Ape sociale e reddito di cittadinanza, si possono percepire insieme?

Si possono percepire insieme sia la pensione con Ape sociale che il reddito di cittadinanza? Il rapporto tra le due indennità non prevede limitazioni. Infatti, il decreto legge numero 4 del 2019, che ha istituito il reddito di cittadinanza, non ha previsto alcuna forma di incompatibilità e, pertanto, di incumulabilità sia parziale che totale, con l’anticipo pensionistico. Ma è necessario fare alcune precisazioni importanti sull’importo del reddito di cittadinanza che risulta influenzato dalla percezione della pensione con Ape sociale.

Compatibilità e cumulabilità dell’Ape sociale con Naspi, Dis coll, Iscro e reddito di emergenza

Inoltre, altri per altri trattamenti corrisposti dall’Inps, come il reddito di emergenza, la Naspi, la Dis coll e l’Iscro, è necessario prestare attenzione sulla compatibilità e cumulabilità con l’Ape sociale. L’eventuale percezione di uno di questi trattamenti non avendone diritto perché già beneficiari dell’Ape sociale, comporta la situazione di percezione indebita e di recupero da parte dell’Inps.

Compatibilità di reddito di cittadinanza, Naspi, Dis coll, Ape sociale: i riferimenti normativi

Sulla compatibilità del reddito di cittadinanza e dell’Ape sociale, la disciplina di riferimento è contenuta nel comma 8, dell’articolo 2 del decreto legge numero 4 del 2019. La norma stabilisce che “il reddito di cittadinanza è compatibile con il godimento della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi) e dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata (Dis coll), di cui rispettivamente all’articolo 1 e all’articolo 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, numero 22, e di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria ove ricorrano le condizioni di cui al presente articolo. Ai fini del diritto al beneficio e della definizione dell’ammontare del medesimo, gli emolumenti percepiti rilevano secondo quanto previsto dalla disciplina dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee)”.

Prendere la pensione con Ape sociale è rilevante per la concessione del reddito di cittadinanza?

Il contribuente che percepisce, dunque, la pensione con l’anticipo pensionistico sociale può aver diritto a ricevere anche il reddito di cittadinanza. Di conseguenza, non essendoci una norma che vieti espressamente la contemporanea fruizione dei due istituti, i due trattamenti si possono considerare compatibili. Infine, nell’erogazione dell’Ape sociale, l’Inps valuta preventivamente la presenza di specifici requisiti da parte del richiedente. Tuttavia, l’importo dell’anticipo pensionistico va a concorrere a formare il reddito della famiglia. E, pertanto, incide sull’importo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee). La fruizione dell’anticipo pensionistico sociale va a incidere direttamente sia sul diritto a ricevere il reddito di cittadinanza, sia sul suo importo mensile.

Pensioni con anticipo pensionistico sociale e reddito di emergenza: i rapporti

Peraltro, anche altri istituti si possono mettere in relazione con la fruizione del trattamento pensionistico Ape sociale. Ad esempio, il reddito di emergenza (Rem). Questa prestazione è stata introdotta a favore di specifici nuclei familiari in condizioni di necessità derivante dall’emergenza sanitaria ed economica conseguente alla pandemia di Covid-19. Il trattamento emergenziale è stato introdotto dall’articolo 36 del decreto legge numero 73 del 25 maggio 2021, poi convertito nella legge numero 106 de 23 luglio 2021. Ad oggi non è stato più reintrodotto questo istituto. Ma sono ancora in corso di pagamento alcune rate.

Chi prende già l’anticipo pensionistico sociale può ricevere anche il reddito di emergenza (Rem)?

Differentemente dal reddito di cittadinanza, chi percepisce già la pensione con Ape sociale non ha diritto a ricevere anche il reddito di emergenza. Infatti, la fruizione dell’indennità previdenziale comporta il venir meno del presupposto alla base del reddito di emergenza. Ovvero la situazione di difficoltà economica nella quale può venirsi a trovare una famiglia in conseguenza dell’emergenza sanitaria. In tal senso, emerge la funzione dell’Ape sociale quale indennità di accompagnamento del contribuente alla pensione di vecchiaia.

Perché il percettore dell’Ape sociale non può prendere il reddito di emergenza (Rem)?

Il sostegno del reddito di emergenza è riconosciuto in presenza di specifici requisiti e comporta la percezione di un importo mensile da parametrarsi in base alla situazione del percettore. L’importo massimo che l’Inps eroga come Ape sociale può arrivare a 1.500 euro lordi. Nel caso in cui dei contribuenti avessero percepito il reddito di emergenza in presenza dell’Ape sociale, i due trattamenti si sovrapporrebbero. Pertanto, ciò costituirebbe una prestazione indebita che comporterebbe il recupero da parte dell’Inps di quanto non dovuto.

Ape sociale, si può prendere insieme anche l’Iscro?

Particolare attenzione deve essere prestata da chi percepisce l’Iscro, l’indennità prevista dai commi da 386 a 400 della legge numero 178 del 2020. La circolare dell’Inps numero 94 del 30 giugno 2021 ha chiarito che la percezione dell’anticipo pensionistico sociale e l’Iscro sono incompatibili. Anche in questo caso, la percezione indebita comporta il recupero da parte dell’Inps.

 

Chiarimenti dall’INPS sulle maggiorazioni assegno unico genitori lavoratori

I primi importi per l’Assegno Unico Universale sono stati versati a marzo 2022, mentre la domanda poteva essere proposta già a partire dal mese di gennaio, ma nonostante il tempo trascorso, la situazione appare più complessa di quello che ci si aspettava. Proprio per questo, giunti ormai a fine aprile, dopo aver già percepito 2 assegni, almeno per quanto riguarda le famiglie che sono state sollecite nel presentare la domanda, l’INPS ancora propone chiarimenti e stavolta è toccato alle maggiorazioni per le famiglie con due genitori che lavorano. La stessa viene riconosciuta anche al genitore che percepisce la NASpI o Dis- Coll, ma ecco i dettagli.

Assegno Unico e maggiorazione percettori NASpI e Dis-Coll

L’INPS con il Messaggio 1714 del 20 aprile 2022 sottolinea che si tratta di un messaggio a integrazione della circolare 23/2022 in cui era stato sottolineato che la maggiorazione spettante quando entrambi i genitori lavorano spetta anche nel caso di percezione di pensione e reddito da lavoro autonomo o impresa. L’INPS chiarisce, ulteriormente, con il Messaggio 1714 che l’importo aggiuntivo di 30 euro per figlio spettante alle famiglie in cui i genitori lavorano entrambi, deve essere corrisposto anche nel caso in cui gli stessi percepiscano NASpI o Dis Coll, cioè gli importi dovuti in caso di perdita di lavoro. La maggiorazione spetta se il genitore percepisce tali emolumenti al momento della presentazione della domanda e per una parte prevalente dell’anno di riferimento.

Assegno Unico e maggiorazione lavoratori agricoli

Hanno diritto alla maggiorazione sull’Assegno Unico prevista nel caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori anche i lavoratori agricoli autonomi e il genitore che lavora all’estero ma ha la residenza fiscale in Italia.

Ricordiamo che l’importo pieno per l’Assegno Unico spetta esclusivamente ai nuclei familiari con reddito ISEE fino a 15.000 euro e che lo stesso diminuisce all’aumentare del reddito, fino ad azzerarsi per nuclei familiari con Isee superiore a 40.000 euro.

Naturalmente gli importi percepiti dai genitori in qualità di NASpI e Dis Coll devono essere considerati anche al fine di determinare il reddito ISEE e quindi concorrono a determinare l’importo effettivo che la famiglia potrà percepire.

Per quanto riguarda invece i lavoratori agricoli autonomi, al fine di determinare gli importi che concorrono a determinare il reddito deve essere tenuto in considerazione l’articolo 32 del TUIR. Lo stesso stabilisce che il reddito agrario è determinato in base al reddito medio ordinario dei terreni e al lavoro di organizzazione mentre il reddito dominicale si identifica con la rendita del fondo aumentata degli interessi del capitale permanentemente investito in esso.

Per quanto invece riguarda i braccianti agricoli e i lavoratori stagionali, è prevista la maggiorazione dell’Assegno Unico nel caso in cui le attività siano coperte da contribuzione annuale.

Assegno Unico e  maggiorazioni famiglie numerose

Il Messagio 1714 dell’INPS chiarisce anche alcuni aspetti relativi alle maggiorazioni previste per le famiglie numerose. La normativa dell’Assegno Unico prevede che gli importi siano aumentati di 85 euro per ogni figlio successivo al secondo, inoltre per le famiglie con 4 o più figli spetta un’ulteriore maggiorazione di 100 euro. Anche in questo caso le somme spettano per intero ai nuclei con ISEE fino a 15.000 euro e decrescono all’aumentare del reddito fino ad annullarsi per un ISEE pari o superiore a 40.000 euro.

A questo proposito però è bene precisare che ove siano presenti nuclei con genitori diversi, le maggiorazioni spettano unicamente per i figli con rapporto di genitorialità. Si faccia il caso di Tizio che ha avuto 2 figli con Caia e poi inizi una convivenza con Sempronia che ha altri 2 figli. In questo caso le maggiorazioni non spettano. Se lo stesso Tizio con Sempronia ha altri 2 figli, spettano le maggiorazioni.

Per quanto riguarda la maturazione del diritto alla maggiorazione, devono essere considerati tutti i figli che compaiono nell’ISEE anche se non hanno diritto all’AUU, ad esempio perché hanno superato i 21 anni di età, ma sono ancora fiscalmente a carico.

Per chi ha bisogno di chiarimenti sull’AssegnoUunico è possibile leggere i seguenti approfondimenti:

Online il sito per l’Assegno Unico: le Faq più importanti e casistiche

Assegno Unico: attenzione agli errori nella compilazione della domanda

Assegno Unico: come correggere la domanda in caso di errori

Inoltre è possibile ottenere informazioni ulteriori seguendo i link

Assegno Unico: genitore non convivente che abbandona il figlio può chiederlo?

Assegno Unico: le richieste più bizzarre al vaglio del nucleo antifrode

 

 

Gestione Separata INPS: come vengono accreditati i contributi?

I professionisti non iscritti a un albo professionale, e quindi a una cassa previdenziale specifica, sono tenuti a versare i contributi alla Gestione Separata INPS, molti si chiedono: come vengono accreditati i contributi alla Gestione Separata INPS?

La disciplina prevista per accreditare i contributi alla Gestione Separata INPS

Sappiamo tutti che per maturare il diritto alla pensione è necessario versare i contributi e che un anno di contributi corrisponde a 52 settimane con contratto full time. Diventa però difficile determinare il valore dei contributi quando si tratta di professionisti che non hanno un contratto che prevede un numero di ore specifico di lavoro. In questo caso occorre tenere in considerazione il reddito prodotto cercando di determinare una sorta di tariffa che faccia maturare diritti mensili. Ricordiamo che i contributi alla Gestione Separata INPS sono pagati in percentuale al reddito prodotto.

La prima norma a cui far riferimento è la legge 335 del 1995 che all’articolo 2 comma 29 prevede che il lavoratore iscritto alla Gestione Separata INPS ha diritto all’accreditamento dei contributi mensili relativi a ciascun anno solare a cui si riferisce il versamento. La  base su cui effettuare il calcolo è la stessa utilizzata per il calcolo delle imposte dul reddito.

Affinché però sia accreditato l’intero mese è necessario che l’importo corrisposto non sia inferiore al minimale di reddito previsto dall’articolo 1 comma 3 della legge 233 del 1990. Il comma stabilisce che “Il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle gestioni di cui al comma 1 da ciascun assicurato e’ fissato nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito, al 1 gennaio dell’anno cui si riferiscono i contributi”.

Il minimale e il massimale contributivo

Facendo l’esempio concreto, il minimale contributivo previsto per il 2022 è di 15.953 euro, mensilmente 1.329,42 €. Versando i contributi corrispondenti a tale reddito, si ottiene l’accreditamento di un anno di contributi INPS . Tali importi variano di anno in anno in base all’inflazione, le revisioni sono normalmente fatte dall’INPS. Nel caso in cui si maturi un importo inferiore, le somme vengono accreditate in proporzione alla somma versata a partire dall’inizio dell’anno solare. Questo implica che può capitare di lavorare per 12 mesi, ma maturare contributi corrispondenti a un periodo inferiore, ad esempio 10 mesi. Tali 10 mesi vanno poi sommati ai mesi accumulati in precedenza e in futuro ai fini della maturazione dei diritti previdenziali e assistenziali.

La normativa prevede anche che, nel caso in cui il contribuente riceva redditi superiori al minimale, basteranno solo una parte dei mesi dell’anno per maturare il requisito contributivo annuale. Nella Gestione Separata INPS è inoltre previsto un massimale contributivo, lo stesso subisce modifiche di anno in anno, attualmente 103.055 euro. Raggiunta tale somma, il contribuente non è più tenuto al versamento dei contributi alla Gestione Separata INPS.

Se nello stesso anno sono instaurati anche altri rapporti di lavoro subordinato o che danno diritto all’iscrizione in gestioni speciali, i redditi non sono cumulati e gli assicurati hanno massimali distinti.

Quanto occorre versare per avere l’accreditamento di un anno di contributi?

Dobbiamo ricordare che la Gestione Separata INPS prevede diverse aliquote contributive a seconda della situazione del singolo soggetto. Vedremo ora quanto spetta versare come contributi INPS al fine di avere l’accreditamento di un anno di contributi.

Le aliquote sono:

  • 34,23% per i professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche e che hanno diritto a percepire la DIS-COLL. Costoro dovranno versare € 5.460,71 per avere l’accreditamento di un anno di contributi alla Gestione Separata INPS;
  • 33,72% per collaboratori e figure assimilate non iscritti ad altre gestioni pensionistiche e che non versano la maggiorazione DIS-COLL, in questo caso il versamento per veder accreditato un anno di contributi è 5.379,35 ;
  • 25,98% per professionisti non assicurati ad altre forme pensionistiche obbligatorie, in questo caso il contributo minimo è € 4.144,59;
  • 24% per professionisti che siano titolari di pensione o con altra tutela pensionistica obbligatoria. Il contributo previsto è di € 3.828,72.

Se vuoi sapere se devi iscriverti alla Gestione Separata INPS, leggi l’articolo: Gestione Separata INPS: chi deve iscriversi?

Per ulteriori approfondimenti: Pensione Gestione Separata INPS: misure, requisiti e particolarità

 

Agricoltura: novità per i percettori di Naspi e Dis-Coll

L’INPS con il messaggio 4079 del 23 novembre 2021 ha precisato i limiti entro i quali i percettori di Naspi e Dis-Coll possono lavorare in agricoltura senza perdere il diritto alla percezione della disoccupazione.

Cosa sono NASpI e Dis- Coll

La NASpI è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego e spetta a coloro che perdono il lavoro. La normativa prevede che non possano accedere a questo contributo alcune categorie di lavoratori e tra queste vi sono gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato. L’INPS eroga tale sussidio mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle effettivamente lavorate negli ultimi 4 anni, rispetto al momento in cui si perde il lavoro .

La Dis- Coll invece è una prestazione sociale a favore di lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, contratti a progetto, titolari di assegni di ricerca, dottorato di ricerca con borsa di studio iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata INPS. L’indennità viene corrisposta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione maturati tra il 1° gennaio dell’anno civile precedente rispetto alla cessazione del rapporto di lavoro e la cessazione stessa.

Percettori di NASpI e Dis-Coll possono lavorare in agricoltura senza perdere le prestazioni sociali

Naturalmente il diritto a percepire tali sussidi viene meno quando si trova una nuova collocazione nel mondo del lavoro, ma a causa del Covid e delle difficoltà di trovare manodopera in agricoltura derivata dalla pandemia, il legislatore ha previsto delle deroghe. Il Decreto Rilancio 34 del 2020 nell’articolo 94 ha previsto la possibilità di derogare al regime generale. Di conseguenza ha previsto la possibilità per coloro che percepiscono la NASpI o la Dis- Coll di essere impiegati per brevi periodi in agricoltura senza perdere questi importanti sostegni. Il Decreto Sostegni BIS ha ulteriormente prorogato la disciplina. Il messaggio 4079 dell’ INPS ha provveduto quindi a riepilogare la disciplina e di conseguenza a stabilire anche i limiti entro i quali è possibile usufruirne.

I percettori di NASpI e Dis-Coll possono entro il 31 gennaio 2021 maturare 30 giornate di lavoro in agricoltura. Tale periodo di 30 giorni può essere ulteriormente prorogato per altri 30 giorni, ma nel complesso non deve essere superato il limite di reddito percepito da tali attività di 2.000 euro nell’arco di un anno. Deve essere sottolineato che non deve essere complessivamente considerato il periodo di lavoro, ma le effettive giornate di lavoro prestate.

Colui che essendo percettore degli assegni NASpI e Dis-Coll che dovesse stipulare un contratto di lavoro nel settore dell’agricoltura, deve comunicare all’INPS utilizzando il modello modello Naspi-Com le effettive giornate di lavoro in agricoltura prestate.

Infine, l’INPS nel Messaggio sottolinea che le giornate di lavoro effettivamente prestare in agricoltura saranno considerate ai fini della maturazione di eventuali prestazioni di disoccupazione.

Per saperne di più sulla disoccupazione in agricoltura, ti propongo l’articolo: Disoccupazione agricola: cos’è, chi può percepirla e a quanto ammonta

 

Naspi-Dis coll, le novità in arrivo per la disoccupazione nel 2022

Sono in dirittura d’arrivo alcune novità contenute nella legge di Bilancio 2022 per gli assegni di disoccupazioni Naspi e Dis call. Per la Naspi, in particolare, verrà superato il requisito di dover dimostrare le 30 giornate effettive di lavoro. Tra le altre novità, si menziona anche l’estensione di applicazione dell’indennità di disoccupazione ad alcuni settori dell’agricoltura.

Disoccupazione Naspi 2022, cambia il meccanismo di decurtazione del 3%

Inoltre, l’altra novità della Naspi in arrivo nel 2022 con la legge di Bilancio è quella relativa al cambio di meccanismo di decurtazione dell’indennità stessa. Ild 3% verrà applicato al sesto mese e non più al quarto; per chi ha almeno 55 anni, la decurtazione scatterà all’ottavo mese.

Requisiti Naspi 2022: quali sono?

Pertanto, la legge di Bilancio 2022 delinea dei requisiti più facili da raggiungere per ottenere l’indennità di disoccupazione Naspi. Infatti, l’assegno verrà riconosciuto ai lavoratori che abbiano perso in maniera non volontaria la propria occupazione. Inoltre, i lavoratori dovranno presentare congiuntamente altri requisiti:

  • essere in stato di disoccupazione;
  • poter far valere, nei 4 anni precedenti il cominciare della disoccupazione, non meno di 13 settimane di contributi;
  • far valere almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio della disoccupazione.

Il disegno di legge di Bilancio 2022 elimina definitivamente il requisito richiesto delle 30 giornate di lavoro effettive applicato alle disoccupazioni che si verifichino a partire dal 1° gennaio prossimo.

Novità Naspi in agricoltura del 1° gennaio 2022

Altre novità dell’applicazione dell’indennità di disoccupazione Naspi sono attese per il settore dell’agricoltura. Il disegno di legge di Bilancio 2022 stabilisce infatti che saranno destinatari della Naspi nel nuovo anno anche gli operai agricoli che sono stati assunti a tempo indeterminato dai consorzi e dalle cooperative. Gli operai devono essere impiegati nella trasformazione, nella manipolazione e nella commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici.

Naspi, per le imprese agricole pagamento della quota contributiva dal 2022

Peraltro, proprio la legge di Bilancio 2022 istituisce l’obbligo, dal nuovo anno, per le imprese agricole di pagamento della relativa contribuzione dell’indennità di disoccupazione. Infatti le cooperative e i consorzi sono obbligati a pagare le contribuzioni per il finanziamento della Naspi con il contributo dell’1,4%. L’aliquota è applicata sui lavoratori assunti non a tempo indeterminato. La percentuale sale di uno 0,5% per ogni rinnovo dei contratti a termini dei lavoratori. Lo stesso meccanismo è previsto per i somministrati.

Disoccupazioni, le novità in arrivo per la Dis coll

Per quanto attiene alla disoccupazione Dis coll, l’indennità riconosciuta ai lavoratori parasubordinati che siano iscritti alla Gestione separata dell’Inps, cambia la riduzione dell’assegno. Ad oggi, infatti, è previsto che la riduzione del 3% scatti a partire dal quarto mese di pagamento dell’indennità. Con la legge di Bilancio 2022 la riduzione sarà posticipata al sesto mese di fruizione. La novità decorre per le disoccupazioni degli aventi diritto a partire dal 1° gennaio prossimo.

Dis coll, per quanti mesi la fruizione dell’assegno di disoccupazione?

Lo stesso disegno di legge di Bilancio 2022 introduce novità anche sulla durata della Dis coll. Infatti, stabilisce che l’indennità debba essere corrisposta ogni mese per un numero di mesi pari ai contributi accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno in cui sia cessato il lavoro e fino alla cessazione stessa. Non si considerano eventuali periodi contributivi nei quali il soggetto abbia beneficiato in precedenza della prestazione. La durata massima è fissata, in ogni modo, in 12 mesi.

Chi ha partita Iva può prendere la disoccupazione?

Chi possiede la partita Iva può chiedere la disoccupazione? La domanda è di interesse dei  lavoratori autonomi, dei liberi professionisti e degli imprenditori e riguarda la possibilità che possano fare domanda dell’indennità Inps per la perdita dell’occupazione con una posizione di partita Iva già aperta ed operativa. Ma riguarda anche i casi di una partita Iva latente, che non produca redditi. Nella generalità delle situazioni, ed escludendo il nuovo ammortizzatore sociale Iscro introdotto dalla legge di Bilancio 2021 a favore proprio dei lavoratori a partita Iva, la disoccupazione spetta solo ai lavoratori dipendenti e ai collaboratori.

Casi in cui il lavoratore autonomo con partita Iva può chiedere la disoccupazione

Tuttavia, chi ha una partita Iva non è escluso in partenza dall’indennità di disoccupazione Naspi. Ad esempio, può presentare domanda di disoccupazione il lavoratore alle dipendenze che perda il proprio lavoro e che abbia anche la partita Iva. È necessario invece che i collaboratori che abbiano partita Iva prestino maggiore attenzione nel momento in cui, alla cessazione del contratto, richiedano la Dis-coll, ovvero la relativa indennità di disoccupazione. 

Autonomi e collaboratori, chi può chiedere la disoccupazione?

Dunque, per rispondere alla domanda se un lavoratore autonomo possa richiedere la disoccupazione Naspi, la risposta è negativa se l’unica attività del richiedente è quella per la quale ha aperto la posizione di partita Iva, ovvero si tratti dell’unica attività di lavoro da libero professionista, da autonomo oppure da imprenditore. Nel caso in cui, invece, oltre all’attività in proprio, il richiedente è anche dipendente allora è possibile fare domanda di indennità di disoccupazione. 

Indennità di disoccupazione Naspi: quali sono i requisiti per ottenerla?

L’indennità di disoccupazione Naspi spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto, involontariamente, l’occupazione. Sono compresi gli apprendisti, i soci lavoratori delle cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le stesse cooperative e il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato. Sono ammessi alla disoccupazione anche i dipendenti delle Pubbliche amministrazioni con contratto a tempo determinato (esclusi, invece, se il contratto è a tempo indeterminato).

Rientrano tra gli esclusi alla prestazione Inps anche gli operai agricoli sia a tempo determinato che indeterminato, i lavoratori extracomunitari per i lavori stagionali, i lavoratori che abbiano maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata, i lavoratori con assegno ordinario di invalidità. 

Redditi da lavoro autonomo: compatibilità con la Naspi

Chi rientra nei requisiti per ottenere la Naspi ed ha anche la partita Iva per attività in proprio può dunque fare richiesta di disoccupazione. La Naspi non è incompatibile nemmeno nel caso in cui si apra una partita Iva in un momento successivo a quello si fa domanda disoccupazione. In tal caso la Naspi non viene né sospesa e nemmeno decade, ma è necessario prestare attenzione sull’eventuale reddito che derivi dall’attività per la quale si è aperta la partita Iva. Infatti, la Naspi viene conseguentemente ridotta. 

Riduzione disoccupazione Naspi per chi svolge attività con partita Iva

Più nel dettaglio, la riduzione della Naspi opera nel caso in cui chi percepisce la disoccupazione svolge anche un’attività in forma autonoma dalla quale si generi un reddito annuo corrispondente a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti. Tali detrazioni sono calcolate ai sensi di quanto quanto prevede l’articolo 13 del Testo Unico delle Imposte sui redditi (TUIR), ovvero determinate in 4.800 euro.

In tal caso, l’indennità Naspi spettante si riduce dell’80% dei redditi previsti, in rapporto al periodo che intercorre tra la data di inizio dell’attività e la data in cui è determinata la fine del godimento della Naspi stessa o, se antecedente, entro la fine dell’anno. Se l’attività autonoma produce un reddito superiore al limite fissato dal TUIR, ovvero oltre ai 4.800 euro lordi annui, il richiedente decade dalla Naspi in quanto l’Irpef lorda risulta inferiore alle detrazioni per i redditi da lavoro autonomo. 

Partita Iva aperta prima della domanda di disoccupazione

La prestazione Naspi, ancorché ridotta, si conserva solo se il soggetto beneficiario comunica all’Inps il reddito presunto annuo derivante da attività autonoma con partita Iva. Nel caso in cui è presente l’iscrizione alla Gestione separata Inps, oppure l’attività autonoma è preesistente alla data di cessazione del rapporto di lavoro che ha generato la disoccupazione, è necessario che il richiedente lo indichi nella domanda di Naspi. L’interessato deve necessariamente indicare nella domanda anche il reddito annuo che prevede di conseguire dallo svolgimento dell’attività autonoma, anche se pari a zero. 

Disoccupazione e modello Naspi Com in caso di reddito da attività autonoma

Il lavoratore autonomo che presenti domanda di disoccupazione Naspi, ricorrendone le condizioni, potrà comunicare all’Inps il reddito annuo previsto anche successivamente all’istanza. In particolare, entro un mese dall’invio della domanda Naspi, potrà comunicare il reddito autonomo presunto attraverso il modello Naspi Com. Il caso è molto simile anche per l’apertura della partita Iva in un momento successivo alla presentazione della domanda di Naspi.

In tal caso, è previsto che entro un mese dall’inizio dell’attività il richiedente ne dia comunicazione tramite modello Naspi Com con l’indicazione del reddito presunto. La mancata comunicazione nei termini indicati dell’inizio o di svolgimento di un’attività lavorativa autonoma, nonché del reddito presunto anche se pari a zero, comporta la decadenza della Naspi. Gli iscritti alla Gestione separata Inps che svolgono attività autonoma devono indicare, annualmente, il reddito presunto. 

Collaboratori con partita Iva e domanda di Dis-coll

Diverso è il caso di partita Iva e Dis-coll. Per percepire l’indennità riservata ai collaboratori non è consentito avere una partita Iva, anche se la posizione non dovesse produrre redditi. Pertanto, un collaboratore coordinato e continuativo, anche a progetto, che abbia perso involontariamente un’occupazione e che sia iscritto in via esclusiva alla Gestione separata Inps, può chiedere l’indennità di disoccupazione purché preliminarmente proceda con la chiusura della partita Iva.

La stessa posizione, tuttavia, può essere aperta dopo la presentazione della domanda: il collaboratore che percepisca la Dis-coll e che intraprenda un’attività lavorativa di impresa individuale, parasubordinata o autonoma dalla quale si generi un reddito annuo corrispondente a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti (4.800 euro) dovrà darne comunicazione all’Inps entro 30 giorni dall’inizio dell’attività.

Riduzione disoccupazione Dis-coll per attività autonoma con partita Iva

In tal caso, l’importo della Dis-coll viene ridotto dell’80% del reddito previsto, rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio attività e quella in cui finisca il periodo di pagamento dell’indennità di disoccupazione o, se antecedente, dalla data di fine anno. Se l’attività era preesistente alla presentazione della domanda di disoccupazione, il richiedente dovrà comunicare all’Inps, già all’atto della presentazione dell’istanza di Dis-coll, il reddito annuo che presume di produrre dall’attività stessa.