Bonus facciate, si può ottenere il pagamento anticipato anche se i lavori non sono finiti?

Si possono ottenere i pagamenti anticipati del bonus facciate anche sui lavori che non risultano ultimati al 31 dicembre 2021? Sul punto è intervenuta più volte l’Agenzia delle entrate fornendo chiarimenti in merito alla questione e rettificando le prime interpretazioni. L’informazione risulta particolarmente importante per poter usufruire dello sconto in fattura per i lavori effettuati o la cessione del credito di imposta. Risulta altresì indispensabile che chi abbia iniziato i lavori del bonus facciate abbia un limite di tempo prima che, dal 2022, la misura preveda la riduzione della detrazione delle spese dal 90% al 60%.

Interpello Agenzia delle entrate: il più recedenti spiega che si può ottenere l’agevolazione del bonus facciate anche per lavori non ultimati

Proprio in merito al bonus facciate, l’Agenzia delle entrate della Campania ha fornito indicazioni recenti rettificando il precedente interpello del 7 dicembre. Si può usufruire dei pagamenti del bonus facciate del 90% per i lavori che siano stati avviati entro il 31 dicembre 2021. L’indicazione è contenuta nell’interpello numero 914 1549 del 2021 che costituisce un dietrofront rispetto alla precedente comunicazione del 7 dicembre (la numero 914 1430).

Dietrofront rispetto al precedente interpello Agenzia delle entrate che chiedeva l’ultimazione dei lavori

Nella prima comunicazione, infatti, l’Agenzia delle entrate aveva affermato che sarebbe stato possibile beneficiare del bonus facciate del 90% solo per le spese effettivamente sostenute entro il 31 dicembre 2021 e per le quale, entro fine anno, siano stati anche ultimati i lavori. Dovevano altresì risultati assolti assolti gli obblighi derivanti dal visto di congruità. Proprio la condizione di ultimazione dei lavori per beneficiare dello sconto in fattura o della cessione del credito di imposta va in contrasto, peraltro, con le indicazioni fornite anche nell’interrogazione parlamentare (la 5 07055 del 17 novembre 2021) nei giorni successivi all’entrata in vigore del decreto “Antifrodi”.

Ultima interpretazione Agenzia delle entrate: ok al bonus facciate anche con lavori non ultimati

Da ultimo l’Agenzia delle entrate, con la nuova interpretazione (la numero 914 1549 del 2021), ha rettificato la precedente, disciplinando la possibilità del pagamento anticipato dei lavori rientranti nel bonus facciate. In particolare, l’Agenzia ha chiarito che i condomini possono fruire delle agevolazioni del bonus facciate per le spese sostenute nel complesso durante l’anno 2021 in relazione a interventi che devono essere non necessariamente ultimati (come spiegava il precedente interpello dell’Agenzia delle entrate), ma quanto meno avviati nel corso dell’anno 2021. Dunque, non è necessario che detti interventi risultino conclusi al 31 dicembre 2021 per beneficiare della misura.

Sconto in fattura: entro quando il condominio deve corrispondere il 10% residuo per il bonus facciate?

L’Agenzia delle entrate ha fornito ulteriori delucidazioni in merito allo stato di avanzamento dei lavori (Sal). Infatti il condominio, per usufruire dello sconto in fattura o della cessione del credito di imposta, deve aver corrisposto entro il 31 dicembre 2021 all’impresa appaltatrice la quota del 10% di corrispettivo che residua al netto dello sconto in fattura. Questo adempimento va ottemperato a prescindere dello stato di completamento o di avanzamento dei lavori relativi all’intervento stesso nell’anno 2021.

Bonus facciate, cosa deve fare il condominio entro il 31 dicembre 2021 per ottenere lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta?

Espletati gli adempimenti sui lavori, il condominio che volesse ottenere lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta nel 2022 per i lavori almeno iniziati nel 2021, deve:

  • ottenere il visto di conformità entro il 31 dicembre 2021 e di congruità della spesa in ottemperanza del decreto Antifrodi;
  • procedere con la comunicazione in via telematica entro il 16 marzo 2022 per ottenere lo sconto in fattura.

In tal modo, risulta definitivamente superato il concetto dell’ultimazione e dell’avanzamento dei lavori con il principio della sostenibilità delle spese “per cassa”.

Bonus facciate, in arrivo la proroga al 2022 ma cala la detrazione

I condomini, ma anche le imprese che forniscono lavori sulle facciate, sono in attesa delle proroga del relativo bonus per il 2022. Il governo ne ha previsto il prolungamento temporale nel disegno di legge di Bilancio 2022, ma con la riduzione dell’aliquota di detrazione. Il bonus facciate dovrebbe scendere dal 90% di agevolazione al 60% nel nuovo anno. Era stata proposta dalla maggioranza di governo anche la proroga di sei mesi, fino a giugno del 2022, ma con la percentuale invariata al 90%. Tuttavia, il governo ha respinto questa proposta.

Quale futuro per il bonus facciate nel 2022?

Il limite del 31 dicembre 2021, proprio in virtù del possibile abbassamento della percentuale di detrazione del bonus facciate, risulta decisivo. I condomini che riusciranno a fare entrare le spese “per cassa” nell’anno 2021 avranno la certezza di poter detrarre il 90% come sconto in fattura o come cessione del credito di imposta. Resta pertanto da attendere quali saranno le variazioni della misura in vista del nuovo anno.

 

Il Social Bonus per donazioni ad associazioni diventa operativo

Con il decreto firmato il 7 dicembre dal ministro Orlando si avvia l’iter conclusivo per rendere operativo il Social Bonus previsto dall’articolo 81 del decreto legislativo 117 del 2017 e destinato agli Enti del Terzo Settore.

Cos’è il Social Bonus?

Il Social Bonus è una delle agevolazioni previste per il Terzo Settore che, come risaputo, si occupa di promozione sociale e volontariato. Il Social Bonus consiste in un credito di imposta pari al 65% delle erogazioni liberali in denaro in favore di Enti del Terzo Settore fatte da persone fisiche. Il credito di imposta si riduce al 50% se le erogazioni liberali sono fatte da enti o società.

Il credito di imposta è però limitato al verificarsi di alcune condizioni, in particolare le liberalità devono essere rivolte ad enti del terzo settore che hanno presentato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali progetti:

  • il recupero dei beni immobili pubblici inutilizzati;
  • recupero dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati a enti del Terzo Settore;
  • infine, tali beni devono essere utilizzati in modo esclusivo per lo svolgimento delle attività elencate nell’articolo 5 del decreto legislativo 117 del 2017 e non a scopi commerciali.

L’articolo 5 prevede che gli Enti del Terzo Settore debbano svolgere determinate tipologie di attività e in particolare: interventi e servizi sociali, prestazioni socio sanitarie, educazione, istruzione, formazione professionale, interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, formazione universitaria e post universitaria, ricerca scientifica di interesse sociale, radiodiffusione sonora, organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, formazione extra scolastica finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica, organizzazione e gestione di attività turistiche.

Come funziona il Social Bonus per gli enti del Terzo Settore?

Il credito di imposta viene quindi riconosciuto in favore di coloro che effettuano l’atto di liberalità, donazione in denaro, nelle misure viste, ma nel limite massimo del 15% dell’imponibile se si tratta di persona fisica e del 5 per 1000 dei ricavi annui per i titolari del reddito di impresa. Solo per coloro che dichiarano reddito di impresa è prevista la possibilità di ottenere il riconoscimento del credito di imposta su tre annualità attraverso 3 quote di uguale importo.

Il Social Bonus era previsto già nella stesura iniziale del decreto legislativo 117 del 2017, ma fino ad ora mancavano i decreti attuativi e di conseguenza non era possibile avvalersene. Ora grazie al decreto del Ministro Orlando è stato cmpiuto il primo passo verso la completa attuazione.

Per maggiori informazioni sul Codice del Terzo Settore è possibile leggere i vari approfondimenti:

Contributo a fondo perduto Enti Terzo Settore: guida e scadenza;

Registro Unico Terzo Settore diventa operativo dal 23 novembre 2021

Codice del Terzo Settore: cosa cambia per le associazioni culturali

Bonus facciate, cosa fare entro il 31 dicembre per avere la detrazione fiscale?

La detrazione fiscale legata al bonus facciate è possibile se il lavoro risulta terminato entro il 31 dicembre. È quanto è emerso da un’interpretazione dell’Agenzia delle entrate riguardo alla misura del 90%. Le disposizioni che regolano il bonus facciate devono infatti amalgamarsi con quanto prevede il più recente decreto legge “Antifrodi” (il numero 157 del 2021). Ragione per la quale il contribuente può usufruire della detrazione fiscale del 90% relativa al bonus facciate solo per le spese che ha sostenuto, in maniera effettiva, entro il 31 dicembre 2021.

Bonus facciate del 90%, che cos’è?

Il bonus facciate consiste in una detrazione di imposta, da dividere in dieci quote annuali costanti, fino a raggiungere il 90% delle spese sostenute nel 2020 e nel 2021. Gli interventi ammessi devono riguardare il recupero o il restauro delle facciate esterne degli immobili esistenti e ubicati in specifiche zone. Sono compresi negli interventi anche la sola pulitura o la tinteggiatura esterna. Inoltre accedono al bonus i lavori inerenti le strutture opache della facciata, su ornamenti, balconi e fregi.

Le zone A e B del bonus facciate

L’articolo 2 del decreto numero 1444 del 1968 del ministero dei Lavori Pubblici ha individuato due zone, A e B, degli interventi. La zona A riguarda gli agglomerati urbani relativi a centri storici, artistici o di specifico pregio ambientali o porzioni di essi. Sono incluse le aree circostanti che possono considerarsi parte integrante agli agglomerati stessi. La zona B riguarda i territori edificati, anche solo parzialmente. I parametri ammessi per la zona B indicano che la superficie degli edifici esistenti non debba essere inferiore al 12,5% della superficie fondiaria e la densità territoriale deve essere superiore a 1,5 mc/mq.

Bonus facciate, quando sono necessari i criteri di certificazione energetica e trasmittanza termica?

Condizioni particolari riguardano il rifacimento della facciata ai fini del bonus, quando non si tratti della sola pulitura o della tinteggiatura esterna. Se i lavori comprendono anche gli interventi termici o per di più del 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda totale dell’immobile, è necessario:

  • osservare i criteri di certificazione energetica degli edifici fissati dal decreto del ministero per lo Sviluppo economico del 26 giugno 2015;
  • soddisfare i requisiti di trasmittanza termina riportati nella Tabella 2 allegata al decreto del ministero per lo Sviluppo economico dell’11 marzo 2008.

Sconto in fattura con il bonus facciate

Il decreto “Rilancio” (articolo 121 del decreto legge numero 34 del 2020) ha stabilito che per gli interventi relativi al bonus facciate chi sostiene le spese ha diritto allo sconto in fattura o, in alternativa, alla cessione del credito. Il contributo dello sconto in fattura è pari all’importo del corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno fatto i lavori. I fornitori recupereranno quanto anticipato attraverso il credito di imposta per un importo pari alla detrazione spettante. Possono, a loro discrezione, cedere il credito ad altri soggetti come banche e altri intermediari finanziari.

Cessione del credito per il bonus facciate del 90%

Chi fa svolgere interventi rientranti nel bonus facciate del 90% può beneficiare della cessione del credito di imposta di pari ammontare. Può avvenire la successiva cessione del credito ad altri soggetti, incluse le banche e gli altri intermediari finanziari.

Bonus facciate del 90%, cosa fare entro il 31 dicembre 2021?

La detrazione fiscale spettante al 90% del bonus facciate può essere attribuita al contribuente solo per le spese che ha sostenuto, effettivamente, entro il 31 dicembre 2021. Entro questa data deve essere raggiunta anche l’ultimazione dei lavori e l’asseverazione del visto di congruità contenuto nel decreto numero 157 del 2021 (decreto “Antifrodi”). Le indicazioni sono contenute nell’interpello numero 914 1430 del 2021, con il quale la direzione centrale dell’Agenzia delle entrate della Regione Campania ha fornito chiarimenti a riguardo.

Il caso oggetto di risposta da parte dell’Agenzia delle entrate nell’interpello sul bonus facciate

La questione alla quale ha risposto l’Agenzia delle entrate riguarda l’istanza promossa dall’amministratore di un condominio per lavori ai fini del bonus facciate con sconto in fattura da parte dell’impresa che esegue i lavori. Il dubbio sorge in merito alla congruità delle spese: è necessario seguire quanto previsto per il superbonus 110%, con gli stati di avanzamento (Sal) o il termine dei lavori, oppure il condominio può usufruire della detrazione del 90% sull’importo degli interventi a saldo entro il 31 dicembre 2021? In quest’ultimo caso, il condominio beneficerebbe della detrazione solo sulle spese che ha effettivamente sostenuto entro fine anno. Spese che dovrebbero riportare anche il visto di congruità entro la stessa data.

Bonus facciate del 90%, entro fine anno vale il principio di cassa

L’interpretazione fornita dall’Agenzia delle entrate chiarisce che sul bonus facciate del 90% vale il principio di cassa. L’Agenzia si è rifatta nella sua decisione alle precedenti circolari (la numero 2 del 2020, al paragrafo 3). Per gli altri bonus “ordinari” è possibile scegliere la cessione del credito o lo sconto in fattura purché siano rispettati gli stati di avanzamento (Sal) degli interventi effettivamente realizzati. Su questi ultimi, l’Agenzia delle entrate rimanda alla circolare numero 30 del 2020 e alle risposte a interrogazioni parlamentari numero 5-06307 del 7 luglio 2021 e 5-06751 del 20 ottobre scorso.

Bonus facciate, 50% ed ecobonus: come regolarsi entro fine 2021 con credito d’imposta e sconto in fattura?

Come per il superbonus 110%, anche per l’ecobonus, per il bonus 50% e per l’ecobonus la cessione del credito e lo sconto in fattura necessitano sia del visto di conformità che di quello di congruità delle spese. I due vincoli sono stati introdotti dal decreto legge numero 157 del 2021, cosiddetto “decreto Antifrodi”. In base alla nuova normativa, tutte le fatture emesse ai fini degli incentivi sugli interventi edilizi necessitano dell’osservanza ai principi della conformità e della congruità delle spese. Ci si chiede come comportarsi, dunque, in vista della fine dell’anno e cosa avviene per i lavori che sono ancora in corso.

Fatture per lavori del bonus facciate: il visto di conformità e congruità per le fatture dal 12 novembre 2021

Per poter beneficiare del credito di imposta o dello sconto in fattura, secondo quanto prevede il decreto Antifrodi, è necessario pertanto il visto di conformità e di congruità delle spese. Ciò vale per le fatture emesse a partire dal 12 novembre 2021. Nel caso del bonus facciate, è possibile tuttavia evitare questa stretta anche per le fatture eseguite dal 12 novembre. Vediamo quali sono le condizioni.

Quando non c’è il visto di conformità e congruità per le fatture emesse dal 12 novembre 2021?

Il visto di conformità e di congruità nel caso del bonus facciate per la cessione del credito e per lo sconto in fattura non è necessario per le fatture emesse anche successivamente all’11 novembre 2021 in determinati casi. In particolare, è necessario che si verifichino congiuntamente 3 condizioni stabilite dall’Agenzia delle entrate, ovvero:

  • bisogna aver ricevuto le fatture e averle già pagate;
  • aver già provveduto a riportare nella fattura lo sconto oppure l’accordo per la cessione del credito di imposta.

Bonus facciate, quale stato di avanzamento dei lavoro deve esserci entro il 31 dicembre 2021?

Il visto di congruità delle spese può essere rilasciato anche se non è stato raggiunto un determinato stato di avanzamento dei lavori (Sal). E anche in assenza della dichiarazione di fine dei lavori. Alla fine dell’anno, pertanto, il beneficiario del bonus facciate potrebbe aver fatto eseguire solo il 25% dei lavori avendone già pagati il 75%. L’unica osservanza richiesta dall’Agenzia delle entrate, se non è stato raggiunto un minimo di Sal, è che i lavori siano quanto meno iniziati.

Sconto in fattura, si può pagare il 10% entro il 2021 e maturare il bonus per il 90%

Nel caso dello sconto in fattura, l’Agenzia delle entrate ha confermato che entro il 31 dicembre il contribuente può aver già versato il 10% netto del lavoro anche senza finire il lavoro entro l’anno. Il bonus, in questo caso, matura sul 90% di tutto l’importo fatturato al lordo.

Cosa avviene per le spese del bonus facciate che slittano al 2022?

Un’attenzione di riguardo deve essere posta per quanto concerne le spese che verranno affrontate nel 2022. Si tratta di spese per interventi che sono già stati iniziati nel 2021 e non ancora portati a termine oppure per nuovi lavori. In questi casi, è necessario mettere in conto che la detrazione da applicare è quella che entrerà in vigore nel 2022. Ovvero quella che, in caso di conferma della legge di Bilancio di fine anno, scenderà al 60%.

Ecobonus e bonus 50% ristrutturazioni, ecco come si procede con le detrazioni in vista della fine del 2021

Anche sull’ecobonus e sul bonus 50% relativi ai lavori edilizi, è necessario essere in regola con i visti di congruità e di conformità previsti dal decreto Antifrode. I due visti sono necessari sia per la cessione del credito che per lo sconto in fattura. Pertanto, le stesse regole del superbonus 110% e del bonus facciate sono vigenti per il superbonus del 50% sulle ristrutturazioni e sull’ecobous 50-65%. Anche per quanto concerne le fatture emesse a partire dal 12 novembre 2021 valgono le tre condizioni congiunte per evitare le strette dei visti di congruità e di conformità delle spese.

Lavori di miglioramento energetico, il visto di congruità era già previsto dal decreto ministeriali ‘Requisiti’

Particolare attenzione sulle nuove regole è richiesta per quanto concerne i lavori di miglioramento energetico. La congruità delle spese, in questo caso, era già prevista dal decreto ministeriale “Requisiti” del 6 agosto 2020. Più nel dettaglio, i lavori di miglioramento energetico che siano iniziati dal 6 ottobre 2020 erano già soggetti al visto di congruità delle spese. Il visto è necessario tanto che si tratti di lavori di miglioramento energetico rientranti nell’ecobonus 50-65%, quanto nel superbonus 110%, quanto ancora nel bonus facciate nel caso in cui una parte degli interventi riguardi la coibentazione. In tutte e tre queste situazioni, il decreto Antifrodi si rifà a quanto già previsto dal decreto Requisiti in merito alla congruità delle spese sostenute.

Cosa avviene per tutte le spese per le quali non vige l’obbligo di congruità?

Per tutte le spese per le quali non vige l’obbligo di congruità perché non rientranti nell’ambito di applicazione del decreto Requisiti, è necessario attendere un nuovo provvedimento del ministero per la Transizione ecologica (Mite). Si tratta, pertanto, di interventi rientranti nel bonus delle ristrutturazioni, nel sismabonus e nel bonus facciate senza coibentazione. Al momento è necessario rifarsi ai prezzari regionali, ai listini delle Camere di commercio, ai listini ufficiali o, solo in ultima analisi, a quelli relativi al mercato del luogo. Si può detrarre le spese fino al costo massimo ammesso delle spese non congrue: l’eventuale parte eccedente è indetraibile.

 

Piano Industria 4.0 e finanza agevolata. Benefici per le imprese

Il piano Industria 4.0 (ora denominato Piano Transizione 4.0) è gestito dal Ministero dello Sviluppo Economico ed è pensato per accompagnare quella che viene definita la Quarta Rivoluzione Industriale. Il piano prevede una serie di agevolazioni, incentivi e misure per lo sviluppo digitale delle imprese.

Perché viene elaborato il Piano Industria 4.0 (Piano Transizione 4.0)

In Italia oltre l’80% delle aziende non applica le nuove tecnologie, inoltre ritiene che la rivoluzione digitale sia molto lontana, questo costa in termini di competetitività e produttività, sebbene in molti non se ne rendano conto. Deve però essere anche ricordato che il tessuto economico dell’Italia è formato soprattutto da piccole e medie imprese e proprio per queste innovare diventa più difficile perché richiede investimenti anche importanti che non tutti possono sostenere. Per far fronte a questa importante sfida che può aiutare a restare nel mercato globale senza perdere artigianalità e produzione di elevata qualità in settori strategici, come possono essere il tessile o l’agroalimentare, c’è appunto in Piano Industria 4.0 che, come anticipato, consta di diverse misure. Ora possiamo vedere le principali.

Piano industria 4.0 e credito di imposta per acquisti di beni funzionali alla trasformazione tecnologica

La prima misura di cui parlare è il credito di imposta sui beni strumentali. Come precisato sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico, questo incentivo supporta e sostiene le imprese che decidono di investire in beni strumentali nuovi e allo stesso tempo funzionali alla trasformazione tecnologica. Hanno diritto a tale agevolazione tutte le imprese che entro il 31 dicembre 2022 abbiano effettuato acquisti di beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati, beni strumentali immateriali tecnologicamente avanzati (ad esempio software) e altri beni strumentali. Il beneficio si estende fino al 30 giugno 2023, ma a patto che entro il 31 dicembre 2022 l’azienda abbia fatto l’ordine dei beni, lo stesso risulti accettato dal venditore e l’impresa abbia versato un acconto almeno del 20%.

Le percentuali per il credito di imposta variano in base all’anno in cui è stato effettuato l’acquisto e in base alla tipologia di bene acquistato. In particolare per i beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati (ad esempio un nuovo macchiario) è previsto per il 2021 il credito di imposta pari a:

  • 50% per investimenti di ammontare fino a 2,5 milioni di euro;
  • 30% per investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • 10% per investimenti con quote ammissibili da 10 milioni di euro e 20 milioni di euro.

Per il 2022 gli importi del credito di imposta diminuiscono e sono pari a:

  • 40% per la quota di investimenti ammissibili fino a 2,5 milioni di euro;
  • 20% per la quota di investimenti da 2,5 milioni di euro a 10 milioni di euro;
  • 10% per la quota di investimenti ammissibili da 10 milioni a 20 milioni di euro.

Per l’acquisto di beni strumentali immateriali tecnologicamente evoluti il credito di imposta è invece previsto al 20% indipendentemente dal valore dell’investimento effettuato e dall’anno.

Per gli altri beni strumentali, quindi non legati alle nuove tecnologie il credito di imposta riconosciuto è del 10% per l’anno 2021 e del 6% per il 2022.

La bozza della legge di bilancio 2022 prevede un’ulteriore proroga di 3 anni fino al 2025.

A chi è rivolto il credito di imposta per Piano Industria 4.0

Possono accedere al beneficio tutte le imprese localizzate sul territorio italiano. Sono escluse dal beneficio quelle che si trovano in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo o altra procedura concorsuale.

Deve, infine, essere sottolineato che per poter accedere al credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali materiali e immateriali tecnologicamente evoluti è necessario produrre una perizia tecnica semplice rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritto al relativo albo professionale oppure un attestato di conformità rilasciato da un ente accreditato.

Credito di imposta formazione 4.0

Un’altra agevolazione a cui possono accedere le aziende che aderiscono al Piano Industria 4.0 è il credito di imposta generato dai costi sostenuti per la formazione aziendale (gestione big data, robotica e simili). Possono ottenere tale credito le imprese che investono in piani di formazione volti alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese necessari a realizzare il paradigma 4.0.

In questo caso l’ammontare del credito di imposta è così calcolato:

  • 50% per spese ammissibili e limite massimo fino a 300.000 euro l’anno per micro e piccole imprese;
  • 40% nel limite massimo di 250.000 euro annuali per medie imprese;
  • 30% delle spese ammissibili con limite massimo di 250.000 euro per le grandi imprese.

Tali limiti sono aumentati al 60% per tutte le aziende nel caso in cui la formazione sia destinata a lavoratori svantaggiati.

Le domande possono essere presentate fino a 31 dicembre 2023.

La Nuova Sabatini

Rientra tra le agevolazioni previste per il Piano Industria 4.0 anche la legge Nuova Sabatini che riconosce finanziamenti agevolati per piccole, medie e grandi imprese che decidono di acquistare, anche con contratto di leasing, macchinari e beni strumentali.

La legge Nuova Sabatini è stata già trattata autonomamente e di conseguenza rimandiamo all’articolo: Imprese: la legge “Nuova Sabatini” per finanziare l’acquisto di macchinari.

Inoltre si è visto più volte in questo articolo che finanziamenti, agevolazioni e credito di imposta possono essere distinti in base alle dimensioni delle attività, proprio per questo rimandiamo all’articolo: Micro, Piccola e Media Impresa: definizione e differenze.

Superbonus 110%, per le partite Iva forfettarie si può solo con cessione del credito e sconto in fattura

Le partite Iva a regime forfettario (e presumibilmente anche dei minimi) possono usufruire del superbonus 110% per i lavori della casa solo trasferendolo a terzi. Ovvero possono utilizzarlo solo con la cessione del credito e lo sconto in fattura. Dunque, le partite Iva forfettarie non accedono direttamente al superbonus perché non possono detrarlo dalla dichiarazione dei redditi.

Partite Iva a regime forfettario, cosa dispone l’Agenzia delle entrate per il superbonus 110%

Come specifica la circolare dell’Agenzia delle entrate numero 24/E del 2020, il superbonus 110% non può essere usato “dai soggetti che possiedano esclusivamente redditi assoggettati a tassazione separata o ad imposta sostitutiva”. Dunque i forfettari risultano esclusi dall’utilizzo del superbonus 100% perché si tratta di una detrazione che va applicata all’imposta lorda. Tuttavia, la stessa circolare dell’Agenzia delle entrate specifica che le partite Iva a regime forfettario (e si ritiene anche le partite Iva con regime minimo) possono scegliere, anziché usare direttamente la detrazione, lo sconto in fattura oppure la cessione del credito a terzi. Sul punto, la stessa Agenzia delle entrate ha anche fornito risposte agli interpelli numero 514 e 543 del 2020.

Partite Iva e superbonus 110% come fornitori o cessionari nello sconto in fattura

Una ulteriore possibilità che hanno le partite Iva a regime forfettario per utilizzare il superbonus 110% è quello di ricevere il credito come fornitori o cessionari nello sconto in fattura. In questo caso, le partite Iva forfettarie possono usare il credito di imposta per versare l’imposta sostitutiva dovuta in sede di dichiarazione dei redditi. La partita Iva forfettaria può utilizzare il credito di imposta in compensazione attraverso il modello F24.

Partite Iva e vantaggi superbonus 110% come fornitori relativamente alla ritenuta dell’8%

Le partite Iva a regime forfettario, peraltro, risultano essere anche avvantaggiati in merito alla ritenuta dell’8% applicata dalla banca quando sono fornitori. Ciò avviene perché la base imponibile deve essere al netto del 22%. Per avvantaggiarsi dei bonus edilizi, che hanno l’obbligo di regolarizzazione con bonifico parlante, i committenti non devono pagare le fatture delle imprese (o dei professionisti) al netto della eventuale ritenuta d’acconto (del 4% o del 20%). La normativa, in questo caso, specifica che la ritenuta dell’8% è quella prevalente.

Partite Iva a regime forfettario, ritenuta dell’8% sui bonifici parlanti del superbonus 110%

Pertanto, se il professionista o l’impresa edile è una partita Iva a regime forfettario, la ritenuta dell’8% deve essere applicata ai bonifici parlanti. Secondo quanto specificato dall’Agenzia delle entrate, la ritenuta dell’8% deve essere applicata sull’importo del bonifico già sottratto dell’Iva ordinaria del 22%. Ciò deve avvenire indipendentemente dal fatto che nella fattura sia stata calcolata una diversa aliquota o nessuna aliquota, come nel caso delle partite Iva a regime forfettario o dei minimi.

Bonus Moda 2021: ridotti gli importi. Quanto ricevono le imprese?

Il Bonus Moda è previsto dall’articolo 48 bis del decreto Rilancio, come tanti altri aiuti alle aziende è diretto alle imprese operanti in un determinato settore, in questo caso il tessile, a far fronte alle perdite legate al Covid 19. Per coloro che hanno presentato la domanda c’è però una brutta sorpresa perché gli importi effettivamente riconosciuti sono inferiori rispetto alle aspettative.

Bonus Moda 2021: l’Agenzia delle Entrate riduce gli importi

Il decreto legge 34 del 2020 (decreto Rilancio) prevede diversi aiuti alle imprese e tra questi vi è appunto il Bonus Moda che, come quasi tutti i bonus previsti nel periodo emergenziale, ha un iter piuttosto lungo, infatti gli aiuti non sono diventati subito operativi. Nel caso del Bonus Moda inoltre vi è un’altra brutta sorpresa, infatti gli importi sono inferiori alle somme inizialmente dichiarate.

L’Agenzia delle Entrate con il provvedimento n. 334506 del 26 novembre ha reso noto che in seguito alla comparazione tra le richieste avvenute e i fondi disponibili si è ritenuto necessario effettuare un taglio rispetto a quanto inizialmente prospettato. La normativa infatti prevedeva che le imprese operanti nel settore tessile, della moda, della produzione calzaturiera e della pelletteria potessero richiedere il Bonus Moda. Lo stesso doveva essere calcolato applicando una percentuale del 30% alla differenza tra le rimanenze finali di magazzino attuali e la media delle rimanenze finali di magazzino dei tre periodi di imposta precedenti. La domanda per poter ottenere il beneficio doveva essere presentata entro il 22 novembre 2021.

A quanto ammonta il Bonus Moda?

Per chi ha presentato a domanda vi sono però delle brutte notizie, infatti i crediti in teoria vantati dalle imprese che lavorano nel settore ammontano a 147.757.765 euro, ma i fondi stanziati sono solo 95 milioni di euro e di conseguenza si è pensato di ridurre gli importi di cui ogni impresa potrà beneficiare. In particolare, rifacendo i calcoli l’Agenzia delle Entrate ha deciso che ogni beneficiario riceverà il 64,2944% di quanto effettivamente richiesto e a cui si aveva diritto, pari al 19,28% del rapporto tra le rimanenze finali di magazzino attuali e la media delle rimanenze dei tre periodi di imposta precedenti. In poche parole le imprese otterranno poco più della metà di quanto si aspettavano.

Come riscuotere il Bonus Moda

Le somme, come d’altronde era già stato stabilito, non sono erogate direttamente, infatti il Bonus Moda va a costituire un credito di imposta per le imprese interessate. Per controllare gli importi che hanno ottenuto il riconoscimento è bene controllare il proprio cassetto fiscale. Gli importi possono essere utilizzati in compensazione attraverso l’uso del modello F24 per il periodo di imposta successivo rispetto a quello in cui le somme sono state accreditate.

Deve essere infine sottolineato che per il periodo di imposta in corso le domande del Bonus Moda dovranno essere presentate dal 10 maggio 2022 al 10 giugno 2022. Naturalmente si spera in una maggiore disponibilità di fondi.

Pagamenti, limite di contante a 1000 euro dal 1° gennaio 2022, addio al cashback

Cambia la politica antievasione del governo a partire dal 2022. Dal prossimo 1° gennaio il limite dei pagamenti in contante scende a 1000 euro. Anche sugli incentivi relativi ai pagamenti con le carte cambiano le regole: non ci sarà più il cashback e modifiche sono in corso di studio anche per la lotteria degli scontrini.

Pagamenti con contanti: dal 1° gennaio 2022 il limite scende a 1000 euro

Dal 1° gennaio 2022 per i pagamenti in contanti la soglia sarà di 1000 euro. L’attuale limite dei 2000 euro nell’utilizzo delle banconote verrà pertanto dimezzato. La misura è contenuta nel decreto fiscale del governo nell’ambito di un progetto più ampio partito con la legge di Bilancio 2020 del secondo governo Conte. Già dal 1° luglio del 2020 infatti il limite di utilizzo dei contanti nei pagamenti era sceso da 3000 a 2000 euro.

Utilizzo carte di credito e moneta elettronica al 37% a fine 2021

Il limite dei 1000 euro nei pagamenti in contanti pareggia quello di Mario Monti nel 2011 con il decreto “Salva Italia”. In questi dieci anni il modo di pagare degli italiani è cambiato con l’utilizzo della moneta elettronica in continua ascesa (entro la fine del 2021 i pagamenti con carta saranno del 37% rispetto al 33% del 2020 e al 29% del 2019, secondo il Politecnico di Milano). Ma rimane un’ampia fascia di pagatori che utilizzano ancora il contante per le transazioni.

Con Draghi addio al cashback di Stato, non sarà rinnovato nel 2022

Sul fronte degli incentivi all’utilizzo delle carte per i pagamenti, la legge di Bilancio 2022 non confermerà il cashback di Stato. Il premio del 10% sugli acquisti (fino a 150 euro di bonus corrispondenti a una spesa di 1500 euro a semestre pagata con le carte di credito e applicazioni) era stato introdotto durante il secondo governo Conte ed è stato attuato in due periodi. Il primo, dall’8 dicembre al 31 dicembre dello scorso anno; il secondo dal 1° gennaio al 30 giugno 2021. Draghi ha sospeso il cashback di Stato a partire dal 1° luglio 2021 con l’intenzione di ripristinarlo nel 2022. Ma così non sarà, a meno di novità entro la fine di quest’anno.

Lotteria degli scontrini, la novità potrebbe essere quella delle vincite istantanee

Il governo potrebbe invece continuare a puntare sulla lotteria degli scontrini anche nel 2022. Ma con un profondo restyling e la novità dei premi istantanei. Tuttavia, per questi ultimi è necessario che i commercianti adeguino tecnicamente i propri sistemi. Attualmente anche gli esercenti ricevono incentivi per l’utilizzo della carta di credito.

Credito di imposta sugli acquisti e utilizzi nuovi Pos degli esercenti

Si tratta dell’elevazione dal 30 al 100% del credito di imposta derivante dalle commissioni pagate dai commercianti per l’utilizzo dei Pos dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022. Tuttavia la tax credit sull’acquisto dei dispositivi, o sul noleggio e utilizzo, segue un doppio binario. La discriminante è l’acquisto di un dispositivo di tipo tradizionale o Pos di tipo “smart”. Per questi ultimi modelli la tax credit scatterà solo a partire dal prossimo anno.

Credito di imposta per investimenti Mezzogiorno, è cambiato il modello di domanda

L’Agenzia delle entrate ha modificato il modello di comunicazione per ottenere il credito di imposta sugli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro dell’Italia e nelle Zone economiche speciali (Zes). Lo specifica la stessa Agenzia delle entrate con il messaggio numero 291090 del 2021.

Nuovo modello per il credito di imposta incentivi Mezzogiorno, quando si usa?

Il nuovo modello di comunicazione dell’Agenzia delle entrate deve essere utilizzato per la fruizione del credito di imposta per:

  • gli investimenti nel Mezzogiorno previsti dai commi da 98 a 108, dell’articolo 1, della legge numero 208 del 28 dicembre 2015;
  • per gli incentivi nei comuni del sisma del Centro Italia, previsti dall’articolo 18 quater del decreto legge  numero 8 del 9 febbraio 2017;
  • le zone economiche speciali (Zes), disciplinati dall’articolo 5 del decreto legge numero 91 del 20 giugno 2017.

Qual è il modello da utilizzare per la domanda di credito di imposta?

Le imprese interessate al credito di imposta degli investimenti previsti dai relativi decreti devono utilizzare la versione aggiornata del software del modello di comunicazione. Il modello prende il nome di “Creditoinvestimentisud” (CIM 17).

Novità sulle risorse per gli investimenti Zone economiche speciali

Con lo stesso provvedimento, l’Agenzia delle entrate informa che per i crediti di imposta relativi a investimenti nelle Zone economiche speciali, si è provveduto ad aumentare il limite massimo di costo complessivo agevolabile. Infatti, il massimo del beneficio di ciascun progetto è aumentato da 50 milioni di euro a 100 milioni di euro. Inoltre, l’Agenzia informa che con la stessa misura è stata estesa la possibilità di acquisto dei beni strumentali. Proprio per queste modifiche si è reso necessario procedere con il cambio del modello di comunicazione.

Quali novità nel modello di comunicazione degli investimenti Zes?

Nel nuovo modello di comunicazione vi è un nuovo riquadro, infatti, per gli investimenti a favore delle imprese nelle Zone economiche speciali. La modifica è intervenuta nel quadro “B” del modello per indicare gli investimenti nelle Zes effettuati a partire dal 1° giugno 2021, data di entrata in vigore del decreto legge numero 77 del 2021.

Credito di imposta su investimenti, come recuperarlo se la fattura è stata già emessa

Si può recuperare il credito di imposta sull’acquisto di beni di investimento anche se la fattura è stata già emessa? La risposta è positiva, e questo può avvenire sia per la fattura cartacea che per quella elettronica. In questo modo, si può recuperare l’agevolazione vigente sull’acquisto di impianti, macchinari e attrezzature maturando il credito di imposta.

Per quali beni l’azienda può richiedere il credito di imposta fino al 30 giugno 2022?

La finanziaria 2021 ha stabilito che per gli investimenti fatti fino al 30 giugno 2022 spetti il credito di imposta pari al 45% del prezzo di acquisto. L’aliquota va applicata al netto dell’Iva. Il credito di imposta spetta nella misura piena per le imprese con sede nelle regioni del Sud Italia e del 30% per quelle situate in Abruzzo o in Molise. Per usufruire del credito di imposta, e dunque anche per i controlli successivi all’emissione della fattura, è necessario rispettare determinate regole.

Cosa avviene se si compra un impianto o un’attrezzatura senza l’indicazione in fattura?

Infatti, può capitare che il fornitore abbia venduto l’impianto, l’attrezzatura o il macchinario senza che l’azienda che ha comprato il bene abbia potuto beneficiare del credito di imposta. E che dunque sulla fattura non abbia indicato gli estremi dell’agevolazione. In questi casi è possibile recuperare l’eventuale mancanza degli estremi della fattura.

Cosa deve contenere la fattura per avere il credito di imposta sugli investimenti?

Infatti, è previsto per accedere al credito di imposta sull’acquisto di determinati sistemi e attrezzature rientranti nelle agevolazioni che sulla fattura e sugli altri documenti attestanti l’avvenuto acquisto sia riportato il riferimento alla norma che contiene l’agevolazione. In mancanza, e al compimento dei controlli, l’agevolazione stessa può essere revocata.

Credito di imposta, si può recuperare anche se la fattura è stata già emessa?

Prima dunque che avvengano i controlli, il richiedente il beneficio può regolarizzare il documento (ovvero la fattura) riportando gli estremi della norma sulla fattura originale. La regolarizzazione deve avvenire con scrittura indelebile ed eventualmente anche utilizzando un timbro apposito.

Come recuperare il credito di imposta sulle fatture elettroniche?

Sulle fatture elettroniche, invece, si può procedere in due modi:

  • stampando il documento di spesa e inserendo la scritta indelebile;
  • riportare l’integrazione elettronica unendola all’originale. In questo caso, bisogna conservare le due copie, l’ultima della quale deve essere un apposito file. Pertanto, il file deve essere allegato alla fattura elettronica originaria per l’invio al Sistema di interscambio (Sdi).

Per quali acquisti di beni strumentali si può avere di più di credito di imposta?

Il recupero del credito di imposta per investimenti in attrezzature, in sistemi o in impianti può far arrivare il beneficio fino al 95%. Infatti, la Finanziaria 2021 prevede che per l’investimento sostenuto entro il 30 giugno 2022 la percentuale del 45% possa essere maggiorata di un ulteriore 10% se entro il 31 dicembre 2021:

  • l’ordine sia stato accettato dal venditore;
  • sia stato anticipato dall’azienda che compra almeno un quinto del costo del bene acquistato.

Per gli acquisti sostenuti direttamente nel 2022, invece, il credito di imposta aggiuntivo è del 6%.

Per quali investimenti in sistemi, attrezzature e impianti si può arrivare al 95% di credito di imposta?

Alle percentuali sopra indicate, si possono aggiungere altre aliquote di credito di imposta per determinati beni rientranti nelle agevolazioni dell’Industria 4.0. Infatti, il credito di imposta aggiuntivo cresce dal 10 al 50% e dal 6 al 40% nei casi di acquisto:

  • di beni strumentali che funzionino con sistemi computerizzati o mediante sensori;
  • per sistemi che possano garantire la qualità e la sostenibilità;
  • di beni strumentali che implementino l’interazione dei macchinari con i lavoratori garantendo maggiore sicurezza sul posto di lavoro.

Rispettando tutte le norme previste per l’assegnazione del credito di imposta, il beneficio può arrivare fino al 95% del costo di acquisto dei macchinari, attrezzature e sistemi, indistintamente per ciascun settore di attività.

Quali sono le condizioni che la Finanziaria 2021 richiede per avere il credito di imposta?

Per ottenere il credito di imposta è necessario che l’azienda compratrice sia in regola con determinati obiettivi e normative. Infatti, l’azienda che richiede l’agevolazione deve essere in regola con il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali nei confronti dei dipendenti. Inoltre, è necessario che l’azienda stessa applichi correttamente le regole sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.