Tasse, ingorgo scadenze 30 novembre 2021: Irpef, Ires, Irap, pace fiscale e dichiarazioni

Si avvicina la data del 30 novembre 2021, giornata segnata dall’ingorgo delle scadenze di varie tasse e contributi. Nella stessa giornata i contribuenti sono chiamati a versare il secondo acconto delle imposte dirette. In pagamento l’Irpef, l’Ires, l’Irap, le imposte sostitutive ovvero la cedolare secca e i versamenti delle partite Iva a regime forfettario.

Versamento entro il 30 novembre 2021 delle rate non pagate della rottamazione ter e saldo e stralcio

In più quest’anno c’è la scadenza della pace fiscale: dovranno essere pagate tutte le rate sospese a causa dell’emergenza sanitaria ed economica nel corso del 2020 e del 2021. Le rate fanno riferimento alla rottamazione ter e al saldo e stralcio. Per questi pagamenti c’è una tolleranza di alcuni giorni: il termine ultimo per pagare è fissato al 6 dicembre 2021.

Invio al 30 novembre dichiarazioni fiscali 2021

Sempre al 30 novembre è fissata la data di scadenza per l’invio, da parte degli intermediari, delle dichiarazioni fiscali 2021 inerenti l’anno di imposta 2020. Si tratta della scadenza del più importante adempimento fiscale dell’anno. Nel 2021 l’invio sarà condizionato dalla complessità di redazione del quadro Rs. Il quadro, infatti, dovrà riportare i vari aiuti di Stato che sono stati elargiti dal governo nel corso dell’emergenza sanitaria ed economica causata dalla Covid. Ulteriore quadro da compilare è quello Ru, inerente all’iscrizione dei crediti fiscali accumulati a partire da marzo 2020.

Scadenza del 30 novembre 2021: non si può rateizzare il pagamento del saldo

Non è possibile rateizzare il secondo acconto delle dichiarazioni fiscali 2021. Infatti, come dispone il comma 1 dell’articolo 20 del decreto legislativo numero 241 del 1997, il pagamento delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari delle posizioni assicurative gestite dall’Inps, deve essere completato entro il mese di novembre del medesimo anno in cui è stata presentata la dichiarazione o la denuncia dei redditi. Pertanto, mentre si può dilazionare il saldo e il primo acconto delle imposte, ciò non è possibile per il saldo.

Riforma fiscale 2022, le ipotesi della legge di Bilancio: dal taglio Irpef all’aumento del bonus 80 euro

Ancora un mese di tempo per il governo e il Parlamento per decidere quale sarà la riforma del Fisco del 2022. L’obiettivo è quello di ridurre la pressione fiscale portandola al 41,7% del Prodotto interno lordo dalla percentuale del 42,8% raggiunta nel 2020. Sono varie le ipotesi sul tavolo della riforma: si va dal taglio delle aliquote Irpef all’aumento del bonus di 80 euro (ex Renzi, attualmente arrivato a 100 euro con il taglio del cuneo fiscale), fino alla possibilità di tagliare decisamente l’Irap. Nella legge di Bilancio 2022 il governo ha stanziato 8 miliardi di euro per attuare la riforma.

Ipotesi di riduzione delle aliquote Irpef nella riforma del Fisco 2022

La prima ipotesi di riforma del Fisco per il 2022 è quella di un intervento sulle aliquote dell’Irpef. Si tratta di una strada che già in passato si era ipotizzata con delle opportune simulazioni. Aliquota cruciale per la riforma è quella del 38% dei redditi medi, applicata dai 28 mila ai 55 mila euro. C’è distanza dell’applicazione dell’aliquota a questo scaglione rispetto a quello più basso: 11 punti percentuali rispetto al 27%.

Quali potrebbero essere le aliquote Irpef del 2022 con la riforma?

L’ipotesi della riduzione delle aliquote Irpef per attuare la riforma del Fisco andrebbe a limare le due aliquote in questo modo:

  • redditi fino a 25 mila euro aliquota del 23%;
  • fino a 55 mila euro di reddito l’aliquota sale al 33%;
  • per redditi superiori aliquota Irpef del 43%.

Peraltro, l’intervento sulle aliquote Irpef andrebbe anche ad assorbire le detrazioni e il bonus di 80 euro di Renzi (aumentato a 100 euro) per un costo complessivo di 10 miliardi di euro annui.

Riforma Fisco 2022, c’è l’ipotesi di aumentare il bonus 100 euro (ex bonus Renzi)

Proprio sul bonus Irpef è concentrata la seconda possibilità di riforma del Fisco. Si andrebbe a intervenire sul bonus aumentando il tetto di detrazione mensile dagli attuali 100 euro a 120 euro. E si potrebbe allargare anche la platea dei lavoratori coinvolti nella detrazione incrementando l’attuale limite di reddito per la misura ai redditi oltre i 28 mila euro. Con le modifiche intervenute negli ultimi anni, tra i 28 mila e i 40 mila euro di reddito annuo, il bonus viene assicurato in misura decrescente. Il sistema di decalage del bonus potrebbe essere applicato per i redditi fino a 55 mila euro.

Abolizione dell’Irap, la strada meno percorribile per la riforma del Fisco

La strada dell’abbattimento dell’Irap sui redditi delle imprese sembrerebbe la meno attuabile. Intanto perché l’uscita di scena dell’imposta regionale sarà progressivo riducendo le aliquote, come già indicato dal documento di delega fiscale. Molto probabilmente le richieste del mondo dell’imprenditoria rimarranno ferme al palo: il costo dell’abolizione totale dell’imposta regionale risulta elevato. Troppo rispetto agli 8 miliardi di euro che il governo ha stanziato per la riforma del Fisco. Più fattibile, dunque, la riduzione delle aliquote Irap per avviare il progressivo abbattimento dell’imposta regionale. Meno probabili risultano altre ipotesi richieste dalle imprese, consistenti nell’eliminazione dal calcolo della base imponibile degli interessi passivi e dalla fusione dell’Irap con l’Ires.

Cartelle esattoriali, quali vanno pagate entro il 30 novembre 2021?

Il decreto Fiscale numero 146 del 2021 ha messo ordine ai pagamenti delle cartelle esattoriali dei contribuenti con la scadenza entro il 30 novembre 2021 di quelle insolute. Ma è necessario verificare quali siano esattamente i termini e a quali cartelle si deve far riferimento con il versamento. La norma riguarda anche i mancati pagamenti nei termini della rottamazione ter (i cosiddetti “rottamati decaduti”).

Cartelle, scadenza del 30 novembre 2021 per le rate non pagate nel 2020 e 2021

Proprio l’articolo 1 del decreto Fiscale disciplina la rimessione in termini per la rottamazione ter e il saldo e stralcio. La norma, nel dettaglio, è a vantaggio dei contribuenti che non abbiano rispettato i termini per i pagamenti delle rate secondo il calendario di dilazione dettato dal decreto “Sostegni bis” (il decreto legge numero 73 del 2021).

Entro quando vanno pagate le rate della rottamazione ter e saldo e stralcio del 2020 e 2021?

A questi debitori, che non abbiano eseguito i versamenti delle rate del 2020 e del 2021 della “Pace fiscale”, si può evitare la decadenza pagando entro il 30 novembre 2021 tutte le rimanenti rate. Al termine di novembre, pertanto, si sommano sia le rate che erano in scadenza nel 2020 che le rate a saldo del 2021 sospese per l’emergenza sanitaria.

Fisco, alla scadenza del 30 novembre 2021 vanno pagate cartelle, Ipef, Irap, Ires e contributi previdenziali

La scadenza delle cartelle fiscali, alla quale il decreto offre un periodo di tolleranza che da calendario è fissato al 6 dicembre 2021, è la stessa di altri adempimenti. Infatti, al 30 novembre è fissato anche il pagamento dell’acconto delle imposte dirette, Irpef, Irap e Ires. Alla stessa data scadono altresì le imposte sostitutive e gli adempimenti legati ai contributi previdenziali. In caso di difficoltà di liquidità, i contribuenti non potranno procedere a dilazionare ulteriormente il debito residuo (le rate rimanenti) delle cartelle oltre la scadenza del 30 novembre.

Cartelle ricevute dal 1° settembre al 31 dicembre 2021: 150 giorni per pagare

Il decreto Fiscale disciplina anche l’estensione dei termini di pagamento per le nuove cartelle esattoriali. Si tratta degli avvisi di pagamento che i contribuenti hanno ricevuto a partire dal 1° settembre 2021 o che potrebbero ricevere entro la fine dell’anno. Rispetto all’ordinaria normativa, i termini per il pagamento sono stati allungati dal decreto. Dunque, anziché i consueti 60 giorni di tempo dalla notifica, i contribuenti possono pagare entro 150 giorni. Resta invariato il termine per presentare ricorso. Infatti, l’impugnativa può avvenire entro il consueto periodo di 60 giorni.

Pagamento rate esattoriali in essere all’8 marzo 2020: come procedere con il versamento?

Più complessa è la disciplina all’articolo 3 del decreto legge numero 146 del 2021. La norma riguarda l’estensione della rateazione per i piani di dilazione. Nell’articolo si fa riferimento alle cartelle in essere al giorno 8 marzo 2020 con la previsione di due situazioni. La prima situazione è quella di allungare il termine di decadenza a 18 rate non pagate, rispetto alle 10 precedentemente previste. La seconda riguarda i contribuenti che alla scadenza del 30 settembre 2021 non hanno provveduto ai pagamenti di quanto dovuto. A fine settembre era previsto il versamento minimo di nove rate, più quella di settembre, per non incorrere nella decadenza del piano di rateazione.

Fisco, pagamenti entro il 2 novembre 2021: vanno versate almeno tre rate

Pertanto, per le cartelle in essere al giorno 8 marzo 2020, la decadenza del piano di rateazione viene determinato dal mancato versamento di 18 rate, anziché di dieci, anche non consecutive. A questi contribuenti il decreto consente di regolarizzare i propri versamenti pagando il nuovo minimo di rate per non incorrere nella decadenza entro il 31 ottobre 2021. Non considerando il 31 ottobre (domenica) e lunedì 1° novembre per la festività , il termine ultimo per il pagamento slitta al 2 novembre 2021.

Quali rate e cartelle i contribuenti devono pagare entro il 2 novembre 2021?

Entro domani 2 novembre 2021, pertanto, i contribuenti dovranno pagare il numero minimo di rate sospese di tutte quelle in scadenza durante l’emergenza sanitaria. Pertanto, i contribuenti che non abbiano effettuato dei pagamenti, potranno farlo nel numero minimo di tre rate. Si tratta di una rata in scadenza pregressa più le rate corrispondenti ai mesi di settembre e di ottobre 2021.

Quali sono le imposte sul reddito delle società? Scopriamolo

La società è un’organizzazione di beni e persone il cui obiettivo è realizzare un’attività di impresa con finalità di lucro o mutualistica. Naturalmente la società produce un reddito e quindi viene tassata, ora vediamo quali sono le imposte sul reddito delle società e come vengono applicate, ciò tenendo in considerazione che vi sono delle differenze tra le società di persone e le società di capitali.

Imposte sul reddito delle società: IRAP

L’IRAP è l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, la base imponibile dell’IRAP è formata dal valore della produzione netta ed è stata introdotta dal decreto legislativo 446 del 1997. Tra le peculiarità di questa imposta c’è il fatto che la base imponibile comprende anche elementi che in realtà non sono una vera e propria parte attiva, ad esempio i salari. L’IRAP è dovuta da:

  • società di persone e di capitali;
  • enti pubblici;
  • trust residenti in Italia;
  • persone fisiche titolari di redditi di impresa;
  • soggetti che svolgono lavoro autonomo;
  • amministrazioni dello Stato.

Vi sono invece dei limiti riguardanti le attività svolte nel settore dell’agricoltura, inoltre sono esenti dalla dichiarazione e dal versamento IRAP coloro che svolgono attività in modo occasionale.

Per scoprire chi sono i soggetti che devono presentare la dichiarazione IRAP, leggi l’articolo: Chi è obbligato a presentare la dichiarazione IRAP.

IRES

L’IRES è l’Imposta sul Reddito delle Società, la stessa però non viene pagata da tutte le società ma solo da quelle di capitali, società cooperative e mutue assicurazioni, enti pubblici, enti privati e trust. L’IRES dal 2004 ha sostituito l’IRPEG, cioè l’imposta sul reddito delle persone giuridiche. E’ caratterizzata dalla presenza di un’aliquota fissa, attualmente al 24%, in passato era più alta.

IRPEF

Le società di persone, cioè Società Semplice, Società in Nome Collettivo e Società in Accomandita Semplice hanno un’autonomia patrimoniale imperfetta, cioè non vi è separazione tra il patrimonio della società e quello dei soci e di conseguenza di eventuali debiti delle stesse rispondono anche i soci, sebbene dopo la principale escussione nei confronti della società.

Ne consegue che i redditi della società si dividono tra i soci della stessa e si imputano pro quota in base a quanto concordato dalle parti oppure in modo egualitario. I redditi quindi saranno tassati nel momento in cui entrano nella disponibilità dei soci e quindi con l’IRPEF e non con L’IRES. In questo caso si può dire che l’imposta si calcola sui redditi delle società di persone, ma in modo indiretto. D’altronde non si può tacere questa tassazione altrimenti apparirebbe uno squilibrio tra il trattamento fiscale delle società di persone e quello delle società di persone.

In teoria l’applicazione dell’IRPEF al posto dell’IRES potrebbe essere anche uno svantaggio, infatti l’IRES, come visto, si basa su un’aliquota fissa, attualmente fissata al 24%, mentre l’IRPEF ha una tassazione con aliquote progressive che cioè aumentano all’aumentare del reddito. Proprio per questo se la società genera profitti ragguardevoli, l’IRES può essere più conveniente. Lo squilibrio della tassazione diventa più evidente nelle società unipersonali o con pochi soci in quanto il reddito si divide in poche quote.

IRI

L’IRI è l’Imposta sul Reddito Imprenditoriale. L’obiettivo è evitare lo squilibrio tra le aliquote IRES e quelle IRPEF, chiarisce quindi l’Agenzia delle Entrate che si tratta di un regime opzionale a cui possono aderire le società di persone in contabilità ordinaria, le imprese individuali e alcune piccole società di capitali, trattasi di:  società a responsabilità limitata con un numero di soci non superiore a 10, o a 20 nel caso di società cooperativa, con ricavi annui non superiori a quelli previsti per l’applicazione degli studi di settore (5.164.569 euro).

Il vantaggio dell’IRI è dato dal fatto che si applica l’aliquota proporzionale al 24%.

L’IRI ha visto la luce con la legge 2015 del 27 dicembre 2017, cioè la legge di bilancio per il 2018 ed è in vigore dal 2018.

Occorre fare attenzione: una volta esercitata l’opzione, la stessa resta in vigore per 5 anni ed è rinnovabile, l’opzione deve essere esercitata al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.

In realtà l’IRI dopo una prima fase di applicazione è sparita dal nostro ordinamento, sebbene il sito dell’Agenzia della Entrate ancora preveda l’imposta. E’ bene riparlare oggi dell’IRI perché tra le proposte sulla riforma fiscale 2021 vi è proprio il ritorno dell’IRI. Vedremo se si riuscirà a inserire nuovamente nel sistema questa imposta.

Occorre, infine, ricordare che queste non sono le uniche imposte da pagare, c’è infatti l’IVA, ci sono i contributi previdenziali e assistenziali, in molti casi la TOSAP e altre tasse la cui base imponibile non parte però dal reddito.

Chi sono i soggetti sottoposti a IRES? Scopriamo insieme i soggetti passivi

Il sistema tributario italiano è piuttosto complesso in quanto caratterizzato da numerose imposte che spesso vanno a colpire anche più volte la stessa base imponibile. In questo caso ci soffermiamo sui soggetti sottoposti a IRES e cercheremo di scoprire chi sono.

Chi sono i soggetti sottoposti a IRES

L’IRES è l’Imposta sul Reddito delle Società, a differenza dell’IRPEF ha un’aliquota proporzionale e non progressiva e la stessa è fissata nel 24%. Puoi scoprire la differenza tra aliquota progressiva e aliquota proporzionale nell’articolo: IRES o Imposta sul Reddito delle Società: cos’è e su cosa si paga.

Dal 2004 l’IRES ha sostituito l’IRPEG ed è dovuta da:

  • Società di capitali;
  • società cooperative;
  • società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
  • enti pubblici ed enti privati;
  • trust (sia residenti in Italia, sia non residenti, inoltre si applica ai trust con personalità giuridica e senza, che esercitano o meno attività commerciale).

Soggetti sottoposti a IRES: esenzioni

Sono invece esenti dal pagamento dell’IRES gli organismi di investimento collettivo del risparmio. Appare evidente dallo schema visto che neanche le società di persone pagano l’IRES, queste infatti sono sottoposte al pagamento dell’IRPEF (sul reddito dei singoli soci) e al pagamento dell’IRAP (Imposta Regionale sulle attività Produttive) questa scelta è dovuta al fatto che nelle società di persone non vi è separazione del patrimonio tra società e soci. Si parla in questo caso anche di autonomia patrimoniale imperfetta. Le società di persone sono: Società Semplice (SS), Società in Nome Collettivo (SNC) e Società in Accomandita Semplice (SAS).

La base imponibile IRES

Ora che sono stati delineati i soggetti sottoposti a IRES è bene determinare almeno in modo generico la base imponibile su cui l’imposta viene calcolata. Per determinare la base imponibile dell’IRES è necessario fare riferimento al Testo Unico Imposte sul Reddito che però differenzia in base al soggetto passivo le diverse modalità di costruire la base imponibile. Per le società di capitali e gli enti residenti in Italia, la base imponibile è formata da qualsiasi tipo di reddito, si fa quindi riferimento all’utile di esercizio determinato all’interno del conto economico. Tale valore deve poi essere rettificato, in aumento e in diminuzione, seguendo le indicazioni del TUIR.

Ad esempio possono essere portati in deduzione i costi sostenuti dall’impresa, gli stessi però devono essere, in base all’articolo 109 del TUIR, sostenuti nell’anno di riferimento dell’imposta, ad esempio l’IRES 2021, riferita all’anno 2020, può avere una base imponibile con deduzione dei costi sostenuti nello stesso 2020. Tali costi devono comunque essere inerenti all’attività di impresa, certi e determinabili. Vi sono però dei casi in cui è possibile rimandare la deducibilità dei costi ad anni successivi.

La Corte di Cassazione in alcune sentenze ha stabilito l’indeducibilità di alcune fatture e parcelle in quanto le descrizioni delle spese erano troppo generiche e di conseguenza era difficile determinare l’inerenza della spesa rispetto all’attività esercitata. Deve essere sottolineato che tra gli oneri deducibili vi sono anche le spese di rappresentanza.

Le spese sono considerate componenti negative del reddito e riguardano costi di ammortamento dei beni , spese inerenti studi e ricerche.

Per le società e gli enti non residenti in Italia, sono sottoposti a tassazione IRES solo i ricavi prodotti in Italia.

Termini e pagamento IRES 2021

Il pagamento IRES 2021 non vede particolari novità, infatti entro il 30 giugno 2021 doveva essere versato il saldo per l’IRES 2020 3 il primo acconto dell’IRES 2021. Il termine è prorogato al 20 luglio solo per coloro che aderiscono ai regimi forfettarie i soggetti ISA, cioè i contribuenti per i quali si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale. Il pagamento avviene con modello F24 e i codici tributo vengono determinati di anno in anno.

La dichiarazione deve invece essere presentata dai soggetti passivi IRES entro il 30 novembre di ogni anno, naturalmente è riferita all’esercizio precedente, quindi entro il 30 novembre 2021 deve essere presentata la dichiarazione IRES 2020.

Come si calcola base imponibile Ires?

Oggi andremo ad esplorare quell’infausto mondo delle tasse, per scoprire di cosa si tratta quando si parla di Ires e come si calcola la sua base imponibile.

Ires, che cosa è?

Innanzitutto, prima di chiarire come si calcola la base imponibile Ires, e di scoprire chi sono i soggetti tenuti a pagare tale imposta, occorre precisare che cosa sia l’Ires.

Dunque, partiamo col dire che le più importanti imposte dirette si suddividono in Irpef, Ires (ex Irpeg) e Irap. Si precisa che le società di persone non hanno personalità giuridica, né sono persone fisiche, per cui non scontano né Irpef né Ires, ma soltanto l’Irap. L’imposta sul reddito delle società (ovvero, Ires) è, dunque, una imposta proporzionale e personale che si ottiene tramite applicazione di un’aliquota unica ai profitti delle società

L’ Ires, corrispettivo di “imposta sul reddito delle società” viene versata con il modello F24 in un’unica soluzione, altrimenti si versa il saldo dell’anno precedente e poi l’acconto (in due rate) per l’anno in corso. In generale, l’acconto al 100% è pagato in due rate salvo che il versamento da eseguire alla scadenza della prima non superi i 103 euro.

Come si calcola la base imponibile dell Ires?

Dunque, innanzitutto, andiamo a capire di cosa si parla quando si fa riferimento ad una base imponibile.

Per dirla in maniera molto breve, la base imponibile è l’importo su cui viene applicata l’imposta e da cui è calcolato il relativo importo. Ad esempio, se un tavolo costa 60 euro+IVA al 22% compresa, l’importo IVA è pari a 13,2 e la base imponibile è 60-13,2, ovvero 46,8 euro.

Nel caso specifico della tassazione Ires, la base imponibile la si ottiene sommando dall’utile/perdita ante-imposte del conto economico le variazioni in aumento e sottraendo le variazioni in diminuzione.

Chi è soggetto a tassazione Ires?

Ma chi sono, quindi, quei soggetti societari esposti a tassazione Ires? Questa è una domanda piuttosto frequente e da tenere in considerazione.

La risposta a questo annoso quesito, è tuttavia ben presto data. I soggetti passivi dell’IRES sono le società di capitali; gli enti pubblici e gli enti privati, diversi dalle società, nonché i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno, come oggetto principale od anche esclusivo, l’esercizio di attività commerciale;

Ma anche gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato che non hanno come oggetto l’esercizio di attività commerciale. Inoltre, le socie­tà e gli enti di qualsiasi tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

A tal proposito, vengono considerati residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o ancora l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Sono invece previste particolari norme per i trust e per gli istituti aventi contenuto analogo istituiti in Stati a fiscalità privilegiata.

Ires e Irap, differenze

Talvolta, si è portati a fare confusione tra queste due differenti tassazioni, ovvero Ires e Irap. Ma quali sono le differenze necessarie da tenere conto tra le due imposte?

Come detto, Irap e Ires non sono affatto la stessa cosa, anche se, possiamo dire, appartengono alla stessa famiglia. L’Irap difatti, è l’imposta regionale sulle attività produttive, dunque un’imposta locale che viene applicata a tutte quelle attività che producono un bene e che sono residenti su territorio regionale.

Questo, dunque è quanto di più necessario vi fosse da sapere in merito all’imposta dell’Ires e al suo imponibile da calcolare.

Qual è il presupposto oggettivo dell’Ires?

Al pari dell’Irpef, che è una tassa che viene applicata in Italia sul reddito delle persone fisiche, nel nostro Paese c’è una tassa che, avente sostanzialmente le stesse caratteristiche, viene applicata a carico delle imprese. Si tratta, nello specifico, di un’imposta che è proporzionale e che è chiamata Ires, una sigla che sta per imposta sul reddito delle società. L’Ires è, nello specifico, una tassa che viene applicata, con una determinata aliquota, sui profitti che vengono conseguiti in Italia dalle società. Ma detto questo, qual è il presupposto oggettivo dell’Ires?

Ecco qual è il presupposto oggettivo dell’Ires, imposta sul reddito delle società

Il presupposto oggettivo dell’Ires è legato al possesso, da parte di un’impresa, di redditi in denaro oppure in natura. Con tutti questi redditi che, qualunque sia la loro fonte di provenienza, sono considerati redditi d’impresa. E quindi soggetti a tassazione attraverso l’imposta sul reddito delle società.

Questo vale, per esempio, per le società di capitali e per gli enti commerciali residenti. Ma anche per enti non commerciali e per le società di capitali che, pur non essendo residenti in Italia, hanno sul territorio dello Stato italiano una stabile organizzazione.

Il presupposto oggettivo dell’Ires prevede l’applicazione delle tasse sui redditi a tutte le persone giuridiche che, soggette all’imposta, sono residenti in Italia. E questo senza alcuna distinzione a livello geografico. In altre parole, l’Ires su tutti i redditi dell’impresa residente in Italia scatta sempre indipendentemente dal luogo di produzione dei beni o dell’erogazione dei servizi. Mentre le persone giuridiche non residenti sono tenute al pagamento dell’Ires limitatamente a tutti i redditi che sono prodotti in Italia.

Presupposto oggettivo Ires anche in caso di esterovestizione

Tra la residenza in Italia e la residenza al di fuori dei confini nazionali, ai fini dell’applicazione dell’Ires, c’è pure una via di mezzo che è rappresentata dalla cosiddetta esterovestizione, e che presenta fini elusivi. In tal caso, infatti, si parlerà di società esterovestite per le quali l’Amministrazione Finanziaria applicherà sempre la presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia.

In altre parole, una società identificata come esterovestita sfugge al pagamento dell’Ires se e solo se è in grado di dimostrare di non essere tale. Altrimenti sarà considerata una società avente all’estero, ed in maniera fittizia, la residenza fiscale con il chiaro intento di avvalersi di un regime fiscale che è agevolato rispetto a quello nazionale. Quando invece, in tutto e per tutto, persegue in realtà in Italia il suo oggetto sociale.

L’Ires è una tassa per molti ma non per tutti, ecco chi è esente dall’imposta sui redditi

In qualità di imposta proporzionale, l’Ires è comunque una tassa che include una larga casistica di esenzione. Prima di tutto, in Italia non sono soggetti all’Ires i comuni, le province, le regioni, le comunità montane nonché tutti gli organi organi e tutte le amministrazioni dello Stato italiano. Tra gli altri, non sono soggetti all’imposta Ires nemmeno i consorzi tra gli enti locali, e numerose realtà dell’associazionismo come, per esempio, le associazioni di donatori volontari di sangue.

IRES o Imposta sul Reddito delle Società: cos’è e su cosa si paga

L’acronimo IRES indica l’imposta sul reddito delle società e si applica ai soggetti che non sono tenuti al pagamento dell’IRPEF, cioè soggetti diversi dalle persone fisiche.  Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, le aliquote e le scadenze.

Aliquota IRES: proporzionale e non progressiva

L’IRES può essere considerata un’imposta analoga all’IRPEF, ma in realtà è strutturata in maniera completamente diversa. La prima nota da fare riguarda le aliquote, infatti si è detto nella parte introduttiva che si tratta di una sorta di alter ego dell’IRPEF, ma mentre questa è applicata al reddito delle persone fisiche, l’IRES si applica alle società e ad altri enti, solo in linea generale si può dire che si applica alle società. Nonostante questa “similitudine”, tra le due imposte le differenze sono tante, infatti mentre all’imposta sul reddito delle persone fisiche si applica il principio della progressività e quindi all’aumentare del reddito, l’aliquota aumenta, per l’IRES questo meccanismo non si applica, infatti l’aliquota è proporzionale ed è del 24%.

L’IRES nasce per sostituire l’IRPEG (Imposta sul reddito delle persone giuridiche) e per uniformarsi al diritto europeo con il decreto legislativo 344 del 2003. L’aliquota non è sempre stata del 24% infatti in un primo momento e cioè dall’introduzione fino al 2007 è stata del 33%; nel 2008 fino al 2016 è stata del 27,5.  L’aliquota IRPEG invece era ancora più alta ed ha raggiunto anche il 37%.

Cos’è la progressività

L’IRPEF risponde all’articolo 53 della Costituzione che afferma: tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema contributivo è improntato al criterio della progressività”.  Il criterio della progressività a sua volta risponde alle esigenze previste dall’articolo 3 della Costituzione comma 2 che prevede un impegno della Repubblica nel rimuovere gli ostacoli che non permettono di raggiungere l’uguaglianza sostanziale delle persone. Il criterio della progressività consiste in un aumento più che proporzionale delle imposte all’aumento del reddito, di fatto non è mai stato molto apprezzato soprattutto da coloro che hanno redditi medio-alti che si ritrovano a dover pagare imposte più elevate. Si ritiene che attualmente, avendo in Italia un’unica imposta progressiva, cioè l’IRPEF, il sistema nel complesso non sia più improntato a tale criterio.

Chi deve versare l’IRES: i soggetti passivi dell’imposta

Naturalmente è molto importante determinare in modo specifico chi sono i soggetti obbligati a versare l’IRES. Si tratta di:

  • Società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee  e le società cooperative europee che abbiano residenza in Italia;
  • gli enti pubblici e privati residenti in Italia, compresi i consorzi, i trust, gli organismi di investimento collettivo del risparmio e gli enti non commerciali (organizzazioni no profit);
  • Le società e gli enti che non sono residenti in Italia, sono tenuti al versamento dell’IRES limitatamente ai profitti generati in Italia.

Si può evidenziare che le società di persone, quindi ss, snc e sas, non sono tenute al versamento dell’IRES, ma solo dell’IRAP (dovuta anche dalle società di capitali)

Come si paga l’IRES

Al fine di regolare la propria posizione IRES 2021 è necessario in primo luogo presentare la dichiarazione, questa deve essere fatta utilizzando il Modello SC, la stessa deve essere presentata entro il 30 novembre di ogni anno e ha ad oggetto i redditi dell’anno precedente, quindi il modello da presentare entro il 30 novembre 2021 riguarda i redditi prodotti nel 2020.

Per la compilazione è possibile avvalersi del software gratuito RedditiOnLine SC presente sul sito dell’Agenzia delle Entrate e  che consente di compilare la dichiarazione e inviarla telematicamente . Per poter compilare da soli, quindi senza l’aiuto di un professionista, la dichiarazione IRES è necessario avere lo SPID,  la Carta Nazionale dei Servizi  o le credenziali per i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. In realtà procedere in modo autonomo alla dichiarazione IRES non è semplice perché la base imponibile varia in base alla tipologia di soggetto passivo. In linea generale si può affermare che viene pagata sul reddito complessivo dato alla somma di tutte le categorie di reddito. Per le società di capitali si deve far riferimento all’utile che si può rilevare nel conto economico, da rettificare tenendo in considerazione gli oneri deducibili e le variazioni fiscali presenti nel TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi).

Il versamento degli importi

Gli importi calcolati sulla base imponibile possono poi essere versati con il modello F24.  Gli importi dovuti sono versati in tre rate con acconto al 30 giugno e al 30 novembre e il saldo da versare entro il 20 giugno dell’anno successivo rispetto alla presentazione della dichiarazione. Se l’acconto da versare è inferiore a 258 euro si effettua il pagamento (sempre dell’acconto) in un’unica rata e quindi poi c’è il saldo finale al 20 giugno.

Imu deducibile anche dall’Irap?

Dalla Legge di Stabilità 2016 le imprese devono aspettarsi un bel po’ di sorprese. Quello che sperano gli imprenditori è che siano, almeno in parte positive. Una delle ipotesi che stanno prendendo piede in questi ultimi tempi potrebbe esserlo: la deducibilità dell’ Imu pagata dalle imprese anche dall’Irap.

Si tratta di una soluzione in tema di Imu che potrebbe prevedere, contemporaneamente, un innalzamento dal 20% al 50% della quota di Imu versata sui capannoni deducibile dall’Ires e l’estensione dal 2016 del corrispondente sgravio anche all’Irap.

Al momento si tratta ancora di voci, poiché per poter introdurre una misura del genere relativamente all’ Imu, il Governo dovrebbe trovare le risorse adeguate anche per l’altra misura prevista, ossia il taglio dell’Ires a partire dal 2016.

Secondo le stime più ottimistiche, infatti, il taglio dell’Ires potrebbe costare all’erario circa 4 miliardi all’anno di minori entrate, qualora resta valida l’ipotesi del taglio del 3,5% dell’aliquota, che passerebbe così dall’attuale 27,5% al 24%. In questo quadro, un intervento del genere sull’ Imu avrebbe dunque necessità di una copertura straordinaria. Staremo a vedere.

Taglio Ires? Meglio intervenire sull’Irap

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, in uno slancio che la lo fa sempre più assomigliare a Edward Mani di Forbice, ha annunciato che è intenzione del governo tagliare l’ Ires sulle imprese per il 2016.

Si vede che dopo gli annunci su Imu, Irap e Tasi, Renzi ci prende gusto a tagliare e decide di ficcare nel calderone anche l’ Ires. Ma che cosa significa per le imprese, nel concreto, intervenire con una riduzione dell’ Ires?

I conti li ha fatti, come spesso capita, l’Ufficio studi della Cgia, secondo il quale ogni punto in meno dell’aliquota Ires permetterebbe alle società di capitali e ai grandi gruppi di pagare in tutto 1,2 miliardi di euro in meno di tasse all’anno. La Cgia ha dunque calcolato il risparmio fiscale che le aziende totalizzerebbero qualora fosse ridotta l’imposta sui redditi delle società.

L’aliquota Ires, ricordano sempre dalla Cgia, è attualmente al 27,5% e, qualora fosse ridotta, il taglio interesserebbe oltre 620mila imprese e gruppi, il 12% del totale delle imprese operanti in Italia. Di fatto, ogni punto in meno di Ires in meno consentirebbe alle società di capitali di risparmiare 1.232 euro all’anno, mentre per ogni gruppo si di 137.889 euro.

Di fronte a questi numeri salta però all’occhio che la vera svolta per le imprese si avrebbe non tanto intervenendo sull’ Ires, quanto sull’Irap. Ne è convinto anche il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Con il taglio dell’ Ires ventilato dal Governo Renzi i vantaggi fiscali andrebbero prevalentemente alle grandi imprese. Se, invece, la riduzione interessasse l’Irap, il taglio di un punto di questa imposta costerebbe allo Stato quasi 4 miliardi di euro, ma la riduzione delle tasse interesserebbe tutte le imprese, anche quelle più piccole, come le ditte individuali o le società di persone. Probabilmente, operando una riduzione del carico fiscale che oltre all’ Ires comprendesse anche l’Irap sarebbe più giusto ed equo”. 

Infine, una nota che relativa alla Cgia, il cui direttivo ha eletto il successore di Giuseppe Bortolussi (scomparso nel luglio scorso a causa di una malattia) alla segreteria dell’associazione. Si tratta di Renato Mason, 64 anni, già direttore di Confartigianato Veneto dal 1998 al 2007. A lui gli auguri di buon lavoro dalla redazione di Infoiva.