Le erogazioni liberali sono deduzioni o detrazioni?

Quando si effettua un’erogazione liberale in favore di una Onlus la stessa deve essere trattata dal punto di vista fiscale come una deduzione o come una detrazione?

Ecco il giusto inquadramento.

Le erogazioni liberali sono detraibili o deducibili?

Deduzioni e detrazioni sono agevolazioni fiscali che consentono di ridurre le imposte da versare a fronte di spese sostenute. La principale differenza è data dal fatto che mentre la deduzione deve essere scalata dalla base imponibile e quindi la riduce provocando una riduzione dell’imposta da versare e incidendo potenzialmente anche sugli scaglioni Irpef, non è così per le detrazioni.

Il valore delle detrazioni infatti deve essere scalato dall’imposta già calcolata. Non è possibile, a priori, stabilire quale delle sue soluzioni sarebbe preferibile e più conveniente, ma nella maggior parte dei casi è il legislatore a scegliere se una determinata spesa deve essere dedotta o detratta e in che misura. Per le erogazioni liberali vi è invece una natura ibrida ed è il contribuente a dover scegliere simulando i calcoli per trovare la soluzione economicamente più vantaggiosa.

Contribuente: le erogazioni liberali sono deduzioni o detrazioni?

Lo spunto per risolvere la questione “erogazioni liberali sono deduzioni o detrazioni?” nasce dalla domanda di un contribuente all’Agenzia delle entrate, lo stesso ha effettuato un’erogazione in favore di una Onlus nell’anno 2022 e nel modello precompilato 730/2023 trova che tale erogazione viene considerata una deduzione. Il contribuente riteneva invece che il trattamento fiscale di tale erogazione fosse quello delle detrazioni per un ammontare del 30% della spesa sostenuta.

Sottolinea invece l’Agenzia delle entrate che in base all’articolo 83 del decreto legislativo 117 del 2017 le erogazioni liberali possono essere trattate:

  • come detrazioni nel limite del 30%, elevato al 35% se in favore di organizzazioni di volontariato, nel limite dei 30.000 euro per ciascun periodo di imposta;
  • come deduzione fiscale nel limite del 10% del reddito dichiarato dal contribuente.

Agenzia delle entrate, ecco il giusto inquadramento delle erogazioni liberali

Sottolinea l’Agenzia che nel modello precompilato 730 predisposto viene scelta la soluzione, tra detrazione e deduzione, maggiormente favorevole al contribuente tenendo come riferimento i dati in possesso dell’Agenzia stessa, quindi oneri deducibili, detraibili, Cu, e altri redditi. Resta facoltà del contribuente scegliere la soluzione inversa e di conseguenza proporre una modifica del modello 730/2023 precompilato. In ogni caso si tratterebbe di un comportamento legittimo e che di conseguenza non espone a conseguenza sanzionatorie da parte dell’Agenzia delle entrate in sede di controllo.

Spetta quindi al contribuente in questo caso scegliere il tipo di trattamento fiscale da riconoscere.

Leggi anche: Detrazioni 730/2023: l’elenco completo delle spese che si possono scaricare

Flat tax: gli scenari possibili nel prossimo futuro. A chi gioverebbe?

In questi giorni sentiamo spesso parlare di flat tax, tassa piatta, fa parte dei programmi elettorali e dovrebbe essere al 15% o al 23%. Ma è fattibile? Sono molti gli economisti che ritengono che non si possa fare, mentre qualcuno dice che è necessario saper disegnare la flat tax, ma perché se ne parla tanto?

Cos’è la flat tax?

La flat tax è la tassa piatta, essa permette di evitare l’applicazione delle aliquote Irpef a scaglioni che salgono all’aumentare del reddito. Attualmente l’Irpef prevede anche una no tax area che aiuta i redditi più bassi.

La flat tax è già applicata a coloro che scelgono il regime forfettario, circa 2 milioni di partita Iva. Lo stesso però è applicabile fino ai 65.000 euro di ricavi e prevede la determinazione forfettaria della base imponibile attraverso l’applicazione dei coefficienti di redditività che variano in base al settore in cui si opera. Questo implica che i costi, voce negativa nella determinazione della base imponibile, non sono dedotti con il metodo analitico, ma attraverso una media fatta per il settore di appartenenza. Già questo può essere un primo deterrente.

Studi sulla flat tax

Siccome della flat tax si parla da molti anni, sono disponibili studi fatti già in passato sulla stessa. Da questi emerge che per una flat tax al 15% vi sarebbe una perdita per l’erario di 50 miliardi di euro. Nel caso in cui invece la flat tax fosse al 23%, sarebbe invece necessario recuperare circa 30 miliardi.

Il principio su cui si basa la proposta della flat tax è che se le aliquote sono ridotte le persone sono più propense a pagare le tasse e questo porterebbe quindi a una minore evasione fiscale. La prima cosa da sottolineare è che la flat tax andrebbe ad agire solo sulle imposte sui redditi e non su altre tipologie, l’evasione però deriva da diverse imposte tra cui gran parte dall’evasione Iva. L’evasione Irpef si aggira intorno a 37 miliardi di euro. Questo implica che con aliquota al 23% si dovrebbe sperare che all’improvviso tutti smettano di evadere per essere in pari. In caso contrario, sarà necessario aumentare altre imposte, oppure ridurre i servizi. Con l’aliquota al 15%, c’è una perdita rilevante di entrate.

A chi conviene la flat tax?

C’è un altro elemento da valutare: a chi conviene di più l’applicazione di una flat tax al 15% o al 23%? La risposta è semplice: di fatto conviene a chi ha redditi più alti che di conseguenza vede ridotta l’aliquota prima applicata e ha un deciso risparmio di imposta. Dai calcoli fatti in passato emerge addirittura che senza correttivi importanti ( che porterebbero comunque a un’ulteriore riduzione delle entrate per lo Stato), coloro che percepiscono redditi più bassi potrebbero pagare anche più imposte del passato e cioè con l’applicazione del criterio progressivo e non del criterio proporzionale (articolo 53 Costituzione).

I redditi più bassi potrebbero pagare più tasse

D’altronde il criterio progressivo, fortemente voluto dall’Assemblea Costituente, nasce proprio con l’obiettivo di aiutare le classi più deboli facendo pagare imposte più elevate alle classi più agiate e redistribuendo in servizi. UIL ha effettuato dei colcoli. Coloro che hanno un reddito di circa 10.990 euro l’anno dovrebbero pagare 1.819 euro in più l’anno, coloro che invece hanno un reddito di 17.640 euro pagherebbero in più 1.500 euro; con un reddito di 22.830 euro si pagherebbero in più 985 euro. Solo i redditi più alti risparmiano.

Da quanto emerge dalla prime indiscrezioni, per attuare un simile sistema potrebbe essere ritoccato il sistema delle deduzioni e detrazioni che ad oggi costituiscono un modo per scontare meno imposte. Ad esempio le detrazioni per le spese sanitarie, per l’acquisto di cane guida, per il trasporto pubblico, oppure per le spese di istruzione e tanto altro. Anche in questo caso a pagare di più questa flat tax sarebbero le classi meno agiate che non potrebbero più avvalersi neanche delle detrazioni su spese comunque importanti che chi invece risparmierà sull’imposta da pagare già può permettersi.

L’ostacolo della Costituzione

Inoltre si è visto che un’aliquota unica al 15% è praticamente improponibile, se non con un netto taglio di servizi, mentre l’aliquota al 23% potrebbe anche essere fattibile, ammesso che si riesca a recuperare tutta l’evasione, ma di fatto già oggi il primo scaglione Irpef è al 23%, quindi i redditi più bassi non avrebbero assolutamente alcun vantaggio, se non il rischio di avere meno deduzioni e detrazioni.

Deve infine essere aggiunto che il criterio della progressività su cui deve essere informato il nostro sistema fiscale è previsto nell’articolo 53 della Costituzione, è quindi necessaria una preliminare modifica della Costituzione con procedimento aggravato per poter passare alla flat tax. Oggi infatti l’unica imposta progressiva è l’Irpef e quindi applicando ad essa l’aliquota proporzionale il sistema fiscale andrebbe ad impattare con la Costituzione.

IRAP 2022: nuove istruzioni per le deduzioni del 15 luglio 2022

L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 40/E del 2022  del 15 luglio ha fornito nuove indicazioni per la compilazione del modello Irap 2022 (Imposta sul Reddito delle Attività Produttive). Le stesse hanno ad oggetto soprattutto le deduzioni che le imprese possono far valere. Fin da subito è bene ricordare che queste istruzioni possono essere utilizzate già nella dichiarazione da rendere entro il 30 novembre oppure si possono continuare a seguire le vecchie istruzioni e utilizzare le nuove disposizioni a partire dal 2023.

Le nuove deduzioni Irap introdotte con il Decreto Semplificazioni 2022

Le novità sono state previste con il decreto Semplificazioni, articolo 10 del decreto 73/2022 che ha introdotto novità inerenti le deduzioni per il costo del personale. Il decreto precisa che le novità si applicano per il periodo di imposta precedente rispetto a quello in corso e quindi già dal periodo di imposta 2021 per il quale gli adempimenti devono essere effettuati nel 2022.

Le novità prevedono che per i soggetti diversi dai dipendenti a tempo indeterminato si possono dedurre:

  • contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro;
  • spese relative agli apprendisti, ai disabili e spese per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro, costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo.
  • È prevista inoltre una deduzione a titolo forfettario per ogni dipendente, fino a un massimo di 5, di 1.850 euro, ma solo per soggetti con componenti positivi non superiori a 40.000 euro.

Deduzioni Irap 2022 che non è più possibile far valere

Con l’introduzione di nuove deduzioni, altre ne vengono meno si tratta di:

  • deduzione di 7.500 euro su base annua per i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Tale deduzione era di 13.500 euro nel caso di lavoratrici donne e per i giovani under 35. Per questi soggetti viene meno anche la deduzione dei contributi previdenziali e assistenziali.
  • viene meno inoltre la deduzione di 15.000 euro per le imprese che hanno assunto con contratto a tempo indeterminato.

Con la Risoluzione 40/E del 15 luglio 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che Atteso che la novella normativa si sostanzia essenzialmente in una semplificazione nel calcolo della deduzione spettante per i dipendenti a tempo indeterminato […]si ritiene che per il primo anno sia comunque possibile compilare la sezione I del quadro IS secondo le regole attualmente fornite nelle istruzioni per la compilazione del modello Irap 2022.

Questa scelta è giustificata dal fatto che in teoria le nuove indicazioni del decreto Semplificazioni non hanno l’obiettivo di modificare il quantum dell’imposta, ma semplicemente semplificare la compilazione.

Ricordiamo che le deduzioni sono componenti negative che vanno a diminuire la base imponibile determinando quindi una minore imposta.

Come compilare il quadro IS della Dichiarazione Irap 2022

In base alle nuove indicazioni per il quadro IS del modello Redditi 2022

IS 1, colonna 2= deduzioni previste per i soggetti diversi rispetto ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato;

IS 2= non va compilata;

IS3= non è necessaria la compilazione;

IS4, colonna 3 = deduzioni spettanti per soggetti diversi dai lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato;

IS5, colonna2= deduzioni spettanti per soggetti diversi dai lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato;

IS6= compilazione non necessaria;

IS7, colonna 3= deduzione di cui all’articolo 11, comma 4-octies, del decreto IRAP comprendente:

  1.  deduzione costo complessivo personale dipendente con contratto a tempo indeterminata;
  2.  deduzione del 70% per i lavoratori stagionali assunti con un contratto di durata di almeno 120 giornate per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla cessazione del precedente contratto ( da evidenziare anche nella colonna 2).

IS9 = eccedenza delle deduzioni ammesse dai commi 1 e 4-bis.1 dell’articolo 11 del decreto Irap rispetto al limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli oneri e spese a carico del datore di lavoro ( compilazione solo se necessaria).

Ricordiamo che la Dichiarazione IRAP 2022, relativa al periodo di imposta 2021, deve essere presentata entro il 30 novembre 2022, mentre i soggetti Ires e le Pubbliche Amministrazioni il cui periodo di imposta non coincide con l’anno solare, devono presentare la dichiarazione Irap entro l’undicesimo mese successivo rispetto alla chiusura dell’anno di imposta.

Puoi scaricare la risoluzione completa seguendo il link Risoluzione_40_15.07.2022

Leggi anche: Dal 2022 addio all’Irap per 835.000 contribuenti. Ecco chi sono

 

 

Detrazioni su donazioni al Terzo settore: quanto sono detraibili e deducibili?

Quanto sono detraibili le donazioni e le erogazioni liberali al Terzo settore? In sede di dichiarazione dei redditi, le erogazioni al Terzo settore costituiscono una quota crescente delle detrazioni, soprattutto in applicazione di quanto previsto dal decreto “Cura Italia” approvato in piena emergenza Covid. Pertanto, nelle dichiarazioni dei redditi successive si potrà avere consistenza delle donazioni effettuate verso gli enti del Terzo settore soprattutto nel periodo della pandemia di Covid-19. Tuttavia, le tipologie di donazioni sono varie e variano a seconda dell’ente ricevente, senza dimenticare il bonus art e le erogazioni a vantaggio delle popolazioni colpite da eventi dannosi.

Qual è la percentuale di detrazione fiscale spettante per le donazioni al Terzo settore?

In linea di massima, le erogazioni liberali a favore del Terzo settore danno diritto alle persone fisiche che le hanno effettuate a una detrazione fiscale dell’imposta sul reddito corrispondente al 30% dell’importo della donazione stessa. Il contribuente può aver provveduto a effettuare l’erogazione liberale sia in denaro che in natura. Il limite della detrazione fiscale è fissato in 30 mila euro, secondo quanto prevede il decreto “Cura Italia” all’articolo 66.

Detrazioni della dichiarazione dei redditi 2021 in virtù del decreto ‘Cura Italia’

Tuttavia, questa disciplina non trova applicazione nella dichiarazione dei redditi del 2022 (per i redditi prodotti nel 2021). Infatti, la percentuale di detrazione fiscale e i relativi limiti sono stati applicati alla dichiarazione dei redditi del 2021 per l’anno di imposta 2020. Per la dichiarazione dei redditi del 2022, pertanto, le persone fisiche beneficeranno delle detrazioni fiscali, delle deduzioni o dei crediti di imposta a seconda di chi beneficia delle erogazioni liberali e degli obiettivi perseguiti.

Detrazioni fiscali delle erogazioni liberali al terzo settore: cosa c’è da sapere per il modello 730?

Prendendo dunque a riferimento le varie donazioni effettuate nei riguardi di determinati enti, si può fare riferimento alle norme introdotte per la riforma del Terzo settore. L’articolo 83 del Codice del Terzo settore (Cts) permette a tutte le persone fisiche che abbiano provveduto a donazioni a vantaggio degli enti del Terzo settore di beneficiare della detrazione fiscale ai fini Irpef per una aliquota del 30% dell’importo della donazione stessa. Il limite massimo della detrazione spettante è fissato in 30 mila euro. La percentuale aumenta se riferita alle donazioni verso le Organizzazioni di volontariato (Odv) al 35%.

Deduzioni sulle donazioni fatte agli enti del Terzo settore del 10%

I contribuenti hanno, peraltro, la possibilità di scegliere tra la detrazione del 30 o del 35% e la deduzione. In quest’ultimo caso, si può effettuare la deduzione delle erogazioni liberate rispettando il tetto del 10% del reddito dichiarato. Sulle eventuali eccedenze è possibile effettuare la deduzione nei quattro periodi di imposta susseguenti. In ogni caso, nelle istruzioni del modello 730 viene indicato che queste agevolazioni possono essere utilizzate dai contribuenti per le dichiarazioni dei redditi del 2022 sulle somme donate a favore di:

  • Onlus;
  • associazioni di promozione sociale (Aps);
  • organizzazioni di volontariato (Odv);
  • associazioni di promozione sociale (Aps).

Come indicare nel modello 730 di dichiarazione dei redditi le somme concesse in donazione al Terzo settore?

L’indicazione delle somme date in donazione agli enti del Terzo settore nel modello 730 di dichiarazione dei redditi comporta l’iscrizione:

  • del codice 71 in corrispondenza dei righi E 8 ed E 10. Questo passaggio vale per le somme erogate a vantaggio delle associazioni di promozione sociale (Aps) e delle Onlus. La detrazione fiscale limite è pari a 30 mila euro;
  • il codice 76 in corrispondenza dei righi E 8, E 9 ed E 10. Questo passaggio riguarda le donazioni effettuate nei confronti delle organizzazioni di volontariato (Odv) con detrazione spettante del 35%.

Donazioni agli enti del Terzo settore, quando serve il pagamento tracciabile?

Ulteriore requisito per la detrazione fiscale delle liberalità effettuate verso le organizzazioni di volontariato (Odv), le Onlus e le associazioni per la promozione sociale è quello del versamento delle somme mediante mezzi tracciabili. Ad esempio, il versamento deve essere stato fatto attraverso la banca, la posta o con carta di credito.

Ulteriori formule di donazioni agli enti del Terzo settore: quali sono?

Oltre alle agevolazioni fiscale che abbiamo visto in precedenza, sono presenti anche altre formule di erogazioni. La prima è quella prevista dal comma 1.1 dell’articolo 15, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che prevede la detrazione fiscale con aliquota del 26% sull’importo delle erogazioni in denaro a favore di iniziative;

  • religiose e laiche;
  • umanitarie;
  • di fondazioni, associazioni, enti e comitati.

Il limite per le persone fisiche delle donazioni è fissato in 30 mila euro; per i soggetti Ires vige lo stesso tetto oppure il 2% del reddito dichiarato. Lo prevede la lettera h, del comma 2, dell’articolo 100 del Tuir.

Donazioni a enti di ricerca scientifica e di beni culturali: quali sono?

Ulteriori donazioni possono essere fatte a favore degli enti di ricerca scientifica e di beni culturali. È infatti previsto che le persone fisiche possano elargire somme di denaro o in natura in donazione con la deduzione fiscale sul reddito complessivo dichiarato nel limite del 10%. La stessa agevolazione spetta ai soggetti Ires. Il tetto massimo di deduzione fiscale, in entrambi i casi, è pari a 70 mila euro. Questa agevolazione, che deriva dall’articolo 14 del decreto legge numero 35 del 2005, non è più valida dal 2018 per le donazioni a vantaggio delle associazione di promozione sociale e le Onlus. La stessa verrà disapplicata anche per le altre tipologie di enti beneficiari con l’entrata in vigore dei regimi fiscali relativi agli enti del Terzo settore (Ets). Si attende l’ok della Commissione europea.

Enti di cultura e di arte, detrazione fiscale alternativa del 19%

Le donazioni alternative per gli enti attivi nell’arte e nella cultura riguardano le detrazioni fiscali del 19% sull’importo delle erogazioni liberali. Gli enti che beneficiano delle donazioni sono obbligati a usare le somme donate nei termini fissati dalla lettera h) ed h bis) del comma 1, dell’articolo 15, del Tuir.

Bonus art ed erogazioni per calamità naturali, che cos’è e quale detrazione è prevista?

Un ulteriore beneficio fiscale sulle donazioni effettuate si può ottenere dal bonus art. Si tratta di una detrazione del 65% delle somme donate, con il tetto del 15% rispetto al reddito imponibile. Le donazioni devono prevedere somme per:

  • la manutenzione, il restauro, la protezione di beni culturali;
  • il sostegno a istituti di cultura pubblici;
  • orchestre ed enti concertistici;
  • festival, teatri e centri di produzione teatrale;
  • centri di danza e circuiti di distribuzione.

Inoltre, si possono detrarre le erogazioni effettuate per le popolazioni danneggiate dalle calamità straordinarie o da aventi dannosi. Per la detrazione fiscale è necessario utilizzare i righi E 8, E 9 ed E 10 del modello 730 di dichiarazione dei redditi. Il codice da usare è il 20.

730 precompilato, ecco come procedere con le modifiche delle spese in detrazione o in deduzione

A partire dalla giornata di ieri, 31 maggio, i contribuenti possono modificare e inviare il modello 730 precompilato ai fini della dichiarazione dei redditi 2022 già presente nella propria area personale del sito dell’Agenzia delle entrate. Nei giorni precedenti, infatti, si poteva semplicemente visualizzare il modello precompilato, senza apportare cambiamenti o inviarlo. Nella fase di semplice visualizzazione, sono state 2,6 milioni i contribuenti che hanno fatto accesso alla precompilata. Prima di inviare il modello all’Agenzia delle entrate, è necessario procedere con il controllo delle spese detraibili e deducibili. Il modello può essere inviato personalmente, oppure servirsi dei Centri di assistenza fiscale (Caf) o di professionisti abilitati (ad esempio, commercialisti e consulenti del lavoro).

Modello 730 precompilato, come modificare le spese in detrazione o deduzione?

In particolare, il controllo delle spese detraibili o deducibili 730 precompilato può portare all’integrazione dei dati già presenti nel modello. Lo si può fare dal quadro E del modello 730 per le spese sostenute nell’anno di imposta 2021, da rimborsare nel 2022. A tal proposito è necessario prestare attenzione:

  • se la spesa oggetto di rimborso è stata effettuata nel 2021 e nello stesso anno è stata dedotta o detratta, non va effettuata la detrazione o non va dedotta la spesa stessa. In questo caso è importante controllare che nel modello 730 precompilato non sia presente la spesa. In questa eventualità, occorre rettificare l’informazione con l’eliminazione della spesa stessa. Pertanto, se il rimborso di una spesa detraibile o deducibile avviene nel medesimo anno in cui sia stata sostenuta, il bonus fiscale si perde.
  • caso differente per il rimborso del 2021 di una spesa dedotta oppure detratta negli anni prima. In questa situazione il rimborso va iscritto nel rigo D 7 della colonna 4, inserendo il codice 3 per le spese dedotte e il codice 4 per le spese detratte. Dunque, nella colonna 3 è necessario indicare l’anno nel quale si sia già goduto del bonus. Il rimborso deve essere indicato fino alla concorrenza dell’importo che ha già avuto la detrazione o la deduzione.

Cosa avviene per le spese sanitarie nel modello 730 precompilate? Ecco i casi

Nel caso in cui si tratti di rimborso delle spese sanitarie sostenute nell’anno 2020 ma rateizzate in 4 anni, è necessario utilizzare il rigo D 7. L’importo da assegnare, dunque, è quello di un quarto, perché la rateizzazione è per 4 anni. In questa situazione, il contribuente dovrà prendere a riferimento la quota di spesa dell’anno 2021. La detrazione di questa quota va inserita nel rigo E 6 solo per la parte di importo eccedente il quarto a rimborso. Negli altri anni dei quattro previsti per la rateizzazione, l’operazione da fare è uguale.

Spese sostenute nel 2021 da rimborsare nel 2022: il contribuente deve verificare caso per caso

Nel caso di spese sostenute nel 2021 che dovranno essere rimborsate nell’anno in corso, è necessario verificare caso per caso se inserire la spesa nel quadro E. Infatti, se nel modello 730 precompilato del 2022 si procede con la detrazione o con la deduzione della spesa, nella dichiarazione dei redditi del prossimo anno si dovrà procedere con la tassazione del rimborso stesso. La tassazione separata sconta la percentuale media dei due anni anteriori, con aliquota minima del 23%. La detrazione in genere è del 19%. Fanno eccezioni le erogazioni liberali che hanno aliquote dal 26% fino al 35%. Le spese contenute nel quadro E, nella Sezione II, relativa agli oneri deducibili, e quelle del recupero edilizio e assimilate (Sezione III), assicurano risparmi maggiori. Pertanto, il contribuente dovrebbe fare un confronto tra:

  • il risparmio subito, di quest’anno;
  • la tassazione da applicare al rimborso.

Da questo confronto, il contribuente può decidere se prendere il bonus subito sui redditi del 2021 oppure il rimborso senza tasse nel 2022.

Contribuenti che hanno redditi tra 120 mila e 240 mila euro: detrazioni ridotte in proporzione al reddito

I contribuenti che hanno livelli di redditi da un minimo di 120 mila euro e un massimo di 240 mila euro, hanno la possibilità di detrarre le spese (a eccezione di quelle sanitarie) con riduzione proporzionale all’aumentare del reddito stesso. A partire dai 240 mila euro vi è l’azzeramento delle detrazioni. Per le tasse del rimborso del 2021 relative alle spese detratte nell’anno 2020 solo parzialmente, si ritiene, in attesa di chiarimenti, di iscrivere nel rigo D 7 solo la parte del rimborso in proporzione a quella della spesa detratta.

Controlli Fisco dichiarazione dei redditi: i documenti da conservare per le spese sanitarie e mutui

Quali sono i documenti da conservare relativi alla dichiarazione dei redditi, inerenti le varie tipologie di spese sanitarie, e i costi sostenuti per i mutui ipotecari per la costruzione o la ristrutturazione dell’abitazione principale? In linea generale, i contribuenti devono conservare i documenti che sono stati utilizzati per la dichiarazione dei redditi mediante il modello 730. Infatti, questi documenti possono essere richiesti dall’Agenzia delle entrate nel caso di controlli. Ecco qual è la documentazione da conservare per gli anni a venire.

Controlli Agenzia delle entrate sulla dichiarazione dei redditi, fino a quando il Fisco procede con il controllo?

Il controllo formale da parte dell’Agenzia delle entrate sulla documentazione presentata per la dichiarazione dei redditi può essere effettuato entro il 31 dicembre del 5° anno susseguente a quello nel quale sia stata presentata la dichiarazione dei redditi. Prendendo ad esempio la dichiarazione dei redditi del 2022, a valere sull’anno di imposta 2021, il controllo può essere effettuato dal Fisco fino al 31 dicembre del 2027. Entro questa scadenza, dunque, l’Agenzia delle entrate può richiedere al contribuente di mostrare la documentazione della dichiarazione dei redditi di quest’anno.

Controllo formale documentazione dichiarazione dei redditi tramite Caf o commercialista: come avviene?

Cosa avviene invece nel caso in cui la dichiarazione dei redditi viene presentata mediante un Centro assistenza fiscale abilitato (Caf) o attraverso il proprio commercialista? Delegare la dichiarazione dei redditi comporta la necessità, per il contribuente, di controllare le informazioni contenute nella dichiarazione stessa. Ovvero la conformità, soprattutto delle spese sostenute nell’anno di imposta, delle informazioni riportate nella documentazione. La copia originale della dichiarazione dei redditi deve essere conservata dal contribuente. Tuttavia, in caso di controllo, l’Agenzia delle entrate può richiedere la documentazione al commercialista e al Caf che ne conservano una copia.

Quali sono i documenti da conservare relativi alla dichiarazione dei redditi?

In linea generale, i documenti che il contribuente deve conservare relativi alla dichiarazione dei redditi sono:

  • la certificazione unica;
  • i certificati inerenti le ritenute;
  • gli scontrini e le ricevute fiscali;
  • le quietanze di pagamento delle spese sostenute;
  • gli eventuali modelli F24.

Oltre ai documenti generici, vi sono delle spese che richiedono la conservazione di specifica documentazione. Generalmente, il contribuente deve conservare tutta la documentazione che dimostra il diritto alle detrazioni e alle deduzioni fiscali utilizzate per la dichiarazione dei redditi.

Documentazione da conservare per la dichiarazione dei redditi: le spese sanitarie

Una prima classificazione è relativa ai documenti da conservare per le spese mediche. Per quelle generiche, di acquisto di farmaci e farmaci omeopatici, è necessario conservare gli scontrini fiscali parlanti. In questa documentazione deve essere riportata:

  • il numero di medicinali comprati;
  • la natura dei medicinali;
  • il codice alfanumerico situato in ogni confezione dei medicinali;
  • il codice fiscale di chi acquista il medicinale.

Documentazione da conservare per spese certificati medici sportivi, patente e altre spese

Altre tipologie di spese sanitarie possono essere sostenute per:

  • il certificato medico per utilizzi sportivi;
  • i certificati per la patente di guida;
  • la certificazione relativa all’apertura e alla chiusura di infortuni e malattie;
  • i documenti per le pratiche legali e assicurative.

In tutti questi casi, il contribuente deve conservare la fattura che è stata rilasciata dal dottore. Oppure la ricevuta fiscale.

Spese mediche sostenute all’estero: quale documentazione deve essere conservata per i controlli del Fisco?

Anche per le spese mediche sostenute all’estero, la conservazione della documentazione è analoga a quella che avviene nel territorio italiano. È necessario conservare le quietanze di pagamento. Con la differenza che se i documenti sanitari sono riportati nella lingua originale è necessario procedere con una traduzione in italiano. In particolare, se i documenti sono scritti in spagnolo, in inglese, in tedesco o in francese, la traduzione la può fare il contribuente stesso e sottoscriverla. Per le altre lingue, è necessaria la traduzione giurata. Per chi ha domicilio fiscale nella Provincia autonoma di Bolzano o nella Valle d’Aosta, non c’è bisogno della traduzione se i documenti sono in tedesco o in francese.

Documentazione necessaria per il controllo dell’Agenzia delle entrate del mutuo ai fini della dichiarazione dei redditi

Per quanto riguarda le detrazioni degli interessi sui mutui ipotecari inerenti la ristrutturazione o la costruzione edilizia dell’abitazione principale, il contribuente deve:

  • trasmettere o esibire in caso di controlli del Fisco le quietanze di pagamento degli interessi passivi sul mutuo;
  • fornire la copia del contratto del mutuo ipotecario. Dal contratto deve risultare l’ipoteca e la stipulazione ai fini della costruzione dell’abitazione principale;
  • la documentazione amministrazione disciplinata dalla normativa edilizia vigente;
  • copie delle fatture o delle ricevute fiscali inerenti i costi di costruzione sostenute per l’abitazione stessa.

 

 

Deduzione Irpef per la previdenza complementare, vantaggi e limiti

Continuiamo la disamina degli strumenti che possono consentire un risparmio sull’Irpef parlando delle deduzioni per i versamenti in favore della previdenza complementare.

Previdenza complementare: perché viene agevolato l’accesso ad essa?

Le varie riforme del sistema pensionistico adottate dall’Italia hanno portato nel tempo a una vistosa riduzione dell’assegno di pensione che si può maturare. Proprio per questo il legislatore auspica un sempre più frequente uso della previdenza complementare in modo da integrare l’assegno pensionistico maturato e mantenere l’autosufficienza economica anche dopo aver cessato il lavoro. Tra i sistemi adottati per incentivare il ricorso a forme di previdenza complementare vi sono le deduzioni Irpef.

L’articolo 10 comma 1 lettera e-bis del TUIR stabilisce che sono deducibili ai fini Irpef gli importi versati alle forme pensionistiche complementari. Ricordiamo che la deduzione agisce sulla base imponibile. Sono quindi determinati prima i redditi imponibili, poi alla loro somma sono sottratti gli oneri deducibili. Si ottiene quindi la nuova base imponibile su cui viene calcolata l’imposta. Di conseguenza è come se tali somme non fossero entrate nella disponibilità del contribuente.

Quali sono i fondi complementari che consentono di avere la deduzione Irpef?

In primo luogo è bene chiarire quali sono i fondi complementari che possono accedere alla deduzione. Si tratta di:

  • Fondi pensione negoziali anche denominati fondi chiusi ( si può aderire entro un lasso di tempo):
  • fondi pensione aperti ( si può aderire in qualunque momento):
  • contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali.

I fondi previdenziali che danno luogo all’agevolazione fiscale possono essere individuali, quindi stipulati dal singolo soggetto, oppure collettivi, ad esempio quelli organizzati per una categoria di lavoratori ( metalmeccanici) a cui i singoli lavoratori possono aderire o meno.

Chi può aderire a forme di previdenza complementare?

Possono aderire alle forme di previdenza complementare i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato. Inoltre possono accedere anche i lavoratori con contratto:

  • di somministrazione;
  • intermittente;
  • ripartito;
  • part time;
  • apprendistato;
  • occasionale;
  • lavoratori a progetto;
  • infine, possono aderire i soci lavoratori di cooperative.

Le forme pensionistiche complementari prevedono la costruzione di una pensione ulteriore rispetto a quella maturata con i contributi versati, attraverso dei versamenti volontari. Al momento dell’accesso al fondo viene aperta una posizione alimentata dai fondi versati e dagli interessi che derivano dagli investimenti eseguiti dal gestore dei fondi. I lavoratori possono alimentare il fondo anche attraverso la devoluzione al fondo stesso del TFR maturato. Non è obbligatorio versare il TFR nel fondo di previdenza complementare, ma se lo si fa, lo stesso non contribuisce a raggiungere la soglia massiam di deduzione che a breve vedremo.

In base alla normativa i lavoratori sono liberi di versare le somme che desiderano in tali fondi. Nel caso in cui aderiscano a fondi collettivi, ad esempio quelli di categoria, i contratti e gli accordi collettivi possono stabilire una contribuzione minima all’alimentazione del fondo. La misura minima può essere fissa oppure può variare in base alla categoria dei lavoratori.

Misura della deduzione Irpef per fondi di previdenza complementare

E’ possibile dedurre dall’imponibile i contributi versati nei fondi pensione che abbiamo visto in misura massima di 5.164,57 euro, quindi è possibile ridurre la base imponibile del relativo importo.

I versamenti superiori contribuiscono ad alimentare il fondo pensione, possono dar luogo a rendimenti maggiori ma non possono essere portati in deduzione al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi e quindi non contribuiscono a ridurre l’Irpef.

Le regole sulla deduzione Irpef per i fondi di previdenza complementare sono in parte diverse per i lavoratori del settore pubblico, infatti per loro la misura massima della quale è possibile avvalersi del vantaggio fiscale è riconosciuta nel minore importo tra il 12% della retribuzione e 5.164,57 euro.

Il risparmio che si può ottenere dipende da diversi fattori, tra cui lo scaglione Irpef nel quale si rientra e gli importi che sono versati al fondo di previdenza complementare. Maggiore è l’aliquota applicata e maggiore è il risparmio di imposta che si può ottenere. Naturalmente nel caso in cui un soggetto sia incapiente e quindi non debba versare l’Irpef, ad esempio se si colloca nella No Tax Area identificata in 8.500 euro, oppure possa far valere altre deduzione e altre detrazioni che vanno ad azzerare gli importi dovuti, il risparmio non matura. In ogni caso avere una forma di previdenza complementare aiuta ad avere un importo pensionistico mensile futuro maggiore.

Altri vantaggi fiscali dell’adesione a un fondo di previdenza complementare

A questo punto è bene ricordare che i vantaggi fiscali derivanti dall’adesione a una forma di previdenza complementare non finiscono qui. La quota di rendita pensionistica, o di capitale, che deriva dai contributi non dedotti fiscalmente è esente dalle imposte. Per poter accedere a tale diritto il contribuente entro il 31 dicembre di ogni anno successivo rispetto a quello in cui ha maturato il beneficio deve comunicare alla forma pensionistica le quote di versamenti per i quali non accede ai benefici fiscali. Ad esempio, per i versamenti dell’anno 2021, entro il 31 dicembre 2022 deve comunicare al gestore del fondo le quote dei versamenti per i quali non ha usufruito delle deduzioni.

Deve essere, infine, sottolineato un ultimo aspetto: è possibile portare in deduzione anche i versamenti alle forme di previdenza complementare effettuati in favore di un proprio familiare fiscalmente a carico. Ad esempio se il coniuge nell’arco dell’anno matura redditi bassi che quindi lo portano ad essere a carico dell’altro coniuge, lo stesso può dedurre versamenti ai fondi pensione dedicati al coniuge con reddito basso.

Ultime informazioni

I contributi versati alle forme di previdenza complementare devono essere indicati nella dichiarazione 730 nel quadro RP.

I rendimenti dei fondi pensione sono però tassati, ma godono di una tassazione agevolata. I rendimenti sono gli incrementi di valore determinati dagli investimenti effettuati dal gestore del fondo. Gli stessi sono tassati al 20% , a differenza dell’aliquota solitamente applicata per i rendimenti finanziari che solitamente è al 26%. Nel caso in cui il fondo preveda investimenti in titoli di Stato, i rendimenti da questi generati sono tassati al 12,5%.

Per maggiore comodità inseriamo gli approfondimenti sulle altre deduzioni e detrazioni che si possono  fare valere in sede di dichiarazione dei redditi.

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Deduzioni per spese mediche e sanitarie: quali sono e quando si possono ottenere

Nel precedente approfondimento abbiamo parlato delle detrazioni per spese mediche e sanitarie, parleremo ora delle deduzioni per spese mediche e sanitarie. Si tratta comunque di casi residui.

Cosa sono le deduzioni e come funzionano?

La deduzione consente di sottrarre dal reddito imponibile determinate somme, andando a ridurre la base imponibile, l’imposta sul reddito da versare (Irpef) si riduce, spesso anche in modo notevole. La differenza tra le detrazioni viste in precedenza e le deduzioni è data anche dal fatto che le detrazioni vanno ad agire sull’imposta, ma viene considerata solo una percentuale, cioè il 19% e vi è una franchigia. Con le deduzioni è come se la relativa quota di reddito non sia mai stata maturata quindi non dà luogo a tassazione, si tratta quindi di un regime maggiormente favorevole.

Chi ha diritto alle deduzioni per spese mediche e sanitarie.

Ritornando alle deduzioni, le stesse si applicano alle spese mediche e sanitarie affrontate dalle persone con disabilità. La normativa stabilisce che può usufruirne chi ha ottenuto il riconoscimento di invalidità previsto dalla legge 104 del 1992.

Affinché si possano portare in deduzione le spese mediche e sanitarie è necessario che ci sia il riconoscimento ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 della legge 104 del 1992, non occorre invece che si verifichi l’ipotesi del comma 3 dello stesso articolo. In particolare il comma 1 riconosce l’invalidità nei casi di “minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.Il comma 3 invece si occupa di persone con handicap di grave entità e che a causa dello stesso ha bisogno di un intervento assistenziale permanente. Si ricava quindi che basta il riconoscimento dell’handicap di grave entità, ma non occorre che la persona sia in condizione di aver bisogno di assistenza continua.

Per gli invalidi civili è necessario invece che l’invalidità sia grave e permanente.

Possono essere portate in deduzione anche le spese sostenute per le persone decedute, in questo caso la deduzione spetta agli eredi che le hanno affrontate. Ad esempio può capitare che una persona muoia ma che vi siano spese sanitarie pendenti affrontate dagli eredi, in questo caso gli stessi possono portarle in deduzione per la quota da ciascuno sostenuta.

Quali sono le spese mediche che possono essere portate in deduzione?

Le spese mediche e sanitarie deducibili sono:

  • spese mediche generiche come medicinali, anche in questo caso può trattarsi di medicinali da banco) e spese sostenute per visite mediche generiche;
  • spese di assistenza specialistiche, vi rientrano spese per il personale infermieristico, spese assistenza riabilitativa effettuata da personale paramedico, prestazioni rese da personale con qualifica professionale di addetto all’assistenza di base o di operatore tecnico assistenziale e infine prestazioni di personale coordinamento delle attività assistenziali di nucleo, dal personale con la qualifica di educatore professionale, dal personale qualificato addetto ad attività di animazione e di terapia occupazionale .

Affinché si possano dedurre tali spese non è necessario che ci sia la prescrizione medica, ma dal documento di spesa si deve evincere la qualifica professionale del soggetto che presta il servizio e la tipologia di prestazione eseguita.

Rientrano tra le spese deducibili solo se prescritte dal medico la ippoterapia e la musicoterapia.

Spese mediche e sanitarie non deducibili

Non possono essere portate in deduzione le spese mediche e sanitarie per:

  • prestazioni del pedagogista in quanto non riconosciuta come professione medica;
  • le spese mediche specialistiche, ad esempio analisi diagnostiche, per le stesse si può però usufruire delle detrazioni (rimandiamo all’approfondimento sulle detrazioni);
  • le spese per gli alimenti a fini medici speciali, inseriti nella sezione A1 del Registro nazionale di cui all’art. 7 del decreto del Ministero della sanità dell’8 giugno 2001;
  • le spese affrontate in favore di cooperative per il sostegno all’apprendimento.

In caso di ricovero presso una struttura di assistenza per il disabile, non è possibile portare in deduzione l’importo della retta, ma solo la parte riguardante le spese mediche generiche e specialistiche, anche determinate in modo forfettario in base alla normativa regionale. Per beneficiare di questa deduzione è necessario che la struttura che mette a disposizione il servizio di assistenza nella fattura indichi separatamente le spese di retta e quelle deducibili.

Come avvalersi delle deduzioni per spese mediche e sanitarie

Le spese mediche e di assistenza specifica che abbiamo visto sono interamente deducibili. Devono essere portate in deduzione dal soggetto che le ha sostenute. Di conseguenza sono deducibili anche se sostenute dai familiari del disabile come il coniuge, genitori, figli, anche adottivi, generi, nuore, suoceri e suocere, fratelli, sorelle, nonni e nonne. La deduzione spetta anche se il familiare in favore del quale sono sostenute le spese non è fiscalmente a carico.

Naturalmente per potersi avvalere delle deduzioni è necessario avere lo scontrino parlante ( per i farmaci) la ricevuta o la fattura per le prestazioni mediche. Nel caso in cui le spese siano deducibili solo se prescritte dal medico, occorre anche provare tale prescrizione.

Ricordiamo che le spese che abbiamo visto possono essere portate in detrazione o in deduzione attraverso la dichiarazione dei redditi, questa può essere presentata dal mese di maggio e può generare dei rimborsi Irperf. Per maggiori informazioni: Quando viene pagato il rimborso Irpef 2022? Novità

Per la disamina completa delle detrazioni per spese mediche e sanitarie, leggi la guida: Detrazioni per spese mediche: quali sono e casi particolari

Ulteriori approfondimenti:

Legge 104: le novità e agevolazioni previste nella legge di bilancio 2022

Acquisti agevolati per invalidi con legge 104: quali sono e a chi spettano

Patologie legge 104 del 1992: quali sono riconosciute?

 

Quando viene pagato il rimborso IRPEF 2022? Novità

La maggior parte del lavoratori in questi giorni ha ricevuto la Certificazione Unica 2022, questa è alla base della successiva dichiarazione dei redditi che potrà essere presentata dal mese di maggio. Dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi si potrà ricevere anche il rimborso Irpef, ma quando sarà versato il rimborso Irpef 2022?

Dalla Certificazione Unica al rimborso Irpef 2022

La Certificazione Unica viene rilasciata dal datore di lavoro, nel caso in cui nel corso dell’anno siano intercorsi rapporti di lavoro con più soggetti, ognuno di essi è tenuto a consegnare la Certificazione Unica entro il mese di marzo. I pensionati possono invece scaricare la certificazione dal sito INPS accedendo attraverso l’uso di SPID, CIE o CNS. I dipendenti pubblici possono scaricarla sul sito NoiPA, mentre chi riceve importi imponibili dall’INAIL potrà scaricare la CU direttamente dal sito INAIL.

Sappiamo che il datore di lavoro, l’ INPS e i vari enti che erogano stipendi e pensioni sono sostituti di imposta, cioè versano le imposte al posto del soggetto passivo dell’imposta. Può però capitare che tali somme siano eccessive rispetto a quanto dovuto e questo perché sono state sostenute delle spese da portare in detrazione, in altri casi invece può capitare che il sostituto di imposta abbia versato meno di quanto effettivamente dovuto dal soggetto, ad esempio perché ha altri redditi e cumulandoli scatta un’aliquota diversa. Questi naturalmente sono solo alcuni dei casi che possono verificarsi. Al verificarsi di questi è bene presentare la dichiarazione dei redditi o 730. I termini previsti sono il 30 settembre 2022. La scadenza è il 25 ottobre 2022 per la correzione di eventuali errori nel 730 ordinario con necessità quindi di avere il 730 integrativo.

Naturalmente solo dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi 2022 sarà possibile ottenere il rimborso Irpef 2022.

Quando si riceve il rimborso Irpef 2022?

Si è detto che la presentazione del 730 o della dichiarazione dei redditi può avvenire dal mese di maggio 2022, in questo caso si potrà ricevere il rimborso Irpef già dal mese di luglio 2022. Per i lavoratori deve essere individuato anche il datore di lavoro sostituto che dovrà provvedere a versare il rimborso Irpef, naturalmente tali somme saranno comunque recuperate anche dal datore di lavoro. Per i pensionati, l’Inps, o altro ente pensionistico che ha agito in qualità di sostituto di imposta, provvederà ad accreditare le somme nella prima mensilità utile partendo sempre dal mese di luglio 2022. Chi invece attenderà l’ultimo momento per presentare il modello 730, potrà ricevere il rimborso a partire dal mese di ottobre 2022.

Detrazioni Irpef

Ricordiamo quali sono le spese principali che possono essere portate in detrazione. La detrazione viene applicata solo dopo aver calcolato l’ipotetica imposta dovuta e sottratta da tale importo. In primo luogo ci sono le spese mediche e tra le spese per dispositivi medici, ricordiamo che rientrano anche quelle sostenute per l’acquisto di mascherine FFP2 e FFp3. Per avere maggiori informazioni su come portare in detrazione i costi per le mascherine, leggi l’approfondimento: Detrazione mascherine: le modalità operative indicate dal MEF.

Sono inoltre detraibili:

  • spese di assicurazione (non obbligatoria);
  • spese per gli interessi passivi dei mutui;
  • affitto;
  • spese veterinarie;
  • istruzione (spese universitarie e non);
  • iscrizione palestra e altre attività sportive;
  • spese funebri;
  • spese per lavori edili (sismabonus, bonus facciate, ristrutturazione, superbonus 110%…);
  • erogazioni liberali (donazioni a enti del terzo settore);
  • spese di intermediazione immobiliare.

Deduzioni Irpef 2022

Sono diverse dalle detrazioni le deduzioni, infatti le deduzioni devono essere sottratte dal reddito imponibile e quindi vanno a ridurre la base imponibile su cui è calcolata l’imposta dando comunque origine a un importante risparmio. Le spese deducibili sono:

  • spese contributive e oneri previdenziali;
  • contributi versati a forme pensionistiche individuali e complementari;
  • assegno di mantenimento corrisposto all’ex coniuge (deve dichiararli l’ex coniuge e vengono eventualmente tassati a quest’ultimo);
  • contributi e oneri previdenziali versati per i collaboratori domestici;
  • contributi ed erogazioni liberali in favore di enti religiosi;
  • erogazioni in favore di ONG riconosciute;
  • spese mediche per assistenza disabili;
  • erogazioni liberali per associazioni enti che perseguono finalità benefiche, culturali, scientifiche.
  • contributi versati ai fondi integrativi del SSN;

Nell’arco delle deduzioni si comprendono quindi soldi che effettivamente non sono nella disponibilità del soggetto.

Naturalmente la lista di detrazioni e deduzioni ogni anno può essere rivista, proprio per questo è bene fin da ora raccogliere fatture e scontrini da portare al proprio Centro di Assistenza Fiscale o commercialista al fine di controllare quali possono essere portate in deduzione o in detrazione.