Stretta sui tirocini nella legge bilancio 2022: stop abusi

Dalla legge di bilancio 2022 arriva la stretta sui tirocini, la stessa è volta a evitare abusi di questo strumento da parte delle aziende. Ecco cosa prevede la nuova disciplina.

Ratio dei tirocini, o stage, e abusi

Supportare i giovani nella formazione e nell’inserimento nel mondo del lavoro è molto importante, ma non mancano delle evidenze che fanno pensare che i tirocini extra curricolari, cioè indipendenti dalla formazione scolastica, siano abusati al fine di ottenere privilegi fiscali e versare stipendi ridotti a fronte di vere prestazioni lavorative. E’ stato evidenziato che nel solo secondo trimestre del 2021 sono stati stipulati 90.000 contratti di tirocinio, 62.000 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Da ciò è derivata una stretta sui tirocini extracurriculari inserita all’interno della legge di bilancio per il 2022.

Stretta sui tirocini: cosa prevede?

Deve essere in primo luogo sottolineato che l’emendamento contiene solo le linee guida generali dei nuovi tirocini, mentre entro 6 mesi la Conferenza Stato-Regioni dovrà provvedere a dettare le norme specifiche. Naturalmente in questa sede dovremo soffermarci solo sulle regole generali dettate dalla legge di bilancio per la stretta sui tirocini extracurriculari. La legge di bilancio 2022 inoltre provvede a dare sostegno al contratto di apprendistato di primo livello.

La normativa in vigore

La normativa in vigore prevede la possibilità per le aziende di attivare tirocini extracurriculari, o stage lavorativi, retribuiti, questi rappresentano per i giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro una buona esperienza, mentre per le aziende vi sono dei vantaggi economici, infatti in primo luogo la retribuzione non è quella generalmente prevista dai CCNL per l’inquadramento, o meglio per le mansioni, svolte dallo stagista. In secondo luogo per gli stagisti non sono previste ferie, indennità di maternità, permessi, trattamento di fine rapporto, indennità di malattia. Nonostante questo, i tirocinanti o stagisti comunque sono produttivi.

Principi generali contenuti nella legge di bilancio 2022 per la stretta sui tirocini

Proprio a causa di questi “favori” previsti per le aziende che decidono di attivare gli stage, molto probabilmente si è verificato un abuso e da qui la necessità di disciplinare la stretta sui tirocini. La legge di bilancio prevede:

  • i tirocinanti dovranno essere scelti tra soggetti con difficoltà di inclusione sociale;
  • il compenso, il cui valore minimo dovrà essere fissato dalla Conferenza, deve essere congruo;
  • deve essere definita la durata massima del periodo di tirocinio;
  • occorre definire nella legge di dettaglio il numero di tirocinanti che si possono avere in organico in riferimento alle dimensioni aziendali;
  • nel momento in cui inizia il periodo di tirocinio deve essere redatto un bilancio delle competenze del tirocinante, al termine deve invece essere redatto un bilancio delle competenze acquisite. Al tirocinante deve essere rilasciata una certificazione delle competenze acquisite;
  • Una norma che appare essere una vera stretta sui tirocini è quella che prevede il divieto per le aziende di attivare nuovi contratti di stage se non dopo aver rispettato una quota minima di assunzioni dei precedenti tirocinanti;
  • infine le aziende devono determinare in anticipo, in modo specifico, le attività richieste allo stagista.

L’emendamento presente nella legge di bilancio 2022 precisa anche le sanzioni previste in caso di violazione delle norme ora viste. In base alla gravità dell’illecito commesso sarà possibile comminare una sanzione amministrativa minimo di 1.000 euro e massimo di 6.000 euro.

Sgravi per contratti di apprendistato di primo livello

La legge di bilancio 2022 prevede anche misure in favore delle aziende che attivano contratti di apprendistato di primo livello. Si tratta di attività di apprendistato rivolte all’ottenimento della qualifica professionale, un diploma professionale, un diploma di scuola secondaria superiore o certificato di specializzazione tecnica superiore.

Le stesse prevedono uno sgravio contributivo al 100% per le aziende che attivano il contratto di apprendistato a condizione che non abbiano più di 9 dipendenti. Lo sgravio contributivo sarà attivo per tre anni, mentre per i periodi contributivi successivi l’aliquota sarà al 10%. Per poter gestire lo sgravio contributivo per l’apprendistato sono stati stanziati fondi specifici:

  • 1,2 milioni di euro per il 2022;
  • 2,9 milioni di euro per il 2023;
  • 4 milioni di euro per il 2024;
  • 2,1 milioni di euro per il 2025.

Le 10 novità del 2022 su lavoro, reddito di cittadinanza, pensioni e contributi

Lavoro, reddito di cittadinanza, contributi e riduzioni dei versamenti, pensioni, apprendistato, ammortizzatori sociali, riduzione dell’orario di lavoro, crisi aziendali e Cigs: ecco quali sono le novità che arriveranno con la legge di Bilancio e che saranno in vigore per tutto il 2020.

Reddito di cittadinanza: stretta sui rifiuti di lavoro e più controlli per i furbetti

La legge di Bilancio 2022 ha stanziato un miliardo di euro aggiuntivo per la misura del reddito di cittadinanza del prossimo anno. La dote complessiva andrà oltre gli 8,8 miliardi di euro. Ne beneficeranno 1,37 milioni di famiglie. Tra le novità della Manovra la stretta sui rifiuti delle offerte di lavoro: al primo rifiuto del fruitore scatterà una sottrazione di 5 euro al mese, al secondo il beneficio verrà revocato. La prima offerta può rientrare nel raggio di 80 km (oggi 100 km) dalla residenza del percettore del reddito di cittadinanza. La seconda offerta di lavoro può capitare ovunque, in tutta Italia. Ulteriore novità interessa la partecipazioni alle attività in presenza e ai colloqui. La partecipazione è su base mensile e se il beneficiario si assenta ingiustificatamente perde il sussidio. Più controlli sono previsti per i furbetti del reddito.

Per l’apprendistato arriva lo sgravio totale contributivo per le piccole e medie imprese

Tra le novità del lavoro, c’è quella dell’apprendistato formativo e dello sgravio totale dei contributi se svolto nelle piccole e medie imprese. Lo sgravio totale dei contributi alle Pmi fino a nove dipendenti verra riconosciuto per i contratti di apprendistato di primo livello relativi:

  • alla qualifica e al diploma professionale;
  • al diploma di istruzione secondaria superiore;
  • al certificato di specializzazione tecnica superiore.

Gli anni di sgravio totale dei contributi per le piccole e medie imprese saranno pari a tre. Negli anni successivi l’aliquota applicata è pari al 10%.

Cigs, per le crisi aziendali fino a 12 mesi in più

Per le crisi aziendali ci saranno 12 mesi in più di Cigs. In particolare, per i lavoratori che già si trovano in Cigs per processi di riorganizzazione o di crisi aziendali, scatterà il sostegno. Ne beneficeranno le imprese con oltre 15 dipendenti. Nei rapporti con i sindacati, le aziende dovranno definire i programmi volti alla rioccupazione oppure all’autoimpiego dei lavoratori in Cigs.

Con i contratti di espansione in pensione con 5 anni di anticipo

Confermato sia per il 2022 che per il 2023 il contratto di espansione che consente ai lavoratori di andare in pensione con cinque anni di anticipo. Dal 1° gennaio 2022 per l’accesso alla misura di scivolo pensionistico è necessario che l’impresa datrice di lavoro abbia almeno 50 addetti al suo interno, rispetto ai 100 previsti ad oggi. I lavoratori potranno ridurre i requisiti richiesti sia con obiettivo della pensione di vecchiaia (uscita a 62 anni anziché a 67 anni) o della pensione anticipata (uscita con almeno 37 anni e 10 mesi di contributi). Si potrà richiedere anche la riduzione dell’orario di lavoro fino a un massimo di 18 mesi utilizzando la Cigs.

Pensioni a 62 anni per le aziende in crisi: in attesa del decreto sulle modalità

In alternativa, le aziende in crisi potranno accedere al fondo messo a disposizione dal ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) per l’uscita anticipata dei lavoratori a partire dai 62 anni di età. Il fondo avrà una dote di 150 milioni di euro per il prossimo anno, di 200 per il 2023 e di altrettanti per il 2024. Al momento è necessario attendere il decreto interministeriale dello Sviluppo Economico, dell’Economia e del Lavoro per conoscere le modalità di fruizione del fondo. Il provvedimento arriverà entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio 2022.

Contratti di solidarietà, la riduzione dell’orario di lavoro sale all’80%

Sale fino all’80% la riduzione dell’orario di lavoro dei contratti di solidarietà. Si tratta di situazioni aziendali nelle quali si utilizzano i contratti di solidarietà per evitare gli esuberi del personale. Il minore impiego dei dipendenti attuale è del 60%, applicato all’orario giornaliero settimanale oppure mensile. Anche nel 2022 l’incremento all’80% di riduzione oraria dovrà essere confermato, come avviene attualmente, attraverso la contrattazione collettiva aziendale.

Ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori subordinati

Tra le novità previste per il 2022 c’è l’estensione degli ammortizzatori sociali alla globalità dei lavoratori subordinati. Saranno inclusi anche i lavoratori con un’anzianità ridotta di lavoro di trenta giorni, ma anche i lavoratori a domicilio e gli apprendisti. Il contributo salirà di importo a più o meno 1.200 euro mensili. Per la previdenza è prevista la contribuzione dello 0,90% della retribuzione (un terzo a carico del subordinato).

Aziende che delocalizzano, 90 giorni per la procedura di messa in sicurezza dei lavoratori

Per aziende che abbiano almeno 250 addetti arriva la procedura di 90 giorni per la delocalizzazione. Si tratta di chiusure anche di stabilimenti, di filiali, di uffici, di sedi, di reparti autonomi ubicate nel territorio italiano. Se il licenziamento coinvolge almeno 50 addetti, sarà necessario che l’azienda entro 60 giorni disponi un piano per gestire la crisi. Il piano deve essere inviato al ministero del Lavoro, alle regioni, all’Anpal e ai sindacati. Nei successivi 30 giorni enti e ministeri possono accettare il piano proposto dall’azienda. In caso di mancata presentazione del piano, all’azienda saranno comminate multe salate.

Riduzione dei contributi alle lavoratrici madri ed esonero giovani

In arrivo nel 2022 anche l’esonero dei contributi alle lavoratrici madri. La misura permetterà alle aziende dell’esonero del 50% dei versamenti contributivi previdenziali seguendo due regole:

  • la prima è la riduzione dei contributi della metà a decorrere dalla data del rientro della lavoratrice che ha utilizzato il congedo obbligatorio di maternità;
  • la seconda è la durata, fissata in un anno, delle decontribuzione, sempre a partire dal rientro della lavoratrice madre.

La legge di Bilancio conferma, anche per il 2022, l’esonero contributivo per le imprese che stabilizzano i giorni under 36. L’esonero avviene anche per la stabilizzazione con contratto di lavoro a tempo indeterminato dei lavoratori impiegati in aziende dove risulta attivo un tavolo negoziale di gestione della crisi aziendale. In quest’ultimo caso non vi è un limite di età.

Contributi ridotti anche per i redditi fino a 35 mila euro

La riduzione dei contributi interesserà anche i contributi delle imprese private per tutto il 2022. Lo sconto è dello 0,8% sulle 13 mensilità. Il massimo della retribuzione rientrante nello sconto è fissata a 2.692 euro mensili, corrispondenti a 35 mila euro all’anno lordi. La misura non verrà, tuttavia, applicata ai lavoratori domestici (colf, badanti, babysitter).

Cassa integrazione 2022: maggiori importi ed estensione dei beneficiari

Il disegno di legge di bilancio porta novità anche nel campo degli ammortizzatori sociali e in particolare modifica la disciplina della cassa integrazione 2022. Ecco le principali novità che riguarderanno i lavoratori e i datori di lavoro.

Cassa integrazione 2022: si amplia la platea dei beneficiari

La normativa di riferimento per la disciplina della cassa integrazione è il decreto legislativo 148 del 2015, questo viene però modificato dal titolo V del disegno di legge di bilancio denominato “riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali” . La riforma avrà un costo di 3 miliardi di euro.

La prima cosa da sottolineare è che l’atto in oggetto, in particolare l’articolo 43, va in primo luogo ad ampliare la platea dei soggetti aventi diritto alla cassa integrazione, infatti per la prima volta vengono inseriti i lavoratori a domicilio che avranno una riduzione dell’orario di lavoro o una sospensione dell’attività lavorativa dal primo gennaio 2022.

La cassa integrazione 2022 sarà inoltre estesa agli apprendisti. Attualmente la cassa integrazione spetta soltanto a coloro che hanno un contratto di apprendistato professionalizzante, invece con l’approvazione definitiva del disegno di legge bilancio per il 2022 avranno diritto a percepirla anche a coloro che svolgono:

  1. apprendistato di alta formazione e ricerca;
  2. apprendistato volto ad ottenere la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore o il certificato di specializzazione tecnica.

L’articolo 43 citato precisa però che la sospensione o riduzione di orario dell’apprendistato non deve pregiudicare il completamento del percorso formativo.

Importi della nuova cassa integrazione 2022: aumentano i massimali

Le novità introdotte dal disegno di legge di bilancio non riguardano solo la platea dei beneficiari, ma anche gli importi della cassa integrazione.

L’attuale disciplina prevede due massimali:

1) 939,89 mensili nel caso in cui la retribuzione mensili non superi 2.159,48 euro ;

2) 1.129,66 mensili se la retribuzione supera il tetto precedente.

Con l’articolo 45 della riforma viene eliminata la prima fascia di massimale e resta in vigore esclusivamente la seconda. Si precisa inoltre che tale importo è soggetto alle modifiche necessarie per adeguamento all’indice ISTAT e quindi all’inflazione.

Un ulteriore contributo è a carico delle aziende e lo stesso è del:

  • 9% della retribuzione oraria che sarebbe spettata al lavoratore, commisurata naturalmente alle ore non lavorate, fino al limite di 52 settimane nell’arco del quinquennio;
  • 12% della retribuzione per periodi di cassa integrazione ulteriori a 52 settimane nell’arco del quinquennio e fino a 104 settimane;
  • 15% per settimane ulteriori rispetto a 104.

Il quinquennio è mobile, cioè si fa riferimento sempre agli ultimi 5 anni rispetto al momento in cui si usufruisce nuovamente della cassa integrazione.

Sulle addizionali a carico delle aziende ci sono però delle novità che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2025, infatti per le aziende che per 24 mesi non usufruiranno di Cassa Integrazione Guadagni, l’addizionale sarà del 6%. Vengono quindi premiate le aziende più virtuose.

Cassa integrazione Guadagni Straordinaria 2022

Novità anche per la CIGS, Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, destinata ad aziende in crisi e a rischio licenziamento. L’articolo 51 infatti riconosce l’estensione di questa misura ad imprese che non abbiano usufruito dei fondi di solidarietà e che abbiano occupato nel semestre precedente in media 15 dipendenti.

Ricordiamo che il disegno di legge dovrà essere approvato dal Parlamento e quindi potrebbero esservi leggere modifiche alle impostazioni ora viste.

Assunzione apprendista: caratteristiche e informazioni

L’assunzione di un apprendista comporta per il datore di lavoro, oltre al pagamento di una retribuzione per l’attività lavorativa svolta e al versamento dei relativi contributi agevolati, l’obbligo di garantirgli il percorso formativo al fine di acquisire le adeguate competenze professionali. Per l’apprendista, ricorre l’obbligo di seguire il percorso formativo che può compiere all’interno come all’esterno dell’azienda.

I contratti di apprendistato

Il contratto di apprendistato è riservato ai giovani fino a un massimo di 29 anni. Al termine della formazione, previo accordo tra le parti, il contratto di apprendistato si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Esistono tre tipologie di apprendistato, per ognuna è previsto un diverso contratto con cui viene assunto il lavoratore che si differenzia per durata e retribuzione.

Apprendistato per la qualifica e diploma professionale, di istruzione secondaria superiore e la specializzazione tecnica superiore

Il relativo contratto di lavoro consente all’apprendista di ottenere un diploma professionale o di istruzione secondaria superiore, o una qualifica e specializzazione professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale, cimentandosi tra lavoro e studio. L’apprendista assunto deve avere un’età compresa tra i 15 anni e i 25 anni compiuti.

La durata contrattuale dipende dal tipo di diploma o qualifica da conseguire, in ogni caso, varia da un anno a quattro anni. I datori di lavoro possono prorogarla fino ad un anno per qualificati e diplomati, per il consolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche, valide anche per il conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale.

La contrattazione collettiva può prevedere la stipula di contratti di apprendistato anche a tempo determinato per le attività stagionali, ma solo se Regioni e Province autonome hanno attivato un sistema di alternanza scuola-lavoro.

Sotto l’aspetto retributivo, si va dai 2.000 euro per i minorenni fino ai 3.000 euro per i maggiorenni.

Apprendistato professionalizzante

Questo contratto di lavoro permette di ottenere una qualifica professionale attraverso il relativo percorso formativo. Il giovane assunto deve avere un’età compresa tra i 18 anni (17 anni nel caso di possesso di una qualifica professionale) fino al compimento dei 29 anni, in tutti i settori dell’attività, siano essi pubblici che privati.

L’apprendistato è esteso con gli stessi obiettivi ai beneficiari di misure di sostegno al reddito legati alla disoccupazione (compresi i lavoratori in mobilità), senza vincoli anagrafici. La durata del contratto non può superare i tre anni (cinque anni per l’artigianato).

Gli apprendisti ricevono uno stipendio regolare, inizialmente anche dal 60% per poi raggiungere negli anni il 100% della retribuzione prevista per il livello d’assunzione.

Nel caso di cassa integrazione a zero ore, l’obbligo di formazione dell’apprendista è sospeso. Alla ripresa del lavoro, il periodo di apprendistato viene prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite.

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Apprendistato di alta formazione e ricerca

Questo contratto di lavoro si pone l’obiettivo di conseguire il diploma di scuola secondaria superiore, di professionale di tecnico superiore, di laurea, master e dottorato di ricerca. Può essere usato anche per il praticantato al fine di accedere agli ordini professionali.

L’apprendista assunto deve avere un’età compresa tra i 18 anni (17 anni nel caso di possesso di qualifica professionale) e i 29 anni, in tutti i settori di attività, privati o pubblici.

La durata minima di questo contratto è di sei mesi, la massima differisce a seconda dell’apprendistato:

  • per alta formazione è correlata ai relativi percorsi;
  • per attività di ricerca non può superare i tre anni (quattro anni su proroga di regioni e delle province autonome per esigenze correlate al progetto di ricerca;
  • per il praticantato mirato all’accesso negli ordini professionali è definita in rapporto al conseguimento dell’attestato di compiuta pratica per l’ammissione all’esame di Stato.

La retribuzione è stabilita dal CNNL e dal livello di inquadramento.

Assunzioni di apprendisti

Il datore di lavoro può assumere tre apprendisti ogni due dipendenti. Per quelli con meno di dieci dipendenti, non si può superare il limite massimo di assunzioni di apprendisti rispetto alle maestranze specializzate e qualificate. I datori di lavoro con meno di tre dipendenti o in assenza di lavoratori specializzati, può assumere fino a tre apprendisti. Le imprese artigiane fanno riferimento ai limiti dimensionali previsti dalla legge-quadro di categoria.

I datori di lavoro sono tenuti a confermare il 20% degli apprendisti assunti nei 36 mesi precedenti nelle aziende con più di 50 dipendenti (salva diversa indicazione dei contratti collettivi). Tali regole sono previste solo per gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante.

Tutele per gli apprendisti

L’apprendista beneficia del divieto di retribuzione a cottimo e può essere inquadrato fino a due livelli inferiore rispetto alla qualifica spettante. Può essere stabilita anche uno stipendio percentualmente ridotto e gradualmente crescente con l’anzianità di servizio. Beneficia di un’aliquota ridotta e di piena copertura previdenziale.

Inoltre, è coperto per infortuni sul lavoro, malattia (anche professionale), invalidità e vecchiaia, maternità e assegno familiare. Per sospensione involontaria dell’apprendistato oltre i 30 giorni, l’apprendista può prolungarne il periodo.

Se il rapporto di lavoro si interrompe per cause diverse dalle dimissioni (compreso il recesso al termine del periodo formativo comunicato dal datore di lavoro), anche per gli apprendisti è dovuto a carico del datore di lavoro il contributo pari al 50% della NASpI iniziale, per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.

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Contratto di apprendistato, quando si può fare e per chi?

Oggi ci abbarbicheremo in uno dei mondi che popolano la giungla del lavoro, ovvero quello dell’apprendistato. Scopriremo assieme quando si può ottenere un contratto di apprendistato e chi può farlo.

Cos’è l’ apprendistato

Iniziamo col chiarificare di cosa parliamo quando usiamo il termine apprendistato. L’apprendistato non è altro che quel periodo di tempo lavorativo in cui vieni assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato ma con l’obbligo di formazione, secondo il Testo Unico sull’Apprendistato. Una soluzione contrattuale che ha lo scopo di agevolare l’occupazione lavorativa dei giovani.

Potremmo ben dire che troviamo tre tipologie di forme di contratto che si differenziano tra loro per l’obiettivo finale di formazione:

  • Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale
    E’ quel tipo di percorso per i giovani tra i 15 e i 25 anni, ovvero tutti coloro che devono ancora completare un percorso di studi. Il caso più frequente è quello degli studenti degli istituti professionali che alternano il dualismo scuola-lavoro.
  • Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
    È un tipo di contratto rivolto a coloro che hanno un’età compresa tra i 18 e i 29 anni assumibili con il vincolo di formazione per conseguire una specializzazione. In tal caso l’attività lavorativa è svolta seguendo le regole del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) e deve necessariamente essere affiancata dalla formazione in azienda.
  • Apprendistato di alta formazione e ricerca
    Questo è probabilmente il più elevato livello di contratto di apprendistato. Esso è dedicato a chi ha un’età compresa tra i 18 e i 29 anni ed è volto ad incentivare il conseguimento di titoli di studio, dal diploma di maturità al dottorato di ricerca. Possiamo trovare tali termini anche nel praticantato.

Durata di un contratto di apprendistato

Molti si chiedono quale tempo durerà il suddetto apprendistato, prima di potersi definire non più apprendisti del lavoro, ma lavoratori a tutti gli effetti.

Ebbene, possiamo dire che ogni contratto di apprendistato prevede una differente durata.

Ad esempio,  in caso del contratto per Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, esso non può durare per un tempo superiore ai 3 anni. Soltanto quando il diploma è quadriennale si potrà arrivare ai 4 anni di contratto. Ad ogni modo, questa categoria di apprendistato dipende dal conseguimento della qualifica formativa e si adatta ad essa.

Nel caso, invece, del contratto di Apprendistato professionalizzante, avremo ancora una durata massima triennale. Però pur non potendo superare i 3 anni di durata, per questo contratto esistono dei casi particolari in cui esso può arrivare fino ai 5 anni, in alcuni lavori del settore artigianato.

Nel terzo ed ultimo caso contrattuale, quella di alta formazione e ricerca che è legata a una formazione esterna, quindi ad istituti, enti o università, anche la sua durata dipende dal titolo di studio che andiamo a conseguire. Avremo dunque una validità periodica del contratto che sarà decisa dalle Regioni o dalle Province autonome e dagli enti di formazione preposti.

Ovviamente, troviamo sempre la possibilità di recedere il contratto da ambo le parti lavorative, sia del datore di lavoro che dell’apprendista. Mentre, il licenziamento nel caso di contratto di apprendistato è possibile per giusta causa e con preavviso, solo dopo il completamento delle attività formative previste.

licenziamento in apprendistato

In ultimo, vediamo in breve come e quando è possibile essere licenziati, quando si è in contratto di apprendistato.

E’ bene sottolineare che in contratto di apprendistato puoi essere licenziato ma solo per giusta causa o per “giustificato motivo”. Tale motivazione o causa può avere due nature:

  • soggettiva, ottenuta dal comportamento diretto del lavoratore, causa inadempimenti, violazioni o danni;
  • oggettiva, legata cioè a motivi inerenti alla produzione aziendale e all’organizzazione del lavoro.

Qualora, invece si appartiene all’Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale si può essere licenziati per il non raggiungimento degli obiettivi formativi. Poiché, la formazione potrebbe non avere più motivo di esistere.

Apprendisti, merce rara

Gli apprendisti erano e sono la ricchezza di ogni bottega artigiana. Purtroppo, però, negli ultimi anni il loro numero, in Italia, è crollato in maniera preoccupante. Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, tra il 1970 e il 2015 il numero degli apprendisti è sceso del 43%: da 721mila a 410mila.

Gli artigiani mestrini segnalano come questi dati, nonostante siano condizionati dalle crisi economiche che, negli ultimi 45 anni, hanno toccato l’Italia e dalle novità legislative sull’apprendistato susseguitesi con i vari governi, siano comunque spia di un deciso calo sul lungo termine.

Nel contratto di apprendistato la prestazione lavorativa va di pari passo con l’obbligo del datore di lavoro di fornire agli apprendisti la formazione necessaria per apprendere un mestiere e per conseguire la qualifica.

Al momento sono tre le tipologie di contratto di apprendistato in vigore:

  •  apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
  •  apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
  •  apprendistato di alta formazione e di ricerca.

Il 90% circa degli apprendisti è però assunto con un contratto professionalizzante.

Particolarmente colpito dal calo del numero di apprendisti è l’intero settore dell’artigianato. Dal 2009, gli apprendisti occupati nelle aziende artigiane sono calati del 45%, principalmente al Sud (-61%), poi al Centro (-44%), al Nordovest (-43%) e al Nordest (-33%).

Tra il 2009 e il 2015, la contrazione media a livello nazionale degli apprendisti è stata del 31%.

Se si guarda ai settori produttivi, il calo più rilevante del numero di apprendisti è avvenuto nelle costruzioni, settore martoriato dalla crisi: tra il 2009 e il 2015 il calo è stato del 65%. Non se la passano bene neppure le attività finanziarie (-54%), il commercio (-34%) e i trasporti (-33%).

Commenta il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Al di là della necessità di rilanciare la crescita e conseguentemente anche l’occupazione, è necessario recuperare la svalutazione culturale che ha subito in questi ultimi decenni il lavoro artigiano. E’ vero che attraverso le riforme della scuola avvenute in questi ultimi anni, il nuovo Testo unico sull’apprendistato del 2011 e le novità introdotte con il Jobs act, sono stati realizzati dei passi importanti verso la giusta direzione”.

Consulenti del lavoro e contratto a tutele crescenti

I consulenti del lavoro dicono la loro sul contratto a tutele crescenti introdotto dal recente Jobs Act. Come specificato nella circolare n. 1 del 2015 emessa dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, il contratto a tutele crescenti costituisce, per le imprese che devono assumere, una tipologia contrattuale economicamente più conveniente rispetto all’apprendistato, purché le aziende in questione abbiano più di 9 dipendenti. Secondo i consulenti del lavoro, il contratto a tutele crescenti è applicabile anche ai dipendenti pubblici, almeno fino al momento in cui non sarà specificata la loro esclusione dal raggio di influenza della legge sul lavoro.

Siamo al quarto intervento riformatore in poco più di due anni in un settore nel quale più che le regole lavoristiche manca il terreno su cui innestare l’occupazione, che, per essere rilanciata, necessita di affiancare alle buone norme sostanziali e corposi interventi sull’economia“: queste le parole del presidente della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca, nella circolare in questione.

E certo – prosegue la circolare – non si potrà parlare di nuovi occupati se l’applicazione del contratto a tutele crescenti, che potrebbe risultare economicamente più conveniente di cocopro e lavoro a termine, porterà alla stabilizzazione di queste figure di lavoratori già occupati. Quelli non potranno essere considerati nuovi posti di lavoro, perché non riguarderanno gli attuali disoccupati“.

Ma va salutato con positività l’accantonamento (definitivo?) della diversificazione tra imprenditori e professionisti, che ha caratterizzato decine e decine di norme penalizzanti per gli studi professionali, perennemente esclusi da benefici e agevolazioni“, continua De Luca, che aggiunge: “Sul fronte dell’accesso non si può non sottacere che sempre il contratto a tutele crescenti è quasi più conveniente del contratto di apprendistato; situazione che può determinare il definitivo accantonamento di quello che per lungo tempo è stato il vero (se non l’unico) strumento in mano ai giovani per entrare nel mondo del lavoro“.

La circolare conclude con una constatazione quasi paradossale sulle conseguenze del contratto a tutele crescenti: “Si delinea un sistema sempre più incentrato sul rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che va nella direzione opposta non solo delle esigenze di chi l’occupazione la crea; ma anche del volere espresso dall’esecutivo“.

In Basilicata, bandi per l’apprendistato

La Regione Basilicata ha pubblicato un Avviso che si pone l’obiettivo di favorire l’utilizzo, da parte delle imprese, dell’apprendistato professionalizzante e di mestiere.
Sono previste tre diverse tipologie di agevolazioni, delle quali possono approfittare le imprese aderenti.

  • Formazione: I voucher per la formazione di base e trasversale sono concessi per la frequenza dei corsi svolti presso organismi di formazione in partenariato con un Ente bilaterale. Sono previsti contributi di 20 euro per ciascuna ora.
  • Consulenza: I contributi per la consulenza possono coprire la spesa relativa all’attività di affiancamento svolta da un esperto all’interno delle pmi, percorso che deve concludersi obbligatoriamente entro il 1 dicembre 2015.
  • Apprendistato: Il terzo incentivo, per l’attivazione del contratto di apprendistato, integra i costi salariali sostenuti dalle imprese per l’assunzione.

Vera MORETTI

Nuove linee per il contratto di apprendistato

Gianfranco Simoncini, assessore toscano ma anche coordinatore della Commissione “Istruzione Formazione e Lavoro” della Conferenza delle Regioni, ha accolto con favore le linee guida per la disciplina per il contratto di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere approvate dalla Conferenza Stato Regioni.

Nel dettaglio, le linee guida fissano una durata minima della formazione che dipende dal titolo di studio conseguito.
Previsti tre percorsi:

  • 120 ore per gli apprendisti privi di titolo, in possesso di licenza elementare o di licenzia media;
  • 80 ore per gli apprendisti in possesso di diploma di scuola secondaria di secondo grado (sono le superiori) o di qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale;
  • 40 ore, per gli apprendisti in possesso di laurea o titolo equivalente.

Se l’apprendista ha già completato, in precedenti contratti, uno o più moduli formativi, può essere prevista una riduzione oraria del percorso formativo.
La formazione si realizza in ambienti adeguatamente organizzati e attrezzati, e in genere viene effettuata nella fase iniziale del contratto di apprendistato.

Le competenze che possono essere oggetto di apprendistato:

  • adottare comportamenti sicuri sul luogo di lavoro;
  • organizzazione e qualità aziendale;
  • relazione e comunicazione nell’ambito lavorativo;
  • diritti e doveri del lavoratore e dell’impresa, legislazione del lavoro, contrattazione collettiva;
  • competenze di base e trasversali;
  • competenza digitale;
  • competenze sociali e civiche;
  • spirito di iniziativa e imprenditorialità;
  • elementi di base della professione/mestiere.

Le imprese possono decidere se avvalersi dell’offerta formativa pubblica o organizzarla in proprio. In questo caso, devono dimostrare di disporre di luoghi idonei alla formazione, distinti da quelli normalmente destinati alla produzione di beni e servizi e di risorse umane con adeguate capacità e competenze.

L’impresa deve registrare la formazione effettuata sull’apposito libretto formativo del cittadino, specificando anche la qualifica professionale eventualmente acquisita dall’apprendista ai fini contrattuali.
In mancanza del libretto formativo, bisogna predisporre un documento che ne abbia i contenuti minimi, ovvero generalità dell’apprendista, descrizione dei contenuti e delle attività svolte. Si possono eventualmente usare i moduli previsti dal contratto collettivo applicato.

Le imprese con sedi in più Regioni possono scegliere l’offerta formativa della Regione in cui c’è la sede legale oppure avvalersi di quella pubblica delle Regioni in cui hanno le sedi operative.
Le Regioni devono recepire le linee guida entro sei mesi dalla loro approvazione, quindi entro il 20 agosto 2014. Nel frattempo, viene istituito un gruppo tecnico al Ministero del Lavoro con una serie di compiti, fra cui la definizione di eventuali piattaforme comuni, l’individuazione di costi standard, l’articolazione dei moduli per certificare le competenze.

Vera MORETTI

Jobs Act e piano Renzi, il punto di vista dell’INT

Il Jobs Act del presidente del Consiglio Renzi divide. Ci mancherebbe altro, siamo in Italia… E quando mai un provvedimento governativo ha unito qualcuno? Ma divide anche i lavoratori. Perché se i diretti beneficiari delle misure di Renzi saranno i lavoratori dipendenti, che tra un paio di mesi dovrebbero vedere gli effetti delle misure del governo in busta paga, come spesso accade il popolo degli autonomi e dei professionisti resta alla finestra.

Sono oltre 5 milioni e mezzo, come rileva l’Istat relativamente all’ultimo trimestre del 2013. Aggiungiamo circa 6 milioni di partite Iva che comprendono anche le imprese. E abbiamo le dimensioni del fenomeno.

Tra i professionisti c’è chi accoglie positivamente le indicazioni del Presidente del Consiglio in attesa di vederne la concretizzazione. È il caso dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) il cui presidente, Riccardo Alemanno, ha dichiarato:“Certo ognuno avrebbe voluto di più per la propria categoria o per le proprie necessità, in un momento di crisi tutti vivono momenti difficili, qualcuno però sta affrontando anche difficoltà maggiori e credo che i soggetti individuati dal Presidente Renzi, come destinatari del maggior beneficio annunciato nei giorni scorsi ovvero i lavoratori dipendenti, siano proprio coloro che più di altri risentono della crisi economica. Bisogna uscire dalla logica della difesa del  proprio orticello, cosa che ha prodotto sempre negatività per la collettività, soprattutto il mondo professionale dovrebbe comprendere tale necessità anteponendo linteresse generale al proprio, ricordando che solo se lintera collettività potrà avere maggiori risorse da immettere sul  mercato con implementazione dei consumi, solo così anche le varie categorie produttive, professionisti compresi potranno uscire dall attuale situazione di  stagnazione economico-finanziaria”. “Purtroppo – prosegue Alemannoproprio in questi giorni giungono segnali che vanno in tuttaltra direzione, aumentare ad esempio i compensi dei servizi professionali resi reintroducendo tariffe minime credo che in questo  momento sia, pur se legittimato dalla norma, qualcosa di incomprensibile e che avrà un effetto positivo per pochi e negativo per la collettività. Da parte nostra, lo abbiamo già comunicato al Presidente Renzi, siamo  pronti a fare la nostra parte, senza chiedere riconoscimenti, senza mettere sul piatto contropartite, ma solo ed esclusivamente nell’interesse generale del Paese. Sicuramente proseguiremo la nostra battaglia sulla semplificazione e sulla riforma fiscale, continueremo a criticare ciò che merita di essere criticato perché non va nel verso dellequità e della giustizia sociale,  ma questa è una battaglia di tutti e per tutti  e non di parte”.