Inps rende note le aliquote della Gestione Separata 2013

Inps ha pubblicato una circolare in cui vengono rese note le nuove aliquote contributive dovute alla Gestione Separata Inps per l’anno 2013.

In particolare, viene recepito l’aumento del 2% dell’aliquota contributiva per i titolari di pensione e per i soggetti provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria, disposto dalla Riforma del Lavoro a seguito della modifica da parte della legge di conversione del Decreto Sviluppo 2012.
Per questi soggetti, l’aliquota passa dal 18% al 20%, mentre per i soggetti privi di altra copertura previdenziale l’aliquota resta ferma al 27,72%.

Sono obbligati ad iscriversi alla Gestione Separata Inps e a versarvi i relativi contributi i seguenti soggetti:
professionisti senza cassa, ovvero i lavoratori autonomi non iscritti alle apposite Casse di previdenza di categoria;

  • i collaboratori coordinati e continuativi (co.co.pro, collaboratori occasionali);
  • i lavoratori autonomi occasionali con reddito annuo superiore a € 5.000;
  • i venditori porta a porta con reddito annuo superiore a € 6.410,26;
  • gli associati in partecipazione con apporto di solo lavoro (e non iscritti ad un Albo professionale);
  • i soci-amministratori di Srl commerciale che, partecipando contemporaneamente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza e ricoprendo anche la carica di amministratore percependo per tale attività un compenso, sono obbligati al doppio obbligo di iscrizione, ovvero alla Gestione IVS commercianti in qualità di socio lavoratore e alla Gestione Separata Inps in qualità di amministratore;
  • i soggetti che, pur svolgendo un’attività il cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad un Albo professionale, non sono iscritti e non versano il contributo soggettivo alla propria Cassa per disposizione statutaria o per scelta.

Per il 2013 le aliquote contributive della Gestione Separata Inps sono pari a:

  • 27,72% per i soggetti privi di altra copertura previdenziale obbligatoria (27% + 0,72% a titolo di contributo aggiuntivo per il sostegno della maternità, dell’assegno al nucleo familiare, della malattia, della degenza ospedaliera e del congedo parentale);
  • 20% per tutti gli altri soggetti (soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria).

Le aliquote contributive sopraindicate sono applicabili fino ad un massimale di reddito, che per l’anno 2013 è pari a € 99.034,00.
Il minimale di reddito valido per l’accredito dei contributi è, invece, pari per il 2013 a € 15.357,00.

Pertanto:

  • i soggetti privi di altra copertura previdenziale obbligatoria: avranno l’accredito dell’intero anno con un contributo annuale pari ad € 4.256,96 (di cui € 4.146,39 ai fini pensionistici);
  • tutti gli altri soggetti (soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria): avranno l’accredito dell’intero anno con un contributo annuo di € 3.071,40.

L’onere contributivo, nel caso di collaboratore, lavoratore autonomo occasionale o venditore porta a porta, è ripartito tra prestatore e committente nella misura pari a:

  • 1/3 a carico del prestatore/collaboratore;
  • 2/3 a carico del committente.

Nel caso di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro, l’onere è, invece, ripartito nel seguente modo:

  • 45% a carico dell’associato;
  • 55% a carico dell’associante.

In queste due ultime ipotesi, il versamento dei contributi deve essere eseguito dal titolare del rapporto contributivo (committente o associante) entro il giorno 16 del mese successivo a quello di corresponsione del compenso, mediante il modello F24 cartaceo o telematico nel caso dei titolari di partita IVA.

Per i professionisti iscritti alla Gestione separata, invece, l’onere contributivo è tutto a carico dei soggetti stessi ed il versamento dei contributi deve essere eseguito, tramite il modello F24 telematico, alle scadenze fiscali previste per il pagamento delle imposte sui redditi con le modalità dell’acconto e del saldo.

Vera MORETTI

Entro il 28 febbraio la comunicazione dati Iva

I titolari di partita Iva sono chiamati, per la fine di febbraio, a presentare la comunicazione dati Iva.

Tale adempimento riguarda tutti coloro che sono tenuti alla presentazione della dichiarazione annuale Iva, anche se nel 2012 non hanno effettuato operazioni imponibili o liquidazioni periodiche.
Non si tratta di una dichiarazione dei redditi anticipata ma, piuttosto, serve a calcolare le risorse che ciascun Stato membro è tenuto a versare al bilancio comunitario.

Esenti da questo obbligo sono:

  • I contribuenti che nel 2012 hanno registrato esclusivamente operazioni esenti o sono dispensati dagli adempimenti IVA e hanno effettuato soltanto operazioni esenti. Al contrario, non sono esonerati i soggetti che hanno registrato operazioni intraUE, ovvero che hanno effettuato acquisti per i quali l’IVA è dovuta dall’acquirente;
  • I produttori agricoli che nel 2012 hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 7.000 Euro, quindi in regime di esonero;
  • Gli esercenti attività di intrattenimento, organizzazione giochi, ed altre attività, esonerati dagli adempimenti IVA e che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari;
  • Le imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda e che nel 2012 non hanno esercitato altra attività rilevante ai fini IVA;
  • I soggetti passivi UE che nel 2012 hanno effettuato in Italia solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’IVA;
  • I soggetti che hanno esercitato l’opzione per l’applicazione delle disposizioni recate dalla L. 398/1991 (regime speciale delle associazioni sportive dilettantistiche) esonerati da tutti gli adempimenti IVA per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali;
  • I soggetti domiciliati o residenti fuori dalla Comunità europea non identificati in ambito comunitario, che si sono identificati ai fini IVA in Italia per l’assolvimento degli adempimenti relativi ai servizi resi tramite mezzi elettronici a committenti non soggetti passivi d’imposta domiciliati o residenti in Italia o in altro Stato membro;
  • I soggetti di cui all’art. 74 del TUIR, ossia: gli organi e le amministrazioni dello Stato; i comuni; i consorzi tra enti locali e associazioni e gli enti gestori di demani collettivi; le comunità montane; le province e le regioni; gli enti pubblici che svolgono funzioni statali, previdenziali, assistenziali e sanitarie, comprese le aziende sanitarie locali; gli enti privati di previdenza obbligatoria che svolgono attività previdenziali e assistenziali;
  • I soggetti sottoposti a procedure concorsuali;
  • Le persone fisiche che nel 2012 hanno avuto un volume d’affari minore di 25.000 Euro anche se tenuti alla presentazione della dichiarazione annuale;
  • I contribuenti che si avvalgono del “nuovo” regime dei minimi;
  • I contribuenti che presentano la dichiarazione annuale Iva entro il 28 febbraio.

L’invio della comunicazione dei dati Iva è previsto solo per via telematica, direttamente o tramite intermediario.
Nel caso in cui la comunicazione non venga trasmessa, o venga presentata con dati incompleti o inesatti, verrà applicata una sanzione amministrativa compresa tra un minimo di Euro 258 ad un massimo di Euro 2.065.

Vera MORETTI

Il prestito d’onore per aprire una partita Iva

Spesso, quando non si hanno liquidità a disposizione, per aprire una partita Iva è necessario chiedere un finanziamento.

Tra i prestiti agevolati, esiste una forma particolare chiamata prestito d’onore, un finanziamento agevolato concesso grazie alle iniziative per la promozione della creazione di nuove attività imprenditoriali, o startup, e dello sviluppo economico avviate dall’Unione Europea di concerto con lo Stato Italiano.

Si tratta di contributi concessi a fondo perduto o sottoforma di mutui agevolati e passano per l’approvazione di Invitalia (Agenzia Nazionale per l’Attrazione d’Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa).

Coloro che fossero interessati, possono chiedere assistenza tecnica online collegandosi al sito Web dedicato, che per un anno è totalmente gratuita, ma anche agevolazioni finanziarie per i propri investimenti fino a 25.800 euro IVA esclusa.

Il prestito d’onore può essere richiesto da tutti i residenti italiani da almeno 6 mesi che abbiano raggiunto la maggiore età e risultino disoccupati o gli inoccupati alla ricerca della prima occupazione e desiderino avviare un’attività di lavoro autonomo sotto forma di ditta individuale.
Ai cittadini extracomunitari è richiesto il possesso della carta di soggiorno o il permesso di soggiorno valido per almeno i 12 mesi successivi alla data di presentazione della domanda.

Questo particolare finanziamento è concesso a coloro che devono aprire una nuova partita Iva e può essere richiesto anche dai professionisti iscritti ad un Albo professionale, ad esempio per aprire uno studio di consulenza.
La sede della nuova attività deve essere in Italia e svolta per almeno 5 anni a partire dalla data della delibera e della concessione dell’agevolazione.

All’interno di questo lasso di tempo, anche in caso di estinzione del prestito, l’attività non può essere ceduta, né si può stipulare un contratto a tempo pieno, mentre possono essere svolti altri lavori di carattere occasionale, che lascino dunque il tempo necessario per dedicarsi all’attività avviata.

I settori di attività concessi sono quelli di produzione di beni; fornitura di servizi; commercio, mentre sono escluse le attività di produzione agricola; pesca; acquicoltura. Escluse anche le spese relative all’acquisto di veicoli per il trasporto di merci su strada per conto di terzi.

I finanziamenti prevedono un contributo a fondo perduto fino al 50% delle spese sostenute, per un massimo di 15.500 euro, più un finanziamento a tasso agevolato per una copertura pari al 100% delle spese finanziabili. La durata del finanziamento potrà di essere di 5 anni, con rate trimestrali.
Per la gestione invece il contributo viene concesso a fondo perduto, per un importo massimo di 5.165 euro.

Sono ritenute ammissibili le spese sostenute dopo la data di ammissione alle agevolazioni per l’acquisto di attrezzature e macchinari impianti e allacciamenti; beni immateriali a utilità pluriennale; ristrutturazione di immobili, entro il 10% del valore degli investimenti.

Per il contributo a fondo perduto concesso per la gestione dell’attività per il primo anno sono considerate ammissibili le spese per l’acquisto di materiali di consumo, semilavorati e prodotti finiti; utenze e canoni di locazione per gli immobili; oneri finanziari.

Vera MORETTI

Norme per i contratti di lavoro con partita Iva

Il Ministero del Lavoro ha voluto chiarire, con una circolare, alcuni aspetti della Riforma del Lavoro riguardanti i contratti di assunzione e le categorie di professionisti esclusi dalla norma.

Esistono, infatti, alcune condizioni che determinano l’obbligo di trasformazione del contratto della partita IVA in collaborazione a progetto o in lavoro a tempo indeterminato, ribadendo l’inversione dell’onere della prova.

La prestazione lavorativa resa da un titolare di partita IVA è da considerarsi un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano due delle seguenti circostanze:

  • durata superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare: si tratta di 241 giorni lavorati, anche se non continuativi;
  • corrispettivo superiore all’80% di quanto complessivamente percepito dal collaboratore nell’anno solare: la disposizione serve a individuare e scoraggiare situazioni di mono-committenza;
  • postazione fissa di lavoro presso una sede del committente: la circolare precisa che sono comprese anche quelle ad uso non esclusivo.

Non scatta la trasformazione del contratto nei casi prestazione lavorativa:

  • connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività: il “grado elevato” delle competenze e le rilevanti esperienze possono essere comprovate da titoli di studio, qualifiche o diplomi da apprendistato, qualifiche o specializzazioni attribuite da un datore di lavoro per almeno dieci anni;
  • svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte un minimale annuo che per il 2012 è pari a 14mila 930 euro.

Non si parla di subordinazione nemmeno nel caso di prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di professioni regolamentate da un ordine, collegio, albo.

Coloro che sono in possesso di partita Iva, ma non dei requisiti richiesti, devono considerare la propria posizione come contratto a progetto, ma in questo caso occorre sempre basarsi sulla Riforma del Lavoro e le nuove norme che regolano i contratti di questo tipo.
Questo significa che se la “falsa” Partita IVA non rispetta nemmeno i requisiti del contratto a progetto, il contratto di lavoro diventa automaticamente a tempo indeterminato.

Ciò che è davvero cambiato è l’inversione dell’onere della prova, perché non è più il lavoratore a dover dimostrare che in realtà il rapporto di lavoro maschera un tempo indeterminato a un’altra forma contrattuale, ma è l’azienda che deve eventualmente dimostrare il contrario.

Vera MORETTI

Professionalità e pragmatismo: il futuro delle libere associazioni

 

Concludiamo la nostra settimana dedicata alle libere associazioni professionali con un focus dedicato ai manager professionisti e alla managerialità vista in chiave più trasversale: abbiamo intervistato Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, l’associazione nata quasi 20 anni fa come ItalQuadri, allo scopo di raccogliere e valorizzare le figure di quadri e alte professionalità.

Libere associazioni professionali: quale sarà il vostro futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Se questa legge molto imperfetta passerà, le associazioni dovranno assumere un ruolo diverso: prima di tutto aiutare tutte le associazione che ne fanno parte a soddisfare gli standard della legge stessa, ma dall’altra parte le libere associazioni si dovrebbero trasformare in qualche modo. Se fino ad oggi sono state un luogo di pressione nei confronti della politica perché venissero discussi e affrontati certi argomenti, adesso occorre cambiare ‘attrezzatura’. La riforma nasconde però anche un grosso rischio: se la legge vale per tutti e ciascuno la può fare senza bisogno di nulla, il rischio di un impoverimento di coordinamenti e associazioni esiste, ed è reale. Le associazioni non potranno più essere basate unicamente sulla soddisfazione dei bisogni della certificazione, ma occorre fare il passo successivo. Con questo non intendo la nascita di nuovi ordini, ma occorre pensare piuttosto a come aumentare la qualità delle prestazioni all’interno delle varie associazioni, stando attenti a non cadere nella trappola dell’Uni. Sarà necessario poi lavorare sulla qualificazione dei vari livelli, e come terzo punto occorre capire come puntare sulla certificazione delle professione.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
I nostri associati hanno una visione politica, la nostra età media è abbastanza bassa, ci sono pochissimi pensionati, a differenza delle altre associazioni. Per noi tutto ciò che migliora e punta a rompere certi schemi viene visto in maniera positiva, per noi è una soddisfazione per il cambiamento un passo per andare verso una maggiore tutela della professionalità. Tra i nostri associati ci sono anche molti iscritti agli albi professionisti, come architetti, ingegneri, e sono critici nei confronti degli albi professionali, ne vedono i limiti e questo cambiamento indica davvero una strada e una direzione verso la quale andare, ossia diventare davvero europei, come accade ad esempio nei Paesi Anglossasoni, dove gli ordini non esistono ma ci sono associazioni fortissime che costringono a tenersi costantemente aggiornati, a rispettare determinati standard, pena l’esclusione. In Italia non mi risulta che gli ordini siano così severi. Quindi il cambiamento dovrebbe portare a un miglioramento, come la concorrenza migliora il mercato.

Quadri e altre professionalità: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?

Noi siamo un’associazione orizzontale, non verticale come le altre e rappresentiamo una situazione un po’ anomala rispetto alle altre associazioni iscritte al Colap. Praticando trasversalmente tutte le attività, siamo nella condizione di vedere in maniera diversa dagli altri, più trasversale, quali siano i problemi che devono essere affrontati Questo perché non puntiamo alla qualificazione dei nostri iscritti, perché sono troppo variegati, quindi siamo portatori di una visione diversa. I parametri su cui noi lavoriamo come associazione sono la managerialità, intesa nel senso anglosassone di capacità di risoluzione dei problemi, presidio dei processi, gestione di budget e personale, managerialità che si esplica in tutti i campi, sia nel mondo dei dipendenti che dei consulenti. Questo mix permette di confrontare idee, di creare sinergie, di spingere al cambiamento.

Federmiddlemanagement fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Stare nel CoLAP per noi come associazione ‘orizzontale’significa avere contatti con le associazioni più ‘verticali’, che permettono la tutela della professionalità specifica e tecnica del singolo associato. Il rapporto con altre associazioni ci permette di ‘passare’ i nostri iscritti per il miglioramento della professionalità specifica di ciascuno, ma anche di avere contatti con chi è bravo in quel campo, di poter usufruire di una formazione continua. Da qualche tempo abbiamo iniziato una mappatura delle professionalità raccolte entro la nostra associazione, e per le 2 o 3 più significative abbiamo cominciato a prendere contatti con le associazioni specifiche: per gli esperti di marketing ad esempio siamo riusciti a creare una sinergia con lADICO, associazione più specifica che fa sempre parte del CoLAP.

Se un professionista è già iscritto ad un albo professionale, qual è la ragione che lo spinge a iscriversi ad un’associazione come la vostra?
Faccio un esempio: se un ingegnere iscritto all’albo si ritrova a ricoprire la posizione di quadro, nel reparto gestione e controllo all’interno di una grande azienda, avrà bisogno non solo dei crediti formativi che gli fornirà il suo albo, ma anche di contatti di tipo culturale, di servizi. La frase dell’altro giorno del Presidente Monti che ricordava come la sanità pubblica debba essere ripensata, la si traduce con ‘ognuno di noi cominci a pensare a una polizza assicurativa personale o integrativa’. Quindi il senso è proprio questo: l’iscrizione ad un’associazione come la nostra deve essere vista come una possibilità o necessità complementare, a seconda dei bisogni. Occorre cominciare ad offrire un mix di professioni e servizi entro cui il professionista possa scegliere cosa che lo aiuta a lavorare, e a vivere meglio. Un mix virtuoso che permetta anche di superare il dualismo tra albi e associazioni.

Perché in Italia gli albi professionali e il corporativismo sono così forti, a suo avviso?
Propongo due riflessioni: il provvedimento sull’obbligatorietà della media conciliazione e il ruolo svolto dall’ordine degli avvocati, che ne hanno svuotato completamente i punti di forza perché hanno letto nel provvedimento una diminuzione delle loro capacità e possibilità e quindi del loro mercato. La foRza degli albi professionali in Italia è presto detta: quanti avvocati siedono nel Parlamento italiano? A mio avviso per la soluzione non è attaccare gli ordini come ‘cattivi’ ma riuscire a far capire la politica, che però è interpretata molto spesso dagli stessi iscritti agli ordini, che è un errore. Noi continuiamo a parlare di Europa però l’Italia è l’unico Paese che porta avanti ancora il discorso degli ordini, mentre il modello anglosassone è oggi quello che viaggia in tutto il mondo: il famoso ‘tesserino’ all’estero non viene riconosciuto per la maggior parte delle professioni, quello che conta è la laurea, i voti, le esperienze maturate. Un giorno o l’altro capiremo anche noi che è necessario fare un passo avanti, o forse saranno gli altri a costringerci a farlo.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Aumentare la capacità di far capire al sistema quanto sia importante la segmentazione delle professionalità, che potrebbe portare a costruire modelli diversi per ognuno, con una base unificata e unificante e con obiettivi che siano ‘alti’. Questo porterebbe le associazioni ad affrontare temi di etica e dare un significato più ampio alla parola ‘associazione’, sul modello anglosassone che significa pragmatismo, creazione della ‘rete’ che non è data solo dai numeri ma intesa come condivisione di azioni, in modo che altri come loro possano identificarsi nelle soluzioni. E’ una strada lunga, ma è l’unica da percorrere.

 

Alessia CASIRAGHI

Albi professionali: ma servono davvero?

Dopo il faccia a faccia con Giuseppe Lupoi, Presidente di CoLAP, oggi Infoiva cerca di sondare più da vicino quali sono gli umori e le dinamiche interne delle associazioni di professionisti che fanno parte del Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali.

E lo fa con Adico, l’associazione che raggruppa i direttori di marketing, vendite e comunicazione, che non possono fregiarsi di un albo professionale vero e proprio. Ma quanto conta davvero? Lo abbiamo chiesto a Eugenio Casucci, consigliere delegato di Adico.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
In senso generale la riforma delle professioni dovrebbe portare un maggior peso nell’azione di regolamentazione dei servizi resi all’utenza, quindi il vantaggio è chiaramente per chi fa uso dei servizi del professionista. E’ chiaro che questo vantaggio per l’utente finale dipende molto dal tipo di professione che viene rappresentata dalla singola associazione: questo tipo di garanzia e il fatto stesso che il professionista appartenga ad un’associazione riconosciuta, che gli ha dato delle regole, è tanto più importante quanto il rapporto è di tipo professionale. Il caso più classico riguarda i possessori di partite Iva nei confronti di azienda o privati ai quali forniscono servizi.

Qual è, oggi, l’ “umore” dei vostri associati?
Abbastanza tiepido. In buona parte i nostri associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda quindi operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti. Dall’altra parte, in un contesto come quello che stiamo vivendo, interessato da un continuo mutamento delle dinamiche del mercato del lavoro, molti manager sono diventati consulenti, soprattutto nelle piccole e medie aziende. Per questa categoria, ovvero per chi opera come consulente con partita Iva, in linea teorica l’esigenza della creazione di un albo professionale dovrebbe essere maggiormente avvertita, e in effetti è quello che avviene, ma non la avvertono come prioritaria. Storicamente infatti la professione del direttore commerciale, marketing o vendite non si riconoscono nei confronti del loro rapporto di lavoro con la proprietà dell’azienda in termini di ‘tesserino’ o iscrizione ad un albo, ma in termini di professionalità: quello che conta è quello che sanno fare e la capacità di ottenere risultati per l’azienda indipendentemente dal fatto di essere riconosciuti da un albo professionale.

Direttori commerciali, vendite e marketing: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Capacità di affrontare e risolvere rapidamente i problemi di un mercato in rapidissima e continua evoluzione, sia a livello di scenario (aziende, prodotti, etc) nei confronti di una concorrenza sempre più globalizzata, sia a livello degli strumenti con cui operare, dal web ai social. Il mondo di internet oggi riveste un’importanza determinante, anche al di là delle singole categorie di prodotto: dai siti, ai blog, alla web reputation. Quello che oggi viene richiesto in termini di professionalità ai nostri associati è che sappiano capire in tempi rapidi che cosa occorre fare a livello di marketing e il saper vendere bene.

Adico fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Adico fa parte del CoLAP e si attende che questa normazione produca degli strumenti validi per tutti, anche se ci rendiamo conto che non si tratta di un’impresa facile, considerate le peculiarità e le differenze delle singole professioni. Per rendersi conto di questa varietà e disomogeneità basta scorrere la lista delle associazioni iscritte al CoLAP. Questa varietà è evidente che porti con sé delle difficoltà intrinseche nello stilare una norma che sia quanto più stringente e facilmente attuabile: il rischio infatti e di fare una norma troppo generica, che alla fine non soddisfa nessuno. Credo che in questo senso il CoLAP abbia esaurito, in positivo, la sua necessità d’essere: nel momento in cui verrà approvata una norma, molte delle ragioni per cui il CoLAP esiste verrebbero a cadere, perché finalmente si arriverebbe a una norma condivisa.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Gli organi professionali regolamentati (giornalisti, medici, avvocati, architetti…) dovrebbero servire a garantire il livello base di servizio all’utenza, dalla conoscenza accurata della propria professione al rispetto della deontologia. A questo vanno aggiunti altri due aspetti importanti: in Italia gli albi professionali fissano anche le tariffe minime per l’erogazione dei servizi, e gestiscono i fondi pensionistici e sanitari. Inoltre costituiscono una barriera di ingresso, e per i professionisti, essere iscritti ad un albo significa in larga parte ‘vantaggi’. Quindi è fuori di dubbio che farne parte è interesse di ogni professionista. Volendo però mettere in luce quelli che sono i limiti, in Italia, dell’istituzione degli albi professionali è che nessuno garantisce direttamente alcuna forma di aggiornamento professionale obbligatorio nel tempo. Occorrerebbe maggiore controllo, ma il corporativismo resta forte perché chiaramente ogni albo professionale offre dei vantaggi.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
La principale motivazione per appartenere ad un’associazione che ponga paletti o regole nell’iscrizione e nel mantenimento della qualifica dovrebbe stare in una richiesta formale da parte della clientela: nel caso di Adico non si tratta dei privati ma delle aziende, medie, grandi e piccoli, che scelgono i propri manager indipendentemente dall’esistenza di un albo. Se non c’è la richiesta non nasce nemmeno la necessità.

 

Alessia CASIRAGHI

Se il buono pasto viaggia su smartphone

 

Una rete di oltre 100.000 locali convenzionati, tra gastronomie, bar e ristoranti, tecnologia avanzata nella distribuzione di ticket restaurant su tutto il territorio nazionale e le idee chiare sul futuro. Infoiva quest’oggi è andata alla scoperta di una delle aziende leader nella fornitura di buoni pasto in Italia, Day Ristoservice. Nata nel 1987  dall’alleanza tra Camst, una delle più importanti realtà che riguardano la ristorazione italiana, e la società francese Groupe Chèque DéjeunerDay Ristoservice è all’avanguardia oggi nella creazione e implementazione di servizi dedicati alla ristorazione, in particolare per quanto concerne la virtualizzazione del buono pasto, da quello elettronico (DayTronic) alla tecnologia NFC, che smaterializza il buono pasto, trasferendone il valore negli smartphone e nelle app.

A raccontarcelo è Marc Buisson, Direttore generale di Day Ristoservice Spa. 

Che impatto hanno avuto sul vostro business le recenti manovre della spending review?
Il valore facciale di 7 euro sul buono pasto imposto dalla manovra del Governo ha fatto diminuire notevolmente i volumi di emissione ed essendo Day Ristoservice fornitore di 2 lotti Consip l’impatto non è da poco. Consip tuttavia ha allungato i tempi di fornitura, per dare la possibilità alle Pubbliche Amministrazioni di beneficiare dei volumi prenotati e creare meno disagi possibili. I costi a nostro carico sono lievitati con le procedure di reso e riordino di buoni con nuovo valore, con conseguente aggravio di lavoro per tutto l’apparato produttivo e di Assistenza clienti.

Chi sono gli utilizzatori tipo dei vostri buoni pasto? Dipendente, professionista…
Day Ristoservice opera da 25 anni a livello nazionale e fornisce il servizio buoni pasto a clienti di ogni tipologia: aziende private, pubbliche e liberi professionisti. Un gruppo di clienti importanti e fortunatamente in costante crescita grazie ai nostri servizi personalizzati in base alle esigenze del cliente.

Come vengono utilizzati i buoni pasto da voi erogati? Per consumare un pasto o per fare la spesa? In che percentuale?
La valenza sociale del buono pasto, che è nato in Francia oltre 40 anni fa è molto forte: permette ai dipendenti di accedere ad una alimentazione sana ed equilibrata senza costi a suo carico. Day favorisce il commercio di prossimità, infatti abbiamo una rete di oltre 100.000 locali convenzionati, che si affiancano alle gastronomie della grande distribuzione. Il recente studio dell’Università Bocconi di Milano sul mondo del buono pasto dimostra come la versatilità del buono pasto sia il suo punto di forza, infatti viene speso in uguale misura in ristoranti, mense, bar e pizzerie come nelle gastronomie dei supermercati.

Quante sono le piccole imprese in Italia che decidono di rivolgersi a voi per offrire i buoni pasto ai propri dipendenti? Per voi, che quota di mercato rappresentano?
Noi per primi ci siamo resi conto che il servizio buoni pasto può essere un ottimo strumento per la piccola impresa e per i liberi professionisti in cerca di un servizio di ristorazione conveniente. Già da diversi anni proponiamo soluzioni diverse in base alle tipologie di clienti. Piccole aziende e liberi professionisti trovano informazioni chiare e puntuali sul sito ufficiale e hanno un Numero verde dedicato per avere subito risposta ai quesiti ed essere accompagnati all’acquisto instaurando un rapporto di fiducia con un referente personale. Un canale diretto è il sito e-commerce, il primo in Italia e il più conosciuto che consente in 4 semplici passaggi di acquistare buoni pasto per sé o i propri dipendenti in assoluta sicurezza. Oltre al buono pasto, proponiamo alla piccola impresa anche il buono regalo Cadhoc, un prodotto nato e già molto diffuso in Francia che assolve l’esigenza di incentivare e omaggiare dipendenti e clienti o fornitori.

Perché una piccola azienda o un professionista con partita Iva dovrebbero scegliere di servirsi di un buono pasto? Quali sono i vantaggi?
Una piccola impresa che acquista buoni pasto per i propri dipendenti gode degli stessi vantaggi di una grande azienda. Offre un benefit quotidiano sicuramente gratificante e utile e recupera interamente il costo sostenuto deducendo la fattura. Fino al valore di €5.29 il buono pasto è esente da oneri contributivi, quindi il dipendente non subisce alcun tipo di trattenuta in busta paga. Il libero professionista ha un vantaggio diverso, perché può servirsi di buoni pasto per la pausa pranzo quotidiana senza avere più l’onere di richiedere la fattura al ristoratore per poter scaricare la spesa effettuata. Consegnerà al commercialista solo la nostra fattura di acquisto, risparmiando tempo e costi di gestione.

Quali sono le difficoltà che si incontrano nella diffusione di una cultura del buono pasto in Italia?
In realtà la cultura del buono pasto in Italia è ben radicata. Uno studio della Regione Lombardia individua il buono pasto come il principale strumento di motivazione e welfare aziendale scelto dai datori di lavoro (65% del panel). Lo Studio dell’Università Bocconi testimonia il fatto che i buoni pasto sono accettati e graditi dalla maggior parte della rete affiliata, che ha così una clientela fidelizzata. Più che difficoltà nella diffusione della cultura, è necessario secondo noi un rinnovamento dal punto di vista tecnologico: è arrivato il momento di fare il gran passo verso il buono pasto elettronico (DayTronic). Con una card a microchip infatti si possono offrire contemporaneamente all’utilizzatore il servizio dei buoni pasto (senza più la necessità di portare con sé il buono pasto cartaceo) e molteplici altri servizi integrati, quali il trasporto, il pagamento dei parcheggi, la rilevazione della presenza in azienda e così via. Abbiamo investito anche sulla tecnologia NFC, che smaterializza il buono pasto. Il valore dei buoni pasto è caricato nei moderni smartphone e basta avvicinare il dispositivo al POS per il relativo pagamento. La “virtualizzazione” dei prodotti è la nostra priorità, per offrire un servizio sempre più immediato, tracciabile, sicuro ai nostri clienti. Del resto siamo stati i primi a lanciare il primo buono completamente dematerializzato, e-cadhoc un buono shopping digitale acquistabile e spendibile on-line.

Quale dovrebbe essere, tenendo conto dell’aumento dei prezzi e del futuro innalzamento dell’aliquota Iva, il valore ‘giusto’ del buono pasto?
Come specificato nello Studio Bocconi, se osserviamo solo l’inflazione nel settore alimentare, il buono pasto dovrebbe avere un valore simile a quello dei Paesi vicini, in particolare la Francia (10 euro/giorno). In Italia invece siamo fermi da più di dieci anni a €5.29. E’ ipotizzabile un aumento iniziale a 8 euro, rivalutato in base all’inflazione ogni anno. Sarebbe un primo passo importante per sostenere il potere di acquisto alimentare per le famiglie.

E’ corretto affermare, secondo lei, che il buono pasto fa bene all’economia italiana? Se sì, perché e quali misure dovrebbe approntare il Governo per sostenere il vostro settore?
Il buono pasto è un sostegno di welfare alle famiglie e motivazionale per i dipendenti. Consente di dare sollievo in un comparto, quello alimentare che soffre in modo rilevante la crisi economica. Questo tipo di servizio infatti è una boccata di ossigeno per il commercio di prossimità che può avvalersi di una clientela fidelizzata e costante. Rappresenta un volano economico per lo Stato, e proprio per tutelare un mercato economicamente virtuoso proponiamo al Governo le due misure identificate nello Studio Bocconi: aumento del valore nominale esente e passaggio al buono pasto elettronico. Un incoraggiamento normativo del buono pasto elettronico ci avvicinerebbe agli altri Paesi europei da tempo fattivamente impegnati in questa direzione.

 

Alessia CASIRAGHI

 

Le modifiche della riforma del lavoro sui contratti di lavoro

Tra le modifiche apportate dalla Riforma del lavoro ce n’è una relativa ai contratti di lavoro.
Per quanto riguarda, poi, i lavoratori a partita Iva, la riforma Fornero è intervenuta sulla tipologia contrattuale non solo per quelle prestazioni “classiche” rese da professionisti iscritti in Albi, ma anche per le collaborazioni generiche stabili che le parti hanno voluto sottrarre al regime del lavoro subordinato o delle collaborazioni a progetto.

La norma di riferimento dispone che al ricorrere di determinate condizioni, la collaborazione resa dalla persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, debba essere ricondotta nella fattispecie del contratto di collaborazione a progetto.
Il rapporto a partita IVA dovrà essere riqualificato in un contratto di collaborazione a progetto, a meno che non venga fornita, dal committente, prova contraria.

Vediamo nel dettaglio quali casi rientrano nella norma:

  • la durata complessiva della collaborazione è superiore al periodo di 8 mesi nell’arco dell’anno solare ;
  • il “lavoratore” ha a disposizione una postazione fissa di lavoro, presso la sede dello stesso committente;
  • il corrispettivo percepito (sempre dallo stesso committente) è superiore all’80% dei guadagni.

Se ci si trova in presenza di almeno due di queste condizioni, i prestatori di lavoro sono identificati quali subordinati e quindi devono essere trasformati in collaboratori a progetto oppure in dipendenti.

Questo significa che l’applicazione del contratto a progetto comporta l’obbligo di individuare un progetto specifico, focalizzato su un risultato concreto che non potrà coincidere con l’oggetto stesso dell’attività aziendale.
Su quanto deliberato dalla riforma è stato modificato l’arco temporale, che ora prevede che la presunzione introdotta dalla precedente riforma debba essere verificata su un arco temporale di due anni.

Vera MORETTI

Vendi spazi pubblicitari? Allora ti stanno cercando!

Ecco l’annuncio proposto oggi da Infoiva tra quelli sul portale di Monster.it.

Vediamolo nel dettaglio:

OBIETTIVO LAVORO Filiale di Padova cerca, per azienda cliente operante nel settore web marketing, con sede nel Comasco, un/a AGENTE VENDITA SPAZI PUBBLICITARI JUNIOR.

AGENTE VENDITA SPAZI PUBBLICITARI JUNIOR

Con lo scopo di ampliare la rete commerciale, la nuova risorsa si occuperà della vendita di spazi pubblicitari su media esclusivo, basato sulle nuove tecnologie App – Web – SocialNetwork. Si precisa che l’agente avrà libertà territoriale nel creare il proprio portafoglio clienti.
Requisiti: Partita Iva attiva o disponibilità ad aprirla, minima esperienza nella vendita, passione per le nuove tecnologie informatiche e propensione al web.
Ai candidati si richiede forte attitudine commerciale, buona comunicazione e presenza.
Inizio attività lavorativa: da subito.
L’azienda offre una collaborazione di Agente Enasarco (Partita Iva) con interessante piano provvigionale e rimborso spese. E’ prevista formazione specifica.
Zone di lavoro: Padova

Filiale di PADOVA
Piazzetta De Gasperi 49/50
Tel 0498766513
Fax 0498766293

Riepilogo Annuncio

Località
Padova 35100

Settore
Pubblicità e Pr

Contratto
Full Time
A progetto

Livello Istruzione
Scuola dell’obbligo

Livello di Carriera
Diplomato

Codice Riferimento
320494

Per saperne di più, Monster.it.

AGENZIA IMMOBILIARE CERCA COLLABORATORE. VUOI ESSERE TU?

L’annuncio di oggi che Infoiva ha selezionato da Monster.it riguarda gli agenti immobiliari.
Ecco il dettaglio dell’annuncio:

Per rinomata agenzia immobiliare in zona Saronno cerchiamo un/a

AGENTE IMMOBILIARE

in possesso di partita iva (o con disponibilità ad aprirla).

Posizione e Requisiti:
La persona che cerchiamo dovrà avere comprovata esperienza nel settore immobiliare e nella ricerca di immobili, buone capacità di relazionarsi con i clienti e disponibilità a spostarsi sul territorio.
Saranno considerate positivamente eventuali capacità ed esperienze nella gestione di pratiche d’ufficio (in agenzie immobiliari) e del personale.
Si offrono provvigioni di sicuro interesse per i candidati.

Sede di lavoro:
Zona Saronno.

Per partecipare alle selezioni:
Effettuare la registrazione sul sito www.etjca.it, inserire un curriculum vitae aggiornato e completo (specificando anche l’attuale condizione lavorativa e l’eventuale possesso di partita iva) e rispondere all’annuncio.

Riepilogo Annuncio

Località
Saronno, Lombardia Italia

Settore
Commercio al dettaglio

Contratto
Full Time
A progetto

Livello di Carriera
Con esperienza

Codice Riferimento
88347

Per ricevere ulteriori informazioni, Monster.it.