Flat tax: gli scenari possibili nel prossimo futuro. A chi gioverebbe?

In questi giorni sentiamo spesso parlare di flat tax, tassa piatta, fa parte dei programmi elettorali e dovrebbe essere al 15% o al 23%. Ma è fattibile? Sono molti gli economisti che ritengono che non si possa fare, mentre qualcuno dice che è necessario saper disegnare la flat tax, ma perché se ne parla tanto?

Cos’è la flat tax?

La flat tax è la tassa piatta, essa permette di evitare l’applicazione delle aliquote Irpef a scaglioni che salgono all’aumentare del reddito. Attualmente l’Irpef prevede anche una no tax area che aiuta i redditi più bassi.

La flat tax è già applicata a coloro che scelgono il regime forfettario, circa 2 milioni di partita Iva. Lo stesso però è applicabile fino ai 65.000 euro di ricavi e prevede la determinazione forfettaria della base imponibile attraverso l’applicazione dei coefficienti di redditività che variano in base al settore in cui si opera. Questo implica che i costi, voce negativa nella determinazione della base imponibile, non sono dedotti con il metodo analitico, ma attraverso una media fatta per il settore di appartenenza. Già questo può essere un primo deterrente.

Studi sulla flat tax

Siccome della flat tax si parla da molti anni, sono disponibili studi fatti già in passato sulla stessa. Da questi emerge che per una flat tax al 15% vi sarebbe una perdita per l’erario di 50 miliardi di euro. Nel caso in cui invece la flat tax fosse al 23%, sarebbe invece necessario recuperare circa 30 miliardi.

Il principio su cui si basa la proposta della flat tax è che se le aliquote sono ridotte le persone sono più propense a pagare le tasse e questo porterebbe quindi a una minore evasione fiscale. La prima cosa da sottolineare è che la flat tax andrebbe ad agire solo sulle imposte sui redditi e non su altre tipologie, l’evasione però deriva da diverse imposte tra cui gran parte dall’evasione Iva. L’evasione Irpef si aggira intorno a 37 miliardi di euro. Questo implica che con aliquota al 23% si dovrebbe sperare che all’improvviso tutti smettano di evadere per essere in pari. In caso contrario, sarà necessario aumentare altre imposte, oppure ridurre i servizi. Con l’aliquota al 15%, c’è una perdita rilevante di entrate.

A chi conviene la flat tax?

C’è un altro elemento da valutare: a chi conviene di più l’applicazione di una flat tax al 15% o al 23%? La risposta è semplice: di fatto conviene a chi ha redditi più alti che di conseguenza vede ridotta l’aliquota prima applicata e ha un deciso risparmio di imposta. Dai calcoli fatti in passato emerge addirittura che senza correttivi importanti ( che porterebbero comunque a un’ulteriore riduzione delle entrate per lo Stato), coloro che percepiscono redditi più bassi potrebbero pagare anche più imposte del passato e cioè con l’applicazione del criterio progressivo e non del criterio proporzionale (articolo 53 Costituzione).

I redditi più bassi potrebbero pagare più tasse

D’altronde il criterio progressivo, fortemente voluto dall’Assemblea Costituente, nasce proprio con l’obiettivo di aiutare le classi più deboli facendo pagare imposte più elevate alle classi più agiate e redistribuendo in servizi. UIL ha effettuato dei colcoli. Coloro che hanno un reddito di circa 10.990 euro l’anno dovrebbero pagare 1.819 euro in più l’anno, coloro che invece hanno un reddito di 17.640 euro pagherebbero in più 1.500 euro; con un reddito di 22.830 euro si pagherebbero in più 985 euro. Solo i redditi più alti risparmiano.

Da quanto emerge dalla prime indiscrezioni, per attuare un simile sistema potrebbe essere ritoccato il sistema delle deduzioni e detrazioni che ad oggi costituiscono un modo per scontare meno imposte. Ad esempio le detrazioni per le spese sanitarie, per l’acquisto di cane guida, per il trasporto pubblico, oppure per le spese di istruzione e tanto altro. Anche in questo caso a pagare di più questa flat tax sarebbero le classi meno agiate che non potrebbero più avvalersi neanche delle detrazioni su spese comunque importanti che chi invece risparmierà sull’imposta da pagare già può permettersi.

L’ostacolo della Costituzione

Inoltre si è visto che un’aliquota unica al 15% è praticamente improponibile, se non con un netto taglio di servizi, mentre l’aliquota al 23% potrebbe anche essere fattibile, ammesso che si riesca a recuperare tutta l’evasione, ma di fatto già oggi il primo scaglione Irpef è al 23%, quindi i redditi più bassi non avrebbero assolutamente alcun vantaggio, se non il rischio di avere meno deduzioni e detrazioni.

Deve infine essere aggiunto che il criterio della progressività su cui deve essere informato il nostro sistema fiscale è previsto nell’articolo 53 della Costituzione, è quindi necessaria una preliminare modifica della Costituzione con procedimento aggravato per poter passare alla flat tax. Oggi infatti l’unica imposta progressiva è l’Irpef e quindi applicando ad essa l’aliquota proporzionale il sistema fiscale andrebbe ad impattare con la Costituzione.

Concorso VFP1 Esercito: requisiti, termini e retribuzione

Nell’anno 2022 sono disponibili 6000 posti per VFP1 Esercito. Il bando prevede il reclutamento attraverso 3 blocchi, il primo blocco è già concluso, si sono invece aperti il 2 maggio 2022 i termini per l’iscrizione dei ragazzi appartenenti al secondo blocco. Ecco chi può partecipare e i requisiti.

Posti disponibili per il secondo blocco del concorso VFP1 Esercito

Il secondo blocco consente l’accesso a 2000 ragazzi, possono partecipare alla selezione coloro che sono nati tra il 31 maggio 1997 e il 31 maggio 2004, estremi compresi.

Di questi:

  • 1971 sono destinati a incarico principale determinato da Forze Armate;
  • 5 con incarico principale elettricista infrastrutturale;
  • 5 con incarico principale idraulico infrastrutturale;
  • 10 per incarico principale muratore;
  • 5 con incarico principale falegname;
  • 3 con incarico principale fabbro;
  • 1 con incarico principale Meccanico di mezzi e piattaforme.

Requisiti per partecipare al concorso VFP1 Esercito

Per quanto riguarda i requisiti, sottolineiamo che possono partecipare le persone di entrambi i sessi che abbiano compiuto il 18° anno di età e non superato i 25 anni di età. Per poter presentare la domanda è necessario aver conseguito il diploma di scuola istruzione secondaria di primo grado, si tratta del vecchio diploma di scuola media, quindi anche chi non ha un diploma di scuola superiore di secondo grado può partecipare.

In secondo luogo come per tutti i concorsi è necessario il godimento dei diritti civili e politici, non essere stati dispensati, destituiti, dichiarati decaduti o licenziati da pubblico impiego, non aver riportato condanne penali, non essere sottoposti a misure cautelari e di prevenzione.

A parte questi requisiti generici, ve ne sono altri specifici, infatti è necessario avere avuto una condotta incensurabile, non avere tenuto nei confronti delle istituzioni comportamenti che non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà alla Costituzione. Inoltre è previsto che i candidati si sottopongano ad accertamenti diagnostici per l’abuso di alcol e per l’uso ( anche saltuario o occasionale) di sostanze stupefacenti e che gli stessi abbiano risultato negativo.

Infine, è necessaria l’idoneità psico-fisica e attitudinale per l’impiego nelle forze armate.

Come presentare la domanda

Dal 2 maggio 2022 possono presentare la domanda per VFP1 Esercito coloro che sono nati tra il 31 maggio 1997 e il 31 maggio 2004, per farlo è necessario collegarsi al sito www.difesa.it, area “siti di interesse e approfondimenti”, pagina “Concorsi e Scuole Militari”,
link “concorsi on-line” ovvero collegandosi direttamente al sito “https://concorsi.difesa.it

Per potersi iscrivere è necessario autenticarsi con SPID, CIE o CNS.

Per ciascun titolo che viene presentato nella compilazione della domanda è necessario predisporre l’invio di una copia per immagine in formato PDF.

Valutazione dei titoli e prove per concorso VFP1 Esercito

La prima fase successiva all’inoltro delle domande sarà la valutazione dei titoli e quindi la formazione della graduatoria. Per la valutazione dei titoli sono previsti da 1 a 4 punti in base al voto conseguito con il diploma di scuola secondaria di primo grado, fino a 9 punti in base al voto per il diploma di scuola superiore di secondo grado, fino a 10 punti per la laurea triennale, fino a 12 punti per la laurea magistrale. I punti della laurea triennale e magistrale non sono cumulabili. In caso di possesso di attestato di bilinguismo italiano/tedesco si ottengono 2 punti, 3 punti invece sono riservati ai paracadutisti.

Le prove fisiche e psico-attitudinali

Si provvede quindi a convocare coloro che sono stati ammessi al concorso alle prove fisiche. Il diario delle prove viene pubblicato sullo stesso sito presso il quale è necessario presentare domanda. Queste si svolgeranno nei diversi Centri di Selezione o Enti o Centri sportivi indicati dalla Forza Armata per le prove fisiche e attitudinali.

I convocati dovranno presentarsi alle prove con documento di riconoscimento in corso di validità, certificato medico attestante l’idoneità alla pratica sportiva agonistica per atletica leggera o per una delle discipline previste dalla Tabella B del Decreto del Ministero della Sanità del 18 febbraio 1982.

Il certificato può essere rilasciato da:

  • medico appartenente alla Federazione Medico-Sportiva Italiana;
  • struttura sanitaria pubblica;
  • struttura sanitaria privata accreditata con il SSN;
  • medico autorizzato in base alle vigenti norme nazionali in materia.

Le candidate di sesso femminile dovranno invece produrre un referto di test di gravidanza negativo.

Dovranno inoltre essere prodotte analisi del sangue. Per la completa disamina di tutti gli esami da allegare, rimandiamo al bando.

Le prove fisiche prevedono diversi discipline, tra cui corsa piana di 2000 metri trazioni alla sbarra, piegamenti sulle braccia, sollevamento ginocchia al petto.

Ricordiamo che coloro che sono ammessi assumono il ruolo di volontari in ferma prefissata di un anno. Questo vuol dire che non si riceve un vero stipendio, gli importi percepiti saranno di circa 800 euro al mese. Si tratta però del primo passo verso l’arruolamento definitivo nell’esercito.

Per conoscere gli altri concorsi a cui è ancora possibile candidarsi, leggi gli articoli:

Concorsi infermieri maggio-giugno 2022: ecco i bandi

Concorso 75 operatori mercato del lavoro: requisiti e termini

Concorso INAIL come presentare la domanda entro il 26 maggio

 

Ambiente e imprese: il nuovo testo degli articoli 9 e 41 della Costituzione

Svolta ambientalista nella Costituzione: cambiano gli articoli 9 e 41 della Costituzione che hanno a oggetto ambiente e imprese. Ecco i nuovi testi che portano novità anche per le imprese che dovranno impegnarsi a un maggiore rispetto verso l’ambiente.

Ambiente e imprese: nuovo testo degli articoli 9 e 41 della Costituzione

Il nuovo testo dell’articolo 9 della Costituzione recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

Il nuovo testo dell’articolo 41 invece è: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali” .

Le parti in grassetto sono aggiunte.

Perché è importante la riforma della Costituzione

La Costituzione è la legge fondamentale della nostra Repubblica, gli atti normativi gerarchicamente subordinati, ad esempio le leggi ordinarie, devono essere in linea con essa, questo vuol dire che non può esservi una legge ordinaria, un atto parificato alla legge, una legge regionale, o altre fonti normative, che siano in contrasto con la Costituzione. In caso contrario tali atti saranno incostituzionali (non è questo il luogo per dedicarci alla procedura per arrivare alal declaratoria di incostituzionalità, ma un ruolo essenziale è svolto dal Presidente della Repubblica) e sulle sue conseguenze.

Questa precisazione fa capire quanto sia ampia la portata di questa modifica per i singoli cittadini, ma anche per le imprese che da ora dovranno fare riferimento a un quadro normativo da interpretare in senso ambientalista.

Il nuovo testo è stato approvato prima dal Senato con la maggioranza dei 2/3, mentre l’8 febbraio è stato approvato dalla Camera dei Deputati quasi all’unanimità, infatti ha ottenuto 468 voti favorevoli, un voto contrario e 6 astenuti. Dal punto di vista pratico vuol dire che su questa epocale riforma non è possibile richiedere il referendum costituzionale e quindi questo è l’attuale testo definitivo della Costituzione. Esprimono particolare entusiasmo il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani e il Presidente della Camera Roberto Fico. Apprezzamenti arrivano anche dal WWF.

Tutela dell’ambiente in Costituzione: cosa cambia per le imprese

Uno degli elementi caratterizzanti di questa riforma è in primo luogo il fatto che viene modificata la prima parte della Costituzione riconosciuta come il nocciolo duro o nucleo fondamentale ed è la prima volta dall’approvazione ed entrata in vigore della Costituzione che questa parte è oggetto di modifiche. In questo articolo la tutela dell’ambiente non è indicata in modo generico, ma in tre dimensioni, come tutela dell’ambiente, della biodiversità e dell’ecosistema, quindi non si mira solo ad avere aria più pulita e minori emissioni, ma anche tutela delle varie specie animali e vegetali, in particolare quelle più a rischio, come possono essere le api e gli altri “insetti buoni” che sono il segreto dell’agricoltura biologica.  Inboltre la tutela dell’ecosistema implica anche una propensione ad affrontare l’emergenza climatica che è strettamente connessa alla riduzione dell’inquinamento.

Per le imprese c’è un’importante innovazione, infatti l’articolo 41 è rivolto proprio ad esse e sottolinea che le attività imprenditoriali non possono essere svolte in danno dell’ambiente, questo apre a nuove modifiche legislative che mirano a ridurre l’impatto ambientale delle varie attività economiche, soprattutto quelle più impattanti.

La modifica dell’articolo 41 va nella stessa direzione del Green New Deal e del piano di Transizione 4.0. Il primo prevede aiuti per le imprese che decidono di investire in economie circolari, riduzione dell’uso di plastiche, sostituzione della plastica, turismo sostenibile.

Naturalmente ora con la riforma dell’articolo 41 della Costituzione questi piani possono essere ulteriormente rafforzati, ma soprattutto tutte le future riforme, i programmi e le leggi dovranno rispettare questi principi fondamentali della nostra Costituzione.

Un primo passo in tale direzione è rappresentato dalle risorse messe a disposizione dal MISE. per saperne di più, leggi l’articolo: PMI: dal MISE arrivano 2,5 miliardi per transizione ecologica e digitale

Il CSM ing(r)oia il boccone amaro

 

IERI

La Costituzione secondo Benigni: oltre due ore di monologo dedicate a lei ‘la più bella del mondo’ o quasi. Roberto Benigni è tornato in tv ieri sera con una lectio magistralis dedicata all’Italia, alla Carta Costituzionale ma preceduta da un’ode a lui, il Cavaliere di sempre.”A dicembre – ha esordito il comico- ci sono due brutte notizie: una è la fine del mondo, mentre l’altra notizia… Tra tutti gli italiani ce n’è uno che potrebbe andare in pensione ma non c’è verso che ci vada, si ripresenta la sesta volta, la settima si riposa” e il riferimento è chiaro all’Altissimo. Senza risparmiarsi nemmeno a proposito dei due refrain del Cavaliere: ” lui ha due grandi classici, i comunisti e la magistratura: è come Satisfaction per i Rolling Stones”. E Berlusconi, per non farsi mancare nulla, è andato in scena anche lui, su Rete4, intervistato in chiave domestica dal fidato Paolo del Debbio. Ma se Benigni ne ha da vendere anche per il compatriota toscano Matteo Renzi: “è l’unico uomo di Firenze che è andato a cena da Silvio ed ha trovato solo maschi”. Da ultimo il Movimento 5 Stelle, fresco di una nuova epurazione ieri sera: e se Grillo fosse un giullare di corte? Ma qui l’allegoria viene troppo facile.

I timori di Napolitano: non ha nascosto le sue paure e la delusione per una fine anticipata della legislatura il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha incontrato al Quirinale le più alte cariche politiche per il consueto augurio natalizio. “Non bruciare la fiducia riconquistata da governo e Paese” è il monito del Presidente “questa interruzione in extremis non può oscurare la fecondità dell’azione del governo”.

Imprenditore rapito a Lerici: un’incursione domestica in stile Arancia Meccanica. Tre banditi sono entrati nell’abitazione di una famiglia attiva nel settore edile a Lerici e dopo aver ammanettato la madre, hanno atteso il ritorno a casa del figlio 30enne per rapirlo. Andrea Calevo è nelle mani dei rapitori da domenica sera: bloccati i beni di famiglia, la notizia è stata resa nota solo ieri a seguito del ritrovamento dell’auto del ragazzo sulle rive del fiume Magra assieme al suo telefonino. Il 30enne aveva preso la guida dell’azienda dopo la scomparsa del padre una decina di anni fa.

Confessa il marito omicida di Montecatini: ha confessato Massimo Parlanti, ex marito di Beatrice Ballerini, la donna di 42enne madre di due bambini uccisa a Montecatini giovedì pomeriggio. Gli inquirenti avevano stretto il cerchio sull’uomo dopo che l’esame autoptico ha rivelato che sotto le unghie della donne vi erano lembi di pelle corrispondente al Dna di Parlanti. Poi ieri, nel tardo pomeriggio, l’uomo si è presentato spontaneamente alla caserma dei carabinieri di Montecatini Terme insieme al suo avvocato per fare una dichiarazione spontanea. Ed è cominciato il racconto di un litigio tramutatosi in tragedia ed efferato omicidio. Vittima, ancora una volta, una donna e madre.

OGGI

Abu Mazen da Napolitano: vertice a due al Quirinale questa mattina tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas. Presente all’incontro il Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, Marta Dassù.

L’insostenibile instabilità del ddl stabilità: si fa sempre più lunga e lastricata la strada per l’approvazione del ddl Stabilità in Senato. L’approdo in aula è slittato nuovamente a questo pomeriggio alle ore 18 dopo che non è stato concluso nemmeno nella notte l’esame in commissione: i nodi ancora da sciogliere riguardano il patto di stabilità interno e i tagli ai Comuni.

Antonio Ingroia pronto a candidarsi: la notizia è giunta ieri in serata: il Magistrato Ingroia ha chiesto un’aspettativa al Consiglio Superiore della Magistratura per motivi elettorali. Qualche giorno fa il leader del Movimento Arancione, Luigi De Magistris, aveva invitato il magistrato a scendere in campo come candidato premier del “quarto polo”. Ingroia, magistrato palermitano e editorialista de Il Fatto Quotidiano, il 24 luglio scorso aveva richiesto il rinvio a giudizio, in merito all’indagine sulla Trattativa Stato-Mafia, di 12 indagati con l’accusa di “concorso esterno in associazione mafiosa” e “violenza o minaccia a corpo politico dello Stato”, tra cui Calogero Mannino e Marcello Dell’Utri, Massimo Ciancimino e l’ex ministro Nicola Mancino.

Benigni dà i numeri: il re della Divina Commedia, in veste costituzionale, ha fatto centro ieri sera su Rai1 con “La più bella del mondo“: oltre 12,6 milioni di telespettatori, per uno share del 43,94%. Bei tempi per il Servizio (per una volta tanto) Pubblico.

Inter – Hellas Verona: nerazzurri pronti a scendere in campo questa sera a San Siro per aggiudicarsi l’accesso agli ottavi di finale di Coppa Italia. Gli allievi di Stramaccioni, che ancora stanno digerendo la sconfitta di sabato all’Olimpico, si preparano a sfidare l’Hellas Verona di Mandorlini.

DOMANI

Eccezziunale… veramente: “Scus p’andà a Andlecht… Andlecht, provincia di Juveents… Grazie, l’informazione è stata preziosa” era il 1982 quando Diego Abatantuono pronunciava questa frase, e da allora la mitica trinità di tifosi interista, milanista e juventino è diventato una vera e propria icona del cinema. Torna nelle sale cinematografiche lombarde dopo 30 anni, domani e solo domani, come un cadeau natalizio anticipato, Eccezziunale… veramente, la pellicola culto dei tifosi di calcio ma non solo. Interamente restaurato in digitale, il film vede tra i protagonisti, oltre ad Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi e Stefania Sandrelli.

Licenza sotto l’albero per i Marò in India?:  è atteso per domani il verdetto dell’alta corte del Kerala che si esprimerà sulla richiesta di licenza per trascorrere le vacanze natalizie in Italia dei due marò in libertà vigilata in India. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, due fucilieri del Battaglione San Marco, sono accusati di aver ucciso 2 pescatori indiani che i due avevano scambiato per pirati somali il 15 febbraio scorso, e dal 30 maggio sono agli arresti domiciliari in un hotel di Fort Kochi. I due marò hanno presentato l’istanza di licenza lo scorso 14 dicembre: la richiesta di un rientro temporaneo in Italia, che è stata ammessa. Al momento i marò non possono lasciare il Paese perchè hanno l’obbligo di firma quotidiano e non sono in possesso dei loro passaporti.

Coppa Italia: scenderanno in campo domani Napoli Bologna (alle 21.00), Lazio-Siena (alle 15.00) e Udinese-Fiorentina (alle 17.30) match validi per gli ottavi di finale di Coppa Italia. Per il Napoli l’imperativo è duplice: non snobbare la coppa e ridare fiducia alla squadra. In campo scenderà con tutta probabilità il “Matador” Cavani.

 

Alessia CASIRAGHI

“Dai governi poca attenzione verso la Costituzione”

di Davide PASSONI

Continua il viaggio di Infoiva per conoscere i diversi punti di vista sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati. Dopo la voce dell’Anpar e  del suo segretario, Giovanni Pecoraro, e dopo aver ascoltato il presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Maurizio De Tilla, oggi spazio al Consiglio Nazionale Forense con Andrea Mascherin, consigliere segretario del Cnf e avvocato in Udine.

Come valuta il Cnf il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati?
La Consulta si è pronunciata per eccesso di delega semplicemente perché la legge delega non prevedeva la possibilità di istituire l’obbligatorietà della mediazione. Una pronuncia in tal senso era assolutamente inevitabile. Da subito il Cnf e l’avvocatura tutta segnalarono all’allora ministro della Giustizia Alfano e al ministero il problema dell’eccesso di delega, una segnalazione che arrivò anche dalle commissioni giustizia di Camera e Senato. Persino uno studente di giurisprudenza al primo o al secondo anno l’avrebbe notato. Invece fu sottovalutata, forse per una errata valutazione dei principi che ispirano la Costituzione della Repubblica Italiana. Nell’occasione ci si è discostati dalla volontà della Costituzione che vuole leggi delega che diano poteri ben precisi al Governo.

Una svista marchiana, quindi… Perché?
Penso si tratti di un problema culturale. Purtroppo gli ultimi governi, di qualsiasi colore, compreso quello tecnico attuale, sempre più trascurano i principi della Costituzione in nome dei dettami delle banche centrali e dei principi dell’economia. Anche nel caso della mediazione è accaduto, poiché si è pensato che potesse essere uno strumento per ridurre gli arretrati civili, in ossequio a direttive europee che andavano in tal senso: peccato che, però, non sia stata seguita una corretta procedura costituzionale.

Ci sono altri casi in cui si rischiano pronunciamenti analoghi?
La stessa cosa accade ora con i provvedimenti governativi in materia di geografia giudiziaria e liberalizzazione delle professioni: con fretta e superficialità si agisce sacrificando la Costituzione in nome di dettami economici e inevitabilmente si arriverà a vizi costituzionali simili. Anzi, le dico già che nei casi appena citati è presente l’eccesso di delega.

Torno a chiedere: perché?
Si fa ricorso troppo spesso ai decreti legge, non più a leggi complesse elaborate dal Parlamento, e in questi decreti si trattano temi delicatissimi come l’accesso alla giustizia o riforma delle professioni.

Soluzioni?
Serve recuperare una cultura parlamentare e della separazione dei poteri: chi deve legiferare è il Parlamento, la magistratura deve fare la magistratura. Se guardo alle leggi degli ultimi anni, devo tornare molto indietro nel tempo per trovare una legge complessa e strutturata elaborata dal Parlamento. Per esempio, quella della riforma della professione di avvocato, attualmente in discussione, è una legge di 65 articoli fatta solo dal Parlamento, ma è una specie di mosca bianca.

Come sono gli umori della vostra “base” relativamente a questa vicenda?
L’avvocatura non è contraria alla mediazione in sé. C’è un detto tra gli avvocati virtuosi: la miglior causa che ho fatto è quella che non ho mai fatto. Ossia, sono riuscito a conciliare la vertenza prima di andare in giudizio. Questo tentativo gli avvocati virtuosi lo hanno sempre fatto: mediazione, conciliazione, transazione fanno parte del dna dell’avvocato e sono valori condivisi dall’avvocatura. Detto questo, così come era stata costruita la mediazione aveva dei punti deboli tra cui proprio l’obbligatorietà.

Perché?
Perché non prevede la tutela dei diritti in gioco ma l’incontro degli interessi. Il mediatore non è un giurista, è più una persona che mette d’accordo le parti ma senza necessariamente conoscere il diritto e non può quindi offrire una tutela dei diritti degli interessati. Non a caso, il 95% delle persone che va in mediazione ci va con un avvocato, anche se la mediazione non ne contempla l’assistenza obbligatoria.

Scarsa fiducia nei confronti dei mediatori?
Le faccio un esempio. Se una vittima di incidente stradale avrebbe diritto per i danni subiti, poniamo, a 50mila euro di risarcimento ma in fase di mediazione transa per 1000, i suoi diritti sono calpestati, ma tecnicamente si tratta di una mediazione riuscita. Ecco, un avvocato sarebbe in grado di dire a quella persona che i 1000 euro che per lui sono un grande risultato, in realtà non ne tutelano i diritti. Ecco, quando la mediazione viene scelta dalle parti, deve essere loro chiaro che non tutela i diritti.

Secondo i fautori della mediazione, questa sarebbe uno strumento per snellire la gestione delle centinaia di migliaia di cause pendenti: ora che potrebbe scomparire, quali altre vie suggerisce il Cnf per favorire questo snellimento?
Per esempio delle camere arbitrali istituite presso gli ordini forensi. Si tratta di una proposta che il Cnf sta portando avanti, per garantire tecnicità, tempi più brevi e rispetto e tutela dei diritti. Misure alternative al processo sono condivise non solo dal Cnf ma dall’avvocatura in genere, purché il cittadino sia sempre nelle condizioni di avere il diritto costituzionale di accedere alla giustizia. Vede, la mediazione costa molto, non è gratuita; nel diritto del lavoro c’era la conciliazione obbligatoria e gratuita, ma è stata eliminata. Perché costava troppo e non aveva quella funzione deflattiva del numero di cause e di rispetto dei diritti che avrebbe dovuto avere.

Da più parti si tende a indicare la magistratura come una sorta di “ispiratrice occulta” del pronunciamento della Corte Costituzionale. Che cosa risponde?
Posso dire con certezza che la Consulta si è sempre dimostrata autonoma e indipendente, senza considerare i desiderata di avvocature o governi pro tempore.

Riforma forense, il Cnf freddo con l’Antitrust

Il Consiglio nazionale forense interviene sul parere dell’Antitrust sulla riforma forense e lo fa con una nota molto fredda: “La riforma forense è in Parlamento, e sarà il Parlamento, così come previsto dalla Costituzione, a valutare con terzietà tutte le opinioni e a deliberare le soluzioni che ritiene più adeguate alla effettiva tutela dei diritti dei cittadini – si sostiene nel giudizio -. Il Consiglio nazionale forense si augura che anche il governo assuma le sue decisioni in autonomia, visto il ritardo inspiegabile sulla sua decisione in merito alla richiesta della stessa commissione Giustizia della Camera di assegnare la riforma in deliberante. Il parere dell’Antitrust sulla riforma forense non presenta alcun profilo di novità e ripete gli stessi argomenti che con lettera, anch’essa, come il parere attuale, non sollecitata ma inviata motu proprio ai destinatari, l’Autorità aveva diffuso un anno fa“.

Gli argomenti allora proposti – sottolinea il Cnfsono stati esaminati dalla commissione e poi dall’aula del Senato e ritenuti inconferenti, e così dalla commissione Giustizia della Camera, che li ha anch’essa ritenuti inconferenti. Gli effetti finali di alcune posizioni ‘mercantilistiche’ sono stati infatti tutti a svantaggio dei cittadini e a vantaggio di ben individuati centri di potere economico“.

L’atto camera 3900 è stato modificato con emendamenti di tutti i partiti della maggioranza – ricorda il Cnfproprio per renderlo compatibile con la riforma delle professioni. Solo una lettura ‘univoca’, ‘orientata’ a prescindere e approssimativa, dunque, giustifica le osservazioni del parere di oggi“.

La tempistica studiata con il cronometro mediante la quale si è creata la coincidenza tra l’emissione di un parere non sollecitato e la seduta del Consiglio dei ministri in cui si dovrebbe varare l’assenso alla approvazione in commissione Giustizia in sede legiferante – conclude la nota del Consiglio nazionale forenserivela che vi è una regia diretta a esautorare il Parlamento a cui partecipano soggetti non legittimati a pronunciarsi sull’operato del Parlamento stesso. Un nuovo colpo di scena che l’Avvocatura denuncia come una violazione dei principi di libertà e autonomia riconosciutile dalla Costituzione“.

Giovani, carini e disoccupati

 

Ma cosa devono fare i ragazzi italiani per darsi da fare? Lauree, master, stage, concorsi sembrano soluzioni inutili stando ai dati emessi dall’indice Istat in queste ore.

A maggio 2012, il tasso di disoccupazione giovanile calcolato sui ragazzi di età compresa tra i 15 ai 24 anni ha registrato un’incidenza del 36,2%, ovvero 1 ragazzo su 3 si trova senza lavoro.

“Bravo, ma hai troppa esperienza”, oppure “Sei in gamba, ma non possiamo pagarti”, o ancora, “Hai famiglia, non possiamo rispettare le tue aspettative”, quante volte ce lo siamo sentiti dire?

Turnover e stagisti: agli italiani delle Human Resources piacciono i nomi esterofili, peccato che non ne seguano anche i modelli di pianificazione delle risorse.

Gli esaminatori dei colloqui recitano sempre le solite frasi che sanno di scherzo, ed anche cercarsi un lavoro dignitoso diventa un’impresa per chi, di voglia di fare e di mettere al servizio buona volontà o conoscenze fresche di scuola.

Il risultato? Più vacanze per tutti, che se non sono un male con queste ondate di caldo ma che di certo nuocciono allo spirito di chi, sfaccendato dopo anni di studio o dopo una consapevole riflessione sulle proprie potenzialità, non vede spiragli nel suo futuro più imminente.

E non parliamo dei progetti a lungo termine…

I dati sul tasso di disoccupazione, dunque, rimangono sconfortanti, senza parlare della crisi degli over 30-40 che, per colpa della crisi, perché poco meritevoli o semplicemente “troppo formati” per vedere confermato il loro impiego, subiscono l’egemonia dei famosi Co. Co.Pro. o non si vedono rinnovato il contratto di impiego dopo mesi, se non anni di lavoro.

C’è da dire che se nulla o poco possono le piccole medie imprese nazionali, ancora meno fanno le grandi aziende, dove “essere un numero” diventa sempre più sinonimo di precarietà.

Mettere su una start up? In molti ci provano, nonostante le agevolazioni messe in atto e le difficili condizioni per accedervi.

In questo possono molto i franchising, ma al contempo fare i conti con il classico “27 del mese” diventa una responsabilità troppo alta per chi, già, ha da mettere il pane in tavola.

Certo, la provincia di Milano ha da poco proposto al governo un nuovo volano strategico per lo sviluppo economico, una nuova no tax area destinata a chi vuole intraprendere “l’impresa di mettere su un’impresa”. L’idea, non del tutto malsana, è quella di creare delle condizioni favorevoli e delle agevolazioni tributarie in favore di chiunque decida di avviare una nuova impresa nel territorio.
A sostenerla, Cristina Tajiani, assessore del Comune di Milano, il cui obiettivo è quello di creare un progetto che potrebbe ispirarne anche altri. Ma intanto?

Dal gennaio 2004 ad oggi mai la situazione era stata così grave e nonostante spread, bond, CCT, i giovani – che intanto invecchiano – continuano a rimanere inoccupati, con un aumento di 0,9 punti percentuali su aprile che segnano un record storico.

C’è da dire che, sempre secondo i dati Istat, il tasso di disoccupazione tra la popolazione nel suo complesso è scesa di -01 punti percentuali a maggio 2012, ed è la prima diminuzione, anche se lieve, del tasso di disoccupazione da febbraio del 2011. Ciononostante, per i tecnici il risultato rimane “sostanzialmente stazionario” e la disoccupazione persiste su “valori molto elevati”. Ovvero, non va niente bene.

Non che altrove le cose siano differenti: nei Paesi della zona Euro la stessa percentuale, a maggio, è salita all’11,1%, quando ad aprile era all’11% e nel maggio 2011 era al 10%.

Espatriare? Rimettersi alla canonica fuga di cervelli? “Varrebbe la pena” in Austria (dove i tassi di disoccupazione sono minimi, attestati all’4,1%), Olanda (5,1%), Lussemburgo (5,4%) e Germania (5,6%), ai massimi di Spagna (24,6%) e Grecia (21,9% il dato di marzo 2012).

In Italia, invece, il numero dei disoccupati è calato di 18mila unità ed è sceso 2.584 mila rispetto ad una base annua del 26% pari a 534mila unità che vede uomini e donne ugualmente penalizzati. E questo, per qualche animo più debole, significa dire addio a sogni di lavoro.

I lavori stagionali saranno d’aiuto? Il lavoro nobilita l’uomo ed è un diritto sancito dalla Costituzione italiana. Un articolo troppo in incipit perché qualcuno se ne ricordi a buon diritto.

 

Paola PERFETTI

Il Cnf reclama una riforma già esistente ma mai approvata

di Vera MORETTI

Il Cnf prende atto della modifica, giudicata opportuna, dell’articolo 33 del decreto salva-Italia, che esclude l’abolizione degli ordinamenti professionali, circoscrivendola alle sole norme in contrasto con i principi di liberalizzazione. E la ferma richiesta al Parlamento che alla riforma dell’avvocatura si proceda per legge e non per regolamento, attesa la sua rilevanza costituzionale.

Per il Cnf, “l’emendamento dei relatori all’articolo 33 del decreto Monti è un atto dovuto del legislatore per evitare le conseguenze disastrose e senza senso di una abrogazione tout court degli ordinamenti professionali”.
E’ quindi considerato dalla categoria un atto dovuto ma insufficiente, poiché viene previsto che a disciplinare l’ordinamento forense sia un regolamento dello Stato e non la legge.

Per il Consiglio Nazionale Forense, infatti, l’aver delegificato le norme in materia di ordinamenti professionali, anche quelli che coinvolgono i diritti dei cittadini, è una palese violazione della Costituzione. E si fa riferimento ancora una volta alla riforma sull’avvocatura proposta in Parlamento due anni fa. Insomma, sarebbe già pronta, se solo il Governo l’approvasse: questo, in sintesi, è ciò che il Cnf sostiene.

Per il Cnf non c’è priorità per i diritti dei cittadini e da questo è impossibile prescindere.

La politica delle parole

di Matteo SANTINI

La politica delle parole vale anche per la categoria forense; è la politica di chi fa finta di protestare contro provvedimenti osceni che stanno giorno dopo giorno annichilendo e mortificando la professione forense, mentre, di fatto, fa l’occhiolino ai poteri forti che vorrebbero una categoria forense a servizio delle grandi imprese. La politica delle parole è quella di chi coltiva solo il proprio orticello dimenticando che se non si lavora tutti insieme, le grandi carestie colpiscono inesorabilmente la terra di tutti.

Rassegnazione o vigliaccheria ? Forse entrambe le cose; il servilismo nei confronti dei potenti è un malcostume tipicamente Italiano, in parte giustificato dal timore che se si è da soli ad alzare il capo, si viene più agevolmente individuati e schiacciati. L’occhiolino ai potenti ci rende apparentemente più sereni; falsamente convinti di godere della protezione dei forti e magari speranzosi di potere un domani raccogliere le briciole della grande torta ormai divorata dalle grandi avide bocche.

E’ ora di cambiare ma le parole non bastano. E’ ora che tutti gli avvocati, si rendano conto che è in atto una campagna mediatica e legislativa finalizzata all’annientamento della categoria. Rispetto a quanto affermato nella recente manovra economica (approvata da “illustri” colleghi che siedono in Parlamento), rispondo che la professione forense mai e poi mai rientrerà tra le attività economiche di cui all’articolo 41 della Costituzione. La nostra non è attività di impresa.

La nostra tutela Costituzionale discende direttamente da un altro articolo (che non è il 41 come a molti fa comodo pensare): mi riferisco ovviamente all’articolo 24. Oltretutto, la funzione di interesse pubblico svolta dagli avvocati è confermata dalla stessa normativa comunitaria, recepita dall’ordinamento italiano. Quali sarebbero le indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni di cui all’articolo 3 del DL 138/2011 ? Se, consideriamo come indebite restrizioni le disposizioni volte a limitare il numero degli iscritti, a verificare l’effettiva preparazione degli aspiranti avvocati attraverso un esame di stato serio e rigoroso, a limitare forme di concorrenza sleale mediante aste al ribasso sulle tariffe dei servizi professionali, allora ciò significa che il nostro legislatore, oltre ad essere molto abile nel rovesciare e mistificare la realtà, possiede anche un macabro umorismo. In Italia siamo in 240mila avvocati: mi viene il dubbio che le restrizioni “debite” o “indebite” che si vogliono abolire, in passato non siano mai esistite o quanto meno non abbiano funzionato!

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Articolo 8: è scontro in Parlamento

C’è aria di tempesta in Parlamento dopo l’approvazione dell’articolo 8 della manovra finanziaria che prevede la possibilità di derogare con i contratti aziendali e territoriali ai contratti nazionali e alla legge.

In materia di licenziamento, eccezion fatta per quello discriminatorio, per gravidanza o matrimonio, le modifiche apportate dalla maggioranza in commissione Bilancio al Senato all’articolo 8 del decreto, prevedono la possibilità di licenziare anche tramite un accordo a livello aziendale o territoriale, raggiunto a maggioranza dai sindacati più rappresentativi.
In contrapposizione con quanto previsto dall‘articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e in particolare la legge 300 del 1970 che impone, per le aziende sopra i 15 dipendenti, il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Dura la replica di parlamentari e sindacati: per la Cgil si tratta di una manovra che viola la Costituzione, e la sua leader, Susanna Camusso passa all’attacco: ”il governo autoritario annulla il contratto collettivo nazionale di lavoro e cancella lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”.

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, tiene a sottolineare, in risposta alle parole della Camusso, che ‘‘è inequivoco che tali interventi non possono modificare le norme di rango superiore come i fondamentali principi costituzionale o di carattere comunitario e internazionale’ e che quindi ”non ha senso parlare di libertà di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono, neppure lontanamente, alla oggettività della norma”.

Il confronto sull’articolo 8 del decreto in discussione in Parlamento non può trasformarsi in uno scontro continuo tra diverse concezioni sul sistema di relazioni sindacali necessario al nostro Paese“, è la nota di intervento del direttore generale di Confcommercio, Francesco Rivolta.

Cisl e Uil evidenziano infine l’importanza di una precisazione, ossia che solo i sindacati comparativamente più rappresentativi possono siglare intese a livello aziendale, come stabilito nell’accordo interconfederale, unitario, del 28 giugno scorso, evitando la costituzione di sindacati di ”comodo”.

Alessia Casiraghi