Pensioni, all’Ape sociale possono accedere gli agricoltori

L’ape sociale è l’anticipo pensionistico a cui possono accedere lavoratori che si trovano in situazione di difficoltà, ad esempio disoccupati, ma anche coloro che svolgono lavori gravosi. Sui beneficiari di tale opzione vi sono numerosi dubbi, molti si chiedono: ma gli agricoltori possono accedere aquesta misura? Ecco come funziona l’anticipo pensionistico per gli agricoltori.

Ape sociale per gli agricoltori, chi può accedere all’anticipo pensionistico?

L’anticipo pensionistico consente a coloro che svolgono lavori gravosi di andare in pensione a 63 anni di età, quindi in anticipo rispetto a quelli che sono i requisiti richiesti dalla legge Fornero. Precisano Inps e Inail che tale opportunità si riconosce sia ai lavoratori agricoli dipendenti, sia ai lavoratori autonomi.

I lavoratori del settore agricolo per poter accedere all’anticipo pensionistico Ape Sociale, oltre ad aver compiuto 63 anni di età, devono anche avere maturato un’anzianità contributiva di almeno 36 anni. Questo requisito può essere ridotto fino a due anni per le donne con figli.

Per poter accedere all’Ape Sociale il lavoratore non deve aver maturato tutta l’anzianità contributiva nel settore agricolo, infatti basta che il lavoratore abbia svolto il lavoro gravoso per 6 anni negli ultimi 7 o per 7 anni negli ultimi 10 al momento della presentazione della richiesta di Ape Sociale.

Quanto ricevono gli agricoltori con l’anticipo pensionistico?

Una volta inoltrata la domanda per accedere all’anticipo pensionistico, l’Inps verifica che il lavoratore abbia tutti i requisiti per potervi accedere.

Chi accede riceve una rata mensile pari all’ammontare della pensione maturata, comunque l’importo non può essere maggiore rispetto a 1.500 euro. Non si tratta di una vera pensione, infatti l’importo negli anni non si rivaluta. Al maturare dei requisiti per il vero e proprio pensionamento, vengono effettuati nuovamente i calcoli degli importi e si ottiene l’assegno pensionistico definitivo che può subire di anno in anno rivalutazione in base all’inflazione.

Leggi anche: Ape Sociale: entro il 31 marzo 2023 deve essere chiesto il certificato Inps

Ape sociale 2023: requisiti e termini per la richiesta

Isopensione 2023: chi può accedere e a quanto ammonta?

L’isopensione 2023 consente di andare in pensione con 7 anni di anticipo rispetto alla pensione ordinaria, può essere però richiesta solo in alcuni casi. Attualmente è prevista la possibilità di accedere all’isopensione fino al 2026, ma ecco le caratteristiche di questo particolare trattamento pensionistico.

Isopensione 2023 o indennità di accompagnamento alla pensione

L’anticipo pensionistico isopensione 2023 non è una vera e propria pensione, ma un’indennità di accompagnamento alla pensione. Il trattamento è disciplinato dall’articolo 1, comma 160 della legge 205/2017 e spetta:

  • ai lavoratori delle aziende che operano nel settore privato e che abbiano almeno 15 dipendenti.

Sono però necessarie ulteriori condizioni e in particolare:

  • per gli uomini avere maturato 42 anni e 10 mesi di contributi;
  • per le donne 41 anni e 10 mesi di contributi.
  • Deve inoltre essere rispettata una finestra di 3 mesi per la richiesta del pensionamento.

Affinché i lavoratori possano accedere all’isopensione 2023 è comunque necessario un accordo di esodo. La normativa prevede che ci sia un accordo tra aziende e le organizzazioni più rappresentative a livello aziendale, per una procedura di licenziamento anche collettivo, ai sensi della legge 223/1991 o per lavoratori in esubero. Purtroppo non è frequente l’accesso a questa forma di accompagnamento alla pensione in quanto il costo è a carico dell’azienda, che deve versare al dipendente l’importo mensile e i contributi figurativi fino al momento in cui il dipendente accederà realmente alla pensione. Inoltre al momento in cui l’iter burocratico con l’Inps si conclude positivamente, l’azienda deve presentare una fideiussione bancaria corrispondente alle somme da versare ai dipendenti.

Differenza tra pensione e isopensione

Per i lavoratori vi è il vantaggio rappresentato dal fatto che non c’è alcuna perdita sull’assegno pensionistico che viene calcolato sui contribuiti effettivamente versati.

Rispetto alla pensione vi sono comunque delle differenze perché sugli importi non vi è diritto alla reversibilità, come invece avviene sulla pensione vera e propria, non si possono ottenere assegni familiari, non si può richiedere la cessione del quinto. Agli importi viene inoltre applicata la tassazione ordinaria.

Per conoscere altre possibilità di pensione anticipata leggi gli articoli:

Opzione donna 2023: è possibile presentare domanda

Ape Sociale: entro il 31 marzo 2023 deve essere chiesto il certificato Inps

Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

 

Come andare in pensione nel 2023? Ecco le opzioni

Sono molti i lavoratori in procinto di maturare i requisiti per la pensione che stanno cercando una via d’uscita dal mondo del lavoro il più possibile vicina, vediamo ora tutte le possibilità per andare in pensione nel 2023.

In pensione nel 2023 con la legge Fornero

Dal punto di vista economico la soluzione migliore è la Legge Fornero. Si tratta della legge base o ordinaria per andare in pensione. In questo caso l’uscita è prevista a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi. In alternativa è possibile andare in pensione a qualsiasi età con 42 anni e 10 mesi di contributi (conta tutta la contribuzione) per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il calcolo della pensione viene fatto applicando sia il sistema contributivo sia il sistema retributivo e dal punto di vista economico è la soluzione migliore.

Chi invece vuole uscire prima dal mondo del lavoro può approfittare degli scivoli pensionistici messi a disposizione.

Pensione anticipata flessibile

Il primo è generalmente denominato Quota 103, ma il disegno di legge di bilancio 2023 lo rubrica “pensione anticipata flessibile” prevede la possibilità di uscita dal mondo del lavoro con un’età anagrafica di almeno 62 anni e un requisito contributivo minimo di 41 anni. In questo caso l’importo lordo mensile massimo non può essere superiore a 5 volte il trattamento pensionistico minimo per tutto il periodo mancante alla maturazione dei requisiti per andare in pensione con la legge Fornero. Chi è iscritto a due o più gestioni previdenziali e non percepisce l’assegno pensionistico da nessuna di esse, ha la facoltà di cumulare i periodi assicurativi al fine di raggiungere il requisito contributivo.

Per chi opta per la pensione anticipata flessibile la decorrenza matura trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti. I dipendenti pubblici che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2022 potranno andare in pensione dal 1° agosto 2023, quelli che invece maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023, a partire da sei mesi dalla maturazione e non prima del 1° agosto 2023.

Ape Sociale per andare in pensione nel 2023

L’ulteriore possibilità è l’Ape Sociale che non cambia requisiti rispetto al passato e spetta a:

  • disoccupati;
  • care givers;
  • soggetti che hanno svolto lavori gravosi;
  • disabili.

Le condizioni di accesso all’Ape Sociale per queste tipologie di lavoratori sono diverse e invitiamo alla lettura dell’articolo: APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

Opzione donna

Opzione donna è lo scivolo pensionistico pensato per le donne lavoratrici. Dal 1° gennaio 2023 cambiano però i requisiti anagrafici per le donne. Potranno accedervi le donne a 60 anni se non hanno figli, 59 anni se hanno un figlio, 58 anni se hanno due o più figli. Per poter andare in pensione con Opzione donna servono 35 anni di contributi.

Per conoscere i dettagli, si invita alla lettura dell’articolo: Opzione donna: cosa cambia dal 2023 per chi vuole andare in pensione.

Per chi ha perso il lavoro c’è la possibilità di accedere all’anticipo pensionistico RITA. In questo caso è possibile leggere la guida: RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

 

Ape sociale e reddito di cittadinanza, si possono percepire insieme?

Si possono percepire insieme sia la pensione con Ape sociale che il reddito di cittadinanza? Il rapporto tra le due indennità non prevede limitazioni. Infatti, il decreto legge numero 4 del 2019, che ha istituito il reddito di cittadinanza, non ha previsto alcuna forma di incompatibilità e, pertanto, di incumulabilità sia parziale che totale, con l’anticipo pensionistico. Ma è necessario fare alcune precisazioni importanti sull’importo del reddito di cittadinanza che risulta influenzato dalla percezione della pensione con Ape sociale.

Compatibilità e cumulabilità dell’Ape sociale con Naspi, Dis coll, Iscro e reddito di emergenza

Inoltre, altri per altri trattamenti corrisposti dall’Inps, come il reddito di emergenza, la Naspi, la Dis coll e l’Iscro, è necessario prestare attenzione sulla compatibilità e cumulabilità con l’Ape sociale. L’eventuale percezione di uno di questi trattamenti non avendone diritto perché già beneficiari dell’Ape sociale, comporta la situazione di percezione indebita e di recupero da parte dell’Inps.

Compatibilità di reddito di cittadinanza, Naspi, Dis coll, Ape sociale: i riferimenti normativi

Sulla compatibilità del reddito di cittadinanza e dell’Ape sociale, la disciplina di riferimento è contenuta nel comma 8, dell’articolo 2 del decreto legge numero 4 del 2019. La norma stabilisce che “il reddito di cittadinanza è compatibile con il godimento della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi) e dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata (Dis coll), di cui rispettivamente all’articolo 1 e all’articolo 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, numero 22, e di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria ove ricorrano le condizioni di cui al presente articolo. Ai fini del diritto al beneficio e della definizione dell’ammontare del medesimo, gli emolumenti percepiti rilevano secondo quanto previsto dalla disciplina dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee)”.

Prendere la pensione con Ape sociale è rilevante per la concessione del reddito di cittadinanza?

Il contribuente che percepisce, dunque, la pensione con l’anticipo pensionistico sociale può aver diritto a ricevere anche il reddito di cittadinanza. Di conseguenza, non essendoci una norma che vieti espressamente la contemporanea fruizione dei due istituti, i due trattamenti si possono considerare compatibili. Infine, nell’erogazione dell’Ape sociale, l’Inps valuta preventivamente la presenza di specifici requisiti da parte del richiedente. Tuttavia, l’importo dell’anticipo pensionistico va a concorrere a formare il reddito della famiglia. E, pertanto, incide sull’importo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee). La fruizione dell’anticipo pensionistico sociale va a incidere direttamente sia sul diritto a ricevere il reddito di cittadinanza, sia sul suo importo mensile.

Pensioni con anticipo pensionistico sociale e reddito di emergenza: i rapporti

Peraltro, anche altri istituti si possono mettere in relazione con la fruizione del trattamento pensionistico Ape sociale. Ad esempio, il reddito di emergenza (Rem). Questa prestazione è stata introdotta a favore di specifici nuclei familiari in condizioni di necessità derivante dall’emergenza sanitaria ed economica conseguente alla pandemia di Covid-19. Il trattamento emergenziale è stato introdotto dall’articolo 36 del decreto legge numero 73 del 25 maggio 2021, poi convertito nella legge numero 106 de 23 luglio 2021. Ad oggi non è stato più reintrodotto questo istituto. Ma sono ancora in corso di pagamento alcune rate.

Chi prende già l’anticipo pensionistico sociale può ricevere anche il reddito di emergenza (Rem)?

Differentemente dal reddito di cittadinanza, chi percepisce già la pensione con Ape sociale non ha diritto a ricevere anche il reddito di emergenza. Infatti, la fruizione dell’indennità previdenziale comporta il venir meno del presupposto alla base del reddito di emergenza. Ovvero la situazione di difficoltà economica nella quale può venirsi a trovare una famiglia in conseguenza dell’emergenza sanitaria. In tal senso, emerge la funzione dell’Ape sociale quale indennità di accompagnamento del contribuente alla pensione di vecchiaia.

Perché il percettore dell’Ape sociale non può prendere il reddito di emergenza (Rem)?

Il sostegno del reddito di emergenza è riconosciuto in presenza di specifici requisiti e comporta la percezione di un importo mensile da parametrarsi in base alla situazione del percettore. L’importo massimo che l’Inps eroga come Ape sociale può arrivare a 1.500 euro lordi. Nel caso in cui dei contribuenti avessero percepito il reddito di emergenza in presenza dell’Ape sociale, i due trattamenti si sovrapporrebbero. Pertanto, ciò costituirebbe una prestazione indebita che comporterebbe il recupero da parte dell’Inps di quanto non dovuto.

Ape sociale, si può prendere insieme anche l’Iscro?

Particolare attenzione deve essere prestata da chi percepisce l’Iscro, l’indennità prevista dai commi da 386 a 400 della legge numero 178 del 2020. La circolare dell’Inps numero 94 del 30 giugno 2021 ha chiarito che la percezione dell’anticipo pensionistico sociale e l’Iscro sono incompatibili. Anche in questo caso, la percezione indebita comporta il recupero da parte dell’Inps.

 

Ape sociale, ecco i nuovi chiarimenti dell’Inps su chi può andare in pensione

Sono arrivati, nella giornata di ieri, 25 maggio 2022, i nuovi chiarimenti dell’Inps in merito alle pensioni con uscita mediante l’opzione Ape sociale. Si tratta della circolare numero 62 recante il “posticipo del termine di scadenza della sperimentazione e modifiche alle disposizioni in materia di ape sociale di cui all’articolo 1, commi da 179 a 186, della legge 11 dicembre 2016, numero 232 (legge di Bilancio 2017) e successive modificazioni. Istruzioni applicative e chiarimenti in materia”. Tra le ultime novità, la possibilità per i lavoratori di andare in pensione con l’Ape sociale anche se l’impresa cessa l’attività e i requisiti ridotti dei lavoratori addetti al settore edile.

Pensioni Ape sociale: posticipata la scadenza della misura al 31 dicembre 2022

Al primo punto della circolare dell’Inps, c’è il posticipo della scadenza della misura previdenziale dell’Ape sociale al 31 dicembre 2022. E, pertanto, il periodo di sperimentazione dell’Ape sociale terminerà alla fine di quest’anno. Non cambiano le date per presentare le domande e per la verifica delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps dei richiedenti.

Pensioni Ape sociale: non si fa più riferimento ai tre mesi per chi è disoccupato

Tra le novità chiarite dall’Inps, figura l’eliminazione del periodo di tre mesi dello stato di disoccupazione. Pertanto, la categoria ammessa all’uscita anticipata dei disoccupati, non dovrà più fare riferimento al requisito temporale della condizione di disoccupazione “da almeno tre mesi”. Il chiarimento è a favore dei disoccupati per:

  • cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo;
  • dimissioni per giusta causa;
  • risoluzione consensuale;
  • scadenza del rapporto di lavoro con contratto a tempo determinato.

Tutte queste categorie potranno presentare domanda di verifica dei requisiti per la pensione Ape sociale senza dover attendere il decorso dei tre mesi dal termine di fruizione della prestazione di disoccupazione.

 Nuovo elenco delle mansioni gravose: ecco le ultime novità

Tra le mansioni ammesse alle pensioni con Ape sociale rientrano quelle gravose. Di conseguenza, a decorrere dallo scorso 1 gennaio, possono presentare domanda di uscita con Ape sociale i lavoratori alle dipendenze rientranti nelle categorie lavorativa gravose. Tali categorie sono previste dalla legge di Bilancio 2022 ed elencate nell’Allegato 3 della stessa legge. Tale elenco aggiorna e sostituisce le categorie di lavori gravosi elencati nell’Allegato A del decreto interministeriale del 5 febbraio 2018. La circolare Inps, peraltro, allega l’elenco aggiornato di tutte le professioni che possono andare in pensione con l’Ape sociale.

Quali categorie di lavoratori gravosi accedono alle pensioni Ape sociale con 32 anni di contributi?

Tra le professioni gravose ammesse all’uscita con Ape sociale, vi sono categorie che possono beneficiare dello sconto degli anni di contributi (da 36 a 32 anni) secondo quanto prevede il comma 92, dell’articolo 1, della legge di Bilancio 2022. In particolare, chiarisce l’Inps, per gli operai edili “come indicati nel contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili ed affini, per i ceramisti (classificazione codice Ateco Istat 6.3.2.1.2) e per i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta (classificazione codice Ateco Istat 7.1.3.3) il requisito dell’anzianità contributiva di cui alla medesima lettera d) è di almeno 32 anni”. Pertanto, l’Inps chiarisce che i ceramisti e gli operai edili che possono beneficiare dello sconto di contributi sono quelli individuati dall’allegato 3 alla legge di Bilancio 2022, dove non sono indicati codici specifici del settore edile.

Pensioni Ape sociale: come presentare domanda di uscita e utilizzare i nuovi moduli messi a disposizione dall’Inps

Per presentare domanda di uscita con Ape sociale, i contribuenti interessati devono compilare i nuovi modelli di accesso alla misura di pensione e ai moduli per le attestazioni dei datori di lavoro. In particolare, i nuovi modelli di domanda sono reperibili accedendo al portale dell’Inps, nelle sezioni consecutive:

  • “Prestazioni e servizi”;
  • “Prestazioni”;
  • “Ape sociale – Anticipo pensionistico”;
  • “Accedi al servizio”.

Per la richiesta di uscita con i requisiti delle professioni gravose, i moduli si trovano al seguente percorso sul sito dell’Inps:

  • “Prestazioni e servizi”;
  • “Moduli”.

I nuovi modelli di domanda recepiscono le novità introdotte dalla legge di Bilancio 2022.

Quali sono i nuovi modelli da utilizzare per andare in pensione con l’Ape sociale?

Nel dettaglio, i modelli di domanda da scaricare dal sito Inps per la pensione Ape sociale riguardano:

  • modello AP148, denominato “Attestazione datore di lavoro per la richiesta dell’APE Sociale in relazione alle attività lavorative di cui all’allegato 3 della legge 30 dicembre 2021, numero 234”;
  • modulo AP149, denominato “Attestazione datore di lavoro domestico per la richiesta dell’APE Sociale in relazione alle attività lavorative di cui all’allegato 3 della legge 30 dicembre 2021, numero 234”.

Presentazione domanda di pensione Ape sociale: ecco le scadenze del 2022

In merito alle scadenze per la presentazione delle domande di pensione con Ape sociale per l’anno in corso, la circolare Inps ricorda che le istanze dovranno essere inoltrate entro:

  • il 31 marzo 2022 e verifica delle condizioni delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps entro il 30 giugno 2022;
  • il 15 luglio 2022 e verifica delle condizioni delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps entro il 15 ottobre 2022; +
  • la verifica delle condizioni delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps presentate dopo il 15 luglio ma non oltre il 30 novembre avverrà entro il 31 dicembre. La terza domanda dell’anno verrà accolta salvo la rimanenza delle necessarie risorse finanziarie.

Pensioni con la rendita anticipata, la soluzione è il potenziamento della misura?

 

Ci sono misure introdotte dal nostro ordinamento che permettono un pensionamento anticipato anche se non sono strettamente previdenziali come le considerano gli italiani. Non sono misure tipiche, cioè previste dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale italiano. Per esempio, c’è la Rita, ovvero la rendita integrativa temporanea anticipata. Siamo nel campo della previdenza integrativa, nei fondi pensione. E sul quotidiano il Sole 24 Ore si mette in risalto il fatto che la Rendita anticipata potrebbe essere la soluzione ideale per mettere mano al sistema e dotarlo di forma di pensionamento anticipato. Potenziare la Rita, di questo si tratta.

Come funziona la Rita, la rendita anticipata in sintesi

La Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, questo è l’acronimo di Rita. Uno strumento che permette di anticipare in maniera frazionata o intera, l’importo spettante per quanto versato nel fondo previdenziale integrativo prescelto. In pratica, si può anticipare la rendita per il periodo temporale che va  dalla data di  accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica utile alla pensione di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio di appartenenza, in questo caso l’Inps.

Alcuni requisiti specifici per la Rita e per le pensioni integrative

Per avere diritto all’anticipazione della rendita, dal punto di vista dei requisiti occorre dire che servono non meno di 5 anni di versamenti al fondo pensionistico complementare. Inoltre, occorre chiudere l’attività lavorativa, trovarsi a 5 anni dalla pensione di vecchiaia ed avere almeno 20 anni di contributi versati al fondo previdenziale obbligatorio, cioè l’Inps. In alternativa possono essere validi 24 mesi di disoccupazione certificata, e in questo caso, il trovarsi a 10 anni dal raggiungimento della pensione di vecchiaia come prevista dall’Inps. Le pensioni con la rendita integrativa possono essere una soluzione.

Capitale o rendita? Il dubbio degli italiani

Una delle critiche che analisti e tecnici producono al sistema della previdenza integrativa è la maggiore convenienza dei cittadini a riscattare il capitale piuttosto che scegliere la rendita. Infatti come silegge in un articolo guida del Sole 24 Ore, gli iscritti ai fondi pensione preferiscono il capitale alla rendita. E sul quotidiano economico politico vengono messi in luce anche i possibili motivi. Infatti pare che siano sui i tassi di sostituzione che restano piuttosto elevati, le motivazioni della scelta che la maggior parte degli italiani aderenti ai fondi integrativi, fanno.

Rendita integrativa come funziona

Va ricordato che i fondi pensione alternativi, complementari o integrativi servono ai lavoratori per incrementare il reddito una volta in pensione. E fanno da ammortizzatore alla piega che sta prendendo il sistema pensioni nostrano, nel senso che la riduzione delle coperture Inps viene sanata proprio dai fondi integrativi. Chi sceglie di versare nella previdenza complementare infatti, non fa altro che mettere le mani avanti per il futuro, puntando ad una forma di integrazione di quella pensione che tutti reputano piuttosto bassa quando è il momento di lasciare il lavoro.

I tassi di sostituzione per le rendite sono un tarlo del funzionamento della previdenza complementare

Tornando ai tassi di sostituzione, è l’argomento scottante dello scarso funzionamento di questi strumenti nel Bel Paese. Ciò che stride è che nel calcolare il tasso di sostituzione da applicare,  questi fondi considerano una aspettativa di vita che secondo molti è troppo elevata rispetto alla realtà. I fondi in pratica fanno ciò che fa la previdenza obbligatoria con i coefficienti di trasformazione. Più si vive meno si prende e quindi anche nella previdenza complementare prima si sfrutta la rendita meno si percepisce, spingendo i più ad optare per il capitale in unica soluzione.

La gente sceglie più il capitale che la rendita, ecco perchè

Infatti in Italia i fondi integrativi vengono percepiti quasi come un surplus di TFR rispetto ad un surplus di rateo mensile di pensione. In altri termini, chi ha versato nella previdenza integrativa sceglie, nel momento in cui lascia il lavoro, di prendere tutto il capitale versato come fosse una buonuscita o un Trattamento di fine rapporto o servizio. Ma in origine i fondi integrativi erano strumenti che puntavano a sostenere i ratei di pensione futuri, non una specie di salvadanaio per aumentare le liquidazioni al termine del rapporto di lavoro.

Cosa si studia per il futuro

Potenziare la rendita e farla diventare più appetibile sarebbe la via che il governo dovrebbe prendere. Per far somigliare, sempre come si legge sul Sole 24 Ore, la Rita alle misure estere più conosciute. La partenza sarebbe il favorire l’erogazione diretta delle rendite, “confermando gli obblighi specifici di riassicurazione per l’eccessiva longevità”. Ma c’è anche una variazione strutturale che è possibile adottare. In questo caso si tratta di rendite variabili. Un assegno mensile di elevato importo alla data di decorrenza, ma che poi si adegua con il tempo alla mutualità della situazione contingente, con rivalutazioni attive per i pensionati o anche passive.

L’esempio della previdenza integrativa all’estero

All’estero queste rendite integrative a liquidazione variabile sono già presenti e diffuse sempre di più. Ma dall’estero non è azzardato pensare di copiare i versamenti integrativi a formula collettiva. Puntare sulla previdenza integrativa come la Rita per svoltare e risolvere le bene del sistema pensionistico italiano potrebbe essere una soluzione assai fattibile. C’è chi pensa per esempio ad una variazione radicale. Si arriverebbe a fornire tramite la Rita, le soluzioni per il pensionamento anticipato degli italiani, lasciando in capo all’Inps solo le misure di pensionamento ordinario, cioè le pensioni di vecchiaia a 67 anni con 20 anni di contributi o le pensioni anticipate con 42 anni e 10 mesi di versamenti. Un cambio di rotta che però appare difficile visto che c’è chi non vede di buon occhio questa rivoluzione.

Pensioni: uscita per i nati fino al 1959: il 2022 l’anno buono, ecco le informazioni

Niente di particolarmente rilevante è stato introdotto per le pensioni dalla legge di Bilancio 2022. Le attese sono state vane per chi credeva di trovare nel pacchetto previdenziale della manovra, qualcosa che agevolasse l’uscita dal mondo del lavoro.  Escludendo la nuovissima quota 102, che poi è una rivisitazione di quota 100 con una età pensionabile più alta, poco è cambiato. In effetti le misure che consentono l’uscita dal mondo del lavoro nel 2022 sono più o meno le medesime del 2021.

Confermate Ape sociale e opzione donna, così come le pensioni di vecchiaia ordinarie e le anticipate, oppure quota 41 e diversi scivoli. Fino al 1959 come anno di nascita, non sono poche le misure potenzialmente fruibili da chi intende uscire dal mondo del lavoro nel 2022.

Ecco una sintetica ma approfondita guida a ciò che l’attuale normativa vigente prevede.

Pensioni nati nel 1959 o prima, le varie possibilità

Escludendo lo stop a quota 100 con la sua uscita a 62 anni di età, per il resto tutto è rimasto inalterato nel sistema previdenziale italiano. La nuova quota 102 ha sostituito di nome e di fatto la quota 100. Servono anche nel 2022 gli stessi anni di contributi versati, cioè 38 anni. E come quota 100 anche quota 102 ha il vincolo del divieto di cumulo (fino al compimento dei 67 anni di età),  con redditi da lavoro diversi da quelli da lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro annui.

Anche la quota 102 ha le finestre di e mesi nel settore privato e di 6 mesi nel Pubblico impiego che spostano la decorrenza della prestazione. L’unica novità è che l’età pensionabile minima sale da 62 a 64 anni. Due anni più in là quindi, con le uscite 2022 che diventano appannaggio per chi è nato nel 1958. Possono uscire quelli che completano la combinazione 64+38 entro la fine del 2022, dal momento che la misura nasce sperimentale per soli 12 mesi (dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022).

La pensione per i contributivi con 20 anni di versamenti

A 64 anni e quindi anche per i nati fino al 1958, si può centrare anche una uscita a 64 anni con solo 20 anni di contributi. In questo caso parliamo della pensione anticipata contributiva, che permette le uscite se la pensione liquidata alla data di decorrenza è pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale 2022, quindi circa 1.300 euro al mese (pensione lorda).

Ma occorre pure che il primo contributo versato sia non antecedente il primo gennaio 1996, poiché si tratta di una misura destinata ai cosiddetti contributivi puri.

Per i nati fino al 1959, l’Ape sociale resta un fattore per le pensioni

Il nato nel 1960 rappresenta l’identikit perfetto di chi è stato penalizzato dalla chiusura al 31 dicembre scorso di quota 100. Infatti, se fosse rimasta attiva la misura, questi lavoratori avrebbero potuto sfruttare il canale di uscita agevolato come hanno fatto i nati nel 1959 fino al 31 dicembre scorso.

Proprio i nati nel 1959 che non sono riusciti a rientrare nella quota 100, magari perché si trovavano con meno dei 38 anni di contributi accumulati entro la fine del 2021, nel 2022 potranno sfruttare l’Ape sociale per uscire dal lavoro nonostante la fine di quota 100.

Come funziona l’Ape sociale 2022

È stata infatti confermata l’uscita a partire dai 63 anni con l’Anticipo pensionistico sociale, cioè con l’Ape social. I nati nel 1959 che nel 2022 compiranno, come logica vuole, 63 anni di età, potranno sfruttare l’Ape sociale. Oltre ai già citati  63 anni di età servono almeno 30 anni di contributi. Questo per chi è disoccupato. Stessa cosa per chi è invalido. E ancora, identica possibilità  per chi è soggetto con invalido a carico. Il disoccupato non deve più, essere, da tre mesi privo di Naspi, dopo averla percepita per tutte le mensilità spettanti. Infatti la legge di Bilancio ha cancellato questo paletto.

L’invalidità per l’Ape sociale invece, deve essere pari ad almeno il 75%. Per i cosiddetti caregivers, cioè per chi assiste un familiare invalido grave, residente con lui e a suo carico, tale assistenza deve essere iniziata da almeno 6 mesi prima della domanda di Ape sociale.

Servono 36 anni per uscire con l’Ape sociale come lavoro gravoso. Chi svolge una delle tante attività gravose oggi previste (erano 15 fino all’ultima legge di Bilancio che ne ha allargato il campo a moltissime altre attività), può uscire con 63 anni di età e 36 di contributi, purché tale attività lavorativa sia stata svolta per 6 degli ultimi 7 anni di carriera o per 7 degli ultimi 10.

Solo per alcune categorie, come edili o ceramisti, la soglia scende a 32 anni. Va ricordato che la pensione con l’Ape sociale presenta alcune particolarità molto importanti. Infatti si tratta di una prestazione erogata su 12 mensilità, non reversibile, erogata solo fino ai 67 anni di età e neutra dal punto di vista delle maggiorazioni e degli assegni familiari.

Pensioni anticipate 2022: tra novità e proroghe che misure restano?

Il sistema previdenziale italiano su cui si attendeva una profonda riforma, resta ancora agganciato a quanto previsto dalla legge Fornero nel 2011. Infatti la legge di Bilancio non ha introdotto sostanziali novità sulle pensioni, se si esclude una nuova misura, la quota 102, che però è una riproposizione di quota 100, con una età pensionabile più elevata.

Per il resto, tutto come prima, perché altre due misure che scadevano il 31 dicembre 2021 come la quota 100 poi cessata, sono state invece prorogate. Parliamo di Ape sociale e Opzione donna. Ma non sono solo queste le misure di pensionamento anticipato che saranno fruibili nel 2022. Ecco una dettagliata guida alle varie possibilità.

Pensioni 2022, i canali ordinari

Che la legge Fornero sia tutt’oggi viva e vegeta in materia previdenziale è un dato oggettivo. Infatti dal 2011 le due misure ordinarie sono rimaste la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Quest’ultima fu introdotta proprio dalla legge Fornero in sostituzione della pensione di anzianità. E come la precedente, anche la pensione anticipata è rimasta slegata da qualsiasi collegamento a limiti di età dei potenziali beneficiari.

Nel 2022 con la pensione anticipata ordinaria si può lasciare il lavoro con 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne e con 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Pochi i vincoli, perché come detto non esistono limiti anagrafici. I contributi utili sono tutti quelli a qualsiasi titolo versati, ma di questi, 35 anni devono essere effettivi, ovvero al netto dei contributi figurativi da disoccupazione indennizzata o da malattia.

L’altra misura canonica del sistema è la pensione di vecchiaia ordinaria. Bastano 20 anni di contributi versati e una età pensionabile di 67 anni. In questo caso zero differenze di genere e pochi vincoli, con la contribuzione utile che è quella a qualsiasi titolo versata.

La nuova quota 102

Nel 2022 e solo per il 2022, ecco la quota 102. Una misura che ricalca fedelmente la quota 100, di cui si differenzia solo per l’età minima di uscita che passa dai 62 anni ai 64 anni. Con la quota 102 si può lasciare il lavoro se nel corso del 2022 si completano le combinazioni 64+38, 65+38 o 66+38, dove il 38, numero comune a tutte e tre le combinazioni, è quello degli anni di contribuzione necessaria.

La stessa età contributiva di quota 100  quindi. Ma la vecchia misura aveva due combinazioni in più, cioè 62+38 e 63+38. Chi è riuscito a completare queste due combinazioni entro il 31 dicembre del 2021, potrà beneficare ancora di quota 100. Infatti chi si trova in questa condizione può beneficiare della cristallizzazione dei requisiti.

Anche in questo caso 35 dei 38 anni di versamenti contributivi necessari devono essere effettivi. La pensione prevede le finestre di uscita.  I lavoratori del settore privato vedono la decorrenza della prestazione partire 3 mesi dopo la data di maturazione dei requisiti. I lavoratori del settore pubblico invece devono aspettare 6 mesi dalla maturazione del diritto per il primo rateo di pensione. Solo nel comparto scuola le finestre non incidono. Questo perché in quel particolare settore i pensionamenti sono collegati all’anno scolastico e non all’anno solare o alla data di maturazione dei requisiti.

Confermato per la misura, anche il divieto di cumulo con redditi da lavoro ad esclusione dei redditi da lavoro autonomo occasionale fino al tetto massimo di 5.000 euro per anno. Il divieto di cumulo resta in vigore fino al compimento dei 67 anni di età.

La pensione anticipata contributiva, via dal lavoro a 64 anni

Se 64 anni è l’età minima per la quota 102, lo è anche per una misura strutturale del sistema, la pensione anticipata contributiva. La misura, destinata a chi è privo di versamenti nel sistema retributivo, è condizionata da una serie di fattori.  Primo tra tutti lo status di contributivo puro.

Va ricordato che per contributivo puro si intende quel lavoratore la cui carriera è iniziata dopo il 31 dicembre 1995. Si tratta dell’ultimo anno prima dell’avvento della riforma delle pensioni di Lanfranco Dini e del suo sistema contributivo.

Per avere accesso alla pensione anticipata contributiva occorre:

  • Non avere versamenti di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo prima del 1°gennaio 1996;
  • Avere almeno 64 anni di età compiuti;
  • Avere almeno 20 anni di contribuzione previdenziale versata;
  • Ottenere una pensione liquidata alla data di uscita, pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale valido per l’anno in cui si lascia il lavoro (più o meno 1.290 euro al mese di pensione lorda).

Ape sociale 2022, le pensioni a 63 anni

Una delle misure che permettono uscite anticipate è senza dubbio l’Ape sociale. Si tratta dell’Anticipo pensionistico a carico dello Stato, che consente uscite già a partire dai 63 anni di età. La misura è destinata a quattro categorie di potenziali beneficiari. Infatti abbiamo:

  • Disoccupati;
  • Caregivers;
  • Invalidi;
  • Lavori gravosi.

Per i disoccupati servono:

  • Almeno 63 anni di età;
  • Almeno 30 anni di contributi;
  • Almeno 3 mesi di distanza dall’ultima rata di Naspi percepita.

Per gli invalidi servono sempre non meno di 63 anni di età e 30 di contributi. Va sottolineato però che è necessario un grado di invalidità certificata dalle competenti commissioni mediche Asl superiore al 74%. Per i caregivers, cioè per i soggetti con parenti disabili, a carico e conviventi, con invalidità superiore al 74%, stessa età e stessi contributi. Alla pari di disoccupati e invalidi, servono 63 anni di età e 30 anni di contributi. Però è necessario che l’assistenza al parente disabile deve essere partita almeno 6 mesi prima della domanda di pensione.

I lavori gravosi e l’Ape sociale, novità 2022

Diversa la carriera richiesta per i lavori gravosi. Ed è proprio lo spaccato dei lavori gravosi  la grande novità dell’Ape sociale 2022. Infatti alle 15 categorie di lavoro gravoso previste fino al 2021, ne hanno aggiunte altre. È il frutto del lavoro di una commissione tecnica incaricata dal Ministero del Lavoro di valutare quali e quante attività gravose esistono nel nostro sistema lavoro.

Prendendo a riferimento, soprattutto la cadenza delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro, la commissione ha determinato una graduatoria da cui attingere per determinare le altre attività di lavoro gravoso a cui aprire le porte dell’Ape sociale. Per i lavori gravosi, fermo restando il limite dei 63 anni di età da cui si può iniziare ad andare in pensione, l’età contributiva minima è fissata in 36 anni. Solo per edili e ceramisti invece, si parte dai 32 anni di contributi versati.

È necessario che l’attività gravosa sia stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni di lavoro o per 6 degli ultimi 7. L’Ape sociale è misura che non prevede tredicesima. Inoltre, si tratta di misura che non da diritto alle maggiorazioni, agli assegni familiari e non è reversibile. Inoltre è una misura temporanea, che accompagna il lavoratore ai 67 anni di età utili alla pensione di vecchiaia.

Quota 41 per i precoci, misura strutturale

L’estensione delle attività gravose non vale per la quota 41. Per la misura la platea resta quella valida fino al 31 dicembre 2021. E sono gli stessi disabili, caregiver e disoccupati di cui parlavamo prima per l’Ape sociale. Ma la quota 41 può essere appannaggio pure  dei lavori gravosi, limitatamente alle 15 attività previste fino al 31 dicembre appena trascorso.

Per la misura non esistono limiti di età come per le pensioni anticipate ordinarie. Servono però 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi (senza figurativi per disoccupazione e malattia) e di cui uno versato prima dei 19 anni di età, anche in maniera discontinua.

Opzione donna 2022

Altra misura che ha trovato una estensione nella legge di Bilancio per tutto il 2022 è l’Opzione donna. Il regime sperimentale contributivo per le donne per il 2022 riguarda le lavoratrici dipendenti e le lavoratrici autonome, che hanno completato entro il 31 dicembre 2021, rispettivamente 58 o 59 anni di età con almeno 35 anni di contributi versati.

La misura resta contributiva, ovvero, le lavoratrici devono accettare il ricalcolo completamente contributivo della loro pensione. Inoltre, finestra di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

Le pensioni anticipate per i notturni e usuranti anche nel 2022

Un capitolo a parte in materia di pensioni anticipate va fatto per lo scivolo usuranti. Si tratta di una misura che consente, a determinate e particolari categorie, di accedere alla quiescenza con 61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi versati e con contestuale completamento della quota 97,6. Misura che riguarda alcune particolari categorie di lavoratori, come i palombari o i lavoratori del vetro cavo per esempio, ma anche alcune categorie piuttosto comuni come gli operai delle linee a catena o gli autisti dei mezzi di trasporto pubblico.

Dentro lo scivolo usuranti anche i lavoratori notturni, ma con quota ed età variabili in base al numero di notti lavorate ogni anno. E per notti si intendono le attività lavorative effettuate tra le ore 00:00 e le ore 05:00 del mattino.

Pensioni di vecchiaia, anche la anticipata per invalidi

Ultima misura, ma probabilmente quella che più riesce a far anticipare la pensione ai lavoratori, è la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile. Infatti con una invalidità pensionabile almeno all’80%, possono accedere alla pensione con una finestra di 12 mesi, gli uomini con 61 anni di età e le donne con 56 anni di età.

L’invalidità pensionabile però è differente dalla invalidità civile certificata dalla commissioni mediche per le invalidità civili delle Asl. Infatti è necessario che l’invalidità sia con riduzione della capacità lavorativa e certificata dalle commissioni mediche accertatrici dell’Inps.

APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

L’APE Sociale è l’anticipo pensionistico che accompagna il lavoratore alla pensione. Con l’arrivo del nuovo anno ci sono però delle novità. Ecco le caratteristiche dell’APE Sociale 2022.

Cos’è l’APE Sociale?

L’APE Social è una misura che consente a determinate categorie di lavoratori di accedere a un anticipo pensionistico, una sorta di scivolo, che lo accompagna fino alla pensione di vecchiaia. E’ stata introdotta in via sperimentale la prima volta nel 2017 e poi prorogata di anno in anno. L’ultima proroga, con leggere modifiche, arriva con la legge di bilancio 2022. Possono usufruire di questa misura solo determinate categorie di lavoratori e in particolare possono uscire anticipatamente dal lavoro i disoccupati, i caregivers (cioè chi assiste il coniuge o altro parente di primo grado con handicap) e coloro che svolgono lavori particolarmente usuranti, cioè i lavori gravosi ed è proprio su questo ultimo punto che vi sono delle novità.

APE Sociale 2022: novità introdotte

La prima novità è la proroga dell’APE Social per tutto il 2022, inoltre viene ampliata la platea dei beneficiari, cioè di coloro che svolgono lavori gravosi. Ad entrare nella riforma sono in primo luogo gli edili e i ceramisti che potranno accedere all’anticipo pensionistico al compimento dei 63 anni di età a patto che abbiano almeno 32 anni di contributi, in passato il requisito contributivo era di 36 anni.

I lavori gravosi che potranno accedere all’anticipo pensionistico sono ora:

  • insegnanti della scuola primaria, pre-primaria e assimilati ;
  • tecnici della salute;
  • magazzinieri: addetti alla gestione dei magazzini, personale adibito allo spostamento di merci, conduttori di veicoli per lo spostamento di merci;
  • estetiste;
  • esercenti professioni sanitarie;
  • addetti ai servizi di assistenza per persone non autosufficienti;
  • artigiani;
  • operai specializzati;
  • agricoltori e professioni non qualificate nell’agricoltura, allevamento, silvicoltura e pesca:
  • Lavoratori di miniere: addetti all’estrazione di minerali e costruzioni, conduttori di impianti per l’estrazione di minerali;
  • portantini;
  • addetti ai servizi di pulizia;
  • lavoratori in impianti per la lavorazione a caldo dei minerali;
  • addetti ad impianti per la trasformazione del legno e la produzione di carta;
  • Lavoratori in impianti per la produzione di energia termica e a vapore, impianti per il recupero dei rifiuti e impianti per il trattamento delle acque;
  • lavoratori nel settore della raffinazione del gas e prodotti petroliferi, chimica di base ed evoluta;
  • conduttori mulini e impastatrici;
  • operatori dell’industria alimentare;
  • conduttori di forni e impianti ad elevate temperature ad esempio per la lavorazione di vetro e ceramica.

Coloro che hanno i requisiti per poter accedere al beneficio devono proporre la domanda entro il 31 marzo 2022. L’importo dell’assegno mensile viene calcolato tenendo in considerazione i requisiti contributivi e anagrafici maturati al momento dell’accesso alla prestazione, ma comunque non può superare l’importo di 1.500 euro.

APE Sociale per i care givers

Per quanto riguarda invece i care givers, la normativa prevede la possibilità di accedere all’APE Sociale 2022 nel caso in cui siano stati compiuti 63 anni e siano maturati 30 anni di contributi. Per poter accedere è necessario assistere da almeno 6 mesi un parente di primo grado con grave handicap. L’APE Social può essere estesa anche all’assistenza a parenti entro il secondo grado solo nel caso in cui costoro non abbiano parenti di primo grado, oppure questi abbiano superato i 70 anni di età oppure siano a loro volta invalidi o siano deceduti. Ad esempio una sorella può usufruire dell’APE Social per assistere un fratello gravemente malato se questo non abbia un coniuge, un genitore o altro parente di primo grado che possa occuparsene.

APE Sociale per disoccupati

L’APE sociale per i disoccupati viene riconosciuta a coloro che hanno perso il lavoro in seguito a licenziamento individuale o collettivo oppure abbiano dato le dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. L’importante è aver maturato almeno 18 mesi di lavoro dipendente nell’arco degli ultimi 36 mesi. Non è più richiesta la fine della percezione della NASPI da tre mesi.

Possono infine accedere all’Ape Sociale coloro che oltre ad avere i requisiti prima visti (63 anni e 30 anni di contributi) abbiano anche il 74% di invalidità.

La domanda può essere presentata direttamente sul sito INPS accedendo con lo SPID, con la CIE o CNS. Secondo gli studi condotti dal Senato dovrebbero avere accesso a questa misura 21.200 persone.