Contributi enti sportivi: istruzioni INPS per sospensione termini

La crisi pandemica ha colpito anche gli enti sportivi e le associazioni sportive dilettantistiche e professionistiche, proprio per questo il decreto legge 146 del 2021 recante disposizioni urgenti in materia economica e fiscale, ha disposto la sospensione del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali. L’INPS con un Messaggio ha reso noti i passi per poter usufruire di questo beneficio.

Contributi enti sportivi: chi può usufruire della sospensione

Il decreto legge 146 del 2021 ha concesso a enti e associazioni sportive la possibilità di usufruire della sospensione contributiva per il pagamento degli oneri relativi a novembre 2021. Tale opzione è fruibile da enti sportivi e associazioni che sono in crisi a causa delle conseguenze della pandemia Covid 19. L’INPS con il Messaggio 884 del 23 febbraio 2022 ha reso note le indicazioni per poter beneficiare della sospensione dei termini per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Possono usufruire della sospensione dei termini gli enti di promozione sportiva, le federazioni sportive nazionali, le associazioni e società sportive dilettantistiche e professionistiche.

I passi per poter beneficiare della sospensione

La prima data da tenere in considerazione è quella del 28 febbraio 2022. Entro questa le associazioni e gli enti sportivi devono inviare il Flusso Uniemens regolarizzativo inserendo nella denuncia il codice calamità e l’importo dei contributi sospesi. Si tratta del codice 978.

In seguito a questo primo adempimento rilascia il codice di autorizzazione “7M” che indica l’ “Organismo sportivo interessato alla sospensione dei contributi a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. D.L. n. 9/2020, Art. 8, D.L. n. 18/2020, Art. 61 e Legge 30 dicembre 2020, n. 178 e Legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146”.

Per i committenti iscritti alla Gestione Separata INPS il codice calamità è invece 37.

Il messaggio sottolinea inoltre che entro il 31 marzo 2022 devono essere versati gli importi relativi ai contributi previdenziali e assistenziali per intero o, in caso di rateizzazione, è necessario provvedere al pagamento della prima rata.

Il pagamento avviene compilando all’interno della pagina INPS il modulo F24 con il codice tributo causale contributo DSOS e la matricola aziendale. Per gli iscritti alla Gestione Separata INPS, la causale tributo è invece CXX/C10

Bonus turismo, da oggi alle 12 l’invio della domanda: strutture verso la riqualificazione

È fissato per oggi, 28 febbraio 2022, il giorno di partenza delle domande per accaparrarsi i contributi a fondo perduto e i finanziamenti per le imprese operanti nel turismo. Dato l’interesse delle imprese del settore verso gli aiuti stanziati dal ministero del Turismo, potrebbe configurarsi una sorta di “click day“. Le domande verranno trattate, intatti, secondo l’ordine di arrivo. Si tratta di aiuti concessi per la ristrutturazione delle strutture ricettive la cui domanda potrà presentarsi, attraverso la specifica piattaforma messa a disposizione del ministero del Turismo, fino al 30 marzo 2022.

Contributi a fondo perduto aziende del turismo: quali sono le risorse disponibili?

In tutto, le risorse disponibili a favore delle imprese operanti nel terziario ammontano a 600 milioni di euro. I contributi a fondo perduto sono volti a riqualificare gli hotel e le altre strutture ricettive dopo il periodo di pandemia da Covid-19. L’obiettivo è dunque quello di adeguare il patrimonio immobiliare delle imprese operanti nel turismo verso le richieste di clienti sempre più esigenti.

Aiuti alle imprese del turismo, quali sono gli obiettivi fissati dal Pnrr?

Gli aiuti rientrano nell’ambito del decreto gestito dal ministero del Turismo in collaborazione con Invitalia. L’impiego dei fondi rientra negli obiettivi previsti dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) in merito alla sostenibilità, alla sicurezza e all’efficienza energetica.

Chi può beneficiare dei contributi a fondo perduto del turismo da oggi 28 febbraio 2022?

Ampio è il numero delle aziende operanti nel settore del turismo che possono richiedere i contributi per la riqualificazione delle strutture. Nell’ambito del progetto di ristrutturazione, sono ammesse a presentare le domande:

  • gli alberghi;
  • le strutture ricettive all’aria aperta;
  • gli agriturismi;
  • le aziende rientranti nel comparto ricreativo;
  • imprese fieristiche e congressuali;
  • gli stabilimenti balneari;
  • i complessi termali;
  • parchi tematici, compresi quelli faunistici e acquatici;
  • i porti turistici.

Quali formule di aiuti alle imprese del turismo sono previste per la domanda di oggi?

Nell’ambito della riqualificazione delle imprese operanti nel turismo, sono due le formule di aiuti previste:

  • si può ottenere un credito di imposta fino all’80% delle spese ammissibili. Il credito di imposta è anche cedibile a terzi, sia banche che altri intermediari finanziari;
  • il contributo a fondo perduto che può arrivare al 50% delle spese ammissibili. L’importo massimo è di 40 mila euro.

Quali sono i maggiori contributi per imprenditoria al femminile, per i giovani e le imprese del Sud Italia?

Sono previsti ulteriori aiuti che possono far arrivare il fondo perduto a 100 mila euro. In particolare, nel caso di spese legate alla digitalizzazione delle imprese, all’imprenditoria al femminile e per i giovani e per le imprese con sede nel Sud Italia. Inoltre, la quota del 40% delle risorse è destinata alle imprese aventi sede nelle regioni del Sud Italia, ovvero Campania, Sicilia, Puglia, Sardegna, Molise, Abruzzo, Calabria e Basilicata.

Quali sono le spese ammissibili per il credito di imposta e il contributo a fondo perduto del turismo?

Ampio è il ventaglio delle spese ammissibili per il credito di imposta e per i contributi a fondo perduto delle aziende operanti nel turismo. In linea con gli obiettivi del Pnrr, il ministero del Turismo ha tracciato l’elenco delle spese ammissibili rispettivamente:

  • per il miglioramento dell’efficienza energetica, con impiego della metà delle risorse stanziate;
  • la riqualificazione antisismica;
  • l’abbattimento delle barriere architettoniche;
  • le manutenzioni straordinarie;
  • interventi di risanamento conservativo e di restauro;
  • lavori di ristrutturazione edilizia;
  • installazione di prefabbricati e manufatti;
  • lavori per piscine termali per i relativi stabilimenti termali;
  • interventi a favore della digitalizzazione delle imprese;
  • acquisto di mobili.

Contributi a fondo perduto nel turismo e credito di imposta, come si presenta la domanda?

La presentazione delle domande per i contributi a fondo perduto delle imprese del turismo e dei crediti di imposta è possibile da oggi, 28 febbraio 2022. Come da decreto, il termine fissato per l’invio delle domande e della documentazione allegata è previsto a 30 giorni dall’apertura della piattaforma. Pertanto la domanda si può presentare entro il 30 marzo 2022. La piattaforma web dalla quale inoltrare l’istanza è presente sul portale web di Invitalia.

Domanda di contributi a fondo perduto e crediti di imposta aziende del turismo: cosa fare dopo l’invio dell’istanza?

La modulistica è presente sul sito (era possibile prendere visione della documentazione già da lunedì scorso 21 febbraio mediante modelli non ufficiali). Le domande verranno accolte ed esaminate secondo l’ordine di arrivo. Con la verifica di tutte le istanze presentate, il ministero provvederà, mediante decreto, a pubblicare la graduatoria delle domande pervenute.

ISEE minorenni: cos’è, quando si usa e come viene compilato

Per accedere ad alcune prestazioni assistenziali molti genitori scoprono che è necessario avere l’ISEE Minorenni. Di cosa si tratta e in cosa differisce dall’ISEE ordinario? Scopriamolo insieme.

Cos’è l’ISEE Minorenni e quando viene richiesto

L’ISEE Minorenni viene richiesto per prestazioni in favore di minorenni ad esempio per ottenere il Bonus Nido. Viene richiesto però in condizioni particolari, cioè nel caso in cui i genitori non siano coniugati e non siano conviventi. Ad esempio in caso di un figlio riconosciuto da entrambi i genitori che però abbiano deciso di non avere una vita in comune. Oppure in caso di genitori separati/ divorziati. Si tratta quindi di un bambino con due genitori che però appartengono a due nuclei familiari differenti e naturalmente il minore può essere incluso in solo nucleo di uno dei due. L’ISEE Minorenni in questi casi si richiede perché ovviamente la situazione economica del figlio non corrisponde a quella del suo unico nucleo familiare di cui è parte.

E’ bene ricordare che già ora è possibile richiedere il Bonus Nido, per conoscere la procedura, leggi l’articolo: Bonus Nido 2022: dal 24 febbraio si può presentare la domanda. Guida

In passato l’ISEE Minorenni era necessario per presentare anche l’istanza per il bonus bebè, ma ricordiamo che da marzo 2022 questa prestazione è stata inglobata nell’Assegno Unico.

Come determinare il nucleo familiare del minore

La prima cosa da chiarire è come viene calcolato l’ISEE minorenni. L’ISEE è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Il primo nodo da risolvere in presenza di genitori non conviventi è: in quale nucleo familiare iscrivere il minore? Generalmente viene iscritto in quello del genitore con cui convive o in cui è in affido condiviso con collocamento prevalente. Può però capitare che un minore non conviva con nessuno dei due genitori, in questi casi:

  • se si trova in affido pre-adottivo, entra nel nucleo affidatario;
  • se si trova collocato in comunità/ casa famiglia, fa nucleo a sé;
  • qualora sia in affido temporaneo a uno dei genitori, viene considerato parte del nucleo in cui è in affido temporaneo.

Fatta questa premessa vediamo come si realizza l’ISEE Minorenni. Ci sono diverse ipotesi da considerare.

Come si calcola l’ISEE Minorenni? Tutte le ipotesi

La prima è quella dei genitori non conviventi tra loro, il minore convive con uno dei genitori e quindi è parte di quel nucleo, ma l’altro genitore a sua volta non convive con nessuno, non è coniugato e non ha figli. Esempio classico il bambino vive con la madre, ma il padre che lo ha riconosciuto non convive e non è coniugato con altri, non ha figli con altre persone . Al verificarsi di questo caso l’ISEE del genitore viene attratto all’ISEE del nucleo del bambino.

In questo caso deve essere compilato il Quadro A dell’ISEE con relazione di parentela GNC (che sta per genitore non coniugato e non convivente). Nel caso in cui il genitore non convivente ha autonomamente presentato una dichiarazione ISEE basta indicare il protocollo di riferimento nella DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica).

Questa ipotesi non può però verificarsi nel caso in cui l’altro genitore risulti:

  • coniugato con soggetto diverso dall’altro genitore;
  • genitore di altri figli generati con persona diversa dall’altro genitore.

In questi primi due casi l’altro genitore viene considerato come componente aggiuntiva nell’ISEE minorenni.

Le altre due ipotesi sono :

  • genitore obbligato con provvedimento dell’autorità giudiziaria a versare nei confronti dei figli un assegno di mantenimento;
  • genitore escluso dalla responsabilità genitoriale oppure è stato allontanato dal nucleo familiare.

 Nel primo di questi due casi nell’ISEE Minorenni contribuisce l’assegno di mantenimento e quindi non sono attratti altri redditi del genitore non convivente. Nell’ultimo caso, siccome il genitore ha perso la responsabilità genitoriale, il suo reddito non viene considerato di fini di determinare l’ISEE minorenne.

Cessione crediti di imposta su bonus edilizi: quanto convengono dopo le modifiche?

Il mercato delle cessioni dei crediti di imposta e dello sconto in fattura può ripartire dopo lo stop delle scorse settimane, ma il rischio è quello dei maggiori costi a carico dei contribuenti. Il nuovo decreto legge numero 13 del 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio, infatti, rimescola ancora le regole sui trasferimenti dei crediti di imposta: le procedure, più complesse, possono riflettersi su quanto siano convenienti le operazioni di bonus e superbonus 110% in edilizia.

Come avverrà la cessione dei crediti di imposta sul bonus casa?

La cessione dei crediti di imposta sarà possibile per un numero massimo di tre trasferimenti. Due però dovranno essere effettuati coinvolgendo i soggetti controllati, ovvero le banche, le Poste Italiane, gli intermediari finanziari e le società bancarie. E per i professionisti che svolgono le asseverazioni pesano le nuove responsabilità con prevedibile scarico dei costi a carico dei contribuenti.

Cessione dei crediti di imposta, cosa cambia con il nuovo decreto sui bonus e superbonus edilizi?

Con il nuovo provvedimento si dà l’addio alle cessione illimitata dei crediti di imposta sui bonus e superbonus edilizi. I bonus sulla casa prevedono regole più stringenti sia sulla circolazione della “moneta fiscale” dei superbonus, che su altri bonus edilizi ordinari, come l’ecobonus del 50% o del 65%, il bonus ristrutturazione del 50% e il bonus facciate del 60%. Tutti i professionisti tecnici che rilasciano i visti e le asseverazioni sono obbligati all’assicurazione.

Bonus e superbonus edilizi, il peso dei costi di professionisti tecnici

Per l’utilizzo dell’opzione della cessione del credito di imposta o per lo sconto in fattura, è richiesta l’asseverazione di congruità dei prezzi. L’obbligo vale sia per il superbonus 110% che per gli altri bonus edilizi ordinari. Le novità introdotte dal decreto legge numero 13 del 2022 avranno un impatto anche sui contribuenti o cliente che decideranno di far fare interventi di ristrutturazioni. Con il rafforzamento delle pene legate ai reati dei professionisti tecnici incaricati di redigere la documentazione di asseverazione dei costi, (multa da 50 mila a 100 mila euro, reclusione dai 2 ai 5 anni in caso di dati falsi o di omissioni rilevanti), è facile che i costi per i contribuenti tendino a salire.

Detrazioni delle spese per bonus e superbonus solo entro i limiti massimi

Il rispetto della congruità dei costi va a colpire non solo il superbonus 110%, ma anche i bonus casa ordinari. L’ultimo provvedimento del governo ha stabilito che debbano utilizzarsi i nuovi prezzi massimi delle 34 tipologie di lavori in elenco, dalle caldaie alle finestre, dalle coibentazioni alle pompe di calore. Chi maggiormente rischia di vedersi penalizzato dalle ultime novità del decreto sono i contribuenti che facciano svolgere lavori con bonus ordinari che non rientrino nel superbonus 110%.

Esempio di costi dei bonus casa in caso di cessione dei crediti di imposta

Infatti, se un contribuente decide di avvalersi del bonus ristrutturazione al 50% per la sistemazione di una casa e del cambio delle finestre con l’ecobonus del 50% per una spesa totale di 75 mila euro, le detrazioni spettanti prima degli ultimi interventi legislativi erano di 37.500 euro. Il credito di imposta poteva essere ceduto a qualsiasi soggetto e la burocrazia era limitata. Con gli ultimi provvedimenti sono necessari il visto di conformità e l’asseverazione di congruità delle spese. E la cessione dei crediti di imposta, dopo il primo passaggio, può essere fatta solo verso soggetti in ambito controllato, ovvero le banche, le assicurazioni, le Poste Italiane e gli altri intermediari finanziari vigilati.

Cessione dei crediti di imposta, è necessaria l’assicurazione: in cosa consiste?

Inoltre, le ultime novità legislative hanno introdotto l’obbligo di assicurazione con massimale corrispondente ai costi di tutti i lavori attestati. Con un conseguente incremento dei costi. Se la detrazione fiscale, nell’esempio riportato, era di importo pari a 37.500 euro, con le novità i costi scendono. Perché la cessione verso le banche potrebbe far calare il vantaggio fiscale a circa 30 mila euro. Si tratta del costo applicato anche in precedenza, ma il credito poteva essere fatto circolare verso tutti i soggetti negoziandone il vantaggio. Ma a questa perdita di detrazione fiscale devono aggiungersi anche gli ulteriori costi dell’asseverazione di congruità e del visto di conformità dei costi. Questi ultimi costi sono detraibili, ma comportano un esborso iniziale.

Quali crediti di imposta potrebbero essere pagati di meno in caso di cessione?

Inoltre, non è da escludersi che nel nuovo mercato di circolazione della moneta fiscale, degli operatori possano decidere di applicare prezzi di acquisto dei crediti di imposta più al ribasso. Si potrebbe pensare, ad esempio, a un prezzo minore sui crediti di imposta che abbiano meno cessioni residue consentite o una durata più lunga. In più dovrà essere valutato, intervento su intervento, l’impatto del nuovo prezziario del ministero per la Transizione ecologica (Mite). Le 34 voci di costi sono da rispettare nei nuovi limiti massimo di costo.

Agenzia delle Entrate: controllo sui prelievi, ma anche sulle giacenze medie dei conti

I contribuenti italiani devono prestare attenzione ad una serie di aspetti che riguardano i controlli fiscali che l’Agenzia delle Entrate può avviare nei loro confronti. Ed è proprio il Fisco italiano a spiegare ai contribuenti quali sono le nuove armi che proprio le entrate hanno in mano per avviare questi controlli.

Tramite una approfondita circolare l’Agenzia delle Entrate illustra quali sono  le nuove modalità con le quali verranno controllati gli italiani. Infatti l’incrocio delle banche dati che adesso le Entrate hanno a disposizione, ampliano questi controlli. Ed i conti correnti degli italiani ormai possono essere quasi “vivisezionati” dal Fisco alla ricerca di movimenti sospetti o che presentano anomalie sospette, almeno secondo le Entrate.

E come è noto, di fronte ad anomalie più o meno giuste, secondo discutibili parametri utilizzati dal fisco italiano, le conseguenze per i contribuenti possono essere fastidiose.

Conti correnti setacciati dall’Agenzia delle Entrate, cosa controlla il Fisco italiano?

Grazie a banche dati sempre maggiori e sempre più approfondite, i conti correnti degli italiani ormai finiscono i una specie di “grande fratello”. I dati di questi conti correnti dei contribuenti entrano in una banca dati che, incrociata con le altre oggi presenti (anagrafe tributaria, Motorizzazione, banche, Comuni e così via), rendono la vita di chi è deputato al controllo, assai semplice nello scovare evasioni fiscali o presunte tali.

Il meccanismo con cui vengono fatti i controlli quindi, ormai è dotato delle armi più potenti e sofisticate. Ciò che è discutibile sono i parametri, o algoritmi, che l’Agenzia delle Entrate può utilizzare per considerare anomalo un qualcosa che riguarda il contribuente e che emerge dall’incrocio con queste banche dati.

La penetrazione dei dati dei contribuenti ormai è diventata profonda come mai prima d’ora. Soprattutto sui conti correnti ormai si guarda non solo ai soldi presenti in un determinato momento, ma a quelli prelevati, versati e perfino risparmiati. E non solo in un giorno dell’anno, ma in periodi a scelta del Fisco, anche lunghi.

Il Fisco deve incassare, il governo da carta bianca alle Entrate

La potenza delle armi in mano al Fisco per controllare i contribuenti è una decisione delle Istituzioni che così facendo chiedono di fatto allo stesso Fisco, di passare al setaccio i contribuenti per far emergere il sommerso. Lo Stato deve fare cassa e deve e la Guardia di Finanza potrà arrivare in profondità a controllare i  conti correnti e le carte di credito di chi finisce sotto al lente di ingrandimento dei controlli.

Sono i movimenti sui conti correnti e sulle carte di credito a finire sotto osservazione. Secondo la circolare delle  Entrate, il meccanismo si dividerà in due aree, una chiamata di analisi e l’altra chiamata di controllo. In base a precisi algoritmi i contribuenti su cui si accenderà la spia rossa del Fisco nostrano verranno divisi tra chi è stato attenzionato ma su cui oltre al monitoraggio, non scattano ancora i controlli, e chi invece finisce davvero dentro i controlli capillari e si trova vicino ad un vero e proprio accertamento.

Saldo e giacenza media, non solo per l’Isee sono importanti i due parametri

Saldo e giacenza media, sia delle carte di credito che delle carte di debito, sia dei libretti di risparmio che dei conti correnti. I dati importanti per l’Agenzia delle Entrate sono gli stessi dati con cui per esempio i contribuenti hanno a che fare quando devono produrre la documentazione utile ad ottenere l’Isee.

Non solo il saldo di un conto corrente quindi, è monitorato.  Anche i movimenti medi del conto corrente piuttosto che di un qualsiasi altro strumento finanziario e bancario possono essere pericolosi. Movimenti di un certo tipo sui conti correnti piuttosto che sulle carte di credito, vanno considerati con cura. Perchè se considerati sospetti, spingeranno gli organi di controllo a verificare altri dati, come possono essere i redditi di un contribuente, per esempio. Ma anche conti correnti e altri depositi per troppo tempo fermi, possono insospettire.

Tra nero, soldi di dubbia provenienza e operazioni sospette

Nello specifico quindi, un movimento troppo elevato rispetto ai redditi può essere sospetto. Così come l’assenza di movimenti su un conto corrente, portano allo stesso effetto. Il Fisco si insospettisce in entrambi i casi. Nel primo, se un contribuente dichiara pochi redditi rispetto ad un grande acquisto effettuato o ad una ingente movimentazione di danaro, per le Entrate potrebbe essere sinonimo di una anomalia da accertamento.

Lo stesso per un conto corrente immobile, che potrebbe insospettire il Fisco partendo dalla situazione opposta. Con il Fisco che arriva a chiedersi come fa un determinato contribuente ad andare avanti nella vita di tutti i giorni. Oltre al redditometro infatti c’è pure il risparmiometro. Tutto finisce sotto la lente di ingrandimento del Fisco italiano quindi. Con i comportamenti poco chiari che per i contribuenti possono essere pericolosi in entrambi i lati.

La potenza delle banche dati e dei controlli che il Fisco può adottare e la loro profondità sono davvero senza precedenti.  E sono talmente pesanti che prima di essere avviati è stato necessario il parere positivo del Garante della Privacy. Ok arrivato naturalmente, perché per lo Stato è troppo importante fare emergere il nero. Niente può essere considerato leggero da questo punti di vista. Dai prelievi ai versamenti.

Bonus Chef: proroga al 31 dicembre 2022 per il credito di imposta

Il Bonus Chef era previsto dalla legge di bilancio per il 2021 ma di fatto non ha mai trovato attuazione. Molto probabilmente proprio al fine di superare la fase di stallo di una misura caduta nel dimenticatoio, nella legge di conversione del decreto Milleproroghe è stato prorogato il termine per maturare il credito di imposta a cui dovrebbe dare diritto il Bonus Chef. Vediamo di cosa si tratta.

La storia del Bonus Chef

Il comma 117 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 prevedeva che in favore dei soggetti esercenti la professione di cuochi professionisti presso alberghi e ristoranti, sia come lavoratori dipendenti che autonomi (partita IVA con codice A.TE.CO 5.2.2.1.0) si riconosce un credito di imposta fino al 40% del costo sostenuto per l’acquisto di beni strumentali durevoli e per la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale sostenuti tra il primo gennaio 2021 e il 30 giugno 2021.

Il decreto attuativo di tale provvedimento del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro del Lavoro, avrebbe dovuto vedere la luce entro il 2 marzo 2021, ma di fatto non hanno mai provveduto, deludendo questa categoria di lavoratori particolarmente provata dalle conseguenze della crisi pandemica.

Al fine di non far cadere il Bonus chef,  l’articolo 18 quater della legge di conversione del DL 228 del 2021 (decreto Milleproroghe) ha sostituito la precedente data del 30 giugno 2021 con la data del 31 dicembre 2022. Questo implica che coloro che esercitano la professione di cuoco possono ancora oggi maturare il credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali durevoli e dei costi per i corsi di aggiornamento professionale.

Caratteristiche del credito d’imposta del Bonus Chef

Le spese che danno diritto a maturare il credito di imposta del Bonus Chef sono quelle inerenti l’acquisto di beni strumentali durevoli in classe energetica elevata per la conservazione, lavorazione, trasformazione e cottura dei prodotti alimentari, inoltre si possono acquistare strumenti professionali per il settore ristorazione. I corsi di aggiornamento devono naturalmente riguardare la professione.

Il Bonus Chef spetta per un limite di spesa massimo di 6.000 euro. Gli importi maturati potranno essere utilizzati in compensazione per il pagamento delle imposte mediante modello F24, è però escluso l’utilizzo per IRPEF e IRAP. Il credito di imposta può inoltre essere ceduto a banche, istituti di credito e altri intermediari finanziari.

Naturalmente siamo in attesa del decreto attuativo che ora dovrebbe essere una priorità dei ministeri coinvolti vista la proroga dei termini e quindi la volontà di confermare il Bonus Chef. Solo in seguito sarà possibile utilizzare i crediti maturati in compensazione delle imposte.

31 marzo tutte le tappe previste per uscire dalla pandemia

Il 31 marzo sarà una data importante per l’Italia. Per il prossimo mese è fissata la fine dello stato di emergenza, ma quali saranno le tappe?

31 marzo, la fine dello stato di emergenza

L’incubo dello stato di emergenza per il nostro Paese dovrebbe finire il 31 marzo 2022. Infatti per questa data il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha fatto sapere che non c’è l’intenzione di prolungare lo stato di emergenza. In questo periodo, grazie ai vaccini, la pandemia sta frenando e il governo sta via via aprendo tutte le attività. Lo scopo è quello di tornare ad una vita “normale“, se possibile.

Tuttavia sarà una progressiva apertura che vedrà una serie di step. Si comincia con il primo marzo che intessa principalmente il turismo e gli stadi. Secondo quanto firmato dal Ministro della Salute, Roberto Speranza, per l’ingresso sul territorio nazionale sarà sufficiente una delle condizioni del green pass. Tra queste il certificato di vaccinazione, il certificato di guarigione oppure un test negativo. Sempre dal primo marzo cambierà la capienza negli stadi e nei palazzetti che passerà al 75% e al 60%. Più spettatori per partite, spettacolo e manifestazioni.

10 marzo, la data interessa cinema ed ospedali

Il 10 marzo ci saranno maggiori aperture anche per cinema ed ospedali. Infatti nei cinema e negli stadi sarà possibile consumare snack e bevande. Si ritorna a mangiare e bere nelle sale teatrali, durante un concerto e al cinema ritornano i pop corn e le patitine, il classico cibo consumato. Ed ancora si potrà mangiare nei locali in cui vi è musica da vivo, negli eventi, durante partite o competizioni sportive.

Cambieranno le regole anche per gli ospedali. Infatti sarà possibile far visita ai propri familiari ricoverati in ospedale. La durata prevista è di 45 minuti al giorno. Si risponde così agli appelli di associazioni e cittadini che vogliono far visita al proprio caro. Soprattutto un sollievo per chi è costretto a stare in ospedale per un lungo tempo e può così avere un po’ di compagnia e vedere i propri cari. Almeno questo è quello previsto fino al 31 marzo, se la situazione legata al Covid-19 non dovesse peggiorare.

Cosa ci si aspetta dopo il 31 marzo?

La fine dello stato di emergenza non vuol dire che sia un “tutti liberi” senza un minimo di controllo o di attenzione. Infatti a partire dal primo aprile 2022 le scuole resteranno sempre aperte ed in presenza per tutti. Non ci sarà più quarantena da contatto ed in classe non sarà più obbligatorio indossare la mascherina Ffp2. Inoltre decade il sistema dei colori delle Regioni e decade anche l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto.

Il 15 giugno 2022 scadrà anche l’obbligo del green pass rafforzato sui luoghi di lavoro per gli over-50. Inoltre sempre per loro scadrà anche l’obbligo di vaccinazione. Per Pass rafforzato si intende soltanto, si legge sul sito del governo, “la certificazione verde per vaccinazione o guarigione. Il Green pass rafforzato non include, quindi, l’effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare”. Quella del 2022 potrebbe essere l’estate del ritorno alla normalità, senza più restrizioni significative, sempre che tutto vada secondo quanto previsto dai piani del Governo.

 

 

 

Ravvedimento operoso: come fare pace con il fisco in maniera low cost

Esiste uno strumento molto interessante per i contribuenti che hanno debiti di natura fiscale, tributaria e così via. Parliamo del ravvedimento operoso, strumento che vale davvero molto visto che permette a chi vuole mettersi in regola, di risparmiare diversi soldi di sanzioni, interessi e così via.

Del ravvedimento operoso, che consiste nella possibilità di regolarizzare la propria posizione debitoria fiscale dopo aver omesso un pagamento o dopo averne fatto uno ridotto, si parla sempre. Ma pochi sanno effettivamente come funziona. Ecco perché una guida è quello che serve per capire bene il funzionamento di questo strumento.

Ravvedimento operoso, la guida al risparmio

Ravvedimento deriva da ravvedersi e perciò è facile immaginare di cosa si tratti. Quando un contribuente si rende conto di aver omesso un pagamento o di aver sbagliato importo, prima che gli venga sollevata contestazione da parte dell’Ente Pubblico a cui l’imposta andava versata, può intervenire evitando guai peggiori.

Il ravvedimento operoso non è una novità in quanto è in funzione da anni. Fu il decreto legislativo n° 472 del 1997, precisamente il suo articolo n° 13 a inserirlo nel sistema. Principio cardine del ravvedimento operoso è la spontaneità del contribuente nel mettersi in regola. Quando da solo, il contribuente si mette in regola per un omesso, tardivo o insufficiente pagamento di una tassa o di un tributo, si materializza lo strumento del ravvedimento. E si pagano sanzioni ridotte se questo strumento viene utilizzato dal contribuente prima che venga avvisato di procedure di accertamento.

I vari tipi di ravvedimento, molto dipende dai tempi entro cui si utilizza

Detto che il ravvedimento operoso è strumento atto a poter regolarizzare, spontaneamente, i versamenti di imposte omessi, insufficienti o tardivi, pagando sanzioni ridotte, vanno indicati i balzelli in cui un contribuente può utilizzare lo strumento.

Il ravvedimento può essere sempre utilizzato, tranne nel caso in cui al contribuente sia già stato recapitata una notifica di atto di accertamento.  Ci sono diversi tipi di ravvedimento operoso con sanzioni o riduzioni di sanzioni e interessi che variano in base alla velocità con cui ci si ravvede rispetto alla scadenza del balzello evaso o pagato erroneamente.

Con il ravvedimento Sprint per esempio, si ha diritto all’applicazione di una sanzione ridotta pari allo 0,1% per ogni giorni di ritardo nel pagamento. Il ravvedimento sprint è quello che può essere utilizzato nei primi 14 giorni successivi alla data entro cui andava pagato il tributo. Evidente che sia la versione più vantaggiosa per i contribuenti dato che se si paga entro i primi 14 giorni, la sanzione massima è pari all’1,4% (0,1% per 14 giorni). Tra il 15imo ed il 30imo giorno si parla di ravvedimento breve, con la sanzione ridotta ma pari all’1.5%. Sale ad 1.67% la sanzione per il ravvedimento intermedio, che si adotta tra il 30imo e il 90imo giorno dalla scadenza. Peggio accade con il ravvedimento lungo, che arriva a sanzioni pari al 4,29% se il ravvedimento avviene dopo il 90imo giorno ed entro la data di scadenza dell’annualità successiva dello stesso balzello.

Quali sono i balzelli che possono essere dentro il ravvedimento

Il ravvedimento si può usare su tutte le imposte legate ad Irpef, Irs, Irap e Addizionali. Ma anche per l’Iva, il bollo auto, l’imposta di registro, le ritenute alla fonte del datore di lavoro, le imposte catastali ed ipotecarie. Per non parlare dei tributi locali, IMU, Tasi, Rifiuti e così via.  Sono davvero tante le tasse o le imposte che rientrano nel meccanismo del ravvedimento operoso. Con il ravvedimento operoso è naturale che deve essere il contribuente autonomamente a versare ciò che deve per mettersi in regola.

Le modalità di versamento sono le stesse delle tasse su cui si è materializzato l’omesso pagamento, il ritardato pagamento o l’erroneo versamento. Il versamento si fa tramite F24 per l’Irpef, l’Iva, le addizionali, le imposte sostitutive e l’Irap. Si utilizza il modello F24 Elide per versare le sanzioni del ravvedimento per le imposte sulla registrazione dei contratti di affitto. Stesso discorso per le imposte catastali e quelle ipotecarie. Con il modello F23 invece, si versano le risultanze del ravvedimento per tributi indiretti o imposta di registro.

Guerra in Ucraina, le ripercussioni sull’economia italiana

La Guerra in Ucraina segna la fine della pace in Europa. Ma le ripercussioni sull’economia italiana cominciano già a farsi sentire.

Guerra in Ucraina, non sono solo le bollette ad aumentare

La guerra in Ucraina, voluta dalla Russia, è un colpo al cuore nella pace dell’Europa. Qualcosa che cambierà per sempre la vita di quelle terre. Neanche il tempo di respirare per la curva di contagi che scende e di nuovo siamo tutti con il fiato sospeso. Eppure a pochi giorni dal conflitto le economie cominciano già ad accusarne i colpi. Anche per noi italiani le cose stanno cambiando. Non solo il Caro bollette, ma stanno aumentando anche i prezzi di  alcuni elementi di base come la grano e farina.

Per noi italiani la guerra in Ucraina tocca anche il carrello della spesa. Infatti stanno lievitando il prezzo di pane, farina, pasta e biscotti. Inoltre il costo del mais è aumentato del 3.5%, insieme a soia, cereali, e grano tenero. A temere  è anche il Made in Italy. Non solo dal punto di vista alimentare, ma anche per settori come moda, agricoltura, turismo, arredamento e settore farmaceutico.

Guerra in Ucraina, vediamo in dettaglio le ripercussioni per l’economia italiana

La Russia dichiarando guerra all’Ucraina ha scatenato l’indignazione di tutto l’Occidente. Ad esempio il mondo del calcio ha subito reagito spostando la finale di Champions League da San Pietroburgo (Russia) alla capitale Parigi (Francia). Anche il mercato delle auto sta frenando le vendite nei confronti della Russia. E in Europa, gli Stati, stanno lavorando per imporre delle tasse alla Nazione russa.

La paura più grande è che il Presidente Putin per ritorsione possa “chiudere i rubinetti” di gas, da cui siamo direttamente dipendenti. Nel frattempo però aumentano le materie prime per la panificazione, come la farina ed il grano. Il CAI- consorzi Agrari d’Italia lancia un allarme: “Occorre impegnarsi per evitare che questa crisi colpisca consumatori e agricoltori – dice l’amministratore delegato Gianluca Lelli – anche a causa di possibili manovre speculative”.

Gli altri settori economici in crisi

In Russia il Made in Italy è molto apprezzato. Tuttavia la guerra congela circa 27 miliardi di interscambio dell’Italia con Russia (21,7 miliardi) e Ucraina (5,4). Secondo quanto riportano i notiziari le imprese di Veneto, Marche ed Emilia Romagna, da sole, coprono il 34,9% del prodotto italiano in Russia. Anche la filiera farmaceutica potrebbe subire un duro contraccolpo. Il nostro Paese ha esportato in media nel 2020-2021 oltre 310 milioni di euro all’anno di prodotti farmaceutici verso Russia e Ucraina. 

Negli ultimi anni, pre- pandemia, il turismo russo verso l’Italia aveva subito un incremento. I russi amano il nostro Paese, anche per le temperature molto piacevoli. Ma arrivati qui la moda e gli accessori sono sempre stati acquistati, soprattutto quelli di marchi molto noti. Anche perché una delle date segnate in rosso sul calendario è alle porte: il 24 aprile cade la Pasqua ortodossa, che di solito genera in Italia 175 mila pernottamenti di turisti russi e quasi 20 milioni di euro di fatturato per le attività ricettive. Le ripercussioni nell’economia italiana ci saranno, speriamo solo di riuscire a superarle.

 

 

Pensioni: ecco a chi conviene farsi ricalcolare l’assegno

Mai una normativa deve andare contro l’interesse del pensionato. È ciò che una vecchia sentenza della Corte Costituzionale sancì. Per le pensioni, deve essere garantito sempre il trattamento più favorevole al pensionato. In osservanza della pronuncia degli ermellini della Consulta, l’Inps ha emanato un recente messaggio che apre alla possibilità per i pensionati, di sterilizzare alcuni periodi di contribuzione che “stranamente”, vanno a penalizzarlo come importi della pensione.

E presto lo stesso Istituto provvederà a emanare una circolare con la quale spiegherà agli interessati, come fare per eliminare questa contribuzione dannosa. In pratica, al pensionato si offre la possibilità di ricalcolo dell’assegno pensionistico.

Proprio di questo parla un eloquente guida del sito Tg24.Sky.it. Il ricalcolo della pensione può essere una soluzione importante. E può esserlo non solo per ciò che fa riferimento alla contribuzione da neutralizzare.

Le ultime notizie dell’Inps aprono al ricalcolo delle pensioni

La novità è che per i pensionati che hanno periodi di disoccupazione nei 5 anni precedenti la data di pensionamento, si aprono le porte ad un ricalcolo della pensione, più favorevole. Lo strumento è quello che viene definito neutralizzazione dei periodi di contribuzione dannosi.

L’Inps lo ha confermato tramite il messaggio n° 883 del 2022. Secondo l’Istituto, nello specifico e letteralmente, viene messo in evidenza il fatto che quando un soggetto ha già maturato i requisiti per la sua pensione, nel caso percepisca la Naspi durante gli ultimi 5 anni prima della quiescenza, a prescindere dalla durata della Naspi, il trattamento pensionistico non può essere penalizzato dalla Naspi stessa. In pratica, il pensionato deve avere diritto alla pensione in misura pari a quella spettante al netto dei contributi figurativi per la disoccupazione.

La quota retributiva della pensione deve essere liquidata con il trattamento più favorevole per il pensionato. In sostanza, se il periodo coperto da contribuzione figurativa delle ultime 260 settimane prima della decorrenza della pensione, risulta penalizzare la parte retributiva della pensione, se ne può fare a meno. Chiedendo all’Inps un ricalcolo della pensione e neutralizzando questi periodi.

Anche la Corte Costituzionale si era espressa in questo modo, sottolineando che se la pensione è già maturata, la contribuzione in più, se dannosa per gli importi, può essere esclusa dal calcolo. Pertanto, l’interessato deve chiedere all’Inps il ricalcolo, al netto della contribuzione figurativa da Naspi se questa non serve per maturare il diritto alla pensione.

Ricalcolare la propria pensione, quando conviene

Quello che ha detto l’Inps nel messaggio prima citato non fa altro che riportare alla mente alcune sfaccettature della normativa vigente che consente ad un pensionato di farsi ricalcolare la prestazione per alcune valide motivazioni.

Va ricordato che il ricalcolo può essere richiesto se dopo la decorrenza della pensione, sopraggiungono altri versamenti contributivi per esempio. Oppure se sono cambiate alcune condizioni che andavano ad incidere sul calcolo della prestazione.

Il ricalcolo può riguardare tanto le pensioni di vecchiaia che quelle anticipate. E possono essere ricalcolate sia le pensioni contributive che quelle retributive o miste.