Pensioni lavoratori precoci con quota 41, chi può avere lo sconto nel 2022?

Per i lavoratori che abbiano iniziato a lavorare all’età dell’adolescenza, anche per il 2022 si potrà usufruire delle pensioni anticipate a quota 41. La misura dei precoci, infatti, consente ai contribuenti di uscire da lavoro al raggiungimento dei 41 anni di contributi con una finestra mobile di 3 mesi. Tuttavia, non si tratta di una quota 41 per tutti, anche se non esiste un’età minima per andare in pensione. Infatti, i precoci devono soddisfare determinati requisiti per lasciare il lavoro da “precoci”.

Pensioni precoci, quali sono i requisiti richiesti di contributi e condizioni lavorative?

Il primo requisito delle pensioni precoci per agganciare l’uscita con 41 anni di contributi è quello secondo il quale è necessario aver versato un anno di contributi prima del raggiungimento dei 19 anni di età. Si tratta di un requisito di carattere generale che deve essere soddisfatto da chiunque voglia uscire con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età di pensionamento. Tuttavia, a questo requisito è necessario abbinare, alternativamente, uno dei restanti quattro requisiti. Si tratta dello stato di disoccupazione, dell’assistenza di un familiare con handicap o della non capacità lavorativa e dell’appartenenza a una delle categorie di lavoratori impiegati in mansioni usuranti.

Andare in pensione con la misura per i precoci per chi è senza lavoro

Il primo dei tre requisiti richiesti delle pensioni per i precoci è quello di trovarsi nello stato di disoccupazione. Ovvero il richiedente la pensione deve trovarsi in questo stato in seguito alla cessazione del proprio rapporto di lavoro per licenziamento, risoluzione consensuale o per dimissioni per giusta causa. Il licenziamento può essere avvenuto anche in maniera collettiva. In tutti i casi, per ottenere la pensione è necessario aver già espletato da almeno tre mesi la prestazione prevista per la disoccupazione.

Pensioni con quota 41 per chi assiste convivente con handicap o ha riduzione capacità lavorativa

Ammessi alla pensione dei precoci anche i soggetti che assistano il coniuge o un parente di primo grado convivente in situazione di handicap grave. L’assistenza deve avvenire da almeno 6 mesi e può estendersi anche ai parenti e affini di secondo grado conviventi quando i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano almeno 70 anni, o con patologie invalidanti, o siano mancanti o deceduti. Sono ammessi alle pensioni con quota 41 anche i contribuenti che abbiano subito la riduzione della capacità lavorativa almeno al 74%.

Ammessi alle pensioni precoci anche i lavoratori impiegati in mansioni gravose o usuranti

Sono ammessi alla pensione dei precoci anche i lavoratori impiegati in mansioni gravose o usuranti. L’attività deve essere svolta da non meno di 7 anni rispetto agli ultimi 10. In alternativa il lavoro deve essere stato svolto, al momento del pensionamento, da almeno 6 rispetto agli ultimi 7 anni. Inoltre, a partire dal 1° gennaio 2022 le categorie dei lavoratori ammesse per svolgimento di attività usuranti sono state estese. Le categorie, come i requisiti inerenti i disoccupati, i caregiver e gli invalidi civili, sono le medesime richieste per le pensioni con uscita Ape sociale.

Categorie lavorative ammesse alle pensioni precoci con quota 41 come usuranti nel 2022

Sono ammessi alle pensioni dei lavoratori precoci in quanto facenti parte di attività definite “usuranti” o “gravose” le seguenti categorie lavorative:

  • gli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
  • i conduttori delle gru e di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
  • i conciatori di pelli e di pellicce;
  • i conduttori di convogli ferroviari e il personale viaggiante;
  • il personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere, con organizzazione del lavoro su turni;
  • i conduttori di mezzi pesanti e di camion;
  • gli addetti all’assistenza personale di soggetti in condizioni di non autosufficienza;
  • i docenti della scuola dell’infanzia, gli educatori degli asili nido e le professioni assimilate;
  • i facchini, gli addetti allo spostamento delle merci e gli assimilati;
  • il personale non qualificato per i servizi di pulizia;
  • gli operatori ecologici e gli altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
  • gli operatori agricoli, della zootecnia e della pesca;
  • i pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare sia dipendenti che soci di cooperative;
  • i lavoratori del settore siderurgico di prima e di seconda fusione; i lavoratori del vetro addetti a mansioni ad alte temperature non già rientranti nella normativa del decreto legislativo numero 67 del 2011 degli usuranti;
  • i marittimi imbarcati a bordo e il personale viaggiante dei trasporti marini e delle acque interne.

Pensionati con quota 41 dei lavoratori precoci, possono svolgere altri lavori?

Chi sia andato in pensione come precoce con la quota 41 non può cumulare i redditi relativi allo svolgimento di un lavoro (sia da dipendente che da autonomo) con la pensione. Il divieto vige per tutto il periodo di decorrenza della pensione, fino a raggiungere il diritto al pensionamento se non avessero beneficiato della deroga ai requisiti ordinari di uscita da lavoro. La domanda di pensione con quota 41 deve essere presentata entro il 1° marzo di ciascun anno. La seconda scadenza annuale è fissata al 15 luglio. L’ultima scadenza è relativa al 30 novembre, ma in questo caso è necessario verificare che siano residuate le risorse finanziare per beneficiare della misura.

Trattamento di fine rapporto (Tfr) o di fine servizio (Tfs) nel caso di pensione dei lavoratori precoci

Nel caso di pensione ottenuta con la quota 41 dei lavoratori precoci, il Trattamento di fine servizio (Tfs) dei subordinati del pubblico impiego e il Trattamento di fine rapporto (Tfr) dei lavoratori del settore privato decorreranno dal momento in cui il neopensionato abbia raggiunto i requisiti per andare in pensione con i requisiti ordinari. Alla decorrenza andranno sommati anche gli ordinari termini di differimento, consistenti in un anno per la vecchiaia e in 24 mesi per la pensione anticipata.

Pensione anticipata dal 2023: resta la riforma Fornero e poi? le ultime

La pensione anticipata è la misura che insieme alla pensione di vecchiaia rappresenta uno dei due pilastri del sistema. Una misura che salvo cose estreme e cambiamenti radicali da parte del governo, resterà attiva anche nel 2023.
Sarebbe diverso se il governo accettasse, cosa oggi assai improbabile, alcune proposte dei sindacati, soprattutto quella che mira ad estendere a tutti il beneficio di quota 41.

Pensione anticipata nel 2023, ancora la riforma Fornero a farla da padrona

La pensione anticipata è quella misura che la riforma delle pensioni di Elsa Fornero ha introdotto in sostituzione delle pensioni di anzianità. Con il decreto “Salva Italia” del governo presieduto dal Premier Mario Monti, nel 2011 si decise di dare un taglio più aspro alle pensioni, inasprendo i requisiti di accesso. E così con la riforma “lacrime e sangue” della professoressa Elsa Fornero si arrivò a questa pensione anticipata.
Di inasprimento in inasprimento, la pensione anticipata si centra al raggiungimento di un unico requisito, quello contributivo. Nella misura inoltre è stato introdotto un trattamento differente in base al genere del richiedente. Le donne infatti hanno un trattamento agevolato, anche se di poco.

Pensione anticipata,i requisiti in sintesi

Ma quali sono i requisiti per la pensione anticipata nel 2022 e nei prossimi anni? Nel dettaglio la pensione anticipata nel 2022 si centra con:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne;
  • 35 anni di contributi effettivi, al netto dei figurativi da disoccupazione o malattia.

Sulla misura grava una finestra di 3 mesi. In sostanza, la pensione è erogata a partire dal quarto mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti. Non si centra la pensione, come avviene per le quiescenze di vecchiaia, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello di maturazione dei requisiti.

Come si è arrivasti a 42 anni e 10 mesi di contributi versati

Va detto che si è arrivati a quelle soglie, per via degli incrementi dell’aspettativa di vita, fattore che con la riforma Fornero è rimasto in piedi per adeguare i requisiti di accesso alle pensioni, alla stima di vita degli italiani come calcolato dall’Istat.
A salvaguardare la pensione anticipata però, un recente indirizzo dato dal governo nei primi mesi di questa legislatura. È stato, di fatto, congelato il collegamento delle pensioni anticipate alla stima di vita. In pratica, anche nel 2023 (ma sarà così fino al 2026,sempre al netto di interventi del legislatore) nessun adeguamento è oggi previsto e la pensione anticipata verrà congelata ai requisiti odierni, cioè 42,10 o 41,10 rispettivamente per uomini o donne e senza alcun limite anagrafico.

E se alla fine si arrivasse a quota 41 per tutti? Dal 2023 cambierebbe tutto, anche le pensioni anticipate

Tra le proposte dei sindacati figura sempre la pensione anticipata con quota 41 per tutti. La misura oggi esiste già, ma limitata come platee. Si chiama quota 41 precoci, ed è una misura che rispetto alle pensioni anticipata ha più di qualcosa in comune. L’attuale quota 41 per precoci è distaccata da limiti anagrafici proprio come la pensione anticipata ordinaria. Inoltre, dei 41 anni di contributi richiesti, almeno 35 devono essere al netto dei contributi figurativi da disoccupazione o malattia, alla stregua delle pensioni anticipate canoniche.
Ciò che varia è la platea di riferimento. La misura è indirizzata ai precoci, coloro che hanno completato almeno un anno di contributi versati, non necessariamente continui, prima dei 19 anni di età. Inoltre la prestazione conosciuta come quota 41 precoci si applica solo a 15 attività di lavoro gravoso che comprendono tra le altre, ostetriche e infermieri delle sale operatorie e delle sale parto, edili, camionisti e maestre o educatori di asili nido e scuole dell’infanzia.
Altre categorie a cui si applica l’attuale quota 41 sono i disoccupati, alcuni invalidi e chi assiste un parente stretto disabile grave (cd caregivers).

Quota 41 per tutti, misura che cancellerebbe la pensione anticipata

Tra le ipotesi allo studio del Governo per evitare l’applicazione della Legge Fornero dal 2023 anche Quota 41

Con la quota 41 per tutti invece, il vantaggio di un anno e 10 mesi per gli uomini, e di 10 mesi per le donne,  è evidente. Un discreto vantaggio rispetto alle quiescenze anticipate ordinarie che si estenderebbe alla generalità dei lavoratori, rendendo la pensione anticipata inutile. Chi resterebbe al lavoro fino a 42 anni e 10 mesi se si da la facoltà di uscire con 41 anni di versamenti e soprattutto, con le stesse regole di calcolo? A meno che non si colleghi la quota 41 per tutti al ricalcolo contributivo della prestazione. Soluzione questa che andrebbe a differenziare questa misura, dalla pensione anticipata rendendola penalizzante come importo.
Una via questa che potrebbe però essere determinante nella scelta del governo di arrivare per davvero alla quota 41 per tutti. Ogni cavillo, vincolo o requisito aggiuntivo volto a rendere meno appetibile una misura, permetterebbe al governo di avere più facilità nell’approvare una misura per via del contenimento della spesa previdenziale. Un principio questo che è stato alla base sempre, di qualsiasi misura previdenziale varata negli ultimi anni. In pratica, varare una misura e renderla il meno appetibile possibile.

Anche la pensione flessibile a 62 anni potrebbe rivoluzionare il sistema

Parliamoci chiaro, oggi e nel 2023 se non si vuole aspettare la pensione di vecchiaia a 67 anni l’alternativa fissa resta solo una. Ed è quella della pensione di vecchiaia ordinaria. Le altre misure, chi come vincoli di platea (anticipata contributiva, anticipata per invalidi, Ape sociale e così via) e chi come scadenza (la quota 102 nel 2023 sparirà), non rappresentano solide soluzioni. Non si tratta di vie atte ad evitare di dover arrivare ai 67 anni per mettersi a risposo.
Ma potrebbe essere introdotta un’altra misura che può essere definita insieme alla quota 41 per tutti, il cavallo di battaglia dei sindacati. Parliamo naturalmente della pensione flessibile dai 62 anni di età. Una misura che offrirebbe una opzione a tutti i lavoratori, cioè quella di decidere liberamente ed in base alle proprie esigenze, di centrare la quiescenza una volta raggiunta l’età minima di 62 anni e la carriera contributiva minima di 20 anni.

Soluzione questa che andrebbe anche nella direzione di diventare alternativa alla pensione anticipata. Statistiche alla mano, è proprio a 62 anni l’età più frequente con cui escono i lavoratori con la quiescenza anticipata con 42,10 o 41,10 anni di contributi versati. Evidente quindi che permettere a tutti di accedere alla pensione a 62 anni, anche a coloro a cui mancano pochi anni dal raggiungimento dei 42,10 o 41,10 anni di contributi per le anticipate, sarebbe una autentica manna dal cielo.

Pensione 2022 in anticipo per gli invalidi: le tutele ci sono, ecco come fare

In pensione prima è il sogno di tutti i lavoratori. Ed è l’argomento principale di una riforma delle pensioni che il governo, con l’ausilio dei sindacati, sembra sul punto di iniziare a varare. Il nostro sistema previdenziale è il peggiore o vicino ad esserlo come età di uscita rispetto ai Paesi Europei più vicini a noi come economia.

Ma è anche un sistema che ormai da anni è dotato di misure che anticipano la quiescenza per alcune particolari categorie di persone. Abbiamo infatti le donne a cui si applica il regime agevolato meglio conosciuto come opzione donna. Poi  abbiamo i lavori notturni e usuranti con il loro scivolo. E ancora, i lavori gravosi o i disoccupati o addirittura, chi assiste parenti disabili.

Infine abbiamo i disabili, i soggetti affetti da patologie invalidanti che possono godere di prestazioni assistenziali ma anche di prestazioni previdenziali. Ed è proprio su questo che oggi andiamo ad approfondire, parlando di due misure destinate a chi ha determinate invalidità, ma collegate anche ai contributi versati.

Misure che permettono di accedere alla pensione discretamente in anticipo. Parliamo dell’Ape sociale e della pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile.

L’Ape sociale per invalidi, come funziona

L’Ape sociale è una misura che consente un anticipo di pensione a partire dai 63 anni di età. L’Anticipo pensionistico sociale è limitato a determinate categorie di lavoratori o soggetti in genere. Abbiamo infatti i disoccupati, i caregivers, i lavori gravosi e appunto gli invalidi. Tranne che per i lavori gravosi, per cui oltre ai 63 anni di età come soglia minima per accedere al trattamento pensionistico anticipato, servono 36 anni di contributi (32 per edili e ceramisti), per gli altri, invalidi compresi servono “solo” 30 anni di versamenti.

Per gli invalidi occorre anche avere un grado di invalidità certificato dalle competenti commissioni mediche delle Asl, superiore al 74%. Deve essere la Commissione medica delle Asl a certificare questo grado di invalidità, previo visita nei confronti del contribuente e dopo che il medico di base ha prodotto il certificato medico utile alle richieste delle prestazioni per disabili.

Ricapitolando, per ottenere l’Ape sociale come disoccupati servono i seguenti requisiti:

  • Almeno 63 anni di età;
  • 30 anni di contributi versati;
  • Percentuale di disabilità certificata dalla Commissione Medica Asl superiore al 74%.

La pensione anticipata per invalidità pensionabile

Ancora più vantaggiosa in termini di uscita è la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile. In questo caso deve essere la commissione medica Inps a certificare il grado di invalidità. Per questa misura serve una invalidità pensionabile pari ad almeno l’80%.

La commissione Inps certifica l’invalidità basandosi sulla riduzione della capacità lavorativa del soggetto interessato in base alle mansioni e all’attività lavorativa svolta dallo stesso. Si può uscire con questa misura a 61 anni se il richiedente invalido è maschio, mentre a 56 anni se invece si tratta di una lavoratrice invalida donna. Servono almeno 20 anni di contributi previdenziali versati, alla stregua di quelli necessari per le ordinarie pensioni di vecchiaia a 67 anni.

Va ricordato che la misura prevede 12 mesi di finestra. In altri termini la decorrenza della prestazione è posticipata di 12 mesi rispetto alla data in cui si maturano i requisiti previdenziali che sono:

  • 61 anni di età per gli uomini;
  • 56 anni di età per le donne;
  • 80% di invalidità pensionabile almeno;
  • 20 anni di contributi a qualsiasi titolo versati.

Pensione a 62 anni, si può anche nel 2022 e 2023

La pensione a 62 anni con la quota 100 è ornai il passato. La misura è cessata il 31 dicembre scorso. Finita l’esperienza con questa misura, per chi non ha centrato età e contributi entro la fine del 2021 la quota 100 non è più una opzione. Ma a ciò non vuol dire che non ci sarà chi potrà ancora andare in pensione a 62 anni.

Infatti per qualcuno la quota 100 potrà ancora essere utilizzata, e per molti altri c’è una specie di quota 82, ma assai particolare.

Pensione 2022 con quota 82, come fare?

Stop quota 100 nel 2022, ma la pensione a 62 anni si può ottenere per il tramite di una misura assai particolare. Parliamo dei cosiddetti contratti di espansione.  E si potranno usare anche nel 2023.

I benefici del contratto di espansione, tra questi l’uscita a 62 anni di età, per molti versi sono migliori perfino di quota 100.

Uno scivolo vantaggioso sia come età che come contributi versati. Infatti ne bastano venti. La combinazione 62+20 apre quindi ad una specie di quota 82. Non saranno tanti, ma nemmeno pochi i lavoratori che potranno andare in pensione a 62 anni sia nel 2022 che nel 2023 con questi contratti di espansione.

La popolarità della misura è evidente, soprattutto per quelle aziende, spesso grandi aziende che necessitano di strumenti adatti a rinverdire gli organici e permettere di anticipare la pensione a chi si trova a 5 anni dalla quiescenza ordinaria.

Perché parliamo di aziende? Perché si tratta di una misura che prevede un accordo tra azienda e sindacati in sede ministeriale, con il quale di stabiliscono regole e soggetti a cui destinare quello che a tutti gli effetti somiglia ad un esodo incentivato.

Non tutti i lavoratori quindi potranno accedere al contratto di espansione, ma solo quelli delle aziende che decidono di avviarlo. Ed il lavoratore naturalmente è libero di accettare o meno quello che l’azienda offre. E si tratta di una uscita dal lavoro dai 62 anni con almeno 20 anni di contribuzione, con la stessa azienda che si fa carico di versare l’assegno di prepensionamento in misura pari alla pensione teoricamente spettante alla data di uscita dal lavoro.

Le regole del contratto di espansione

Va detto che siamo di fronte ad una misura abbastanza vantaggiosa, anche se molto particolare e non propriamente pensionistica. Questo perché serve che sia  una azienda a decidere di attivare il contratto di espansione e che siano i lavoratori, a scegliere, sempre tramite accordi sindacali, se accettare.

Possono accedere al contratto di espansione i lavoratori di aziende che hanno in organico almeno 50 dipendenti. Per esempio, da più parti d’Italia si ha notizia di contratti di espansione accesi anche da quella che una volta era la Fiat, cioè l’attuale società italo francese Stellantis, nata dalla fusione tra la nostra FCA e la transalpina PSA.

Evidente la bontà della misura che da un lato consente all’azienda di dotarsi di nuovi lavoratori (il rapporto deve essere un neo assunto ogni 3 fuoriusciti con i contratti di espansione) più inclini alle nuove tecnologie. Dall’altro però consente a lavoratori che si trovano davanti 5 anni ancora per la pensione, di mettersi a riposo anticipatamente.

Il vantaggio per l’azienda deriva pure dal fatto che può sfruttare i mesi di Naspi teoricamente spettanti al lavoratore messo in prepensionamento, per abbattere ciò che la stessa azienda dovrebbe versare al lavoratore stesso. Lo scivolo riguarda pure chi si trova a 5 anni dal centrare la pensione anticipata per la quale servono 42,10 anni di contributi per gli uomini e 41,10 per le donne. In questo caso, e solo per le pensioni anticipate, oltre all’indennità mensile l’azienda copre anche i contributi che mancano tra i 37,10 (36,10 per le donne) ed i 42,10 (41,10 per le donne).

In uscita anche chi ha maturato già la quota 100

Resta comunque aperta la possibilità di accedere alla quiescenza pure per i lavoratori che hanno completato i due requisiti di quota 100 entro la fine del 2021, senza però scegliere di lasciare il lavoro. Infatti anche per la quota 100 vale il meccanismo della cristallizzazione del diritto.

In altri termini, chi ha già maturato il diritto alla quota 100, completando al 31 dicembre 2021 sia i 62 anni di età che i 38 anni di contributi, potrebbero sfruttare l’uscita con la quota 100 a prescindere che la misura sia ormai cessata.

Si chiama cristallizzazione del diritto quell’istituto che stabilisce come una volta maturato un diritto lo stesso può essere sfruttato anche negli anni successivi a prescindere dalle novità previdenziali susseguenti.

Pensione prima dei 60 anni è possibile, le 3 vie

Non è vero che per andare in pensione bisogna attendere per forza i 67 anni. In alcuni casi il pensionamento è possibile anche prima dei 60 anni. Ma in questo caso è necessario aver iniziato a lavorare molto presto perchè laddove non c’è un’età avanzata serve almeno un buon numero di anni di contributi. In questo articolo vedremo quali sono le 3 vie per un pensionamento prima dei 60 anni.

Pensione prima dei 60 anni, le donne hanno una strada in più

Le donne nel pensionamento anticipato sono favorite, avendo un’alternativa in più offerta dall’opzione donna. Il regime sperimentale permette il pensionamento a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per quelle autonome che hanno maturato almeno 35 anni di contributi. Entrambi i requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre 2021 e per la decorrenza della pensione è necessario attendere una finestra di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

Ovviamente questo anticipo così corposo ha un costo non indifferente visto che alle donne che scelgono questa misura è imposto il ricalcolo interamente contributivo della pensione.

Pensione prima dei 60 anni senza penalizzazioni

Ma non sempre il pensionamento prima dei 60 anni prevede penalizzazioni. per chi matura 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne bastano 41 anni e 10 mesi di contributi) è possibile l’uscita indipendentemente dall’età e con calcolo misto della pensione con l’anticipata ordinaria prevista dalla Legge Fornero.

Ovviamente per centrare questo tipo di pensionamento prima dei 60 anni è necessario aver iniziato prima della maggiore età.

Sempre per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni vi è un altra via di uscita prima dei 60 anni dal mondo del lavoro rappresentata dalla quota 41 per lavoratori precoci. La misura richiede soltanto 41 anni di contributi ma per poterla cogliere è necessario appartenere ad uno dei profili di tutela individuati dalla normativa: disoccupati, caregiver, invalidi, usuranti e gravosi.

L’alternativa a queste forma di pensionamento è quella di attendere i 63 anni richiesti dall’Ape sociale, i 64 anni richiesti dalla quota 102 o, in ultima analisi, i 67 anni necessari per accedere alla pensione di vecchiaia.

Pensione di vecchiaia: come cambia in base all’aspettativa di vita?

Tra gli aspetti più importanti per costruire una buona pensione di vecchiaia, sicuramente gli indici di aspettativa di vita rientrano tra gli elementi decisivi. L’aspettativa di vita, in particolare, condiziona l’accesso alla pensione di vecchiaia. Nel dettaglio, l’aspettativa di vita potrebbe ritardare o, nella migliore delle ipotesi, lasciare inalterati i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia.

Aspettativa di vita per il calcolo dei requisiti delle pensioni, in cosa consiste?

Il requisito richiesto per accedere alla generalità delle pensioni o il requisito contributivo per le pensioni dove non è richiesto l’elemento anagrafico, è adeguato ogni due anni all’aspettativa di vita media calcolato dall’Istat. Qualora risultasse un aumento della speranza di vita, l’età pensionabile si incrementa fino a un massimo di tre mesi; contrariamente, se dai dati Istat viene riscontrato un decremento dell’aspettativa di vita, il requisito anagrafico rimane bloccato con scomputo delle riduzioni nell’adeguamento successivo.

Pensioni di vecchiaia, quali sono i requisiti anagrafici di uscita nel 2022?

Per la pensione di vecchiaia, l’attuale requisito anagrafico è fissato a 67 anni di età. Tale requisito, già calcolato nel precedente biennio, nel 2022 rimarrà inalterato. Per il biennio successivo, ovvero per i lavoratori in uscita dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2024, è stato già confermato che il requisito anagrafico rimarrà invariato. Tale riscontro dei dati demografici dell’Istat sull’aspettativa di vita deriva dall’aver preso in considerazione, nel calcolo della speranza di vita, del primo anno (il 2020) della pandemia da Covid-19. L’emergenza sanitaria ed economica ha determinato il conseguente decremento dell’aspettativa di vita. L’andamento in decrescita della speranza di vita non implicherà, dunque, un aumento dell’età per la pensione.

Pensioni, in che modo l’aspettativa di vita condiziona l’accesso al pensionamento?

L’aspettativa di vita contribuisce all’accesso della pensione dal 2009. Si tratta di una variabile che manda in avanti, incrementando l’età di uscita, l’accesso alla pensione di vecchiaia. La speranza di vita collega in maniera diretta i requisiti anagrafici (o contributivi) degli ingressi agli adeguamenti Istat. Inoltre, il fattore statistico viene attualmente aggiornato ogni due anni, mentre in passato l’aggiornamento avveniva ogni triennio. Dunque l’aggiornamento dei requisiti di pensione avvengono con maggiore frequenza rispetto a quanto succedeva nei primi anni di introduzione del meccanismo della speranza di vita.

Pensioni di vecchiaia e aspettativa di vita: come funziona il meccanismo di adeguamento?

I dati dell’Istat sulla speranza di vita vengono consolidati da decreti del ministero dell’Economia e delle Finanze ogni due anni. Nel caso in cui i dati demografici dell’Istat fanno registrare dei miglioramenti della vita, in particolare nella lunghezza della della durata della stessa, differisce in avanti l’ingresso al trattamento di pensione dei lavoratori. La tutela nel meccanismo dell’aspettativa di vita consiste nel massimo di maggiorazione, per ciascun biennio, di tre mesi. Il prossimo incremento della pensione di vecchiaia, quello del 2025-2026, potrebbe pertanto portare a una pensione di vecchiaia di 67 anni e tre mesi. Non di più.

Pensioni anticipate, come funziona con la speranza di vita?

Laddove non vi sono requisiti anagrafici, l’aggiornamento della speranza di vita incide sull’altro requisito, quello contributivo. È il caso della pensione anticipata dei soli contributi che, attualmente si raggiunge con:

  • 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini, a prescindere dall’età di uscita;
  • 41 anni e dieci mesi di contributi per le donne, indipendentemente dall’età di uscita.

I requisiti di uscita per la pensione anticipata rimarranno inalterati fino a tutto il 2026. Il blocco dei requisiti richiesti è stato introdotto con il decreto numero 4 del 2019, lo stesso provvedimento che ha decretato la sperimentazione di tre anni di quota 100. Il prossimo aggiornamento dei requisiti contributivi è previsto a partire dal 1° gennaio 2027.

Pensioni di vecchiaia, come condiziona le uscite dei liberi professionisti? L’eccezione alla speranza di vita

All’interno della previdenza dei liberi professionisti, spetta a ogni Cassa previdenziale interpretare e adeguare i propri requisiti all’aspettativa di vita. Per alcune Casse previdenziali, come l’Enpacl dei consulenti di lavoro, non c’è una diretta correlazione tra aumenti della speranza di vita e incremento dei requisiti di pensionamento. Vi è piuttosto una maggiore gradualità nell’applicare gli adeguamenti e gli incrementi della speranza di vita.

Pensioni di vecchiaia liberi professionisti, il caso dei consulenti del lavoro

I requisiti per la pensione di vecchiaia dei consulenti di lavoro risultano modificati dalla speranza di vita con adeguamenti differenti rispetto a quanto succede per la pensione pubblica. Tuttavia, l’età necessaria per andare in pensione di vecchiaia dei consulenti del lavoro è fissata a 69 anni nel 2022 e a 70 anni a partire dal 2025. La contribuzione necessaria è pari a 5 anni di versamenti, ma occorre guadagnare una pensione minima annuale di 10.920 euro. Pertanto, se all’età di uscita per la pensione di vecchiaia non venisse raggiunto il requisito economico della pensione, l’accesso al trattamento si sposterebbe in avanti finché non si maturi il requisito richiesto. È previsto un limite di età, in ogni modo, per il raggiungimento di questo requisito.

Aspettativa di vita, come determina chi può andare in pensione anticipata di vecchiaia per invalidità?

Gli adeguamenti periodici dei requisiti anagrafici dettati dalla speranza di vita non si applicano ai lavoratori che perdono il titolo abilitativo per raggiunti limiti di età. La speranza di vita, tuttavia, si applica alla pensione di vecchiaia anticipata per invalidità. Quest’ultima formula di uscita è riservata ai dipendenti del settore privato con un indice di invalidità di almeno l’80% e si può agganciare non più a 55 anni di età per le donne e a 61 per gli uomini come in passato, ma alle rispettive età di 56 anni e di 61 anni. La misura, infatti, consiste in una deroga al requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia ordinaria, e non per uno specifico trattamento per invalidità.

 

 

Pensioni 2022 a 63 anni? come fare e chi può accedere

Il 2022 lascia in dote dal punto di vista previdenziale l’ennesimo anni di Ape sociale. Parliamo dell’Anticipo pensionistico a carico dello Stato. Una misura che consente di accedere alle pensioni con un largo anticipo rispetto alle soglie ordinarie della pensione di vecchiaia. Ma si tratta di una misura che ha ancora delle sfaccettature che la allontanano da una classica misura pensionistica.

Infatti per natura la misura può essere considerata più assistenziale che previdenziale, soprattutto perché si parla di reddito ponte e perché è una misura destinata soprattutto a delle persone che hanno determinati problemi di varia natura. Infatti l’Ape sociale non è una misura generalizzata ed aperta a tutti. In altri termini non basta raggiungere le soglie dei contributi e dell’età necessarie, ma occorre rientrare in particolari tipologie di soggetti, evidentemente meritevoli di tutela da parte del legislatore.

Nella proroga di un altro anno di questa misura (scadeva il 31 dicembre 2021 ma si è deciso di prolungarla per tutto il 2022), non sono poche le novità introdotte. E molte di loro sono abbastanza importanti.

Ape sociale 2022, più lavori gravosi dentro la misura

L’allegato 1 della legge di Bilancio presenta il nuovo elenco delle attività gravose a cui è destinata l’Ape sociale. Alle 15 previste fino ad oggi (11 con la legge di Bilancio 2017 ed altre 4 con la manovra successiva), ne sono state aggiunte molte altre. E le pensioni con questa misura vengono evidentemente estese.

È il frutto dell’attività di studio che il Ministero del Lavoro ha assegnato ad una particolare Commissione. Parliamo di quella sui lavori gravosi che ha stabilito una graduatoria di attività che possono essere considerate troppo logoranti e meritevoli di una uscita agevolata come pensioni.

Prima di approfondire,  va sottolineato il fatto che le nuove attività gravose rispetto alle 15 precedenti, non godono del beneficio di una misura gemella all’Ape sociale, cioè alla quota 41. In pratica le nuove attività gravose della nuova legge di Bilancio valgono solo nel perimetro dell’Ape sociale e non in quello della quota 41 precoci.

Per i lavori gravosi tutti, l’Ape sociale si centra con almeno 36 anni di contributi versati e con almeno 63 anni di età. Solo per gli edili e i ceramisti (in entrambi i casi occhio al Codice Ateco dell’attività), la scende a 32 anni. Si tratta di una delle novità più importanti prodotte dalla manovra finanziaria sulle pensioni 2022.

Resta il vincolo che questa attività deve essere stata svolta in 7 degli ultimi 10 anni di carriera o in 6 degli ultimi 7.

Ape sociale, pensioni e disoccupati

Un’altra categoria di persone a cui è destinata l’Ape sociale è quella dei disoccupati. Per le pensioni anticipate questa Ape sociale è forse l’unica misura destinata a chi è senza lavoro. Infatti come dicevamo, si parla di una misura destinata a chi ha determinati problemi. I lavori gravosi e la loro attività particolarmente faticosa e pesante. Poi, i disoccupati e la loro condizione precaria dal punto di vista reddituale. Infine, i caregivers che hanno problemi familiari con l’invalido a carico e gli invalidi stessi e le loro problematiche di salute.

Tornando alle pensioni per i disoccupati, per l’Ape sociale servono sempre non meno di 63 anni di età. Ma per il montante contributivo utile la soglia è pari a 30 anni. Per il 2022 è stato eliminato un paletto che per molti in questi anni ha significato l’esclusione dalla misura o la perdita di mesi di prestazione. È stato deciso di eliminare il vincolo dei 3 mesi dall’ultima Naspi percepita. Viene meno il paletto dello status di disoccupazione e dei tre mesi di assenza da copertura da ammortizzatori sociali.

L’Ape sociale nel 2022, ancora invalidi e caregivers per le pensioni in anticipo

Sempre con almeno 63 anni di età e sempre con 30 anni di contributi, anche gli invalidi e chi ha invalidi a casa da assistere, sono potenziali beneficiari dell’Ape sociale. Gli invalidi devono avere una percentuale di invalidità certificata dalle competenti commissioni mediche Asl superiore al 74%.

Per i caregivers, cioè per chi assiste un familiare stretto, disabile e fiscalmente a carico, serve che questa assistenza sia scattata da almeno 6 mesi rispetto alla data di maturazione degli altri requisiti utili o dalla data in cui si intende beneficiare della misura.

Alcuni chiarimenti utili per l’Ape sociale nel 2022

Quando si va a definire l’Ape sociale come una misura lontana dal poter essere considerata strettamente previdenziale, si guarda al suo particolare meccanismo. Si fa riferimento al fatto che parliamo di una misura che ha una sua struttura che la differenzia da tutte le altre. Ad esclusione del doppio requisito anagrafico contributivo, per tutto il resto le particolarità sono evidenti e cioè:

  • La misura non è reversibile a causa di prematuro decesso del titolare della prestazione;
  • Non ci sono maggiorazioni e assegni familiari;
  • La misura è basata su 12 mensilità, cioè è priva di tredicesima;
  • La prestazione è di natura temporanea. Vale solo per gli anni di anticipo rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia o del raggiungimento delle soglie utili alle pensioni anticipate.

Va sottolineato che per poter beneficare dell’Ape sociale occorre provvedere a presentare all’Inps una domanda di certificazione del diritto alla prestazione. Una domanda propedeutica rispetto a quella di Ape sociale vera e propria.

La domanda di certificazione del diritto, che non è quindi la vera domanda di pensione con l’Ape, andrebbe presentata entro la fine del mese di marzo del 2022. Una scadenza che nasce in modo tale da consentire all’Inps i controlli del caso. Dal punto di vista del richiedente invece,la scadenza è importante per un altro motivo. Rispettandola non si rischia di finire dentro il problema dell’esaurimento delle risorse. Infatti l’Ape non ha risorse illimitate ma si basa sugli stanziamenti del governo. Uscire fuori dalle risorse non fa perdere il diritto alla pensione, ma rischia di far slittare la decorrenza.

Quota 102, quali lavoratori possono andare in pensione?

Con quota 102, per tutto il 2022, i lavoratore possono andare in pensione ad almeno 64 anni di età unitamente a 38 anni di contributi. La pensione anticipata con quota 102 richiede, tuttavia, ulteriori requisiti di accesso per poter presentare la domanda all’Inps. In particolare, i lavoratori interessati all’uscita anticipata devono essere iscritti a determinate gestioni previdenziali.

Pensioni quota 102, come si presenta la domanda di uscita con quota 102

Le precisazioni sono state fornite dall’Inps con la circolare del 7 gennaio 2022. I nuovi requisiti previdenziali della quota 102 devono essere maturati entro il 31 dicembre 2022. La domanda di pensione può essere inoltrata direttamente sul portale istituzionale dell’Istituto di previdenza nella sezione “Domanda pensione, Ricostruzione, Ratei, Ecocert, Ape sociale e Beneficio precoci”. Per l’accesso è necessario utilizzare lo Spid oppure la Carta nazionale dei servizi (Cns) o, ancora, la carta di identità elettronica 3.0.

Quota 102, come si fa la richiesta della pensione?

La richiesta della pensione a quota 102 deve essere presentata, dopo l’accesso alla piattaforma dell’Inps, seguendo uno specifico percorso on line. La compilazione della domanda deve essere fatta in “Nuova prestazione pensionistica” selezionando poi “Anzianità/Anticipata/Vecchiaia” e, successivamente in sequenza, “Pensione di anzianità/anticipata” e “Requisito quota 102”. Al termine della sequenza è necessario selezionare il Fondo e la Gestione della liquidazione.

Pensioni a quota 102, quali lavoratori e gestioni previdenziali sono interessati?

Proprio sul Fondo necessario per la domanda di pensione a quota 102, è necessario specificare che i lavoratori interessati sono:

  • lavoratori iscritti alla Gestione pubblica;
  • gli iscritti alla Gestione privata;
  • chi è iscritto alla Gestione spettacolo e sport.

La modalità di presentazione della domanda di pensione a quota 102 consente, inoltre, anche di poter richiedere il cumulo dei periodi di contributi. Infine, la domanda può essere inoltrata anche mediante un patronato o altri soggetti abilitati nella presentazione delle pratiche all’Inps. In alternativa ci si può servire dei consueti canali del Contact center dell’Inps.

Pensioni quota 102, chi può fare domanda e come

Al via nel 2022 le pensioni a quota 102. La misura previdenziale consente di uscire da lavoro all’età di almeno 64 anni unitamente a 38 anni di contributi. Il nuovo meccanismo è stato introdotto dalla legge di Bilancio 2022 come misura ponte tra la fine della sperimentazione di quota 100 e le novità attese per la riforma delle pensioni del 2023. Ecco come si presenta la domanda per la pensione a quota 102 e quali sono i requisiti che devono essere maturati entro la fine dell’anno.

Pensioni a quota 102, ecco quali sono i requisiti per l’uscita anticipata

Per poter andare in pensione anticipata con quota 102 è necessario avere l’età di almeno 64 anni nel 2022. Inoltre, i contributi versati devono essere pari a minimo 38 anni (come per la quota 100). Nel 2022 sono attese le uscite dei nati entro il 31 dicembre 1958. Tuttavia, prima di incassare il primo assegno, i neopensionati devono attendere la finestra mobile di tre mesi. Per i lavoratori del pubblico impiego la finestra mobile è di sei mesi.

Pensioni a quota 102 e finestra mobile: quando avviene effettivamente l’uscita da lavoro?

Il meccanismo delle finestre mobili, introdotto anche per la quota 102 come per la quota 100, a conti fatti farà registrare le prime uscite per la pensione a quota 102 a partire dal 1° maggio 2022 per i lavoratori del settore privato e a partire dal 1° agosto 2022 per i lavoratori del pubblico impiego. Come per la quota 100, anche per la quota 102 c’è la possibilità della cristallizzazione del diritto di pensionamento. Ovvero i requisiti di uscita devono essere maturati entro tutto il 2022, ma il lavoratore potrà uscire da lavoro anche in epoca successiva.

Pensioni quota 102, come si presenta la domanda all’Inps?

Per la presentazione della domanda di pensione con quota 102 è necessario utilizzare la sezione telematica del sito Inps. In particolare, per l’accesso sono necessarie le credenziali Spid, Carta nazionale dei servici (Cns) o carta di identità elettronica 3.0. Il modulo di domanda si trova tra i “servizi on line” del sito dell’Inps. Per entrare nella sezione dedicata è necessario entrare in “Domanda pensione, ricostruzione, ratei, Ecocert, Ape sociale e beneficio precoci” scegliendo poi l’opzione “Nuova prestazione pensionistica”. Successivamente è necessario cliccare su “Anzianità Anticipata Vecchiaia” e poi “Pensione di anzianità anticipata”. Nella sezione si trova la parte relativa al “Requisito quota 102”. Da cliccare infine il Fondo e la Gestione di liquidazione.

 

Opzione donna, quanto conviene il riscatto laurea agevolato per i 35 anni di contributi?

Anche per il 2022 la misura di pensione con opzione donna verrà prorogata con i medesimi requisiti di accesso della precedente proroga. Il numero degli anni di contributi dovrà essere sempre pari ad almeno 35. Molte lavoratrici potrebbero trovare conveniente arrivare a questo traguardo recuperando anni di studi universitari mediante il riscatto della laurea. E, per questo obiettivo, ricorrere alla soluzione agevolata dettata dal decreto numero 4 del 2019 può essere quella ottimale per risparmiare sul riscatto stesso.

Che cos’è il riscatto agevolato della laurea ai fini della futura pensione?

Il riscatto agevolato della laurea permette, infatti, di recuperare i periodi di studi per un massimo di 4 o 5 anni a seconda del corso di laurea. L’onere da pagare risulta ridotto qualora i versamenti contributivi debbano essere valorizzati mediante il metodo contributivo. In altre parole, il riscatto agevolato della laurea vige per periodi di studi collocati nel sistema contributivo. Ovvero per periodi successivi al 31 dicembre 1995. Per queste lauree il costo agevolato è sempre consentito.

Riscatto laurea per periodi di studio prima del 1° gennaio 1996

Anche per le lauree conseguite prima del 1° gennaio 1996 il contribuente ha la possibilità di optare per il pagamento agevolato del riscatto. Ma, in questo caso, il lavoratore dovrebbe rinunciare ai vantaggi del sistema previdenziale retributivo di appartenenza per accettare il solo metodo contributivo, meno conveniente in vista dell’assegno di pensione ma con un costo di riscatto della laurea più contenuto. Si tratta di valutare, da un lato, la perdita di quote retributive di pensione e, dall’altro, il maggior risparmio del riscatto della laurea del contributivo.

Riscatto laurea con metodo agevolato per donne che hanno contributi nel sistema retributivo

Per l’opzione donna questa rinuncia, ai fini pensionistici, non fa molta differenza. Infatti, le lavoratrici che vanno in pensione con l’opzione donna accettano che la loro pensione venga ricalcolata interamente con il metodo contributivo, anche se hanno anni di contributi da calcolare con il meccanismo retributivo. Ovvero anni di contributi versati prima del 1996. Per questo motivo, ricorrendone la convenienza, le donne laureate possono trovare vantaggioso il riscatto della laurea a un costo contenuto.

Quanto costa il riscatto della laurea con il metodo agevolato?

Per il 2021, il costo del riscatto agevolato della pensione è di 5.264,49 euro per ogni anno universitario da riscattare. L’alternativa è calcolare il riscatto della laurea con la riserva matematica, ovvero applicando l’aliquota vigente presso il Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti dell’Inps, attualmente del 33%. Tale percentuale va moltiplicata per il reddito lordo dei 12 mesi precedenti a  quello della richiesta del riscatto della laurea. Per ottenere il costo totale il risultato ottenuto va moltiplicato anche per il numero di anni di corso di laurea. Questo meccanismo di calcolo può determinare un costo di gran lunga più alto rispetto ai 21.057,96 euro necessari per riscattare 4 anni di corso con il sistema agevolato del decreto 4 del 2019.

Come si va in pensione anticipata con l’opzione donna?

Per andare in pensione con l’opzione donna, oltre ai 35 anni di contributi, la legge richiede determinati requisiti anagrafici. L’età in vigore fino al termine del 2021 per le lavoratrici alle dipendenze è quella dei 58 anni, maturata entro il 31 dicembre 2020. Per le lavoratrici autonome l’età è quella dei 59 anni. Con la nuova legge di Bilancio i requisiti anagrafici e contributivi dell’opzione donna rimarranno invariati fino al 31 dicembre 2022. Analogamente alla precedente proroga dell’opzione donna, i requisiti 2022 dovranno essere maturati entro il 31 dicembre 2021.

Opzione donna e riscatto agevolato della laurea

Il traguardo dei 35 anni di contributi necessari per accedere all’opzione donna può essere agevolato dal riscatto della laurea. A tal proposito è importate precisare che per avvalersi del riscatto agevolato della laurea ai fini dell’opzione donna, è necessario presentare la domanda di riscatto contestualmente a quella di pensione. Scegliendo l’opzione donna, e dunque il ricalcolo della pensione con il metodo contributivo, la lavoratrice ha la possibilità di richiedere il riscatto agevolato della laurea in luogo di quello ottenuto con la riserva matematica. L’operazione in molti casi ha vantaggi dal punto di vista del costo del riscatto stesso.

Riscatto laurea, cosa succede se la lavoratrice dovesse rinunciare alla domanda di uscita con opzione donna?

Inoltre non ci sarebbero variazioni nel calcolo della pensione, come avverrebbe per altre misure di uscita anticipata. Chi richiede l’opzione donna accetta anche il ricalcolo con metodo contributivo della pensione. Solo se la lavoratrice dovesse rinunciare alla domanda di pensione con opzione donna, il costo del riscatto della laurea verrebbe rideterminato in base alle regole generali e avendo riguardo ai periodi nei quali sono collocati i periodi da riscattare.