Assunzione clandestino, cosa si rischia?

E’ sempre più frequente la tratta dei “nuovi schiavi”, nel mondo del lavoro. Ovvero assumere persone clandestine, immigrati irregolari, spesso per lavori in nero. Ma cosa si rischia assumendo un clandestino per un lavoro di manovalanza, in un cantiere, ad esempio? Scopriamolo assieme.

Assunzione clandestino, cosa si rischia

Innanzitutto, partiamo col dire che commette il reato di immigrazione clandestina colui che non rispetta determinati requisiti e va in contro ad una contravvenzione punibile con una ammenda da 5.000 a 10.000 euro: vale a dire che, chi fa ingresso in Italia senza sottoporsi ai controlli, non rischia il carcere.

Corre il rischio di carcere il datore che fa lavorare in nero uno straniero non regolarizzato: oltre alle sanzioni economiche molto alte (fino a 36mila euro), può incorrere anche nel carcere.

Come stabilito dalla Cassazione, prevedere sia una sanzione penale sia una amministrativa per chi assume in nero uno straniero irregolare non va a costituire alcuna violazione del divieto del ne bis in idem, sarebbe a dire il principio per cui il giudice non può esprimersi due volte sulla stessa azione qualora si sia già formata la cosa in giudicato, dal momento che la condotta del datore di lavoro va a ledere due diversi istituti giuridici.

In sostanza, chi assume un lavoratore clandestino, viola sia le norme sull’ immigrazione e commette anche reato verso gli obblighi contributivi.

Sanzioni penali per chi assume clandestini

Quali sono, quindi le sanzioni penali per quei datori di lavoro che assumono lavoratori non in regola con la legge, sul piano dell’immigrazione nel nostro paese?

Stando al Testo unico sull’immigrazione, «il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato».

Va anche aggiunto, sempre per citare il suddetto testo, «chi viola le norme sull’immigrazione facendo lavorare per conto della propria impresa uno straniero irregolare viene punito con una reclusione che va dai sei mesi ai tre anni, oltre ad una multa di 5.000 euro».

Ci si ritrova ad un ulteriore aumento delle pene nei seguenti casi in cui:

  • i lavoratori irregolari occupati siano un numero maggiore di 3;
  • tra i lavoratori irregolari vi siano presenti dei minori;
  • i lavoratori vengano sottoposti a condizioni lavorative di particolare sfruttamento.

Sanzioni amministrative per chi assume clandestini

In base al decreto sul lavoro del Jobs Act bisogna tenere in conto i seguenti punti:

  • per ciascun lavoratore non in regola, entro i 30 giorni di impiego effettivo è prevista una sanzione che va dai 1.500 ai 9.000 euro;
  • la sanzione sale da 3.000 a 18.000 euro per ciascun lavoratore irregolare con impiego effettivo tra i 31 e i 60 giorni;
  • la sanzione va da un minimo di 6.000 ad un massimo di 36.000 euro per ogni lavoratore irregolare con impiego effettivo superiore ai 60 giorni;

Questo, dunque è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito ai rischi di un lavoratore che assume un operaio clandestino per svolgere qualsivoglia attività.

Assunzioni in agricoltura per brevi periodi: come fare i lavori stagionali?

Quante volte è capitato di dover effettuare dei lavori agricoli e non sapere a chi rivolgersi per essere sicuri di non violare norme? Ora cercheremo di capire come si può assumere in agricoltura in periodi di raccolta intensi o per lavori di breve durata.

Assunzioni in agricoltura per brevi periodi di lavoro intenso

Può capitare che un soggetto abbia dei terreni con monoculture e di conseguenza non abbia la possibilità di assumere degli operai in quanto si occupa da solo dei lavori e ha bisogno di aiuto solo per la raccolta, capita spesso con la campagna olearia, ormai alle porte, con la raccolta di prodotti che non richiedono molto lavoro, ad esempio nocciole, castagne e simili. In tutti questi casi i lavori sono concentrati in pochi giorni, ma comunque possono verificarsi sinistri, l’agricoltura resta un settore in cui possono essere frequenti, e allora c’è la necessità di assumere rispettando le normative evitando così anche di avere denunce per lavoro nero. In seguito vedremo diverse ipotesi in cui l’assunzione può avvenire anche da parte di un soggetto che non è un imprenditore agricolo, ma un soggetto privato.

Voucher PrestO per le assunzioni in agricoltura occasionali

La prima possibilità da considerare sono i voucher PrestO: il termine PrestO sta ad indicare prestazioni occasionali, ecco perché si tratta di uno strumento utile per i periodi di raccolta intensa in agricoltura, naturalmente possono essere usati anche in altri settori. Sono stati introdotti dall’art. 54 bis della L. n. 96/2017 con l’abrogazione dei vecchi voucher. Purtroppo hanno dei limiti oggettivi e soggettivi. In particolare possono essere stipulati, o meglio utilizzati, in favore di:

  • titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità;
  • disoccupati di età inferiore a 25 anni regolarmente iscritti a un corso di studio, anche di tipo universitario;
  • disoccupati;
  • titolari di misure di sostegno al reddito.

Come funzionano i voucher PrestO

I voucher PrestO possono essere utilizzati per 10 giorni continuativi, quindi si tratta di una misura perfetta proprio per i casi che abbiamo citato in precedenza, cioè la raccolta delle olive, di nocciole, castagne, uva e simili. Ci sono anche dei limiti reddituali, cioè uno stesso soggetto con i voucher non può accumulare redditi superiori a 5.000 euro nell’arco di un anno, ma di fatto questo non osta a un ulteriore uso dello stesso lavoratore, da parte dello stesso utilizzatore, in un periodo diverso, ad esempio per altre mansioni agricole, come la pulizia del giardino, l’importante è non superare i limiti visti. I voucher PrestO possono essere acquistati anche da soggetti privati, cioè non nell’esercizio di attività d’impresa.

Il Voucher PrestO è composto da due parti, una è la retribuzione netta per il lavoratore, mentre l’altra parte comprende contributi INPS e INAIL, questo vuol dire che in caso di infortunio il lavoratore è comunque coperto. I buoni hanno un valore nominale di 12 euro a ora.  Il lavoratore non può essere impegnato per meno di 4 ore lavorative al giorno.

Se vuoi maggiori informazioni sui voucher PrestO, leggi la guida: Voucher INPS PrestO e libretto di famiglia: le nuove regole

Rispetto a quanto detto deve solo essere sottolineato che ora non si può più accedere ai servizi INPS con il PIN, ma occorre uno SPID, oppure CIE (Carta di Identità Elettronica) o CNS.

Quale contratto posso stipulare se ho bisogno di un lavoratore agricolo per più di 10 giorni?

Chi ha esigenza di assumere per più di 10 giorni continuativi potrebbe trovare soluzione al problema attraverso il contratto avventizio in agricoltura, la cui disciplina purtroppo risale al 1957, ma è ancora in vigore sebbene poco conosciuta. Questo è pensato per una durata media del lavoro di 1-2 mesi. La normativa prevede che siano gli organismi provinciali a stabilire orari di lavoro nei vari mesi dell’anno in base anche alle esigenze stagionali. La particolarità di questo contratto è che funziona “a chiamata”: ogni giorno è il datore di lavoro a decidere se si lavora o meno e questo dipende per lo più dal meteo.

E’ ovvio che se i miei operai sono addetti alla raccolta delle olive e piove abbondantemente, non potranno lavorare. Il contratto di lavoro avventizio in agricoltura si può stipulare direttamente con il datore di lavoro o presso Agenzie per il lavoro. In realtà per questa tipologia di mansioni, a meno che non ci sia una conoscenza personale di soggetti interessati a questo tipo di prestazione, ci si rivolge ad agenzie o Centri per l’Impiego che possono facilmente aiutare a trovare personale.

Il contratto avventizio non deve avere una durata giornaliera superiore a 8 ore lavorative. In periodi di lavoro intenso si può richiedere dello straordinario ma in misura massima di 1 ora al giorno. Particolari regole sono previste per mietitura e trebbiatura, ma in questa sede non ci soffermiamo perché questi lavori, dal 1957 a oggi, hanno subito una modifica sostanziale e di fatto non occorre eseguire degli straordinari importanti tanto da giustificare delle deroghe.

Dal contratto avventizio devono essere distinti i contratti a tempo indeterminato e determinato che vedremo in seguito.

Contratto di somministrazione di lavoro agricolo

Tra le varie possibilità vi è anche il contratto di somministrazione, in questo caso l’operaio agricolo non viene assunto dall’imprenditore agricolo, ma dall’Agenzia che deve però avere delle particolari autorizzazioni allo svolgimento di tale attività. La durata minima è un mese, di conseguenza può essere utilizzato anche per le prestazioni agricole, il datore di lavoro può essere anche un privato che figura come utilizzatore.

Contratto agricolo a chiamata

Un’altra opportunità è data dal contratto agricolo a chiamata, anche questo può essere utilizzato per le assunzioni in agricoltura per brevi periodi. Vi sono però limiti e condizioni. Non può essere utilizzato per più di 400 giornate lavorative nell’arco di un triennio. Possono essere assunti con il contratto agricolo a chiamata persone sotto i 24 anni di età e persone sopra i 55 anni di età. Si tratta quindi di un contratto il cui obiettivo è inserire persone che non riescono a collocarsi nuovamente nel mercato del lavoro dopo aver perso la precedente occupazione oppure che studiano e hanno bisogno di avere delle entrate. Naturalmente deve essere corrisposta una retribuzione oraria non inferiore a quella prevista dal CCNL per le stesse mansioni, contributi, previdenza, malattia e si maturano le ferie.

Questo contratto prevede che sia riconosciuto a favore del lavoratore anche un’indennità di disponibilità, ecco perché è difficile da utilizzare in agricoltura per piccoli imprenditori. All’indennità di disponibilità corrisponde un obbligo di risposta da parte del lavoratore.

Il personale: come fare un buon piano di reclutamento

Il personale rappresenta il più importante fattore della produzione aziendale. Pertanto è opportuno reclutare le persone giuste.

Il personale: l’organizzazione del lavoro

Il personale a disposizione di un’azienda è un capitale inestimabile. Per questo molte aziende predispongono piani di benefit e premi aziendali. Ma riuscire ad organizzare i lavoratori in modo da combinare le risorse umane con i “materiali” di cui si dispone è fondamentale. Pertanto le “relazioni” di collaborazione o di subordinazione che si istaurano tra le persone devono essere tutelate e valutate, allo scopo di raggiungere un obiettivo comune. Anche se per ogni unità organizzativa è bene scegliere i soggeti da cui ognuno riceve gli ordini e qualli a cui vanno impartiti. Questo perché i rapporti che si istaurano possono essere:

  • gerarchici;
  • funzionali;
  • ausiliari
  • consultivi.

Il reclutamento inizia della pianificazione del personale

Prima di passare al reclutamento del personale, il responsabile di questo settore deve avere ben chiaro due punti: chi e cosa serve in azienda. E’ quindi necessario stabilire il fabbisogno del personale, nel medio – lungo termine. Ma anche di quali figure, sotto l’aspetto qualitativo, l’azienda ha bisogno per andare avanti. Pertanto è indispensabile definire i compiti inerenti alla funzione da assegnare ed i requisiti che devono avere le persone che saranno chiamate a ricoprire i posti di lavoro previsti. Raccolte le informazioni necessarie, è possibile, definire degli standard in relazione ai posti di lavoro, ai requisiti e alle mansioni che il personale deve possedere. Solo a questo punto si passa alla fase di ricerca e selezione del personale.

Il personale: la ricerca anche attraverso i social

La ricerca del personale può attingere sia a fonti interne che esterne all’azienda. La ricerca interna si ha quando l’azienda verifica se tra le persone già dipendenti ci sono quelle da inserire in una nuova posizione lavorativa. Questa tecnica può portare dei benefici in termini di tempo, ma anche di costi per l’azienda che non dovrà così assumere nuovo personale. Ma quando in azienda non si ha il personale idoneo, occorre rivolgersi a fonti esterne.

Tuttavia la ricerca esterna prevede dei costi da sostenere ed un programma di reclutamento che prevede dei tempi non sempre snelli. Per questo motivo, oltre ai normali canali di ricerca del personale come ad esempio l’affidarsi agli organi preposti, le aziende puntano su internet. Infatti sono molte le aziende che pubblicano i loro annunci di lavoro su social network come linkedin e Indeed. Ma attenzione perché l’annuncio è un momento importante per la comunicazione aziendale. Pertanto si consiglia un testo semplice, chiaro nei requisiti richiesti, ma anche un pizzico di appetibilità.

La selezione dei candidati

Una volta aver ottenuto tutte le domande di assunzione, si avvia una fase di selezione. Questa fase ha lo scopo di valutare tutte le competenze dei candidati. Lo scopo è semplice: trovare le persone più idonee per quel tipo di lavoro. Le operazioni di selezione possono essere affidate a del personale interno specializzato, oppure a società di selezione che potrebbero essere più obiettive. La selezione è di solito composta da più fasi:

  • la preselezione, che consiste nell’effettuare una prima scrematura, basandosi sui dati dei curriculum vitae;
  • l’ intervista preliminare, a volte anche telefonica, con il quale valutare il reciproco interesse.

Chi supera queste due fasi potrà accedere alla selezione vera e propria con un colloquio più tecnico e più inerente alla mansione che il candidato dovrà svolgere. Per alcune aziende è importante fare anche delle prove pratiche e la visita medica di idoneità.

L’ultima fase: l’assunzione e l’accoglienza in azienda

L’ultima fase del processo di reclutamento è data dalla gestione dell’ingresso in azienda dei soggetti ritenuti idonei. Con l’assunzione si istaura un rapporto tra l’azienda e il candidato attraverso il rapporto di lavoro subordinato. L’assunzione definitiva può però avvenire anche dopo un periodo di prova, durante il quale entrambe le parti possono decidere se proseguire o meno. Questo periodo deve essere concordato tra le parti e nel rispetto delle norme per singola categoria lavorativa. Dopo di ciò si dispone la lettera di assunzione che contiene: la data, la sede, la mansione, l’orario di lavoro, l’inquadramento, il trattamento economico ed eventuali altri accordi.

L’accoglienza del neoassunto è una fase delicata che deve essere ben seguita e facilitata. Questo permette al lavoratore di inserirsi in modo graduale e svolgere il proprio lavoro in modo efficiente ed autonomo. Spesso infatti viene nominato un tutor che abbia un elevato atteggiamento collaborativo. La fase di reclutamento è finita, adesso spetta alla parti decidere se proseguire e per quanto tempo questa nuova avventura lavorativa.

 

Assunzione collaboratore: obblighi del datore di lavoro e tutele per il lavoratore

Tra il lavoro autonomo e il lavoro subordinato si colloca il contratto di collaborazione che si concretizza quando un’impresa chiede a un lavoratore di prestare la sua opera senza vincolo di subordinazione, ma funzionale all’organizzazione aziendale.

Il lavoro parasubordinato

L’assunzione di un collaboratore rientra nel contratto di lavoro parasubordinato che presenta, sotto certi aspetti le caratteristiche di un’attività lavorativa autonoma, sotto altri le peculiarità di un rapporto di lavoro dipendente.

Nella parasubordinazione, rientra il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.). Si tratta sostanzialmente di un’attività lavorativa autonoma, ma con la presenza di caratteristiche simili a quella subordinata.

La collaborazione deve essere continuativa e prevede un’azione di coordinamento da parte del datore di lavoro pattuita insieme al collaboratore, sulla prestazione di lavoro offerta da quest’ultimo che, tuttavia, mantiene la sua natura personale. Entrando nel dettaglio, vediamo quali sono i requisiti.

Collaborazione coordinata continuativa: i requisiti

Il contratto di co.co.co prevede la presenza dei seguenti requisiti:

  • l’autonomia: il collaboratore non è soggetto a un orario di lavoro, per cui stabilisce in modo autonomo i tempi e le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. Al contempo, non impiega i propri mezzi organizzati e laddove serva, utilizza quelli del committente;
  • il potere di coordinamento che esercita il committente è correlato alle esigenze dell’organizzazione aziendale. Tuttavia, esso non deve essere tale da compromettere la libertà d’azione operativa del collaboratore riguardante l’esecuzione della prestazione, quindi, rientrando negli accordi presi dalle due parti;
  • la natura personale della prestazione;
  • la continuità che non deve essere solo relativa alla reiterazione degli adempimenti, che potrebbe anche mancare a causa delle caratteristiche specifiche del lavoro, quanto nella permanenza nel tempo del vincolo che lega le parti contraenti. In assenza di questo requisito, del correlato potere di coordinamento e del vincolo funzionale, si configura la prestazione occasionale che, invece, fa parte del lavoro autonomo svolto con sporadicità;
  • la mancata attrazione dell’attività di lavoro nell’oggetto dell’eventuale professione esercitata dal contribuente;
  • la retribuzione deve essere corrisposta periodicamente e prestabilita;

Il regime fiscale e giuridico

Il reddito conseguito dal collaboratore all’interno di un contratto di co.co.co. è da annoverare tra quelli derivanti da lavoro dipendente. Tuttavia, il regime giuridico applicato resta quello del lavoro autonomo, per cui non è prevista la garanzia al lavoratore del diritto alla pensione, nel caso di mancato versamento dei contributi dovuti.

Le tasse vanno calcolate sulla base della dichiarazione dei redditi e consistono nell’Irpef mensile e addizionali Irpef regionale e comunale, oltre ai contributi previdenziali INPS e assicurativi INAIL che, come vedremo sono inseriti nella busta paga.

I lavoratori co.co.co. non devono aprire partita IVA, beneficiano del bonus Irpef e possono fruire delle detrazioni spettanti ai dipendenti.

Assunzione collaboratore: contribuzione e obblighi del datore di lavoro

Nel contratto di collaborazione coordinata e continuativa il contributo previdenziale deve essere versato nella misura di due terzi dal committente, il restante terzo dal collaboratore. Tuttavia, l’obbligo di versamento è di competenza del datore di lavoro anche per la quota spettante il lavoratore, che viene pertanto trattenuta in busta paga.

Per la determinazione dell’aliquota da applicare, il committente deve acquisire dal lavoratore l’apposita dichiarazione sulla sua situazione contributiva. Il versamento va effettuato tramite il modello F24 con termine di scadenza fissato per il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento del compenso.

Il datore di lavoro è tenuto a trasmettere ogni mese per via telematica, direttamente o tramite gli intermediari previsti dalla legge, tutti i dati necessari all’aggiornamento delle posizioni contributive dei lavoratori.

L’invio va effettuato entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di erogazione delle retribuzioni, a prescindere dal periodo di lavoro a cui sono riferiti. L’invio richiede la preventiva certificazione del file da parte dell’apposito software di controllo Inps.

Se le parti ritengono opportuno tutelarsi in caso di contenzioso sulla classificazione del rapporto di lavoro instaurato, possono richiedere la certificazione del contratto di collaborazione presso gli organi certificatori.

Le tutele per il collaboratore

Il contratto di co.co.co è stato introdotto inizialmente come attività lavorativa autonoma, ma successivamente sono arrivate anche alcune tutele per il collaboratore, tipiche del lavoro dipendente.

Il collaboratore è obbligato ad iscriversi alla Gestione Separata INPS che gli permette di beneficiare del congedo obbligatorio di maternità, quindi, le lavoratrici possono fruire della relativa indennità. Il collaboratore fruisce anche di eventuali assegni familiari, dell’indennità giornaliera di malattia a carico dell’Inps; dell’indennità di disoccupazione Dis-Coll. Non è prevista la maturazione di permessi e di ferie.

Non è previsto alcun preavviso per il recesso né da parte del datore di lavoro né da parte del lavoratore, tuttavia, solitamente si procede a introdurlo in accordo tra le due parti.

Assunzione percettore reddito di cittadinanza: ci sono agevolazioni per il datore di lavoro?

Il datore di lavoro che procede all’assunzione di un beneficiario del Reddito di Cittadinanza fruisce di uno sgravio contributivo e assistenziale. Tuttavia, per goderne è necessario assumere il percettore del RdC con un contratto a tempo pieno e indeterminato. D’altronde, lo scopo principale del governo è di aumentare il tasso di occupazione stabile.

I beneficiari dell’agevolazione e la natura dei contratti

Beneficiari dell’agevolazione, sono tutti i datori di lavoro privati (imprenditori e non imprenditori), compresi quelli del settore agricolo. Possono ottenere l’incentivo anche gli enti di formazione accreditati, nei casi in cui l’assunzione a tempo indeterminato e pieno (parziale su richiesta del dipendente per particolari esigenze) del percettore di Reddito di Cittadinanza si realizzi presso un altro datore di lavoro a seguito del percorso formativo svolto presso l’ente stesso.

L’assunzione deve avvenire tramite contratto di lavoro a tempo indeterminato e pieno (anche a scopo di somministrazione e in attuazione del vincolo associativo con cooperativa di lavoro ai sensi della L. 142/2001); apprendistato.

Restano esclusi i contratti a lavoro intermittente a tempo indeterminato; il lavoro a tempo indeterminato di personale con qualifica dirigenziale; lavoro occasionale; lavoro domestico.

Tipologia ed entità dell’incentivo per l’assunzione di chi beneficia del Reddito di Cittadinanza

Lo Stato ha voluto incoraggiare le assunzioni di chi fruisce del Reddito di Cittadinanza con un incentivo a favore del datore di lavoro. Nello specifico, si tratta dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (sono esclusi dallo sgravio i premi e contributi dovuti all’INAIL) a carico del datore di lavoro e del lavoratore, nel limite dell’importo mensile del Rdc spettante al lavoratore all’atto dell’assunzione, con un tetto mensile di 780 euro, per un contratto a tempo pieno.

Se l’assunzione del fruitore del Rdc riguarda un lavoro correlato con il percorso formativo (in base al Patto stipulato tra gli Enti di formazione e i Centri per l’Impiego o le agenzie per il lavoro) l’incentivo è concesso per il 50% dell’importo (massimo 390 euro) all’Ente che ha garantito al lavoratore assunto tale percorso di formazione o di riqualificazione professionale.

La restante parte spetta al datore di lavoro che assume il beneficiario del Rdc. La durata dell’incentivo non cambia, eccetto il periodo minimo di fruizione, stabilito per questo tipo di assunzioni in sei mensilità, sia per il datore di lavoro che per l’Ente di formazione.

La durata del beneficio è pari alla differenza tra 18 mensilità e quelle mensilità di cui ha usufruito già il beneficiario del RdC fino alla data di assunzione (minimo 5 mensilità).

Nel caso in cui il Reddito di Cittadinanza conseguito dal lavoratore assunto derivasse da un rinnovo, la durata fissa dello sgravio è di 5 mensilità.

Domanda e condizioni di accoglimento di erogazione dell’incentivo

I datori di lavoro devono inviare online la domanda di ammissione all’INPS tramite modulo apposito presente sul sito dell’Istituto (sezione “Portale agevolazioni”).

L’INPS effettuerà la verifica fornendo un riscontro di accoglimento della domanda ed elaborando il piano di fruizione a determinate condizioni:

  • il datore di lavoro deve comunicare la disponibilità dei posti vacanti alla piattaforma digitale dedicata al Rdc presso l’ANPAL;
  • l’azienda che assume deve realizzare un incremento occupazionale netto del numero di dipendenti impiegati a tempo indeterminato;
  • il datore di lavoro deve essere in regola con gli obblighi contributivi e di assunzione;
  • vanno rispettati i principi generali per la fruizione degli incentivi;
  • l’assunzione non deve essere effettuata in attuazione di un obbligo preesistente, né violare il diritto di precedenza alla riassunzione di lavoratori licenziati;
  • nessuna sospensione lavorativa connessa a crisi o riorganizzazione aziendale deve essere in atto presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione, salvo le assunzione di lavoratori inquadrati ad un differente livello da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in unità produttive diverse da quelle interessate dalla sospensione;
  • nessuna assunzione di dipendenti licenziati nei 6 mesi precedenti da un datore di lavoro in correlazione con quello che assume;
  • deve esserci sufficiente capienza di aiuti de minimis in capo al datore di lavoro.

Cumulabilità e sanzioni

L’incentivo è cumulabile con le agevolazioni previste per le assunzioni effettuate nelle regioni del Sud Italia, di soggetti che non abbiano compiuto 35 anni di età ovvero di soggetti con almeno 35 anni di età che risultino privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

L’agevolazione è cumulabile con l’incentivo Io Lavoro, ma non è cumulabile con altri regimi agevolati né con altri incentivi all’occupazione di natura economica ovvero contributiva.

E’ tenuto alla restituzione dell’incentivo (più sanzioni civili) il datore di lavoro che licenzia il lavoratore percettore di RdC entro 36 mesi dall’assunzione, a meno che non avvenga per giusta causa o per giustificato motivo.

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Quando scatta obbligo di assunzione a tempo indeterminato?

Oggi andiamo a scandagliare quel misterioso mondo del lavoro e la chimera della assunzione a tempo indeterminato. Quando, un lavoratore può avere il diritto e di fare lo scatto di assunzione e quindi quando scatta l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato. Scopriamolo assieme.

Lavoro a tempo indeterminato, cosa è?

Innanzitutto, partiamo col dire di cosa si tratta, quando parliamo di lavoro a tempo indeterminato. Con tale tipologia di lavoro, si intende il contratto con cui il lavoratore si impegna, a seguito di una paga retribuita, a prestare la propria attività lavorativa per il datore di lavoro, a tempo indeterminato, cioè senza vincolo di durata. A differenza dei più usuali contratti di lavoro subordinati, ovvero con una durata periodica di scadenza, chiamati lavoro a tempo determinato.

Obbligo di assunzione a tempo indeterminato, quando e come scatta

Dunque, questo infausto mondo del lavoro offre, come detto due tipologie di contratto, con una diversa tipologia di contratto. Sempre che nella peggiore delle ipotesi non vi ritroviate assunti da un datore di lavoro che vi offra danaro in nero, quindi senza una regolare contribuzione e quindi senza alcun contratto a norma. Ad ogni modo, a causa della scarsa tutela che offre al lavoratore il contratto a tempo determinato, col tempo sono entrate in vigore diverse norme per scoraggiare il ricorso a questo contratto. Ultima, ma non ultima, la norma che ha inciso profondamente sulla disciplina di questo istituto, è il decreto Dignità.

Va comunque ricordato e precisato che il lavoratore con contratto di lavoro a tempo determinato ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili.

Ma, quando, dunque scatta l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato per chi è stato assunto in maniera subordinata?

Potremmo, in breve dire che quando il rapporto di lavoro va ad oltrepassare il periodo di prosecuzione di fatto, il contratto si considera trasformato da tempo determinato a tempo indeterminato, tenendo fede alla data dal superamento dei 30 o dei 50 giorni.

Partiamo col dire che la fissazione del termine dovrà risultare dal contratto di lavoro o dalla lettera di assunzione, a pena di nullità della clausola. Per cui deve essere redatta per iscritto. Fanno invece eccezione i rapporti di durata inferiore ai 12 giorni.

Qualora, invece, dal contratto non risultasse il termine, esso si rivelerà inefficace solo nella parte in cui risulta essere a tempo determinato. Pertanto, si considera il contratto valido, ma a tempo indeterminato. Stessa cosa che accade qualora il termine del contratto è apposto successivamente. In tal caso manca comunque l’inserimento del termine nel contratto di lavoro, che dunque verrà considerato a tempo indeterminato.

Inoltre vi sono delle ipotesi in cui la durata massima complessiva del contratto può essere superiore alla durata di 24 mesi al di fuori della prosecuzione di fatto. Per passare indenni i 24 mesi complessivi, potrà essere stipulato un nuovo contratto a termine, presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente. Diversamente, il nuovo contratto determina la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.

Superamento delle proroghe di un contratto a tempo determinato

In ultimo ma non ultimo, va ricordato che un contratto a tempo determinato, stando alle previsioni del decreto dignità, può essere prorogato fino ad un massimo di 4 volte.

Superando tale numero di proroghe, scatta l’obbligo al tempo indeterminato.

Per essere ritenuta valida, la proroga deve essere accettata e firmata dal lavoratore, oltre che comunicata per via telematica ai servizi per l’impiego del proprio territorio, con modello Unilav.

Rinnovi contrattuali, vi sono limiti?

In ultimo, ma assolutamente non ultimo, andiamo a vedere se ci sono limiti massimi, inerenti al numero di possibili rinnovi contrattuali.

Va subito detto che, a differenza del numero limite imposto sulle proroghe, non troviamo invece un limite massimo di rinnovi contrattuali.

Tuttavia, deve essere comunque rispettata la durata massima complessiva stabilita nel contratto di lavoro. Occorre in fine ricordare che per ogni rinnovo è obbligatoria l’indicazione di una valida causale e che tra un contratto e l’altro occorre che venga rispettato un periodo di pausa.

Dunque, ora che avete saputo il necessario su questa meravigliosa favola dei contratti di lavoro, potete rinnovare la vostra promessa contrattuale (se ne avete uno di contratto di lavoro) e lavorare felici e contenti, finché pensione non vi separi.

 

Assunzione a tempo determinato e indeterminato, le differenze

In Italia esistono due tipologie di rapporti di lavoro: autonomo e subordinato. Quest’ultimo è caratterizzato dal vincolo di subordinazione a cui è sottoposto il lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Motivo per cui, il neoassunto è tenuto a seguire le direttive e le disposizioni tecnico-organizzative che il suo datore di lavoro ritiene più adeguate per la produttività dell’azienda.

Nel lavoro subordinato il dipendente è obbligato a collaborare con l’impresa attraverso una prestazione lavorativa di natura manuale o intellettuale. D’altro canto, il datore di lavoro si obbliga a corrispondergli una retribuzione e a garantirgli la copertura assicurativa e previdenziale.

Le due forme principali di lavoro subordinato sono a tempo determinato e indeterminato, di cui andiamo a parlarvi, qui di seguito, ponendo l’accento sulle differenze.

Assunzione a tempo determinato e indeterminato, le differenze

La principale differenza tra il contratto a tempo determinato e quello a tempo indeterminato risiede nella durata del rapporto di lavoro. Nel primo caso, al momento dell’assunzione viene indicata una data di inizio ma non quella conclusiva. Nel secondo caso, viene specificata la durata, quindi, anche la data di conclusione della collaborazione.

La decisione per cui un datore di lavoro sceglie di assumere un dipendente a tempo determinato piuttosto che a tempo indeterminato risiede in diversi motivi. L’assunzione a termine avviene spesso per soddisfare il bisogno di avere più lavoratori in un momento di produzione maggiore o per colmare assenze prolungate e impreviste di altri dipendenti. Ma anche per una questione di flessibilità, soprattutto in periodi di crisi economica, nonostante un costo maggiore.

L’altra differenza molto importante riguarda il neoassunto. Nel caso di contratto a tempo indeterminato, le tutele sono decisamente maggiori. Ottenere un mutuo o un prestito con un lavoro stabile è molto più facile. Il licenziamento da parte del datore di lavoro può avvenire solo per giusta causa o giustificato motivo, oggettivo o soggettivo. Le dimissioni del dipendente possono essere presentate solo dietro preavviso nei tempi previsti dalla legge.

Nel caso di contratto a tempo determinato, la risoluzione del rapporto di lavoro avviene automaticamente alla data di scadenza prefissata. Se il lavoratore vuole dimettersi può farlo solo per giusta causa, ovvero per avvenuto grave inadempimento da parte del datore di lavoro che non consente al dipendente di proseguire il lavoro, nemmeno temporaneamente. Diversamente, il lavoratore rischia di essere chiamato a risarcire il danno procurato all’azienda con la sua uscita volontaria dal lavoro.

Assunzione a tempo determinato

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato è ovviamente privo di scadenza. Può essere part time o full time, dove per tempo pieno s’intendono solitamente 40 ore settimanali, salvo diverse indicazioni previste dal CCNL. Una prestazione lavorativa che va oltre l’orario di lavoro normale è definito straordinario e non può superare le 250 ore annuali. E ammesso solo se c’è stato accordo tra le parti, salvo la presenza di una specifica disciplina collettiva.

Assunzione a tempo determinato

Il datore di lavoro può assumere un lavoratore con un contratto a tempo determinato (part time o full time) per la durata massima di 24 mesi. Nel caso di riassunzione o di durata superiore a 12 mesi deve inserire una causale che deve rientrare nell’ipotesi delle seguenti esigenze: temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività dell’azienda; di sostituzione di altri lavoratori; connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. Senza causale, il primo rapporto di lavoro non può essere stipulato per più di 12 mesi.

Il contratto a termine si trasforma a tempo indeterminato se le proroghe sono superiore a quattro e comunque si sfora il limite massimo di tre anni. Il contratto a tempo determinato può essere riproposto ad uno stesso lavoratore decorso un periodo di tempo di almeno 10 o 20 giorni, a seconda che il contratto precedente avesse durata inferiore o superiore a 6 mesi.
L’intervallo non è applicabile alle attività stagionali e alle ulteriori ipotesi eventualmente individuate dai contratti collettivi anche aziendali.

Il datore di lavoro può ricorrere a un numero totale di contratti a tempo determinato (salvo diversa previsione dei contratti collettivi) non superiore al 20% del numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato in forza nell’azienda al 1° gennaio. Per i datori di lavoro che occupino fino a cinque dipendenti, è comunque sempre possibile un’assunzione a termine.

Il lavoratore in attività per più di 6 mesi presso la stessa azienda acquista un diritto di precedenza (solo se indicato per iscritto al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso) nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nei 12 mesi successivi alla cessazione del rapporto e riferite a mansioni equivalenti. Tale diritto si estingue entro un anno dall’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro deve informare per iscritto il lavoratore di tale diritto al momento dell’assunzione a termine, riportando l’informativa relativa al diritto di precedenza nel contratto di assunzione.

Il contratto a tempo determinato non può essere utilizzato per sostituire lavoratori in sciopero; presso unità produttive che sono ricorse a licenziamenti collettivi di lavoratori con le stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a termine, nei sei mesi precedenti (salvo conclusione del contratto avvenuta per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o abbia una durata iniziale fino a tre mesi; presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di Cig, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato; da parte di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

La violazione dei suddetti divieti comporta la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.

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Dove controllare l’assunzione e dove trovare l’UniLav

In qualche caso, può sorgere il dubbio a un lavoratore rispetto alla possibilità di essere stato assunto in modo regolare. A questo punto s’impone la domanda: “Dove controllare l’assunzione?“. La risposta immediata e concisa è: “Tramite il modello UniLav“.

Comunicazione Obbligatoria Unificato Lav: quando inviarla

Quando un datore di lavoro decide di assumere una persona è obbligato a inoltrare una comunicazione online tramite l’UniLav (Modello Unificato Lav) al Servizio Informatico C.O. con effetto anche nei confronti dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, dell’INAIL e del ministero del Lavoro.

Tale comunicazione obbligatoria è utilizzata dai datori di lavoro anche per la proroga, trasformazione e cessazione di un contratto di lavoro.

Nello specifico, tramite l’UniLav viene comunicata l’assunzione del dipendente entro 24 ore del giorno precedente a quello d’inizio del contratto, ad esclusione dei contratti con urgenza e forza maggiore. La proroga dei contratti a tempo determinato specificando la data di termine (entro i cinque giorni seguenti all’evento). La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato oppure da part-time a full time (entro i cinque giorni seguenti all’evento). Le dimissioni del lavoratore o il suo licenziamento, sempre entro i cinque giorni successivi all’evento.

Chi rilascia l’UniLav e dove trovarlo

Il Modello Unificato Lav è inviato dai datori di lavoro privati, dagli enti pubblici economici, dalle pubbliche amministrazioni e dalle agenzie di somministrazione. Tra i soggetti abilitati ci sono i datori di lavoro, i consulenti del lavoro dell’azienda, le agenzie di somministrazioni e quelle del lavoro, ma anche chi ospita un tirocinante, i servizi delle associazioni di categorie delle imprese artigiane e delle piccole imprese, il preponente di un contratto di agenzia.

Sono esclusi dall’abilitazione i consulenti fiscali, i tributaristi e i CED.

Il Modulo Unilav è disponibile sul sito della Regione o della Provincia Autonoma di competenza e in cui è situato il datore di lavoro presso cui il dipendente deve svolgere la propria attività lavorativa.

UniLav: informazioni contenute

All’interno dell’UniLav vengono indicate molte informazioni, tra i dati più importanti ci sono i dati dell’azienda o di chi la rappresenta legalmente, i dati anagrafici del lavoratore, compresi eventuali dati del permesso di soggiorno per lavoratori stranieri, il tipo di comunicazione (assunzione, proroga, trasformazione e cessazione di un contratto di lavoro), la data di assunzione ed eventualmente di scadenza, il contratto collettivo nazionale del lavoro applicato al dipendente e il livello d’inquadramento, la qualifica professionale ISTAT, l’orario di lavoro, la tipologia di contratto attivato, se il lavoratore è stagionale o socio di cooperativa, la retribuzione, la matricola Inps dell’azienda e la Posizione Assicurativa Territoriale INAIL, eventuali agevolazioni.

Come vedere assunzione online?

Chi assume può anche inviare al lavoratore assunto una copia della ricevuta elettronica che attesta l’avvenuta protocollazione del modello UniLav da parte del sistema informatico. In essa sono indicati il giorno e l’ora in cui il documento è stato ricevuto dal servizio informatico che è valido ai fini dell’adempimento dell’obbligo del datore di lavoro. Lo stesso documento riporta l’indicazione del protocollo e il codice di comunicazione.

Nel caso il datore di lavoro ometta il suddetto inoltro, il lavoratore può rivolgersi alla CIP (Consultazione Info Previdenziali), un sistema con il quale i cittadini possono visualizzare all’interno del periodo richiesto, le informazioni di cui ha bisogno, comprendenti anche la categoria di inquadramento contrattuale e il tipo di rapporto lavorativo.

L’assunzione è riportata anche nella scheda anagrafica del lavoratore rilasciata dal Centro per l’Impiego competente del territorio. In essa sono indicati i dati anagrafici, le competenze professionali del lavoratore e i contratti di lavoro comunicati dal datore di lavoro.

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Assunzione a tempo indeterminato durante cassa integrazione: adempimenti ed agevolazioni

E’ possibile lavorare durante la Cassa integrazione? La riposta è “sì”. E’ pur vero, che ciò è limitato ad alcune tipologie di contratto, che ci sono degli obblighi da rispettare sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, ma anche delle agevolazioni in alcuni casi.

La crisi economica e del mondo lavoro dovuta al persistere dell’emergenza Covid ha costretto il governo a fare ricorso a vari ammortizzatori sociali per sostenere le imprese e aiutare i lavoratori coinvolti. Inoltre è stata concessa la possibilità a quest’ultimi di poter svolgere contemporaneamente e in modo temporaneo altre attività senza perdere i benefici di cui usufruisce.

La predetta facoltà consente ai soggetti sospesi dal lavoro di essere utilizzati in attività produttive, agevolando la rioccupazione e permettendo di integrare il proprio reddito. Ma consente anche all’Inps di risparmiare risorse in quanto vengono sospese o ridotte le varie misure di sostegno.

Assunzione durante cassa integrazione: comunicazioni obbligatorie

Come già anticipato, la rioccupazione non sempre è compatibile con la fruizione della cassa integrazione, in quanto il cumulo tra reddito lavorativo e beneficio derivante dall’ammortizzatore sociale è previsto solo in alcuni casi.

La circolare n. 130/2010 dell’Inps stabilisce quando ricorre l’incompatibilità tra prestazione lavorativa e trattamento assistenziale e quando, invece, è consentito il cumulo totale o parziale tra reddito da lavoro e ammortizzatore.

Per prima cosa, il lavoratore è obbligato a comunicare preventivamente al datore di lavoro dello svolgimento della nuova attività, ma non all’Inps, nei casi in cui vige l’obbligo di comunicazione al Centro dell’Impiego (rapporti di lavoro subordinato, a progetto, associazione in partecipazione ecc.). Invece, l’obbligo di comunicazione all’Inps ricorre nel caso di prestazioni di lavoro autonomo non accessorio. Il datore di lavoro, invece, è obbligato ad effettuare la comunicazione alla sede Inps competente del territorio, relativamente all’assunzione, cessazione, trasformazione e proroga dei rapporti di lavoro autonomo, subordinato, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali.

Compatibilità e cumulabilità Cig con contratto a tempo indeterminato

Lo svolgimento di un’attività con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato alle dipendenze di un diverso datore di lavoro non è consentita ai percettori di Cig ordinaria, straordinaria e in deroga, in quanto non compatibile e non cumulabile (eccezion fatta per il personale, anche navigante dei vettori aerei e delle società da questi derivanti a seguito di processi di riorganizzazione o trasformazioni societarie). La conseguenza è la risoluzione del rapporto precedente e la perdita del diritto al trattamento di integrazione salariale.

Invece, è compatibile e cumulabile con Cig ordinaria, straordinaria e in deroga il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato part-time. La compatibilità sussiste per quanto concerne l’orario di lavoro, la cumulabilità sussiste in caso di reddito percepito da una nuova attività compatibile e non sovrapponibile in termini temporali a quello in essere. Fermo restando il rispetto del limite massimo di ore lavorate settimanali. Per esempio è perfettamente compatibile e cumulabile l’integrazione salariale per un rapporto di 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì con un rapporto di lavoro a tempo parziale di 8 ore da svolgere nella giornata di sabato.

Quest’ipotesi ricorre anche nel caso in cui i due contratti lavorativi siano a tempo parziale, con l’orario quotidiano ridotto e con la prestazione a orario pieno in più occasioni in periodi prestabiliti. Ma anche quando il contratto di lavoro subordinato full e part-time, sempre che le due attività siano compatibili nel rispetto della soglia massima settimanale di lavoro.

Se l’orario lavorativo si sovrappone si realizza una parziale cumulabilità, nel caso il reddito da lavoro part-time è inferiore all’integrazione complessiva del salario. In questo caso al beneficiario è dovuta una quota di integrazione a concorrenza del totale della stessa. Ricorrendo questa ipotesi il lavoratore dovrà comunicare all’Inps l’importo delle retribuzioni percepite con il contratto a tempo parziale per calcolare l’eventuale differenza di Cig da corrispondere.

Agevolazioni per assunzione lavoratori in Cig

La legge prevede agevolazioni per l’assunzione di lavoratori in cassa integrazione straordinaria, ma non per quella ordinaria o in deroga. Tuttavia, tali benefici contributivi sussistono solo in caso di assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato, per cui il lavoratore perde il diritto alla Cig nel momento in cui viene assunto. Per beneficiare delle agevolazioni sono necessarie determinate condizioni.

Lavoratori in Cigs da almeno 3 mesi

I datori di lavoro (cooperative di produzione e lavoro incluse) che assumono a tempo pieno e indeterminato (o associano) lavoratori che abbiano beneficiato del trattamento Cigs per almeno 3 mesi e che ne usufruiscano al momento dell’assunzione, dipendenti da imprese beneficiarie da almeno 6 mesi (stavolta continuativi) dall’intervento, hanno diritto ai seguenti benefici:

  • Per ciascuna mensilità di retribuzione riconosciuta al lavoratore, un contributo pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore se fosse rimasto disoccupato. Il predetto contributo spetta per nove mesi (ventuno per il lavoratore over 50 ed ulteriormente a 33 se il lavoratore ultracinquantenne risiede nel Sud Italia o in circoscrizioni territoriali con un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale e l’azienda opera nei suddetti territori);
  • alla riduzione per 12 mesi della contribuzione nella misura prevista per gli apprendisti dipendenti da aziende con piu` di 9 dipendenti, ferma restando la contribuzione in misura normale a carico del lavoratore.

Lavoratori in Cigs da almeno 24 mesi

Le aziende che assumono a tempo indeterminato pieno o part-time lavoratori sospesi in Cigs da almeno due anni hanno diritto per un periodo di 36 mesi:

  • al versamento del 50% dei contributi a loro carico se operanti in aree del Centro-Nord
  • all’esonero totale dal pagamento contributivo, siano essi operanti nell’Italia Meridionale, sia che si tratti di artigiani.

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Assunzione senza firma del contratto, è possibile?

Bonus assunzioni 2021: panoramica delle misure in vigore

Assunzione senza firma del contratto, è possibile?

Chiedersi se si può assumere senza la firma del lavoratore sul contratto è lecito. In effetti, la legge non prevede la forma scritta obbligatoria per il contratto di lavoro subordinato, forma necessaria nel caso contenga particolari clausole che andiamo a citare qui di seguito.

Quando è valida un’assunzione senza la firma del dipendente sul contratto?

In realtà, esiste solo un caso in cui l’assunzione di un lavoratore da parte di un datore di lavoro è valida anche senza la firma di quest’ultimo sul contratto. E’ il caso del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno.

Tutte le altre tipologie di assunzione come i contratti a termine, apprendistato, formazione lavoro, part-time, ecc. sono considerate una deroga e, per questo motivo, vanno necessariamente messe per iscritto e firmate dal datore di lavoro e dal neoassunto. Proprio per quanto appena detto, se una lettera di assunzione non viene firmata dal dipendente, automaticamente la legge declina il rapporto di lavoro come a tempo pieno e indeterminato con tutti gli effetti che esso comporta.

Ad esempio, nel caso del periodo di prova, la legge prevede che in questo lasso di tempo, in cui ognuna delle due parti può decidere di interrompere il rapporto di lavoro, il relativo contratto sia redatto in forma scritta. In caso contrario, ovvero in assenza di quest’ultimo contenente l’attestazione del periodo di prova e la sua durata, il rapporto di lavoro è da considerarsi stabile.

A questo punto, il datore di lavoro non potrà licenziare il lavoratore in assenza di giusta causa o per giustificato motivo, pagando il relativo preavviso fissato dal contratto nazionale di categoria anche se il dipendente è entrato in azienda per un solo giorno. Nel caso in cui, sia quest’ultimo a voler lasciare il lavoro, il datore di lavoro può pretendere da lui l’indennità sostitutiva del preavviso.

Contratto senza firma: cosa deve fare il datore di lavoro

Quando un’azienda assume un nuovo dipendente, ricorre l’obbligo di comunicarlo il giorno antecedente l’inizio del rapporto di lavoro al Centro per l’Impiego competente del territorio e agli enti previdenziali tramite il modello Unilav.

Nel modello Unilav vanno indicati i dati di chi assume e del dipendente, l’instaurazione e il tipo di rapporto di lavoro. Si tratta di una procedura telematica necessaria per scoraggiare le assunzioni in nero che, tuttavia, non prevede la firma del dipendente. Motivo per cui, alcune aziende lo fanno senza aver fatto sottoscrivere il contratto di lavoro al lavoratore assunto.

Tramite lo stesso modello, l’azienda è obbligata a comunicare eventualmente la proroga, la trasformazione e la cessazione del contratto di lavoro entro i cinque giorni successivi dall’evento. Ma anche il distacco e il trasferimento del lavoratore.

Tale vincolo concerne tutti i datori di lavoro, siano essi privati (compresi quelli agricoli) che enti pubblici economici e pubblica amministrazione. Ma riguarda anche l’assunzione di un lavoratore con un rapporto lavorativo non subordinato: contratto lavoro coordinato e continuativo, contratto di agenzia e rappresentanza, associazione in partecipazione, tirocini o esperienze simili.

Lettera di assunzione per contratto senza firma

Il datore di lavoro privato o pubblico dovrebbe comunicare al lavoratore, entro trenta giorni dalla data dell’assunzione, una copia del contratto o una lettera di assunzione firmata per metterlo a conoscenza del contratto nazionale di categoria applicato, la mansione, l’inquadramento e le caratteristiche del contratto (se è a termine, la data di scadenza).

In particolare, un contratto di lavoro senza firma è valido tramite la lettera di assunzione solo quando si indica l’identità delle parti, il luogo di lavoro, il numero di matricola del dipendente iscritto sul libro unico del lavoro aziendale; la data di inizio del rapporto di lavoro e quella di cessazione in caso di contratto a termine, nonché la precisazione se si tratta di un rapporto a tempo determinato o indeterminato; la durata del periodo di prova; l’inquadramento nel CCNL, livello, qualifica e mansioni del dipendente; l’importo iniziale dello stipendio ed eventuali altri elementi retributivi; l’orario di lavoro; la durata delle ferie pagate; i termini del preavviso in caso di recesso.

La mancata comunicazione delle informazioni suddette non invalida il rapporto di lavoro. Tuttavia, il neoassunto può rivolgersi alla direzione provinciale del lavoro che provvederà ad intimare al datore di lavoro di adempiere alla richiesta entro 15 giorni. Se ciò non dovesse avvenire, l’ordinamento italiano prevede l’applicazione a suo carico di una sanzione amministrativa pecuniaria. Sono escluse dall’adempimento obbligatorio, le informazioni riguardanti la durata del periodo di prova, la retribuzione, le ferie pagate e il preavviso in caso di recesso, sempre che, venga fatto esplicito rinvio alle norme del CCNL applicate al lavoratore.

Avvertenze per il dipendente

Prima di firmare un contratto di lavoro, il dipendente dovrebbe leggere con attenzione le clausole. Infatti, può non essere conveniente farlo nel caso esse non siano chiare o gradite. Ad esempio, l’espletamento di mansioni promiscue non meglio specificate; straordinari di cui non sono precisati i termini, le modalità e i limiti; l’accettazione di flessibilità dell’orario in assenza di un accordo tra l’azienda ed i sindacati che, comunque dovrebbe essere obbligatorio; la disponibilità al trasferimento da un’unità produttiva all’altra in base alle esigenze dell’azienda, a maggior ragione se non è a una distanza ragionevole; sottoscrivere la propria data di dimissioni in un allegato per poter essere assunto.

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