Vacanze 2016 tra crisi e tensioni internazionali

La situazione internazionale non particolarmente tranquilla spinge le famiglie a scegliere vacanze il più possibile sicure. Lo testimonia un’indagine della Camera di commercio di Milano, che ha sentito le agenzie di viaggio a luglio 2016 per capire gli umori delle famiglie in vista delle vacanze estive.

Ne è emerso che a vincere sono le vacanze in Grecia (per 9 operatori su 10), in altre località italiane marittime e non (per 7 su 10) e alle Baleari (per 6 su 10). Tra le mete non europee prescelte per le vacanze estive 2016 ci sono gli Stati Uniti e Canada, Cuba e altre destinazioni caraibiche.

Terrorismo, disordini internazionali e il clima di tensione di questo periodo incidono negativamente sulle partenze per le vacanze all’estero, secondo gli operatori. Le destinazioni più colpite indicate sono Africa mediterranea, Paesi Arabi mediorientali, Africa subsahariana, che decadono come mete turistiche dell’estate.

È un agosto in lieve crescita per le prenotazioni in agenzia, in quanto c’è un ritorno grazie alle garanzie che gli operatori possono offrire – ha dichiarato Luigi Maderna, presidente Fiavet Lombardia -. Si cercano vacanze comunque al risparmio per coppie, famiglie con bambini e gruppi di amici. Partono per un paio di settimane e cercano tranquillità al mare, evitando mete una volta tradizionali. Una vacanza sempre più condizionata dagli eventi internazionali, soprattutto nell’estate 2016”.

Mare (per 5 su 10) e città d’arte (per 2 su 10) sono i luoghi maggiormente raggiunti con partenze dalla prossima settimana. Le vacanze organizzate con l’agenzia durano generalmente due settimane. Viaggiatrici sono le coppie (per 8 operatori su 10), poi le famiglie (per 4 su 10) e i gruppi di amici (per 2 su 10).

Per quanto riguarda il booking, c’è una crescita nelle prenotazioni e nella spesa indicata intorno al 10% in più rispetto allo scorso anno. Circa la metà delle agenzie di viaggio vede un incremento, le altre sono divise tra chi stima un andamento equivalente a quello dello scorso anno e chi vede un calo. Per le vacanze estive con l’agenzia, la spesa tipica a testa si aggira dai 1.000 ai 1.500 euro.

La predisposizione al risparmio influenza anche la scelta delle vacanze, scegliendo opzioni low cost (per 4 su 10), studiando soluzioni personalizzate a un costo contenuto (per 3 su 10) e ricercando alberghi gratuiti o scontati per i bambini (per 2 su 10). Comunque le vacanze di lusso rimangono uno status symbol che mantengono il loro appeal per la maggior parte delle persone e, grazie agli sconti, diventano anche più accessibili.

Quanto lavoro allo Standupificio!

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato una lunga intervista a Serena Basile, psicologa, psicoterapeuta, presidente dell’associazione Dentro un quadro, promotrice dello Standupificio. Ma sul progetto lavorano tante altre persone. Oggi vi portiamo le loro testimonianze.

Laura Ravanelli, psicologa, psicoterapeuta e segretario generale dell’Associazione Dentro un quadro: “Tutte le persone che hanno fatto i percorsi hanno compilato un questionario di valutazione. Dai dati raccolti, emerge come il percorso psicoeducativo sia stato percepito come utile soprattutto per affrontare il senso di frustrazione connesso con la mancanza di lavoro e con la difficoltà a rimettersi nel mercato, insieme all’ansia e alla rabbia. Inoltre, anche la metodologia utilizzata, volutamente creativa e non convenzionale, risulta aver facilitato in queste persone la possibilità di entrare in contatto con le proprie emozioni così come la possibilità di esprimerle”.

Isabella Magnifico, psicologa e psicoterapeuta, socia dell’associazione Dentro un quadro: “Il percorso psicoeducativo che proponiamo prevede un momento che abbiamo chiamato Change: alle persone viene chiesto di soffermarsi su un episodio inerente l’esperienza della perdita del lavoro, e sulle emozioni e i pensieri che emergono. Ed ecco che lì scoprono a poco a poco che emozioni come rabbia, tristezza o delusione sono legate a pensieri negativi rigidi e che cambiando i pensieri, cambia anche il modo in cui si sentono, arrivando a esperire emozioni meno angoscianti e paralizzanti”.

Edoardo Pessina, psicologo e psicoterapeuta, socio dell’associazione Dentro un quadro: “Ho incontrato persone che faticavano a concentrare l’attenzione su come si sentivano, essendo travolte da flussi di pensieri. Alcune delle attività, come quella in cui era chiesto alle persone di sfogare la rabbia su degli scatoloni, hanno permesso di dare spazio alle emozioni e di fare un primo passo per uscire dall’impotenza”.

Valerio Celletti, psicologo e psicoterapeuta, socio dell’associazione Dentro un quadro: “Riconoscere e saper gestire le emozioni non risolve il problema di trovare un lavoro, ma permette di smuovere tutte le risorse disponibili perché questo possa accadere”.

Perdere il lavoro, da dramma a opportunità

Di nuovo a tu per tu, dopo la prima parte di ieri, con Serena Basile che ci parla del progetto Standupificio.

C’è pudore da parte di chi ha perso un lavoro a chiedere un supporto?
Sì. Anche personalmente ho incontrato gente in cassa integrazione che riesce a dirlo solo dopo un mese, o persone che hanno perso il lavoro e che tutti i giorni si vestono ed escono di casa come se dovessero andare in ufficio. C’è una difficoltà ad accettare la perdita di un lavoro come ad accettare un lutto: in entrambi i casi si passa da una prima fase di intontimento, in cui non si accetta l’accaduto e questo non accettare è un aspetto che incide tantissimo. Pensa che una persona è venuta accompagnata allo Standupificio perché da sola non ce la faceva.

È più un problema interno alle persone o la paura di sentirsi giudicati?
Entrambe le cose. Intanto, è molto forte il discorso culturale. In Italia il lavoro è molto investito in termini di identità sociale e quindi di identità personale: io sono il lavoro che svolgo e nel momento in cui con questo non campo, non soffro solo a livello economico, ma anche a livello identitario mi si chiede una ridefinizione tale che rischio di ritrovarmi in ginocchio. Il tema del lavoro, in Italia, è molto sottovalutato per gli effetti che la perdita di quest’ultimo, se protratta nel tempo, può avere sulla salute delle persone e per l’impatto che questa perdita può avere a livello identitario. Le persone rischiano di sbriciolarsi, sono nude, specialmente se sul lavoro hanno investito tanto di sé.

Al momento operate solo su Milano?
Sì, ma non escludiamo di espanderci altrove nel momento in cui ci saranno terapeuti che condivideranno l’etica che sta dietro alla nostra iniziativa e che avranno voglia di portare l’esperienza nella loro regione.

Avete avuto contatti in questo senso?
Una collega dalla Sardegna, che conosceva l’associazione e ne aveva fatto parte, voleva lanciare lo Standupificio con un evento. Ora la sua iniziativa è però in stand by. Da Roma altri colleghi hanno chiesto del materiale per valutarlo e capire se possono portare sul loro territorio un’esperienza analoga. L’interesse c’è, così come la curiosità. È un progetto molto impegnativo, di cui stiamo mettendo a punto i percorsi e di cui stiamo cominciando anche a scrivere per poterlo meglio raccontare. Contiamo di allargarci.

Senza questa crisi non ci sarebbe stato lo Standupificio?
Lo Standupificio è il luogo in cui si ricomincia da sé e una persona potrebbe aver bisogno di ricominciare da sé per tanti casi della vita. Non saprei risponderti, magari lo avremmo inventato lo stesso per altri motivi. Può essere inteso anche come un luogo in cui dare alle persone delle risposte su un disagio sociale generalizzato e non necessariamente legato alla perdita di un lavoro. Di sicuro è nato studiando, con una esperienza di anni e parlando con le persone colpite dallo specifico disagio contro il quale opera.

Che tipologia di persone viene da voi?
Forse più donne, ma anche tanti uomini. Pochi giovani, la maggioranza delle persone che viene allo Standupificio è nella fascia 40-60 anni. E hanno professionalità varie, dall’impiegato alla libera professionista, al quadro della multinazionale al libero professionista ultra 60enne.

Chi viene da voi è già convinto di “rialzarsi” o siete voi a fargli prendere questa consapevolezza?
Molti ci scrivono per saperne di più e poi magari non si iscrivono. Ricordo una persona che, messa davanti a un percorso che la portava a diventare consapevole di un modo diverso di vedere le cose e alla possibilità di credere nuovamente in sé, ha risposto al terapeuta: “Voi siete pericolosi perché rischiate di illudere le persone”. La ribellione di chi rischia grosso se osa credere in se stesso. Non ho comunque avuto l’impressione di qualcuno che sia venuto con l’idea che lo aiutassimo a rimettersi in piedi. La gente viene sapendo che farà un percorso con dei terapeuti: quello che ne ricava, poi, è molto soggettivo. Dai questionari che abbiamo ricevuto emerge che le persone da noi si aspettano di recuperare gli strumenti contro la frustrazione, l’ansia e la rabbia.

In quanti siete a operare nello Standupificio?
In questo momento siamo cinque psicoterapeuti più una persona “jolly”, che è su un altro progetto dell’associazione e ci dà una mano quando abbiamo molte persone su cui lavorare. Facciamo un incontro al mese e ne abbiamo già fatti tre. Riprenderemo a settembre, poi ottobre e novembre e ripartiremo da gennaio 2017, anche se per il prossimo anno ancora non abbiamo le date fissate.

Tasse, al Nord il doppio che al Sud

L’Italia è un Paese squilibrato dal punto di vista della produzione della ricchezza e, di conseguenza, da quello del peso delle tasse. Lo ha certificato l’Ufficio Studi della Cgia, il quale ha analizzato la graduatoria sul peso delle tasse che gli italiani pagano all’erario e agli enti locali, scoprendo che al Nord le entrate tributarie pro capite annue sono in media di 10.229 euro, mentre al Sud sono di 5.841 euro, poco più della metà. Al Centro siamo a 9.485 euro.

La regione più tartassata è la Lombardia, dove in media ogni contribuente paga all’anno 11.284 euro di tasse, seguita da Lazio (10.426 euro), Trentino Alto Adige (10.320 euro), Emilia Romagna (10.310 euro), Liguria (9.747 euro) pro capite. In fondo alla classifica Campania (5.854 euro pro capite), Sicilia (5.556 euro) e Calabria (5.183 euro).

Come sono suddivise queste tasse? Secondo la Cgia, su un totale nazionale di 8.572 euro pro capite di entrate tributarie nel 2014, 6.989 euro finiscono nelle casse dello Stato (l’81,5% del totale), 903 euro alle Regioni (10,5%), 680 euro Agli Enti locali (7,9%).

Come si diceva all’inizio, la disparità di valori nel versamento delle tasse è data dal fatto che è differente il valore aggiunto delle regioni. Infatti, rileva la Cgia:

  • su 60,8 milioni di abitanti in Italia, il 45,7% risiede al Nord e solo il 34,4% al Sud;
  • a fronte di 24,3 milioni di occupati nel Paese, il 51% lavora al Nord e il 27,3% al Sud;
  • con una ricchezza annua pari a 1.612 miliardi (Pil nazionale), il 55,2% è prodotta al Nord e il 22,8% al Sud;
  • la spesa complessiva annua sostenuta dalle famiglie italiane ammonta a 994 miliardi: di questi, il 52,8% è riconducibile al Nord e il 26,4% al Sud;
  • in termini di imponibile Irpef, il valore assoluto nazionale è pari a 777,5 miliardi di euro, di cui il 54,5% al Nord e il 24,3% al Sud.

Infine se, da una parte, come ricorda la Cgia, per il 2016 la pressione fiscale è destinata ad attestarsi al 42,8% (-0,7% rispetto al 2015), dall’altro, entro la fine di quest’anno il Governo dovrà trovare 15,1 miliardi di euro per “sterilizzare” la clausola di salvaguardia introdotta con la legge di Stabilità 2015, altrimenti dal 2017 subiremo un forte aumento dell’Iva.

Nel 2016 – conclude il coordinatore dell’Ufficio Studi, Paolo Zabeoil fisco ci concede una tregua. In attesa della riduzione dell’Ires dal 2017 e nella speranza che il Governo mantenga la promessa di abbassare l’Irpef dal 2018, quest’anno le famiglie beneficiano, in particolar modo, dell’abolizione della Tasi sulla prima casa che ci fa risparmiare 3,6 miliardi di euro di tasse”.

Lo Standupificio: perdere un lavoro significa ricominciare da sé

La perdita di un lavoro è un dramma personale prima che sociale. Spesso, chi resta disoccupato è solo con se stesso ad affrontare ansie, paure, frustrazione e depressione. Ricadute psicologiche pesanti, alle quali prova a dare risposte lo Standupificio, un progetto unico e prezioso, ideato e promosso dall’associazione Dentro un quadro. Un progetto del quale ci parla Serena Basile, psicologa e psicoterapeuta, presidente dell’associazione, che allo Standupificio dedica tempo, risorse ed energia insieme ad altri colleghi.

Quando è nato lo Standupificio?
Lo Standupificio è nato nel 2015, lanciato il 30 novembre alla Casa dei Diritti del comune di Milano, che ci ha concesso l’utilizzo gratuito della propria sede perché l’iniziativa è stata patrocinata dal comune. È nato in seguito a un convegno organizzato nella Casa sul tema del disagio da disoccupazione. Successivamente siamo entrati nel progetto ArtePassante, finanziato dalla Fondazione Cariplo e la cui capofila è l’Associazione Le Belle Arti, del quale facciamo parte come “rappresentanti” della cultura psicologica. Un bel riconoscimento da parte di Le Belle Arti, sensibili al disagio e alla drammaticità della fase socioeconomica che stiamo vivendo.

In che cosa consiste?
Oggi è un appuntamento mensile che permette ai cittadini che versano in una condizione di disagio di acquisire semplici strumenti di autoaiuto attraverso percorsi psicoeducativi gratuiti.

Perché è nato?
I numeri sulla disoccupazione in Italia sono mostruosi e, di conseguenza, è molto diffuso il disagio da disoccupazione. Un disagio che, dal punto di vista psichico, ha delle connotazioni ben precise, indicate anche dalla letteratura scientifica: chi è a casa disoccupato da più di 6 mesi tende a sviluppare ansia, depressione, si orienta al ritiro sociale, all’isolamento. Addirittura la perdita del lavoro è indicata tra i fattori di rischio del disturbo post traumatico da stress. Non parliamo quindi di un evento da poco, parliamo di un fatto che ha degli effetti psichici devastanti, con ricadute sulla salute fisica e conseguenti costi sociali.

Chi ha perso un lavoro sa di essere a rischio?
Negli ultimi anni io personalmente ho avuto a che fare molto spesso con casi di persone rimaste senza lavoro, dalle quali mi sono sentita dire: “Io non ho alcun disagio psichico, se a me dai un lavoro io sto bene”. Vedi, è un po’ come elaborare un lutto: come nel caso della perdita di una persona cara, così come con la perdita del lavoro. Magari chi è rimasto disoccupato, questo non lo sa, ed ecco che lo psicoterapeuta può essergli di aiuto.

E lì entra in gioco lo Standupificio…
Pensando al progetto, noi psicoterapeuti che poi lo abbiamo creato ci siamo detti che la cosa migliore, nel caso di chi ha perso un lavoro, è ricominciare da sé. “Che contributo possiamo dare?”, ci siamo chiesti. Ed ecco che abbiamo fatto nascere lo Standupificio, neologismo dall’inglese “to stand up”, rialzarsi: luogo in cui offriamo alle persone dei percorsi psicoeducativi gratuiti, sempre gestiti da psicoterapeuti dell’Associazione, che hanno l’obiettivo di aiutare persone rimaste senza lavoro a sviluppare consapevolezza del proprio disagio specifico per poi focalizzarsi sulle proprie risorse personali e sviluppare strumenti di auto aiuto.

In che modo?
L’esperienza psicoeducativa che proponiamo con Standupificio nasce da una rassegna della letteratura scientifica sull’argomento e gode di saperi mutuati dalla psicoterapia cognitivista e cognitivo comportamentale. Il percorso prevede una focalizzazione su sensazioni, emozioni e pensieri connessi con la perdita del lavoro: non escludiamo di apportarvi modifiche, stiamo raccogliendo e analizzando dati clinici e di efficacia proprio per questa ragione.

Vedremo domani chi si rivolge allo Standupificio, quali paure ha e come può essere aiutato a vincerle.

Investimento redditizio? Un box

La maggiore dinamicità che caratterizza il mercato immobiliare italiano ormai dalla seconda metà del 2015 rispetto agli scorsi anni riguarda anche i box. Secondo quanto rilevato dall’Ufficio studi del Gruppo Tecnocasa analizzando le informazioni raccolte nelle agenzie Tecnocasa e Tecnorete, nel secondo semestre del 2015 nelle grandi città i prezzi dei box sono diminuiti dell’1,9%, quelli dei posti auto del 2,7%. Dal 2007 i valori dei box sono diminuiti del 33,9%.

Anche i canoni di affitto di entrambe le tipologie sono in calo: -1,1% per i box, -0,7% per i posti auto. Un calo dovuto al ridimensionamento della domanda a seguito della crisi immobiliare, al quale si aggiunge anche la maggiore offerta di box e posti auto presente sul territorio. I valori più alti si registrano nelle zone centrali delle città, dove l’offerta di box non è elevata, ci sono difficoltà di parcheggio e spesso ci sono immobili storici privi o con pochi garage.

Il 57,4% delle operazioni che hanno interessato i garage hanno avuto per oggetto la vendita, mentre il rimanente 42,6% ha interessato operazioni di locazione. I rendimenti da locazione dei garage si aggirano intorno al 5,9% annuo lordo, motivo che spiega come mai il 58,9% di chi ha acquistato un garage lo ha fatto con finalità di investimento.

Il Gruppo Tecnocasa ricorda che, se si decide di investire in box, è necessario considerare la zona: meglio farlo dove c’è poca disponibilità di parcheggio e dove c’è una bassa presenza di garage rispetto alle abitazioni, come nelle zone centrali e semicentrali delle grandi città. Da valutare anche le zone ad alta presenza di uffici, soprattutto se non sono ben collegate con i mezzi di superficie e non ci sono parcheggi disponibili nei paraggi.

Mercato immobiliare, un 2016 di attesa

Abbiamo parlato nei giorni scorsi e nei mesi scorsi della crisi pesantissima che ha colpito il settore dell’edilizia. Una crisi che ha radici lontane e che nemmeno la timida ripresa del mercato immobiliare riesce a mitigare.

A seguito della presentazione da parte di Nomisma dell’Osservatorio Immobiliare relativo al I semestre 2016, che analizza l’andamento di 13 grandi città, anche Casa.it ha pubblicato uno studio sul mercato immobiliare residenziale, che analizza l’andamento a livello nazionale e regionale sia sul fronte della domanda sia dei prezzi, evidenziando che cosa cercano gli italiani e le prospettive per il 2016.

Secondo l’Osservatorio di Casa.it sul mercato immobiliare residenziale italiano, nel I semestre 2016, rispetto all’inizio dell’anno, se da un lato la domanda di abitazioni è aumentata del 2,6%, dall’altro si registra una stabilizzazione dei prezzi degli immobili residenziali in offerta sul mercato (-0,1%), con il valore medio di vendita al metro quadro pari a circa 2.010 euro.

Rimane, invece, ancora alta la forbice dei prezzi fra i valori di chi vende e quelli proposti dai potenziali acquirenti, soprattutto nelle città di provincia rispetto ai principali comuni capoluogo. Si riduce però l’ampiezza: in percentuale, lo scarto fra i due valori a giugno 2016 è del 10,3%, in miglioramento rispetto a giugno 2015 (12,2%).

Sul fronte della domanda nel mercato immobiliare residenziale, dall’analisi di Casa.it sui primi sei mesi dell’anno, emerge una crescita superiore alla media nazionale in tutti i capoluoghi di regione, con punta maggiore nella città di Bologna (+5,9%), seguita da Firenze, Genova e Roma, tutte con +5,7%.

Sempre per quanto riguarda la domanda, sul mercato immobiliare residenziale gli italiani cercano prevalentemente bilocali (29%) e trilocali (26%) situati in zone semicentrali o periferiche e sono disposti a investire, in media, circa 161mila euro, con un range che va, prendendo come riferimento i capoluoghi di regione, dai 71.500 euro di Campobasso ai 253.500 di Milano.

Per quanto riguarda i prezzi degli immobili residenziali in offerta sul mercato immobiliare, se rispetto a gennaio 2016 sono rimasti stabili, confrontando il dato con lo stesso periodo dello scorso anno il calo è dell’1,6% e di ben il 15,3% se rapportato a dieci anni fa.

Tra le città capoluogo di regione, segno positivo per Napoli (+1,1%), Firenze (+0,8%), Trento (+0,7%) e, seppur in misura minore, Torino (+0,2%). Al contrario, le città che hanno sofferto maggiormente, sono Catanzaro (-2,7%), Potenza (-2,6%), Campobasso (-2,4%) e Aosta (-2,3%). I capoluoghi in cui si registra il prezzo a metro quadro più “economico” sono, nell’ordine, Catanzaro (1.220 euro/mq), Perugia (1.460 euro/mq), Campobasso (1.600 euro/mq) e Potenza (1.620 euro/mq). Al contrario, le più care sono Milano (3.880 euro/mq) e Roma (3.580 euro/mq), seguite da Venezia (3.430 euro/mq) e Firenze (3.350 euro/mq).

Un 2016 conservativo, sul mercato immobiliare residenziale, come conferma Alessandro Ghisolfi, Responsabile del Centro Studi Casa.it: “Se le stime per il 2016 erano a inizio anno molto positive, negli ultimi due mesi, tuttavia, la spinta propulsiva sembra aver perso brillantezza, proprio nel periodo in cui storicamente il mercato immobiliare ha sempre dato le migliori performance. Sulle decisioni di acquisto pesa nuovamente il clima di incertezza generale che rimane di sfondo alle evoluzioni del mercato. Incertezza particolarmente legata alle vicende politico-economiche, non solo del nostro Paese ma internazionali, come Brexit. In sostanza si stanno rivedendo le previsioni che parlavano di un 2016 come dell’anno della definitiva ripresa del mercato. Probabilmente non sarà così e si dovrà attendere ancora prima di avere la certezza di essere definitivamente usciti da una fase di ciclo non positiva”.

Mutui: 2016 ancora buono, ma occhio alla Brexit

Le gravi difficoltà in cui versa il settore dell’edilizia in Italia non traggono vantaggio dal positivo andamento del mercato immobiliare, almeno sul fronte di mutui, che si registra in questo 2016.

Le erogazioni dei mutui, infatti, hanno fatto registrare aumenti importanti, testimoniati dalle analisi dell’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, secondo le quali, nel primo trimestre 2016, le famiglie italiane hanno ricevuto finanziamenti per mutui per 11.003 milioni di euro: +55% rispetto al primo trimestre 2015, +3.904,7 milioni in controvalore di euro.

Nello specifico, le tendenze sul mercato dei mutui sono state le seguenti:

  • incremento dei finanziamenti in tutte le macroaree: spicca il Sud Italia, con un +70,7%, mentre il Nord-Ovest si conferma la macroarea dove si eroga di più;
  • ticket medio in aumento a 109.500 euro (+1,4% rispetto al primo trimestre 2015);
  • tasso di riferimento Bce alla quotazione minima di sempre (0% a marzo 2016);
  • tasso Euribor (3 mesi) dal +0,20% del 2013/2014, nel 2015 va sottozero e oggi è a -0,27% (quotazione di giugno 2016);
  • Eurirs (25 anni): 1,12% a marzo 2016, scende sotto quota 1% a giugno 2016.

Secondo le rilevazioni di Tecnocasa, Si avvertono i primi, ma comunque timidi, segnali di rallentamento della crescita iniziata ormai due anni fa e, sulla situazione dei mutui in Italia, potrebbe avere una influenza anche la Brexit, nonostante adesso sia ancora molto presto per trarre delle conclusioni.

In ogni caso l’offerta continuerà a essere interessante e, con tutte le cautele del caso, le banche erogheranno maggiormente mutui rispetto al passato. Oltretutto, i principali indici di riferimento dei tassi sono ancora a livelli molto bassi, fatto che riduce il costo dei finanziamenti e crea nuove opportunità per il mercato e le famiglie.

Auto elettriche e flotte aziendali

Si fa presto a dire auto elettrica… Nel mondo delle flotte aziendali ci sono sempre maggior interesse a attenzione nei confronti dei veicoli ad alimentazione alternativa ma, come nel mercato consumer, anche in quello delle flotte aziendali si mette in primo piano la questione degli incentivi.

È quanto emerge da un’inchiesta condotta dal Centro Studi Auto Aziendali su un campione di gestori di flotte aziendali di aziende piccole, medie e grandi che operano in Italia. Ebbene, stando ai risultati della survey, 8 fleet manager su 10 sceglierebbero auto elettriche per le loro flotte aziendali se vi fossero incentivi o progetti di collaborazione con società energetiche per installare in azienda colonnine di ricarica.

Inoltre, il sondaggio del Centro Studi Auto Aziendali rileva che il 69,4% dei fleet manager pensa di utilizzare in futuro auto elettriche nelle flotte aziendali che hanno in gestione.

Un livello di attenzione che, però, non va di pari passo con quello di conoscenza tecnologica e di assortimento che i fleet manager hanno delle auto elettriche. Il 27,4% di coloro i quali hanno preso parte all’analisi del Centro Studi Auto Aziendali ha dichiarato di avere un livello di conoscenza basso delle auto elettriche, il 54,1% un livello medio, il 18,5% un buon livello di conoscenza.

È probabilmente questo basso livello di conoscenza delle auto elettriche a influenzare l’atteggiamento dei fleet manager relativamente all’utilizzo di queste auto aziendali nelle loro flotte. Il 53,6% di loro ritiene infatti che l’utilizzo di auto elettriche incida positivamente sulla riduzione dei costi delle flotte aziendali, mentre il rimanente 46,4% ritiene che non accada, forse proprio per la mancanza di una incentivazione adeguata.

eBay fa ricca la Campania

La Campania è il paradiso dei milionari digitali italiani. O meglio, dei venditori professionali online che, grazie all’utilizzo della piattaforma di eBay, lo scorso anno hanno superato 1 milione di dollari di fatturato.

Il risultato emerge da una classifica elaborata da eBay e diffusa attraverso una nota stampa. che rileva come, in Italia, le province di Napoli, Caserta e Salerno fanno guadagnare alla Campania ben il 30% dei venditori milionari. In questa speciale graduatoria, la provincia di Napoli è al primo posto.

La Campania è comunque in buona compagnia, poiché l’analisi di eBay dimostra come, in anni di crisi ancora difficile, il commercio elettronico in Italia è costantemente cresciuto. Solo tra il 2014 e il 2015, il dato aggregato dei milionari su eBay è aumentato del 19%, mentre dal 2010 al 2015 è quintuplicato. Le statistiche del colosso Usa dell’e-commerce dimostrano che, a trainare la crescita sono le categorie Elettronica di consumo, Ricambi Auto e Moto, Casa e Arredamento e Abbigliamento.

Così il General Manager di eBay Italia, Claudio Raimondi: “Siamo molto orgogliosi di questo traguardo raggiunto dai nostri venditori e particolarmente felici che, ancora una volta, eBay si dimostri un acceleratore di business che consente di superare le tradizionali barriere geografiche. Il fatto che a guidare questa classifica sia la Campania non ci stupisce visti i dati del nostro Policy Lab dello scorso anno, che la vedevano guidare anche la classifica per “densità digitale” delle regioni italiane. Il nostro augurio e al contempo il nostro impegno è quello che tutti i venditori, campani e del resto d’Italia, riescano a liberare a pieno il proprio potenziale imprenditoriale grazie alle risorse offerte dal digitale”.