Il Made in Italy eccelle grazie all’innovazione

Il Made in Italy, per rimanere ad alti livelli di eccellenza, deve necessariamente puntare su innovazione e tecnologie digitali e, non a caso, i settori che meglio rappresentano l’italianità all’estero, come moda, turismo e automotive, sono sempre al passo coi tempi grazie alle tecnologie digitali.
Sono proprio questi comparti che valgono il 20% del Pil totale e non hanno intenzione di fermarsi.

Di questo, e dell’importanza che ha l’innovazione nei settori chiave del Made in Italy, si è parlato durante il Deloitte Innovation summit 2017. Ciò che è emerso, tra le altre cose, è che secondo gli italiani occorre puntare su: università e centro di ricerca (26%), imprese (22%), Stato (20%), capitale umano (20%).

Come fare, dunque, per raggiungere obiettivi di eccellenza? Ciò che viene suggerito è puntare sullo sviluppo di hub innovativi, non solo guardando alla Silicon Valley, ma anche alla City di Londra, che ha saputo innovarsi pur mantenendo la sua tradizionale competenza finanziaria, oppure ricordando la Silicon Wadi israeliana e il distretto agritech della Nuova Zelanda. Tutti esempi che hanno saputo sfruttare le tecnologie mantenendo comunque un approccio metodologico e pragmatico applicato alle specificità del Paese.

L’Italia vanta posizioni di leadership nei tre settori prima citati, ovvero moda, turismo, automotive, ma anche nautica, agroalimentare, macchinari industriali. Ecco qualche dato:

  • fashion: vale oltre il 3% del pil, rappresenta il 35% del sistema fashion UE, primo posto nella competitività del commercio internazionale;
  • turismo: oltre il 3% del pil, primo paese al mondo per numero di siti Unesco, quinto per affluenza di turisti;
  • automotive: vale circa il 5% del PIL, l’Italia è il secondo esportatore di motocicli d’Europa e il primo mercato di auto a trazione alternativa;
  • macchinari industriali: vale circa il 6,5% del pil, siamo il secondo esportatore d’Europa, il primo nel mondo per le macchine di imballaggio;
  • agroalimentare: vale più del 7% del pil, ogni anno 1,2 miliardi di persone nel mondo compra almeno un prodotto alimentare italiano, l’export vale intorno ai 37 miliardi;
  • nautica: secondo produttore di imbarcazioni al mondo, leader per i superyacht.

Vera MORETTI

L’indotto della moda in Italia

La moda, in Italia, non è solo un motore per l’economia del settore e del tessile in particolare, ma un volano per l’intera economia, a cominciare da quella legata all’ospitalità.

Secondo un’analisi della Camera di commercio di Milano sui dati RES STR Global, nel capoluogo lombardo, la settimana della moda femminile ha un impatto di 15 milioni di euro in ricavi per le imprese del settore alberghiero del territorio. I ricavi si concentrano nelle prime tre giornate di sfilate.

Una stima realizzata sulla base di una continuità con l’edizione di febbraio, quando si è superata un’occupazione delle camere superiore all’80% con punte del 90% nelle prime giornate, il 60% dei ricavi totali. Un dato cresciuto di circa il 15% tra 2015 e 2016.

Del resto, sono numeri che riflettono la potenza della moda in Italia, un settore da 239mila imprese, 849mila addetti e un business da 113 miliardi. Milano è prima per fatturato con 20 miliardi e 87 mila addetti. Per numero di imprese sono prime Napoli, con 21mila, e Roma con 16mila, davanti alle 14mila di Milano.

I principali settori della moda vedono circa 81mila imprese nel commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento e circa 47mila nella confezione di articoli di abbigliamento. Superano le 17mila le attività di design specializzate. Lieve calo per il settore in un anno, -0,6%, si perdono 1.333 imprese.

Per numero di imprese della moda è prima Napoli con 21mila attività (9% nazionale), circa 8mila nel commercio di abiti e quasi 3mila nella produzione di abbigliamento, oltre 1500 specializzate in pelletteria. A Roma sono 16mila le imprese (7%), con oltre 7mila nel commercio, quasi 2mila nella produzione e oltre 800 nel design. Terza Milano con circa 14mila imprese, di cui circa 3mila sia nel commercio sia nella produzione di vestiti e col primato di quasi 2mila stilisti.

A Firenze sono circa 10mila le imprese, di cui 4mila nella pelletteria e oltre 2mila nella fabbricazione di vestiti. Subito dopo Prato, con circa 8mila imprese, di cui 4mila nella produzione di abiti.

Per addetti è prima Milano con 87mila, poi Napoli con 50mila, Firenze con 44mila, Prato con 36mila, Vicenza con 34mila, nelle sue circa 4mila imprese e Roma con 26 mila.

Il settore della moda, in Italia ha un giro d’affari da 113 miliardi. Prima per fatturato nel settore moda è Milano con 20 miliardi, poi Vicenza con 8, Firenze con 7, Napoli con 5, Treviso e Prato con 4, Verona, Como, Padova e Roma con 3.

Buona la componente femminile nelle imprese italiane della moda. Tra le prime aree dove si lavora nel fashion guidati da titolari donne si piazzano Torino (48%) e Roma (40%), una su due, quasi la metà delle imprese. Più basse Milano e Napoli con una su tre, circa il 33%. La media italiana di donne titolari è del 42%.

La moda è invece guidata dai giovani nell’11% delle imprese. Più presenti a Napoli (16%) e Prato (14%), meno a Roma e Milano (circa 9%). Il titolare è straniero nel 18% delle imprese di moda, soprattutto a Prato (61%) e Firenze (39%), ma è alta la presenza anche a Milano e Roma, circa 25%, rispetto a Napoli dove gli stranieri a capo di imprese sono solo il 13%.

Il tessile italiano prova a svegliarsi

Il mese di settembre è tradizionalmente dedicato alle fiere e alle manifestazioni che hanno come protagonista la moda e il tessile, da Milano Unica, che si è tenuta nelle scorse settimane, fino all’appuntamento topico di Milano Moda Donna, quest’anno dal 21 al 27 settembre.

Tutti questi appuntamenti sono l’occasione per fare il punto sull’andamento di un settore, quello della moda e del tessile, che è da sempre fiore all’occhiello del made in Italy ma che, come altri settori, ha subito qualche scossone dalla crisi che ancora stenta a mollare la presa.

Per fortuna qualche numero positivo sul 2016 comincia a vedersi, se non altro nell’ambito del tessile. Se, da un lato, secondo i dati Istat sulla produzione industriale, tra gennaio e marzo 2016 i tessuti hanno registrato un -2,3% e un -1% da aprile a giugno, dall’altro l’industria tessile italiana ha fatto segnare un +0,5% nell’export e un +0,1% nell’import, con la bilancia in attivo per circa 830 milioni di euro.

Oltre ai dati Istat, sul comparto ci sono anche le stime di Smi-Sistema Moda Italia, che appaiono contrastanti su diversi settori per i primi cinque mesi del 2016. I tessuti lanieri pettinati hanno infatti segnato un +3,3%, i cardati un +5,4% e il lino addirittura +20%. Giù, invece, il cotone (-0,9%), la maglieria (-3,2%) e le stoffe in seta (-4%).

Contrastante anche l’andamento del tessile italiano sui mercati mondiali. Calo leggero dell’export tessile in Germania (-2,2%), più marcato in Spagna e a Hong Kong (-6,9) e negli Usa (-11%).

Fra i buyer europei è invece cresciuta la domanda di tessile italiano in Francia (+1,1%), Portogallo (+4,3%) e Romania (+7%). Fuori dall’Ue, buone le performance di Tunisia, Turchia (+2,2%, +1,4%) e Cina (+0,8%), anche se quest’ultimo rimane sempre un mercato difficile per i nostro tessuti.

Tessile moda, accordo con UniCredit per il sostegno alle imprese

Importante sostegno al settore tessile moda da parte di uno dei colossi bancari in Italia e in Europa. Nei giorni scorsi è stato infatti firmato un accordo tra la Federazione Tessile Moda – Sistema Moda Italia (SMI) e UniCredit Factoring S.p.A., per il sostegno alle impreseitaliane della filiera tessile e dell’abbigliamento, soprattutto attraverso l’utilizzo della piattaforma di reverse factoring (supply chain finance) messa a disposizione da UniCredit Factoring alle imprese affiliate a SMI.

Il servizio di reverse factoring offerto dalla società di factoring del Gruppo UniCredit può costituire uno strumento idoneo a supportare finanziariamente le imprese appartenenti alla filiera del settore tessile moda e dell’abbigliamento, con particolare riguardo a quelle di minori dimensioni che operano nei cicli di sub-fornitura dei grandi gruppi e, più in generale, a offrire benefici di flessibilità finanziaria ed efficienza operativa alle filiere del tessile moda in Italia.

Sulla base dell’accordo, le parti si impegnano a “individuare e analizzare le peculiarità del settore moda e abbigliamento, con l’obiettivo di definire le linee guida per l’applicazione della piattaforma di reverse factoring a beneficio delle aziende affiliate a Sistema Moda Italia”.

UniCredit e SMI intendono infatti mettere a punto una soluzione di credito di filiera che si adatti alle esigenze specifiche del settore tessile moda, attraverso lo studio di alcuni casi-pilota, e che possa costituire uno strumento concreto, personalizzabile e scalabile.

Insieme, inoltre, promuoveranno l’iniziativa sul territorio per far conoscere i benefici dell’approccio al maggior numero possibile di aziende capofiliera e di filiere produttive ad esse collegate.

UniCredit Factoring ha stanziato per questo accordo un plafond creditizio iniziale di 2 miliardi di euro in tre anni. L’accordo ha decorrenza immediata, intendendosi tacitamente rinnovato, di anno in anno, sino al 30 settembre 2018.

Fashion Lab, UniCredit a sostegno della moda italiana

È stato presentato venerdì 18 dicembre a Milano Fashion Lab, un programma di accelerazione e di supporto continuativo, ideato da UniCredit e Camera Nazionale della Moda Italiana a favore di 18 brand emergenti: Alberto Zambelli, Angelos Bratis, Christian Pellizzari, Damiano Marini, Edithmarcel, flavialarocca, Giannico, L72, Leitmotiv, Les Petits Joueurs, L’F Shoes, Marcobologna, San Andrès Milano, Soloviere, Studiopretzel, TF Twins Florence, Vivetta, Voodoo Jewels. Tutti i talenti sono già presenti nei calendari delle Fashion Week di Milano.

L’iniziativa rientra nel più ampio accordo con cui, dallo scorso 18 settembre, UniCredit è diventata Official Sponsor di Camera Nazionale della Moda Italiana per il prossimo quadriennio, con l’obiettivo di sostenere uno dei settori chiave del made in Italy e simbolo di eccellenza del nostro Paese.

UniCredit crede nella moda e nell’industria tessile italiana, che costituisce un esempio straordinario della forza del Made in Italy nel mondo – ha affermato Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit -. Il settore Moda è tornato a crescere dopo un biennio negativo, grazie in particolare al buon andamento delle vendite sui mercati internazionali. Nel nostro Paese, UniCredit conta oggi oltre 20mila clienti attivi nel settore, con impieghi per 2,2 miliardi di euro e una quota di mercato vicina al 14%”.

Il progetto Fashion Lab ideato con UniCredit, la Banca della moda è un passo importante e concreto che guarda al futuro del nostro settore. Si tratta di un’iniziativa dall‘approccio pragmatico, con un programma sviluppato sulle esigenze dei brand emergenti. Le nuove generazioni rappresentano il futuro del made in Italy, la nuova linfa di un sistema che tutto il mondo ci invidia. Garantire loro il massimo sostegno è uno degli asset fondamentali per la Camera Nazionale della Moda Italiana“, ha commentato Carlo Capasa, Presidente di Camera Moda.

Facendo tesoro di quello che abbiamo costruito e dell’immenso patrimonio che la moda italiana rappresenta, dobbiamo guardare avanti, cogliendo le sfide rappresentate dal futuro: la sostenibilità, la digitalizzazione, e soprattutto la creazione delle condizioni migliori, affinché i giovani creativi possano portare avanti e rafforzare la grande tradizione della moda italiana nel mondo.Tra heritage e innovation”, ha concluso Capasa.

Numerosi saranno gli appuntamenti del programma Fashion Lab in calendario per il 2016:

  • Fashion Academy: training manageriale per approfondire temi quali lo sviluppo, organizzazione e gestione del canale e-commerce, l’orientamento su nuovi mercati di interesse, la costruzione del Business Plan;
  • Innovation Day: appuntamento tra designer e i nuovi brand con le migliori startup innovative, selezionate da UniCredit Start Lab, che hanno sviluppato prodotti e soluzioni hi-tech applicabili nel settore della moda;
  • Incontri B2B organizzati con buyer internazionali selezionati;
  • Investor Day dedicati alla presentazione delle aziende selezionate a un network di investitori di settore interessati.

Ripresa per la manifattura italiana

L’industria pesante italiana sta vivendo un periodo di ripresa evidente anche dai consuntivi che riguardano il secondo trimestre 2015.
Meccanica e industria elettrica ed elettronica, infatti, possono esibire dati che incoraggiano all’ottimismo e che vanno a rinforzare i numeri, già di per sé positivi, del primo trimestre dell’anno.

Ora, però, hanno ricominciato a sorridere anche gli imprenditori della manifattura tipica del Made in Italy, a cominciare dalla moda fino all’alimentare, passando per legno e arredo.

Ciò è quanto emerge da un’indagine condotta dal Centro studi di Unioncamere e dall’Area Studi e Ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne.

Ad esempio, i saldi tra preconsuntivi di aumento e di diminuzione della produzione e del fatturato delle imprese manifatturiere ammontano rispettivamente a +20 e a +22%, considerando sempre il secondo trimestre 2015.

I miglioramenti più netti arrivano dalle imprese con almeno 50 addetti, con un saldo positivo del 28% per produzione e 34% per fatturato, mentre le piccole imprese si assestano a +12%.

I numeri, inoltre, mostrano una sostanziale differenza tra i comparti dell’industria leggera e della manifattura pesante, con la prima in affanno rispetto alla seconda.

L’industria “pesante” viene trainata in particolare dalle industrie elettriche ed elettroniche (+27 la produzione e +36 il fatturato) a cui si affianca il comparto delle industrie meccaniche e dei mezzi di trasporto che, favoriti dalla ripresa delle immatricolazioni automobilistiche, vanta un’analoga performance in termini di produzione collocandosi appena dietro per quanto concerne il fatturato (+33).

Più defilate le industrie chimiche, petrolifere e delle materie plastiche che fanno segnare un +26 di produzione e un +30 di fatturato.
Ancora più indietro è il sistema moda, con una percentuale positiva solo del 12%.

L’artigianato, benchè presenti dati in positivo, si mostra più prudente, e infatti ha chiuso il secondo trimestre con un saldo di +9 in termini di produzione e +8 come fatturato.

A dare maggior slancio al manifatturiero è stato in particolare il Mezzogiorno, considerando che al sud il settore ha chiuso il secondo trimestre con un buonissimo +26%in termini di produzione e del 29% di fatturato.

Complice di questo risultato è la domanda estera, che ancora una volta la fa da padrone sui mercati.

Vera MORETTI

Le griffe tirano ancora, nonostante la crisi

Nella settimana della moda milanese, emerge un dato che spiega come, in effetti, la città della Madonnina abbia tutti i diritti di essere considerata la capitale fashion, e non solo perché quartier generale di molti grandi stilisti.

Da alcuni dati resi noti dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza è emerso che, crisi o no, nelle famiglie lombarde è difficile rinunciare al fashion e per far quadrare i conti ben il 53% si rifiuta di tagliare sulle spese per abbigliamento e calzature.

In questa percentuale, la maggioranza è costituita da giovani, da sempre i più affezionati a moda e griffe. Tra loro, solo il 38% riduce le spese, ma anche i più “maturi” non scherzano in quanto a glamour: solo il 43% di coloro che hanno tra i 51 e i 64 anni rinuncia ad un capo fashion.

E se si pensava che fossero soprattutto le donne a notare l’abbigliamento firmato, proprio e altrui, ecco una smentita: anche gli uomini prestano maggior attenzione a questa particolarità, tanto che, almeno a Milano, raggiungono un 29,8 %, contro il 32 % di donne fashion addicted.

Ma la moda appassiona da nord a sud, perché l’abitudine di osservare se le persone indossano o meno capi “originali” esiste anche a Roma e a Napoli, per fare un esempio, mentre in provincia ci si fa meno caso.

Nonostante questo interesse per le griffe, l’industria del falso non dà segni di cedimento, perché i modelli contraffatti fanno perdere, all’anno, 11 miliardi di Euro e 20 mila posti di lavoro.

d.S.

A Milano la prima tappa del Road Show anti-contraffazione

La prima tappa del Road Show organizzato contro la contraffazione da Confindustria e intitolato “La vera impresa è combattere il falso” è partita da Milano.
Mai titolo fu più eloquente, poiché il mercato del falso è da considerarsi una vera piaga per il Made in Italy, tanto da minare un comparto, quello della moda e del tessile, da sempre leader in Italia e all’estero.

A ospitare il primo incontro è stata la sede di Sistema Moda Italia, e il tema riguardava “La contraffazione via internet”, poiché si tratta della forma di contraffazione più ricorrente e in evoluzione, ma soprattutto difficile da contrastare.

L’appuntamento, che era organizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con Confindustria, è stato seguito con molto interesse, anche a causa dei dati, sempre più allarmanti, che riguardano il business della contraffazione: circa 12 miliardi di euro, pari a circa il 20% del fatturato complessivo realizzato dal comparto nel 2012.

A questo proposito, Michele Tronconi, presidente di Sistema Moda Italia, ha dichiarato: “Il settore Tessile/Moda è certamente tra i settori industriali che più soffre la concorrenza criminale dei contraffattori e la necessità di dare risposte e strumenti utili di contrasto al fenomeno contraffattivo diventa tanto più urgente quanto più la contraffazione si sposta sul web, spazio nel quale il presidio del diritto diventa più labile. C’è bisogno di preservare la piena legalità all’interno del web, così da permettere alle imprese il pieno sfruttamento di tale mezzo di comunicazione le cui potenzialità sono veramente notevoli“.

Vera MORETTI

Gli Indie del Festival

 

Case discografiche indipendenti e grandi Major: Sanremo è  un festival per tutti? Quanti e quali sono gli artisti che hanno scelto un’etichetta indie?  Il viaggio dentro al Festival di Sanremo 2013 di Infoiva oggi incontra Leopoldo Lombardi, Presidente di AFI, l’Associazione Fonografici Italiani che raccoglie le case discografiche indipendenti in Italia.

Partiamo da una domanda semplice: come le sembra questo Festival di Sanremo?
Direi senza dubbio un Festival buono dal punto di vista della musica perché ha riportato al centro del progetto le canzoni. La formula introdotta quest’anno che permette ai cantanti di esibirsi con due canzoni premia di più gli artisti e anche le produzioni musicali, perché da più spazio alla musica e fa conoscere meglio i cantanti. Riguardo ai brani, credo che le scelte della direzione artistica abbiano mirato di più alla qualità. E’ un buon Festival.

Il Festival rappresenta ancora una vetrina importante per la discografia indipendente italiana?
Certo. Il Festival è una vetrina importante per la musica italiana, e soprattutto per gli indipendenti che per loro natura hanno maggiore difficoltà di accesso al mercato. Se c’è la fortuna di arrivarci, di salire sul palco dell’Ariston, è un passaggio importante per i cantanti. Per un indipendente spesso è più difficile riuscire ad accedere a Sanremo, una difficoltà che si è accentuata soprattutto negli ultimi anni, dal 2000 in poi, perché sono meno i cantanti in gara e con la crisi le major sono fatte più agguerrite nel proporsi al Festival perché anche il loro fatturato ha risentito della crisi.

Quanti e quali sono gli artisti in gara a Sanremo 2013 rappresentati da case discografiche indipendenti associate ad AFI?
Nella categoria dei big ci sono i Modà, con Ultrasuoni, la casa discografica nata da RTL, Radio Italia e RDS, Simone Cristicchi per Dueffel e Maria Nazionale con Midas. Per la categoria giovane c’è Antonio Maggio, l’ex leader degli Aram Quartet, il gruppo che vinse la prima edizione di X Factor nel 2008, che si presenta come solista al Festival di quest’anno per Rusty Records. Un ottimo risultato direi, dal momento che gli artisti con etichetta indipendente a Sanremo rappresentano il 20%, il doppio della nostra normale quota di mercato, che invece si aggira attorno al 10%. Tra i 14 Big in gara 3 sono indipendenti, mentre per la categoria giovani il rapporto è di 1 a 8.  E’ la dimostrazione che il Festival di quest’anno ha mirato alla qualità artistica, non è un Festival che ha guardato alla geopolitiche,  inoltre ci sono altri indipendenti che non sono nostri associati ma sono arrivati anche loro all’Ariston. Le major si salvano grazie ai giovani dei talent show: i vincitori di X Factor con Sony e le case multinazionali che firmano i successi di Amici.

Quanto muovono in termini di fatturato e importanza in Italia le aziende discografiche rappresentate da Afi?
Un 10% del mercato, il nostro dato di fatturato complessivo si aggira attorno ai 70 e 100 milioni di euro, anche se non c’è ancora un dato ufficiale per il 2012. Le case discografiche associate ad AFI sono attualmente 170.

Quali sono le maggiori difficoltà che si trova a fronteggiare un’azienda discografica indipendente oggi in Italia?
Primo fra tutti, l’accesso al credito , difficoltà che le accomuna alle Pmi tradizionale, ma con una difficoltà maggiore dal momento che una casa discografica rappresenta beni immateriali. In secondo luogo, la mancanza di qualsiasi tipo di legislazione a sostegno del settore: se voglio fare un’opera prima in Francia, Svizzera o Spagna posso usufruire di contributi, cosa che in Italia non esiste; come case discografiche non abbiamo nemmeno accesso al FUS – Fondo Unico dello Spettacolo, che invece è aperto a teatri stabili, compagnie teatrali, opera lirica e musica classica. Terzo fattore, ma non meno incisivo, l’altissima percentuale di pirateria che ci pone fuori da quelli che sono Paesi Occidentali a economia avanzata.

Quindi la condivisione di contenuti musicali online vi danneggia?
Occorre distinguire tra download illegale e fruizione di contenuti audio o video in streaming: lo sbarco proprio qualche giorno fa della piattaforma Spotify in Italia, che permette la fruizione di contenuti musicali e brani online aumenterà sicuramente i nostri fatturati, con un guadagno che arriva da un mercato diverso. Non bisogna dimenticare che Youtube è il secondo partner dell’industria discografica nel mondo:  le case discografiche ottengono contributi economici per i brani ospitati, tenendo presente poi che Youtube rappresenta un volano eccezionale per la promozione di brani e canzoni.

Da anni Afi assegna il premio nazionale che porta il suo nome a Sanremo. Che cosa rappresenta oggi questo riconoscimento?
Sono due i premi che Afi assegna a Sanremo: il Premio per gli artisti in gara e gli operatori del settore discografico e musicale che si sono distinti per meriti e il Premio Giovani Afi, che vuole essere una vetrina per i giovani rappresentati dalle case discografiche indipendenti. Non si tratta infatti dei concorrenti in gara al Festival, ma di 20 artisti selezionati tra i 170 delle nostre aziende:  la cerimonia di premiazione si svolge a Casa Sanremo, un luogo alternativo all’Ariston, il punto di incontro per addetti ai lavori e lo spazio che ospita le manifestazioni collaterali al Festival.

E’ difficile oggi per i giovani aspiranti musicisti e cantanti farsi strada nel mondo della musica?
e’ Più difficile rispetto al passato perché la crisi ha diminuito gli investimenti, le possibilità di emergere ed ‘essere scoperti’ sono ormai legate ai talent televisivi o alla capaci di sfruttare la rete per farsi conoscere. Ormai la quasi totalità delle case discografiche, indipendenti e non, fanno scouting in rete o in alternativa il live resta il  modo migliore per farsi notare, soprattutto quando si parla di gruppi. Inviare il classico demo alle case discografiche è ormai una pratica obsoleta, nessuno li manda più e quelli che arrivano, soprattutto se si tratta di Major internazionali, non vengono nemmeno ascoltati.

Ultima domanda: chi vincerà Sanremo 2013?
Se dovessi fare un pronostico direi innanzitutto che il tormentone post Festival quest’anno sarà sicuramente ‘La Canzone mononota’ di Elio e le Storie Tese. La canzone è veramente un colpo di genio. Non penso che vincerà, ma credo che entrerà sicuramente nella triade dei primi classificati. Il vincitore del Festival potrebbe nascondersi secondo me tra gli ex concorrente di X Factor, penso a Chiara (Galiazzo)o Marco Mengoni. Ecco il podio lo vedo così: primi Chiara o Marco, al secondo posto Elio e terzi i Modà. Se ho indovinato che cosa vinco?

Alessia CASIRAGHI

Accordo tra UniCredit e il Centro di Firenze per la Moda Italiana

Da un accordo tra UniCredit e il Centro di Firenze per la Moda Italiana è nato UniCredit International per la Moda, un progetto della banca che mette a disposizione delle piccole e medie imprese del settore moda un’offerta dedicata di servizi a supporto dell’internazionalizzazione.

Il Centro di Firenze della Moda Italiana affiancherà UniCredit per cogliere le specifiche esigenze del settore ma anche per promuovere prodotti, servizi e iniziative che possano valorizzare al meglio il Made in Italy all’estero.
L’istituto di credito ha voluto fare questo passo perché consapevole dell’importanza della moda per l’economia italiana, ma anche per il merito che questo settore ha nel creare occupazione e sempre nuove opportunità lavorative.

A beneficiare di questo accordo saranno soprattutto le pmi che si occupano di produzioni realizzate interamente in Italia e che dimostreranno di avere un alto potenziale di crescita nell’export. Verranno selezionate direttamente da UniCredit in collaborazione con il Centro di Firenze per la Moda Italiana.

Questa intesa è stata presentata in occasione dell’inaugurazione dell’83esima edizione di Pitti Immagine Uomo dall’AD di Unicredit, Federico Ghizzoni, e da Stefano Ricci, presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana.

Vera MORETTI