Imposta di bollo fatture elettroniche: scadenza il 30 settembre 2022

Con il decreto ministeriale del MEF del 4 dicembre 2022 sono state rimodulate le scadenze per il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche. Entro il 30 settembre è necessario effettuare il versamento per le imposte di bollo maturate nel secondo trimestre dell’anno.

Assolvimento imposta di bollo sulla fatturazione elettronica

Le imposte di bollo sulle fatture elettroniche possono essere correttamente assolte al momento dell’emissione indicando sulla fattura stessa l’assolvimento dell’obbligo. Dal 15 luglio 2022 sul sito “fatture e corrispettivi” dell’Agenzia delle Entrate è invece disponibile l’elenco degli obblighi assolti. In particolare è disponibile:

  • l’elenco A, non modificabile, contenente gli estremi delle fatture elettroniche per le quali è stato correttamente assolto l’obbligo di versamento dell’imposta di bollo;
  • l’elenco B è invece contenuta la lista delle fatture elettroniche per le quali non è stato assolto l’obbligo di versamento dell’imposta di bollo o è stato assolto in modo insufficiente. In caso di incongruenze l’elenco B poteva essere modificato entro il 10 settembre.

Le scadenze per il versamento dell’imposta di bollo su fatture elettroniche II trimestre e I trimestre

Entro il 20 settembre 2002 è invece è possibile entrare nell’area riservata del portale Fatture e Corrispettivi e verificare gli importi dovuti a titolo di imposta di bollo sulla fatturazione elettronica. Gli stessi dovranno quindi essere versati entro il 30 settembre 2022 con modello F24. I codici tributo sono:

  • 2521 I° trimestre
  • 2522 II° trimestre

  • 2523 III° trimestre

  • 2524 IV° trimestre

  • 2525 sanzioni

  • 2526 interessi.

In alternativa è possibile effettuare il pagamento dall’area riservata e con addebito sul proprio conto corrente postale o bancario.

Ricordiamo che nel caso in cui le imposte da versare al termine di un trimestre abbiano un importo inferiore a 250 euro, il pagamento può slittare al trimestre successivo, quindi entro il 30 settembre 2022 è possibile versare anche le somme relative all’imposta di bollo del primo trimestre 2022, senza maggiorazioni e sanzioni, se tali importi erano inferiori a 250 euro. Dal 2023 il limite dei 250 euro sarà innalzato a 5.000 euro.

In caso di mancato o insufficiente versamento l’Agenzia delle Entrate comunica il mancato pagamento al contribuente indicando le somme da pagare, gli interessi e le sanzioni. Questa è solo una delle  scadenze del mese di settembre quindi è meglio prestare attenzione.

Ristori fermo pesca: si può presentare la domanda

In arrivo 19 miliardi per i ristori fermo pesca obbligatorio e non obbligatorio. Le domande possono essere presentate fino al 15 marzo 2022.

Cos’è il fermo pesca e perché viene attuato

Il fermo pesca è un provvedimento governativo volto a tutelare le specie ittiche e la biodiversità che possono essere messe a repentaglio dall’attività di pesca. Viene solitamente istituito durante il periodo riproduttivo, ovviamente il fermo pesca porta ai pescherecci delle perdite economiche e le stesse devono essere “risarcite”. Il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) ogni anno rende noto il periodo nel quale i pescherecci devono astenersi dalle attività di pesca reti a strascico, reti a divergenti e reti volanti.

Solitamente questo periodo coincide con i mesi estivi e a volte si prolunga fino ai mesi autunnali. Può comunque capitare che i periodi di fermo pesca non si sovrappongano tra i vari mari del Mediterraneo, questo consente di avere un minimo di pescato fresco nelle pescherie e nei ristoranti. Questi naturalmente si approvvigionano anche dall’estero, mentre alcuni pescherecci non invasivi possono continuare l’attività, infine c’è il pesce da allevamento.

Ritornando all’argomento principale, scopriamo come presentare la domanda per poter accedere ai ristori fermo pesca.

Come presentare la domanda per i ristori fermo pesca?

Gli aventi diritto possono inoltrare le domande dalle ore 8:00 del 25 gennaio fino al 15 marzo 2022. I fondi si dividono in due parti: 12 miliardi per il fermo pesca obbligatorio e 7 miliardi per il fermo pesca non obbligatorio, questo ottiene il ristoro per un massimo di 40 giorni. Si può presentare una singola istanza per ogni unità di pesca presente in azienda. Le domande dovranno essere presentate collegandosi alla pagina https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/ammortizzatori-sociali/focus-on/CIGS/Pagine/Fermo-pesca.aspx e andando alla voce CIGSonline, disponibile a destra dello schermo. La domanda deve essere compilata per ogni imbarcato e deve essere indicato il codice IBAN per l’accredito delle somme.

Come versare l’imposta di bollo

Per poter inoltrare la domanda è necessario versare l’imposta di bollo attraverso lo sportello telematico PagoPA, attivabile   direttamente all’interno della pagina CIGSonline da cui si compila la domanda. Non si può assolvere il pagamento con il titolo cartaceo. Solo dopo aver assolto l’obbligo di pagamento dell’imposta di bollo sarà possibile terminare l’inoltro della domanda. Proprio per questo nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i soggetti interessati sono invitati a non procedere nell’imminenza della scadenza dei termini per evitare invii in ritardo. Facciamo notare anche che nella nota è chiaramente indicata l’ora da cui è possibile procedere all’inoltro, mentre per la scadenza c’è solo la data, quindi invitiamo a non attendere l’ultimo giorno.

A chi spetta il ristoro fermo pesca?

L’indennità per il fermo pesca spetta ai dipendenti delle imprese del settore pesca marittima, inoltre spetta ai soci delle cooperative della piccola pesca. Si riconosce sia nel caso di fermo obbligatorio, cioè deciso dalle autorità, sia per il fermo non obbligatorio, in questo caso per un periodo massimo di 40 giorni. Non è di spettanza  degli armatori. Il pagamento previsto è di 30 euro al giorno.

Istruttoria delle istanze per ristori fermo pesca

L’istruttoria è curata dalla Direzione Generale degli ammortizzatori sociali del Ministero del lavoro. Essa dovrà quantificare gli importi erogati a ciascun richiedente che in seguito alla istruttoria risulti beneficiario del ristoro per il fermo pesca. Nel caso in cui le domande presentate e accolte in quanto presenti tutti i requisiti, siano in numero maggiore rispetto alla capienza del fondo, gli importi vengono proporzionalmente ridotti per ogni singolo lavoratore. L’istruttoria sarà conclusa entro il 20 giugno 2022. Si invitano coloro che hanno presentato istanza nei termini a monitorare attraverso CIGSonline lo stato della propria domanda, infatti eventuali comunicazioni saranno fatte attraverso questa piattaforma.

Il decreto interministeriale 1 del 13 gennaio 2022 inoltre sottolinea all’articolo 4 comma 6 che sono improcedibili le istanze che non abbiano ottenuto il preventivo visto dell’Autorità Marittima.

Ricordiamo che l’Unione Europea ha previsto aiuti per il settore della pesca che più di altri ha subito gli effetti dell’emergenza epidemiologica. Per conoscere gli aiuti, leggi l’articolo: Agricoltura e pesca: Unione Europea estende gli aiuti fino al 30 giugno 2022

Bonus prima casa under 36: quali novità dalla legge di Bilancio 2022?

Più tempo per gli aiuti ai giovani under 36 per l’acquisto della prima casa alle condizioni vantaggiose fissate dal decreto legge numero 73 del 2021. Gli under 36 anni, infatti, avranno tempo fino al 31 dicembre prossimo, anziché fino al 30 giugno della precedente scadenza, per acquistare la prima casa azzerando le imposte sulla compravendita. Le agevolazioni si allargano ai mutui stipulati da under 36. In entrambi i casi serve l’Isee familiare che non superi i 40 mila euro.

Bonus prima casa under 36: come calcolare il compimento dei 36 anni ai fini dell’agevolazione?

Ci saranno dunque sei mesi in più per richiedere il bonus prima casa degli under 36. La proroga avverrà fino al 31 dicembre 2022 e si potrà chiedere l’agevolazione sia sull’acquisto che sul mutuo. La legge di Bilancio 2022 ha esteso il limite temporale agli acquirenti della prima casa che, per tutto il 2022, non compiano i 36 anni di età. Pertanto se l’acquisto della prima casa avviene a marzo prossimo, ma l’età dei 36 anni dovesse essere compiuta prima della fine del 2022, l’agevolazione non spetta. Al contrario, se l’acquisto è fatto nel 2022 e il compimento dei 36 anni dovesse avvenire nel 2023, l’agevolazione compete.

Bonus prima casa giovani under 36: quali tasse e imposte sono da pagare?

Con il bonus prima casa sono quasi del tutto azzerate le tasse e le imposte sulla compravendita dell’immobile. È necessario considerare se chi vende la casa non applica l’Iva, come succede nelle compravendite tra soggetti privati, oppure applica l’Iva se si tratta dell’impresa costruttrice. Nel primo caso le tasse e le imposte sono del tutto azzerate. Nel secondo caso, la vendita della casa comporta il pagamento delle tasse ipotecarie e dell’imposta di bollo per un totale di 320 euro. Inoltre, l’applicazione dell’Iva, da pagare al venditore, comporta la maturazione del credito di imposta del giovane under 36 che acquista casa.

Come utilizzare il credito di imposta per l’Iva sulla prima casa dell’acquisto di un under 36?

Rimane invariato il meccanismo del credito di imposta dell’Iva applicata sull’acquisto della prima casa da un under 36. Il credito maturato non è rimborsabile ma si può utilizzare per pagare le imposte catastali, ipotecarie, di successione, di donazione e di registro. Inoltre, il credito di imposta può essere utilizzato in compensazione per l’Irpef sulla dichiarazione dei redditi successiva al giorno di acquisto della casa, anche nel medesimo periodo di imposta. Il credito può essere utilizzato anche per compensare gli importi dovuti come contributi assistenziali e previdenziali, per i premi assicurazione sugli infortuni sul lavoro e malattie professionali e ritenute di acconto.

Acquisto prima casa under 36: quale Isee deve essere considerato?

Per l’acquisto della prima casa degli under 36 alle condizioni agevolate è necessario che l’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) della famiglia non superi i 40 mila euro. Per le compravendite del 2022 è necessario utilizzare l’Isee riferito ai redditi e al patrimonio dell’anno 2020. L’indicatore infatti è calcolato sui redditi ottenuti e sul patrimonio posseduto relativo al secondo solare antecedente la presentazione della Dsu (dichiarazione sostitutiva unica).

Obbligo fattura elettronica per forfetari, e l’imposta di bollo?

I contribuenti in regime forfetario sono tenuti, proprio per il fatto di non applicare  l’Iva in fattura e non esercitando il diritto di detrazione dall’imposta, ad applicare alle fatture di importo superiore ai 77,47 euro l’imposta di bollo da 2 euro. L’imposta in questione può essere applicata materialmente con la marca da bollo sulle fatture cartacee, ma può essere assolta anche virtualmente, pagando, poi, il dovuto con F24.

Ma con l’introduzione dell’obbligo della fattura elettronica cosa cambia per il contribuente forfetario in ambito pagamento imposta di bollo?

Fattura elettronica ed imposta di bollo per contribuenti forfetari

In questo ultimo periodo non si parla d’altro che dell’obbligo di fattura elettronica per i contribuenti forfetari. Ci sarà entro la fine del 2022? Sarà predisposta da un decreto durante l’anno?  Per avere notizie certe al riguardo non possiamo fare altro che attendere le decisioni dell’esecutivo al riguardo.

Ma quello che possiamo dire con certezza è che, non appena l’obbligo diventerà operativo il pagamento dell’imposta di bollo non verrà meno. Certamente sarà impossibile apporre la marca da bollo sulla fattura cartacea, ma resteranno le altre modalità di pagamento.

I contribuenti forfetari dovranno, quindi, continuare ad assolvere l’obbligo dell’imposta di bollo effettuando il pagamento nei modi previsti. Per assolvere il pagamento si potrà procedere o utilizzando l’apposita funzionalità prevista dal portale “Fatture e corrispettivi” indicando il proprio IBAN per l’addebito dell’imposta o versando l’importo tramite modello F24.

Prestito cambializzato: a chi conviene e come funziona

Chi ha bisogno di liquidità, in particolare le aziende, sa quanto può essere difficile riuscire a ottenere un prestito quando non ci sono abbastanza garanzie, in questi casi una soluzione può essere il prestito cambializzato che però dovrebbe essere considerato come “l’ultima spiaggia”, cioè l’ultima risorsa a cui fare riferimento dopo aver tentato altre strade, ad esempio il prestito al consumo, finanziamenti specifici. Tra gli elementi che portano molti a preferirlo vi è sicuramente la celerità della pratica e la possibilità di ottenerlo anche quando si è cattivi pagatori, ma come funziona?

Cos’è il prestito cambializzato

La prima cosa da capire è perché si chiama prestito cambializzato. La risposta è piuttosto semplice, infatti il prestito si eroga dietro la sottoscrizione di cambiali. Le cambiali hanno caratteristiche peculiari, cioè sono titoli di credito esecutivi a tutti gli effetti e quindi in caso di ritardo nel pagamento, il creditore può attivare immediatamente la procedura di esecuzione forzata senza prima passare per una fase di accertamento del credito attraverso una procedura giudiziaria. Quindi, a differenza di un prestito tradizionale in cui sono previsti avvisi e il rispetto di una certa tempistica, al momento del mancato pagamento, il creditore che detiene la cambiale, potrà rivolgersi al notaio e chiedere il protesto, inizierà così il pignoramento dei beni del debitore. Le cambiali hanno scadenza mensile, sono sottoscritte dal debitore e restano nelle mani del creditore che potrà quindi utilizzarle come titolo di credito.

Perché si richiede questa forma di prestito?

Quando una persona chiede un prestito la prima cosa che si fa è controllare se lo stesso è un cattivo pagatore e se si trova nelle condizioni economiche di poter far fronte all’impegno preso. Se l’esito della procedura è negativo non si procede alla concessione, questo perché vi è il rischio elevato di insolvenza e non sempre si riesce a ottenere la restituzione, quindi le banche preferiscono non correre rischi eccessivamente elevati.

Con il prestito cambializzato però questo rischio si riduce perché il debitore sa che appena salta un pagamento parte la procedura esecutiva e tendenzialmente cerca in tutti i modi di pagare. Questo è il motivo per cui si può più facilmente ottenere un prestito cambializzato, inoltre per questo tipo di credito non è prevista la preventiva valutazione del merito creditizio quindi si può ottenere anche quando si è cattivi pagatori. Nella maggior parte dei casi non si ottengono grandi somme, anche perché si richiede questa tipologia soprattutto per le urgenze.

Naturalmente non è tutto così bello come si potrebbe pensare, infatti il prestito cambializzato ha solitamente tassi di interessi più alti rispetto a un comune prestito, il tasso di interesse è connaturato non solo al costo del denaro, ma anche alla rischiosità del prestito. Nella maggior parte dei casi il TAN (Tasso Annuale Netto) oscilla tra il 4,50% e il 7%, ma questa è solo una voce del costo del prestito perché poi ci sono le spese della pratica, vedremo a breve l’imposta di bollo, eventuali polizze da sottoscrivere.

Chi può richiedere un prestito cambializzato

Possono richiederlo persone maggiorenni e di età inferiore a 70 anni, ma in realtà le banche e gli istituti di credito in genere sono liberi di concedere il prestito cambializzato anche dopo aver superato questa soglia anagrafica.

Non ci sono particolari limiti inerenti i soggetti che possono richiedere un prestito cambializzato, ad esempio può trattarsi di lavoratori autonomi o liberi professionisti, in questo caso solitamente viene richiesto di accompagnare il prestito cambializzato ad un’assicurazione a copertura del rischio vita, si tratta naturalmente di un ulteriore costo rispetto ai tassi di interesse. Per i lavoratori dipendenti invece nella maggior parte dei casi si richiede la sottoscrizione di una garanzia sul TFR, quindi in caso di perdita di lavoro, il creditore potrà rivalersi direttamente su quanto accumulato come Trattamento di Fine Rapporto.

Per i pensionati non vi sono particolari problemi o garanzie, ma come visto c’è il limite dell’età e molti enti preferiscono studiare un piano di ammortamento che si concluda prima del compimento di un determinato limite di età. Infine, anche i neoassunti e precari possono ottenere un prestito cambializzato, ma in questo caso spesso si richiede una garanzia su un bene immobile. Infine, può essere richiesta la presenza di un garante, questa è solitamente necessaria nel caso in cui non vi siano altre garanzie o per prestiti a casalinghe.

Cosa serve per ottenere il prestito cambializzato

Per ottenere il prestito cambializzato non è necessario indicare il motivo per cui si ha bisogno di liquidità. Naturalmente è necessario avere con sé i documenti di riconoscimento, codice fiscale, documenti che attestino il reddito ed eventuali garanzie a copertura del prestito. Nel contratto sono naturalmente indicati i costi, ma occorre ricordare che non si tratta solo del tasso di interesse, infatti per le cambiali è prevista anche l’imposta di bollo. L’importo di questa si calcola in base al valore della cambiale, per il 2021 è stato applicato il 12 per mille rispetto al valore facciale della cambiale. Su una cambiale da 420 euro l’importo del bollo è di 5,04 euro.

Imposta di bollo con pagamento e dichiarazione in modo virtuale, come fare

Per il pagamento dell’imposta di bollo in Italia il Fisco permette pure il cosiddetto assolvimento in maniera virtuale. Al riguardo, infatti, basta trasmettere all’Agenzia delle Entrate un’apposita dichiarazione consuntiva utilizzando il relativo modello. Vediamo allora, passo dopo passo, come si paga e come si dichiara l’imposta di bollo assolta in modo virtuale.

Come si dichiara l’imposta di bollo che viene assolta in maniera virtuale

Nel dettaglio, per la dichiarazione dell’imposta di bollo che viene assolta in maniera virtuale, il contribuente deve utilizzare un apposito modello. In particolare, nella dichiarazione consuntiva il contribuente è chiamato a indicare, relativamente all’anno solare precedente, il numero degli atti e dei documenti emessi per i quali è dovuto il tributo.

Il modello di dichiarazione, ai fini dell’assolvimento dell’imposta di bollo in maniera virtuale, si presenta entro e non oltre il mese di gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento. La trasmissione del modello debitamente compilato, inoltre, si effettua solo ed esclusivamente online. Ovverosia, in modalità telematica dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate. Anche ed eventualmente avvalendosi dell’assistenza, del supporto e della consulenza di un intermediario abilitato.

In più, con lo stesso modello si può esercitare la rinuncia all‘assolvimento dell’imposta di bollo in maniera virtuale. Così come il modello, si legge altresì sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, serve pure per la rettifica o per l’integrazione di dichiarazioni già presentate.

Modello imposta di bollo assolta in modo virtuale, ecco cosa c’è da sapere

Visionabile e scaricabile in formato PDF, insieme alle istruzioni, il modello di dichiarazione dell’imposta di bollo assolta in modo virtuale è disponibile per il download gratuito dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, attualmente il modello e le istruzioni sono aggiornate alla data del 25 settembre del 2019 che corrisponde all’ultimo aggiornamento effettuato da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il modello, nello specifico, si divide in due quadri. Il Quadro A che è quello relativo agli ‘Atti e documenti soggetti ad imposta fissa‘. Ed il Quadro B che è quello relativo agli ‘Atti e documenti soggetti ad imposta proporzionale‘. Sempre in formato PDF, inoltre, c’è la possibilità di scaricare il modello, oltre che in italiano, pure in tedesco ed in sloveno.

L’Agenzia delle Entrate, in più, mette a disposizione pure due software ai fini dell’assolvimento dell’imposta di bollo in maniera virtuale. Si tratta, nello specifico, del software di compilazione ‘Bollo Virtuale (BOV)‘ e dell’apposito software di controllo che fornisce in tempo reale dei messaggi di errore quando si riscontrano in fase di compilazione delle anomalie e/o delle incongruenze.

Buoni fruttiferi postali per i minori: convenienza e quanto si ricava dall’investimento

Quali potrebbero essere i migliori investimenti a favore dei figli o dei nipoti minorenni? Previdenza complementare a parte, che sicuramente offre delle soluzioni vantaggiose anche dal punto di vista della deducibilità fiscale, i buoni fruttiferi postali potrebbero avere la maggiore convenienza dal punto di vista dei rendimenti e della fiscalità. In generale, i tassi di rendimento non sono allettanti come nel passato, ma investire in buoni fruttiferi postali permette sicuramente l’investimento con i maggiori margini di guadagno.

Buoni fruttiferi postali dedicati ai minori: cosa sono?

I buoni fruttiferi postali sono uno strumento finanziario dedicato ai più giovani. Più esattamente possono essere sottoscritti a favore di beneficiari che abbiano da zero a 16 anni e sei mesi. Sono titoli emessi dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) e collocati sul mercato dalle Poste Italiane. Uno dei vantaggi è l’importo che si può sottoscrivere. L’investimento, infatti, parte da 50 euro al mese e non ci sono costi o commissioni né quando si va a sottoscrivere il buono e nemmeno per in fase di rimborso. La sottoscrizione può essere su carta oppure dematerializzata.

I rendimenti dei buoni fruttiferi postali

Per quanto concerne i rendimenti è da precisare che, in un mercato di strumenti finanziari che non offrono grandi risultati, quello dei buoni fruttiferi postali rappresenta senz’altro uno dei più allettanti. La serie attuale di collocamento (TF118A200128 datata 23 novembre 2020) ha un rendimento fisso che cresce nel tempo. La crescita dipende dagli anni mancanti per il compimento della maggiore età del beneficiario intestatario del titolo. Dunque è necessario verificare quanti anni manchino al compimento dei 18 anni del figlio o dei nipoti. Il rendimento minimo è dello 0,5% sul quale si applica la riduzione del 12,5% delle tasse. Il netto, pertanto, è dello 0,44%. Il massimo del rendimento all’anno è del 2,5%. Anche in questo caso, al netto delle tasse del 12,5%, il rendimento effettivo è del 2,24%.

Interessi che maturano sui buoni fruttiferi postali: quale tassazione?

Sugli interessi che maturano sui buoni fruttiferi postali è applicata la fiscalità agevolata pari al 12,5%. C’è da pagare l’imposta di bollo, ad oggi di 34,20 euro fissi annui, nel caso in cui il valore del rimborso del titolo sia maggiore di 5 mila euro.

Meglio i buoni fruttiferi postali o i Buoni del Tesoro pluriennali (Btp)?

Ad oggi il rendimento dei buoni fruttiferi postali supera quello dei Buoni del Tesoro pluriennali (Btp). Alla medesima durata dell’investimento , un Buono del Tesoro pluriennale è dell’1,5% al lordo delle imposte, pari all’1,30% netto. Circa un punto percentuale netto in meno rispetto al massimo che si può ottenere dai buoni fruttiferi postali che possono arrivare al 2,24%. Per i buoni intestati ai minori è necessario prestare attenzione nel caso in cui si chieda il rimborso prima della scadenza. Per incassarli prima bisogna rivolgersi al giudice tutelare.

Altre formule di risparmio per i figli: libretti di risparmio

Esistono altre formule di risparmio per i figli: si va dai piani di accumulo ai libretti di risparmio, dalle polizze alla pensione integrativa. I libretti di risparmio assicurano l’accumulo di somme alle Poste Italiane oppure in banca mediante depositi a favore dei minorenni. Il deposito nel libretto di risparmio può essere libero, e dunque senza vincoli di tempo per quanto concerne i prelievi, oppure vincolato. In questo ultimo caso, quanto depositato rimane bloccato fino a una determinata scadenza.

Vantaggi, svantaggi e rendimenti del libretto di risparmio

L’apertura di un libretto di risparmio permette a chi versa (di norma i genitori) di poter investire poco alla volta e senza una cadenza determinata. I vantaggi consistono nel fatto che non ci sono costi né per aprire un libretto di risparmio, né per la gestione. A fronte dei vantaggi, è importante dire che il tasso di interesse applicato al libretto di risparmio è relativamente basso. Non può essere considerato, pertanto, uno strumento dal quale attendere rendimenti simili a quelli dei buoni fruttiferi postali.

Piani di accumulo: strumento di risparmio che però ha dei costi

Si può optare per i piani di accumulo (Pac) a favore dei minorenni. Si tratta di strumenti finanziari con i quali si versano delle quote di capitale in maniera periodica. Tra i vantaggi c’è proprio quello di poter gestire i versamenti, anche partendo da piccole somme. E la gestione dello strumento permette anche di basare le proprie spese per arrivare a mettere da parte la somma da versare. Per i piani di accumulo, tuttavia, ci sono da pagare dei costi, come quello di apertura o di chiusura anticipata, e i diritti fissi sui versamenti effettuati.

Le polizze assicurative: i vantaggi dell’investimento per il futuro dei minorenni

Una delle possibilità offerte dal mercato finanziario per risparmi che andranno a vantaggio del minorenne sono le polizze assicurative. Gli strumenti, in ambito assicurativo, sono vari. Tra questi particolare importanza rivestono le polizze vita rivalutabili. Sono strumenti compresi nel ramo I. Le polizze, pur avendo dei costi di gestione, offrono vantaggi dal punto di vista del risultato, con relativa copertura assicurativa. Inoltre, i premi pagati per la polizza sono detraibili fiscalmente al 19%, fino al limite di 530 euro all’anno. Particolarmente mirati sono anche i vantaggi dell’impignorabilità della polizza e della detassazione ai fini della successione.

 

Comprare un terreno agricolo, quali tasse sono da pagare?

Quali imposte e tasse sono da pagare nel caso in cui si acquisti un terreno agricolo? Per rispondere a questa domanda è necessario distinguere il soggetto che vende il terreno agricolo. Può essere un soggetto qualsiasi oppure una banca o una società di leasing. Chi compra il terreno agricolo, invece, può ricadere in più soggetti.

Chi può comprare un terreno agricolo?

Infatti, il compratore di un terreno agricolo nel caso in cui il venditore sia un soggetto qualsiasi, può essere un imprenditore agricolo professionale, oppure un coltivatore diretto iscritto alla gestione assistenziale o previdenziale. In alternativa, la trattazione delle tasse e imposte dovute sull’acquisto di un terreno agricolo varia se si tratta di un soggetto qualsiasi diverso dalle tipologie di acquirente viste in precedenza. Nel caso in cui il venditore sia una banca o una società di leasing, la trattazione delle tasse e imposte dovute non varia a seconda del soggetto acquirente.

Acquisto di un terreno agricolo da parte di un imprenditore agricolo o coltivatore diretto: quali tasse?

In tutti i casi di acquisto e di vendita di un terreno agricolo non è mai dovuta l’Iva. Se ad acquistare il terreno agricolo da un qualsiasi soggetto che non sia una banca o una società di leasing è un imprenditore agricolo o un coltivatore diretto, sono dovute cinque tasse e imposte. Nel dettaglio:

  • l’imposta di registro per 200 euro, secondo quanto dispone il comma 4 bis dell’articolo 2, del decreto legge numero 194 del 2009, convertito nella legge numero 25 del 26 febbraio 2010;
  • imposta ipotecaria pari a 200 euro per la stessa norma precedente;
  • l’imposta catastale corrispondente all’1%, sempre per il decreto legge numero 194;
  • imposta di bollo di 230 euro seguendo quanto prevede il comma 1 bis, numero 1), dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto di terreno agricolo di soggetto non imprenditore agricolo e nemmeno coltivatore diretto: quali tasse?

Nel caso in cui l’acquisto sia effettuato da un soggetto qualsiasi, ad eccezione del caso precedente, ovvero di imprenditore agricolo o coltivatore diretto, e il venditore è un soggetto qualsiasi ad eccezione di una banca o una società di leasing, la compravendita è esente sia dall’imposta di bollo che dalla tassa ipotecaria. L’esenzione è prevista dal comma 3 dell’articolo 10, del decreto  legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.  Sono invece da pagarsi:

  • l’imposta di registro del 12%, secondo quanto prevede il terzo periodo dell’articolo 1, del Tp 1;
  • imposta ipotecaria e imposta catastale, per 50 euro ciascuno, ai sensi di quanto prevede il decreto legislativo numero 23 del 2011.

Acquisto di un terreno agricolo da una banca o da una società di leasing

La disciplina sulle tasse e sulle imposte è valida per qualunque soggetto acquirente (imprenditore agricolo, coltivatore diretto o qualsiasi altro soggetto) se il venditore è una banca o una società di leasing. Quest’ultima trova la propria disciplina nel comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006. Nel dettaglio, la norma chiarisce che deve trattarsi di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing o di cessioni di immobili già oggetti di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore.

Quali tasse e imposte sono dovute per l’acquisto di un terreno agricolo da una banca o società di leasing?

Nel caso di acquisto di un terreno agricolo da una banca o da una società di leasing sono dovute le seguenti tasse e imposte:

  • imposta di registro, imposta ipotecaria e imposta catastale, tutte e tre pari a 200 euro, ai sensi di quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo corrispondente a 230 euro ai sensi del comma 1 bis, numero 1), dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto di un terreno non agricolo e non edificabile: quali tasse sono da pagare?

Quali imposte e tasse devono essere pagate nel caso in cui si acquisti un terreno non agricolo e non edificabile? In questa tipologia di compravendita deve essere distinto il caso in cui il soggetto venditore sia un soggetto qualsiasi da quello in cui la vendita viene effettuata da una banca o da una società di leasing. Riguardo al compratore, invece, non fa alcuna distinzione di chi si tratti in qualunque caso.

Acquisto da un soggetto qualsiasi di un terreno non agricolo e non edificabile: è dovuta l’Iva?

Nel caso in cui l’acquisto del terreno non agricolo e non edificabile sia effettuato da un soggetto qualsiasi, e a venderlo sia un altrettanto soggetto qualsiasi, diverso da una banca o da una società di leasing, l’operazione di compravendita non è soggetta a Iva. Sono altresì dovute tutte le altre imposte e tasse.

Quali tasse e imposte sono dovute per l’acquisto di un terreno non agricolo e non edificabile?

Per l’acquisto di un terreno non agricolo e non edificabile, esclusa la compravendita da banche o società di leasing, l’operazione è esente sia dalla tassa ipotecaria che dall’imposta di bollo. Lo disciplina, per entrambi i casi, il comma 3 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011. Sono dovute però altre tre imposte, ovvero:

  • l’imposta di registro del 9%, ai sensi del primo periodo dell’articolo 1, del Tp1;
  • imposta ipotecaria pari a 50 euro, secondo quanto dispone il comma 3 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011;
  • l’imposta catastale di 50 euro, ugualmente prevista dal decreto legislativo numero 23.

Acquisto di terreno non agricolo e non edificabile da banca o da società di leasing

Diverso è il caso in cui il venditore del terreno non agricolo e non edificabile sia una banca o una società di leasing. Quest’ultima è definita dal comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006. In particolare, la norma stabilisce che si deve trattare di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing o di cessioni di immobili già oggetti di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore.

Se il terreno non agricolo e non edificabile è venduto da una banca o da una società di leasing è dovuta l’Iva?

La compravendita del terreno non agricolo e non edificabile fatta da una banca o da una società di leasing risulta non soggetta a Iva. Sono però dovute le altre tasse e imposte, senza l’esenzione della tassa ipotecaria e dell’imposta di bollo. Infatti, l’importo della tassa ipotecaria è di 90 euro, secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle tasse ipotecarie che è allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990. L’imposta di bollo, invece, è pari a 230 euro. Lo disciplina il comma 1 bis numero 1) dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A del decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972.

Quali altre imposte sono dovute per l’acquisto da una banca di un terreno non edificabile e non agricolo?

Le altre imposte da pagare nel caso in cui la compravendita veda come venditore una banca o una società di leasing sono l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale. Tutte e tre le imposte sono dovute per 200 euro ciascuna. Lo prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006.

Comprare un terreno edificabile da soggetto privato o impresa: quali tasse?

Quali tasse sono dovute per l’acquisto di un terreno edificabile, da parte di qualsiasi soggetto, da un soggetto privato o da una impresa? Rispetto ai casi di acquisto di una casa o di un fabbricato strumentale, l’impresa venditrice non può esercitare il diritto di opzione Iva.

Acquisto terreno edificabile: si paga l’Iva se il compratore è un soggetto privato?

Nel caso in cui l’acquisto del terreno edificabile sia effettuato da un soggetto qualsiasi e il venditore sia un soggetto privato, non è dovuta l’Iva. Riguardo alle altre imposte, la compravendita risulta essere esente da quella di bollo e dalla tassa ipotecaria. È quanto dispone il comma 3, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.

Quali tasse sono dovute sull’acquisto da parte di un soggetto privato di un terreno edificabile?

Nel caso dell’acquisto di un terreno edificabile da parte di un soggetto qualsiasi e si tratti di venditore quale soggetto privato, sono comunque dovute le seguenti tasse e imposte:

  • l’imposta di registro del 9% ai sensi di quanto previsto dal primo periodo dell’articolo 1, del Tp1;
  • imposta catastale e imposta ipotecaria, entrambe di 50 euro. Per entrambe le imposte la norma di riferimento è il comma 3, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.

Comprare un terreno edificabile da una impresa: quale Iva è da applicare?

Nel caso in cui un soggetto qualsiasi acquisti un terreno edificabile da una impresa deve essere applicata l’Iva con l’aliquota al 22%. Rispetto al caso in cui il venditore è un soggetto privato, nel caso di vendita da parte di una impresa è da applicarsi l’imposta di bollo. Quest’ultima è pari a 230 euro ai sensi di quanto dispone il comma 1 bis, numero 1, dell’articolo 1, della Tariffa dell’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972. È altresì dovuta anche la tassa ipotecaria pari a 90 euro. Quest’ultima è disciplinata dai punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto di un terreno edificabile da impresa: quali altre tasse e imposte da pagare?

Per l’acquisto di un terreno edificabile da una impresa, qualunque soggetto deve pagare ulteriori tasse e imposte. In particolare, l’imposta di registro è pari a 200 euro secondo quanto prevedono il comma 1 dell’articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica numero 131 del 26 aprile 1986 e l’articolo 11, Tariffa, Parte Prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica numero 131 del 26 aprile 1986. L’importo dell’imposta di registro è stato elevato da 168 euro a 200 euro dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto legge numero 104 del 12 settembre 2013 con effetto dal 1° gennaio 2014.

Acquisto terreno edificabile da società: pagamento dell’imposta ipotecaria e catastale

L’imposta ipotecaria da pagare sull’acquisto di un terreno edificabile da una società è pari ugualmente a 200 euro. Lo dispone la Nota all’articolo 1 della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990. L’importo è stato aumentato da 168 euro a 200 euro dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto legge numero 104 del 12 settembre 2013 con effetto dal 1° gennaio 2014. Infine, anche l’imposta ipotecaria è pari a 200 euro ai sensi di quanto dispone il comma 2 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.