Fringe benefit nel decreto Aiuti bis: aumenta la quota non imponibile

Il decreto Aiuti Bis del 4 agosto 2022 porta molte novità e tra queste vi è l’aumento del tetto dei fringe benefit aziendali esentasse, inserito nell’articolo 11 del decreto Aiuti Bis.

Le misure previste nel decreto Aiuti Bis

Il decreto Aiuti Bis sarà molto probabilmente l’ultimo licenziato dal governo Draghi, ha un valore di 17 miliardi e mira ad aiutare le famiglie nella gestione degli aumenti. Prevede un anticipo dell’aumento delle pensioni già dal mese di agosto 2022, inoltre rifinanzia il Bonus Psicologo, proroga il taglio delle accise, prevede un aumento del taglio del cuneo fiscale per i redditi medio- bassi, estende il bonus di 200 euro a categorie prima escluse, riconosce aiuti alle imprese agricole per far fronte agli effetti della crisi idrica. Tra le misure inoltre previste vi è l’aumento della quota di fringe benefit che è esentasse.

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Cosa sono i fringe benefit e a quanto ammonta la quota non imponibile per il 2022?

I fringe benefit rientrano nell’ampio spettro del welfare aziendale. L’articolo 51 comma 1 del tuir stabilisce “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”, ciò vuole dire che concorrono a determinare il reddito imponibile anche i valori diversi dal denaro, imputando quindi valore di “altre liberalità”.
Al fine però di agevolare lavoratore e datore di lavoro, vige una quota che non determina reddito imponibile quindi su essa non si applica l’Irpef. L’aumento di questa quota, che in realtà non è poi molto alta, porta un ulteriore risparmio di imposta al lavoratore. Per l’azienda vi è invece il vantaggio della totale deducibilità degli importi.

Il comma 3 dell’articolo 51 stabilisce che “Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro; se il predetto valore superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.”
Al fine di aiutare le famiglie a far fronte agli aumenti che caratterizzano beni di largo consumo, come i carburanti, ma anche gli alimentari e l’energia, per il 2022, e quindi retroattivamente, la quota di fringe benefit aziendali esentasse raddoppia e arriva a 516,46 euro. In realtà anche per il 2021, al fine di far fronte all’emergenza Covid, era stato applicato un provvedimento simile. Ricordiamo che tra i fringe benefit rientrano tutta una serie di liberalità tra cui l’uso dell’auto aziendale, cellulare, buoni carburanti.

 

Ticket restaurant: in quali casi non beneficiano dell’esenzione imponibilità

L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad Interpello 377 del 2022 fornisce un’importante interpretazione circa la natura delle erogazioni effettuate dalle aziende ai loro dipendenti e derivanti dai risparmi di ticket restaurant/buoni pasto maturati nel 2020. Proprio tale natura esclude l’esenzione dalla tassazione di tali somme.

Conversione ticket restaurant in elargizioni in denaro: si applica la tassazione?

L’emergenza Covid ha determinato molti cambiamenti soprattutto nel mondo del lavoro in quanto numerose aziende hanno visto sospese le proprie attività, oppure hanno dovuto avvalersi dello smart working. Questa situazione ha determinato il venir meno della fruizione dei buoni pasto/ticket restaurant, una misura molto apprezzata dai lavoratori, infatti per tanti rappresenta una sorta di salario accessorio.

Proprio per questo motivo con la legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 870, legge n. 187/2020) è stata prevista la possibilità di convertire i soldi risparmiati per il ticket restaurant nel 2020 e i soldi destinati alle ore di straordinario che non sono state fruite nel 2020 in altre misure di welfare aziendale da erogare nel 2021 sotto forma di trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero agli istituti di welfare integrativo.

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Questo però ha determinato dei dubbi inerenti la tassazione, un’azienda ha quindi proposto un interpello all’Agenzia delle Entrate che ha provveduto a chiarire i dubbi.

Agenzia delle Entrate: buoni pasti non fruiti convertiti in denaro devono essere tassati

La prima cosa da sottolineare è che la legge di bilancio 2021 richiede, affinché si possano distribuire le somme risparmiate per i tickets restaurant/ buoni pasto, che l’entità dei risparmi debba essere certificata da organi di controllo. L’istante chiede all’Agenzia delle Entrate se alle somme erogate ai dipendenti possa essere applicato l’articolo 51 comma 2 lettera C del Tuir. Questo prevede che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, «le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica».

L’Istante però sottolinea di voler elargire queste somme in misura fissa ed uguale per tutti i dipendenti, senza alcuna distinzione in base alla qualifica professionale, livello professionale e fascia di reddito. Ciò implica che la misura così prevista non rientri in nessun caso di esenzione dalla tassazione prevista dal Tuir. Inoltre trattandosi di erogazione in denaro la natura di buono pasto si perde e di conseguenza le somma devono essere sottoposte a tassazione. Questa è appunto la determinazione finale dell’Agenzia delle Entrate.

Risposta_377_14.07.2022

Assegno unico e detrazioni per spese mediche e sanitarie sono compatibili?

L’introduzione dell’Assegno Unico per i figli a carico ha portato numerose novità in Italia per quanto riguarda il complessivo sistema delle imposte. Molti si chiedono: se percepisco l’assegno unico per i figli a carico, possono usufruire delle detrazioni per spese mediche e sanitarie sostenute per loro?

Assegno Unico e detrazioni per spese mediche e sanitarie

L’Assegno Unico fa venire meno tutta una serie di misure del welfare, ad esempio gli Assegni Per il Nucleo Familiare, il bonus nascita e la detrazione per figli a carico ex articolo 12, comma 1 lettera C del TUIR. Proprio per questo molte persone si sono chieste se vengono meno anche le detrazioni per le spese sostenute in favore dei figli.

Il chiarimento è arrivato attraverso il decreto Sostegni Ter che va a completare il coordinamento tra il decreto legislativo 230 del 2021 e istitutivo dell’Assegno Unico e il TUIR. Il Sostegni Ter  introduce il comma 4 bis nell’articolo 12 del TUIR che stabilisce che ai fini delle detrazioni fiscali diverse da quelle previste in modo specifico per i figli a carico, non rileva la percezione o meno dell’Assegno Unico. Questo implica che tutte le detrazioni fiscali diverse rispetto a quelle previste dall’articolo 12, comma 1 lettera C del TUIR continuano ad essere valide indipendentemente dal fatto che si percepisca o meno l’Assegno Unico (detrazione di 950 per ciascun figlio a carico, aumentato a 1.220 per figli di età inferiore a 3 anni…).

Detrazioni per spese mediche e Assegno Unico sono compatibili

Siccome la detrazione per le spese mediche e sanitarie del 19%, con franchigia di 129,11 euro, è diversa rispetto alle detrazioni per i figli a carico prevista dall’articolo 12, comma 1 lettera C del Tuir, si evince da questo chiarimento contenuto nel decreto Sostegni Ter che in sede di dichiarazione dei redditi ( i termini sono aperti da maggio) è possibile allegare le fatture, le ricevute e gli scontrini parlanti attestanti le spese mediche sostenute per tutti i familiari a carico, compresi i figli che percepiscono l’Assegno Unico. Si potrà così ottenere un risparmio di imposta notevole.

Per approfondimenti sulle detrazioni per spese mediche e sanitarie leggi l’articolo: Detrazioni per spese mediche: quali sono e casi particolari

Deduzioni per spese mediche: quali sono e quando si possono ottenere

No Tax Area: cos’è, a quanto ammonta e novità previste per il 2022

Come dice il termine stesso, la No Tax Area è una quota di reddito che non è sottoposta a tassazione, ma come funziona e quali sono le ipotesi allo studio con la riforma fiscale per il 2022?

Cos’è la No Tax Area e quando entra nell’ordinamento italiano

L’obiettivo della No Tax Area è proteggere i cittadini economicamente più deboli esentandoli dal pagamento delle imposte sul reddito delle persone fisiche. L’ammontare di tale beneficio doveva essere pari al reddito di sussistenza cioè quanto necessario a coprire i bisogni essenziali.

La No Tax Area è stata introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento con legge n. 289 del 2002 (legge di bilancio per il 2003)  e la finalità era tutelare un primo scaglione di reddito, corrispondente al reddito di sussistenza, dalle imposte IRPEF dando così un po’ di respiro alle persone meno abbienti. Attualmente la No Tax Area viene calcolata con una formula decrescente e di conseguenza si annulla del tutto al raggiungimento della soglia di reddito di 55.000 euro.

La No Tax Area si definisce in termini di deduzioni e detrazioni, quindi come importi da sottrarre al reddito prodotto al fine di determinare l’ammontare su cui viene poi calcolata l’imposta, inoltre le detrazioni possono ulteriormente incidere sul reale ammontare. Da questo deriva anche che la No Tax Area è piuttosto flessibile e dipende anche dalla condizione del singolo contribuente e dal carico familiare.

La disciplina della No Tax Area nel TUIR

Attualmente la disciplina si ricava dagli articoli 11 e 13 del TUIR ( Testo Unico Imposte sul Reddito).

L’articolo 11 stabilisce l’esenzione per pensionati:

  • con reddito da pensione annuo non superiore a 7.500 euro;
  • reddito da terreni agricoli non superiore a 185,92 euro ;
  • abitazione principale.

L’articolo 13 al comma 1 si occupa dei lavoratori dipendenti e stabilisce la No Tax Area in questo modo:

  • 8.000 euro da lavoro dipendente.

Il comma 5 dello stesso articolo 13, invece ha ad oggetto la No Tax Area per il lavoro autonomo. In questo caso la soglia è:

  • 4.800 euro di redditi prodotti da lavoro autonomo.

Importi reali dei redditi non tassati

In realtà applicando le varie detrazioni, le fasce di No Tax Area comunque sono ampliate e arrivano a 8.130 euro per i pensionati e 8.145 euro per i dipendenti. Come funziona il calcolo? Attualmente ai redditi da pensione fino a 8.000 euro spetta una detrazione fissa di 1.880 euro, questa basta ad azzerare l’IRPEF dovuta e di conseguenza si forma la No Tax Area. Per i redditi superiori a 8.000 euro si applica una formula specifica volta a determinare la detrazione spettante. Per il reddito da lavoro autonomo devono essere considerate anche le detrazioni attualmente vigenti in forza  del Bonus Renzi che dal 2022 cesserà di esistere e sarà assorbito da altre detrazioni.

Addio al Bonus Renzi dal 2022: come cambia la busta paga

Coloro che si trovano in tali condizioni sono esonerati anche dalla presentazione della dichiarazione dei redditi.

La Riforma della No Tax Area allo studio del Governo

Per il 2022 grazie alla riforma fiscale dovrebbero esserci ulteriori novità, infatti oltre a prevedere una riduzione degli scaglioni IRPEF, la riforma allo studio del Governo comprende  anche una riduzione di bonus e assegni, in favore di un ridisegno totale delle detrazioni. L’obiettivo è rendere il sistema fiscale più ordinato e semplice da gestire senza aggravi per i contribuenti.

Da ciò in automatico dovrebbe arrivare un aumento della No Tax Area, che per i pensionati potrebbe alzarsi fino a 8.500 euro e di conseguenza portare a un incremento del netto mensile.

Secondo la proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco dovrebbe aumentare anche la No Tax Area degli autonomi che potrebbe quindi arrivare a 5.500 euro.

Le posizioni dei sindacati

I sindacati sono però concordi nel criticare questa ipotesi di riforma. Con lo schema ora proposto a guadagnarci di più sono i redditi medi e alti in quanto vi è una riduzione per loro delle aliquote IRPEF, mentre i redditi fino a 15.000 continuano ad avere l’aliquota precedente al 23%. Proprio per questo, al fine di evitare disuguaglianze, sostengono che sia necessario aiutare i redditi più bassi che più di altri hanno pagato la pandemia. CGIL, CISL e UIL propongono un intervento più sostanzioso sulle detrazioni per la prima fascia di reddito andando così a estendere la No Tax Area. I sindacati propongono di rimediare i fondi attraverso una posticipazione del taglio dell’IRAP e quindi destinando alle fasce più basse di reddito il miliardo di euro stanziato per la riduzione dell’IRAP.

Infine, occorre ricordare che un aumento delle pensioni sarà dovuto anche al tasso di perequazione fissato all’1,7%.

Perdite fiscali dei soggetti Ires e corretta gestione del riporto

Dall’articolo 84 co. 1 e 2 del TUIR si legge che le perdite fiscali conseguite in un periodo d’imposta possono essere computate in diminuzione dei redditi dei periodi successivi:

  • in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta, per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare;
  • entro il limite del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta successivo e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare se relative ai primi 3 periodi d’imposta dalla data di costituzione, sempreché si riferiscano ad una nuova attività produttiva.

Per chiarire alcuni dubbi, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di emanare una circolare nella quale viene spiegato che:

  • non vi è alcun ordine di priorità nell’utilizzo delle perdite pregresse qualora si disponga sia di perdite “ad utilizzo limitato” (80%) che di perdite “ad utilizzo illimitato” (prodotte nei primi tre periodi d’imposta);
  • a prescindere dalla scelta operata, il limite dell’80% si calcola sempre sul valore del reddito lordo;
  • le perdite pregresse delle società non operative possono essere utilizzate in diminuzione dal reddito imponibile, purché risultino rispettate, congiuntamente, le seguenti due condizioni: le perdite pregresse astrattamente utilizzabili non possono eccedere l’80% dell’intero reddito imponibile del periodo d’imposta, ai sensi dell’art. 84, co.1, del Tuir; le perdite pregresse effettivamente utilizzabili (nei limiti dell’ 80%) possono essere computate soltanto in diminuzione del reddito imponibile eccedente quello minimo presunto.

Ovviamente, le modifiche vanno a riflettersi anche nella compilazione del modello Unico SC2013 (quadro RN e RS) e sulle società in fase di liquidazione.
In particolare, accanto all’indicazione delle perdite scomputabili nel quadro RN, nel quadro RS, le perdite non compensate, vengono ora distinte tra utilizzabili “in misura limitata” (rigo RS44) ed utilizzabili “in misura piena” (rigo RS45).
Nell’ambito delle perdite utilizzabili in misura limitata, occorre ulteriormente distinguere tra perdite del periodo d’imposta in corso, risultante dal rigo RN5, col. 3 (rigo RS44, col. 3 e perdite pregresse (rigo RS44, col. 7).

Analogamente, con riferimento alle perdite relative ai primi tre periodi d’imposta, riportabili in misura piena, occorre distinguere tra le perdite fiscali pregresse (RS45, col. 7) e quelle del periodo d’imposta in corso (RS45, col. 3).

Per quanto riguarda, infine, le modalità di scomputo delle perdite in caso di società in liquidazione, considerato che non sussistono orientamenti ufficiali dell’Agenzia, si ritiene opportuno tener separate le perdite prodotte nella fase ante liquidazione da quelle prodotte nel corso della procedura.

Vera MORETTI

Chiarimenti sulla deducibilità delle spese telefoniche

A disciplinare la deducibilità delle spese telefoniche da parte dei professionisti è una legge introdotta dalla Finanziaria 2007, che aveva eliminato la distinzione tra uso di telefono fisso o mobile.

La deducibilità riguarda l’80% dell’importo, e comprende le quote di ammortamento, i canoni di leasing/noleggio relativi ad apparecchiature telefoniche, ma anche le spese di manutenzione e di impiego, ovvero il costo del traffico telefonico, che comprende anche l‘accesso ad internet.

Le eccezioni, che quindi non rientrano nella casistica, riguardano le imprese di autotrasporto, per le quali la deducibilità è integrale, limitatamente ad un impianto per veicolo, e gli ex contribuenti minimi e i nuovi minimi cui non si applicano le limitazioni previste dal Tuir. Per questi soggetti, dunque, i costi relativi alla telefonia fissa solo integralmente deducibili, se inerenti, ed i costi relativi alla telefonia mobile sono deducibili al 50%.
Fanno parte di questa eccezione, e sono soggette a completa deducibilità, anche le apparecchiature terminali per la comunicazione che vengono utilizzate per attività esclusivamente imprenditoriali.

L’Agenzia delle Entrate ha confermato questa interpretazione, che ha anche chiarito: poiché l’unico possibile utilizzo di una rete interna è quello aziendale, l’assenza di un uso promiscuo rende applicabile la regola generale di deducibilità integrale dei costi sostenuti.

Il limite alla deduzione delle spese telefoniche all’80% è una regola che non può essere disapplicata, in quanto assume la funzione di norma di “sistema” e non di norma antielusiva specifica. Quindi per apparecchi che consentono un uso promiscuo non è prevista la possibilità di una deducibilità diversa anche in caso si dimostri l’uso esclusivo ai fini aziendali.

Vera MORETTI

Giro di vite sulle auto aziendali

La riforma del lavoro ha colpito duro sulle auto aziendali, che dal 2013 saranno deducibili solo al 27,5, contro il 40% attuale.

Il giro di vite, dunque, continua, anche se non colpirà i contribuenti minimi, che continueranno a dedurre il 50%. Non è, questa, una novità, considerando che già nel Testo unico sulle imposte dei redditi del 2008 era stato stabilito di non far applicare ai soggetti minimi alcuna regola, prevista invece per gli altri contribuenti.

A questo proposito, il testo unico è chiaro: a prescindere dalle disposizioni del TUIR, le spese di acquisto e di gestione dei beni a uso promiscuo possono essere dedotte nella misura del 50% del relativo corrispettivo comprensivo dell’IVA per la quale non può essere esercitato il diritto alla detrazione.

In particolare per le auto non è applicabile neppure il limite del costo di acquisto pari a 18.075,99 euro per gli altri regimi fiscali.

Vera MORETTI

Reddito d’impresa, un po’ di chiarezza

Le tipologie di corrispettivi, indennità e contributi che sono considerate ricavi sono elencate al primo comma dell’articolo 85 del Tuir, che prosegue nel secondo comma affermando che “si comprende inoltre tra i ricavi il valore normale dei beni di cui al comma 1 assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa”.

Ma cosa si intende per destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa e cosa succede quando l’esiguità del prezzo di vendita è dovuta a particolari finalità dell’operazione legate, ad esempio, a interessi di assetto societario?
Il caso più frequente è, infatti, quello del trasferimento dei beni, dettato non dalla volontà di realizzare il massimo prezzo consentito dal mercato, bensì dalla necessità di estromettere i beni immobili da una società per farli confluire in un’altra, prima di cedere parte delle quote della prima società a terzi. La scelta del prezzo fuori mercato è in questo caso possibile grazie al fatto che la cessione degli immobili non avviene nei confronti di un terzo “estraneo”, ma di altro soggetto societario riconducibile alla stessa compagine.

Come conseguenza, si assiste quindi a un trasferimento di beni tra società riferibili a identici proprietari, che non hanno alcun interesse a determinare il prezzo di vendita in base all’andamento del mercato.
E’ quindi evidente come debbano essere applicate le disposizioni previste dall’articolo 85 del Tuir, in base al quale “si comprende tra i ricavi il valore normale dei beni destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa”, laddove il valore normale a cui fa riferimento la norma è quello disciplinato dall’articolo 9, comma 3, Tuir, da intendersi come “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione”.

Il prezzo di cessione, in questo caso, è senz’altro fuori mercato e avviene nell’ambito di una destinazione del bene aziendale a finalità estranee all’impresa. L’ufficio con tali tipi di accertamenti, quindi, non sindaca la legittimità dell’atto di compravendita, ma ne afferma l’estraneità alle finalità imprenditoriali e applica, pertanto, il diverso metodo di quantificazione dei ricavi. Ai fini fiscali, è la legge a stabilire che, con tali presupposti – cioè le finalità estranee all’attività imprenditoriale – i ricavi vadano commisurati non sulla base del prezzo, ma su quella del valore di mercato.

Nuove modalità per indicare le perdite fiscali nel modello Unico SC 2012

di Vera MORETTI

L’articolo 84 del TUIR, che riguarda i criteri di utilizzo delle perdite fiscali in ambito IRES, è stato riformulato nei commi 1 e 2, in modo da dare la possibilità di compensare le perdite sino a concorrenza dell’80% del reddito imponibile dei successivi periodi d’imposta senza più limiti temporali di riporto.

Si tratta di novità che non vanno a toccare le perdite generate “nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione” , che, invece, rimangono compensabili senza limiti temporali e in misura integrale, quindi senza la limitazione pari all’80% del reddito imponibile che, invece, caratterizza le perdite ordinarie.

Le nuove regole sono efficaci a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 6 luglio 2011 e, quindi, dal periodo d’imposta 2011, per le società il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare. Come chiarito dalle Entrate, sono interessate dalla nuova disciplina anche le perdite dei periodi d’imposta anteriori a quello di entrata in vigore delle disposizioni, dal 2006 al 2010.

Il nuovo modello UNICO SC 2012 stabilisce che al rigo RN4 va indicato:

  • in colonna 1: l’ammontare delle perdite dei periodi di imposta precedenti computabili in diminuzione del reddito in misura non superiore all’80% del reddito (art. 84, comma 1, del TUIR);
  • in colonna 2: l’ammontare delle perdite di periodi di imposta precedenti computabili in diminuzione del reddito in misura piena (art. 84, comma 2, del TUIR);
  • in colonna 3: la somma dei seguenti importi: ammontare delle perdite indicate nelle colonne 1 e 2;
  • ammontare delle perdite non compensate riportate dal rigo RF59, col. 1 (o RF73 per le società sportive dilettantistiche).

Viene anche modificato il prospetto relativo alle perdite non compensate contenuto nel quadro RS del modello UNICO SC 2012. In particolare, vengono ora distinte le perdite d’impresa utilizzabili “in misura limitata” (rigo RS44) da quelle “in misura piena” (rigo RS45).
Il contribuente, inoltre, in caso di contemporanea presenza di perdite utilizzabili in misura limitata ed in misura piena, può liberamente scegliere l’ordine di priorità in base al quale compensare tali perdite. In ogni caso, a prescindere dalla scelta operata, il limite dell’80% si dovrà calcolare sempre sul valore del reddito lordo, e non, quindi, al netto delle perdite relative ai primi tre periodi d’imposta.

Ditta individuale: i beni strumentali utilizzati dall’imprenditore nell’esercizio della propria attività sono sempre inerenti all’impresa

La Corte di Cassazione, attraverso la Sentenza n. 772 del 14 gennaio 2011, fissa il principio secondo cui le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente dalla ditta individuale, concorrono alla formazione del reddito d’impresa, a prescindere dall’eventuale iscrizione dei beni nei registri obbligatori. Secondo la Corte, quindi, gli immobili relativi a imprese commerciali individuali, aventi carattere strumentale e utilizzati dall’imprenditore esclusivamente per l’esercizio dell’impresa, sono sempre da ritenersi relativi all’impresa, in base al combinato disposto degli articoli 40 e 77 del Tuir.