Pagamenti elettronici, gli obblighi degli operatori finanziari

I pagamenti elettronici sono un mezzo molto diffuso. Ma arrivano gli obblighi anche per gli operatori finanziari che li offrono.

Pagamenti Elettronici, la circolare dell’Agenzia delle entrate

Dal primo luglio 2022 tutti gli esercenti dovranno accettare i pagamenti elettronici da parte dei loro clienti. Altrimenti si rischia una multa e un’ammenda commisurata al valore dell’operazione. Ma sono stati indicati anche gli obblighi da parte degli operatori finanziari. Infatti l’agenzia delle entrate con il provvedimento del 30 giugno 2022 ha disciplinato l’invio dei dati relativi ai pagamenti elettonici dei soggetti operatori finanziari.

In particolare ha introdotto l’obbligo per gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti gli strumenti di pagamento elettronico, di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati identificativi degli strumenti elettronici che concedono. Per far ciò possono anche usufruire dei servizi offerti dalla società PagoPa S.p.A. Inoltre deve essere inviato l’importo complessivo delle transazioni giornaliere effettuate mediante l’utilizzo di questi strumenti elettronici.

Pagamenti elettronici, i dati che devono essere indicati

L’Agenzia delle entrate indica tutti i dati che gli operatori finanziari devono inviare e sono:

– La partita IVA dell’esercente convenzionato, il codice fiscale se disponibile,  e il codice univoco del contratto di convenzionamento con il prestatore di servizi di pagamento;
– il codice ABI ovvero il codice fiscale del prestatore di servizi di pagamento obbligato alla trasmissione;
– il codice identificativo univoco, assegnato da PagoPA, del soggetto che trasmette le informazioni;
– l’identificativo univoco dello strumento di pagamento, fisico o virtuale, attraverso cui l’esercente accetta la transazione elettronica;
– la tipologia di operazione, distinta tra pagamento e storno pagamento;
– la data di trasmissione delle operazioni da parte del prestatore di servizi di pagamento;
– la data contabile delle operazioni;
– l’importo complessivo giornaliero delle transazioni elettroniche effettuate dall’esercente;
– il numero giornaliero delle transazioni elettroniche effettuate dall’esercente.

Insomma tutti quei dati che permetto di identificare in modo univoco il pagamento attraverso mezzi elettronici, come bancomat, carte di credito e di debito o prepagate.

Alcune precisazioni in merito all’invio

La prima trasmissione riguarderà i dati dei pagamenti elettronici ricevuti a partire dal primo settembre 2022. Invece entro fine ottobre 2022, gli operatori finanziari dovranno trasmettere le informazioni riferite ai mesi che includono l’arco temporale tra gennaio e agosto 2022.

Il flusso informativo sarà inviato direttamente All’agenzia delle entrate attraverso la società PagoPa S.p.A., con cui gli operatori finanziari hanno già costruito infrastrutture tecniche per lo scambio di informazioni di natura finanziaria. E che quindi hanno già preso accordi per espletare tale procedura. I dati riservati, trasmessi e utilizzati saranno conservati secondo la normativa in materia di sicurezza del trattamento dei dati sensibili.

 

 

 

Pos, sanzioni dal 30 giugno 2022: dati transazioni da trasmettere ogni giorno

Dal 30 giugno 2022 per commercianti e professionisti scattano le sanzioni per ogni transazione per la quale si sia impedito il pagamento tramite Pos, con carte di credito, bancomat e applicazioni varie. Lo prevede il decreto “Pnrr 2” che fissa gli obiettivi di disincentivazione dei pagamenti mediante l’utilizzo del contante e di maggiori controlli ai fini del contrasto all’evasione fiscale. La norma anticipa le sanzioni che sarebbero dovute entrare in vigore a partire dal 2023.

Pagamenti con Pos dal 30 giugno 2022, la finalità della trasmissione dei dati giornalieri delle transazioni

Per gli esercenti e i professionisti arriva anche l’obbligo di trasmettere, giorno per giorno, i dati relativi alle transazioni elettroniche effettuate. L’obbligo persegue le finalità contenute nell’articolo 18 del decreto legge numero 36 del 2022. Ovvero di dare attuazione alla Missione M1 C1 del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) nella parte in cui si dà attuazione alle norme sul rispetto degli obblighi fiscali e al miglioramento dei controlli.

Quali dati devono essere trasmessi giornalmente da professionisti ed esercenti sui pagamenti Pos?

L’obbligo che esercenti e professionisti avranno nel dover trasmettere i dati giornalieri all’Agenzia delle entrate risponde alla finalità di mettere più strumenti a disposizione per combattere l’evasione fiscale. I soggetti obbligati dovranno trasmettere giornalmente:

  • l’ammontare complessivo delle transazioni effettuate durante la giornata lavorativa;
  • i dati identificativi di tutti i pagamenti elettronici ricevuti nella giornata;
  • le informazioni sui metodi di pagamento, anche in considerazione delle specifiche caratteristiche tecniche.

La trasmissione dei dati e delle informazioni da trasmettere sarà oggetto di un altro provvedimento dell’Agenzia delle entrate. Il decreto individuerà le modalità con le quali effettuare l’operazione.

Quali sanzioni sono previste a commercianti e professionisti dal 30 giugno 2022?

A partire dal 30 giugno 2022 è prevista l’applicazione delle sanzioni per i commercianti e i professionisti che non accettino pagamenti dai clienti con gli strumenti elettronici. Il mancato pagamento tramite Pos, carte di credito, bancomat o altre applicazioni specifiche, comporterà una sanzione composta da due parti:

  • una quota fissa, della misura di 30 euro per ogni pagamento non accettato tramite Pos, indipendentemente dall’importo della transazione;
  • una parte variabile, pari al 4% dell’importo della transazione per la quale non sia stata accettato il pagamento tramite Pos.

Obbligo di ricevere pagamenti tramite Pos: cosa avviene se ci sono problemi tecnici?

L’obbligo di accettare pagamenti elettronici è già operativo dal 30 giugno 2014. Lo stabiliva l’articolo 15 del decreto legge numero 179 del 2012. A partire dal prossimo 30 giugno saranno anticipate, dunque, le sanzioni che erano previste a decorrere dal 1° gennaio 2023. In attesa di ulteriori chiarimenti dell’Agenzie delle entrate, la sanzione non verrà comminata nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. Anche in questo campo, si attendono maggiori delucidazioni dell’Agenzia delle entrate per delimitare le ipotesi nelle quali, effettivamente, commercianti e professionisti siano impossibilitati a ricevere i pagamenti tramite carta di credito, di debito o altri strumenti elettronici.

Fattura elettronica, per le partite Iva forfettarie sanzioni per irregolarità di 500 euro

Il decreto legge “Pnrr 2” riorganizza le sanzioni per le irregolarità relative alla fattura elettronica per le partite Iva a regime forfettario. L’utilizzo del documento elettronico è previsto per gli operatori in regime forfettario per volumi annui di compensi e di ricavi superiori a 25 mila euro a partire dal 1° luglio 2022 secondo quanto prevede l’articolo 18 decreto legge “Pnrr 2”. Ma anche per le violazioni dovute per la mancata accettazione dei pagamenti elettronici effettuati tramite Pos, bancomat e carte di credito sono previste sanzioni che entreranno a regime dal 30 giugno 2022.

Quale sanzione spetta alle partite Iva forfettarie per il mancato utilizzo della fattura elettronica?

Per le partite Iva forfettarie, il mancato utilizzo della fattura elettronica comporterà una sanzione amministrativa tra il 5% e il 10% di quanto non documentato con un minimo di imposto pari a 500 euro. Inoltre, quando la violazione non rileva ai fini della determinazione del reddito la sanzione amministrativa parte da un minimo di 250 euro fino a un massimo di 2 mila euro. Le sanzioni amministrative entreranno a regime a decorrere dal quarto trimestre del 2022.

Regime transitorio, per i forfettari da luglio a settembre un mese di tempo per emettere la fattura elettronica

Fino a tutto il terzo trimestre (dal 1° luglio al 30 settembre 2022) le partite Iva forfettarie beneficeranno del regime transitorio. Ovvero, la mancata emissione della fattura elettronica non comporterà l’applicazione della sanzione a patto che le partite Iva forfettarie emettano il documento elettronico entro il mese successivo a quello nel quale sia stata fatta la relativa operazione. L’obbligo di utilizzo della fattura elettronica vigerà fino al 31 dicembre 2024.

Sanzioni per mancato utilizzo di Pos per accettare i pagamenti elettronici con carte di credito e bancomat

Il decreto “Pnrr 2” anticipa anche le sanzioni a carico di commercianti ed esercenti per il mancato utilizzo del Pos per l’accettazione dei pagamenti elettronici con carte di credito e bancomat. A partire dal 30 giugno 2022, anziché dal 1° gennaio 2023, i commercianti che non accetteranno i pagamenti con Pos e carte di credito saranno soggetti a una sanzione amministrativa del valore di 30 euro fissi, più il 4% del valore della transazione.

Pagamenti elettronici e Pos, le misure in arrivo con il decreto Pnrr 2

In arrivo nuove misure per i pagamenti elettronici con il decreto Pnrr 2, e sanzioni per gli esercenti che non applicano correttamente le regole del Pos. Con il provvedimento verranno anticipate al 30 giugno 2022 le multe i commercianti che non accettino i pagamenti mediante carte di credito e bancomat. Inoltre, gli esercenti saranno obbligati all’invio giornalieri degli acquisti. La misura rientra nell’obiettivo di incrementare i pagamenti digitali: con app, carte di credito, bancomat e altri strumenti di pagamento tracciabili i pagamenti elettronici nel 2021 hanno rappresentato il 38% del totale delle transazioni.

Sanzioni per la mancata accettazione del Pos: di quanto sono e come si calcolano

Il decreto Pnrr 2, che dovrebbe essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni, mira a stabilire nuovi paletti all’utilizzo del denaro contante. Il primo è l’anticipo al 30 giugno 2022 delle multe per i commercianti che non accettino i pagamenti elettronici per mezzo del Pos. La sanzione è fissata in 30 euro, più il 4% dell’importo della transazione. Dunque, per un acquisto di 50 euro, la sanzione in caso di non accettazione del metodo di pagamento elettronico, è fissata in 30 euro più il 4% di 50 euro. Ovvero, in totale in 32 euro. Il provvedimento in arrivo anticipa di sei mesi l’applicazione delle sanzioni. Inizialmente le multe erano fissate, infatti, al 1° gennaio 2023.

Pagamenti tramite Pos, carte di credito e bancomat: sanzioni difficili da applicare

La sanzione per chi non accetti i pagamenti tramite moneta elettronica per la vendita di prodotti e servizi vige dal 30 giugno 2014. Ma la misura non ha trovato effettiva applicazione per l’utilizzo di carte di credito e bancomat. Il provvedimento mira dunque a sanzionare chi non osservi le sanzioni previste. È stato tuttavia già obiettato che non sempre le sanzioni sono di facile applicazione. Ad esempio, si pensi i casi in cui l’esercente rifiuti il pagamento tramite Pos per mancanza di connessione.

Crediti di imposta sui pagamenti tramite Pos: fino al 30 giugno 2022 incentivi ancora attivi

Peraltro, fino al 30 giugno 2022 sono maturabili i crediti di imposta sulle commissioni sostenute dai commercianti per l’utilizzo dei metodi di pagamento elettronico tramite Pos. A partire dal 1° luglio 2022, il credito di imposta (potenziato al 100% fino al 30 giugno 2022), tornerà alla percentuale del 30%. Inoltre, la data 30 giugno 2022 rimane anche per i commercianti che acquistino, noleggino o utilizzino dispositivi Pos collegati ai registratori telematici e ai Server Rt. La scadenza del 30 giugno prossimo, dunque, fissa il termine per questi incentivi tramite credito di imposta.

Pagamenti tramite denaro contante: dal 1° gennaio 2023 la soglia scende da 2 mila euro a mille euro

I pagamento elettronici e i vari incentivi per l’utilizzo del Pos vanno combinati con l’abbassamento degli importi dei contanti a partire dal 1° gennaio 2023. A partire da questa data, infatti, il decreto legge “Milleproroghe” ha fissato l’abbassamento da 2 mila euro a mille euro dell’utilizzo del denaro contante. Con l’abbassamento dell’importo massimo, saranno vietate anche le transazioni frazionate in maniera artificiosa. Ad esempio, frazionare le transazioni per rimanere sotto la soglia dei mille euro comporterà sanzioni per la violazione del tetto di denaro contante.

Pagamenti elettronici richiesti per la tracciabilità e le detrazioni fiscali

Inoltre, i pagamenti elettronici sono richiesti per la tracciabilità e le detrazioni fiscali. Dal 2020, infatti, per la detraibilità del 19% è richiesto che i pagamenti vengano effettuati con mezzi tracciabili. La regola non vale per gli acquisti di medicinali e per le prestazioni effettuate presso le strutture del Servizio sanitario nazionale o quelle accreditate. Per determinate tipologie di spese, come ad esempio quelle di istruzione, universitarie o funebri, la detrazione è piena (al 100%) per chi ha redditi che non eccedano i 120 mila euro. La detrazione decresce per redditi fino a 240 mila euro fino a azzerarsi.

Cashback fiscale, a che punto è il rimborso immediato?

Presenta difficoltà di applicazione il Cashback fiscale, ovvero il rimborso immediato di alcune detrazioni collegate alle spese effettuate. Nella discussione del disegno di legge della delega fiscale si sono riscontrate delle difficoltà in particolare per le spese sanitarie e l’incrocio dei rimborsi delle Casse sanitarie.

Lotteria degli scontrini, si punta alle vincite immediate

Novità sono attese anche per la lotteria degli scontrini. Infatti, nel provvedimento dovrebbero arrivare misure che consentano di assegnare immediatamente premi legati agli acquisti e ai pagamenti elettronici al fine di superare le diffidenze del 2021 e rendere il meccanismo più accattivante accattivante. Infatti, nel debutto della misura lo scorso anno, l’estrazione avveniva settimanalmente, mensilmente e annualmente. Per l’assegnazione dei premi era necessario comunicare il codice lotteria dell’acquirente, ma ai premi concorrevano anche gli esercenti. Tuttavia, solo un terzo dei compratori comunicava il proprio codice lotteria. Il governo dunque sta studiando modalità per rendere più attraente la lotteria degli scontrini, assegnando premi immediati senza dover aspettare le estrazioni periodiche.

Pagamento con Pos: a giugno partono le sanzioni per i commercianti

Scattano dal 30 giugno 2022 le sanzioni per chi non accetta il pagamento con il POS. Ecco a quanto ammontano e perché questa improvvisa accelerazione.

Pagamento con POS: breve excursus storico

Nel 2013, con entrata in vigore posticipata a giugno 2014, in Italia è stato inserito l’obbligo di accettare pagamenti con il POS, quindi con moneta elettronica. Nel tempo la disciplina è mutata più volte ad esempio inizialmente la soglia minima entro la quale non vi era obbligo di accettare il pagamento con carta era di 30 euro. Poi fu abbassata a 5 euro, infine, la soglia è stata eliminata.

La ratio dell’obbligo di accettare pagamenti con il POS  è rappresentata dal fatto che si tratta di uno strumento che consente una migliore tracciabilità dei pagamenti e riduce quindi l’evasione fiscale, problema che da sempre attanaglia l’Italia.

Nel tempo il legislatore ha previsto diverse forme di incentivo per far in modo che gli italiani preferissero i pagamenti elettronici, dalle detrazioni ammesse solo se eseguite con strumenti tracciabili, alle lotterie degli scontrini. Evidentemente queste misure non hanno sortito gli effetti sperati. La normativa infatti prevedeva l’obbligo per i commercianti di accettare i pagamenti con il POS, ma nessuna multa.

In realtà le sanzioni sono state inserite dall’articolo 23 del Decreto Legge 124 del 2019, con entrata in vigore nel primo luglio 2022, le proteste dei commercianti hanno però portato più volte a rimandare. Le multe sono state poi posticipate a gennaio 2023. C’è stata però una decisa accelerazione con il decreto PNRR, infatti le multe per coloro che rifiutano i pagamento con il POS sono state anticipate al 30 giugno 2022. Manca quindi poco.

A quanto ammontano le sanzioni per chi rifiuta il pagamento con POS?

Il provvedimento è contenuto nel decreto del Consiglio dei Ministri e prevede una doppia sanzione per il commerciante:

  • una multa di 30 euro;
  • più il 4% del valore della transazione.

La finalità è abbattere l’evasione fiscale e riuscire a raggiungere i 45 obiettivi previsti dal PNRR.

L’obbligo di accettare pagamenti con il POS è previsto in capo a tutti gli esercenti, ad esempio tabaccherie, ristoranti, pizzerie, il classico alimentari, il negozio di abbigliamento. L’obbligo è esteso anche i venditori ambulanti, tassisti e conducenti NCC che devono quindi dotarsi di idonee tecnologie per la connessione alla rete. La normativa prevede l’obbligo di accettare pagamenti anche attraverso sistemi elettronici evoluti, ad esempio con smartwatch e smartphone.

La multa parte dalla segnalazione effettuata dall’acquirente/cliente a fronte del rifiuto di pagamento. Naturalmente anche ora si stanno sollevando le proteste dei commercianti che di fatto lamentano i costi connessi ai pagamenti ricevuti tramite POS.

Scalapay, che cos’è e come funziona?

Si sta sempre diffondendo, tra i metodi di pagamento, il “Compri ora e paghi poi”. Tra i sistemi di pagamento rientranti tra le offerte degli operatori si ritrova Scalapay. Bastano pochi click per attivare il procedimento che si conferma facile e immediato. Con Scalapay, inserendo immediatamente i dati della carta, si ottiene da subito il saldo suddiviso in tre rate. È uno dei metodi di pagamento di beni non essenziali sia per comprare on line che nei negozi fisici.

Tra i metodi di pagamento Bay now pay later c’è Scalapay: compra adesso e paghi dopo

Scalapay rientra nei metodi di pagamento “Bay now pay later” (Bnpl), ovvero “Compra adesso e paghi dopo”. Si può differire il pagamento grazie al piano di rateazione di piccoli importi senza che su di essi siano applicati degli interessi o costi di transazione per chi compra. Il metodo di pagamento rateale è utilizzato soprattutto sulle piattaforme di market place, senza che vengano richiesti gravosi adempimenti burocratici. Infatti, quasi sempre, i controlli sulla capacità di rimborsare le tre rate previste sono pressoché poche. In generale, la procedura per il pagamento dura pochi minuti se si paga con la Visa Gold. Ma si può utilizzare anche una carta prepagata.

Bay now pay later, quali vantaggi ha il venditore?

Le condizioni di vendita e di pagamento utilizzate da chi vende il bene fanno pensare a quale possa essere il vantaggio per il venditore utilizzando un metodo di pagamento Buy now pay later, ovvero il servizio Scalapay. Anche il venditore ottiene il suo vantaggio. Con una commissione piuttosto limitata, incassa subito il pagamento o nel giro massimo delle successive 48 ore. Inoltre, il venditore non va incontro al rischio di insoluto. Il fenomeno dei metodi di pagamento Compra adesso e paghi dopo stanno avendo notevole utilizzo grazie allo sviluppo del commercio elettronico. Il valore complessivo delle transazioni del 2021 si è aggirato in circa due miliardi di euro. Si attende una crescita annuale del 40% fino a raggiungere transazioni per 10 miliardi di euro nel 2025.

Scalapay, come utilizzare il metodo di pagamento a rate?

Uno dei maggiori player della scena internazionale per i pagamenti Compra adesso e paghi dopo è Scalapay. Rappresenta un modo per suddividere la spesa per l’acquisto effettuato (soprattutto on line) in tre rate. Tuttavia, presto Scalapay prevederà la possibilità di poter pagare fino a 4 rate mensili. L’importo massimo della transazione può arrivare a 1.000 euro. Il servizio, inoltre, è totalmente gratuito per il cliente che effettua acquisti. È il venditore che paga una commissione che può andare dal 3,5% al 6%. Tuttavia, il venditore riceve nell’immediato l’importo pagato da chi ha effettuato l’acquisto.

Scalapay, quali sono i passaggi per procedere con il pagamento?

Per poter procedere con il pagamento mediante Scalapay, il soggetto che effettua acquisti on line deve procedere con il selezionare l’opzione di pagamento preferita. In tal caso, l’opzione “Scalapay” va selezionata nel momento in cui si effettua il check out. Risulta necessaria la registrazione. In tal caso vanno immessi i dati della carta di credito del compratore. Ma si può procedere anche con l’inserimento dei dati della carta di debito oppure di una prepagata. In automatico, il saldo rappresentato dal prezzo del bene o dei beni acquistati, viene suddiviso in 3 rate.

Scalapay, quando vanno pagate le rate con l’addebito?

Il pagamento della prima rata di Scalapay per un bene acquistato avviene all’istante. La seconda e la terza rata, invece, vengono addebitate a distanza di un mese, l’una dall’altra, rispetto alla prima. Nel caso in cui il pagamento avviene in un negozio fisico, il cliente deve registrarsi al portale di Scalapay. Per l’acquisto occorre selezionare il retail presso il quale si effettua l’acquisto e la spesa prevista. Il sistema Scalapay genera, dunque, un codice a barre che deve essere presentato alla cassa per il pagamento. Avviene dunque alla cassa il completamento della transazione per ciò che si acquista.

Scalapay, le novità in arrivo per i metodi di pagamento

Oltre alla possibilità di suddividere in quattro rate mensili (la prima va pagata all’istante, le altre a distanza di un mese l’una dall’altra), presto arriveranno delle novità sul metodo di pagamento Scalapay. Infatti, è previsto uno snellimento del sistema di identificazione del cliente che verrà collegato ai dati anagrafici. Nel caso in cui il cliente non paga, l’account viene bloccato. Oppure, si cerca un accordo con il team di supporto. L’insoluto, in ogni caso, fa sapere uno dei fondatori di Scalapay Simone Mancini, si aggira intorno alla percentuale dell’1%.

Scalapay, quali alternative in Italia? Ecco PagoLight di Compass

In Italia l’alternativa principale a Scalapay si chiama PagoLight di Compass. A luglio dello scorso anno, il metodo di pagamento Compass aveva raggiunto le 45 mila richieste per una cifra di transazioni pari a 30 milioni di euro circa. Gli importi spesi dai clienti partono, mediamente, dai 100 o 150 euro, per raggiungere cifre più alte, soprattutto nei settori del fashion, del beauty e del wellness.

Bar, ristorante, negozi: quando il gestore non accetta pagamenti con il Pos, regole e conseguenze

Ormai la lotta all’uso del contante ha assunto i connotati di una guerra senza frontiere. Numerosi i provvedimenti in questa direzione, presi dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Prima il limite all’uso del contante, poi i premi a chi utilizzava il pagamento elettronico, i cashback, la lotteria degli scontrini e gli obblighi per gli esercenti di utilizzare i Pos.

La domanda di molti è proprio relativa al piccolo negozio o al bar sotto casa. Sono obbligati ad accettare pagamenti elettronici o possono rifiutarsi? E se non accettano il pagamento con carta cosa succede?

Ripetiamo, domande assolutamente lecite queste, soprattutto se si tratta di spese di pochi euro che, anche dal punto di vista del cliente, più di qualche dubbio lo lasciano sulla necessità di imporre ad un esercente questo genere di obbligo. E tra l’altro questo obbligo è stato duramente contestato fin da subito proprio dagli addetti ai lavori.

Le norme in materia di pagamento elettronico nei negozi, al bar o al ristorante

L’obbligo di accettare i pagamenti elettronici da parte dei commercianti esiste, ma mette in luce un classico paradosso all’italiana. La legge c’è, l’obbligo di rispettarla anche, ma non ci sono le sanzioni. E così i commercianti possono fare quello che vogliono, magari respingendo le richieste di pagamento con carta da parte dei clienti, con le scuse solite, cioè il terminale rotto, spento o così via dicendo.

L’obbligo riguarda esercenti di tutti i tipi ma anche professionisti. E non ci sono sostanzialmente limiti di importo al di sotto del quale servono i contanti. Come dicevamo in premessa, la lotta all’uso del contante è in pieno svolgimento. È fatto obbligo accettare i pagamenti elettronici anche per piccole cifre, cosa tutt’altro che facile però da trovare in giro. Pagare un paio di euro di caffè al bar con la carta di credito dovrebbe essere un diritto del cliente, ma trovatemi un bar che lo accetta. Saranno sicuramente pochi.

Anche perché pur se per legge questi esercenti sono tenuti, l’apparato sanzionatorio della normativa è stato posticipato ad inizio 2023. In pratica oggi c’è l’obbligo ma mancano le sanzioni e quindi chi si rifiuta al momento non rischia niente. Questo nonostante il terminale per accettare i pagamenti con moneta elettronica, cioè il Pos, è obbligatorio, perché devono averlo tutti i commercianti, gli artigiani, le attività di ristorazione, i pubblici esercizi, le attività ricettive, alberghi, B&B, agriturismo e pure i professionisti come lo sono gli avvocati, i notai, i commercialisti o i medici.

Breve storia dell’obbligo di accettazione dei pagamenti tramite moneta elettronica

Il contrasto all’uso del contante, come strumento anti evasione, è ormai datato nel tempo. Sono circa 10 anni che è stato introdotto l’obbligo del Pos. Fu il decreto Crescita del governo tecnico presieduto da Mario Monti ad introdurre questo obbligo. Era il 2012 e il decreto in questione era nello specifico il DL n° 179/2012, precisamente il suo articolo n° 15 comma 4.

La materia fu ampliata nel 2014, con un provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico che stabilì in 30 euro la soglia al di sopra del quale era obbligatorio accettare i pagamenti con il Pos. Soglia abbassata dal governo Renzi del 2016 a 5 euro, dopo apposito provvedimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze allora presieduto da Padoan. Da allora nulla è cambiato, se non la cancellazione della somma minima che non esiste di fatto più.

E nel 2019 ecco che entrarono in scena le sanzioni. Erano i tempi del governo Conte bis, quello giallorosso (PD e Movimento 5 Stelle). Nel collegato alla manovra di Bilancio, cioè nel decreto Fiscale, il governo Conte inseriva una sanzione di 30 euro in misura fissa, con l’aggiunta del surplus del 4% dell’importo rifiutato al cliente. Una norma presto cancellata dal decreto Fiscale, durante il suo canonico iter di conversione in legge.

Cosa accade se il commerciante rifiuta il pagamento

Non rischiando nessuna multa, il commerciante ha il potere di rifiutare il pagamento con il Pos. L’unico rischio che corre è una eventuale segnalazione da parte del cliente all’Agenzia delle Entrate. Il fatto che mancano le sanzioni è un problema che il governo attuale, quello presieduto da Mario Draghi sembra voler risolvere con il decreto sul Recovery, visto che ha pensato di inserire con emendamento di maggioranza, le regole sanzionatorie per i casi di rifiuto da parte del negoziante piuttosto che dell’esercente.

Ma si tratta di una norma che se mai diventasse realtà, lo farebbe solo dal primo gennaio 2023.

Il limite all’uso del contante

Naturalmente parliamo di pagamenti di piccole somme, anche perché le regole vigenti sul limite al contante impongono a chi vende un prodotto o un servizio, di non poter completare la transazione se il corrispettivo dovuto da un cliente supera i 1.999 euro. Anzi, sembrava che dal primo gennaio la soglia dovesse scendere ancora a 999 euro, ma dopo un emendamento al decreto Milleproroghe, tutto è rimasto come per il 2021.

Sulle piccole cifre invece, inevitabile che anche i commercianti manifestano dubbi e perplessità in materia, a tal punto che, come dicevamo in premessa, trovare un bar che accetta il pagamento di un caffè con la carta di credito o con la carta di debito è difficile.

E sembra che a poco siano serviti gli incentivi via via inseriti dalla normativa vigente per spingere all’uso della moneta elettronica. Incentivi per i consumatori, come lo sono stati il cashback per esempio. Ma anche incentivi per esercenti e commercianti per sostenere le spese per dotarsi di Pos e relative connessioni.

Per esempio, sempre con un decreto Fiscale, quello n° 124 del 2019, venne previsto un bonus Pos fino al 100% per i commercianti muniti  di un registratore di cassa elettronico collegato col terminale Pos. E poi, recentemente, un credito di imposta ancora vigente, che permette ai professionisti, esercenti e chiunque si doti, acquistandoli o noleggiandoli, strumenti collegati ai registratori di cassa di ultima generazione, di scaricare le spese sostenute per munirsi delle apparecchiature e delle tecnologie.

Senza considerare poi le convenzioni bancarie che il governo ha studiato e sottoscritto. Molte banche infatti offrono il ristoro completo delle commissioni bancarie dovute dai commercianti o da chi accetta questi pagamenti elettronici, se riguardano compravendite sotto i 5 euro.

Cosa fare se il commerciante rifiuta il pagamento col Pos

Come detto, se un negoziante rifiuta un pagamento con carta e tramite il Pos, non rischia nulla. A meno che il cliente non segnali l’accaduto al Fisco. Niente multe lo stesso, ma non è improbabile che il commerciante in questione finisca con l’essere interessato da un accertamento di Agenzia delle Entrate. Anche il veicolo della segnalazione alla Guardia di Finanza potrebbe sortire lo stesso effetto, con i militari che potrebbero trovare opportuno approfondire il tutto verificando se il commerciante inadempiente usa il rifiuto come prassi o meno.

Va ricordato ancora che per il cittadino è un diritto sacrosanto poter pagare con carta di credito o bancomat a prescindere dall’importo. E il diritto del cliente presuppone l’obbligo di accettazione da parte dell’esercente, a prescindere dalla tipologia di attività, che sia un bar piuttosto che un tabacchi, una pizzeria piuttosto che una cartoleria, e perfino una attività ambulante.

Il Pos è obbligatorio anche per idraulico, elettricista, addetto alla caldaia, imbianchino, falegname. Ed anche per gli addetti ai servizi di Taxi o Noleggio con conducente.

Il costo delle operazioni del Pos non deve mai finire sul corrispettivo chiesto al cliente

Come dicevamo, alcune banche offrono i ristori sulle commissioni per le operazioni di importo basso. Ma è evidente che per tutte le altre operazioni di incasso i costi devono essere sostenuti dal commerciante. Infatti è severamente vietato caricare questi costi sulle spalle dei clienti, aumentando il corrispettivo dovuto. Sempre alla Guardia di Finanza infatti va segnalato l’esercente che pretende una cifra maggiore dal cliente.

Per assurdo, se il gestore non accetta il pagamento elettronico il cliente ha tutto il diritto di andare via senza pagare. Questo, Anche se non si tratta di una cancellazione del debito ma solo di un rinvio del pagamento. Va detto comunque che in una situazione del genere il gestore deve far andare via il cliente lasciandogli la fiducia totale sul suo successivo adempimento del pagamento. Non esiste norma o legge che concede ad un negoziante piuttosto che ad un gestore di un bar il diritto di chiedere al cliente il rilascio di un documento di riconoscimento o semplicemente le generalità dello stesso.

Pos, dal 1° gennaio 2022 sanzioni a chi nega i pagamenti elettronici

Ritornano le sanzioni per i commercianti e professionisti che negano il pagamento con il Pos. La nuova stretta arriva dal decreto di attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) che rilancia la lotta all’evasione fiscale attraverso i pagamenti elettronici. Il provvedimento porta la firma di Roberto Pella di Forza Italia e di Gian Pietro Dal Moro del Pd ed è stato approvato nella giornata del 13 dicembre alla Commissione Bilancio della Camera.

Commercianti e professionisti dal 1° gennaio 2022 sono obbligati ad accettare i pagamenti elettronici

In base al provvedimento normativo, dal 1° gennaio 2022 arriveranno sanzioni per i commercianti e per i professionisti che non accetteranno i pagamenti con carta di credito o con il bancomat. I pagamenti saranno relativi, dunque, sia per la vendita di beni che per la prestazione di servizi professionali.

Come si calcola l’importo della sanzione se non si accetta il pagamento con il Pos?

La sanzione amministrativa per i commercianti e i professionisti che dovessero rifiutare il pagamento elettronico sarà di 30 euro più il 4% dell’importo della vendita o del valore della prestazione. Si tratta di un provvedimento chiave nella lotta all’evasione fiscale. Peraltro, come specificato nell’emendamento, il commerciante e il professionista sono obbligati ad accettare almeno una tipologia di carta di credito o di carta di debito. Altri provvedimenti sono attesi anche per quanto riguarda il mancato rilascio dello scontrino o della fattura.

Lotta all’evasione fiscale come obiettivo del Pnrr

La lotta all’evasione fiscale rappresenta uno degli obiettivi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Tra gli indicatori presi in esame a livello europeo per il rispetto del Piano, si fa riferimento al “tax gap”, ovvero alla quota del gettito che lo Stato non riesce a incassare a causa proprio dell’evasione fiscale. Sulla base degli ultimi dati disponibili, il tax gap è attualmente al 18,5%, percentuale che è già risultata in calo negli anni dal 2014 al 2019 del 3,6%. Ma il Pnrr chiede altri sforzi per ridurre questa percentuale.

Riduzione del mancato gettito entro il 2024: gli strumenti di lotta all’evasione fiscale

Infatti, tra gli obiettivi del Pnrr in tema di evasione fiscale, sono stati fissate le percentuali di riduzione del tax gap nei prossimi anni. La decurtazione dovrà essere di non meno del 5% entro il 2023 e di non meno del 15% al 2024. Un percorso alla portata del governo che, oltre all’accettazione dei pagamenti tramite la moneta elettronica, ha già individuato altri strumenti per la lotta all’evasione fiscale.

Gli strumenti di lotta all’evasione fiscale che potrebbero essere intensificati nel 2022

Tra questi strumenti che il governo metterà in campo per la lotta all’evasione fiscale rientrano:

  • la precompilata Iva;
  • l’utilizzo dell’anagrafe dei rapporti finanziari;
  • la revisione delle sanzioni per la mancata emissione dello scontrino fiscale;
  • l’accrescimento delle lettere di incentivo per l’adempimento spontaneo.

Su questi quattro strumenti il governo intensificherà il proprio lavoro nei primi sei mesi del nuovo anno.

 

Auto aziendale, cosa paga il dipendente?

L’utilizzo dell’auto aziendale da parte dei collaboratori dell’impresa (intesi come dipendenti o collaboratori) è un fenomeno diffuso nelle realtà aziendali e, pertanto, deve essere gestito per le varie ricadute fiscali e contabili che può determinare.

Auto aziendale per il solo uso lavorativo e per utilizzo promiscuo

È di fondamentale importanza chiarire che l’uso dell’auto aziendale può essere:

  • per utilizzo esclusivamente aziendale. In tal caso l’auto deve essere utilizzata solo per finalità di lavoro e non private. La vettura dove essere lasciata in azienda al termine della giornata lavorativa e non può essere utilizzata per il tragitto casa-lavoro;
  • per utilizzo promiscuo. In tal caso si concede l’utilizzo della vettura aziendale anche per le finalità private, oltre alle missioni lavorative. È permesso, pertanto, percorrere il tragitto casa-lavoro, ma anche l’uscita domenicale e le vacanze estive.

Auto aziendale: chi paga il carburante?

Normalmente i costi di acquisto e di manutenzione dell’auto aziendale sono a carico dell’azienda. Per l’acquisto del carburante, invece, bisogna far riferimento agli accordi stipulati tra il datore di lavoro e l’utilizzatore della vettura. La prassi più comune vuole che per il pagamento del carburante si faccia riferimento alle tabelle Aci, annualmente determinate, e alle percentuali indicate dall’Agenzia delle entrate per il rimborso chilometrico.

Rimborso chilometrico per auto intestata ad azienda o utilizzatore

È differente il rimborso chilometrico in base al fatto che l’auto sia intestata all’azienda o all’utilizzatore. In quest’ultimo caso, il collaboratore mette a disposizione la propria auto personale per le trasferte di lavoro, sostenendo i costi in anticipo e chiedendo un rimborso chilometrico. A tal proposito, la legge di Bilancio 2018 (legge numero 205/2017) ha previsto che, a partire dal 1° luglio 2018, per il pagamento delle spese del carburante per esigenze aziendale siano utilizzati mezzi di pagamento tracciabili. La norma è riferita sia ai fini della deduzione del costo che della detrazione dell’Iva. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2019 sono state abrogate le schede carburanti, in ottemperanza all’obbligo generalizzato di utilizzo della fattura elettronica.

Metodi di pagamento idonei per il pagamento del carburante

In conseguenza delle disposizioni della legge di Bilancio 2018, l’Agenzia delle entrate è intervenuta con il provvedimento numero 73203 del 2018, per individuare i mezzi di pagamento ritenuti idonei per l’acquisto del carburante. Vi rientrano:

  • le carte di credito;
  • le carte di debito;
  • il bonifico bancario o postale;
  • l’addebito diretto;
  • le carte prepagate;
  • il bollettino postale;
  • altri metodi di pagamento elettronico che consentano l’addebito in conto corrente;
  • le carte carburante e i buoni carburante con pagamento elettronico;
  • le carte utilizzate nei contratti di netting con pagamento elettronico.

I benefit legati all’utilizzo dell’auto aziendale

L’auto aziendale a uso promiscuo è la tipologia di utilizzo più tipica per il fringe benefit del collaboratore. L’assegnazione dell’auto e il relativo utilizzo segue delle regole ben precise, contenute nel contratto individuale che l’azienda stipula con l’utilizzatore. Le aziende che offrono l’utilizzo della vettura aziendale come benefit ai propri collaboratori stipulano, di norma, un contratto di noleggio o di leasing con un concessionario per ottenere l’auto da fornire al dipendente.

Auto aziendale a uso promiscuo: chi può usarla e per cosa

L’assegnazione dell’auto al collaboratore avviene mediante un contratto individuale tra datore di lavoro e dipendente. Nel contratto di assegnazione si possono trovare tutte o solo alcune delle seguenti possibilità:

  • l’indicazione che l’auto è assegnata al collaboratore per lo svolgimento del suo lavoro e per l’uso personale;
  • le altre persone, oltre al dipendente, che possono utilizzare la vettura;
  • quali sono gli obblighi che il conduttore deve rispettare;
  • se il collaboratore debba o meno versare una quota al datore di lavoro per l’utilizzo dell’auto.

Tassazione dell’auto aziendale per uso promiscuo

L’utilizzo dell’auto in modo promiscuo, configurandosi come benefit concesso al dipendente in aggiunta alla normale retribuzione, è soggetto a parziale tassazione. Per il calcolo della quota di benefit che andrà a comporre il reddito imponibile assoggettabile a Irpef del collaboratore, si utilizzano le tabelle dell’Aci che vengono aggiornate ogni anno con la legge di Bilancio. La tassazione normale è pari al 30% dell’importo corrispondente a una percorrenza di 15.000 chilometri. L’importo è variabile a seconda del modello dell’auto e di altri fattori riportati nelle tabelle Aci. In queste tabelle, dunque, vengono riportati i costi medi a chilometro a seconda del modello di auto. Per un calcolo corretto, il datore di lavoro deve ripartire l’importo previsto dalle tabelle Aci per il numero di giorni in cui il collaboratore ha utilizzato effettivamente l’auto.

Tassazione fringe benefit auto aziendale: un caso concreto

Facendo un esempio pratico sulla tassazione del fringe benefit legata all’utilizzo promiscuo di un’auto aziendale, si può prendere in considerazione l’uso di una Jeep Renegade 1300 da 150 cavalli. Per ogni modello esatto, le tabelle Aci riportano il costo chilometrico convenzionale, pari a poco più di 50 centesimi per questo modello di vettura.  I 50 centesimi vanno moltiplicati per 15.000, per un totale di circa 8.000 euro. Di questi, il 30%, cioè 2.400 euro, finiscono nella busta paga del lavoratore. Se il lavoratore dovesse utilizzare l’auto solo per 25 giorni al mese, occorre quantificare l’uso effettivo, pari a circa 200 euro al mese di benefit. Mensilmente, dunque, il collaboratore vedrà questo l’importo nel suo cedolino.

Auto aziendale a uso promiscuo: chi paga la benzina?

I costi sostenuti per il carburante dell’auto aziendale per uso promiscuo spettano in parte al collaboratore e in parte al datore di lavoro. Nell’utilizzo della vettura aziendale durante il lavoro, il collaboratore ha diritto a ottenere il rimborso delle spese sostenute per la benzina. Tale rimborso non viene riconosciuto in base alle ricevute che certificano la spesa del collaboratore, ma da calcoli su ulteriori tabelle Aci, stavolta riguardanti i costi chilometrici. Grazie a queste tabelle, i datori di lavoro calcolano la quota convenzionale che costituisce il rimborso spettante al collaboratore.

Pos per i professionisti: per chi e da quando

Facciamo un po’ di chiarezza sull’obbligo di utilizzo del Pos per imprese e professionisti, visto che negli ultimi giorni si sono sentite diverse discussioni e diversi pareri. Intanto, una certezza: dall’1 luglio prossimo, l’obbligo di accettare le carte di debito per tutte le transizioni superiori a 30 euro sarà effettivo per tutte le imprese e i professionisti, indipendentemente dal loro fatturato.

Il Ministero dello Sviluppo economico ha infatti smentito di aver emanato un nuovo decreto correttivo per disciplinare ulteriormente i principali aspetti dell’obbligo di ricevere in pagamento le carte di debito. Il ministero prevede l’obbligo di accettare le carte di debito per le transazioni di importo superiore ai 30 euro da applicare in due momenti: fino al 30 giugno 2014, l’obbligo sarà in vigore solo per le imprese e i professionisti con un fatturato, nell’anno precedente, superiore a 200mila euro; dall’1 luglio, l’obbligo sarà esteso ai soggetti con un fatturato inferiore ai 200mila euro. L’entrata in vigore del decreto avverrà dopo 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, mentre entro 90 giorni ci sarà la definizione delle modalità di adeguamento per i soggetti con fatturato inferiore a 200mila euro.

Il Ministero va dunque avanti spedito, facendo piazza pulita delle voci e delle illazioni secondo le quali il testo definitivo sarebbe stato, per così dire, più morbido, con l’obbligo di accettare i pagamenti con carte di debito solo per i soggetti con fatturato di almeno 300mila euro e per le attività svolte all’interno degli esercizi e degli studi professionali. Deluso anche chi si aspettava un rinvio fino al 31 gennaio 2015.

Al di là delle giuste rimostranze che sono state mosse da più parti, è utile ricordare una cosa: imprese e professionisti non possono alzare le barricate come se la cosa piovesse dal cielo, visto che avrebbero dovuto accettare i pagamenti con carte di debito già a partire dal 1° gennaio 2014, come previsto originariamente previsto dal D.L. 179 del 2012. Un decreto rimasto comunque in stand by a causa della mancanza del decreto attuativo che avrebbe dovuto definire gli eventuali importi minimi, i termini e le modalità in base alle quali individuare i soggetti destinatari della misura. Ora siamo arrivati al dunque: se sarà un dunque positivo o negativo, scommettiamo che non ci vorrà molto per capirlo…