Pensione, cosa succede se si versano contributi a gestioni previdenziali diverse?

Cosa avviene se il lavoratore durante la vita lavorativa ha versato i contributi per la pensione in più gestioni previdenziali? In questa situazione, viene incontro il cumulo gratuito dei contributi in caso di versamenti “misti”, compresi quelli fatti alle Casse professionali. Il cumulo gratuito è stato reso operativo dalla circolare dell’Inps numero 140 del 2017 ed esteso anche ai liberi professionisti. Insieme alla totalizzazione e alla ricongiunzione, costituisce una delle soluzioni per sommare i versamenti di diverse gestioni.

Cosa si può fare con il cumulo dei contributi?

Con il cumulo il soggetto può valorizzare la contribuzione fatta a più gestioni previdenziali senza oneri economici. La gratuità è un carattere distintivo del cumulo al pari della totalizzazione. A differenza di quest’ultimo, però, il cumulo non è soggetto al calcolo contributivo della futura pensione e nemmeno al meccanismo delle finestre mobili.

Differenze del cumulo di pensione con ricongiunzione e totalizzazione

Differentemente dalla ricongiunzione, mediante il cumulo non si trasferisce la contribuzione da una gestione a un’altra. Dunque al contribuente viene riconosciuta un’unica pensione, calcolata in base alle regole previste per ciascuna gestione che concorre al cumulo. Con il cumulo previsto dalla legge di Bilancio 2017, dunque, è possibile sommare gratuitamente gli spezzoni contributivi dei versamenti su differenti gestioni.

Cumulo dei contributi per la pensione, chi può farlo?

Il cumulo dei contributi ai fini della pensione può essere esercitato dai dipendenti e dagli autonomi iscritti alla Gestione separata o ad altre forme dell’Assicurazione generale obbligatoria e dai professionisti iscritti alle Casse previdenziali. Chi richiede il cumulo dei contributi non deve avere già in corso un trattamento pensionistico relativo alle gestioni oggetto di cumulo. Da rilevare che il cumulo non può essere mai parziale ma deve riguardare in toto i periodi contributivi. Questi ultimi non devono essere coincidenti.

Come si presenta la domanda di cumulo dei contributi?

La domanda del cumulo dei contributi deve essere presentata presso la gestione dove risulta essere stata accreditata l’ultima contribuzione. Se il contribuente risulta iscritto a più gestioni, può presentare domanda a quella di sua scelta. L’inoltro della domanda permette alla gestione che l’ha ricevuta di iniziare la procedura di cumulo verso le altre gestioni previdenziali all’interno delle quali risultino presenti periodi di contribuzione.

Cosa avviene all’accettazione del cumulo?

Nel momento in cui il cumulo dei contributi viene accettato dopo la presentazione della domanda, la pensione viene liquidata come unica e pagata dall’Inps con un solo trattamento. L’importo pensionistico è determinato dalla somma degli spezzoni contributivi cumulati, seguendo comunque le regole previdenziali di ciascuna gestione coinvolta. Il cumulo permette, inoltre, di poter sommare i periodi contributivi ai fini dell’accesso della pensione di vecchiaia, di anzianità e anticipata.

Cumulo contributi nel caso di gestioni con diverse regole previdenziali

Cosa avviene nel caso in cui le diverse gestioni previdenziali dove il contribuente ha versato i contributi da cumulare applichino regole diverse per il pensionamento? Il caso si può presentare, ad esempio, quando un contribuente ha versato 10 anni di contribuzione presso l’Inps che prevede la pensione di vecchiaia a 67 anni e altri 10 presso un fondo che prevede la stessa prestazione ma a 65 anni. In questa situazione è necessario far riferimento alla gestione previdenziale che prevede i requisiti più elevati tra i singoli fondi coinvolti.

Pensione anticipata con il cumulo dei contributi

Diversamente, per il calcolo dei requisiti necessari per la pensione anticipata, il cumulo delle gestioni contributive deve mirare al raggiungimento fisso dei 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne di versamenti fatti nella vita lavorativa. Ciò indipendentemente dalle regole delle previdenze coinvolte nel cumulo. L’operazione, dunque, può sommare i contributi delle varie gestione per arrivare a questo risultato. Il pagamento della pensione con il cumulo avviene il primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Pensione, come si calcola con il cumulo della pensione?

Il calcolo del mensile di pensione con il cumulo dei contributi avviene tramite il meccanismo “pro-quota”. Ciò significa che ogni gestione previdenziale coinvolta nel cumulo effettuerà il calcolo della propria pensione con le regole vigenti al suo interno. Il calcolo della pensione tiene conto anche del metodo retributivo, misto o contributivo del periodo in cui il contribuente ha effettuato i versamenti. Per questo motivo, anche con il cumulo alcune quote possono essere calcolate con il sistema retributivo per chi rientra in quel sistema previdenziale.

Eccezione delle Casse di previdenza nel calcolo retributivo della pensione

Fa eccezione nella quota di calcolo la gestione relativa alle Casse di previdenza. Infatti, quanto versato alla Cassa previdenziale non può tornare utile per determinare i 18 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 1995 ai fini del calcolo retributivo della pensione per versamenti fatti fino al 31 dicembre 2011.

Pensioni, cosa succede se la riforma parte dai coefficienti di trasformazione?

Se dovesse arrivare una vera e propria riforma delle pensioni per il dopo quota 100, quasi certamente andrebbe a modificare i criteri e i meccanismi che sono alla base del diritto alla pensione stessa. Ma non si agirebbe sui criteri di calcolo delle pensioni che possono indirizzare le scelte dei lavoratori, ovvero se uscire prima da lavoro oppure attendere ancora qualche anno.

Dalla riforma Dini alle riforme pensionistiche più recenti

Agire sul calcolo della pensione equivale a dire modificare i coefficienti di trasformazione. Ne è convinto il professor Sandro Gronchi che, in un articolo scritto per Il Sole 24 Ore, analizza il sistema italiano dei coefficienti rispetto a quelli applicati in alcuni Paesi nordici, soprattutto in Svezia. Il punto di partenza è la riforma Dini del 1995 per i pensionamenti che sarebbero maturati nel 1996, l’anno che fa da spartiacque tra sistema retributivo, misto e contributivo.

Coefficienti di trasformazione, la mancanza di una vera riforma delle pensioni

Il risultato, dalla riforma Dini a quelle più recenti, è stato di un sistema pensionistico italiano basato su criteri di uscita che creano dubbi, disparità di trattamento previdenziale e un’età pensionistica in crescita. Ma non l’età media effettiva di uscita. L’introduzione dei coefficienti di trasformazione nel 1996 in Italia è stata superficiale, “non furono legiferate né la formula, né le fonti cui attingere i molti dati contenuti nei coefficienti”. E furono trascurate riforme previdenziali che  avrebbero dovuto intervenire sull’invalidità, sul meccanismo di perequazione, sulla reversibilità e sui requisiti anagrafici stessi della pensione.

Pensioni, come funziona il coefficiente di trasformazione?

Il calcolo della pensione si basa essenzialmente sul montante contributivo e sul coefficiente di trasformazione. Quest’ultimo è un indice che va moltiplicato al montante per ottenere l’assegno di pensione. L’analisi va fatta, dunque, sui coefficienti che caratterizzano ogni anno di uscita per la pensione e la differenza tra essi. Il coefficiente è tanto più alto quanto più si ritarda la pensione. Ma di coefficienti, aggiornati ogni due anni (e sempre al ribasso), ve n’è uno per ogni anno in cui il lavoratore può accedere alla pensione. Attualmente, vi sono coefficienti corrispondenti alle età dai 57 anni ai 71 anni.

Perché più si va in pensione tardi e più è alto il coefficiente di trasformazione?

Tra i fattori che incidono sul coefficiente di trasformazione vi è la speranza di vita. Al crescere dell’età di pensionamento, la durata degli anni “da pensionato” è più bassa. Di conseguenza il coefficiente non può che aumentare. Ciò implica che, a parità di contributi versati, chi esce dopo ha una pensione più alta. In qualche modo deve essere “premiato”. Ma questo meccanismo presenta tre anomalie per il professor Gronchi. La prima è che se la pensione è reversibile, allora la speranza di vita non dovrebbe riguardare il solo pensionato, ma anche il coniuge superstite.

Come cambiano i coefficienti di trasformazione per la pensione

La seconda anomalia che presenta il coefficiente di trasformazione è che l’indice è applicato indipendentemente dall’anno di nascita. Ovvero, il coefficiente corrispondente all’età di pensione di 65 anni dell’attuale biennio, viene applicato nel 202i ai nati nel 1956 e nel 2022 sarà applicato ai nati nel 1957. Anche a distanza di un anno, l’applicazione dello stesso coefficiente potrebbe determinare elementi di obsolescenza nel calcolo della pensione.

Pensioni, il fattore obsolescenza dei coefficienti di trasformazione

La terza anomalia si riscontra nella differenza tra pensioni di vecchiaia a 67 anni e pensioni anticipate (o anzianità contributive). Le seconde possono essere raggiunte già dai 57 anni di età e maturare lungo un lasso di tempo ampio. Ad esempio, una lavoratrice nata nel 1964 potrebbe andare in pensione dai 57 anni ai 67 anni (dal 2021 al 2031). Nel frattempo cambieranno 6 volte i coefficienti di trasformazione, una volta per biennio.

Coefficienti di trasformazione e speranza di vita

Con la speranza di vita in aumento, la rinuncia a uscire a un’età più bassa determina l’erosione della pensione, dal momento che l’assegno dovrà essere spalmato su un numero di anni superiore. Questo meccanismo di obsolescenza dei coefficienti può essere più chiaro confrontandosi con un collega che, a parità di contributi, ha deciso di andare in pensione prima.

Il modello Svezia per i coefficienti di trasformazione

La Svezia ha adottato un sistema di coefficienti di trasformazione diverso da quello italiano. Innanzitutto per il diverso meccanismo di pensionamento riconosciuto dai 65 ai 68 anni. La scelta all’interno della fascia è libera e flessibile, e non sono richiesti anni minimi di contribuzione. E, di conseguenza, gli indici sono calcolati per i soli 4 anni di uscita per limitare l’obsolescenza. A ciascuna età è assegnato un coefficiente di trasformazione legato all’anno di nascita. Dunque, vi è un coefficiente fisso per il 2021 assegnato al 65enne nato nel 1956 che voglia andare in pensione. Coefficiente che è stato ricalcolato rispetto a quello applicato al 65enne che è andato in pensione nel 2020 essendo nato nel 1955.

Come si potrebbero calcolare le pensioni con pochi anni di coefficienti di trasformazione?

Un sistema come quello svedese in Italia rivoluzionerebbe tutto il meccanismo dei coefficienti, proprio per l’ampia fascia di età (dai 57 ai 71 anni) in cui è possibile andare in pensione. Applicare il modello svedese vorrebbe dire avere fin da subito un coefficiente da assegnare al lavoratore nato nel 1964 che volesse andare in pensione con l’anzianità contributiva nel 2021. Diversamente lo stesso lavoratore dovrebbe attendere il 2031 per avere il coefficiente della pensione di vecchiaia dei 67 anni. Ciò spiega perché l’adozione di pochi coefficienti di trasformazione richiedere un numero di anni di calcolo (e di uscita) contenuto. In Italia una riforma ragionevole potrebbe essere dai 64 ai 67 anni, in linea con i requisiti della Fornero.

Pensioni anticipate in Svezia: l’anticipo viene scalato dal montante dei contributi

Ma un meccanismo del genere comporterebbe anche l’abbandono di varie formule di pensionamento anticipato vigenti in Italia. Nel modello pensionistico svedese esiste una possibilità di uscita anticipata dai 62 anni. Si tratta di assegni mensili configurati come “prestiti” garantiti dal montante contributivo maturato. Alla maturazione della vecchiaia il debito viene rimborsato a valere sul montante stesso.

Previsioni di riforma delle pensioni in Italia: novità in arrivo sui requisiti di accesso

E dunque, la pensione si calcola moltiplicando il montante residuo con il coefficiente di trasformazione corrispondente ai 65, 66, 67 o 68 anni. Ma la formula anticipata è piuttosto snobbata dai lavoratori. Vi ricorre un terzo dei pensionati, molti dei quali rimasti senza lavoro. L’esempio svedese potrebbe essere un ottimo sistema per il riordino delle pensioni italiane e per il ricalcolo dei coefficienti di trasformazione. Tuttavia, le indiscrezioni sulla riforma italiana anticipano provvedimenti che si limiteranno ad agire sui requisiti di accesso alla pensione.

Pensioni, cosa avviene se i contributi sono versati a più enti? Ricongiunzione, cumulo e totalizzazione

Può capitare che, durante la vita lavorativa, il contribuente si sia iscritto a più enti previdenziali. Cosa avviene in questo caso alla futura pensione? Tre strumenti intervengono per il calcolo dei contributi: la ricongiunzione, la totalizzazione e il cumulo gratuito. Le tre modalità, nella specificità degli strumenti previsti, consentono di riunire il proprio montante contributivo e garantire, pertanto, un accesso più immediato alla pensione.

La ricongiunzione dei contributi: ecco come funziona ai fini della pensione

Con la ricongiunzione dei versamenti si consente al lavoratore che ha più posizioni previdenziali aperte in gestioni diverse di trasferire tutti i contributi maturati nel corso della carriera lavorativa in una sola gestione. Il risultato finale sarà quello di avere un’unica pensione. Le gestioni previdenziali diverse di versamento dei contributi possono essere anche le Casse previdenziali dei liberi professionisti, ma non possono ricomprendere la Gestione separata.

Cosa avviene ai contributi con la ricongiunzione e come si chiede

La ricongiunzione permette al lavoratore di unificare i contributi come se fossero stati versati, fin dall’inizio, in un’unica gestione previdenziale. In tal caso, il contribuente andrà in pensione con i requisiti previsti dallo specifico fondo che ha ricongiunto i versamenti. La domanda deve essere presentata dal contribuente direttamente all’ente di previdenza presso il quale desidera riunire i contributi. Lo stesso ente sarà anche quello che in futuro verserà l’assegno di pensione.

La ricognizione dei contributi si paga?

Ricorrere a questa formula di riunione dei contributi potrebbe significare dover sostenere un onere. Ma potrebbe anche essere gratuita. Se a pagamento e di quanto dipende da vari elementi. In particolare il costo varia in base:

  • all’entità dei contributi da trasferire da una gestione a un’altra;
  • alla tipologia dei contributi;
  • a quando si collocano nel tempo ovvero al periodo nel quale sono stati versati.

Totalizzazione della pensione, che cos’è?

Con la totalizzazione della pensione si consente ai contribuenti iscritti a diverse gestioni della previdenza di cumulare tutti i periodi che non coincidono tra di loro. L’obiettivo finale della totalizzazione è quello dell’erogazione di un unico assegno di pensione che scaturisce dalla somma dei trattamenti maturati all’interno delle varie gestioni. È importante rilevare che, se al momento del pensionamento il contribuente non ha maturato un diritto autonomo alla pensione in nessuna delle gestioni, l’assegno con il meccanismo della totalizzazione viene ricalcolato interamente con il metodo contributivo.

Si paga la totalizzazione della pensione?

Diversamente dalla ricongiunzione dei contributi, la totalizzazione non si paga mai e può inglobare anche la Gestione separata. La domanda di totalizzazione deve essere presentata presso l’ultimo ente previdenziale di iscrizione del contribuente. Sarà lo stesso ente a far partire la procedura.

Il cumulo gratuito della pensione

Il cumulo gratuito della pensione è in vigore solo da alcuni anni. L’istituto consente, anche ai liberi professionisti, di cumulare senza costi i contributi maturati presso diverse gestioni previdenziali. Differentemente dalla ricongiunzione e analogamente alla totalizzazione non vi è un effettivo trasferimento dei contributi. Infatti, i versamenti vengono sommati tra di loro con l’obiettivo di sfruttare tutti i periodi lavorativi e di versamenti che non coincidono.

Come funziona il cumulo gratuito e perché risulta più facile arrivare alla pensione

L’obiettivo del cumulo, come degli altri istituti, è quello di maturare i requisiti validi per andare in pensione. In questo caso, la legge facilita il conseguimento della pensione rendendo accessibile il cumulo gratuito anche se nelle gestioni, prese singolarmente, non siano stati raggiunti i requisiti minimi per il pensionamento.

Calcolo della pensione con il cumulo gratuito

Il punto forte del cumulo della pensione, oltre alla gratuità del metodo, riguarda il calcolo della pensione. Infatti, diversamente dalla totalizzazione che per il ricalcolo delle diverse gestioni utilizza unicamente il sistema contributivo, il cumulo adotta un diverso meccanismo di determinazione della futura pensione. Le diverse gestioni previdenziali vengono unite ma mantengono ciascuna la propria quota di calcolo della pensione, secondo le regole previste per ciascun fondo. Dunque, gestioni retributive mantengono il relativo sistema di calcolo basato sugli ultimi anni di stipendio.

Ricongiunzione, totalizzazione e cumulo pensione: alcuni elementi da considerare nella scelta

Nella scelta tra l’uno o l’altro dei meccanismi di unione dei contributi possono entrare diversi fattori. Considerando che non è possibile stabilire a priori quale meccanismo dei tre sia il più conveniente e adatto a tutti, è bene considerare che:

  • per fare richiesta per uno dei tre non bisogna essere già titolare di una pensione;
  • non può fare richiesta chi ha già utilizzato i contributi per sommarli o per trasferirli da una gestione a un’altra;
  • non è possibile richiedere la totalizzazione dei contributi se il lavoratore ha già chiesto e pagato l’onere previsto nei casi di ricongiunzione.

Fondi pensione aperti: a quali lavoratori si rivolgono e cosa succede al Tfr?

Tra le diverse formule di pensione integrativa e di previdenza complementare, i fondi aperti rappresentano una soluzione in grado di soddisfare le esigenze di gran parte dei contribuenti. È importante conoscere le caratteristiche dei fondi aperti per comprendere a chi si rivolgono e fornire le più approfondite risposte ai dubbi più comuni, come quelli riguardanti l’obbligatorietà del versamento del Trattamento di fine rapporto.

Quali società istituiscono i fondi pensione aperti?

I fondi aperti di pensione sono istituiti dalle banche, dalle società di intermediazione mobiliare, dalle società che si occupano della gestione del risparmio e dalle assicurazione. Il patrimonio delle società che offrono fondi aperti risulta separato e autonomo nei riguardi della società che li ha istituiti.

Fondi pensione aperti, perché sono sicuri?

Proprio la separazione del patrimonio fa in modo che i fondi pensione aperti siano destinati solo per il pagamento delle prestazioni complementari agli iscritti. Pertanto, i creditori della società che li istituisce non possono rivalersi sul fondo stesso in caso di fallimento.

Fondi pensione aperti: tutte le informazioni sono presenti nel Regolamento

L’attività del fondo pensione aperto è disciplinata dal Regolamento che definisce le caratteristiche essenziali dell’investimento. Nel dettaglio il Regolamento contiene:

  • gli elementi identificativi del fondo pensione;
  • l’importo dei contributi;
  • il calcolo delle prestazioni,
  • le politiche di investimento;
  • le spese a carico dei destinatari per la partecipazione al fondo;
  • i profili dell’organizzazione, il responsabile e la struttura;
  • i rapporti con chi aderisce al fondo.

Chi può aderire ai fondi pensione aperti?

Chiunque può aderire ai fondi pensione aperti per costituire una rendita integrativa rispetto alla pensione lavorativa. Nel dettaglio, possono partecipare al fondo:

  • i lavoratori dipendenti;
  • gli autonomi;
  • i liberi professionisti.

È importante sottolineare che l’adesione al fondo pensione è aperta anche ai contribuenti che non svolgono alcuna attività lavorativa.

Fondo pensione aperto: l’adesione può avvenire anche collettivamente

Il fondo pensione aperto accetta adesioni non solo su base individuale, ma anche collettivamente. Il contribuente dipendente privato può partecipare al fondo sia individualmente che collettivamente. È il caso degli appartenenti a una impresa nelle modalità stabilite dai contratti di lavoro oppure dagli accordi e regolamenti aziendali. Inoltre, ai fondi negoziali la partecipazione collettiva può avvenire anche nella modalità tacita.

Adesione collettiva al fondo pensione aperto: non è prevista per i lavoratori del pubblico impiego e autonomi

La possibilità di adesione collettiva è tuttavia riservata alle realtà aziendali del settori privato. Infatti, ciò non avviene per i lavoratori del pubblico impiego che possono aderire solo su base individuale. La stessa situazione avviene anche per i liberi professionisti o i lavoratori autonomi: la loro adesione può avvenire solo individualmente. Tuttavia, si possono iscrivere al fondo di previdenza complementare anche i familiari a carico del lavoratore: la partecipazione, tuttavia, deve essere confermata dal Regolamento del fondo pensione aperto.

Fondi pensione aperti: cosa avviene al Trattamento di fine rapporto?

Nel caso in cui il contribuente partecipi al fondo pensione aperto in modalità individuale, non è obbligatorio versare il Trattamento di fine rapporto. Dall’altra parte, non è obbligatorio anche il contributo aggiuntivo versato dall’impresa, in assenza di accordi aziendali che possano prevedere la partecipazione dell’impresa stessa.

 

Pensione integrativa: firmato accordo col Fondo Perseo Sirio, dipendenti pubblici iscritti anche con il silenzio assenso

Previdenza complementare con silenzio assenso per i dipendenti della pubblico impiego assunti dopo il 1° gennaio. È stato firmato nella giornata del 16 settembre 2021 l’accordo per l’adesione al fondo Perseo Sirio a favore dei dipendenti della Pubblica amministrazione. L’intesa permette ai neoassunti a tempo indeterminato a partire dal 2019 di poter beneficiare dell’adesione alla previdenza complementare. Sono esclusi dalla possibilità di adesione al fondo i dipendenti che abbiano beneficiato di progressioni di carriera o che continuino a mantenere il previgente regime di Trattamento di fine servizio.

Pubblica amministrazione, chi può aderire alla previdenza complementare Perseo Sirio

L’accordo definisce la regolamentazione riguardante le modalità di espressione delle volontà di adesione al fondo di previdenza complementare Perseo Sirio. In tutto, solo nel 2019, i nuovi assunti sono stati circa 64 mila. Si tratta di personale immesso a partire dal 2 gennaio 2019. Oltre all’assunzione, per aderire al fondo, è necessario che l’amministrazione pubblica per la quale si lavora abbia aderito al fondo stesso. Si tratta del personale delle Regioni, degli enti locali, del Servizio sanitario nazionale, dei ministeri, della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle Agenzie fiscali, degli Enti pubblici non economici, delle Università e Ricerca, del Cnel e dell’Enac.

Chi rimane escluso dal fondo pensione Perseo Sirio

Rimane escluso dall’adesione al Fondo Perseo Sirio chi:

  • ha beneficiato di progressioni di carriera;
  • il personale che continua a mantenere il regime di Trattamento di fine servizio (Tfs) per la continuità del rapporto previdenziale;
  • chi è già iscritto al fondo per precedenti rapporti di lavoro.

Dipendenti del pubblico impiego, come si aderisce al fondo Perseo Sirio

Per aderire al Fondo Perseo Sirio, i dipendenti del pubblico impiego hanno due modalità. La prima consiste manifestando esplicitamente la volontà di adesione, anche attraverso il sito web, nelle forme e con le modalità consuete. La parte innovativa dell’accordo sottoscritta nella giornata del 16 settembre 2021 riguarda il silenzio assenso. Pertanto, all’atto dell’assunzione, il lavoratore riceve l’informativa dall’amministrazione sulle modalità di adesione. Nell’informativa, che deve essere menzionata nel contratto individuale, deve essere presente il riferimento al silenzio assenso.

Sito internet per aderire al Fondo Perseo Sirio

Il link per l’iscrizione al fondo è presente nell’informativa. Sul portale è possibile consultare le informazioni previste dai regolamenti Covip e accedere alla modulistica per aderire volontariamente. Inoltre, le amministrazioni devono rendere disponibili i moduli per la “non adesione”. Nei sei mesi successivi all’assunzione, se il dipendente pubblico non ha manifestato alcuna volontà (e non ha ancora firmato nemmeno il modulo della “non adesione”), viene iscritto automaticamente al Fondo a decorrere dal primo giorno del mese susseguente alla scadenza dei sei mesi di tempo.

L’adesione con silenzio assenso al fondo di pensione integrativa

Le amministrazioni, trascorsi i sei mesi dall’assunzione, entro il giorno 10 del mese successivo, comunicano al fondo i nominativi dei lavoratori iscritti con la modalità silenzio assenso, ovvero i dipendenti che non abbiano fatto adesione volontaria e non abbiano espresso la propria “non adesione” tramite gli appositi moduli. Entro 30 giorni dalla comunicazione ricevuta dall’amministrazione, il Fondo comunica al dipendente l’adesione mediante silenzio assenso. Nella comunicazione, il fondo specifica:

  • l’avvenuta adesione e la relativa data di decorrenza dell’iscrizione;
  • i flussi finanziari attivati e quelli attivabili;
  • il comparto destinatario del flusso di finanziamento al quale il lavoratore ha aderito col silenzio assenso;
  • la documentazione contenente il Regolamento Covip;
  • le modalità di recesso.

Recesso dei dipendenti pubblici dal Fondo di pensione complementare

I dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al Fondo Perseo Sirio con il silenzio assenso hanno 30 giorni di tempo dalla comunicazione di adesione per esercitare il diritto di recesso. Infatti, entro il giorno 10 del mese dalla comunicazione di adesione, il fondo invia alle amministrazione i nominativi dei dipendenti che hanno esercitato il diritto di recesso nel mese precedente. Il recesso è indispensabile per non attivare i flussi finanziari relativi al fondo di pensione complementare.

Pubblica amministrazione, adesione con silenzio assenso al fondo pensione integrativa

Per i dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al fondo pensione con il silenzio assenso e non hanno esercitato diritto di recesso nei termini stabiliti – ovvero entro un mese dall’avvenuta iscrizione – l’amministrazione di appartenenza inizierà a versare i contributi datoriali e il contributo a carico del lavoratore entro il secondo mese susseguente di comunicazione dell’adesione. Dall’attivazione del flusso dei contributi, l’amministrazione di appartenenza attiva le comunicazione all’ente previdenziale Inps.

Esempio di lavoratore assunto nella Pa e adesione al fondo previdenziale complementare

Un lavoratore assunto in una pubblica amministrazione il 1° dicembre 2021, ad esempio, nello stesso giorno riceve informativa del Fondo Perseo Sirio. Il 31 maggio 2022 scadono i sei mesi decorsi i quali, in caso di silenzio e di mancata domanda di “non adesione”, il lavoratore risulta iscritto. L’iscrizione al fondo, dunque, avrà luogo il giorno 1° giugno 2022. Entro il 10 luglio 2022 il fondo invia comunicazione all’amministrazione degli iscritti con silenzio assenso. Il lavoratore ha tempo fino al 9 agosto 2022 per esercitare il diritto di recesso. Il 10 settembre successivo il fondo comunica all’amministrazione l’elenco degli iscritti “consolidati”. Infine, entro il 30 novembre l’amministrazione attiva il flusso contributivo e le comunicazioni all’Inps.

 

Inps: come contattare l’istituto dall’Italia e dall’estero

Sono vari i canali per mettersi in contatto con l’Inps. Per chi volesse un’assistenza di un operatore è possibile contattare il Contact center Inps. L’operatore risponde a richieste di informazioni e assistenza degli iscritti e dei pensionati Inps di tutte le gestioni dell’Istituto previdenziale. Pertanto, il Contact center è unico sia per la gestione dei dipendenti pubblici, che per i lavoratori dello spettacolo e dello sport, che per i fondi del Gruppo Poste Italiane e dei diversamente abili.

Inps, quali sono i numeri da fare per contattare il Contact center?

Per mettersi in contatto con il Contact center dell’Inps è necessario chiamare il numero 803 164, gratuito da telefono fisso oppure il numero 06 164 164 dal cellulare. Quest’ultima tipologia di chiamata è a pagamento secondo il piano tariffario applicato dall’operatore telefonico di appartenenza. Per parlare direttamente con un operatore è necessario chiamare dal lunedì al venerdì, dalle ore 8:00 alle ore 20:00 e il sabato dalle ore 8:00 alle ore 14:00, ora italiana.

Come contattare l’Inps dall’estero?

Si può contattare l’Inps anche dall’estero. In particolare sono presenti i numeri che è necessario comporre a seconda del Paese dal quale si chiama. Nel dettaglio il Paese di chiamata e il numero verde da comporre:

  • Belgio 080013255;
  • Danimarca 80018297;
  • Francia 0800904332;
  • Germania 08001821138;
  • Gran Bretagna 0800963706;
  • Irlanda 1800553909;
  • Paesi Bassi 08000223952;
  • Portogallo 800839766;
  • Spagna 900993926;
  • Svezia 020795084;
  • Svizzera 0800559218.

Contact center Inps, orari di apertura e lingue disponibili del servizio

Il Contact center Inps fornisce informazioni sia in automatico che con intervento dell’operatore 24 ore al giorno. Per parlare con un operatore  Il servizio è attivo anche nei giorni festivi e i servizi sono forniti in otto lingue diverse (Italiano, inglese, francese, tedesco, arabo, polacco, russo e spagnolo.

Inps, gestione delle richieste dal Contact center

Le richieste portate avanti dagli utenti vengono gestite dagli operatori in linea del Contact center Inps. Le richieste che necessitano di approfondimenti, possono essere inoltrate dagli operatori alle sedi territoriali competenti dell’Inps. Saranno queste ultime a prendere contatti con l’utente e a fornire tutti i chiarimenti della richiesta. Inoltre, nel caso in cui la richiesta dovesse richiedere la presenza fisica del contribuente, l’operatore telefonico fissa un appuntamento presso la sede territoriale Inps di competenza.

Richieste all’Inps, che cos’è il Pin telefonico?

Nell’ambito dell’assistenza ai contribuenti, l’Inps garantisce anche il servizio “Pin telefonico“. Si tratta di un servizio mediante il quale è possibile ottenere un Pin temporaneo, di validità di un giorno, di una settimana, di un mese o di tre mesi, per il monitoraggio della richiesta avanzata. Per ottenere il Pin telefonico l’utente deve accedere alla propria area sul sito dell’Inps, dalla sezione “MyInps”. All’area personale si accede, come di consueto, con le credenziali Spid, Carta nazionale dei servizi o Carta di identità elettronica.

Aggiornamenti richiesta al Contact center, il servizio ‘Inps risponde’

Aggiornamenti sulla lavorazione della richiesta smistata a una delle sedi territoriali dell’Inps possono essere ottenuti dagli utenti anche attraverso il servizio “Inps Risponde“. In alternativa si può richiamare il Contact center.

Chiamate via Internet e Skype per parlare con l’Inps

Si può contattare l’assistenza dell’Inps anche via Internet e Skype. Nel dettaglio, si può usare il servizio Voip Parla con noi, accessibile da tutto il mondo. All’interno del sito Inps è presente la guida “Parla con noi via internet” per utilizzare il servizio, per i software e gli hardware necessari, nella sezione “Contatti” e “Contact center”. Per chiamare dall’Italia o dall’estero il Contact center può essere utilizzato anche via Skype. La modalità di chiamata è solo vocale e non video. Anche per questa modalità è possibile visualizzare la guida “Parla con noi via Skype” disponibile nella stessa sezione del servizio Voip.

Quali richieste si possono fare al Contact center Inps?

Le tipologie di richieste che possono essere fatte al Contact center dell’Inps riguardano:

  • la variazione dell’indirizzo di residenza;
  • le informazioni sulla pensione futura (“La mia pensione”);
  • informazioni su pensioni, su prestazioni temporanee e sui contributi;
  • l’acquisizione delle domande di pensione;
  • l’iscrizione online per i lavoratori parasubordinati, per i domestici e le casalinghe;
  • la spedizione di duplicati di documenti come l’estratto conto assicurativo o la Certificazione unica;
  • la simulazione dei contributi da versare per i lavoratori domestici e l’invio dell’avviso del pagamento PagoPa, oltre all’invio della copia della relativa ricevuta di pagamento. La copia può essere richiesta anche per i versamenti volontari, per il riscatto della laurea e per le ricongiunzioni contributive.

Ulteriori servizi richiedibili al Contact center Inps

Al Contact center dell’Inps possono essere richiesti anche ulteriori servizi come:

  • Informazioni sulle domande di prestazioni (ad esempio, richiesta di disoccupazione e mobilità, oppure congedo parentale e maternità, i congedi e i permessi per i diversamente abili, gli assegni a favore dei nuclei familiari);
  • gli orari e gli indirizzi degli uffici Inps;
  • l’assistenza sui servizi internet;
  • lo stato della domanda per servizi di credito e welfare, come le borse di studio, i master, i mutui ipotecari edilizi, i piccoli prestiti per i pensionati o i prestiti pluriennali, l’istanza anticipata di estinzione.

Servizi in automatico del Contact center Inps

Contattando il Contact center dell’Inps è possibile accedere, in via automatica, a servizi forniti in modalità automatica. Si tratta di:

  • servizi automatici di consultazione dello stato di una domanda già presentata;
  • servizio di consultazione dello stato di una domanda inerente la gestione pubblica, ovvero di una pratica presentata all’Inps;
  • consultazioni per il Reddito di cittadinanza;
  • servizio di consultazione della domanda del Reddito di inclusione (Rei);
  • consultazione dei pagamenti fatti per le prestazioni erogati agli utenti, dunque di pensioni e prestazione di sostegno al reddito;
  • comunicazione dei contributi da pagare a favore dei lavoratori domestici;
  • invio della Certificazione unica, estratto conto contributivo, richiesta della “Linea Inps”.

 

 

 

 

Lavoro dopo pensione: i contributi versati a cosa servono?

I contributi che vengono versati alla cassa pensionistica successivamente alla decorrenza della pensione possono essere sommati alla pensione già liquidata. Questo meccanismo si chiama “supplemento” e viene riconosciuto a chi già prende già la pensione e riprenda a lavorare e a versare contributi verso lo stesso ente previdenziale che ha dato origine alla propria pensione. Tuttavia, il ricalcolo della pensione con l’aggiunta dei nuovi contributi avviene dopo che siano trascorsi 5 anni dalla decorrenza della pensione stessa. In alcuni casi, è possibile abbreviare il ricalcolo al trascorrere dei due anni.

Pensione: come aumenta l’assegno mensile con il supplemento

Il vantaggio del meccanismo del supplemento è quello che i contributi vanno a sommarsi a quelli già versati prima della decorrenza della pensione determinando un aumento dell’assegno mensile. In tal senso il supplemento si configura come incremento della pensione liquidata. È tuttavia necessario che l’interessato presenti domanda per includere la contribuzione relativa ai periodi lavorativi successivi alla pensione. Inoltre, i contributi successivi alla decorrenza del primo supplemento danno il via alla possibilità di richiedere, dopo 5 anni di ulteriori contributi, un nuovo e ulteriore supplemento.

I requisiti per richiedere il supplemento di pensione

La prima condizione per la richiesta del supplemento di pensione è che siano trascorsi 5 anni dalla decorrenza della pensione stessa. Tuttavia, la domanda si può presentare, una sola volta, dopo due anni dalla decorrenza della pensione. La legge richiede come requisito che sia stata compiuta, nel caso di richiesta anticipata, l’età della pensione di vecchiaia attualmente fissata a 67 anni. La domanda di ricalcolo e inclusione dei contributi dopo due anni può avvenire anche successivamente al primo supplemento richiesto dopo 5 anni. Pertanto, il pensionato che continui a lavorare, può richiedere due supplementi di inclusione dei contributi nel giro di 7 anni dalla decorrenza della pensione.

La richiesta anticipata del supplemento di pensione

Ad esempio, un contribuente che sia andato in pensione anticipata a 63 anni, ha convenienza a chiedere il primo supplemento di pensione a 68 anni, data l’impossibilità presentare richiesta dopo due anni se non ha compiuto l’età della pensione di vecchiaia. La seconda richiesta di supplemento può essere fatta all’età di 70 anni.

Come si presenta la domanda di supplemento di pensione?

La domanda di supplemento di pensione deve essere inoltrata esclusivamente in via telematica all’Inps. Il contribuente ha la la possibilità di entrare sul portale dell’Istituto previdenziale con le proprie credenziale e, quindi, di inoltrare la richiesta. In alternativa è possibile avvalersi dei servizi di un patronato o di tutti gli intermediari dell’Inps. Infine, può fare richiesta chiamando il numero verde dell’Inps (803 164 da rete fissa, 06 164 164 da rete mobile).

Di quanto aumenta la pensione con il supplemento?

L’importo risultato dal calcolo dei contributi versati come supplemento va a sommarsi (diventandone parte integrante) alla pensione che il richiedente già percepisce. Ai fini del ricalcolo il supplemento va a incrementare anche la tredicesima mensilità di pensione. Nel caso in cui il titolare di pensione abbia ricevuto l’integrazione al minimo, il supplemento va a coprire l’integrazione stessa. L’aumento della pensione, in questo caso, avviene solo se ne derivi eccedenza, rispetto al minimo, con i nuovi contributi versati.

Come si calcola l’aumento di pensione con il supplemento?

Il ricalcolo della pensione con il supplemento avviene, per le pensioni di anzianità contributive con decorrenza a partire dal 1° gennaio 2012, con il metodo contributivo. Non cambia nulla per le pensioni calcolate prima dell’inizio del 2012 con i meccanismi previdenziali retributivo e misto. La pensione aumentata dal supplemento inizia a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale il contribuente ha presentato domanda.

Supplemento di pensione per gli autonomi della gestione separata

I lavoratori autonomi della gestione separata hanno qualche variazione rispetto ai lavoratori alle dipendenze. Infatti, la prima domanda per il supplemento di pensione deve essere inoltrata dopo due anni di decorrenza della pensione stessa. L’invio dopo due anni è a prescindere che si sia raggiunta o meno l’età necessaria per la pensione di vecchiaia.

Cosa avviene per i liberi professionisti riguardo al supplemento di pensione?

Diverso è il caso di un libero professionista. Infatti, se un pensionato da lavoro alle dipendenze o da lavoro autonomo, dopo la pensione riprende a lavorare come libero professionista, i contributi maturati non potranno essere ricalcolati come “supplemento” della pensione che già percepisce. In questo caso il lavoratore, al compimento dell’età necessaria per la pensione di vecchiaia, potrà fare richiesta di una pensione chiamata “pensione di vecchiaia supplementare”. Questa nuova pensione va ad associarsi alla pensione che il contribuente già percepisce.

L’eccezione della quota 100 nel supplemento di pensione: il divieto di cumulo

Il meccanismo del supplemento di pensione incontra l’eccezione per i contribuenti usciti dal lavoro con quota 100. Per questa misura vige il divieto di cumulo dei redditi da pensione con quelli da lavoro, con determinate eccezioni. Dunque, è escluso che un pensionato con quota 100 possa continuare o iniziare un lavoro alle dipendenze. Il divieto vige anche per un nuovo lavoro autonomo. È permessa l’attività in forma autonoma e a condizione che sia saltuaria e non continuativa, per un reddito lordo annuo massimo di 5 mila euro. Il divieto vige per tutto il periodo di prepensionamento.

Divieto di cumulo per quota 100 e ripresa del lavoro dopo i 67 anni

Pertanto il contribuente deve rispettare il divieto di cumulo dai 62 anni ai 67 anni, età prevista per la pensione di vecchiaia. Solo alla maturazione di quest’ultima il divieto di cumulo cessa, e il contribuente può svolgere attività lavorative autonome o alle dipendenze e chiedere il supplemento di pensione con i consueti requisiti e alle medesime condizioni.

Come si dimostra di essere un caregiver familiare?

Ad oggi non è prevista alcuna domanda per ottenere il riconoscimento del lavoro di assistenza di un familiare non autosufficiente. Tuttavia, i caregiver ricoprono un ruolo sociale ed economico importante a copertura del vuoto assistenziale del settore pubblico odierno. Per capire il ruolo dei caregiver è indispensabile partire dalla definizione di questa figura.

Chi è il caregiver?

Secondo la definizione data dalla legge, si definisce caregiver “la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, numero 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, numero 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, numero 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, numero 18”.

Quali sono le attività del caregiver?

Più nello specifico, il caregiver o l’assistente familiare volontario, è colui che svolge gratuitamente e quotidianamente attività di assistenza di un parente non autosufficiente. Le attività del caregiver possono essere dirette se assiste la persona non autosufficiente nelle attività primarie, ovvero lavare, vestire, aver cura dell’assistito per l’igiene o per la somministrazione di pasti e farmaci.

Assistenza attiva e passiva del caregiver all’assistito

La persona assistita non riuscirebbe a fare, dunque, da sola le attività primarie. L’assistenza può essere indiretta se il caregiver svolge solo questioni amministrative dell’assistito. In questa tipologia di attività ricade anche la sorveglianza attiva, ovvero l’intervento solo in caso di pericolo, o quella passiva, nel caso in cui l’assistito sia allettato.

Caregiver: requisiti e tutele della professione

Il riconoscimento dei caregiver, al momento, è dettato dal contenuto della legge 104 del 1992, dal decreto legislativo numero 119 del 2011 e della proposte di pensione anticipata con Ape sociale. La legge 104 del 1992 detta i principi in materia di diritti e assistenza a persone non autosufficienti. All’articolo 33 si affrontano gli aspetti inerenti ai permessi dei quali gode il caregiver familiare lavoratore per la fruizione dei tre giorni mensili, anche continuativi, retribuiti e coperti da contribuzione figurativa.

Le tutele della legge 104 del 1992

Le tutele riconosciute al caregiver nell’assistenza a un familiare disabile si configura nelle seguenti modalità:

  • il caregiver si prende cura di familiare con disabilità grave, ovvero dell’assistito che abbia subito la ridotta autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere indispensabile l’assistenza continuativa, permanente e globale nella sfera individuale;
  • l’assistito non deve essere ricoverato a tempo pieno;
  • il lavoratore dipendente, sia del pubblico che del privato, che svolge assistenza deve essere il coniuge o un parente o affine entro il secondo grado;
  • l’assistito, se lavora, può fruire per se stesso dei permessi previsti dalla legge 104 e scegliere, per la propria assistenza, solo un lavoratore;
  • nel caso in cui l’assistenza avviene allo stesso figlio il diritto è riconosciuto a entrambi i genitori, ma questi ultimi possono usufruire alternativamente dei permessi.

Caregiver, col decreto legislativo 119 del 2011 è possibile chiedere il congedo straordinario

Nell’ambito di assistenza a familiare con handicap grave, il lavoratore che è anche caregiver può richiedere il congedo straordinario ai sensi del comma 5, dell’articolo 42, del decreto legislativo numero 151 del 2001. Lo prevede il decreto legislativo numero 119 del 2011 che stabilisce che il congedo straordinario può essere chiesto fino a due anni, anche in maniera frazionata nel tempo, indipendentemente dal numero dei disabili da assistere. Il periodo di congedo è retribuito.

Se i caregiver sono i genitori: permessi e congedo parentale

Il decreto legislativo 119 del 2011 è intervenuto anche per i genitori assistenti di bambini disabili. Infatti, in situazioni di disabilità grave, i genitori possono fruire del prolungamento del congedo parentale. In alternativa, si possono richiedere riposi orari retribuiti fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.  Nello specifico, per i bambini fino a 3 anni di età:

  • di tre giorni di permesso;
  • o di ore di permesso giornaliero ovvero il prolungamento del congedo parentale.

Per bambini dai 3 agli 8 anni la scelta è tra i tre giorni di permesso o il prolungamento del congedo parentale. Per bambini oltre gli 8 anni, si possono chiedere i 3 giorni di permesso mensili.

Pensione Ape sociale, l’accesso ai caregiver

Da ultimo, i caregiver hanno ottenuto un importante riconoscimento ai fini della pensione. Infatti, tra i requisiti inerenti l’Ape sociale, è possibile anticipare l’uscita da lavoro, a partire dai 63 anni di età, ai lavoratori che assistano familiari in condizione di disabilità. Nel dettaglio i caregiver, nel in cui richiedano la pensione, devono assistere il coniuge o un parente di primo grado, convivente da almeno sei mesi. È richiesta anche una contribuzione minima per andare in pensione con l’Ape sociale pari a 30 anni di versamenti.

Allargamento delle situazioni di assistenza per la pensione anticipata Ape sociale

Il requisito dell’assistente a familiare deve rispettare quanto previsto dal comma 3, dell’articolo 3, della legge numero 104 del 1992 in merito alla situazione di gravità. La legge di Bilancio 2018 (legge 205 del 2017) ha allargato le circostanze di assistenza dei parenti con disabilità grave. Infatti, rientrano tra i caregiver anche i lavoratori che assistono un parente o affine di secondo grado, convivente, nel momento in cui i genitori o il coniuge della persona con disabilità abbia compiuto i 70 anni di età. L’allargamento riguarda anche i genitori affetti da patologie invalidanti o siano mancanti o deceduti.

 

 

Pensione di invalidità civile e pensione di vecchiaia: spettano entrambe?

La pensione di invalidità civile e la pensione di vecchiaia spettano entrambe? Per rispondere a questa domanda è necessario chiarire che entrambe possono essere godute da un contribuente, ma le due misure di pensione non sono cumulabili. Ovvero non possono essere percepite entrambe nello stesso momento. Per arrivare a questa conclusione è necessario verificare quando decorra la pensione di invalidità civile e quando quella di vecchiaia, con subentro di quest’ultima alla maturazione dei relativi requisiti.

Che cos’è la pensione di invalidità civile?

La pensione di invalidità (o di inabilità) civile è una prestazione riconosciuta e pagata dall’Inps per le persone in stato di bisogno. Rientrano nello stato di bisogno i soggetti che hanno un’invalidità civile riconosciuta nella misura pari al 100%. Tuttavia, l’Inps riconosce lo stato di necessità se il richiedente non supera anche determinati tetti di reddito.

A chi spetta la pensione di invalidità civile?

La pensione di invalidità civile spetta ai cittadini che:

  • hanno un’età compresa tra i 18 e i 67 anni;
  • sono stati riconosciuti con una riduzione della capacità di lavorare nella misura del 100%;
  • sono cittadini italiani, europei o extracomunitari (è necessario il permesso di soggiorno da minimo un anno);
  • risiedono stabilmente e continuativamente in Italia;
  • hanno un reddito che non supera i 16.982,49 euro all’anno, per il 2020 e il 2021.

Quanto si prende di pensione di invalidità civile?

Per l’anno 2021, l’importo della pensione di invalidità civile è pari a 287,09 euro. La rata mensile è uguale a tutti gli invalidi civili, sia totali che parziali. Tuttavia, per gli invalidi civili totali la rata può essere ulteriormente aumentata grazie alle recenti novità normative che hanno disposto per i maggiorenni l’incremento al milione. Ciò significa che gli invalidi civili totali di almeno 18 anni, con redditi annui non superiori a 8.476,26 euro, possono ottenere l’aumento sino a 651,51 euro al mese. Il limite di reddito aumenta a 14.459,90 euro per il 2021 se l’invalido risulta coniugato. Chi, invece, riceve ha un reddito annuo tra 8.476,26 e 16.982,49 euro continua a percepire la pensione di inabilità di 287,09 euro.

Chi prende la pensione di invalidità può avere anche la pensione di vecchiaia?

Il soggetto che percepisce già la pensione di invalidità civile non può prendere, contemporaneamente, anche la pensione di vecchiaia. La motivazione risiede nel fatto che l’assegno di invalidità che si percepisce si trasforma d’ufficio in pensione di vecchiaia alla maturazione dei requisiti anagrafici previsti dalla legge Fornero per le pensioni di vecchiaia. Tale principio tutela chi percepisce la pensione di invalidità civile. Infatti, il soggetto beneficiario non può vedersi revocato l’assegno mensile per il venir meno del requisito sanitario connesso alla prestazione.

Pensioni, come avviene il passaggio dall’invalidità civile alla vecchiaia?

La trasformazione dell’assegno di invalidità civile in pensione di vecchiaia avviene in maniera automatica. Ad agire è proprio l’Inps senza che il beneficiario debba presentare alcuna domanda. L’Istituto previdenziale, al compimento dell’età pensionabile fissata attualmente a 67 anni, unitamente alla verifica dei contributi minimi (20 anni), provvede alla trasformazione dell’assegno mensile.

Quali vantaggi nascono dalla trasformazione della pensione di invalidità civile in vecchiaia?

Alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, che per il 2021 e il 2022 decorre dai 67 anni, la trasformazione della pensione di invalidità civile comporta due vantaggi. Il primo riguarda la possibilità, per il pensionato, di cumulare senza limiti la pensione con eventuali altri redditi da lavoro. Tali redditi potranno maturare sia in un rapporto di lavoro da dipendente, che da lavoratore autonomo. Con la prestazione di pensione di invalidità civile, invece, la cumulabilità dell’indennità con redditi da lavoro può essere solo parziale per la decurtazione dell’indennità stessa.

Reversibilità della pensione di vecchiaia e dell’invalidità civile

Il secondo vantaggio della trasformazione dell’indennità di invalidità civile in pensione di vecchiaia risiede nel fatto che, in caso di decesso del pensionato, gli eredi possono godere della pensione di reversibilità. L’assegno di invalidità civile, invece, non è reversibile verso gli eredi. Gli stessi, in caso di morte del lavoratore titolare di un’assicurazione obbligatoria, dovranno verificare la sussistenza di requisiti contributivi ai fini della pensione indiretta.

Contributi ai fini della pensione di vecchiaia

I periodi nei quali il percettore dell’invalidità civile ha ottenuto l’assegno e non ha lavorato, sono utili ai fini del perfezionamento del diritto a maturare la pensione di vecchiaia, ma non sono decisivi per la determinazione della misura della pensione stessa. Dunque, se un soggetto ha ricevuto l’assegno di invalidità con quindici anni di contributi, e per dieci lo ha ricevuto senza svolgere alcuna attività lavorativa, l’Inps accrediterà i 25 anni di contribuzione ai fini dei 20 anni minimi richiesti a 67 anni per la pensione di vecchiaia. Ma la misura dell’assegno mensile di pensione sarà determinato solo sui 15 anni di contributi effettivamente versati. Verranno pertanto esclusi i 10 anni in cui il lavoratore non ha effettuato versamenti.

Invalidità civile e pensione anticipata

La trasformazione dell’assegno di invalidità civile può avvenire solo con i requisiti della pensione di vecchiaia dei 67 anni. Lo stesso non può dirsi per la trasformazione in pensione anticipata. Pertanto, se il lavoratore invalido dovesse raggiungere i 42 anni e dieci mesi richiesti per la pensione anticipata, continuerà a percepire l’indennità di invalidità fino alla maturazione dei 67 anni della pensione di vecchiaia.

Quando può essere anticipata l’età dei 67 anni della pensione di vecchiaia per un invalido civile?

L’unico caso in cui il lavoratore invalido può anticipare la pensione di vecchiaia dei 67 anni è quello disciplinato dal comma 8, dell’articolo 1 del decreto legislativo numero 503 del 1992. Secondo quanto prescrive la norma, infatti, l’età per la pensione di vecchiaia può essere ridotta a 61 anni per gli uomini e a 56 per le donne che hanno un’invalidità pari o superiore all’80%. È utile ricordare che la norma riguarda i lavoratori dipendenti del settore privato. Inoltre,  alla maturazione dei requisiti, l’invalido deve attendere i 12 mesi di finestra mobile.

Ricostituzione e supplemento di pensione: quali differenze?

Supplemento e ricostruzioni sono due istituti in base ai quali l’assegno della pensione viene ricalcolato sulla base di contributi non considerati ai fini dell’importo del trattamento stesso. Con il supplemento di pensione si conteggiano i contributi che sono stati versati dopo la decorrenza della pensione. Con la ricostruzione, invece, vengono riconosciuti i contributi già maturati prima di andare in pensione ma non conteggiati.

Cos’è il supplemento di pensione?

Il supplemento si concretizza, dunque, in un aumento della pensione sulla base dei contributi relativi a periodi successivi alla data di decorrenza della pensione stesa. I contributi maturati successivamente alla decorrenza del primo supplemento comportano la liquidazioni di ulteriori supplementi. Pertanto, il supplemento spetta a tutti i pensionati che continuano a lavorare e a versare all’Inps, nelle svariate gestioni, i contributi relativi a periodi lavorativi successivi alla pensione.  I pensionati ex autonomi della Gestione separata possono richiedere il supplemento di pensione solo per i contributi versati, dopo la decorrenza della pensione, nella stessa gestione Inps.

Chi può richiedere il supplemento di pensione?

I pensionati che continuano a lavorare dopo la pensione, appartenenti all’Assicurazione Generale Obbligatoria o alla Gestione lavoratori autonomi, hanno diritto alla liquidazione di un supplemento per gli ulteriori contributi. Tuttavia, si ottiene il supplemento trascorsi cinque anni dalla data di decorrenza della pensione o dal precedente riconoscimento del supplemento. In ogni caso deve essere stata raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia di 67 anni, requisito non richiesto per la liquidazione dei supplementi della Gestione separata Inps.

La richiesta anticipata di supplemento di pensione rispetto ai 5 anni

Il pensionato può, una sola volta, chiedere la liquidazione del supplemento, che sia il primo o uno dei successivi, al trascorrere di soli due anni della decorrenza della pensione oppure dalla precedente richiesta di supplemento. In entrambi i casi, l’Inps richiede che sia stata raggiunta l’età della pensione di vecchiaia. La domanda del supplemento anticipato (2 anni), presentata già all’Assicurazione obbligatoria, comporta l’impossibilità di presentare la stessa richiesta alla Gestione separata.

Quanto spetta di supplemento di pensione?

L’importo del supplemento va a integrare il trattamento di pensione, anche ai fini della tredicesima mensilità. Pertanto il supplemento non dà luogo a un’emissione separata rispetto alla pensione normalmente percepita. Il calcolo della quota di supplemento, dal 1° gennaio 2012, avviene con il metodo contributivo. Il supplemento decorre dal primo giorno del mese susseguente a quello nel quale si è presentata la domanda.

Come presentare domanda per il supplemento di pensione?

La domanda per il supplemento di pensione può essere presentata in tre modalità. Nel dettaglio:

  • telematicamente, attraverso il sito internet dell’Inps, accedendo direttamente con le proprie credenziali;
  • attraverso il contact center, ovvero contattando il numero 803 164 gratuito da rete fisso, oppure lo 06 164164 da cellulare, a pagamento a seconda del proprio piano telefonico;
  • tramite i patronati e tutti gli intermediari dell’Inps.

Ricostruzione di pensione, cos’è?

Con l’istituto della ricostruzione di pensione si procede con la variazione dell’importo del trattamento pensionistico già percepito mediante l’accreditamento di contributi versati o dovuti per periodi di lavoro anteriori alla decorrenza originaria della pensione stessa. La ricostruzione della pensione può essere richiesta sia per la contribuzione obbligatoria che per quella figurativa e da riscatto. In tutti e tre i casi, la contribuzione deve essere maturata prima della decorrenza della pensione. Il termine per presentare domanda di ricostruzione della pensione è di tre anni. Trascorso questo periodo la ricostruzione va in prescrizione e la possibilità di avvalersi di questo istituto decade.

Ricostruzione della pensione, per cosa si può fare domanda?

La presentazione della domanda Inps per la ricostruzione della pensione può avvenire per tre motivazioni. Nel dettaglio:

  • per l’accreditamento di contributi non valutati in sede di prima liquidazione della pensione;
  • in caso di esclusione di contributi nella prima liquidazione di pensione;
  • per la modifica del valore retributivo o contributivo già considerato nella prima liquidazione.

Al verificarsi di queste tre motivazioni, l’Inps ricalcola la pensione in base alla normativa vigente al momento della prima decorrenza della pensione.

Domanda di ricostruzione per contributi non calcolati correttamente

In merito al terzo punto, ovvero per la modifica del valore retributivo o contributo già considerato in sede di primo calcolo della pensione, la relativa domanda deve essere presentata, come di consueto, entro 3 anni dal provvedimento di liquidazione della pensione. Se invece i fatti sono “sopravvenuti“, ovvero non vanno a variare gli elementi di calcolo della pensione originaria, non vi è alcuna decadenza. Solo gli eventuali arretrati sono corrisposti nel termine di prescrizione fissato in 5 anni.

Da quando decorre la ricostruzione della pensione?

La decorrenza della ricostruzione della pensione avviene dalla decorrenza originaria del trattamento pensionistico mediante applicazione di coefficienti di perequazione. Con questo istituto, dunque, si procedere ad accertare tutti i requisiti e a ricalcolare la pensione come se si trattasse di una nuova liquidazione. Per i ratei di pensione maturati dopo il 6 luglio 2011, la prescrizione è quinquennale. Pertanto, il limite temporale per il ricalcolo della pensione è quello del 7 luglio 2016.

Come si presenta domanda di ricostruzione della pensione?

La domanda di ricostruzione della pensione si presenta nelle stesse modalità dell’istituto del supplemento di pensione. Pertanto, il pensionato può inoltrare domanda:

  • dal sito Inps attraverso l’apposita sezione e previo accesso con le credenziali;
  • attraverso il contact center dell’Inps ai consueti numeri;
  • tramite i patronati e gli intermediari dell’Istituto previdenziali.