Deduzione Irpef per la previdenza complementare, vantaggi e limiti

Continuiamo la disamina degli strumenti che possono consentire un risparmio sull’Irpef parlando delle deduzioni per i versamenti in favore della previdenza complementare.

Previdenza complementare: perché viene agevolato l’accesso ad essa?

Le varie riforme del sistema pensionistico adottate dall’Italia hanno portato nel tempo a una vistosa riduzione dell’assegno di pensione che si può maturare. Proprio per questo il legislatore auspica un sempre più frequente uso della previdenza complementare in modo da integrare l’assegno pensionistico maturato e mantenere l’autosufficienza economica anche dopo aver cessato il lavoro. Tra i sistemi adottati per incentivare il ricorso a forme di previdenza complementare vi sono le deduzioni Irpef.

L’articolo 10 comma 1 lettera e-bis del TUIR stabilisce che sono deducibili ai fini Irpef gli importi versati alle forme pensionistiche complementari. Ricordiamo che la deduzione agisce sulla base imponibile. Sono quindi determinati prima i redditi imponibili, poi alla loro somma sono sottratti gli oneri deducibili. Si ottiene quindi la nuova base imponibile su cui viene calcolata l’imposta. Di conseguenza è come se tali somme non fossero entrate nella disponibilità del contribuente.

Quali sono i fondi complementari che consentono di avere la deduzione Irpef?

In primo luogo è bene chiarire quali sono i fondi complementari che possono accedere alla deduzione. Si tratta di:

  • Fondi pensione negoziali anche denominati fondi chiusi ( si può aderire entro un lasso di tempo):
  • fondi pensione aperti ( si può aderire in qualunque momento):
  • contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali.

I fondi previdenziali che danno luogo all’agevolazione fiscale possono essere individuali, quindi stipulati dal singolo soggetto, oppure collettivi, ad esempio quelli organizzati per una categoria di lavoratori ( metalmeccanici) a cui i singoli lavoratori possono aderire o meno.

Chi può aderire a forme di previdenza complementare?

Possono aderire alle forme di previdenza complementare i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato. Inoltre possono accedere anche i lavoratori con contratto:

  • di somministrazione;
  • intermittente;
  • ripartito;
  • part time;
  • apprendistato;
  • occasionale;
  • lavoratori a progetto;
  • infine, possono aderire i soci lavoratori di cooperative.

Le forme pensionistiche complementari prevedono la costruzione di una pensione ulteriore rispetto a quella maturata con i contributi versati, attraverso dei versamenti volontari. Al momento dell’accesso al fondo viene aperta una posizione alimentata dai fondi versati e dagli interessi che derivano dagli investimenti eseguiti dal gestore dei fondi. I lavoratori possono alimentare il fondo anche attraverso la devoluzione al fondo stesso del TFR maturato. Non è obbligatorio versare il TFR nel fondo di previdenza complementare, ma se lo si fa, lo stesso non contribuisce a raggiungere la soglia massiam di deduzione che a breve vedremo.

In base alla normativa i lavoratori sono liberi di versare le somme che desiderano in tali fondi. Nel caso in cui aderiscano a fondi collettivi, ad esempio quelli di categoria, i contratti e gli accordi collettivi possono stabilire una contribuzione minima all’alimentazione del fondo. La misura minima può essere fissa oppure può variare in base alla categoria dei lavoratori.

Misura della deduzione Irpef per fondi di previdenza complementare

E’ possibile dedurre dall’imponibile i contributi versati nei fondi pensione che abbiamo visto in misura massima di 5.164,57 euro, quindi è possibile ridurre la base imponibile del relativo importo.

I versamenti superiori contribuiscono ad alimentare il fondo pensione, possono dar luogo a rendimenti maggiori ma non possono essere portati in deduzione al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi e quindi non contribuiscono a ridurre l’Irpef.

Le regole sulla deduzione Irpef per i fondi di previdenza complementare sono in parte diverse per i lavoratori del settore pubblico, infatti per loro la misura massima della quale è possibile avvalersi del vantaggio fiscale è riconosciuta nel minore importo tra il 12% della retribuzione e 5.164,57 euro.

Il risparmio che si può ottenere dipende da diversi fattori, tra cui lo scaglione Irpef nel quale si rientra e gli importi che sono versati al fondo di previdenza complementare. Maggiore è l’aliquota applicata e maggiore è il risparmio di imposta che si può ottenere. Naturalmente nel caso in cui un soggetto sia incapiente e quindi non debba versare l’Irpef, ad esempio se si colloca nella No Tax Area identificata in 8.500 euro, oppure possa far valere altre deduzione e altre detrazioni che vanno ad azzerare gli importi dovuti, il risparmio non matura. In ogni caso avere una forma di previdenza complementare aiuta ad avere un importo pensionistico mensile futuro maggiore.

Altri vantaggi fiscali dell’adesione a un fondo di previdenza complementare

A questo punto è bene ricordare che i vantaggi fiscali derivanti dall’adesione a una forma di previdenza complementare non finiscono qui. La quota di rendita pensionistica, o di capitale, che deriva dai contributi non dedotti fiscalmente è esente dalle imposte. Per poter accedere a tale diritto il contribuente entro il 31 dicembre di ogni anno successivo rispetto a quello in cui ha maturato il beneficio deve comunicare alla forma pensionistica le quote di versamenti per i quali non accede ai benefici fiscali. Ad esempio, per i versamenti dell’anno 2021, entro il 31 dicembre 2022 deve comunicare al gestore del fondo le quote dei versamenti per i quali non ha usufruito delle deduzioni.

Deve essere, infine, sottolineato un ultimo aspetto: è possibile portare in deduzione anche i versamenti alle forme di previdenza complementare effettuati in favore di un proprio familiare fiscalmente a carico. Ad esempio se il coniuge nell’arco dell’anno matura redditi bassi che quindi lo portano ad essere a carico dell’altro coniuge, lo stesso può dedurre versamenti ai fondi pensione dedicati al coniuge con reddito basso.

Ultime informazioni

I contributi versati alle forme di previdenza complementare devono essere indicati nella dichiarazione 730 nel quadro RP.

I rendimenti dei fondi pensione sono però tassati, ma godono di una tassazione agevolata. I rendimenti sono gli incrementi di valore determinati dagli investimenti effettuati dal gestore del fondo. Gli stessi sono tassati al 20% , a differenza dell’aliquota solitamente applicata per i rendimenti finanziari che solitamente è al 26%. Nel caso in cui il fondo preveda investimenti in titoli di Stato, i rendimenti da questi generati sono tassati al 12,5%.

Per maggiore comodità inseriamo gli approfondimenti sulle altre deduzioni e detrazioni che si possono  fare valere in sede di dichiarazione dei redditi.

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Come e quando si versano le imposte sulle rivalutazioni dei fondi per il Tfr e quali sono i codici tributo

Sulle rivalutazioni dei fondi per il Tfr, il trattamento di fine rapporto, si pagano le tasse. Nella fattispecie, si tratta di un’imposta sostitutiva che è a carico dell’ente pensionistico o del datore di lavoro. Inoltre, per il versamento dell’imposta sostitutiva ci sono annualmente delle scadenze ben precise da rispettare.

Vediamo allora, nel dettaglio, come e quando si versano all’Agenzia delle Entrate le imposte sulle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto (Tfr). Ed anche quali sono i codici tributo da indicare.

La rivalutazione del trattamento di fine rapporto, in particolare, avviene attraverso due tassi, di cui uno fisso ed uno variabile. Il tasso fisso e quello variabile, in particolare, vanno a formare quello che viene definito come coefficiente di rivalutazione del Tfr. Che si applica alla fine di ciascuno anno. Oppure al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Rivalutazioni dei fondi per il Tfr, ecco come e quando si versa l’imposta sostitutiva

Nel dettaglio, per il versamento dell’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni dei fondi per il Tfr le scadenze annuali sono due. Ovverosia, l’appuntamento con l’acconto, entro e non oltre il 16 dicembre di ogni anno, e l’appuntamento con il saldo il cui termine ultimo, invece, è fissato per il 16 febbraio dell’anno successivo così come si legge sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

Considerando che le imposte sulle rivalutazioni dei fondi per il Tfr si versano sempre in due tranche, i codici tributo da indicare sono due. Ovverosia, il codice tributo 1712 per l’acconto, ed il codice 1713 per il saldo dell’imposta sostitutiva.

Quale modello di pagamento si utilizza per versare le tasse sulle rivalutazioni dei fondi per il Tfr

Su quale modello di pagamento si utilizza per versare le tasse sulle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto (Tfr), tanto per l’acconto quanto per il saldo si utilizza l’F24. Indicando i codici tributo sopra riportati. Inoltre, se il datore di lavoro ha crediti maturati per altre imposte o contributi, questi per il versamento dell’imposta sostitutiva si possono portare in compensazione direttamente nel modello di versamento e di pagamento unificato F24.

Sempre in compensazione, fino all’ammontare dell’imposta sostitutiva che è dovuta, il datore di lavoro può portare pure il credito che deriva dal prelievo anticipato sui Tfr. Inoltre, ed in alternativa, per la determinazione dell’acconto da versare sull’imposta sostitutiva, entro e non oltre il 16 dicembre di ogni anno come sopra accennato, è possibile avvalersi del metodo di calcolo storico oppure del metodo di calcolo previsionale.

Fondo pensione: quanto si risparmia con la deduzione?

Hai aderito a un fondo pensione o stai pensando di farlo? In questo caso devi sapere che tale forma di previdenza complementare è particolarmente ben vista dal legislatore e quindi sono previste importanti agevolazioni. Tra queste, consente un ottimo risparmio la deduzione delle quote versate, ma quanto si può risparmiare?

Cos’è il fondo pensione?

Il fondo pensione è una forma di previdenza complementare gestita da banche, intermediari finanziari, imprese di assicurazione, Società di Gestione del Risparmio (SGR) e Società di Intermediazione Mobiliare (SIM). L’obiettivo è fare in modo che il lavoratore al termine della vita lavorativa possa accedere a una pensione complementare rispetto a quella gestita dalle casse previdenziali di riferimento ( ad esempio INPS). L’adesione a questa forma di previdenza è sempre stata fortemente incentivata perché con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo gli importi delle pensioni sono fortemente diminuiti e i fondi pensione rappresentano per i lavoratori un modo per mantenere un tenore di vita costante anche al momento del pensionamento. Tra le misure di incentivazione più importanti vi è la deduzione dei versamenti nel fondo pensione.

Quali sono le peculiarità del Fondo Pensione?

Occorre sottolineare che tra le peculiarità di questa forma di investimento vi è la possibilità di ricevere una pensione complementare reversibile. La reversibilità non viene riconosciuta solo in favore dei soggetti che avrebbero diritto alla reversibilità della pensione “tradizionale”, infatti il sottoscrittore del fondo pensione può scegliere un altro beneficiario e non vi sono limiti percentuali alla reversibilità, come accade con la pensione tradizionale. Il fondo pensione può essere utilizzato anche per affrontare difficoltà momentanee e in anticipo rispetto alla “riscossione “ concordata, ad esempio per spese sanitarie, acquisto o ristrutturazione della prima casa. Tra i vantaggi vi è la possibilità di riscattarlo al verificarsi di eventi come un periodo di disoccupazione superiore a 48 mesi oppure invalidità permanente.

Hai bisogno di conoscere tutti i casi in cui si può avere un anticipo ? Leggi l’articolo: Anticipo fondo pensione: in quali casi si possono ritirare i soldi

Se mancano non più di 5 anni al pensionamento e il sottoscrittore del fondo pensione ha maturato almeno 20 anni di contributi, può accedere alla Rendita Integrativa “RITA”. In caso di premorienza può essere riscattato dagli eredi o dai beneficiari indicati dal sottoscrittore.

Per conoscere i dettagli della rendita RITA, puoi leggere l’articolo: RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

La deduzione dei versamenti nel fondo pensione

Il decreto legislativo Dlgs 252 del 2005 all’articolo 8 comma 4 stabilisce che i versamenti effettuati nel fondo pensione sono deducibili, è però previsto un importo massimo per tale beneficio, cioè 5.164,57 euro su base annua. Nel determinare tale quota non deve essere tenuto in considerazione il TFR maturato ed eventualmente devoluto a tale forma di previdenza complementare.

La normativa prevede anche che sia possibile portare in deduzione i versamenti effettuati nel fondo pensione di un familiare a carico, anche in questo caso è però previsto lo stesso limite. Il comma 5 dell’articolo 4 del decreto legislativo 252 del 2005 stabilisce che il limite di 5.164,57 euro è da intendersi complessivo, questo vuol dire che il totale dei versamenti in fondo pensione per sé e per i familiari a carico fiscalmente, non può superare tale soglia. L’effettivo risparmio di cui può beneficiare il singolo contribuente dipende da molti fattori, infatti l’aliquota minima IRPEF prevista è del 23%, ma sale all’aumentare del reddito.

Cosa vuol dire che i versamenti nel fondo pensione sono deducibili? La risposta è molto semplice, nel limite di 5.164,57 euro è possibile sottrarre gli importi versati nel fondo pensione annualmente dall’imponibile IRPEF, questo si traduce in minori tasse da pagare.

Deve essere precisato che non ci sono limiti di età per costituire un fondo pensione in favore di un familiare a carico, in teoria un genitore può aderire a questa forma di previdenza complementare in favore del figlio anche quando lo stesso è ancora minorenne, ad esempio a 7 anni di età.

Gli altri vantaggi fiscali

Questo però non è l’unico vantaggio fiscale, infatti i fondi sono comunque investiti dal gestore e vi sono dei rendimenti, ma gli stessi non sono tassati al 26%, come ordinariamente sono tassate le rendite finanziarie, ma al 20%. Se si aderisce ad un fondo che investe in Titoli di Stato il beneficio è ancora maggiore perché i rendimenti di tali titoli sono tassati al 12,50%.

Altrettanto vantaggiosa è la tassazione della pensione complementare, infatti l’aliquota applicata è compresa tra 9% e il 15% in base al numero di anni di partecipazione al fondo. Per ogni anno di adesione ulteriore al quindicesimo, l’aliquota del 15% viene ridotta dello 0,30%. L’aliquota minima ordinariamente applicata alle pensioni  è solitamente al 23% e si applicano i classici scaglioni IRPEF progressivi.

Trattamento di fine rapporto (Tfr), quando si può chiedere l’anticipo?

Quando si può richiedere l’anticipo del Trattamento di fine rapporto (Tfr)? Le casistiche per chiedere in anticipo quanto sarà dovuto al termine dell’attività lavorativa devono rispettare le condizioni previste dal Codice civile. Il lavoratore deve sempre motivare la richiesta di anticipo del Tfr. È quanto stabilisce l’articolo 2120 del Codice civile al comma 6, secondo il quale il lavoratore dipendente può chiedere l’anticipo del Tfr per una quota non superiore al 70% rispetto a quanto maturato alla data della richiesta.

Quando si può chiedere l’anticipo del Trattamento di fine rapporto? I limiti sui dipendenti aziendali

La richiesta di anticipo del Trattamento di fine rapporto, tuttavia, deve soddisfare determinate condizioni. Innanzitutto, il lavoratore deve avere un’anzianità di servizio presso lo stesso datore di non meno di otto anni. Inoltre, le richieste di anticipo del Tfr, effettuate da tutti i dipendenti, non devono superare il limite annuo del 10% degli avanti diritto. Ovvero le richieste non devono essere superiori al 4% del numero totale dei dipendenti in organico all’inizio di ogni anno.

Richiesta di anticipo del Tfr: la necessità di coprire le spese mediche o della prima casa

Ulteriori condizioni per la richiesta di anticipo del Trattamento di fine rapporto riguardano le spese da effettuare da parte dell’avente diritto. Si tratta spese:

  • sanitarie, necessarie per svolgere terapie e interventi straordinari che siano riconosciuti dalle strutture pubbliche competenti (Asl, comma 8 dell’articolo 2120 del Codice civile);
  • per l’acquisto della prima casa, sia a favore del lavoratore stesso che nei casi in cui l’operazione sia effettuata dal coniuge o dai figli del lavoratore. L’acquisto può valere per la richiesta di anticipo anche nei casi in cui l’operazione viene effettuata dal coniuge del lavoratore richiedente in regime di comunione o dell’unione civile.

Richiesta di anticipo del Trattamento di fine rapporto nei casi di congedo per maternità o per la formazione

Ulteriore condizione da rispettare per la richiesta di anticipo del Tfr riguarda i congedi parentali. Il primo congedo è legato alla maternità: per questi casi, l’anticipo del trattamento di fine rapporto del 70% massimo, deve essere commisurato alla retribuzione perduta nel periodo di congedo e agli ipotetici oneri contributivi. Inoltre, si può richiedere l’anticipo per finanziare il congedo per la formazione, ovvero il completamento delle scuole dell’obbligo o l’ottenimento del diploma di maturità o della laurea. Il congedo può essere richiesto anche per il diploma di laurea universitario o per partecipare a corsi di formazione professionale inerenti attività differenti a quelle favorite o finanziate dal datore di lavoro.

Congedo per la formazione motivo di richiesta di anticipo Tfr: quando è possibile?

Per il congedi legati alla formazione, la legge numero 53 del 2000 stabilisce, all’articolo 5, che la richiesta può provenire sia dai dipendenti pubblici che da quelli privati purché il richiedente abbia non meno di 5 anni di servizio presso lo stesso ente pubblico o la medesima azienda. Inoltre, la richiesta di anticipo del Trattamento di fine rapporto per congedi necessari alla formazione può avvenire per un periodo di tempo massimo di undici mesi. Il periodo può essere sia frazionato che continuativo durante tutta la vita lavorativa.

Altre limitazioni per la richiesta di anticipo del trattamento di fine rapporto: i contratti collettivi

Oltre alle richiamate limitazioni riguardo alla richiesta di anticipo del Trattamento di fine rapporto, i contratti collettivi nazionali possono prevedere ulteriori restrizioni. In tal caso è necessario verificare sul proprio contratto di lavoro se vi siano delle limitazioni alla richiesta di anticipo del Tfr. Ricorrendone le condizioni, il richiedente può chiedere l’anticipo del Trattamento di fine rapporto un’unica volta durante tutto il rapporto di lavoro con la stessa azienda. Quanto preso di anticipo, deve essere detratto dall’ammontare del Trattamento di fine rapporto accumulato a favore del lavoratore dipendente.

Quali tasse si pagano sui fondi per il Trattamento di fine rapporto

Sulle rivalutazioni dei fondi per il Trattamento di fine rapporto (Tfr) ci sono in Italia delle tasse da pagare? La risposta è affermativa visto che l’ente pensionistico, o il datore di lavoro, è chiamato a versare un’imposta che è sostitutiva delle imposte sui redditi.

In particolare, a partire dall’1 gennaio del 2015, l’aliquota per questa imposta è pari al 17%, mentre in precedenza era pari all’11%. Su quali tasse si pagano sui fondi per il Trattamento di fine rapporto, quindi, andiamo ad approfondire il tutto. Includendo pure i casi come quelli legati, invece, alla scelta del lavoratore di destinare il proprio Tfr alla previdenza complementare.

Quando è come si paga l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni fondi per il Tfr

Il datore di lavoro o l’ente pensionistico è chiamato a versare l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni dei fondi per il Trattamento di fine rapporto utilizzando il modello F24. Con il pagamento che avviene in due step. Precisamente, entro il 16 dicembre il versamento dell’imposta sostitutiva a titolo di acconto, e poi il saldo entro il 16 febbraio dell’anno successivo in accordo con quanto si legge sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

L’acconto da versare ogni anno a dicembre, per l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni dei fondi per il Tfr, può essere determinato utilizzando a scelta due metodi alternativi. Ovverosia, il calcolo con il metodo storico. Oppure il calcolo utilizzando il metodo previsionale. Mentre l’importo da versare per il saldo, a febbraio, sarà poi chiaramente calcolato al netto delle somme che sono state già corrisposte a titolo di acconto.

Niente imposta sostitutiva se il Tfr finisce nella previdenza complementare

Lo scenario cambia invece quanto il lavoratore ha destinato il proprio Tfr ad una forma pensionistica complementare. In tal caso, infatti, essendo i fondi per Trattamento di fine rapporto destinati ad una forma pensionistica complementare, l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni non ha motivo di esistere e, quindi, in questo caso, non è dovuta.

Come avviene la rivalutazione dei fondi per il Trattamento di fine rapporto

Alla fine di ciascun anno, o nel momento in cui si verifica la cessazione del rapporto di lavoro, il Tfr accantonato è soggetto a rivalutazione in base ad un apposito coefficiente. Precisamente, la rivalutazione si compone di un tasso calcolato in misura fissa, e di un tasso variabile. Che corrisponde al 75% dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevato proprio dall’Istituto Nazionale di Statistica.

L’indicatore dei prezzi al consumo è sempre quello di dicembre anno anno su anno. Pur tuttavia, in caso di rivalutazione del Tfr per cessazione del rapporto di lavoro, l’indice dei prezzi al consumo per la rivalutazione sarà quello del mese in corrispondenza del quale l’interruzione del rapporto di lavoro si è verificata.

Colf e badanti: rivalutazione, accantonamento, anticipo Tfr e deducibilità fiscale contributi

Alla fine di ogni anno, per i lavoratori domestici è necessario calcolare la quota del Trattamento di fine rapporto (Tfr). Inoltre, colf e badanti possono richiedere un anticipo del trattamento di fine rapporto non più di una volta all’anno. Infine, le famiglie datrici di lavoro possono dedurre nella dichiarazione dei redditi circa 1550 euro all’anno di tutti i contributi versati a favore dei lavoratori domestici.

Colf e badanti, come si calcolano le quote di accantonamento del Trattamento di fine rapporto?

Alla fine di ogni anno in cui il lavoratore domestico ha prestato lavoro, è necessario procedere con la quota del trattamento di fine rapporto. Per il calcolo è necessario considerare la somma di tutto ciò che è stato corrisposto durante l’anno a favore di colf e badanti e dividerla per 13,5. Nel numeratore devono essere incluse le indennità di alloggio e di vitto se il lavoratore è convivente, e la tredicesima mensilità.

Come si rivaluta il Tfr di colf e badanti?

Le varie quote del trattamento di fine rapporto accantonate alla fine dell’anno precedente necessitano di essere rivalutate. Per la rivalutazione è necessario utilizzare due coefficienti:

  • il primo è quello annuale fisso ed è pari all’1,5%;
  • segue il coefficiente variabile corrispondente al 75% dell’aumento del costo della vita (inflazione) calcolato dall’Istat.

Pertanto, la quota di accantonamento del trattamento di fine rapporto della fine dell’anno in corso sommata agli accantonamenti degli anni precedenti (rivalutate con i due coefficienti), determinano il Tfr del lavoratore domestico che dovrà essere corrisposto al termine del rapporto di lavoro.

Qual è il Trattamento di fine rapporto spettante a colf e badanti al termine del contratto di lavoro?

Il Trattamento di fine rapporto che dovrà essere pagato a colf e badanti nel momento in cui termina il contratto di lavoro deriva dalla somma di quanto accantonato nell’ultimo anno di servizio con l’accantonamento totale degli anni precedenti. Il tutto deve essere rivalutato con i due coefficienti fino all’ultimo mese di servizio.

Possono colf e badanti chiedere degli anticipi sul Trattamento di fine rapporto?

Colf e badanti possono chiedere degli anticipi del trattamento di fine rapporto rispettando determinati vincoli. In primo luogo l’anticipo del Tfr si può chiedere al massimo una volta all’anno. Il limite di anticipo del Trattamento di fine servizio è pari al 70% delle quote maturate. Datore di lavoro e lavoratore domestico possono, in ogni modo, mettersi d’accordo per il pagamento di tutto il trattamento di fine rapporto maturato.

Lavoratori domestici, come possono richiedere l’anticipo del Tfr?

La richiesta di anticipo del Trattamento di fine rapporto deve essere presentata dal lavoratore domestico in forma scritta. La famiglia datrice di lavoro può rilasciare la ricevuta nel momento in cui corrisponda l’anticipo del Tfr. Nella ricevuta devono essere riportati gli elementi del calcolo delle quote del Trattamento di fine rapporto. In ogni modo, il datore di lavoro non è obbligato a consegnare la ricevuta.

Colf e badanti: il datore di lavoro può dedurre nel modello dei redditi fino a 1.549.37 euro per ciascun anno

È importante sottolineare che il totale dei contributi previdenziali obbligatori versati all’Inps a favore di colf e badanti possono essere dedotti in sede di dichiarazione dei redditi, sia nel modello Redditi che nel 730. Il limite di deducibilità nel 730 è pari a 1.549.37 euro per ciascun anno. La determinazione dei contributi che si possono dedurre segue le regole del pagamento per cassa.

Come calcolare la deducibilità dei contributi di colf e badanti?

Pertanto, per il calcolo dei contributi deducibile occorre prendere in considerazione tutti i contributi versati nell’anno solare entro le date:

  • il 10 gennaio (per i contributi del quarto trimestre dell’anno precedente);
  • 10 aprile (contributi del primo trimestre dell’anno);
  • il 10 luglio (contributi del secondo trimestre);
  • 10 ottobre (contributi del terzo trimestre).

Infine, per le spese che vengono sostenute per assistere a persone non autosufficienti si può procedere con la detrazione dell’imposta alla percentuale del 19% fino al limite di 2100 euro.

Anticipo fondo pensione: in quali casi si possono ritirare i soldi?

I fondi pensione sono uno strumento nato per aiutare i lavoratori a maturare una pensione integrativa, vi sono però dei casi in cui è possibile l’anticipo fondo pensione con riscatto totale o parziale. Ecco le varie casistiche.

Il fondo pensione: caratteristiche

La riforma pensionistica ha portato a una drastica riduzione degli importi che i lavoratori maturano. La stessa è stata però affiancata dalla riforma del TFR (legge 252 del 2005) che ora è diretto in fondi pensione e quindi va ad alimentare la pensione integrativa. La disciplina del TFR prevedeva però dei casi in cui era possibile ottenere un anticipo e di conseguenza l’adesione al fondo pensione poteva generare comunque delle difficoltà economiche maggiori per i lavoratori. Proprio per questo il meccanismo ha avuto una mitigazione con la previsione di casi in cui vi è l’opportunità di ritirare i soldi del fondo pensione in anticipo.

Il fondo pensione può essere alimentato anche con ulteriori risorse questa scelta viene in un certo senso stimolata, infatti le somme destinate al fondo pensione sono deducibili dall’imponibile fiscale e di conseguenza vengono ridotti gli importi delle tasse.

Per maggiori informazioni sulla destinazione del TFR, leggi l’articolo: TFR in azienda: il datore di lavoro può investirlo? Ci sono Rischi?

Anticipo fondo pensione con riscatto parziale

Il fondo pensione dalla legge 252 del 2005 è definito il secondo pilastro del sistema pensionistico e consente quindi di avere una pensione integrativa rispetto a quella determinata in base ai contributi versati.

Vista la finalità, vi sono dei limiti all’accesso alle somme depositate. Si può chiedere l’anticipo del fondo pensione solo in determinati casi.

Durante la vita lavorativa è possibile chiedere l’anticipo del fondo pensione in due casi:

  1. Spese sanitarie per sé per il coniuge e per i figli;
  2. acquisto della prima casa per sé o per i figli o ristrutturazione della prima casa. Per tali finalità l’anticipo può essere richiesto solo dopo 8 anni dall’apertura del fondo stesso. Può essere richiesto anche nel caso in cui il bene sarà intestato al coniuge, ma solo se  le parti sono in comunione dei beni.

In entrambi i casi l’anticipo può avere un ammontare massimo del 75% degli importi maturati, inoltre viene applicata la tassazione sui rendimenti dei fondi, la stessa è al 12,5% per la parte del fondo investita in Titoli di Stato e 20% per la parte investita in azioni.

Riscatto parziale o totale del fondo pensione per perdita di lavoro

Un’altra ipotesi in cui è possibile chiedere un anticipo sul fondo pensione, o riscattarlo totalmente, è quello relativo alla perdita di lavoro, ma devono comunque verificarsi ulteriori condizioni.

La prima richiesta può essere effettuata quando siano trascorsi 12 mesi dalla perdita di lavoro e si può ottenere fino al 50% degli importi maturati nel fondo pensione.

La seconda richiesta può essere effettuata dopo 48 mesi dalla perdita del lavoro e ha ad oggetto l’ulteriore 50% delle somme maturate. Si verifica quindi il riscatto totale del fondo pensione. Per poter accedere a questa misura occorre allegare alla richiesta la documentazione che attesta la perdita di lavoro. Anche in questo caso gli importi riscossi saranno soggetti a tassazione. Infine, resta da dire che in caso di perdita di lavoro alcuni fondi pensioni permettono il riscatto di percentuali diverse rispetto a quelle ora viste.

Anticipo fondo pensione con riscatto totale

Ci sono inoltre eventi che permettono prima di accedere alla pensione è possibile optare per il riscatto totale del fondo pensione. Si tratta di ipotesi comunque tassativamente indicate e sono:

  • invalidità:
  • morte del titolare, il riscatto totale prima dell’accesso ai benefici pensionistici deve essere richiesto dagli eredi ed è naturalmente in loro favore;
  • perdita dei requisiti di partecipazione al fondo, si verifica questa ipotesi nel caso in cui il lavoratore aveva aderito al fondo pensione di categoria, ad esempio il fondo dei metalmeccanici. In seguito smette di lavorare in quel settore e trova impiego in un altro settore. In questo caso si perdono i requisiti per la partecipazione al fondo precedente, nell’esempio quello dei metalmeccanici, e di conseguenza si possono riscattare le somme. Naturalmente anche in questo caso si applica la tassazione dei rendimenti al 12,5% per la quota investita in Titoli di Stato e 20% per gli investimenti azionari.

Inps, online il nuovo calcolatore del Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici

È stata implementata tra le funzionalità telematiche del sito dell’Inps il nuovo calcolatore del Trattamento di fine servizio (Tfs) o Trattamento di fine rapporto (Tfr) dei dipendenti del pubblico impiego. Le specifiche della nuova funzionalità sono contenute nel messaggio dell’Inps numero 3436 del 12 ottobre scorso. Nella comunicazione l’Istituto di previdenza presenta la “nuova modalità di domanda di quantificazione del TFR e del TFS finalizzata alla cessione ordinaria e alla cessione agevolata”.

Tfr o Tfs ‘in un click’ sul portale dell’Inps

La nuova funzionalità del sito dell’Inps di calcolo del trattamento di fine servizio o di fine rapporto rientra nel progetto “Tfr e Tfs in un click”, previsto dal Piano Strategico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict). Pertanto, sul portale dell’Istituto di previdenza i dipendenti del pubblico impiego possono adottare il nuovo servizio per la richiesta di quantificazione del Tfs o del Tfs finalizzato alla cessione ordinaria o alla cessione agevolata.

Come si accede al calcolo del Tfr o Tfs sul sito Inps?

Per poter accedere al servizio di determinazione del Tfr o Tfr sul sito dell’Inps i dipendenti pubblici dovranno, come primo passaggio, autenticarsi. Le credenziali per l’accesso sono:

  • quelle dello Spid (Sistema pubblico di identità digitale);
  • della Carta di identità elettronica (Cie);
  • della Carta nazionale dei Servizi (Cns).

Dopo l’autenticazione, è necessario andare nelle sezione “Prestazioni e servizi”, prima di procedere in “Servizi” e successivamente nella “Gestione dipendenti pubblici: servizi online Tfr” oppure in quella della “Gestione dipendenti pubblici: servizi online Tfs”.

Inps, sul portale il calcolo del Tfs o Tfr alle condizioni ordinarie o a quelle agevolate del Dl 4/2019

L’implementazione del nuovo servizio dell’Inps permetterà agli ex dipendenti del pubblico impiego di effettuare una cessione ordinaria del Trattamento di fine rapporto o del Trattamento di fine servizio, oppure accedere alle condizioni agevolate dei due istituti secondo quanto prevede il decreto legge numero 4 del 2019.

Calcolo Tfr o Tfs, per quali pensioni?

In particolare, le condizioni agevolate del Tfr o Tfs si applicano nel limite del trattamento corrispondente a 45 mila euro. Rientrano nel trattamento agevolato le uscite pensionistiche dei lavoratori del pubblico impiego con i requisiti della quota 100, della pensione di vecchiaia, della pensione anticipata, del cumulo pensioni, delle agevolazioni per le attività gravose. Fanno parte del calcolo anche le uscite per chi svolge attività particolarmente pesanti e faticose, oltre ai lavoratori precoci.

Quanto costa accedere al Tfr o Tfs agevolato?

Le condizioni fissate dal decreto legge numero 4 del 2019 per il Tfr o Tfs agevolato è pari al rendimento dei titoli di Stato. La durata dell’operazione è quella corrispondente al prestito. Inoltre l’agevolazione prevede il pagamento di uno spread calcolato sullo 0,4%.

Cosa cambia con il nuovo applicativo Inps per il Tfr o Tfs?

L’Istituto di previdenza aveva già al suo interno un applicativo per il calcolo del Tfr o Tfs dei lavoratori del pubblico impiego. La finalità era quella di fare una simulazione e una quantificazione del trattamento relativa alla cessione della prestazione a favore degli istituti di credito. La nuova funzionalità implementata in questi giorni permette di inserire solo dati minimali e di accedere automaticamente alla verifica della maturazione dei requisiti. Si può procedere con l’operazione anche dai dispositivi mobili (tablet e cellulari).

Quali informazioni chiede il servizio di Tfr e Tfs per il calcolo del trattamento?

Con l’accesso al servizio di calcolo del Tfr o Tfs, all’utente sono richiesti solo i dati che non siano già in possesso dell’Inps. Pertanto, l’utente chiede la prestazione in via telematica fornendo i dati minimi. Le informazioni saranno integrate con quelle già in possesso dall’Istituto previdenziale per il riscontro immediato della prestazione richiesta.

TFR 2021: come si calcola e come funzionano l’anticipo e l’accantonamento

Come di consueto per un contratto di lavoro subordinato che cessa, anche nel 2021 il lavoratore avrà diritto a ricevere il TFR (Trattamento di Fine Rapporto). La spettanza riguarda sia i dipendenti che hanno lavorato a tempo determinato, sia quelli che lo hanno fatto a tempo indeterminato, così come non conta se abbiano lavorato a tempo pieno o parziale.

D’altronde, la somma del TFR viene maturata mensilmente per il lavoro svolto dal proprio datore di lavoro, rivalutata, però, annualmente sulla base di alcuni determinati indici.

La disciplina del Trattamento di Fine Rapporto

L’art. 2110 del codice civile disciplina il TFR. Il calcolo viene effettuato sommando per ogni anno di servizio una quota non inferiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. Per le frazioni del mese superiore al 15, la mensilità viene considerata per intero.

Solitamente, il lavoratore dipendente percepisce il TFR al termine del rapporto di lavoro. Tuttavia, in alcuni casi può capitare che tali somme vengano anticipate, in modo da poterne godere prima della cessione del rapporto di lavoro. Affinché ciò accada, devono essere rispettati dei requisiti molti stringenti. Quindi, vediamo come si calcola il Trattamento di Fine Rapporto 2021 e come funziona l’anticipo.

Il calcolo del TFR 2021

L’importo del TFR maturato annualmente in capo al lavoratore è composto da due elementi:

  • la quota capitale, calcolata previo l’applicazione del divisore fisso 13,5 al totale delle retribuzioni annue;
  • la quota finanziaria, pari alla rivalutazione dell’ammontare del fondo maturato al 31 dicembre dell’anno precedente.

Il Fondo TFR accantonato al 31 dicembre di ogni anno (escluso le quote maturate nell’anno stesso) deve essere rivalutato sulla base di un coefficiente composto da un tasso fisso dell’1,50% e da uno variabile pari al 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, per le famiglie di operai e impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Anticipo TFR 2021: requisiti

Per ottenere l’anticipo del TFR, il primo requisito è avere accumulato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro. In questo caso, il dipendente può chiedere un anticipo che non superi il 70% del TFR fino a quel momento maturato.

L’anticipazione può essere richiesta una sola volta e solo nel caso di acquisto prima casa per sé stessi o per i figli. Oppure per le spese sanitarie inerenti terapie o interventi straordinari. In ogni caso le richieste possono essere soddisfatte entro il limite annuo del 10% degli aventi diritto e comunque entro il 4% del totale dei lavoratori.

TFR 2021: perché chiedere l’anticipo

L’anticipazione di un TFR può essere richiesta solo per motivazioni importanti:

  • spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
  • acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.

Tuttavia, per le spede mediche la giurisprudenza ha affermato che è da considerarsi straordinario l’intervento che presenta le caratteristiche della delicatezza e dell’importanza dal punto di vista economico o medico. L’anticipo TFR può estendersi anche alle spese accessorie come quelle di viaggio, vitto e alloggio.

In merito alla seconda giustificazione, per “prima casa” si intende un immobile destinato alla normale abitazione e residenza del richiedente e della sua famiglia.

Successivamente, la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto all’anticipo anche per altre tipologie di spese:

  • acquisto del suolo su cui edificare l’abitazione;
  • acquisto della casa per il figlio, quando l’onere è sostenuto dal figlio stesso;
  • riscatto di abitazione già occupata ad altro titolo;
  • ristrutturazione di una abitazione da adibire a prima casa;
  • costruzione di una abitazione da adibire a prima casa.

TFR 2021: quando sono previste condizioni migliori?

I CCNL o i patti individuali possono prevedere migliori condizioni di favore stabilendo altri criteri di priorità per quanto concerne requisiti soggettivi, limiti numerici e misura dell’anticipazione.

In caso di morte del dipendente, il TFR spetta al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del lavoratore, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado.

Accantonamento TFR

I dipendenti privati hanno sei mesi di tempo dalla data di assunzione per decidere la destinazione del loro TFR. Diversamente, scatta il silenzio assenso per cui il datore di lavoro provvederà a trasferire il TFR maturando alla forma pensionistica prevista dai CCNL, salvo accordi interni che prevedono la destinazione del TFR ad una delle forme pensionistiche previste dagli accordi o dai contratti collettivi. In ogni caso, l’accordo va notificato al lavoratore.

Se l’azienda prevede più forme pensionistiche, il TFR sarà destinato a quello a cui hanno aderito un maggior numero di lavoratori. In caso di inapplicabilità delle precedenti ipotesi, il datore di lavoro deve trasferire il TFR maturando alla forma pensionistica complementare residuale istituita presso l’INPS. Il lavoratore può comunque scegliere di mantenere il TFR presso il datore di lavoro, tenendo presente che tale scelta che può essere revocata in qualsiasi momento.

Il datore di lavoro deve obbligatoriamente fornire al lavoratore informazioni sulle possibili opzioni, prima dei famosi sei mesi di tempo di cui lavoratore gode per poter prendere una decisione. Nell’ultimo di questi mesi, il datore di lavoro deve consegnare al dipendente le necessarie informazioni relative alla forma pensionistica complementare verso la quale è destinato il TFR maturando.

TFR in azienda: il datore di lavoro può investirlo? Ci sono rischi?

Il TFR, o Trattamento di Fine Rapporto, è una porzione di retribuzione la cui riscossione viene differita al momento della fine del rapporto di lavoro, ad esempio per dimissioni o pensionamento. Nel tempo queste somme accantonate sono state disciplinate in diverso modo, tra le varie opportunità vi è quella di lasciare il TFR in azienda per poi riscuoterlo al termine del rapporto di lavoro, ciò che molti si chiedono è: il datore di lavoro può investire il TFR lasciato in azienda?

Cos’è il TFR

Il TFR è una spettanza del lavoratore dipendente del settore pubblico e del settore privato ed è anche conosciuto come liquidazione o buonuscita. Per calcolare il suo importo occorre tenere in considerazione la retribuzione annua e dividerla per il coefficiente 13,5, infatti la normativa stabilisce che il TFR annuale debba essere pari e comunque non superiore a tale somma. A tale somma deve essere sottratto lo 0,50%  che deve finanziare il sistema previdenziale del fondo di garanzia come stabilito dall’articolo 2 comma 8 della legge 297 del 1982. Il TFR per un breve lasso di tempo è stato liquidato, a richiesta, anche in busta paga, ma l’INPS con Messaggio 2791 del 2018 ha precisato che non è più possibile fruire di tale opzione in quanto il legislatore non ha provveduto a prorogarla.

Come gestire il TFR: è consigliato lasciarlo in azienda?

In materia un’ importante riforma si ha con il decreto legislativo 252 del 2005 in cui la gestione del TFR è riformulata con l’obiettivo di stimolare i lavoratori a utilizzare il TFR per avere una pensione integrativa. Questa modifica è stata essenziale anche perché gli importi delle pensioni maturate sono andati via via scemando a causa delle riforme del sistema pensionistico. In passato il TFR restava in azienda e il datore di lavoro normalmente lo investiva nella stessa azienda, ad esempio per acquistare nuove strumentazioni e poi provvedeva a liquidare le somme ai lavoratori accedendo a risorse aziendali proprie, naturalmente al momento di versare gli importi c’era il rischio di non avere liquidità.

Oggi è tutto cambiato ed è il lavoratore di fatto a scegliere come investire la propria liquidazione durante il dispiegarsi del rapporto di lavoro.

Occorre ricordare che la riforma entra in vigore il primo gennaio 2007 e le somme accantonate prima di tale data restano soggette alla vecchia disciplina e quindi possono restare in azienda e possono essere ancora oggi liquidate alla fine del rapporto di lavoro. Fatta questa premessa, occorre ricordare che il TFR, in seguito alla riforma, può essere  lasciato in azienda ( che li gestisce solo in alcuni limitati casi)  oppure investito in fondi di investimento chiusi o aperti. Il lavoratore ha sei mesi di tempo dall’inizio del contratto di lavoro per scegliere, con il modello TFR2, come utilizzare il TFR che matura di anno in anno.

Il lavoratore come può investire il TFR?

Di conseguenza il lavoratore può:

  • scegliere di devolvere il TFR maturando a un fondo pensione che sceglie lui e indicandolo in modo esplicito, al momento di andare in pensione riceverà quindi il TFR come pensione integrativa;
  • Può non esprimere alcuna scelta e in questo caso si applica il principio del silenzio assenso e il datore di lavoro accantona il TFR presso fondo pensione previsto dagli accordi o contratti collettivi e, nel caso in cui siano disponibili più fondi, presso il fondo a cui hanno aderito la maggior parte dei lavoratori dell’azienda;
  • Infine può decidere in modo esplicito di lasciarlo in azienda. In questo caso si verificano due ipotesi:
  1. se l’azienda ha meno di 50 dipendenti può trattenerlo e poi versarlo al momento della cessazione del rapporto di lavoro ( se l’azienda dovesse avere difficoltà economiche, ottenere le somme potrebbe essere difficile);
  2. se l’azienda ha almeno 50 dipendenti deve invece devolvere il TFR man mano che matura al Fondo di Tesoreria dell’INPS. Il lavoratore può controllare in modo costante l’ammontare del proprio TFR lasciato al Fondo INPS attraverso il sito dell’INPS, occorre accedere all’area personale MyINPS. Ricordiamo che dal primo ottobre 2021 non è possibile accedere con il PIN, ma solo con lo SPID, e visitare l’area del sito “servizio consultazione posizione personale da lavoro dipendente”.

Il TFR lasciato in azienda si rivaluta automaticamente ogni anno dell’1,5% a cui si aggiunge il 75% del tasso di inflazione, ma tale rendimento è solitamente inferiore a quello dei fondi di previdenza complementare. La tassazione sul TFR è comunque più elevata rispetto a quella prevista in caso di devoluzione ai fondi di previdenza complementare.

TFR in azienda: il datore di lavoro può investirlo?

In effetti ad oggi l’unico caso in cui l’azienda ha la disponibilità diretta delle somme accantonate è quello in cui vi sono meno di 50 dipendenti. Tale condizione è comune a oltre il 90% delle aziende italiante Il lavoratore che inizialmente ha deciso di lasciare la liquidazione in azienda, in un secondo momento potrà decidere di investirlo in un fondo pensione chiuso o aperto, mentre nel caso in cui il lavoratore abbia inizialmente deciso di investirlo, non può cambiare idea e decidere di lasciare il TFR in azienda.  L’INPS ha chiarito che può essere devoluto ai fondi pensione anche il TFR pregresso.

TFR in Azienda: cosa succede se l’azienda non liquida le somme?

Il datore di lavoro deve liquidare le somme, su istanza del lavoratore, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, se gli investimenti del datore sono stati poco fortunati, il rischio di non avere il TFR è alto. Nel caso di mancato versamento nei termini, ricordiamo che gli stessi sono previsti nel CCNL di settore e che comunque il TFR deve essere chiesto prima di 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore può comunque agire per ottenere le somme anche attraverso il Fondo di Garanzia dell’INPS per il trattamento di fine rapporto, questo però ha un accesso limitato, infatti ci sono delle condizioni. In particolare si può chiedere l’erogazione tramite il fondo nel caso in cui l’azienda sia sottoposta a procedure di fallimento, come il concordato preventivo o la liquidazione coatta amministrativa.

Se l’azienda non è sottoposta a procedure concorsuali/fallimentari il lavoratore deve impegnarsi per ottenere le somme dal proprio datore di lavoro tramite procedure esecutive e potrà accedere al fondo solo nel caso in cui dimostri di aver percorso tutte le strade possibili per ottenere il TFR dal datore di lavoro, ma le stesse non hanno avuto esito positivo.

A questo punto occorre ricordare che il datore di lavoro potrebbe anche omettere il versamento ai fondi pensione, in questo caso è onere del lavoratore controllare che i versamenti siano eseguiti e in caso di mancato versamento è bene sollecitare il datore di lavoro affinché li esegua e, se l’esito è negativo, può procedere per vie legali.