Pensioni quota 102, chi può fare domanda e come

Al via nel 2022 le pensioni a quota 102. La misura previdenziale consente di uscire da lavoro all’età di almeno 64 anni unitamente a 38 anni di contributi. Il nuovo meccanismo è stato introdotto dalla legge di Bilancio 2022 come misura ponte tra la fine della sperimentazione di quota 100 e le novità attese per la riforma delle pensioni del 2023. Ecco come si presenta la domanda per la pensione a quota 102 e quali sono i requisiti che devono essere maturati entro la fine dell’anno.

Pensioni a quota 102, ecco quali sono i requisiti per l’uscita anticipata

Per poter andare in pensione anticipata con quota 102 è necessario avere l’età di almeno 64 anni nel 2022. Inoltre, i contributi versati devono essere pari a minimo 38 anni (come per la quota 100). Nel 2022 sono attese le uscite dei nati entro il 31 dicembre 1958. Tuttavia, prima di incassare il primo assegno, i neopensionati devono attendere la finestra mobile di tre mesi. Per i lavoratori del pubblico impiego la finestra mobile è di sei mesi.

Pensioni a quota 102 e finestra mobile: quando avviene effettivamente l’uscita da lavoro?

Il meccanismo delle finestre mobili, introdotto anche per la quota 102 come per la quota 100, a conti fatti farà registrare le prime uscite per la pensione a quota 102 a partire dal 1° maggio 2022 per i lavoratori del settore privato e a partire dal 1° agosto 2022 per i lavoratori del pubblico impiego. Come per la quota 100, anche per la quota 102 c’è la possibilità della cristallizzazione del diritto di pensionamento. Ovvero i requisiti di uscita devono essere maturati entro tutto il 2022, ma il lavoratore potrà uscire da lavoro anche in epoca successiva.

Pensioni quota 102, come si presenta la domanda all’Inps?

Per la presentazione della domanda di pensione con quota 102 è necessario utilizzare la sezione telematica del sito Inps. In particolare, per l’accesso sono necessarie le credenziali Spid, Carta nazionale dei servici (Cns) o carta di identità elettronica 3.0. Il modulo di domanda si trova tra i “servizi on line” del sito dell’Inps. Per entrare nella sezione dedicata è necessario entrare in “Domanda pensione, ricostruzione, ratei, Ecocert, Ape sociale e beneficio precoci” scegliendo poi l’opzione “Nuova prestazione pensionistica”. Successivamente è necessario cliccare su “Anzianità Anticipata Vecchiaia” e poi “Pensione di anzianità anticipata”. Nella sezione si trova la parte relativa al “Requisito quota 102”. Da cliccare infine il Fondo e la Gestione di liquidazione.

 

Legge di bilancio 2022: novità per Quota 102 e Opzione Donna

La legge di bilancio 2022 ha provveduto a piccole modifiche al sistema pensionistico, tra le novità vi sono Opzione Donna e Quota 102 che va a sostituire Quota 100. Ecco le principali novità.

Quota 102 dal 1° gennaio 2022

Quota 100 è stata un’importante riforma, anche se transitoria, volta ad agevolare l’uscita dal mondo del lavoro anticipata, il fine era mitigare gli effetti della Legge Fornero. Risultato a cui hanno contribuito anche Opzione Donna e l’APE Sociale. Trattandosi di una misura transitoria era stata prorogata di anno in anno, fino al 31 dicembre 2021. Con lo scadere di tale termine vi erano diverse opzioni, cioè una proroga della Quota 100, una revisione della Quota 100 oppure un’applicazione netta della Legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni di età. Con la legge di bilancio 2022 si è optato per una “revisione” della Quota 100, trasformata in Quota 102.

Il sistema Quota 102 ha una durata annuale (vi è sempre la possibilità, a dir il vero remota, che con la legge di bilancio 2023 possa essere estesa). Prevede la possibilità di andare in pensione anticipata (rispetto alla legge Fornero) a 64 anni con anzianità contributiva di 38 anni, appunto Quota 102. Per poter andare in pensione applicando questa normativa i requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre 2022, quindi iniziando a percepire la pensione anche dal 2023. Secondo i calcoli forniti, il costo di Quota 102 sarà di 1,6 miliardi di euro, molto inferiore rispetto a Quota 100 che ha avuto un costo di 2,18 miliardi nel 2019 e 3,53 miliardi nel 2020. Interesserà una platea di 60 mila lavoratori. Tenendo in considerazione le finestre trimestrali e semestrali, i primi pensionati con questo sistema si avranno a maggio 2022.

Estensione dell’applicabilità di Opzione Donna

La legge di bilancio 2022 provvede anche ad estendere l’applicabilità di Opzione Donna, si tratta di un sistema che consente alle donne che hanno compiuto 58 anni se lavoratrici dipendenti e 59 anni se lavoratrici autonome e che abbiano versato almeno 35 anni di contributi di accedere alla pensione anticipata. Per loro però c’è un piccolo pegno da pagare, infatti la pensione sarà calcolata interamente con il metodo contributivo e quindi con una perdita netta che dovrebbe oscillare intorno al 30%. Per poter accedere a Opzione Donna le lavoratrici dipendenti devono prima cessare l’attività lavorativa e poi presentare la domanda, per le lavoratrici autonome non è invece necessario cessare l’attività lavorativa.

Concorrono al raggiungimento della contribuzione minima tutti i contributi versati a qualsiasi titolo, sono esclusi solo i contributi figurativi per malattia, disoccupazione o situazioni simili. Contribuiscono a maturare il requisito i contributi da riscatto della laurea, ricongiungimento contributivo, ricostituzione della posizione assicurativa e versamenti volontari.

La domanda per accedere a Opzione Donna può essere presentata attraverso il sito INPS accedendo alla propria pagina personale attraverso l’uso dello SPID o di una Carta di Identità Elettronica 3.0 o CNS (Carta Nazionale Servizi). In alternativa, è possibile chiamare il contact center INPS al nuoero 803 164, oppure rivolgersi a un patronato.

Gli svantaggi di Opzione Donna 2022

Tra le note dolenti di Opzione Donna vi è il fatto che è particolarmente penalizzante per le lavoratrici dipendenti che devono cessare l’attività per poterne beneficiare, ciò per il fatto che si applica il principio delle finestre mobili. Questo prevede che tra la maturazione dei requisiti e l’effettiva riscossione del primo rateo pensionistico intercorrano almeno 12 mesi, cioè le lavoratrici dipendenti perdono un anno di pensione. Per le lavoratrici autonome invece tra la maturazione dei requisiti e la riscossione del primo rateo intercorrono 18 mesi, ma almeno possono continuare a lavorare e quindi a percepire un reddito.

La legge di bilancio 2022 ha provveduto anche ad ampliare la platea dei beneficiari dell’APE Sociale, ma per saperne di più è possibile leggere lo specifico approfondimento contenuto nell’articolo: APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

Pensioni, ecco tutti gli aumenti dell’assegno da gennaio 2022

Crescono, anche se di poco, gli assegni di pensione a partire da gennaio 2022. Scatta da oggi la rivalutazione dell’1,7% sugli assegni di pensione dovuta all’adeguamento all’aumento dei prezzi. L’adeguamento pieno all’inflazione sussiste per le pensioni fino a 4 volte la pensione minima, ovvero fino a 2.062 euro lordi mensili. Nel contempo, il taglio dell’Irpef riguarderà anche i pensionati: il meccanismo a scaglioni andrà a premiare soprattutto i redditi di pensione medi e alti. Intanto, sono state fatte le prime stime dei lavoratori che andranno in pensione anticipata nel 2022: saranno 55 mila.

Pensioni, nel 2022 gli importi cresceranno mediamente dell’1,7%

Al termine di anni in cui l’inflazione è stata pari a zero, da gennaio 2022 le pensioni torneranno a crescere di importo mediamente dell’1,7%. Tuttavia, l’Inps ha avvertito che per i primi tre mesi l’aumento sarà dell’1,6%. Ovvero verrà applicato il tasso di rivalutazione delle pensioni calcolato fino a qualche mese fa. Solo in primavera le pensioni riceveranno l’adeguamento pieno e verrà versato anche il conguaglio.

Pensioni, nel 2022 spariscono le sette fasce: ci saranno solo tre scaglioni di aumento

Un’altra novità sugli importi delle pensioni del 2022 è quella che vede sparire il sistema delle sette fasce per tornare a quello dei tre scaglioni. La rivalutazione è piena per le pensioni di importo fino a quattro volte il minimo, ovvero per assegni fino a 2.062 euro lordi. Per questi importi, l’aumento è del 100%, ovvero dell’1,7%. La percentuale si abbassa per le pensioni di importo superiore, ovvero tra quattro e cinque volte la pensione minima (il 90% dell’1,7% di aumento). Si tratta delle pensioni tra 2.062 e 2.578 euro lordi mensili. Infine, il 75% di aumento (sull’1,7%) è applicato alle pensioni superiori le cinque volte quelle minime (oltre 2.578 euro).

Pensioni 2022, ecco tutti gli importi degli aumenti mensili degli assegni

In base al nuovo meccanismo di calcolo degli adeguamenti delle pensioni, si possono fare degli esempi di adeguamento degli importi a partire da gennaio 2022:

  • pensioni di 700 euro nel 2021 saranno aumentate di 11,90 euro. Aumenteranno dunque a 711,90 euro;
  • le pensioni di 1000 euro nel 2021 otterranno 17 euro di aumento;
  • le pensioni di 1300 euro aumenteranno di 22,10 euro;
  • a 1600 euro l’aumento delle pensioni è di 27,20 euro;
  • per assegni di 2000 euro l’aumento è di 34 euro;
  • per i mensili di 2062,32 euro l’incremento è di 35,06 euro (fine prima fascia);
  • per pensioni di 2300 euro aumento di 38,70 euro;
  • per i mensili di 2500 euro l’aumento è di 41,76 euro;
  • per le pensioni di 2577,90 l’aumento è di 42,95 euro (fine seconda fascia e inizio terza e ultima fascia);
  • per gli assegni mensili di 2800 euro, l’aumento è di 45,78 euro;
  • per le pensioni di 3000 euro, l’incremento è di 48,33 euro;
  • per i mensili di 3500 euro l’aumento è di 54,71 euro;
  • per le pensioni di 4000 euro, l’aumento è di 61,08 euro;
  • per i mensili di 5000 euro, l’incremento spettante è di 73,83 euro.

Pensioni, nel 2022 gli aumenti degli importi arriveranno anche dal taglio dell’Irpef

Gli aumenti degli importi delle pensioni nel 2022 risentiranno, in positivo, anche del taglio dell’Irpef e delle detrazioni fiscali. Arriverà a marzo prossimo, infatti, il conguaglio per la Irpef non solo per i lavoratori dipendenti e autonomi, ma anche per i pensionati. Dei 7 miliardi di euro stanziati dal governo per la riforma fiscale, 2,6 miliardi andranno ai pensionati. Il conguaglio medio spettante ai pensionati sarà di 178 euro per ogni anno. A beneficiarne maggiormente saranno le pensioni di importo medio e alto. Le pensioni di 48 mila euro, infatti, avranno il risparmio fiscale più elevato, stimabile in 697 euro annui. Per le pensioni dai 40 ai 60 mila euro, il beneficio annuo oscilla tra 500 e 700 euro. Per le pensioni di 24 mila euro il beneficio Irpef si attesta sui 132 euro, mentre per assegni sotto i 18 mila euro il risparmio è di 200 euro.

Nuovi pensionati nel 2022, verso le 55 mila uscite anticipate

Con la nuova quota 102 (che va a sostituire la quota 100), l’opzione donna e l’Ape sociale allargata (alle nuove categorie di lavoratori impiegati in mansioni gravose) il numero delle pensioni anticipate nel 2020 toccherà la cifra di 55.300. Con quota 102, che somma l’età anagrafica di uscita a 64 anni unitamente ad almeno 38 anni di contributi, le uscite previste sono di 16.800 durante tutto il 2022.

Opzione donna, in pensione le lavoratrici di 58 o 59 anni

La legge di Bilancio 2022 ha prorogato, per tutto l’anno, anche l’opzione donna. I requisiti da soddisfare per andare in pensione prima sono i 35 ani di contributi e l’età di 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) o di 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2021. La Ragioneria Generale dello Stato calcola che le donne in uscita con questa misura nel 2022 saranno 17 mila.

Pensioni anticipate Ape sociale, l’allargamento dei lavori gravosi produce poche uscite in più

Prorogata per tutto l’anno dalla legge di Bilancio 2022 anche l’Ape sociale con l’allargamento anche ad altre mansioni usuranti della possibilità di uscita a 63 anni di età. Le categorie di lavori gravosi sono passate da 15 a 23: tuttavia l’allargamento produrrà solo 1.700 lavoratori in più in uscita. Rispetto alle altre categorie di gravosi, edili e ceramisti andranno in pensione con 32 anni di contributi anziché 36.

Fisco, caro bollette, bonus edilizi, pensioni: ecco tutte le novità della legge di Bilancio 2022

L’ultimo giro di boa per la legge di Bilancio 2022 è arrivato nella giornata del 29 dicembre 2021 con il voto finale alla Camera. Con la maggioranza di voti di 414 sì rispetto ai 47 no, è arrivato il via libero definitivo alla Manovra di Draghi con una spesa complessiva di 36,5 miliardi di euro, coperture per 13,2 e indebitamento per 23,3 miliardi. Numerose le novità previste per il prossimo anno: Fisco, decontribuzione, bonus edilizi, pensioni, Pubblica amministrazione e tanto altro.

Fisco, riduzione delle aliquote Irpef a 4 e abolizione Irap

Arriva la riduzione delle aliquote Irpef che passeranno dalle attuali cinque a quattro. La legge di Bilancio 2022 prevede aliquote del 23%, 25%, 35% e 43%. Rimane il bonus di Renzi rivisto dall’allora ministro dell’Economia Gualtieri di 100 euro mensili per i redditi fino a 15 mila euro. Gli effetti del taglio dell’Irpef si vedranno già da marzo prossimo. Arriva anche l’abolizione dell’Irap per 853 mila lavoratori autonomi: a beneficiarne saranno soprattutto i liberi professionisti, le ditte individuali e le società semplici.

Decontribuzione per redditi fino a 35 mila euro all’anno

Per tutto il 2022 sui contributi vigerà lo sconto dello 0,8% purché la retribuzione imponibile non ecceda i 2.692 euro al mese (calcolata per tredici mensilità). La decontribuzione si applica dunque ai redditi fino a 35 mila euro al mese. Non rientrano nello sconto contributivo colf, badanti e lavoratori domestici.

Pensioni, nel 2022 nuove uscite con la quota 102

In tema di pensioni, debutterà nel 2022 la quota 102 che prenderà il posto di quota 100. Si potrà andare in pensione all’età di 64 anni e con almeno 38 anni di versamenti. I pensionamenti anticipati attesi per il prossimo anno con quota 102 sono 16.200. Prorogata anche l’opzione donna e previsto il rafforzamento dell’Ape sociale con 23 nuove categorie di lavoratori impiegati in mansioni gravose che potranno uscire a 63 anni. Per i lavoratori dell’edilizia e i ceramisti è previsto un corsia preferenziale per l’Ape sociale: gli anni di contributi dovranno essere almeno 32 e non 36 come per tutte le altre categorie di lavoratori gravosi.

Bonus edilizi, prorogati con novità superbonus 110% e facciate

Prorogati i bonus edilizi per il 2022, in particolare il superbonus 110% e il bonus facciate. Ma con delle novità dettate dalla possibilità di ricorrere alle misure ma anche ai controlli anti frode. Il superbonus 110% è stato confermato per tutto il 2022 per le villette, ma entro il 30 giugno 2022 è necessario raggiungere almeno il 30% di stato di avanzamento dei lavori (Sal). I condomini potranno avvantaggiarsi del superbonus 110% ma con una riduzione delle detrazioni fiscali che scenderà fino al 65% entro il 2025. Confermato anche il bonus facciate ma con la riduzione dell’agevolazione fiscale dal 90% al 60%. Tra le novità anche l’obbligo del visto di conformità delle spese agli interventi per importi entro i 10 mila euro.

Imprese, prorogato l’ex iperammortamento fino al 2025

Prorogato fino a tutto il 2025 anche l’ex iperammortamento dei beni tecnologici 4.0. Il credito di imposta corrispondente viene stabilito nelle misure:

  • del 20% (aliquota dimezzata dal 40%) per la quota fissa delle spese fino a 2,5 milioni di euro;
  • del 10% (aliquota dimezzata dal 20%) per spese tra i 2,5 e i 10 milioni di euro;
  • del 5% (aliquota dimezzata dal 10%) per spese oltre i 10 milioni di euro e fino a 20 milioni.

Vengono inoltre stanziati altri 900 milioni di euro per l’acquisto e il leasing di beni strumentali rientranti nella “Nuova Sabatini“. L’incentivo rimarrà in vigore fino a tutto il 2027.

Caro bollette, benefici sull’Iva e sugli oneri

La legge di Bilancio 2022 interviene anche sul caro bollette con più misure. In primis, l’azzeramento degli oneri generali di sistema relativi alle bollette dell’elettricità domestica e non domestica per le basse tensioni (fino a 16,5 kW). L’Iva sul gas naturale si riduce al 5% e l’azzeramento degli oneri di sistema del gas naturale per tutte le utenze, sia domestiche che non domestiche. In arrivo anche il potenziamento dei bonus per gli utenti svantaggiati.

Pubblica amministrazione, più premi e sale il tetto massimo dei compensi

Novità in arrivo anche per i lavoratori della Pubblica amministrazione. Il governo ha stanziato 200 milioni di euro per incrementare i fondi integrativi destinati ai premi dei dipendenti del pubblico impiego. Ne beneficeranno, in particolare, i lavoratori delle amministrazioni pubbliche centrali, con 110,6 euro per gli statali e 89,4 euro per gli insegnanti. Si tratta di componenti di aumento dello stipendio legati a premi per le performance dei lavoratori del pubblico impiego. Sale da 240 mila a 249 mila il tetto stipendiale riconosciuto come limite ai lavoratori della Pubblica amministrazione, ma solo a partire dal 2023.

 

Pensioni, nel 2022 in uscita fino a 55mila lavoratori con quota 102, opzione donna e Ape

Sono stimate in 55 mila le uscite nel corso del 2022 con le misure di pensione anticipata incluse nella legge di Bilancio di fine anno. Il pacchetto che il governo stanzierà per le pensioni del 2022 è di 600 milioni di euro e comprenderà gli strumenti previdenziali della quota 102, dell’opzione donna e dell’Ape sociale. La stima è contenuta nella relazione tecnica al disegno di legge di Bilancio arrivato al Senato nei giorni scorsi.

Pensioni con quota 102, come si esce nel 2022 dal lavoro?

Tra le misure di pensione anticipata attese per il prossimo anno c’è quota 102 che va a sostituire la quota 100. Sulla nuova misura le previsioni del governo sono di 16.800 nuovi pensionati che, nel corso dell’anno, compiranno l’età di 64 anni e potranno uscire al raggiungimento dei 38 anni di contributi versati. Dei 600 milioni di euro stanziati per le pensioni dal governo, quota 102 ne assorbirà 176 milioni.

Quali requisiti sono richiesti nel 2022 per le pensioni con opzione donna?

Le altre pensioni riguarderanno opzione donna e Ape sociale. Sulla misura riservata alle lavoratrici si stimano 17 mila nuove pensionate. Rimarranno inalterati i requisiti di uscita, passaggio che ha fatto lievitare il numero delle beneficiarie rispetto alle prime stime di qualche giorno fa dei sindacati. Potranno accedere all’opzione donna le lavoratrici che abbiano almeno 35 anni di contributi versati e l’età di 58 anni (se dipendenti) o di 59 anni (se autonome). La pensione verrà calcolata, come è già avvenuto per le precedenti proroghe, interamente con il metodo contributivo.

Quante lavoratrici usciranno nel 2022, 2023 e 2024 con opzione donna?

Sull’opzione donna il governo stima, tuttavia, che le lavoratrici in possesso dei requisiti di uscita saranno più di quelle che effettivamente sceglieranno la misura. La relazione tecnica del governo, infatti, stima in 29.500 il numero delle lavoratrici in possesso dei requisiti richiesti. Il costo totale delle pensioni delle nuove pensionate dovrebbe aggirarsi intorno ai 111 milioni di euro e 200 mila. Secondo le previsioni, opzione donna nei prossimi anni raggiungerà numeri più alti di uscita. Infatti, per il 2023 sono previste 28.200 nuove uscite e per il 2024 altre 29.100.

Con quanto si va in pensione con opzione donna?

La relazione tecnica fa anche delle stime sulla pensione futura delle donne che scelgano questa misura per uscire in anticipo da lavoro. Considerando il ricalcolo contributivo dell’assegno, l’importo medio del mensile si attesta sui 1.100 euro per le dipendenti del settore privato; sui 1.250 euro per le lavoratrici del pubblico impiego; infine sugli 810 euro per le lavoratrici autonome. La riduzione stimata accettando il ricalcolo del contributivo è del 6% per le donne che lavorano alle dipendenze e del 13% per le autonome.

Pensioni, quante uscire nel 2022 con l’Ape sociale?

Più alto, secondo le stime, è il numero dei lavoratori che nel prossimo anno andrà in pensione con l’Ape sociale. La misura, che conterà nuove categorie di lavoratori impiegati in mansioni gravose, dovrebbe assicurare la pensione a 21.200 lavoratori. La voce a bilancio per l’anticipo pensionistico sociale dovrebbe avere un costo stimato sui 141,2 milioni di euro, per salire a 275 nel 2023 e abbassarsi negli anni successivi.

Qual è la pensione che si ottiene con la quota 102?

Sulle stime di uscita dei prossimi anni, la nuova quota 102 dovrebbe far registrare altre 23.500 pensioni nel 2023, per poi abbassarsi a 15.100 nel 2024 e a 5.500 nel 2025. Nel 2026 sono previste pochissime uscite: si stimano circa mille nuovi pensionati con quota 102. Il ministero dell’Economia ha stimato che l’assegno di pensione ottenuto con la quota 102 dovrebbe assestarsi sui 26 mila euro lordi all’anno.

Inps, online il nuovo calcolatore del Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici

È stata implementata tra le funzionalità telematiche del sito dell’Inps il nuovo calcolatore del Trattamento di fine servizio (Tfs) o Trattamento di fine rapporto (Tfr) dei dipendenti del pubblico impiego. Le specifiche della nuova funzionalità sono contenute nel messaggio dell’Inps numero 3436 del 12 ottobre scorso. Nella comunicazione l’Istituto di previdenza presenta la “nuova modalità di domanda di quantificazione del TFR e del TFS finalizzata alla cessione ordinaria e alla cessione agevolata”.

Tfr o Tfs ‘in un click’ sul portale dell’Inps

La nuova funzionalità del sito dell’Inps di calcolo del trattamento di fine servizio o di fine rapporto rientra nel progetto “Tfr e Tfs in un click”, previsto dal Piano Strategico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict). Pertanto, sul portale dell’Istituto di previdenza i dipendenti del pubblico impiego possono adottare il nuovo servizio per la richiesta di quantificazione del Tfs o del Tfs finalizzato alla cessione ordinaria o alla cessione agevolata.

Come si accede al calcolo del Tfr o Tfs sul sito Inps?

Per poter accedere al servizio di determinazione del Tfr o Tfr sul sito dell’Inps i dipendenti pubblici dovranno, come primo passaggio, autenticarsi. Le credenziali per l’accesso sono:

  • quelle dello Spid (Sistema pubblico di identità digitale);
  • della Carta di identità elettronica (Cie);
  • della Carta nazionale dei Servizi (Cns).

Dopo l’autenticazione, è necessario andare nelle sezione “Prestazioni e servizi”, prima di procedere in “Servizi” e successivamente nella “Gestione dipendenti pubblici: servizi online Tfr” oppure in quella della “Gestione dipendenti pubblici: servizi online Tfs”.

Inps, sul portale il calcolo del Tfs o Tfr alle condizioni ordinarie o a quelle agevolate del Dl 4/2019

L’implementazione del nuovo servizio dell’Inps permetterà agli ex dipendenti del pubblico impiego di effettuare una cessione ordinaria del Trattamento di fine rapporto o del Trattamento di fine servizio, oppure accedere alle condizioni agevolate dei due istituti secondo quanto prevede il decreto legge numero 4 del 2019.

Calcolo Tfr o Tfs, per quali pensioni?

In particolare, le condizioni agevolate del Tfr o Tfs si applicano nel limite del trattamento corrispondente a 45 mila euro. Rientrano nel trattamento agevolato le uscite pensionistiche dei lavoratori del pubblico impiego con i requisiti della quota 100, della pensione di vecchiaia, della pensione anticipata, del cumulo pensioni, delle agevolazioni per le attività gravose. Fanno parte del calcolo anche le uscite per chi svolge attività particolarmente pesanti e faticose, oltre ai lavoratori precoci.

Quanto costa accedere al Tfr o Tfs agevolato?

Le condizioni fissate dal decreto legge numero 4 del 2019 per il Tfr o Tfs agevolato è pari al rendimento dei titoli di Stato. La durata dell’operazione è quella corrispondente al prestito. Inoltre l’agevolazione prevede il pagamento di uno spread calcolato sullo 0,4%.

Cosa cambia con il nuovo applicativo Inps per il Tfr o Tfs?

L’Istituto di previdenza aveva già al suo interno un applicativo per il calcolo del Tfr o Tfs dei lavoratori del pubblico impiego. La finalità era quella di fare una simulazione e una quantificazione del trattamento relativa alla cessione della prestazione a favore degli istituti di credito. La nuova funzionalità implementata in questi giorni permette di inserire solo dati minimali e di accedere automaticamente alla verifica della maturazione dei requisiti. Si può procedere con l’operazione anche dai dispositivi mobili (tablet e cellulari).

Quali informazioni chiede il servizio di Tfr e Tfs per il calcolo del trattamento?

Con l’accesso al servizio di calcolo del Tfr o Tfs, all’utente sono richiesti solo i dati che non siano già in possesso dell’Inps. Pertanto, l’utente chiede la prestazione in via telematica fornendo i dati minimi. Le informazioni saranno integrate con quelle già in possesso dall’Istituto previdenziale per il riscontro immediato della prestazione richiesta.

Pensione, vincolo di assenza rapporto di lavoro: si può essere riassunti dallo stesso datore?

Per andare in pensione l’unico vincolo per i lavoratori alle dipendenze è quello di non avere in essere un rapporto di lavoro subordinato. Il vincolo vige nel momento in cui si fa domanda di pensionamento. Successivamente si può riprendere a lavorare. Ma si può essere assunti nuovamente dallo stesso datore di lavoro, ovvero ci si può ritrovare nella stessa situazione lavorativa nella quale il dipendente si trovava prima di andare in pensione?

Pensioni, oltre ai requisiti contributivi e di età, anche il vincolo di assenza rapporto di lavoro

È, pertanto, importante distinguere i casi di ripresa dell’attività lavorativa dopo la pensione. Per la maturazione del pensionamento, infatti, oltre ai requisiti di età e di contribuzione, le norme stabiliscono la condizione che il richiedente la pensione abbia cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze. Lo stesso vincolo non sussiste per i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i parasubordinati o gli imprenditori. Infatti, chi non è alle dipendenze può accedere alla pensione senza procedere con l’interruzione dell’attività lavorativa.

Chi prende la pensione può riprendere a lavorare?

Può riprendere a lavorare anche chi prende la pensione. Esiste, dunque, la possibilità di cumulo tra redditi da pensione e quelli da lavoro. La regola è fissata dal decreto legge numero 112 del 2008 che ha abolito la non cumulabilità tra le due fonti di reddito. Pertanto, il vincolo dell’assenza di attività lavorative per accedere alla pensione vige nel momento in cui si accede alla pensione stessa. Successivamente, il neopensionato può riprendere a lavorare.

Il pensionato può riprendere a lavorare presso lo stesso datore di lavoro?

Diverso è il caso in cui il pensionato si faccia assumere nuovamente dallo stesso datore di lavoro presso il quale era dipendente prima di andare in pensione. Sull’opportunità di farsi riassumere dallo stesso datore di lavoro è intervenuta anche la sentenza della Corte di Cassazione, la numero 14417 del 2019. Per la Giurisprudenza la cessazione del rapporto di lavoro deve essere effettiva. La situazione nella quale il neopensionato venga assunto nuovamente presso lo stesso datore di lavoro farebbe cadere, infatti, la certezza di un’effettiva interruzione del rapporto di lavoro.

Pensionato riassunto dallo stesso datore di lavoro: quando si configura la simulazione?

La situazione nella quale il contribuente che ha interrotto il rapporto di lavoro e sia andato in pensione e venga poi assunto nuovamente dallo stesso datore di lavoro farebbe presumere la possibilità di simulazione dell’interruzione del rapporto di lavoro. Soprattutto se le condizioni di lavoro e la mansione risultassero essere le stesse esercitate prima dell’interruzione per la pensione.

Cosa fare per essere riassunti dallo stesso datore di lavoro di prima della pensione?

È altrettanto presumibile che il lavoratore che sia andato in pensione, per riprendere a lavorare presso lo stesso datore di lavoro, debba far trascorrere un ragionevole lasso di tempo per non incorrere nella simulazione dell’interruzione del rapporto di lavoro. Diversamente, l’assunzione presso lo stesso datore di lavoro potrebbe avvenire con un effettivo e nuovo rapporto di lavoro, diverso da quello precedente la pensione. In ogni caso, anche nel caso di un nuovo e diverso rapporto di lavoro, è consigliabile far passare un lasso di tempo ragionevole prima di iniziare la nuova attività lavorativa.

Cosa avviene con l’interruzione del lavoro per la pensione?

Affinché non si verifichi la simulazione del rapporto di lavoro, il lavoratore deve aver percepito tutte le spettanze della fine del precedente rapporto. Dunque, deve essere stato versato al dipendente il Trattamento di fine rapporto (Tfr) e il saldo delle ferie maturate e non utilizzate. Nel momento in cui si instauri un nuovo rapporto di lavoro, i redditi della nuova attività sono cumulabili con quelli della pensione. Entrambi i redditi andranno a sommarsi e a costituire il reddito complessivo del contribuente, fiscalmente soggetto alle imposte.

Quando la pensione non è cumulabile con i redditi da lavoro?

Per i lavoratori del sistema contributivo, ovvero che abbiano iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, il decreto legge numero 112 del 2008 pone altre condizioni per l’incumulabilità dei redditi da lavoro e da pensione. In particolare, i “contributivi puri” per il cumulo dei redditi devono avere almeno l’età di 65 anni (uomini) o di 60 anni (donne) oltre a 40 anni di contributi versati. Il requisito viene mitigato a 61 anni di età in presenza di almeno 35 anni di versamenti.

Casi di incumulabilità parziale e totale di redditi da lavoro e da pensione

È da ritenersi totalmente incumulabile il reddito da lavoro con le pensioni ottenute mediante lo strumento dell’opzione donna. La ragione risiede nel fatto che i requisiti richiesti alle lavoratrici sono inferiori rispetto ai limiti di cumulo dettati dal decreto 112 del 2008. Caso parziale di incumulabilità è quello di chi va in pensione con quota 100. In questa situazione, non è consentito svolgere, da pensionato, un lavoro alle dipendenze o autonomo. La cumulabilità è consentita solo per un lavoro autonomo meramente occasionale per un reddito limite di 5 mila euro lordi all’anno.

Cosa succede se cumulo il reddito da lavoro con la pensione da quota 100?

Il lavoratore andato in pensione con quota 100 che violi il divieto di cumulo dei redditi da pensione e da lavoro, si vedrà sospendere dall’Inps l’assegno erogato come pensione. Lo stesso Istituto previdenziale provvederà a recuperare il trattamento erogato nell’anno in cui si sia verificata la violazione dell’incumulabilità dei redditi. Il divieto di cumulo per un lavoratore andato in pensione con quota 100 cessa alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

Pensione anticipata con quota 41, quanto dura l’incumulabilità tra pensione e lavoro?

Un limite di incumulabilità parziale simile a quello di quota 100 ma meno netto è quello dei lavoratori andati in pensione con la quota 41 dei precoci. In questo caso, il divieto di cumulo vige dal momento della maturazione dei 41 anni di contributi e quindi di uscita dal lavoro, al momento (prospettico) in cui il lavoratore avrebbe maturato i contributi necessari per la pensione anticipata. Nel dettaglio, il pensionato da quota 41 dovrà attendere un anno e 10 mesi (maturazione dei 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata), mentre la lavoratrice 10 mesi (maturazione pensione anticipata a 41 anni e 10 mesi).

Proposta INPS per superamento Quota 100: in pensione a 63 anni

Quota 100 in questi anni è stato un importante provvedimento che ha aiutato tanti italiani a uscire prima dal mondo del lavoro rispetto ai requisiti della legge Fornero. Ora è in scadenza ed è necessario trovare un modo per limitare l’impatto del passaggio repentino tra Quota 100 e la Legge Fornero. Una proposta arriva dall’INPS con pensionamento 63-64 anni. Ecco di cosa si tratta.

La proposta di Tridico per il superamento di Quota 100

L’INPS è sicuramente il soggetto che più di tutti può fare proposte per il superamento della Quota 100 e possibilità di pensione anticipata, questo perché conosce le sue tasche e ieri in Commissione Lavoro alla Camera il presidente  Pasquale Tridico ha illustrato una proposta che rispetto ad altre potrebbe incontrare maggiori favori, proprio perché proveniente dall’INPS.

La stessa prevede la possibilità di andare in pensione a 63-64 anni con una mensilità calcolata sugli effettivi importi maturati fino al momento del pensionamento. Gli importi dovrebbero poi essere aumentati al raggiungimento dell’età per il pensionamento con la Legge Fornero. Naturalmente per poter accedere a tale beneficio ci sono requisiti e condizioni.

In primo luogo il richiedente deve avere un’anzianità contributiva di almeno 20 anni. Inoltre devono essere calcolati gli importi pensionistici maturati che devono essere almeno 1,2 volte superiori rispetto alle pensioni minime INPS. Per il 2021 la minima era fissata a 515,58 euro, è molto probabile che per il 2022 la minima sarà fissata sopra i 520 euro a causa delle rivalutazioni INPS.

Se vuoi saperne di più sulla rivalutazione delle pensioni, leggi l’articolo: Rivalutazione pensioni 2022: novità per tutti dalla Corte Costituzionale

Previsioni sui conti INPS

Questa ipotesi di pensionamento anticipato secondo il presidente Tridico potrebbe essere compatibile con lavoro autonomo e part-time, in questo modo ci sarebbe una sorta di uscita graduale dal lavoro. Non è invece compatibile con altre forme di pensionamento diretto o con APE Sociale e reddito di cittadinanza. Secondo Tridico questa ipotesi porterebbe a un aggravio per l’INPS pari a 2,5 miliardi di euro per i primi 3 anni. Nel 2022 potrebbero accedere a questa forma pensionistica circa 50.000 persone con una spesa di 453 milioni, nel 2023 aumenta il numero di lavoratori ammissibili al beneficio.

Quanto si perde con la pensione anticipata? Simulazioni

Il traguardo della pensione è sempre molto atteso e ciò anche perché con l’introduzione della Legge Fornero si va in pensione a 67 anni di età e non tutti sentono di avere le energie necessarie per affrontare la quotidianità del lavoro fino a tale età. Proprio per questo, al fine di mitigare gli effetti della Legge Fornero, sono state emanate delle normative che consentono l’uscita in anticipo dal mondo del lavoro, ma tale scelta ha purtroppo un costo. Cerchiamo di capire quanto si perde con la pensione anticipata.

Gli effetti del sistema contributivo sul calcolo della pensione anticipata

Il 1996 per il sistema pensionistico italiano è uno spartiacque davvero importante, infatti da questo momento viene introdotto il sistema contributivo che prevede il calcolo della pensione tenendo in considerazione l’anzianità contributiva e l’età anagrafica, maggiore è l’età in cui si va in pensione e più elevato è il coefficiente che viene applicato. Il coefficiente applicato arriva alla sua massima estensione al compimento del 71° anno di età, quindi per ogni anno in anticipo su tale limite si perde qualcosa. Ecco perché alcuni lavoratori decidono di posticipare il pensionamento anche rispetto alla legge Fornero.

Il contratto di espansione ha consentito a molti italiani di uscire prima dal mercato del lavoro, con un anticipo anche di 5 anni rispetto alla legge Fornero. Per molti questa è stata “un’opportunità” perché magari l’impresa era in crisi e si rischiava anche di perdere il lavoro e restare senza reddito. Però questo ha portato a una perdita netta sulla mensilità che si sarebbe ricevuta andando in pensione nel rispetto della Legge Fornero. Ad esempio, chi decide di andare in pensione con 5 anni di anticipo può perdere fino al 27% della retribuzione mensile, per chi ha una retribuzione mensile lorda di 1.650 euro, si calcola che andando in pensione con un anno di anticipo, si perdono circa 40 euro mensili, cioè 520 euro annui, ma con 5 anni di anticipo si possono perdere addirittura 120 euro mensili, cioè 1.560 euro netti l’anno, una somma non certo irrisoria.

Pensione anticipata e Quota 100

Le perdite si verificano anche con la Quota 100 e con tutti gli altri sistemi che consentono di andare in pensione prima dei 67 anni di età. Ad esempio Progetica ha effettuato il calcolo per un soggetto nato nel 1960 che inizia a versare i contributi nel 1985 e decide di andare in pensione con circa 35 anni di contributi e 61 anni di età. In questo caso con uno stipendio netto di 1.600 euro prenderebbe circa 850 euro invece di 1.434 euro di pensione con una perdita del 41%. Maturati 67 anni di età, lo stesso lavoratore matura 1.253 euro di pensione, ma comunque con una perdita. Naturalmente per ogni lavoratore c’è un calcolo personalizzato che tiene in considerazione diversi fattori, infatti se vi sono dei buchi contributivi, o contribuzione figurativa, anche questa incide sui calcoli.

Prospettive future per la pensione anticipata

Deve però essere ricordato che Quota 100 a breve esaurirà i suoi effetti, 31 dicembre 2021, e i partiti stanno cercando un accordo per evitare un’applicazione piena della Legge Fornero, le proposte al vaglio dovrebbero essere 9, tra cui una proroga della Quota 100, che però sembra improbabile, l’introduzione della Quota 41, cioè in pensione con 41 anni di contributi, la stabilizzazione dell’APE Sociale con l’introduzione di nuovi lavori gravosi, attualmente sembra l’ipotesi più fondata. Tra le proposte anche quella di Forza Italia che auspica il pensionamento a 62 anni con 35 anni di contributi a patto che il trattamento pensionistico non sia inferiore di 1,5 volte rispetto alla pensione minima e con riduzione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto al limite dei 66 anni.

Se vuoi conoscere i nuovi lavori gravosi inseriti dalla commissione ad hoc, leggi l’articolo: Pensione Gravosi: si allarga la platea dei beneficiari per lavori usuranti

Come visto quindi prima di scegliere se andare in pensione è bene valutare quanto ammonterebbe la pensione e qual è la perdita rispetto al pensionamento ordinario. Bisogna inoltre ricordare che per coloro che hanno deciso di devolvere il TFR ai fondi pensione, ci sarà comunque la pensione integrativa il cui ammontare dipende da quanto effettivamente versato.

Pensione anticipata di soli contributi e pensione anticipata contributiva: le differenze

Sono due le formule di pensione anticipata ammesse dalla normativa per uscire prima dal lavoro rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia. La prima è la pensione anticipata raggiungibile con i soli contributi versati e a prescindere dall’età anagrafica di uscita. La seconda, invece, è la pensione anticipata contributiva che combina requisiti di età anagrafica e un minimo di contributi versati.

Pensione anticipata di soli contributi: ecco i requisiti

I requisiti per andare in pensione anticipata con i soli contributi consistono:

  • in 42 anni e 10 mesi di versamenti contributivi per gli uomini, sia dipendenti che autonomi, a prescindere dall’età anagrafica al momento dell’uscita;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le lavoratrici.

A differenza dei requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata conserva la differenza di requisiti tra uomini e donne. In questo caso è assegnato un anno di sconto di contributi alle lavoratrici.

Contributi richiesti per la pensione anticipata e speranza di vita

I contributi richiesti per la pensione anticipata dei soli versamenti sono soggetti alle variazioni della speranza di vita. Tuttavia, secondo quanto prevede il decreto numero 4 del 2019, gli adeguamenti all’aspettativa di vita sono stati sospesi fino alla fine del 2026. Ciò significa che l’aumento di 5 mesi dei contributi previsto dal 1° gennaio 2019 (al quale sarebbero seguiti ulteriori aumenti nel corso degli anni) è stato neutralizzato dal decreto che ha introdotto la quota 100.

Pensione anticipata: quando bisogna attendere per l’uscita per le finestre mobili?

A loro volta, i benefici dei mancati aumenti di contributi per l’aumentare della speranza di vita sono stati neutralizzati dal meccanismo delle finestre mobili. Infatti, fino al termine del 2018 chi aveva i requisiti in regola per uscire dal lavoro con la pensione anticipata riceveva l’assegno di pensione a partire dal mese susseguente alla maturazione dei requisiti contributivi richiesti. A partire dal 2019, il decreto numero 4 ha previsto la reintroduzione delle finestre mobili per un totale di tre mesi. Ciò significa che tra il momento in cui si può presentare domanda per la pensione anticipata perché il contribuente ha maturato i requisiti richiesti e la decorrenza dell’assegno mensile di pensione devono passare tre mesi.

Pensione anticipata, il contribuente può lavorare durante i 3 mesi delle finestre mobili?

In attesa della decorrenza dell’assegno mensile, il contribuente che ha maturato i requisiti ed ha presentato domanda di pensione anticipata può continuare a lavorare. E, pertanto, può continuare a esercitare la propria attività fino all’esaurimento dei tre mesi della finestra mobile. Terminato questo lasso di tempo, il contribuente può accedere direttamente alla pensione. È tuttavia necessario che il lavoratore dipendente cessi il proprio rapporto di lavoro. Si tratta di un requisito necessario per accedere alla pensione anticipata stessa.

Pensione anticipata contributiva: a chi spetta?

Diversa dalla pensione anticipata dei soli contributi è la pensione anticipata contributiva. Questa formula di pensione anticipata spetta solo ai lavoratori che rientrino nel sistema contributivo puro. Ciò significa che i lavoratori devono aver aperto la propria posizione contributiva a partire dal 1° gennaio 1996, altrimenti ricadrebbero nei sistemi retributivo o misto, non riconosciuti come idonei per la pensione anticipata contributiva.

Quali sono i requisiti della pensione anticipata contributiva?

La pensione anticipata contributiva necessita della maturazione di requisiti sia anagrafici che contributivi. Infatti, possono accedere a questa formula di pensione i lavoratori del contributivo puro che abbiano compiuto 64 anni di età ed abbiano versato almeno 20 anni di contributi effettivamente accreditati. Il requisito anagrafico dei 64 anni è soggetto alle variazioni e agli incrementi della speranza di vita.

Come si calcolano i contributi per la pensione anticipata contributiva?

I 20 anni di contributi per accedere alla pensione anticipata contributiva includono i soli contributi obbligatori, quelli volontari e quelli da riscatto. Non possono essere inclusi i contributi accreditati figurativamente. Dunque rimangono fuori i contributi figurativi per disoccupazione, per malattie o per prestazioni equivalenti.

Il requisito dell’importo minimo per le pensioni anticipate contributive

La pensione anticipata contributiva necessita di un ulteriore requisito consistente nell’importo calcolato dell’assegno di pensione. Infatti, l’importo mensile della pensione deve essere pari o superiore di 2,8 volte all’ammontare dell’assegno sociale. Per l’anno in corso, il valore dell’assegno sociale è pari a 460,28 euro. Tale importo deve essere moltiplicato per 2,8 volte (risultato 1.288,78 euro per il 2021) per ottenere il requisito minimo da soddisfare sul valore della pensione.

Requisito importo minimo per la pensione anticipata e per quella di vecchiaia dei 67 anni

L’importo è poco meno del doppio di quello previsto per la pensione di vecchiaia dei 67 anni. Infatti, per la vecchiaia è necessario che l’importo della futura pensione sia di 1,5 volte superiore all’assegno sociale. Dunque, 460,28 euro per 1,5 uguale 690,42 euro corrispondente all’importo minimo della pensione per il 2021 per accedere alla vecchiaia.

Pensione anticipata e quota 41 dei precoci: le differenze

Le due formule di pensione anticipata non devono essere confuse con la quota 41 dei lavoratori precoci. Quest’ultima formula di pensione anticipata è riservata ai lavoratori che abbiano 41 anni di contributi versati. L’uscita può avvenire a qualsiasi età, purché siano soddisfatti tutti i requisiti. Infatti, essendo una misura riservata ai lavoratori precoci, è necessario che almeno 12 mesi di contributi siano stati versati entro il compimento dei 19 anni.

Requisiti per la quota 41 dei lavoratori precoci

La pensioni a quota 41 dei lavoratori precoci sono soggette, altresì, a ulteriori requisiti. Oltre all’anno di contributi in età adolescenziale, infatti, è necessario che i precoci abbiano altri requisiti di ordine economico o sociale. In particolare questi requisiti sono in comune con l’Ape sociale e riguardano:

  • la situazione di essere disoccupati e aver concluso da almeno tre mesi l’indennità di disoccupazione (se spettante);
  • essere un caregiver, ovvero prendersi cura, da almeno 6 mesi, del coniuge o di un parente di primo grado con disabilità grave;
  • presentare una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%;
  • aver svolto mansioni usuranti per sei degli ultimi sette anni oppure per sette degli ultimi dieci anni di lavoro, oppure per metà della vita lavorativa prima della pensione.