Pensione anticipata lavori usuranti 2022, domande entro il primo maggio

Pensione anticipata lavori usuranti 2022, per queste categorie, è possibile presentare la domanda entro il primo maggio 2022, se si hanno i requisiti.

Pensione anticipata lavori usuranti 2022, il messaggio dell’Inps

Con il messaggio 19 marzo 2021, n.1169, l’INPS ha fornito le istruzioni per la presentazione delle domande di riconoscimento dello svolgimento di lavori faticosi e pesanti, con riferimento ai soggetti che hanno perfezionato i requisiti agevolati per l’accesso alla pensione 2022.

Tuttavia possono presentare la domanda anche i dipendenti del settore privato che hanno svolto lavori faticosi e pesanti e che raggiungono il diritto alla pensione di anzianità con il cumulo della contribuzione versata in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, secondo le regole previste per queste gestioni speciali.

Infine il messaggio fornisce anche tutte le informazioni relative alle categorie di lavoratori che possono accedere al beneficio. Quindi sono anche indicati i requisiti di età e anzianità contributiva, la decorrenza in base alla data di presentazione della domanda e la documentazione necessaria.

I soggetti beneficiari del trattamento

Le categorie di lavoratori destinatarie del beneficio in parola, che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, possono conseguire il trattamento pensionistico ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni (utile per il diritto alla pensione di anzianità). Se lavoratori dipendenti, di un’età minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 97,6 ovvero. Mentre se lavoratori autonomi, di un’età minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6, così come riassunto nella tabella che segue.

 

PERIODO DI MATURAZIONE DEI REQUISITI dal 01.01.2022 al 31.12.2022
LAVORATORI DIPENDENTI LAVORATORI AUTONOMI
Anzianità contributiva Requisito anagrafico Quota (somma età e anzianità contributiva) Anzianità contributiva Requisito anagrafico Quota (somma età e anzianità contributiva)
almeno 35 anni minimo 61 e 7 mesi* 97,6* almeno 35 anni minimo 62 e 7 mesi* 98,6*
* Requisiti adeguati all’incremento della speranza di vita per effetto dei decreti direttoriali del 6 dicembre 2011 e del 16 dicembre 2014, in attuazione dell’articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 e ss.mm.ii.

Pensione anticipata lavoratori notturni a turni

Altra categoria da valutare è quella dei lavoratori notturni a turni. Per i lavoratori occupati per un numero di giorni lavorativi pari o superiori a 78 all’anno, che maturano i requisiti dal primo gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, possono conseguire il trattamento pensionistico uguale a quelli previsti per i lavoratori impegnati in mansioni faticole e pesanti.

Mentre per i lavoratori occupati per un  numero di giorni lavorativi da 64 a 71 giorni all’anno, i lavoratori appartenenti a tale categoria, che maturano i requisiti del primo gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, possono conseguire il trattamento pensionistico in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni. E se lavoratori dipendenti si ha diritto alla pensione con un’età minima di 63 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 99,6. Infine se lavoratori autonomi resta l’età minima di 64 anni e 7 mesi.

Lavoratori occupati per un numero di giorni lavorativi da 72 a 77 all’anno: i lavoratori appartenenti a tale categoria, che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, possono conseguire il trattamento pensionistico ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni (utile per il diritto alla pensione di anzianità). Se lavoratori dipendenti, di un’età minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6 ovvero, e se lavoratori autonomi, di un’età minima di 63 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 99,6.

 

Pensioni anticipate usuranti, nuove disposizioni Inps su domanda e requisiti

Al via le domande di uscita per le pensioni anticipate dei lavoratori usuranti. I soggetti che sono impiegati in attività faticose potranno presentare domanda di prepensionamento entro il 1° maggio 2022 per il riconoscimento dei requisiti. La maturazione dei requisiti deve avvenire tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2023. Sulle pensioni degli usuranti è intervenuta l’Inps con il messaggio numero 1201 del 16 marzo 2022.

Pensioni usuranti, i riferimenti Inps e normativi del prepensionamento

Il messaggio dell’Inps ricorda ai lavoratori usuranti i termini per la presentazione delle domande di riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente pesanti e faticosi entro il 1° maggio prossimo per i soggetti che maturino i requisiti di uscita per l’accesso al trattamento pensionistico dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023. Il decreto legislativo di riferimento è il numero 67 del 21 aprile 2011, modificato dalla legge numero 232 dell’11 dicembre 2016.

Pensioni anticipate dei lavoratori usuranti, requisiti agevolati di uscita fino al 2026

I termini di scadenza delle pensioni usuranti riguardano pertanto i lavoratori che abbiano svolto o che stiano ancora svolgendo attività particolarmente faticose e pesanti. I requisiti di prepensionamento sono riferiti alle condizioni agevolate degli anni dal 2016 al 2026. Infatti, tali requisiti rimarranno immutati per tutto il decennio, senza subire adeguamenti in aumento dettati dall’aspettativa di vita.

Pensioni usuranti, quale procedura seguire per l’uscita anticipata?

La procedura che i lavoratori devono seguire per arrivare alla pensione anticipata come usuranti prevede il necessario riconoscimento da parte dell’Inps dei requisiti richiesti. A questo proposito, è necessario che il lavoratore presenti domanda alla sede Inps competente entro il 1° maggio 2022 per le uscite previste per tutto il prossimo anno, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023. L’Inps dispone il controllo dei requisiti richiesti per quanto riguarda l’età, i contributi e la quota raggiunta dal lavoratore.

Cosa avviene se non si presenta domanda di uscita per le pensioni degli usuranti nei termini di scadenza?

Nel caso in cui il lavoratore non presenti la domanda di uscita con la pensione degli usuranti entro il 1° maggio 2022, si ha il differimento della decorrenza del trattamento pensionistici. Tale differimento è per:

  • un mese se il ritardo è limitato a un mese;
  • di due mesi se il ritardo risulta superiore a un mese e inferiore a 3 mesi;
  • di tre mesi se il ritardo è di 3 mesi oppure oltre.

Cosa avviene se la domanda di pensione usuranti viene accolta?

Se l’Inps accoglie la domanda della pensione dei lavoratori usuranti, ovvero se riconosce i requisiti utili per andare in prepensionamento con questa formula, al lavoratore viene comunicata la prima decorrenza utile per il trattamento pensionistico. In caso di non accoglimento dei requisiti utili, l’Inps procede con il rigetto della richiesta. Per entrambi gli esiti, inoltre, la comunicazione dell’Inps avviene anche in rapporto ai fondi pubblici disponibili.

Pensioni usuranti, c’è bisogno di una seconda domanda dopo l’accoglimento dei requisiti di uscita

È opportuno precisare che, dopo la prima domanda da presentare entro il 1° maggio 2022 di verifica dei requisiti di uscita, il lavoratore dovrà presentare una seconda domanda. Si tratta della domanda di pensione vera e propria. La seconda domanda è necessaria perché verranno richiesti ulteriori condizioni. Ad esempio, la cessazione del rapporto di lavoro presso il datore al quale il lavoratore risulti dipendente.

Requisiti di uscita delle pensioni usuranti: lavoratori impiegati in mansioni della linea catena o conducenti di veicoli per il trasporto collettivo

Nella sua circolare, l’Inps fornisce informazioni sui requisiti di uscita per le pensioni usuranti da dimostrare nella domanda da presentare entro il 1° maggio 2022. In particolare, per i lavoratori impiegati nelle mansioni particolarmente usuranti che maturino i requisiti tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2023, per gli addetti alla linea catena e per i conducenti di veicoli per il servizio pubblico di trasporto collettivo è necessario aver maturato:

  • l’anzianità contributiva di almeno 35 anni;
  • l’età minima di 61 anni e sette mesi se lavoratori dipendenti;
  • la quota considerata come somma tra età e anzianità contributiva pari ad almeno 97,6 per i lavoratori dipendenti;
  • l’età minima di 61 anni e sette mesi se lavoratori autonomi;
  • la quota minima di 98,6 per i lavoratori autonomi.

Pensioni usuranti per i lavoratori notturni a turni

La pensione come lavoratori usuranti può essere richiesta anche da chi svolge lavoro notturno a turni. In particolare bisogna considerare il numero dei giorni di lavoro se sono pari o superiori a 78 durante l’anno. I lavoratori che rientrano in questa situazione e che maturino i requisiti tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023, possono andare in pensione con i requisiti degli usuranti. In tal caso è necessario far riferimento agli stessi requisiti di uscita e delle quote dei lavori particolarmente usuranti o della linea catena o dei conducenti dei veicoli per il trasporto collettivo.

Pensioni usuranti per i lavoratori che svolgano lavori notturni e a turni tra i 64 e i 71 giorni all’anno

Per i lavoratori che svolgono lavori a turni e notturni per un numero di giornate tra i 64 e i 71 all’anno, i requisiti di uscita per le pensioni usuranti sono i seguenti:

  • la maturazione del trattamento di pensione dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023;
  • l’anzianità minima dei contributi richiesti è di 35 anni;
  • per i lavoratori dipendenti il minimo del requisito anagrafico è di 63 anni e sette mesi;
  • la quota minima da raggiungere (come somma tra età e anzianità contributiva) per i lavoratori dipendenti è pari a 99,6;
  • l’età minima dei lavoratori autonomi è di 64 anni e sette mesi;
  • la quota da raggiungere per i lavoratori autonomi è pari a 100,6.

Pensioni usuranti per i lavoratori notturni e a turni da 72 a 77 giorni all’anno: i requisiti richiesti

Per i lavoratori che maturino i requisiti delle pensioni usuranti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 che abbiano un numero di giorni lavorativi notturni da 72 a 77 all’anno, i parametri da dimostrare sono:

  • l’anzianità minima dei contributi richiesti è di 35 anni;
  • per i lavoratori dipendenti il minimo del requisito anagrafico è di 62 anni e sette mesi;
  • la quota minima da raggiungere (come somma tra età e anzianità contributiva) per i lavoratori dipendenti è pari a 98,6;
  • l’età minima dei lavoratori autonomi è di 63 anni e sette mesi;
  • la quota da raggiungere per i lavoratori autonomi è pari a 99,6.

 

Pensioni quota 102, decorrenza dal 2 aprile 2022: ecco tutte le istruzioni

Prime indicazioni dell’Inps delle pensioni a quota 102. L’Istituto previdenziale, infatti, è intervenuto per chiarire le regole valide per questa formula di pensione anticipata con decorrenza della pensione a partire dal 2 aprile 2022. I requisiti di accesso alla quota 102 sono fissati nell’età di 64 anni e nel numero di anni di contributi pari a 38. Entrambi i requisiti devono essere maturati nell’arco dell’anno 2022. Inoltre, l’Inps ha formulato le ipotesi per le quali si potrà accedere alla quota 102 anche dopo il 2022.

Pensioni anticipate a 64 anni con quota 102, chi può accedere al prepensionamento?

Con la circolare numero 38 dell’8 marzo 2022, l’Inps ha fornito le istruzioni per le pensioni a quota 102. Possono accedere alla formula di pensionamento anticipato, in via sperimentale fino al 31 dicembre di quest’anno, gli iscritti:

  • all’assicurazione generale obbligatoria;
  • alla Gestione separata Inps;
  • alle formule esclusive e sostitutive gestite dall’Inps rispetto all’assicurazione generale obbligatoria.

Pensioni a quota 102, da quanto decorre il pensionamento anticipato?

Sulla decorrenza delle pensioni a quota 102, la prima data utile è per i lavoratori assicurati alle gestioni esclusive, come ad esempio il fondo dei dipendenti postali. Per questi soggetti, la decorrenza della quota 102 parte dal 2 aprile 2022. Per i lavoratori del settore privato, invece, la decorrenza inizia trascorsi i tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti. Pertanto, la decorrenza della pensione non può essere anteriore alla data del 1° maggio 2022.

Pensioni con quota 102, quando decorre il trattamento per i lavoratori della Pubblica amministrazione e della scuola?

Per i lavoratori dipendenti della Pubblica amministrazione, la decorrenza è fissata in sei mesi dalla maturazione dei requisiti previsti. Pertanto, il trattamento di pensione sarà liquidato a partire dal 1° agosto 2022. Per il personale impiegato nella scuola e nell’Afam, si deve continuare a far riferimento alle disposizioni specifiche previste dal comma 9, dell’articolo 59, della legge numero 449 del 1997.

Maturazione requisiti di pensione a quota 102, come vanno considerati i contributi versati?

Per la maturazione dei diritto ad andare in pensione con quota 102, i contributi richiesti sono di almeno 38 anni. Per raggiungere questo requisito, la circolare Inps specifica che risulta “valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità, ove richiesto dalla Gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico”. Inoltre, “i lavoratori che perfezionano i prescritti requisiti, nel periodo compreso tra il 2019 e il 2021, per la pensione quota 100, ovvero entro il 2022, per la pensione anticipata introdotta dalla disposizione in oggetto, possono conseguire il relativo trattamento pensionistico in qualsiasi momento, anche successivo alle predette date, al ricorrere delle condizioni previste”.

Pensioni a quota 102, diritto ‘cristallizzato’ per uscite anche dopo il 2022

Pertanto, chi perfeziona i requisiti di uscita per le pensioni a quota 102 nel 2022, potrà comunque richiedere di accedere alla misura anche dopo il termine di quest’anno. Il diritto alla quota 102, come per la quota 100, si intente pertanto cristallizzato alla maturazione dei requisiti di uscita richiesti maturati durante l’anno in corso.

Possibilità di cumulare i contributi per arrivare alla pensione a quota 102: ecco come

Come per la quota 100, anche per la quota 102 i lavoratori hanno la possibilità di cumulare i contributi. A tal proposito, l’Istituto previdenziale chiarisce che i lavoratori hanno la facoltà di cumulare i contributi accantonati in tutte le gestioni dell’Inps per arrivare ai 38 anni di versamenti richiesti. Inoltre, la circolare Inps chiarisce anche la possibilità dei riscatti contributivi. I lavoratori che avessero raggiunto nel 2022 il numero di anni di contributi previsti grazie al riscatto, potranno accedere alla pensione a quota 102. L’accesso è diretto, e può avvenire rispettando le finestre di uscita a seconda che si lavori nel pubblico o nel privato.

Accesso alla quota 102 per chi è titolare di assegno ordinario di invalidità

La circolare Inps, inoltre, chiarisce l’accesso alla pensione a quota 102 per chi fosse titolare di assegno ordinario di invalidità. Ci si riferisce all’istituto previsto dalla legge numero 222 del 12 giugno 1984. I soggetti che maturino i requisiti richiesti per la quota 102, hanno la possibilità di conseguire, mediante domanda, la pensione anticipata in argomento. Ciò può avvenire “subordinatamente alla cessazione della titolarità dell’assegno ordinario di invalidità, per mancata conferma o a seguito di revisione per motivi sanitari”.

Trattamento di fine rapporto (Tfr) o di fine servizio (Tfs) con la pensione a quota 102

L’erogazione delle indennità di Trattamento di fine rapporto (Tfr) per i lavoratori del settore privato o del Trattamento di fine servizio (Tfs) per quelli del pubblico, anche nel caso di uscita con le pensioni a quota 102, non è contestuale alla conclusione del rapporto di lavoro. Pertanto, i lavoratori interessati non riceveranno il Tfr o il Tfs a decorrere dal collocamento a riposo. Ma dalla data in cui il lavoratore avrebbe maturato il diritto al trattamento pensionistico secondo le disposizioni in vigore.

Quanto viene pagato il Tfr o il Tfs dalla data di pensionamento anticipata con quota 102?

La circolare, pertanto, chiarisce anche la decorrenza del Trattamento di fine rapporto o di fine servizio a decorrere dal collocamento a riposo con quota 102. “Il trattamento di fine servizio o di fine rapporto – si legge nella circolare Inps – sarà pagabile decorsi 12 mesi dal raggiungimento del requisito anagrafico utile alla pensione di vecchiaia ovvero dopo 24 mesi dal conseguimento teorico del requisito contributivo per la pensione anticipata”. Alla decorrenza dei 12 o dei 24 mesi, partono gli ulteriori tre mesi di intervallo temporale affinché l’Inps possa provvedere al pagamento della prestazione previdenziale.

 

Pensioni: Opzione donna diventerà strutturale. Le ipotesi allo studio

Il ministro del Lavoro Orlando ha manifestato l’intenzione di rendere Opzione Donna strutturale, cioè di rendere il sistema di uscita flessibile dal lavoro riservato alle donne parte integrante del sistema pensionistico. Cosa potrebbe cambiare in futuro?

Cos’è Opzione donna

Opzione donna è il trattamento pensionistico riservato alle donne che al 31 dicembre 2021 hanno compiuto 58 anni di età, 59 anni per le lavoratrici autonome, di uscire dal mondo del lavoro, a condizione che abbiano maturato 35 anni di contributi. Per raggiungere il requisito contributivo possono essere utilizzati anche i contributi da riscatto, da ricongiunzione, volontari e figurativi, mentre sono esclusi i contributi accreditati per malattia e disoccupazione. Opzione donna prevede però anche degli svantaggi e gli stessi riguardano il calcolo dell’assegno pensionistico che viene eseguito esclusivamente con il metodo contributivo.

Con la legge di bilancio 2022 si è provveduto a prorogare opzione donna di un anno, ma il ministro Orlando ha dichiarato che si dovrebbe provare a rendere strutturale o almeno pluriennale Opzione Donna e di conseguenza dare ancora per qualche anno alle donne la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro, senza dover quindi attentere il compimento del 67° anno di età.

Sei interessata a Opzione Donna? Scopri le caratteristiche: legge di bilancio 2022: novità per Quota 102 e Opzione Donna

Opzione donna strutturale deve ridurre il gender gap

Il Ministro nelle sue dichiarazioni fatte nel corso di un’intervista a Radio Immagina, cioè la radio web del Pd, è però andato anche oltre. Ha sottolineato che il confronto sulle pensioni deve partire dal dato che le donne hanno in realtà ancora un doppio ruolo (cura e lavoro) nella società quasi esclusivo e di conseguenza questo fatto deve essere tenuto in considerazione nell’accesso alla pensione.

A dare l’allarme sul gender gap pensionistico è stato anche il presidente dell’INPS Tridico che ha sottolineato in varie dichiarazioni che la differenza salariale tra uomini e donne, si ripercuote sul calcolo della pensione e di conseguenza nella maggior parte dei casi le donne maturano assegni di importo inferiore. La disparità risulta essere di circa il 27%. L’assegno medio per un uomo è di 1.863 euro, mentre per le donne 1.352 euro.

Le due vie per andare in pensione nel 2023 con 64 anni di età

Lasciata alle spalle l’idea di portare l’età di uscita per la pensione a 62 anni in misura flessibile, il governo mira ad una riforma meno larga ma pur sempre di importanza rilevante. L’età di uscita che si prevede di utilizzare per rispondere all’esigenza di flessibilità del sistema previdenziale è quella dei 64 anni. Lo dimostra il fatto che proprio 64 anni è l’età di quota 102, la nuova misura che ha sostituito la cessata quota 100.

Ma a 64 anni c’è pure la pensione anticipata contributiva, misura strutturale che consente di accedere alla quiescenza con qualche anno di anticipo rispetto alla normale pensione di vecchiaia. Il mix di queste due misure, una nuovissima e l’altra ormai fissa nel nostro ordinamento, potrebbe essere la soluzione ideale per riformare il sistema e portare un po’ indietro l’età di uscita.

Pensione anticipata contributiva 2022 e quota 102, le differenze

Sia la pensione anticipata contributiva che la quota 102 hanno nei 64 anni l’età minima di uscita dal mondo del lavoro. E questa è l’unica cosa che accomuna le due misure. Le differenze infatti sono abbastanza sostanziali. Per capire cosa c’è di diverso, vanno approfonditi i requisiti di entrambe. La quota 102 è una misura:

  • aperta a tutti;
  • in scadenza a fine 2022;
  • che prevede 38 anni di contribuzione minima versata;
  • senza limiti di importo della pensione per essere percepita.

La pensione anticipata contributiva invece è:

  • misura strutturale del sistema, cioè senza scadenza;
  • destinata solo a chi non ha contributi versati al 31 dicembre 1995;
  • che prevede 20 anni di contribuzione minima versata;
  • che ha un limite di importo della pensione (liquidata solo se pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale).

Sostanziali le differenze, come è evidente in base ai sopracitati requisiti. Una misura è aperta a tutti i lavoratori, a prescindere dalla data di inizio della carriera contributiva e a prescindere dall’importo della pensione. Ma è una misura che ha un montante contributivo da completare, enorme, pari come dicevamo a 38 anni.

L’altra invece sembra più vicina alla pensione di vecchiaia ordinaria, che si completa con 67 anni di età e 20 anni di contributi rispetto ai 64 anni di età con 20 di contributi della nostra misura. Ma per entrare nel suo perimetro, occorre essere un contributivo puro.

Estendere la pensione anticipata contributiva dai 64 anni, a tutti, anche ai misti

Adesso si ragiona su come riformare il sistema. Serve maggiore flessibilità di quella attuale, nel senso che si deve dare la possibilità ai lavoratori di scegliere quando andare in pensione. Detto che la richiesta dei sindacati, di una pensione flessibile dai 62 anni con 20 anni di contributi appare improponibile, altrimenti non avrebbe avuto senso interrompere quota 100 che fissava a 62 anni l’etàdi uscita, quali sarebbero le soluzioni?

L’estensione a tutti i lavoratori dei benefici della pensione anticipata contributiva sarebbe ideale. Certo, occorre rivedere alcune cose. Per esempio, il limite della pensione a 2,8 volte l’assegno sociale è piuttosto elevato. Significa una pensione pari almeno a poco più di 1.300 euro al mese che per chi ha carriere di soli 20 anni di contributi o poco più, è difficilmente raggiungibile.

Limitare questo vincolo, magari portandolo a 1,5 volte l’assegno sociale, come è per le pensioni di vecchiaia ordinarie per i contributivi puri, sarebbe una soluzione di buon senso.

Le penalizzazioni di assegno per la flessibilità devono essere inserite o se ne può fare a meno?

Non c’è misura che consente di uscire prima dal lavoro che non graverà sui conti pubblici. Per questo ogni ipotesi, ogni misura, viene studiata partendo dalle penalizzazioni. Le misure devono consentire di uscire prima dal lavoro, ma costringendo il lavoratore a pagare un pegno. Sono soluzioni votate a rendere meno appetibili queste misure, riducendo i potenziali beneficiari, e facendo risparmiare soldi allo Stato. Ma sono soluzioni che mirano al risparmio a lungo termine, perché se un pensionato accetta un assegno inferiore, significa che alla lunga, pur concedendo più anni di pensione, lo Stato arriverebbe a risparmiare sull’esborso.

Nulla di nuovo in quello che abbiamo detto. Per questo si pensa a concedere le uscite flessibili anticipate (ma non molto), ma penalizzando i lavoratori. Vuoi andare in pensione prima? Ok, ma devi rimetterci qualcosa. È il principio cardine della flessibilità, perché senza penalizzazioni una misura flessibile diventerebbe secca alternativa alle misure ordinarie. Chi resterebbe al lavoro fino a 67 anni se a 64 anni si prenderebbe un assegno più o meno identico di importo? Nessuno.

Che penalizzazioni sono in cantiere?

La quota 102 così com’è tutto può essere tranne che considerata una misura flessibile. Infatti taglia fuori la maggior parte die lavoratori. Si tratta di quanti non hanno carriere talmente lunghe da completare i 38 anni di contribuzione richiesta. Lavoratori discontinui, saltuari, stagionali, le donne. Sono lo spaccato di chi difficilmente a 64 anni si ritrova ad aver iniziato la carriera a 26 anni e in continuità fino ad oggi. Meglio abbassare il tiro a 20 anni quindi.

Estendere la pensione anticipata contributiva a chi ha 64 anni di carriera e 20 di contributi anche se alcuni versati in epoca retributiva, apre a due vie di penalizzazione. O si applica il taglio lineare di assegno, magari partendo da un 2/3% per ogni anno di anticipo, quindi arrivando al 6% o al 9% di taglio, o si estende il calcolo contributivo anche ai periodi di lavoro precedenti il 1996.

In tutto questo va considerato il fatto che il solo fatto di uscire 3 anni prima dal lavoro, espone a due penalizzazioni fisse. La prima è meccanica, nel senso che si tratta di uscire con 3 anni in meno di lavoro e contribuzione per chi  è in continuità di impiego. La seconda è tecnica, perché il coefficiente di trasformazione usato per chi esce a 64 anni e meno favorevole rispetto a chi esce a 67 anni. In pratica, uno stesso montante dei contributi produce una pensione più bassa se l’età di uscita è più bassa.

E per chi ha molti anni versati prima del 1996, avendo diritto ad un calcolo della pensione che per quella parte di carriera è basato sulle ultime buste paga e non sulla contribuzione, è un aspetto negativo piuttosto marcato.

Pensione di vecchiaia, come cambia l’età di uscita dal 2022 al 2030

Arrivano novità sull’età di uscita della pensione di vecchiaia. Nei giorni scorsi, infatti, sono state rese note le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato in merito alla speranza di vita e alla possibilità che il requisito anagrafico della pensione di vecchiaia rimanga congelato fino al 2026. Il che significa che, per andare in pensione, serviranno 67 anni di età, unitamente a 20 anni di contributi, fino al 31 dicembre 2026. Poi l’età della pensione continuerà a salire ogni due anni.

Pensione di vecchiaia, età bloccata sicuramente a 67 anni fino al 31 dicembre 2024

La novità sulle pensioni di vecchiaia arriva dal Documento sulle tendenza del medio e del lungo periodo del sistema pensionistico, sociale e sanitario della Ragioneria Generale dello Stato. Il rapporto sintetizza l’andamento della speranza di vita e dei requisiti necessari per andare in pensione. Tali requisiti dovrebbero rimanere costanti anche nel biennio del 2025 e del 2026. Infatti, proprio nelle scorse settimane l’età della pensione di vecchiaia era stata confermata a 67 anni anche negli anni 2023 e 2024. Tale conferma è arrivata dal decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 ottobre 2021, poi reso operativo dall’Inps con la circolare numero 28 del 18 febbraio 2022. In base a quanto stabilito dal ministero, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà congelata a 67 anni fino al 31 dicembre 2024.

Pensioni di vecchiaia nel biennio 2025 e 2026: ecco le tendenze della speranza di vita che fanno pensare al blocco età

Il congelamento dell’età della pensione di vecchiaia anche oltre il 2024 dovrà risultare dalle tendenze demografiche e della speranza di vita che verranno rilevate e confermate nei prossimi anni. Ad oggi, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato costituisce una base solida per le proiezioni della speranza di vita. Il congelamento anche al 2025 e 2026 dell’età di uscita per la pensione deriverebbe dall’entrata nel calcolo della speranza di vita degli anni 2020 e 2021, segnati dal cambio di tendenza della mortalità a causa della pandemia da Covid-19.

Pensione di vecchiaia, a che età si potrà uscire da lavoro dal 2027 al 2030?

Per effetto del Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato, dunque, l’età della pensione di vecchiaia dovrebbe tornare a salire solo a partire dal 1° gennaio 2027. E dovrebbe tornare ad aumentare ogni due anni a seconda delle stime sulla speranza di vita osservate nei prossimi anni. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto nei giorni scorsi, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà costante fino al 31 dicembre 2026 a 67 anni. Poi, nei due anni del 2027 e 2028 dovrebbe salire di 2 mesi, decretando l’età di uscita a 67 anni e due mesi. Più consistente sarebbe l’aumento nel 2029 e 2030, quando si accederà alla pensione di vecchiaia all’età di 67 anni e 5 mesi, con un aumento di tre mesi.

Pensioni di vecchiaia, le proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato negli anni dal 2030 al 2065

Peraltro, la Ragioneria Generale dello Stato ha stimato anche l’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia nei decenni successivi al 2030. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto, per andare in pensione occorrerà l’età di:

  • 68 anni e due mesi a partire nel 2035;
  • 68 anni e sei mesi nel 2040;
  • 69 anni nel 2045;
  • 69 anni e 4 mesi nel 2050;
  • 69 anni e 9 mesi nel 2055;
  • 70 anni nel 2060;
  • 70 anni e 4 mesi nel 2065.

Pensioni anticipate, quanti anni di contributi serviranno per uscire da lavoro fino al 2026?

Se l’età della pensione di vecchiaia è ancora in bilico nel biennio 2025-2026, per la pensione anticipata fino al 31 dicembre 2026 serviranno:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Il blocco dei requisiti contributivi, a prescindere dell’età di uscita da lavoro, è stato decretato dal provvedimento numero 4  del 2019. Si tratta del decreto che ha istituito la quota 100. Per effetto del provvedimento, dunque, i contributi per le pensioni anticipate rimarranno congelati ancora per oltre quattro anni.

Pensione anticipata, come cambieranno i contributi per uscire da lavoro dal 2027?

Solo a partire dal 1° gennaio 2027 potranno cambiare gli anni di contributi richiesti per le pensioni anticipate. In particolare, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato stima gli aumenti dei bienni:

  • 2027 e 2028: 43 anni di contributi per gli uomini, 42 per le donne;
  • 2029 e 2030: 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini, 42 anni e 3 mesi per le donne;
  • 2035: 44 anni di contributi per gli uomini, 43 anni per le donne;
  • 2040: 44 anni e 4 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 4 mesi per le donne;
  • 2045: 44 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2050: 45 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 2 mesi per le donne;
  • 2055: 45 anni e 7 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 7 mesi per le donne;
  • 2060: 45 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2065: 46 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 45 anni e 2 mesi per le donne.

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In pensione quando decide il lavoratore, la nuova possibilità con 20 anni di contributi

Andare in pensione liberamente, senza attendere la troppo elevata età prevista dalla normativa  vigente. È tra gli obbiettivi programmatici e strategici del governo, nello specifico del Ministero del lavoro. Questa soluzione è definita in gergo tecnico “flessibilità in uscita”. Ne parlano in molti e da tempo, ma la flessibilità in un sistema come il nostro, ormai pressoché totalmente contributivo, non può farne a meno.

Flessibilità in uscita e sistema contributivo devono andare di pari passo. Infatti non esiste al Mondo un sistema che liquida le pensioni in base ai contributi versati, che non dia al lavoratore la libera scelta di quando lasciare l’attività e pensionarsi.

In pensione quando decide il lavoratore

A quale età lasciare il lavoro è argomento centrale sia nelle discussioni da bar che nelle discussioni istituzionali. La riforma delle pensioni è argomento centrale per l’operato dell’esecutivo Draghi. Anche i sindacati più volte hanno richiesto la flessibilità come fattore principale da inserire in una profonda riforma delle pensioni. In pensione quando decide il lavoratore diventa quindi una priorità.

Il sistema contributivo è abbastanza semplice. Un lavoratore durante la carriera versa contributi in una specie di salvadanaio che è il montante contributivo. Detto ciò, al momento della pensione, cioè quando il lavoratore lascia l’attività e diventa pensionato, percepisce un assegno mensile commisurato all’ammontare dei contributi che ha versato.

Decidere liberamente l’età di andare in pensione dovrebbe essere garantito ai lavoratori. Infatti in base a questa scelta il lavoratore deve essere conscio del fatto che percepirà una pensione più bassa uscendo prima ed una più alta uscendo dopo. E non parliamo di coefficienti, di penalizzazioni di assegno o di altri paletti che da troppi anni sono inseriti nel sistema in ogni misura previdenziale in vigore. Parliamo semplicemente di pensione più bassa per un minor numero di anni di contribuzione effettivamente versata.

Cosa ha in serbo il governo

Lasciare liberamente il lavoro a qualsiasi età scegliendo altrettanto liberamente di percepire un assegno più basso o più alto. È il principio cardine della flessibilità nell’uscita dal mercato del lavoro per i lavoratori. E si tratta di un obbiettivo non troppo celato del Ministro del Lavoro Andrea Orlando. Lo si evince da una nuova direttiva dello stesso Ministero del Lavoro.

Una soluzione che eliminerebbe alcuni fattori che rendono la quiescenza nel sistema contributivo troppo legata a paletti e vincoli che determinano poche opzioni per i lavoratori. Basti pensare che un lavoratore con carriera iniziata dopo il 31 dicembre 1995, potrà anticipare la pensione a sua scelta, con 20 anni di contributi almeno, ma solo dai 64 anni di età e solo con una pensione che alla data di decorrenza sia pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale (oltre 1.300 euro al mese in base all’attuale assegno sociale vigente).

Se viene meno questo fattore della pensione sopra le 2,8 volte l’assegno sociale, si passa a 67 anni, come pensione di vecchiaia prevede, in barba a qualsiasi principio di flessibilità. Ma anche a 67 anni serve che la pensione sia, sempre alla data di decorrenza, pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale (circa 700 euro al mese). Al venir meno anche di questo fattore, si passa a 71 anni, quando vengono erosi tutti questi vincoli.

Pensione contributiva nel 2022: per i nati anche nel 1958 bastano 20 anni di contributi

Quando lasciare il lavoro può essere vantaggioso nonostante si dice che il sistema contributivo è penalizzante.  Potrebbe essere questo ciò che si deve dire in relazione ad una misura che è ancora oggi vigente in quanto strutturale, che consente a chi è nato anche nel 1958, di accedere ad una pensione anticipata di tre anni rispetto alle soglie della pensione di vecchiaia.

Uscita a partire dai 64 anni quindi, esattamente come la quota 102 di oggi, ma con una dotazione nettamente inferiore rispetto alla pensione per quotisti introdotta dal governo Draghi con la legge di Bilancio. La misura è la pensione anticipata contributiva, spesso poco considerata ma assai utilizzabile, soprattutto per chi per poco non centra i 38 anni di contributi per la quota 102° per la stessa ragione non ha completato i 38 anni di contributi per la quota 100.

Pensioni nati nel 1958, come uscire nel 2022

Notevoli le possibilità di accedere alla pensione nel 2022 per chi è nato nel 1958 e quindi si accinge, se non lo ha già fatto, a compiere i 64 anni di età. Per loro esistono due misure possibilmente utilizzabili per anticipare l’uscita e non attendere il 2025 per andare in pensione (a 67 anni con la quiescenza ordinaria di vecchiaia ndr).

Certo, non parliamo di chi completa i 42 anni e 10 mesi se uomo, o i 41 anni e 10 mesi se donna, che danno diritto alla pensione anticipata ordinaria, senza limiti anagrafici. E non parliamo nemmeno di chi ha completato i 41 anni di contributi e si trova ad essere una delle categorie a cui si applica la quota 41 per i precoci. Va ricordato al riguardo che precoce è chi ha un anno di contributi prima dei 19 anni di età. Per la quota 41 tra l’altro è necessario rientrare in determinate categorie che sono le stesse a cui si applica l’Ape sociale con 63 anni di età.

Quota 102 e pensione anticipata contributiva più larghe di quota 41 e Ape sociale

Caregivers, invalidi, disoccupati e lavori gravosi (per la quota 41 sono solo 15 le attività gravose previste). Sono queste le categorie che limitano molto sia l’Ape sociale che la quota 41 come platea. Quota 102 e pensione anticipata contributiva invece, non hanno limiti di platee, basandosi solo sui requisiti specifici da centrare.

Parliamo di chi ha iniziato la carriera dopo il 1996, e viene considerato un contributivo puro, o di chi riesce ad entrate nella quota 102. Due vie dicevamo, consentono di accedere alla quiescenza già nel 2022, per chi è nato nel 1958 e si trova così ad aver compiuto 64 anni di età. Due strade nettamente diverse. Una è la quota 102, l’altra la pensione anticipata contributiva.

La pensione con quota 102, come funziona nel 2022?

La quota 102 è la nuova misura inserita nel pacchetto pensioni dell’ultima manovra di Bilancio. Una misura nata in sostituzione della quota 100 da cui si differenzia sostanzialmente, solo per l’età minima di uscita. Con quota 100 si usciva dal lavoro una volta raggiunti i 62 anni di età e di 38 anni di contributi versati. Con la quota 102 invece, si esce con 64 anni di età e con 38 anni di contributi.

Uscire con la quota 102 significa sottostare fino a 67 anni al vincolo di incumulabilità tra pensione e attività di lavoro ad esclusione di quella da lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro annui.

Da quota 100 a quota 102, cambia solo l’età

La quota 100 è terminata lo scorso 31 dicembre 2021 e nel 2022 potranno accedervi solo coloro i quali hanno già maturato il diritto. Si tratta di chi ha ompletato la combinazione 62+38 entro il 31 dicembre 2021. Rendere utili al calcolo della contribuzione precedenti il 2022, e non considerati lo scorso anno, concede comunque la possibilità, dal momento che gli anni pregressi coperti da operazioni effettuate nel 2022, valgono come se fossero state effettuate l’anno a cui la copertura dei contributi si riferisce. In pratica, vale la cristallizzazione del diritto come ultima possibilità di accedere alla quota 100 nonostante sia stata cessata a dicembre scorso.

La quota 102 invece scadrà il 31 dicembre prossimo, e nel 2023 varranno le stesse regole di cristallizzazione del diritto. La quota 102 quindi sarà valida solo per 12 mesi, salvo nuove proroghe oggi assai difficili da ipotizzare.

La pensione anticipata contributiva con 20 anni di contributi, difficile ma non impossibile

Un’altra possibilità per i nati nel 1958 è la pensione anticipata contributiva. Si chiama così perché è appannaggio esclusivamente dei lavoratori privi di carriera al 31 dicembre 1995. Lavoratori che vengono definiti quindi, contributivi puri. In pratica, disco verde per chi è stato privo di occupazione fino ai 37 anni di età per poi iniziare una carriera che lo ha portato a completare almeno 20 anni di contributi.

Per l’accesso a questa misura, occorrono determinate condizioni. Servono almeno 64 anni di età anagrafica, 20 anni di età contributiva. E poi, assenza di contribuzione al 31 dicembre 1995 e una pensione liquidata pari quanto meno a 1.300 euro al mese, cioè 2,8 volte l’assegno sociale.

Servono carriere e lavori importanti per completare l’uscita con 20 anni di contributi

INPS: nessun adeguamento dell’aspettativa di vita

Evidente che la combinazione 64+20, visto l’ammontare della pensione utile a poter percepire la prestazione, potrebbe essere nella maggior parte dei casi, insufficiente. Pensare a un lavoratore che alla luce di “solo” 20 anni di contribuzione, raggiunga una pensione tanto elevata, appare quanto meno azzardato. Servono lavori altamente remunerati che hanno prodotto una notevole contribuzione dal punto di vista degli importi.

Più facile che la possibilità venga sfruttata quindi da chi ha determinate carriere. Cioè chi iniziato a lavorare nel 1996 e si trova ad aver avuto una completa continuità di assunzione fino al 2022. Con 26 anni di contributi versati, in una attività lavorativa remunerata in maniera sufficientemente degna, la via è possibile. Infatti in questi casi arrivare a 1.300 euro di pensione lorda non è certo una cosa impossibile.

Resta il fatto che la pensione anticipata contributiva rispetto alla “gemella” (come età minima di uscita), quota 102, è nettamente migliore come requisiti. Evidente tutto questo dal momento che bastano 20 anni di carriera minima. Carriera minima che per la quota 102 è quasi il doppio superiore, visto che parliamo di ben 38 anni. E va ricordato anche che dei 38 anni necessari, ben 35 devono essere effettivi da lavoro. Infatti 35 anni devono essere neutri da contributi figurativi per disoccupazione, maternità esterna all’attività lavorativa e malattia.

Pensioni: cosa cambia con il blocco dell’aspettativa di vita?

L’INPS ha reso noto che fino al 2025 non ci saranno aumenti del requisito anagrafico richiesto (o semplicemente dell’età) per la pensione di vecchiaia. Ciò è dovuto al blocco dell’aspettativa di vita, ma cosa implica ciò?

Blocco dell’aspettativa di vita e pensioni

Il Covid ha cambiato gli scenari e soprattutto ha inciso sulla speranza di vita. Secondo i dati dell’ISTAT nel 2020 la speranza di vita a causa del Covid si è ridotta di tre mesi. Questo dato molto negativo va però a incidere sull’adeguamento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. L’INPS ha comunicato che per i prossimi anni non è previsto l’adeguamento dell’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia in base all’aspettativa di vita. La circolare dell’INPS n° 28 del 18 febbraio 2022 specifica che “in attuazione del decreto direttoriale del Ministero dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali” i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia non sono ulteriormente incrementati. La circolare inoltre contiene una sintesi dei requisiti per l’accesso ai vari trattamenti pensionistici valevoli per il biennio 2023/2024 e per le pensioni precoci e anticipate fino al 2027.

Si riduce la speranza di vita e l’INPS blocca l’adeguamento dell’età per la pensione di vecchiaia

La circolare sottolinea che dal primo gennaio 2023 al 31 dicembre 2024 sarà possibile accedere alla pensione di vecchiaia al compimento del 67° anno di età. Dal primo gennaio 2025 potrebbe esserci un adeguamento in base alla speranza di vita determinata dall’ISTAT ai sensi dell’art. 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 . Nel 2025 l’adeguamento previsto è di 2 mesi. Si potrà accedere alla pensione di vecchiaia al compimento di 67 anni e 2 mesi. Naturalmente si tratta di un’ipotesi, infatti non è ancora possibile prevedere con precisione se effettivamente ci sarà un aumento della speranza di vita.

Per coloro che hanno svolto mansioni gravose, invece il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia resta fissato a 66 anni e 7 mesi sempre per il biennio 2023 e 2024. In questo caso è comunque necessario aver maturato almeno 30 anni di contributi.

Requisiti diversi sono previsti anche per i soggetti il cui primo accredito contributivo decorre dopo il primo gennaio 1996, in questo caso infatti per poter accedere alla pensione di vecchiaia occorre “un’anzianità contributiva minima effettiva di cinque anni, si perfeziona, anche nel biennio 2023/2024, al raggiungimento dei 71 anni.

Pensione anticipata e pensione precoci: requisiti fermi fino al 2027

Restano invariati anche i requisiti per la pensione anticipata, questi sono fissati dal primo gennaio 2023 al 31 dicembre 2026 in 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. In questo caso il primo trattamento pensionistico si riceve dopo 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti.

Per i lavoratori precoci (devono aver maturato almeno un anno di contributi prima del compimento di 19 anni di età) il requisito contributivo previsto per il periodo che intercorre dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2026 è di 41 anni di contributi.

Anche in questo caso il primo accredito è previsto a decorrere dai tre mesi successivi alla maturazione dei requisiti.

Restano fermi anche i requisiti per il comparto difesa, sicurezza e vigili del fuoco, tra cui Forze Armate, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Arma dei Carabinieri, Dipartimento Polizia Penitenziaria. In questo caso per il biennio 2023/2024 saranno necessari 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, mentre per coloro che hanno compiuto 58 anni bastano 35 anni di contributi.

Lavoratori come ballerini continuano ad andare in pensione a 47 anni, sportivi professionisti a 54 anni, cantanti a 62 anni, attori e conduttori a 65 anni. Le restanti categorie iscritte alla Fondo pensione lavoratori dello spettacolo (FPLS) dovranno invece attendere i 67 anni di età.

 

 

Pensioni con i fondi di solidarietà bilaterali, cosa sono e quali sono i requisiti di uscita

Per alcuni settori produttivi si può andare in pensione anticipata con i fondi di solidarietà bilaterali, usufruendo di requisiti agevolati e di un’uscita anticipata di cinque anni. Lo strumento previdenziale riguarda, nella maggior parte dei casi, i settori del credito, delle assicurazioni, delle Ferrovie dello stato e del credito cooperativo. Ma anche altri settori possono accedere ai fondi bilaterali consentendo ai datori di lavoro di accompagnare i lavoratori all’uscita anticipata. I meccanismi previdenziali compresi in questa misura contemplano l’erogazione di un assegno straordinario di integrazione al reddito basato sulla contrattazione collettiva.

In pensione con i fondi bilaterali, i riferimenti normativi e le estensioni del 2022

A prevedere la possibilità di pensione anticipata con i fondi di solidarietà bilaterali è stato il decreto legislativo numero 148 del 2015. All’articolo 26 il decreto definisce gli strumenti a sostegno dei redditi dei lavoratori per situazioni di riduzione dell’attività lavorativa o di accompagnamento alla pensione. Novità sono arrivate dalla legge di Bilancio 2022. Infatti, la finanziaria ha esteso la possibilità di ricorrere ai fondi bilaterali anche le imprese con un solo dipendente. Nel contempo, la legge spinge le parti sociali a ricorrere maggiormente alla contrattazione.

Pensioni con i fondi bilaterali, come matura il diritto all’uscita anticipata?

Andare in pensione con i fondi bilaterali comporta l’accordo collettivo delle maggiori sigle sindacali nazionali. Tali accordi sono volti a utilizzare i fondi di solidarietà bilaterali per sostenere il reddito in periodi di difficoltà delle imprese o per procedere all’accompagnamento alla pensione con alcuni anni di anticipo dei lavoratori.

Pensioni con l’assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterali: di cosa si tratta?

Proprio in questo ambito, uno degli strumenti più diffusi messi a disposizione dai fondi di solidarietà bilaterali è rappresentato dall’assegno straordinario di sostegno al reddito. Si tratta di una indennità finanziata dai datori di lavoro per coinvolgere i lavoratori nell’esodo aziendale. L’indennità accompagna, dunque, i lavoratori negli anni di prepensionamento fino ad arrivare ai requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni di età.

Quali sono i requisiti richiesti per la maturazione delle pensioni con i fondi di solidarietà bilaterali?

Per poter accedere alla formula di pensione anticipata con i fondi di solidarietà bilaterali i requisiti richiesti al lavoratori sono:

  • maturazione di requisiti per la pensione di vecchiaia entro 5 anni;
  • accompagnamento all’uscita per i lavoratori che si trovino a non più di 5 anni dalla maturazione dei requisiti necessari per la pensione anticipata.

Similmente a quanto avviene per l’isopensione, l’accordo sindacale è necessario per l’accesso alla pensione con i fondi bilaterali. Diventa indispensabile, pertanto, che i lavoratori aderiscano allo scivolo previdenziale. Il passaggio necessario è quello della cessazione del rapporto di lavoro.

Pensione anticipata con i fondi di solidarietà bilaterali o isopensione: quale conviene di più?

Per il lavoratore, la pensione anticipata con i fondi di solidarietà bilaterali è più conveniente, in termini di trattamento economico mensile, rispetto all’isopensione. Lo è perché l’importo dell’assegno straordinario dei fondi bilaterali calcola già i contributi complessivi fino a tutto l’espletamento dello scivolo pensionistico. Ovvero fino alla maturazione della pensione di vecchiaia. Mentre nel caso dell’isopensione, i contributi si fermano a quanto maturato al momento dell’uscita con l’esodo. In entrambi i casi, tuttavia, il datore di lavoro versa la contribuzione fino a quando il lavoratore non maturi il diritto alla pensione di vecchiaia.

In pensione con i fondi di solidarietà bilaterali: si può continuare a lavorare?

Particolari regole vigono per quanto attiene al cumulo dei redditi da lavoro e da pensione. E, dunque, alla possibilità di lavorare durante gli anni di esodo del contribuente accompagnato alla pensione. I singoli fondi bilaterali possono prevedere l’incompatibilità e la non cumulabilità dei redditi, sia parziale che totale. Cosa che non avviene nel caso dei contratti di espansione e nell’isopensione. Pertanto, in alcuni settori come quelli del credito e delle assicurazioni, il contribuente che percepisce l’assegno straordinario non può continuare a lavorare.

Divieto di cumulo redditi da lavoro e da pensione nel caso di fondi di solidarietà bilaterali

E dunque non può cumulare l’assegno stesso con redditi derivanti da lavoro alle dipendenze o autonomo. Il divieto vige specificamente perché il lavoro svolto dal contribuente andrebbe in concorrenza con il datore di lavoro dal quale il soggetto ha ricevuto l’esodo. In base alla normativa, sono vietati anche i susseguenti contratti di consulenza e di collaborazione con lo stesso datore di lavoro che ha utilizzato l’esodo. Se si violano le disposizioni, si decade dal trattamento economico e dalla relativa contribuzione.

Pensione con l’esodo dei fondi di solidarietà, si può lavorare con altri datori di lavoro?

Nel caso in cui si svolga un’altra attività con un datore di lavoro non in concorrenza con l’azienda che ha accompagnato alla pensione con i fondi di solidarietà il lavoratore, l’assegno straordinario si può cumulare con i redditi da lavoro dipendente nel limite dell’ultima retribuzione mensile. Se si supera questa soglia, l’assegno straordinario viene decurtato della parte eccedente. Il lavoratore, pertanto, ha l’obbligo di effettuare la comunicazione per far presente lo svolgimento della nuova attività. Tale comunicazione va fatta sia al fondo tramite al sede Inps competente per territorio, sia allo stesso datore di lavoro.

Pensioni con i fondi di solidarietà, si può usufruire della quota 102 del 2022?

Si può beneficiare delle pensioni a quota 102 con i fondi di solidarietà bilaterali? In altre parole, l’anticipo dei fondi può essere fatto sui requisiti della quota 102? Per rispondere alla domanda è necessario rifarsi alla precedente quota 100. Il decreto legge numero 4 del 2019 stabilì l’impossibilità di accesso alla quota 100 con l’assegno straordinario assicurato dallo scivolo dei fondi bilaterali. Successivamente è stato previsto un assegno ad hoc parallelo alla quota 100, peraltro esteso nel 2022 alla quota 102. Si ritiene, pertanto, che le aziende possano accompagnare i lavoratori alla pensione con riferimento al nuovo strumento previdenziale sperimentale fino al 31 dicembre 2022.

Fondi bilaterali per la pensione, agevolazioni sul riscatto della laurea

Peraltro, alcuni fondi bilaterali hanno previsto alcune agevolazioni a favore dei lavoratori accompagnati allo scivolo previdenziale con l’assegno straordinario. In alcuni settori, infatti, il datore di lavoro ha la possibilità di pagare direttamente al lavoratore l’onere del riscatto della laurea. Oppure l’onere di ricongiunzione. Questa possibilità accorcia i requisiti per accedere allo scivolo previdenziale, permettendo, nei casi di consistenza di requisiti richiesti, di accedere alla pensione senza nemmeno permanere un mese nel fondo di solidarietà.