Decontribuzione Sud: nuova proroga per imprese fino al 31 dicembre 2023

Continua anche per il 2023 la misura denominata Decontribuzione Sud che prevede una riduzione del 30% del costo dei contributi in favore delle aziende che assumono al Sud. Ecco i dettagli.

Arriva la proroga di Decontribuzione Sud per tutto il 2023

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato che la Commissione europea ha autorizzato anche per il 2023 l’applicazione della misura denominata Decontribuzione Sud e che mira ad agevolare le imprese del Meridione che decidono di assumere. L’obiettivo è rendere la misura strutturale. Deve sottolinearsi che la misura ha visto la luce per la prima volta nella legge di bilancio 2021 e prevede l’applicazione fino al 2029, ma l’Unione Europea provvede ad autorizzazioni solo temporanee, l’ultima in scadenza al 31 dicembre 2022.

La buona notizia è che la misura, non solo è stata prorogata al 30% fino al 31 dicembre 2023, ma non è stata considerata dall’Unione Europea un Aiuto di Stato, questo vuol dire che non rientra tra le misure da indicare nell’Autodichiarazione Aiuti di Stato e non contribuisce al raggiungimento delle soglie previste dalla relativa disciplina. Inoltre la decontribuizione non incide negativamente sulla maturazione del requisito pensionistico.

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Particolare soddisfazione è stata espressa non solo da Giorgia Meloni, ma anche dal Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto che ha sottolineato come questa possa essere considerata un’importante misura per le imprese del Sud che soffrono più delle altre la particolare congiuntura economica del periodo.

Cosa prevede Decontribuzione Sud

A questo punto è bene delimitare il campo di applicazione. Decontribuzione Sud è una misura in favore delle Regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Sardegna, Basilicata, Puglia, Calabria. Spetta per le assunzioni in tutti i settori, esclusi il settore agricolo e il lavoro domestico. Lo sgravio contributivo è del 30%, ma non si applica ai premi Inail e ai versamenti in favore dei vari fondi. Inoltre non possono usufruirne consorzi, enti ecclesiastici, IACP, fondazioni.

Con la Circolare 90 del mese di luglio 2022 l’Inps aveva invece provveduto a chiarire ulteriormente i requisiti necessari per poter ottenere l’agevolazione. La stessa infatti è riservata ad imprese che:

  • siano in regola con gli obblighi di contribuzione previdenziale secondo la normativa del Durc ( Documento Unico regolarità contributiva);
  • rispettino le norme fondamentali sulla sicurezza sul luogo di lavoro;
  • rispettino accordi e contratti collettivi.

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Resta infine da sottolineare che decontribuzione Sud è compatibile con altre forme di incentivo o aiuto, tranne nel caso in cui sia proprio la disciplina specifica a vietare il cumulo.

Decontribuzione Sud: arriva la circolare operativa dell’INPS

La legge 178 del 30 dicembre 2020 all’articolo 1 commi da 161 a 168 ha previsto la decontribuzione per le aziende che assumono al Sud, sono esclusi i contratti di lavoro agricolo, lavoro domestico. L’Inps con la circolare 90 del 27 luglio 2022 ha dato indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi a tale esonero contributivo per il periodo da luglio 2022 a dicembre 2022.

A quanto ammonta l’agevolazione Decontribuzione Sud?

La legge 178 del 2020 prevede l’esonero contributivo in misure diverse nel tempo, in particolare:

– 30% fino al 31 dicembre 2025;
– 20% per gli anni 2026 e 2027;
– 10% per gli anni 2028 e 2029.

In quali regioni si applica?

Tale esonero si applica a Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. L’obiettivo di questa disciplina di favore è preservare l’occupazione delle imprese del Mezzogiorno in prospettiva pluriennale, tale esigenza, ribadisce la circolare 90 del 2022, diventa ancora più importante visti gli eventi socio-economici, tra cui la guerra in Ucraina, che stanno caratterizzando gli ultimi mesi.

Possono richiedere il beneficio economico i datori di lavoro anche non imprenditori che abbiano subito gli effetti negativi della guerra in Ucraina e che siano collocati nelle 8 regioni interessate. Ricordiamo che tra gli eventi connessi alla guerra ci sono i costi dell’energia.

Esclusione dei benefici Decontribuzione Sud

Oltre ad essere esclusi alcuni contratti di lavoro e in particolare lavoro domestico e nel settore agricolo, vi è l’esclusione dal beneficio della decontribuzione Sud per:

  • consorzi di bonifica;
  • enti pubblici economici;
  • istituti autonomi case popolari;
  • enti trasformati in società di capitali, ancorché a capitale interamente pubblico, per effetto di procedimenti di privatizzazione;
  • ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato;
  • enti ecclesiastici;
  • enti morali;
  • consorzi industriali.

Sono inoltre escluse le imprese che operano nel settore finanziario e quelle sottoposte a sanzioni UE.

Dal punto di vista oggettivo la decontribuzione Sud non si applica ai premi e contributi Inail, inoltre non si applica per i versamenti ai fondi per il TFR e ai fondi interprofessionali.

Decontribuzione Sud e contratto di somministrazione di lavoro

Il beneficio viene riconosciuto anche nel caso in cui trattasi di contratto di somministrazione di lavoro, in questo caso se l’agenzia di somministrazione ha sede in una regione diversa rispetto a quelle ammesse al beneficio, l’esenzione viene applicata comunque se la sede effettiva di lavoro si trova in una delle regioni ammesse al beneficio. L’agevolazione viene comunque concessa tenendo in considerazione i limiti previsti per gli aiuti di Stato.

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Prestazioni pensionistiche

L’Inps precisa nella circolare che, in seguito all’applicazione di questa misura, resta comunque fermo il computo delle prestazioni pensionistiche per il lavoratore, cioè non vi è una perdita per il lavoratore sull’ammontare di pensione maturata.

Istruzioni operative

La circolare dell’Inps sulla Decontribuzione Sud detta anche le modalità operative per ottenere tale agevolazione per i mesi intercorrenti da luglio 2022 al 31 dicembre 2022. Nel flusso Uniemens dovranno esporre per i lavoratori per i quali spetta l’agevolazione:

  • elemento <Imponibile> e elemento <Contributo> della sezione <DenunciaIndividuale>. In particolare, nell’elemento <Contributo> deve essere indicata la contribuzione piena calcolata sull’imponibile previdenziale del mese.

Per esporre il beneficio la procedura è:

andare alla sezione <DenunciaIndividuale>, <DatiRetributivi>, nell’elemento <InfoAggcausaliContrib> i seguenti elementi:
– nell’elemento <CodiceCausale> dovrà essere inserito il valore “DESU”, avente il significato di “Esonero per assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato Articolo 1, commi da 161 a 168, della legge 30 dicembre 2020, n. 178”;

– nell’elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale> dovrà essere indicato il valore “N”. Per quanto concerne le agenzie di somministrazione, relativamente alla posizione dei lavoratori assunti per essere impegnati presso l’impresa utilizzatrice (posizione contributiva contraddistinta dal CSC 7.07.08 e dal CA 9A), dovrà essere concatenato alla data di assunzione, il numero di matricola dell’azienda utilizzatrice, nel seguente formato AAAAMMGGMMMMMMMMMM (18 caratteri; ad esempio: 202106091234567890) o, in sua mancanza, il codice fiscale;

– nell’elemento <AnnoMeseRif> dovrà essere indicato l’Anno Mese di riferimento del conguaglio;

– nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> dovrà essere indicato l’importo conguagliato, relativo alla specifica competenza.

Per coloro che non riuscissero ad adeguare i sistemi entro il mese di luglio, il beneficio riguardante il mese di luglio potrà essere esposto nei successivi (agosto, settembre e ottobre 2022). per il mese arretrato deve essere compilata la sezione “InfoAggcausaliContrib” .

Puoi scaricare la circolare 90 dell’Inps qui Circolare_numero_90_del_27-07-2022

 

 

Banche delle terre agricole: uno strumento per trovare terreni incolti

In Italia è stato calcolato che sono disponibili circa 3,5 milioni di ettari di terreno coltivabili e non utilizzati per vari motivi, allo stesso tempo ci sono giovani e meno giovani, imprese già operanti nel settore agricolo, che vorrebbero avere dei terreni da coltivare. Le banche delle terre  agricole hanno l’obiettivo di far incontrare domanda e offerta.

Le banche delle terre agricole

La prima cosa da chiarire è perché parliamo di banche dei terreni agricoli, la risposta è semplice: si parla al plurale perché in Italia sono attive diverse piattaforme che hanno l’obiettivo di far incontrare domanda e offerta di terreni.

Banca delle terre agricole ISMEA: come funziona

La  “banca” più importante è sicuramente quella gestita da ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), la particolare rilevanza è data dal fatto che si tratta di un ente pubblico economico che funziona in stretta correlazione con il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali. In questa sede ci sarà solo un breve excursus alle iniziative di ISMEA perché di fatto il bando è già in una fase avanzata. Il 9 giugno 2021 sul sito ISMEA sono iniziate le manifestazioni di interesse per i terreni presenti nella banca dati ISMEA. Il bando ha messo a disposizione 16 mila ettari di terreno dislocati in tutto il territorio nazionale, la maggior parte al Sud, in grado di sviluppare potenzialmente 624 aziende agricole.

La Banca Nazionale delle Terre Agricole ISMEA mette a disposizione terreni pronti per essere coltivati, insomma non devono essere ripristinati, riportati a coltura e di conseguenza sono in grado di produrre reddito fin da subito. Gli stessi sono venduti all’asta con una procedura semplice e trasparente. Per i giovani che vogliono iniziare a lavorare in agricoltura ci sono ulteriori agevolazioni, ad esempio piani di pagamenti trentennali. Per il lotto di terreni resi disponibili nell’anno 2021 le manifestazioni di interesse potevano essere presentate dal giorno 9 giugno al 7 settembre, mentre è in svolgimento la seconda fase che prevede l’analisi delle varie proposte. Si aprirà quindi la fase dell’assegnazione dei terreni e della stipula dei contratti.

Il bando della Banca Nazionale delle Terre Agricole è importante perché sicuramente sarà nuovamente presentato per il 2022 e offrirà nuove opportunità.

Terre AbbanDonate

Per chi non vuole attendere, un’altra possibilità di accedere a terreni agricoli è formulato dall’associazione Let Eat Be che ha realizzato il progetto Terre AbbanDonate il cui obiettivo è contrastare il fenomeno delle terre abbandonate, soprattutto quelle appartenenti a proprietari che hanno difficoltà ad occuparsene e a metterle in produzione e di conseguenza restano incolte. In questo caso i proprietari dei terreni lasciati senza colture vengono iscritti in un particolare catasto dei terreni che raccoglie questi appezzamenti, mentre coloro che hanno interesse a coltivare dei terreni sono inseriti nell’anagrafe dei coltivatori. Attraverso la piattaforma Terre AbbanDonate è possibile far incontrare proprietari e potenziali agricoltori che poi possono autonomamente stipulare il contratto.

Uno dei limiti di questa piattaforma è il fatto che sia di tipo locale, cioè il censimento dei terreni abbandonati riguarda solo quelli che sono localizzati nella zona del biellese.

Le banche delle terre regionali: Toscana, Liguria e Trentino

Il terzo progetto è invece la Banca della Terra organizzata dapprima dalla regione Toscana e in seguito anche in Trentino Alto Adige, con la speranza che presto possa diventare un progetto di tipo nazionale, naturalmente gestito dalle Regioni. Il primo progetto della banca della terra è della Regione Toscana nel 2012 e ha l’obiettivo di dare nuova vita ai terreni incolti e preferire la gestione da parte di cooperative e giovani agricoltori anche di nuova generazione, cioè persone che arrivano da altre storie e decidono di cambiare vita e quindi occuparsi di agricoltura. La piattaforma è accessibile da questo link https://www.regione.toscana.it/-/la-banca-della-terra

Banche dei terreni agricoli di altre Regioni

Il progetto approda in seguito presso la regione Liguria, in questo caso acquista il nome di Banca Regionale della Terra, BRT e ha l’obiettivo di accrescere la competitività delle aziende agricole attraverso il portare a coltura terreni abbandonati e il riordino fondiario. La normativa della Banca regionale della terra è nell’articolo 6 della legge regionale 4 del 2014, naturalmente della regione Liguria.

Nel 2015 il progetto parte anche in Trentino Alto Adige, la legge di riferimento è la legge 15 del 2015 e ha l’obiettivo di contemperare le esigenze di chi vuole avviare nuove imprese e limitare il fenomeno dell’abbandono delle terre.

In Campania la bancha dei terreni agricoli è stata istituita con la legge Regionale n. 10 del 31 marzo 2017 articolo 1, commi 63,64,65 e 66.  L’obiettivo è censire e assegnare agli agricoltori, in particolare i giovani che vogliono iniziare a lavorare in questo settore, le terre abbandonate. L’inventario dei terreni disponibili è tenuto dalla Direzione Generale delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Cosa sono i terreni incolti?

In base alla disciplina delle banche delle terre devono essere considerate incolte le aree che non sono state utilizzate per almeno 3 annate agrarie. I terreni possono essere segnalati anche dai consorzi di miglioramento fondiario, da liberi professionisti che si occupano di materia agraria e da organizzazioni professionali agricole. Quando i terreni sono di proprietà di privati è comunque necessario il loro assenso per poter procedere e i contratti possono essere di concessione, affitto e compravendita.

Chi decide di iniziare un’attività nell’agricoltura può ottenere incentivi e aiuti, leggi gli articoli dedicati:

Agricoltura: credito di imposta per chi acquista macchinari 

Credito per il Mezzogiorno per l’agricoltura: come funziona

Tassazione delle aziende agricole: il regime delle imposte sul reddito

 

Imprese innovative: la crescita maggiore è al Sud

Qualche anno fa probabilmente nessuno l’avrebbe immaginato, ma oggi le imprese innovative che guidano l’Italia registrano i loro maggiori numeri al Sud, e precisamente in Campania, Sicilia e Puglia.
Sono queste, insieme al Lazio, le quattro regioni che, secondo il focus condotto da Censis Confcooperative denominato “4.0 la scelta di chi già lavora nel futuro”, negli ultimi sei anni hanno registrato la maggior crescita di imprese innovative.

Solo dopo queste quattro ci sono Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Lombardia.

A questo proposito, Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ha dichiarato: “La ricerca ci dice che alcune regioni del Mezzogiorno hanno tassi di crescita delle imprese digitali enormemente superiori alle classiche aziende che sono state sempre locomotive del sistema tradizionale. Vedere che in Campania, Sicilia e Puglia il numero di imprese digitali cresce più che in Lombardia, Veneto e Piemonte è qualcosa a cui non siamo preparati, ma si tratta evidentemente di un’opportunità positiva che aiuta a ricomporre anche un’equità e una coesione all’interno del paese”.

Tra le imprese digitali, ci sono quelle che riguardano la produzione di software, consulenza informatica, elaborazione dati, hosting, portali web, erogazione di servizi di accesso a Internet, nonché attività relative a telecomunicazioni e commercio al dettaglio attraverso la Rete.

La crescita di questo tipo di imprese ha subito un picco in particolare tra il 2011 e il 2016 in Campania (26,3%), in Sicilia (25,3%), Lazio (25,1%) e Puglia (24,2%).

Anche spostando il confronto dalle regioni alle macro aree il risultato non cambia, negli ultimi sei anni infatti, il Mezzogiorno resta quello con il più alto tasso di crescita di imprese digitali: +21,9%, seguito dal Centro con un incremento del 20,7%, mentre al Nord si osserva un’estensione della base produttiva del 14%.

Vera MORETTI

Campania sempre più proiettata verso l’export

Sace, che insieme a Simest costituisce il Polo dell’export e dell’ internazionalizzazione del Gruppo Cdp, ha deciso di supportare le imprese campane nell’internazionalizzarsi, e dare loro di conseguenza una buona opportunità di crescita.
A tale proposito, nel 2016 sono stati erogati 540 milioni di euro per sostenere mille imprese campane. Si tratta di finanziamenti mirati, perché la Campania è la prima regione esportatrice del Sud Italia e nona a livello nazionale.

Nel 2016, il tasso di crescita dell’export è stato del 2,9% e nei primi sei mesi del 2017 ha già raggiunto 2,3%.

Livio Mignano, Head of Domestic Network di Sace, ha commentato: “La Campania si conferma traino per le esportazioni del Meridione. E’ un territorio dinamico, ricco di imprese eccellenti con una forte prevalenza di piccole e medie imprese”.

Alessandra Ricci, amministratore delegato di Simest, ha aggiunto: “Sace e Simest sono in grado di offrire alle aziende campane un ampio bouquet di prodotti a tassi agevolati, di strumenti finanziario assicurativi per esportare e realizzare investimenti produttivi all’estero. Il nostro obiettivo è dare sostegno al sistema economico”.

I settori in cui l’export campano ha registrato i migliori risultati nel 2016 sono il settore degli apparecchi elettrici (+ 27,3), degli apparecchi elettronici (+24,4) e la farmaceutica (+14,1). Ambiti che si vanno ad aggiungere a comparti che storicamente spingono le esportazioni locali quali gli alimentari, il comparto tessile e dell’abbigliamento, i mezzi di trasporto, i prodotti in metallo e l’ambito farmaceutico che rappresentano il 70 per cento dell’export regionale.

Ambrogio Prezioso, presidente dell’Unione industriali di Napoli, ha poi concluso: “L’internazionalizzazione è la strada per lo sviluppo e per la crescita della nostra economia. Per crescere bisogna innovare perché chi resta fermo esce dal mercato”.

Tra i Paesi verso i quali la Campania ha maggiori vantaggi ci sono Giappone e Stati Uniti per gli alimentari, Cina e Perù per i mezzi di trasporto, Corea del Sud e Spagna per chi produce tessile e abbigliamento, Polonia e Ungheria per i prodotti in metallo, mentre gli Emirati Arabi Uniti e il Messico possono essere il futuro per la farmaceutica.

Ad oggi, le mete più gettonate per i prodotti campani sono Francia, Germania e Regno Unito, Svizzera e Stati Uniti. Positivo anche il riscontro delle vendite nei Paesi extra UE dove si registra un incremento del 6,9% nel 2017. A livello nazionale, il Rapporto dice che l’export italiano nei prossimi quattro anni crescerà del 4 per cento, raggiungendo 490 miliardi di euro nel 2020.

Vera MORETTI

Una Rete di Confidi a sostegno delle imprese del Centro-Sud

Per avere più possibilità di accesso al credito, le piccole e medie imprese fanno molto affidamento ai Confidi, i Consorzi di garanzia collettiva dei fidi, che, appunto, hanno lo scopo di svolgere attività di prestazione di garanzie per agevolare le imprese, soprattutto pmi, all’accesso ai finanziamenti, che siano a breve, medio o lungo termine poco importa, destinati in particolare alle attività economiche e produttive.

Per questo, la notizia della nascita di una Rete Confidi CNA, che rappresenterebbe il più grande Confidi per l’Italia Centro-Meridionale, è sicuramente positiva e si rivelerà utilissima.

Obiettivo primario di questa iniziativa è quello di sostenere le micro, piccole e medie imprese del Centro-Sud in questo momento di difficoltà economica, che purtroppo dura da un po’ ormai, e quindi cercare di rafforzare la capacità delle strutture aderenti e potenziando il ruolo del sistema CNA e dei suoi strumenti.

Sono in totale sette i Confidi riuniti sotto la Rete CNA: Coopfidi Lazio, Fidimpresa Abruzzo, Fidimpresa Umbria, Artigiancoop Viterbo, Artigiancredito Campania, Confidi CNA Molise, Garanzie artigiane Latina.

Ad essere interessate sono dunque cinque regioni, Lazio, Umbria, Campania, Abruzzo e Molise, con quasi cento punti distributivi sul territorio, circa 43mila le piccole imprese associate complessivamente, alle quali vengono garantiti in totale 565 milioni di finanziamenti bancari, dopo i 160 milioni di finanziamenti garantiti nel 2016.

Vera MORETTI

Imprese femminili? Il Lazio è in pole position

Le imprese femminili in Italia sono in continua crescita, come ha testimoniato Unioncamere in una ricerca da poco condotta, e, in particolare, sono aumentate sensibilmente in Lazio, dove nel 2016 ne sono state fondate ben 2.516 in più rispetto all’anno precedente, pari ad un incremento dell’1,82%.
Si tratta di una regione che, più di altre, sta dando il suo contributo affinché le aziende in rosa assottiglino il gap, ancora marcato, con le imprese maschili e che, a fine dello scorso anno, le ha viste raggiungere quota 1 milione e 321.862 unità.

Ma come va la situazione nelle altre regioni d’Italia? Dietro il Lazio ci sono la Basilicata (+1,77% e +279), la Calabria (+1,56% e +665) e la Campania (+1,19% e +1.557).
Modeste riduzioni dello stock si registrano invece nelle Marche, in Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, come conferma l’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere.

A questo proposito, Tiziana Pompei, vice segretario di Unioncamere, intervenendo all’evento M’illumino di impresa, organizzato dalla Camera di commercio di Roma, ha dichiarato: “Se l’impresa femminile ha ampi margini di sviluppo che vanno colti per ridare slancio all’occupazione e alla crescita va sostenuto e promosso il desiderio di tante donne, capaci e qualificate, che guardano all’attività in proprio e al mercato come un’opportunità per essere protagoniste del proprio progetto di vita. Valorizzare i loro successi, diffondendo le buone esperienze, come da tempo fanno i Comitati per l’imprenditorialità femminile delle Camere di commercio, è una strategia efficace per incoraggiare tante altre aspiranti imprenditrici ad avviare la propria attività”.

Vera MORETTI

Unioncamere e il ministero dell’Interno contro la criminalità

Unioncamere e il Ministero dell’Interno hanno deciso di cooperare in modo stretto per combattere la criminalità. Nei giorni scorsi, infatti, Unioncamere ha sottoscritto un protocollo con l’Autorità di gestione del Programma Operativo Nazionale “Legalità” FESR-FSE 2014-2020 (PON Legalità) che prevede la collaborazione istituzionale tra i due soggetti firmatari, ovviamente finalizzata all’attuazione di alcuni interventi previsti dal PON Legalità.

Tra gli obiettivi, il più importante è quello di rafforzare le condizioni di legalità per i cittadini e le imprese, per dare così un nuovo impulso allo sviluppo economico e migliorare la coesione sociale delle regioni considerate meno sviluppate, ovvero Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Gli interventi previsti vogliono quindi in primo luogo favorire l’interoperabilità delle banche dati pubbliche, anche attraverso azioni finalizzate allo sviluppo di sistemi di analisi delle informazioni afferenti alle imprese a rischio di infiltrazione criminale e sistemi per l’anticontraffazione, la tutela del made in Italy e l’antiriciclaggio.

In secondo luogo, si pensa al rafforzamento delle competenze delle imprese sociali che gestiscono attività nei beni confiscati alla criminalità organizzata.

Infine, si cercherà di giungere al miglioramento della trasparenza dei dati e delle informazioni in possesso della Pubblica Amministrazione e della diffusione degli stessi, nonché di collaborazione e compartecipazione di cittadini e stakeholder competenti nell’utilizzo di sistemi open data, sia, ad esempio, rispetto all’integrazione dei dati pubblicati che alla possibilità di proporre iniziative sulla gestione dei patrimoni confiscati, sul riutilizzo dei dati pubblici a fini di studi/ricerche e/o approfondimenti, e sul controllo sociale sui patrimoni stessi.

Vera MORETTI

La crisi fa bene al mercato delle auto usate

La crisi del mercato dell’auto non accenna a calare, soprattutto per quanto riguarda le nuove immatricolazioni.

Il Centro Studi Promotor, infatti, ha confermato che, dal 2007 ad oggi, il numero di vetture nuove acquistate nel Belpaese è sceso del 47,7%.

La buona notizia arriva dal mercato dell’usato e del Km0, che, nonostante abbia dovuto fare i conto con una diminuzione delle richieste, ha saputo reggere la crisi con una perdita “solo” del 19%, ma che ora sta risalendo la china in maniera probabilmente definitiva.

La conferma di questo andamento arriva anche dal Centro Studi Continental di Reggio Emilia, secondo il quale il rapporto tra le vendite di auto usate e Km 0 e di veicoli nuovi è quasi del 2 a 1: 184 vetture usate vendute per ogni 100 automobili nuove.

Si tratta sicuramente di un dato sorprendente, che riguarda in particolare le regioni del Sud e delle isole, dove tradizionalmente i redditi sono più bassi rispetto a quelli delle regioni del Nord.
A rafforzare questa tesi, arrivano i dati del Molise, dove sono state vendute ben 462 auto usate per ogni cento vetture nuove.
A seguire, invece, compaiono la Campania, con 428 vetture usate vendute per ogni 100 nuove, la Puglia con 414, la Sicilia con 396, la Basilicata con 373, la Calabria con 352 e la Sardegna con 335.

A conferma di quanto appena sostenuto c’è anche il dato relativo alla Valle D’Aosta, una delle regioni più ricche d’Italia, dove c’è un rapporto di appena 114 auto usate per ogni 100 nuove.

Ma questa situazione ha anche un rovescio della medaglia, che riguarda l’eccesso di domanda. Il fermento che sta caratterizzando il mercato dell’usato non era previsto, o comunque non così tanto, ed ora diventa sempre più difficile accontentare le richieste, spesso relative ai veicoli di successo con chilometraggio compreso tra i 30.000 ed i 70.000 km.

Secondo il Centro Studi Promotor, negli ultimi anni si è assistito ad un generoso aumento delle quotazioni di mercato delle auto usate dotate di alimentazione a gas; infatti, secondo il 54% dei concessionari intervistati, al giorno d’oggi un’auto a metano o a gpl ha un valore di mercato superiore rispetto al corrispondente modello dotato di alimentazione a benzina o a gasolio, mentre il 23% dei rivenditori attribuisce alle auto a gas lo stesso valore di mercato dei medesimi modelli a gasolio e una quotazione leggermente più alta di quelli a benzina. In ultimo, solo il restante 23% dei salonisti ritiene che le auto alimentate a gas abbiano un valore di mercato inferiore rispetto a quelle a gasolio o a benzina.

Vera MORETTI

Automotive in crescita in Campania

Il 2013 per la regione Campania è stato contraddistinto da un calo del pil ma anche da un brusco rallentamento degli investimenti e dei consumi delle famiglie.

Ciò è emerso dal rapporto della Banca d’Italia sull’economia della regione presentato a Napoli, che ha mostrato come gli investimenti siano scesi l’anno scorso del 5,6% rispetto al 2012, toccando quota 12 miliardi e 290 milioni; se si guarda al periodo 2007-2013 il calo degli investimenti arriva al -44,7%.
Calano anche i consumi delle famiglie che si attestano a 55 miliardi di euro scendendo del 3,1% rispetto al 2012 e toccando il -14,2% dal 2007.

Dati positivi arrivano dall’export, soprattutto dal settore automotive, che è salito, nel 2013, del 4,9% e, nel primo trimestre 2014, del 50,7%.
Si tratta di una ripresa che, però, viene livellata dal crollo dell’80,2% registrato nel periodo compreso tra il 2007 e il 2013,

Giovani Iuzzolino, analista della Banca d’Italia, ha dichiarato: “C’e’ un ripresa del settore che però era stato praticamente azzerato negli anni precedenti della crisi, e quindi si riparte da livelli molto bassi”.
Migliora anche il settore degli aeromobili, con l’export della Campania che e’ salito del 21,11% nel 2013, anche se in avvio del 2014 c’e’ un lieve calo del 2,9%.

Dati positivi arrivano anche dal settore moda, che nel 2013 ha rilevato un aumento del 7,1%, con una tendenza nel primo trimestre del 2014 che registra un +3,5%.
Bene anche il settore agroalimentare, che ha registrato un confortante +4,8%.

A questo proposito, ha aggiunto Iuzzolino: “Nel complesso l’agricoltura cala fortemente in volume di produzione nel 2013 con un -5,1%, un dato che penalizza la Campania rispetto ad altre zone d’Italia come il nordest che segnala una crescita del 4,7%. Vanno meglio le imprese che vendono all’estero, visto che l’export della filiera agroalimentare cresce, raggiungendo il 28% di tutto l’export regionale, mentre la domanda interna cala”.

Vera MORETTI