Auto elettriche, problemi delle case costruttrici, degli operai e pure dei clienti

Il settore automobilistico anche in Italia è di fronte alla grande transizione energetica, quella che va verso le auto elettriche. Le questioni ambientali e quindi l’inquinamento impongono la necessità di ridurre le emissioni CO2. Situazioni che hanno spinto le autorità a indirizzare il settore automobilistico verso la mobilità elettrica. Dalle auto endotermiche cioè dalle auto a combustione diesel e benzina, si passa alle auto a batteria, quelle alimentate con il motore elettrico.

Decisioni prese a livello istituzionale

Le autorità hanno imposto la conversione, e le case automobilistiche hanno subito recepito il messaggio adeguandosi al diktat e alle normative vigenti. Il progetto dice che nello stretto giro di un decennio, si dovrebbe passare ad auto elettriche per la gran parte. In Italia però viviamo in una situazione di precariato per almeno due motivi fondamentali. Come vedremo appare difficile che la transizione elettrica possa trovare il giusto equilibrio in un tempo così breve visto che pare che tra il 2030 ed il 2035 tutte le auto in circolazione dovrebbero essere green.

Alcuni evidenti problemi delle auto elettriche e del modo di produrle

Come previsto dalle autorità competenti quindi, le auto ad impatto zero sono il futuro. E le case costruttrici, pur storcendo il naso e lamentandosi, si devono adeguare. Produrre auto a trazione elettrica rispetto a quelle a trazione endotermica e quindi a benzina o gasolio, non è certo una cosa di facile attuazione. Il primo impatto sarà a livello organizzativo da parte delle case costruttrici. Ed in Italia vive una delle realtà imprenditoriali più grandi, italiane e mondial, del settore automobilistico. Parliamo naturalmente di Stellantis, il colosso dell’Automotive nato dalla fusione tra i francesi di PSA e gli italiani di FCA.

Il taglio occupazionale all’orizzonte

Stellantis per voce dei suoi vertici, ha già sottolineato le sue perplessità in materia. Le auto a trazione endotermica vengono prodotte con un utilizzo di manodopera ben superiore a quello di cui ci sarà bisogno per le auto elettriche. Il rischio concreto è di un taglio occupazionale piuttosto importante, che mette a rischio la stabilità finanziaria ed economica di una buona parte del tessuto sociale Italiano. Ed i sindacati si sono già fatti sentire al solo accenno di questo rischio.

Le auto elettriche costano di più perché costa di più produrle

Inoltre sempre dal punto di vista delle fabbriche, per gli industriali, è evidente il fatto che costruire auto elettriche sia più dispendioso a livello economico rispetto a costruirne una a benzina gasolio. Infatti proprio di questo che lamentano le società, compresa Stellantis. Servono aiuti dal Governo, ben oltre il semplice incentivo per favorire il mercato delle auto a zero emissioni. Detto ciò, è evidente che le problematiche sono tante e di non facile disbrigo.

Anche il mercato rischia di non assecondare le voglie delle autorità

Detto delle evidenti problematiche di chi le macchine le costruisce, dagli operai agli industriali, è evidente che in Italia si manifestano anche problematiche relative agli utenti finali. Una vera e propria transizione elettrica infatti non si nota girando per le strade in numerosi paesi o città. Infatti sono rari i punti di ricarica per le auto elettriche anche oggi che le auto, se non propriamente full elettric, ma ibride, sono davvero tante in giro. Un problema questo di non poco conto visto che tutto parte dallo spingere gli utenti finali e cioè gli automobilisti, a sostituire le vecchie macchine a combustione con quelle di nuova generazione quindi elettriche.

Auto elettriche costose e gli incentivi spesso sono insufficienti

Senza considerare poi che gli incentivi per l’acquisto, con conseguente rottamazione di auto a combustione, sembrano insufficienti a spingere il mercato nella direzione che le autorità vorrebbero. Il costo delle auto elettriche è ancora oggi troppo elevato. E ci sono seri dubbi sulla percorrenza in termini di chilometri che una auto elettrica può fare rispetto alle auto attuali. In altri termini tutto ancora in alto mare, nonostante la transizione elettrica sia alla base dell’operato delle autorità. Nel frattempo anche Stellantis in Italia ha operato in questa direzione, prevedendo un boom di opere elettrica al posto delle auto endotermiche vi dico già dal 2030. Ma il futuro non sembra roseo.

Fatturazione elettronica e sanzioni pos, cosa cambia tra oggi e domani?

Fatturazione elettronica e sanzioni pos, sono due degli argomenti caldi di questi giorni. Ecco tutte le novità previste per oggi e domani.

Fatturazione elettronica e sanzioni pos per i commercianti

A partire da oggi, 30 giugno 2022 scatteranno le sanzioni nei confronti degli esercenti attività di impresa, arti e professioni, che non accettano pagamenti con carte elettroniche: lo prevede l’art. 18, comma 1, del decreto “PNRR 2” (D.L. 30 aprile 2022, n. 36), che modifica l’art. 15, comma 4-bis, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. La disposizione viene confermata anche nella versione definitiva del decreto, a seguito della conversione in legge, approvata ieri dall’Aula della Camera.

L’applicazione effettiva partirà quindi dal 30 giugno 2022, non più dal 1° gennaio 2023, come aveva, invece, stabilito il primo decreto “PNRR” (art. 19-ter, D.L. 6 novembre 2021, n. 152). Per i trasgressori, a prescindere dall’importo dell’operazione, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, composta:

  1. da una parte fissa di 30 euro;
  2. e da una parte variabile, pari al 4 per cento del valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento tramite POS.

Attenzione perché la legge non è un obbligo pos, ma vanno bene qualsiasi strumento che permette il pagamento in via telematica e con carte di credito.

Fatturazione elettronica e sanzioni pos, per i forfettari

Da domani, 1° luglio 2022, scatta l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfetari con ricavi o compensi superiori a 25.000 euro. A prevedere l’obbligo è stato l’art. 18 del decreto “PNRR2” (D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito in legge 29 giugno 2022 n. 79 , pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di ieri), che intervenendo in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati.

L’obbligo è in merito ai soggetti che ricadono nei cd. regimi minimi (regime di vantaggio e regime forfetario), nonché per coloro che hanno esercitato l’opzione di cui agli artt.1 e 2 della legge n. 398/1991, ha stabilito che tali contribuenti sono tenuti all’obbligo di fatturazione elettronica da luglio, qualora i ricavi/compensi dell’anno precedente, ragguagliati ad anno, siano risultati superiori a euro 25.000.

Fatturazione elettronica, alcune precisazioni

In merito alla fatturazione elettronica si precisa quanto segue:

  1. qualora, nell’anno precedente i compensi/ricavi siano stati inferiori a euro 25.000, non vi sarà l’obbligo di utilizzo della fattura elettronica. Infatti, l’obbligo, per i ricavi/compensi inferiori nell’anno precedente a euro 25.000 scatterà unicamente dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2024;
  2. l’obbligo di utilizzo della fattura elettronica per i cd. soggetti minori scatta dalle operazioni effettuate dal 1° luglio 2022, per i soggetti che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a euro 25.000. Dal contenuto letterale della disposizione normativa citata si evince che si debba fare riferimento ai compensi/ricavi dell’anno precedente, anche ragguagliati ad anno (quindi, in caso di inizio attività nel corso del 2021, il limite di compensi andrà “scomposto” per il periodo di riferimento, al fine di verificare il superamento della soglia), quindi, non considerando l’anno in corso in cui è iniziata l’attività. Sul punto si auspica una conferma ministeriale;
  3. a seguito del nuovo obbligo di utilizzo della fattura elettronica, i soggetti minori, saranno tenuti anche:
    • alla ricezione in formato elettronico delle fatture passive emesse dai propri fornitori;
    • alla conservazione elettronica delle fatture;
    • all’assolvimento elettronico dell’imposta di bollo.

Bonus per sostituire il condizionatore o installarlo ex-novo: come fare?

Sono tre le tipologie di bonus che agevolano la spesa per l’acquisto di un condizionatore in un immobile che non ne aveva già uno o per sostituire quello precedente. Si tratta del bonus casa (o ristrutturazioni), dell’ecobonus e del super ecobonus. Con il sistema a pompa di calore, inoltre, si può beneficiare di una detrazione fiscale pari al 50%. Vediamo nel dettaglio quali sono le strade percorribili.

Sostituire il condizionatore con il bonus casa: come fare?

In primis, è necessario considerare che si può ottenere il bonus del 50% di detrazione fiscale, da fruire per 10 anni, installando un nuovo condizionatore per l’estate solo se vi è la pompa di calore. In questo modo, è possibile l’installazione di un sistema che non sia necessariamente ad alta efficienza. La detrazione del 50% è prevista dal bonus casa (o bonus ristrutturazione) per una spesa limite di 96 mila euro. Dunque, il tetto di detrazione ammissibile è pari a 48 mila euro. Per questa tipologia di installazione non è occorrente sostituire il vecchio sistema invernale. La tipologia di immobile sulla quale si può fare l’installazione è l’unità immobiliare residenziale.

Ecobonus per la sostituzione del climatizzatore: detrazione fiscale del 65% fino a 30 mila euro

In alternativa, si può fruire della detrazione prevista dall’ecobonus per sostituire o installare il condizionatore. In questo caso, la detrazione fiscale è pari al 65% della spesa sostenuta per un tetto di detrazione fiscale pari a 30 mila euro. La sostituzione può essere sia totale che parziale e riguarda i sistemi di climatizzazione invernale dotati di pompa di calore ad alta efficienza. L’alta efficienza si concretizza nell’indice di efficienza energetica EER, calcolato come coefficiente Cop/Gue. I valori da rispettare sono indicati nell’allegato F del decreto del ministero per lo Sviluppo Economico del 6 agosto 2020. Se l’intervento è cominciato dopo il 6 ottobre 2020, è necessario far riferimento alla guida dell’Enea del 25 gennaio 2021.

Bonus casa o ecobonus, quale per sostituire il climatizzatore?

La scelta del bonus casa o dell’ecobonus per la sostituzione del climatizzatore può dipendere anche dal fatto che la detrazione fiscale del 50% del primo si può applicare anche nel caso in cui non si intenda sostituire il vecchio impianto di climatizzazione invernale. Nel caso dell’ecobonus, invece, per fruire della detrazione fiscale del 65% è occorrente procedere con la sostituzione per lo meno parziale.

Super ecobonus con detrazione fiscale del 110%, quando si può usare?

Infine, è possibile dotarsi di un climatizzatore anche grazie al super ecobonus, con detrazione fiscale prevista del 110%. I lavori devono essere iniziati a partire dal 1° luglio 2020 e avere una scadenza diversificata che dipende dal soggetto beneficiario. Inoltre, la sostituzione del climatizzatore può rientrare tra i lavori trainanti o trainati. In genere questo tipo di intervento è ammissibile solo sulle unità residenziali.

 

Sale lo stipendio dei metalmeccanici a giugno. La novità che riguarda uno dei settori lavorativi più diffusi in Italia è stata confermata da un accordo firmato dai sindacati con Federmeccanica. E ci sarà chi riuscirà a prendere una cifra vicino alle 500 euro in più in busta paga per il mese di giugno.

Salario metalmeccanici in aumento a giugno

Come spiegano bene sul sito informazionioggi.it, a giugno ci saranno fino a 485 euro di aumenti in busta paga per i lavoratori del settore metalmeccanico. Tutto parte dal principio di equità di trattamento tra i lavoratori. E l’impatto sulla busta paga di giugno sarà importante. A dire il vero questa non è una novità assoluta dal momento che gli aumenti salariali sono già stati decisi da un summit precedente, sempre tra industriali e sindacati. Ciò che cambia adesso però sono alcune voci molto importanti per salario dei lavoratori metalmeccanici. Infatti aumenta l’indennità di reperibilità oltre che l’indennità di trasferta. Per la prima aumenta sia quella su base giornaliera che è quella su base mensile. Si tratta di due delle voci principali che compongono la busta paga dei lavoratori metalmeccanici e chi è dentro questo settore lo sa bene.

Elemento perequativo, cos’è e perchè è importante

Quello che incide è l’elemento perequativo, che riguarda tutti i lavoratori del settore metalmeccanico che fanno riferimento al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), quando è privo della contrattazione di secondo livello. Un aumento che finirà nelle tasche dei lavoratori a cui non sono stati concessi gli importi aggiuntivi maggiorati rispetto ai trattamenti minimi fissati sempre dal CCNL. La cifra prima citata di 485 euro sarà quella massima erogabile in più nella busta paga di giugno. Ma sarà una cifra variabile, commisurata alla durata del rapporto di lavoro dell’anno precedente. E questi aumenti salariali finiranno nella busta paga di giugno che i lavoratori dipendenti del settore, In genere incassano nel mese di luglio.

Anche per gli interinali equo trattamento come per tutti gli altri lavoratori metalmeccanici

Ultimo chiarimento riguarda i lavoratori con contratti interinali cioè i cosiddetti somministrati. Si tratta dei lavoratori provenienti dalle agenzie di lavoro interinale. Questi lavoratori prenderanno adesso un incremento di salario per via di questo accordo con tanto di decisione presa. In pratica, ecco la parità di trattamento rispetto agli altri lavoratori metalmeccanici. Quindi aumenti anche per loro. La fumata bianca sull’intesa era una delle cose che principalmente i lavoratori attendevano.

Buoni fruttiferi postali: in arrivo rialzo dei tassi di interesse?

Stai pensando di sottoscrivere buoni fruttiferi postali? In questo caso ti conviene aspettare perché presto potrebbe esservi un aumento dei tassi di interesse e quindi rendimenti più alti.

Cassa Depositi e Prestiti aumenterà i tassi di interesse sui buoni fruttiferi postali?

Chi in questi anni ha scelto investimenti a basso rischio o senza rischi, sa bene che gli stessi hanno purtroppo dato dei rendimenti inesistenti. Questo è dovuto al basso costo del denaro determinato dalla politica monetaria europea. Ora però le cose stanno per cambiare e nei prossimi mesi dovrebbero esserci gustose novità per chi ha dei risparmi e vuole investirli senza rischi e quindi preferisce conti depositi e buoni fruttiferi postali. Proprio per questo secondo strumento molto amato dagli italiani sarebbero infatti in arrivo novità.

Attualmente il rendimento dei buoni fruttiferi postali è sotto l’1%, se a ciò si aggiunge che i rendimenti hanno una tassazione del 12,50% e che per depositi superiori a 5.000 euro si applica l’imposta di bollo, diventa davvero molto difficile fare affidamento su questi strumenti. Secondo però le indiscrezioni trapelate sembra che Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti stiano studiano un aumento del tasso di interesse dell’1% o addirittura qualcosa i più. Molto probabile che si procederà a modulare i tassi in base al periodo di detenzione. Sebbene si tratti di tassi molto lontani da quelli degli anni Ottanta, comunque è un cambio di tendenza rispetto agli anni trascorsi che hanno visto un forte disincentivo agli investimenti a basso rischio.

La politica monetaria europea è rialzo dei tassi di interesse dei buoni fruttiferi postali

L’aumento del costo del denaro va nella direzione della normalizzazione della politica monetaria attuata dalla BCE, questa ha annunciato un aumento del costo di 0,25% a luglio, attualmente il costo del denaro è a -50%. A settembre ci sarà un nuovo aumento il cui ammontare sarà determinato dal modo in cui i mercati reagiscono tenendo in considerazione anche l’inflazione.

Il cambio della politica monetaria europea annunciata, prevede lo stop anche al quantitative easing, cioè acquisto del debito pubblico dei Paesi Membri, si è sentito finora maggiormente sui tassi di interesse praticati sui mutui.

Leggi anche Mutuo: cosa scegliere tra tasso fisso e variabile dopo le decisioni della BCE?

Si sente invece a rilento negli investimenti dei piccoli risparmiatori. La manovra di CDP che dovrebbe nel giro di pochi giorni aumentare i tassi di interesse sui buoni fruttiferi Postali, potrebbe segnare il cambio di tendenza.

Ricordiamo che per ora non vi è nulla di certo, solo indiscrezioni che però sembrano essere molto affidabili.

Come funziona un visualizzatore di fatture elettroniche

I file XML o p7m, che sono associati ad una fattura elettronica, si possono convertire per la visualizzazione in formato PDF? La risposta è affermativa a patto di utilizzare un apposito software di visualizzazione delle fatture elettroniche.

Vediamo allora, nel dettaglio, come fare e, quindi, come funziona un visualizzatore di fatture elettroniche. Ed anche quali sono le limitazioni imposte dallo standard XML per la generazione delle fatture elettroniche.

Cos’è un visualizzatore di fatture elettroniche e come funziona

Su cos’è un visualizzatore di fatture elettroniche possiamo dire, per semplificare al massimo, che trattasi di una funzione che è offerta dai migliori software in commercio. Quelli che permettono, grazie al collegamento con il Sistema di Interscambio (SdI) dell’Agenzia delle Entrate, di poter gestire tutto il ciclo completo della fatturazione elettronica ai sensi di legge e nel rispetto di tutte le norme vigenti. Visto che per la maggioranza delle partite IVA non è più possibile l’emissione di fatture in formato cartaceo.

Il visualizzatore permette di aprire le fatture in formato XML e di visualizzarle in formato PDF. Ma attenzione al fatto che una fattura, originariamente in formato PDF, non si può convertire nel formato XML al fine di poter produrre delle fatture elettroniche.

Dal formato XML al PDF per la fatturazione elettronica grazie al convertitore

Il visualizzatore di fatture elettroniche è noto anche come convertitore proprio perché si passa dalla fattura elettronica in formato XML alla conversione in formato PDF che è il tipo di file più utilizzato per la visualizzazione dei documenti.

Di contro, l’XML è utilizzato nel ciclo della fatturazione elettronica in quanto si tratta di un formato che è leggero e che, quindi, è facilmente gestibile anche per il Sistema di Interscambio (SdI) che è gestito dall’Agenzia delle Entrate. Dalla fattura in PDF non è possibile passare a quella XML in quanto il formato XML contiene con il tracciato molti più dati. Rispetto ad una comune fattura in formato PDF.

Obbligo di fattura elettronica pure per i forfettari sopra i 25.000 euro dall’1 luglio del 2022

Ricordiamo infine che quello della fatturazione elettronica è un obbligo che riguarda la stragrande maggioranza dei titolari di partita IVA, come sopra accennato. Inoltre da domani, 1 luglio del 2022, l’obbligo della fatturazione elettronica scatta pure per i contribuenti in regime forfettario con una soglia dei ricavi o dei compensi al di sopra della soglia dei 25.000 euro.

Superbonus 110%: si può ottenere anche per immobili con uso promiscuo?

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 23/E 2022 fornisce chiarimenti su molti dubbi interpretativi della materia, tra questi vi è il caso in cui un immobile sia utilizzato in modo promiscuo anche per esercizio di attività di impresa oppure quando la categoria catastale non coincide con l’effettivo uso dell’immobile. Ecco come sono regolamentati questi casi.

Interventi agevolabili su immobili ad uso promiscuo

L’articolo 9 lettera B dell’articolo 119 del decreto Rilancio ( decreto Legge 34/2020) prevede che siano agevolabili gli interventi di efficientamento energetico effettuati «dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su unità immobiliari, salvo quanto previsto al comma 10» In una precedente circolare, cioè la 24/E del 2020 l’Agenzia ha chiarito che la locuzione “al di fuori dell’esercizio di attività di impresa arti e professioni” implica che non siano agevolabili gli interventi su beni che possono essere considerati strumentali all’esercizio dell’attività di impresa come individuati dall’articolo 65 e 54 comma 2 del Tuir.

Diventa però essenziale verificare la strumentalità avendo come punto di riferimento la destinazione e l’effettiva utilizzazione dell’immobile indipendentemente dal rapporto giuridico che lega l’utilizzatore (proprietario, detentore, possessore all’immobile).

Di conseguenza risultano sicuramente esclusi dai benefici del Superbonus 110% gli immobili delle categorie catastali:

  • A/10: uffici e studi privati;
  • B: funzioni pubbliche;
  • C: funzioni commerciali e pertinenze;
  • D: funzioni industriali e commerciali speciali;
  • E: funzioni di interesse collettivo.

Sono altresì esclusi dal beneficio del Superbonus 110% gli interventi su immobili strumentali per destinazione, ad esempio un’abitazione in categoria catastale A/2 adibita a studio professionale comunque non può fruire delle detrazioni previste per il bonus 110%.

Sorgono però dubbi quando gli immobili sono ad uso promiscuo, ad esempio nel caso in cui all’interno di un’abitazione che potrebbe fruire delle detrazioni è presente anche una stanza utilizzata come studio professionale. Con lo sviluppo dello smart working questa ipotesi non è per niente residuale, anzi costituisce una fattispecie molto comune.

Si può ottenere il Superbonus 110% per interventi su immobili ad uso promiscuo?

L’Agenzia delle Entrate in questo caso ribadisce che se l’immobile è utilizzato in modo promiscuo la detrazione spetta al 50%, come previsto dall’articolo 16 bis del Tuir che per estensione si applica anche a Superbonus, Sismabonus ed Ecobonus. L’Agenzia sottolinea che questa norma si applica anche in caso di Bed and Breakfast.

La riduzione al 50% non viene invece applicata nel caso in cui l’abitazione sia usata in modo promiscuo da imprenditore che svolge attività tipicamente in “cantieri” ad esempio l’imprenditore edile o imbianchino che fissa la sede amministrativa della propria attività presso l’abitazione, infatti si tratta soprattutto di una soluzione logistica e non di un vero uso promiscuo. In questo caso non vi è riduzione al 50% e si può usufruire delle detrazioni anche con cessione del credito o sconto in fattura al 100%

Leggi anche: Sei un professionista del Superbonus 110% Scarica l’ultima circolare AdE

No proroga al Superbonus, si lavora ad un emendamento

No proroga al Superbonus sembra la strada presa dal Governo. Ma a questo punto come cambierà il bonus? Ecco alcune ipotesi

No proroga al Superbonus, il Governo non stanzierà nuovi fondi

Nessuna proroga al Superbonus. Sembra questa la strada intrapresa dal Governo che non vuole stanziare altri soldi per questo contributo. Questa sempre essere la scelta, ma ancora il confronto con le forze politiche è aperto. Tuttavia per immettere liquidità per i cantieri già in uso, sembra ci sia uno spiraglio.

Si tratta delle possibilità di effettuare la cessione del credito anche ad altri soggetti diversi dalle banche. Del resto anche l’Abi aveva chiesto nei giorni scorsi, maggiori controlli sulle cessioni dei crediti alle banche. Una maggiore prudenza che associata alla mancanza di fondi e alla bocciatura della Corte dei conti, sembrano cessare la fine del superbonus in Italia. Oppure aprire scenari diversi a meccanismi nuovi che possano accontentare tutti.

No proroga al Superbonus, in arrivo un nuovo emendamento?

Il no dell’esecutivo a mettere nuove risorse in campo è forte e chiaro. Tuttavia i rappresentanti dei gruppi parlamenti chiedono più tempo per le villette e anche per le case popolari. Ma sulla questione il ministro dell’economia, Daniele Franco, sembra fermo sulla sua posizione.

A questo punto si cerca un nuovo emendamento che contenga le nuove proposte. il vicepresidente del Movimento 5 Stelle alla Camera, Luca Sut, annuncia di essere pronto a valutare insieme “alle imprese edili e al settore bancario” il testo dell’emendamento, non appena arrivi in Parlamento. Sarà poi il Presidente della camere a valutarne l’ammissibilità. Tuttavia le richieste di modifica sembrano essere tutte rivolte alla cessione del credito non più solo alle banche, ma anche ad altri soggetti, ad esclusione delle persone fisiche.

Cosa ne pensano gli operatori del settore?

In allarme le imprese del settore edile che devono fare i conti con questa nuova realtà. La Confederazione nazionale dell’artigiano e della piccola e media impresa ha chiesto un incontro con il ministro Franco.  Sua la seguente dichiarazione: “Decine di migliaia di imprese della filiera delle costruzioni che non riescono a cedere i crediti d’imposta legati ai bonus per la riqualificazione degli immobili a causa del congelamento del mercato” è l’allarme lanciato ancora una volta e che è stato “ascoltato con attenzione” dal governo.

E si perché le imprese non solo non riescono a rientrare dei loro crediti, ma in questo momento devono fare anche i conti con il caro delle materie prime. Si rischia un vero e proprio disastro e di troppe imprese costrette a chiudere i battenti. Una risposta deve essere trovata subito, altrimenti molti padri di famiglie perderanno il lavoro e molte famiglie si troveranno in gravi difficoltà economiche.

 

Presentazione Assegno unico, domani 30 giugno la scadenza

Presentazione assegno unico, domani 30 giugno è il giorno della scadenza. Se non si rispetta tale data c’è rischio di perdere gli arretrati.

Presentazione assegno unico, pericolo di perdita degli arretrati

L’assegno unico è la grande novità del 2022. L’assegno per le famiglie che hanno figli a carico è molto ben voluto dagli italiani riscuotendo anche tanto successo nelle istanze già presentate. Tuttavia manca solo un giorno, poi domani 30 giugno, si perderà il diritto di ricevere gli arretrati per l’assegno unico. Dunque tutte le famiglie che ancora non l’hanno fatto devono sbrigarsi a farlo.

Infatti solo presentando la domanda all’Inps entro il 30 giugno 2022, le famigli con figli possono avere il diritto alle mensilità non godute. In altre parole avere anche le mensilità di marzo, aprile e maggio e giugno. Si considera come mese iniziale quello di marzo, perché è il momento in cui è entrato in vigore il nuovo contributo per le famiglie.

Cosa succedere per le domande presentate a luglio

Le domande per l’assegno unico possono anche essere presentate successivamente il 30 giugno. Ad esempio già dal primo luglio 2022. Ma in tal caso si rinuncia a tutti gli arretrati. Non solo, l’assegno verrà accreditato solo dal mese successivo la presentazione, agosto per internderci.

Utilizzando le stesse parole dell’Istituto nazionale di previdenza sociale:  “chi non ha ancora presentato la domanda per l’assegno unico e universale ha tempo fino al 30 giugno per ottenere anche il riconoscimento delle mensilità arretrate spettanti a decorrere da marzo. Dopo il 30 giugno l’assegno decorrerà dal mese successivo a quello di presentazione della domanda senza più diritto agli assegni arretrati. Presentando domanda a luglio, quindi, l’assegno che spetterà dal mese di luglio sarà pagato ad agosto”.

Presentazione assegno unico, ultime raccomandazioni

Sul sito dell’Inps è anche presente un simulatore per calcolare l’importo spettante. Inserendo i dati dei figli a carico e il valore dell’Isee è molto semplice conoscere l’importo spettante al richiedente. Per richiederlo è possibile farlo accedendo direttamente al sito web inps oppure attraverso caf e padronati.

Si ricorda infine che il valore dell’assegno oscilla tra un massimo di 175 euro per ciascun figlio minore per coloro che hanno un Isee fino a 15 mila euro, ed un minimo di 50 euro. Il minimo spetta a tutte le famiglie che non hanno presentato Isee o che il suo valore è pari o superiore a 40 mila euro.

Quindi per chi non lo avesse ancora fatto, non c’è tempo da perdere. Domani è già il 30 giugno. Quindi se non si vogliono perdere gli arretrati la domanda va presentata subito.

 

Imprese turistiche, arriva il credito di imposta del 50% sul saldo Imu

In arrivo per le imprese operanti nel settore del turismo e ricettive il credito di imposta corrispondente al 50% del saldo dell’Imu del 2021. Si tratta di una misura di sostegno alle imprese del settore che ha già incassato l’autorizzazione della Commissione europea ma che prevede rigidi requisiti. Primo tra tutti, che il proprietario dell’immobile utilizzato per l’attività turistica e oggetto di imposta Imu sia lo stesso che gestisce l’attività stessa.

Credito di imposta del 50% sull’Imu: quali imprese del turismo possono richiederlo?

Sul credito di imposta delle imprese del turismo e ricettive si è espressa favorevolmente la Commissione europea con l’autorizzazione numero C (2022) 4363 final dello scorso 21 giugno. L’incentivo a favore delle imprese del settore consiste nel credito di imposta del 50% sull’Imu pagata a saldo per l’anno di imposta 2021. Le imprese che possono richiedere il credito di imposta sono quelle operanti nel settore del turismo, nella ricezione all’aria aperta, le aziende operanti nelle fiere e nei congressi, i parchi a tema e le terme.

Quali sono i requisiti delle imprese turistiche per richiedere il credito di imposta sull’Imu versata?

La richiesta del credito di imposta sull’Imu è condizionata a specifici requisiti che le imprese turistiche devono possedere. In particolare:

  • deve trattarsi di immobili compresi nella categoria catastale D2;
  • negli immobili per i quali si fa richiesta di credito di imposta deve essere svolta l’attività turistica;
  • deve essersi verificato un calo del fatturato. In particolare, il calo deve essere determinato dai corrispettivi o dal fatturato dei mesi da luglio a dicembre del 2021 rispetto allo stesso semestre del 2019;
  • deve sussistere la coincidenza tra chi è proprietario dell’immobile e chi svolge e gestisce l’attività turistica. Pertanto, il proprietario dell’immobile deve essere anche il gestore diretto dell’attività economica.

Credito di imposta settore turistico, può essere richiesto da una società di capitali?

In merito all’ultimo punto dei requisiti precedentemente illustrati, è da ritenersi prudentemente che una società di capitali, proprietaria di un immobile di categoria catastale D2 sulla quale venga svolta un’attività di tipo turistico, possa essere ammessa al credito di imposta. Naturalmente, deve essersi verificato il calo di fatturato del secondo semestre del 2021 rispetto al 2019. L’inclusione al beneficio sussiste anche a prescindere dalle attività che i soci della società svolgano personalmente. Non è così, invece, per il socio proprietario privato dell’immobile sul quale venga svolta l’attività turistica della società di capitali. In tal caso, si ritiene che il credito di imposta non possa essere fruito dalla società e nemmeno dal socio.

Società di persone, possono richiedere il credito di imposta per le attività turistiche?

L’ultimo caso precedentemente descritto porterebbe, in ogni modo, a includere nella possibilità di richiedere il credito di imposta per il proprietario dell’immobile e socio di una società di persone. Verificandosi gli altri requisiti di richiesta del sostegno per l’attività turistica, e mancando nella società di persone la personalità giuridica, si ritiene che il bonus possa essere richiesto.

Come richiedere il credito di imposta sulle attività turistiche?

Il credito di imposta pari al 50% dell’Imu sugli immobili utilizzati per le attività turistiche può essere richiesto mediante istanza, contenente l’autodichiarazione, da presentare direttamente all’Agenzia delle entrate. Sarà proprio l’Agenzia delle entrate a definire, mediante apposito decreto, le scadenze e le modalità con le quali presentare domanda.