso, meditato e condiviso tra i vertici della Confederazione. Insomma abbiamo voluto delineare una programmazione ad hoc considerando le esigenze specifiche dei nostri professionisti, concreta rappresentanza di una parte fondamentale del sistema nervoso dell’economia italiana“, ha detto ancora Deiana.

Viviamo in un paese che non ha più una scuola alta di politica e noi abbiamo dei doveri nei confronti della nostra Italia. Con il progetto Accademia della Politica e della Rappresentanza 4.0 vogliamo formare la nostra dirigenza e soprattutto i giovani con appuntamenti formativi costanti e un confronto aperto, competente e adeguato con gli attori della politica“.

Confassociazioni ha nel proprio DNA la ricerca dell’innovazione calata nel panorama professionale del nostro Paese – gli ha fatto eco il Vice Presidente vicario della Confederazione, Riccardo Alemanno -. Ciò significa non solo fare rappresentanza per le problematiche di categoria, che ovviamente restano prioritarie per la nostra mission, ma cercare di contribuire, a 360 gradi, alla crescita culturale, umana e politica di coloro che formano o formeranno la cosiddetta classe dirigente. Da qui, l’ambizioso ma entusiasmante progetto dell’Accademia della Politica e della Rappresentanza 4.0, intesa come governo della polis per il bene comune, e cioè la politica nella sua accezione positiva. Un progetto, questo nostro, che vuole contribuire a colmare un pericoloso vuoto etico-culturale guardando all’evoluzione 4.0 che i nostri tempi dettano“.

Tra i punti cardine del mandato fin dal primo giorno – ha dichiarato Deianail progetto Fondazione è oggi diventato realtà. La costruzione di rapporti con grandi partner assicura quei contributi essenziali per procedere su questa linea“.

La costituzione dell’ente con il patrimonio necessario per la realizzazione degli scopi finalizzati al sostegno, sviluppo e crescita delle professioni regolamentate e sue rappresentanze di primo e secondo livello – ha aggiunto Franco Pagani, Vice Presidente Confassociazioni con delega a Giustizia e Università – è il naturale obiettivo come ha già affermato il presidente Deiana, che ci eravamo prefissati per dare concreto compimento attuativo agli scopi della nostra Confederazione. Alla rappresentanza, condivisione e sinergia di rete si aggiunge, quindi, il sostegno della Fondazione di Confassociazioni al fine di dare contenuti diretti di sviluppo e rilanciare il capitale intellettuale professionale nel ruolo di volano per l’intera economia del Paese“.

Lo vogliamo ribadire ancora una volta: noi siamo azionisti (e non obbligazionisti) del nostro Paese. La nostra visione e il nostro modus operandi guarda alla costruzione di ciò che è necessario per il futuro prossimo venturo piuttosto che proporre soluzioni emergenziali – ha concluso Deiana -. L’essere diretti, corretti, reputazionalmente solidi, il correre con i primi senza dimenticare gli ultimi rappresenta il fil rouge del tessuto umano e professionale della Confederazione tutta e di ogni suo singolo professionista aderente. E’ per questo che siamo pronti ad essere un punto di riferimento per i professionisti di tutto il Paese. Che sia una richiesta di visione, che sia la necessità di avere un fondo di previdenza complementare o un fondo sanitario, che sia costruire un orizzonte futuro come la Fondazione, la lezione è una sola: Noi ci siamo. Confassociazioni c’è”.

Confassociazioni: basta al gioco delle 3 carte con i professionisti

Le recenti misure a favore delle partite Iva? Utili, ma non sufficienti. È questa la sintesi del pensiero di Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, la più grande confederazione di associazioni professionali dei servizi all’impresa e delle professioni innovative.

La discesa al 25% dell’aliquota della Gestione Separata Inps non ci basta – ha dichiarato Deiana -. Metteremo la nostra crescita senza fine (261 associazioni, 460mila professionisti iscritti di cui 122mila imprese, ndr) a disposizione dell’equità tra categorie e dei nostri progetti per il futuro”.

Durava da almeno 3 anni la rivolta delle partite Iva sulla Gestione Separata Inps – ha proseguito Deiana -. Una battaglia finalmente vinta che nel 2017 vedrà la diminuzione dell’aliquota della Gestione Separata INPS dal 27 al 25%, così come approvato in via definitiva dalla Legge di Stabilità 2016. Sarebbe dovuta aumentare al 29% e addirittura al 33% nel 2018 sulla base di quanto previsto dalla Legge Fornero”.

È una vittoria epocale per tutti i professionisti a partita IVA perché finalmente Parlamento e Governo hanno deciso di modificare l’attuale, iniquo trattamento delle partite Iva rispetto agli altri lavoratori. Ma non è finita, perché esiste ancora una profonda disparità di trattamento con le altre categorie: c’è chi paga mediamente tra il 12% e il 14% (alcune casse professionali), chi come artigiani e commercianti il 23%, mentre i lavoratori dipendenti contribuiscono con il 9% e i datori di lavoro pagano tra il 18% al 24%. Non è finita perché stiamo ancora leggendo una vera e propria enciclopedia della diseguaglianza che non rispetta minimamente l’articolo 3 della Costituzione”.

È per questo che, pur avendo vinto la battaglia per la diminuzione dell’aliquota facendo rete con le altre organizzazioni del settore, non potremo accontentarci del risultato raggiunto finché non ci sarà equità a tutti i livelli – ha proseguito Deiana -. Ed è per questo che Confassociazioni continuerà a chiedere con forza un tavolo di analisi delle distorsioni e di ripensamento strategico della struttura della Gestione Separata per raggiungere orizzonti di piena equità sul piano previdenziale con le altre categorie”.

Anche perché, sottolineano da Confassociazioni, un’ingiustizia tira l’altra. Questo tavolo di equità non potrà non coinvolgere un altro importante provvedimento legislativo: il Jobs Act Lavoro Autonomo. Un provvedimento che, se approvato, darebbe luogo sia ad alcune misure importanti a favore delle nostre professioni, ma anche ad altre norme da “gioco delle 3 carte”, come quelle del testo approdato alla Camera che prevedono all’art. 5 la delega al Governo per la devoluzione di alcune funzioni della PA alle professioni ordinistiche e l’obbligo del fascicolo del fabbricato per gli immobili del nostro Paese.

Siamo alle solite – ha ribadito Deiana -, perché dietro un fine ipoteticamente positivo (il fascicolo del fabbricato), si maschera una tassa occulta per tutti i condomini del Paese che dovranno pagare una specie di ulteriore Imu a tutte le professioni tecniche (ingegneri, architetti, geometri, eccetera) per la tenuta di un documento senza fine e senza scopo se non quello di una ulteriore e spesso inutile ristrutturazione che provocherà altre spese per il povero proprietario/condomino che ha un solo personale cruccio: la proprietà di una casa”.

E che dire della prevista devoluzione di funzioni pubblicistiche dello Stato alle professioni ordinistiche prevista sempre dall’art. 5 del Jobs Act del Lavoro Autonomo – ha incalzato il presidente di Confassociazioni? Intanto, la prima domanda è: perché la devoluzione è dedicata solo alle professioni ordinistiche e non anche alle professioni associative di cui alla Legge 4/2013? Che differenza reale c’è? Siamo ancora una volta considerate professioni di serie B?”.

La verità è che molte delle attuali professioni ordinistiche dovrebbero essere ‘falcidiate’ nel 2018 dall’applicazione del cosiddetto ‘esercizio di trasparenza’ previsto dalla Direttiva Ue 55/213, un’attività svolta da Presidenza del Consiglio e Commissione Ue per valutare l’effettiva necessità di una regolamentazione restrittiva del settore rispetto a quella di mercato. Quali conseguenze concrete? La futura, possibile eliminazione della regolamentazione di una serie di professioni e dei relativi organismi di direzione, centrali e territoriali”.

Carta vince, carta perde. Ecco il vero trucco di questo gioco delle 3 carte e lo scopo reale della devoluzione di funzioni pubblicistiche prevista dal Jobs Act del Lavoro Autonomo: rimpinguare sul piano pubblicistico le funzioni di certe professioni per continuare a procrastinare un’esistenza che non avrebbe più ragione di essere in base alle norme previste dalla Direttiva Ue ricordata”.

Noi di Confassociazioni non ci stiamo – ha affermato con determinazione Deiana -. Non possiamo continuare a far pagare ancora una volta ai giovani del futuro i problemi corporativi generati da altri nel passato”.

Ecco perché – ha concluso il presidente di Confassociazionimetteremo i numeri concreti della nostra, straordinaria crescita a disposizione di queste ulteriori battaglie di equità a e dei nostri progetti per il futuro. Entro il mese di gennaio presenteremo ai nostri associati e ai media una serie di grandi iniziative che avranno l’obiettivo di rendere la nostra Confederazione una piattaforma collaborativa sempre più in grado di aggregare organizzazioni professionali dense di competenze e capacità da mettere a disposizione della ripresa del nostro Paese”.