Truffa del pellet, molti ci sono già cascati. Istruzioni per verificare gli annunci

Da qualche ora c’è un vero e proprio allarme truffa del pellet. Ecco a cosa devono stare attenti gli acquirenti.

La truffa del pellet: ecco cosa è successo

Il pellet è uno tra i combustibili più richiesti sul mercato, questo perché il metano è ormai a prezzi improponibili e poi è impossibile mercanteggiare sul prezzo del metano o cercare il super affare. Allo stesso tempo anche il prezzo del pellet è aumentato e tutti sono alla ricerca del prezzo migliore pensando di poter fare un affare. Proprio nella costante ricerca del prezzo più basso molti utenti hanno segnalato di essere incorsi in una truffa del pellet in rete. Ecco lo schema utilizzato e quindi a cosa stare attenti.

In primo luogo i truffatori si procurano delle foto di bancali di pellet, il secondo passo è creare dei profili falsi su social e market e gruppi di compravendita e quindi creare degli annunci che sembrano veri e soprattutto appetibili.

A questo punto non resta che attendere che ignari potenziali acquirenti contattino il venditore.

Il punto in cui stare attenti è quando il venditore chiede al compratore potenziale di continuare la contrattazioni su un altro sistema di conversazione, ad esempio Whatsapp, ma spesso anche Telegram che è meno controllato. Una volta determinati tutti gli elementi della compravendita, ad esempio modalità di pagamento, solitamente la Postepay, difficilmente un conto corrente, modalità di consegna, viene chiesto all’acquirente di versare gli importi. Non è mai previsto il pagamento alla consegna o con bonifico. Effettuato il versamento il venditore purtroppo sparisce ed è difficile recuperare i soldi. Naturalmente il pellet non arriva.

A cosa stare attenti per evitare la truffa del pellet?

La truffa è avvenuta su un noto portale che agglomera diversi offerenti. Il primo consiglio è chiedere al venditore come si chiama la propria azienda, ad esempio l’azienda “pinco palla” ad Arezzo ( nome e città scelte a casa), ma fatevi dire sempre la città in cui ha sede l’attività, infatti spesso le aziende hanno nomi simili o in Italia ve ne sono diverse con lo stesso nome. Se tergiversa sull’argomento, meglio lasciar perdere.

A questo punto è bene fare una ricerca in rete per vedere se l’azienda “pinco palla” di Arezzo esiste davvero, solitamente in rete si trova molto facilmente almeno con la scheda con partita Iva e codice Ateco ( a questo punto si potrebbe anche verificare se il codice Ateco consente la vendita di pellet).

Informazioni scarne ma che possono far capire se esiste. Se vi dice che non ha un’azienda perché è un privato che ha comprato il pellet all’estero ( una sorta di borsa nera), diffidate perché sta già commettendo degli illeciti e non vi rilascerà alcuna fattura ed è molto probabile che stiate incappando in una truffa del pellet.

In secondo luogo cercate sempre in rete delle opinioni sull’azienda “pinco palla” di Arezzo per verificare le opinioni altrui. Se altri utenti parlano di truffa, state alla larga.

Se non siete sicuri e avete affettivamente trovato l’azienda “pinco palla” ad Arezzo, cercate anche il numero di telefono, in rete si trova anche quello e fate una chiamata per chiedere se veramente stanno vendendo pellet a quel prezzo.

Diffidate di prezzi troppo bassi, in Italia trovare pellet a meno di 10 euro al sacco è quasi impossibile oggi, massimo di può arrivare a 9 per un prodotto scadente.

Leggi anche: Pellet: perché il prezzo è così alto? Speculazione o aumenti dei costi?

Pellet: quanto costa? Conviene o è preferibile il metano?

Stretta sulle delocalizzazioni: sanzioni più pesanti per le imprese

Il decreto legge 144 del 2022, anche conosciuto come decreto Aiuti Ter ha previsto una serie di misure volte non solo ad aiutare le famiglie e le imprese a far fronte al caro energia, ma anche misure sanzionatorie nei confronti di coloro che decidono di delocalizzare le imprese. Ecco i dettagli della stretta sulle delocalizzazioni.

Delocalizzazioni: la procedura per trasferire all’estero l’azienda

Le delocalizzazioni sono il fenomeno per cui le imprese decidono di lasciare le sedi in Italia per delocalizzare l’attività all’estero cercando di sfruttare le migliori condizioni, soprattutto di tipo fiscale. L’Italia però mai come in questo momento ha bisogno di rilanciare il lavoro e le imprese, proprio per questo ha probabilmente scelto, all’interno del decreto Aiuti Ter di inserire anche una norma per il contrasto alle delocalizzazioni.

Per capire cosa cambia con il decreto Aiuti ter è necessario fare una brevissima premessa sulla norma attuale sulle delocalizzazioni. Questa prevede che le aziende che hanno registrato più di 250 dipendenti nell’anno precedente e intendono chiudere uno stabilimento, una sede o una filiale, un ufficio o un reparto autonomo localizzato in Italia con un licenziamento non inferiore a 50 unità di personale devono darne comunicazione almeno 90 giorni prima di iniziare la procedura a:

  • rappresentanza sindacale aziendale o rappresentanza sindacale unitaria;
  • sedi territoriali delle associazioni sindacali di categoria comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ;
  • Regioni interessate;
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ;
  • Ministero dello Sviluppo Economico;
  • Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro).

Inoltre l’azienda deve redigere un piano da presentare nei successivi 60 giorni agli stessi soggetti visti in precedenza che abbia l’obiettivo di limitare le ricadute economiche e sociali dovute alla chiusura.

Il piano deve essere discusso entro 90 giorni, in passato erano 30.

Cosa prevede il decreto Aiuti Ter sulle delocalizzazioni?

Le norme viste continuano ad applicarsi ma con il decreto Aiuti Ter aumentano le sanzioni. In caso di accordo sindacale sul piano, lo stesso viene sottoscritto dalle parti, in caso invece di mancata firma da parte delle organizzazioni sindacali vi sono invece le sanzioni. Qui c’è la novità importante infatti il contributo di licenziamento che il datore di lavoro è tenuto a pagare viene aumentato del 500%. In passato era il 50%.

Per conoscere la base del calcolo per le delocalizzazioni, leggi l’articolo: Stretta antidelocalizzazioni per evitare i licenziamenti collettivi

Bollette del gas, via libera all’invio delle fatture mensili

Le bollette del gas potrebbero arrivare mensilmente, e non più a bimestre. A deciderlo è l’Arera, di seguito tutti i dettagli.

Bollette del gas, arriva una svolta sull’invio

Gli italiani sono abituati a ricevere le bollette del gas ogni due mesi. Tuttavia l’Arera ha preso una decisione per aiutare tutti a far fronte al caro bollette. Soprattutto del gas che a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, e delle tensioni con l’Unione Europea ha raggiunto prezzi fuori controllo.

L’autorità per l’energia, reti e ambiente (Arera) ha presto questa decisione, accogliendo una richiesta avanzata da parte dell’Unione nazionale consumatori. Ha disposto di autorizzare la fatturazione delle bollette del gas mensile con la seguente motivazione che nasce “dall’esigenza di prevedere una maggiore periodicità di fatturazione nell’ambito del servizio di tutela così da permettere ai clienti finali di conoscere più frequentemente la propria spesa e di redistribuire i pagamenti delle bollette su più mesi“.

Bollette del gas, dal primo ottobre cambia anche il sistema di “aggancio”

Altra decisione importante presa di Arera è quella di agganciare il prezzo del gas al mercato PSV italiano (punto di scambio virtuale) e non più quello europeo, com’è oggi. E’ quindi il principale punto di incontro tra domanda e offerta del mercato del gas in Italia. Qui si definisce il prezzo del gas all’ingrosso e in base a questo valore i fornitori gas valutano il prezzo della materia prima gas da applicare ai clienti finali.

Se la prima decisione sulle fatture mensili sembra essere stata accolta positivamente, non si può dire altrettanto per la seconda. Infatti si teme che questo cambiamento possa portare a degli aumenti delle tariffe. Anche se a dire il vero con questo sistema l’aggiornamento tariffario sarà mensile e non trimestrale come in passato.

Cosa cambierà anche per i consumatori?

I consumatori pagheranno le bollette tutti i mesi, invece che ogni due. Questo potrebbe permettere di spalmare la spesa e non gravare pesantemente tutta in un mese. Inoltre, il nuovo aggiornamento mensile dovrebbe permettere di adeguarsi in modo più rapido alle oscillazioni soprattutto quando sono al ribasso.

Alla fine di questo mese quindi saranno aggiornate le tariffe della luce per i consueti tre mesi, mentre per stabilire il prezzo del gaso del solo mese di ottobre occorre aspettare i primi mesi di novembre. Tuttavia si spera di abbassare il carico delle bollette sulle famiglie, stremate da costi di energia e inflazione crescente, anche in tutta l’Eurozona.

 

 

 

Bonus 150 euro, dal mese di novembre per alcune categorie

Il bonus 150 euro, sostituisce quello da 200 euro. A novembre dovrebbero riceverlo alcune categorie, ecco a chi spetta e come richiederlo.

Bonus 150 euro, arriverà da novembre

Il bonus da 200 euro è stato incassato, come pensionati e lavoratori dipendenti.  Mentre per bonus 200 euro autonomi, il via è scattato solo oggi. Ma nel frattempo il governo uscente di Draghi ha introdotto il bonus 150 euro. Un contributo che dovrebbe arrivare a quasi 22 milioni di italiani a partire dal mese di novembre.

Almeno questo è quanto previsto dal decreto aiuti ter, che dovrebbe restare in vigore, nonostante l’esito delle votazioni che hanno consegnato l’Italia nelle mani del centro destra. La risorsa finanziaria a disposizione è pari a 3.2 miliardi. Ma non tutti lo riceveranno a partire dal mese di novembre, ecco le categorie fortunate.

Bonus 150  euro, chi lo deve ricevere?

Come prima differenza, rispetto al precedente contributo, si abbassa la soglia reddituale. Infatti potranno averlo solo coloro che hanno un reddito fino a 20 mila euro. I beneficiari del contributo saranno:

  • pensionati residenti in Italia, che godono di pensione  assegno sociale, invalidi civili, sordomuti, ciechi e chi percepisce trattamenti di accompagnamento alla pensione con reddito personale assoggettabile ad Irpef, al netto di contributi non superiore a 20 mila euro per l’anno 2021. Il contributo verrà accreditato direttamente dall’Inps così come per la normale pensione;
  • lavoratori dipendenti con retribuzione fino a 1.538 euro, riceveranno il contributo direttamente nella busta paga di novembre. Si ricorda che il bonus non contribuisce al reddito ai fini fiscali e previdenziali;
  • percettori di reddito di cittadinanza;
  • gli autonomi senza partita Iva.

Per tutte le categorie elencate non occorre presentare alcuna domanda, ma l’accredito sarà versato direttamente dall’INPS o in busta paga.

Co.co.co, dottorandi e lavoratori autonomi

Diversa invece la situazione dei co.co.co e dottorandi di ricerca. Questi dovranno presentare apposita domanda, solo se hanno un reddito inferiore a 20 mila euro e almeno 50 giornate lavorative nel mese di lavoro. Stessi requisiti  valgono anche per i lavoratori stagionali a tempo e intermittenti.

Per quanto riguarda gli autonomi sono ancora alle prese con le domande per il primo bonus, con possibilità di farlo entro il 30 novembre. Quindi appare poco probabile anche per loro il contributi arrivi per lo stesso mese. Tuttavia sembra scendere anche per i professionisti il limite da 35 a 20 mila euro di reddito. Ma non resta che aspettare il provvedimento attuativo, e la sua pubblicazione, per conoscere i modi per presentare la domanda e ricevere il contributo.

Il centro destra al Governo, il programma che ha vinto le elezioni

Il centro destra al Governo, così si sveglia oggi l’Italia. Ecco il programma di Fratelli d’Italia che ha convinto gli italiani.

Centro destra al Governo, Meloni la prima donna in Italia

Chiuse le urne alle ore 23 di domenica 25 settembre 2022. Oggi l’Italia si sveglia con un partito di centro destra al Governo e con Giorgia Meloni la prima donna in Italia a guidare il Governo. Ebbene, il suo non sarà un incarico facile, ma del resto il programma di Fratelli D’Italia è stato un messaggio chiaro e forte. Tuttavia ecco i 25 punti su cui si basa il programma:

  • “Sostegno alla natalità e alla famiglia”;
  • “efficiente utilizzo di risorse Pnrr e fondi europei”;
  • “sostenere la dignità del lavoro”
  • “fisco più equo e difesa del potere d’acquisto degli italiani”;
  • “sostenere il sistema imprenditoriale italiano”;
  • “largo ai giovani”;
  • “made in Italy e orgoglio italiano”;
  • “Rilanciare la scuola, l’università e la ricerca”;
  • “Per un vero Stato sociale che non dimentichi nessuno”; “
  • Il diritto a una vecchiaia serena”;
  • “Una sanità al servizio della persona”;
  • “A difesa della libertà e della dignità di ognuno”; “
  • “Cultura e bellezza, il nostro Rinascimento”;
  • “Il turismo e la nostra crescita felice”;
  • “Agroalimentare pilastro del sistema Italia”; “
  • “A difesa dell’ambiente e della natura”; “Energia pulita, sicura e a costi sostenibili”;
  • “Ripartire da investimenti e infrastrutture;
  • “Trasporti per un’Italia più veloce, più collegata, più smart”;
  • “Sud opportunità di crescita per l’Italia”;
  • “Fermare l’immigrazione illegale e restituire sicurezza ai cittadini”;
  • “Una giustizia giusta e celere, per cittadini e imprese”;
  • “Diamo  Credito a famiglie e imprese”;
  • “Presidenzialismo, stabilità di governo e Stato efficiente”;
  • “Italia protagonista in Europa e nel mondo”.

I  pilastri della campagna elettorale

La campagna elettorale italiana è stata breve ma molto intensa. Ma Fratelli d’Italia, con la sua leader ha vinto con una scelta netta degli italiani. Ebbene i punti focali sono:

  • un patto fiscale per tutto il Paese. Inoltre ridurre la pressione fiscale su famiglie, imprese e liberi professionisti. Introduzione della flat tax per le partite iva fino a 100 mila euro di fatturato. Mentre per le cartelle esattoriali un “Saldo e stralcio” fino a 3 mila euro per le pensioni in difficoltà;
  • sostegno alle famiglie e alla natività e no tasse sui primi 100 mila euro per l’acquisto della prima casa. Infine mantenimento dell’assegno unico e addio al reddito di cittadinanza così come è strutturato oggi.

Tuttavia la vera speranza è quella di riuscire a far fronte al’inflazione, al caro bollette e di ritornare alla serenità.

Superbonus: si può avere per l’installazione di sistemi di accumulo per fotovoltaico?

Sappiamo che tra i lavori che possono usufruire del Superbonus 110% vi è anche l’installazione dei pannelli fotovoltaici. Molti si sono però chiesti se tra le spese agevolabili rientrano anche quelle sostenute per l’installazione di sistemi di accumulo. Ecco cosa emerge dalla disciplina in vigore.

Fotovoltaico e pannelli solari: nell’agevolazione rientrano i sistemi di accumulo

L’articolo 119 del decreto legge 34 del 2020 decreto Rilancio al comma 5 disciplina le agevolazioni previste per l’installazione dell’impianto solare fotovoltaico e ne definisce i limiti. Il comma 6 invece determina in modo specifico le agevolazioni previste per l’installazione di sistemi di accumulo.

Leggi anche: Pannelli solari per fotovoltaico: scarica qui il Modello Unico Semplificato

In particolare il comma 5 sottolinea che le spese per l’installazione di impianti fotovoltaici si applicano le stesse agevolazioni previste dallo stesso articolo nei commi da 1 a 4 quindi il Superbonus 110%, con possibilità di cessione del credito. Il comma 6 stabilisce che le stesse agevolazioni previste nel comma 5 si applicano anche per l’installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo. Occorre però rispettare una condizione prevista nel comma 7 e cioè che l’impianto di accumulo sia collegato alla rete del GSE in modo che l’energia non autoconsumata o non condivisa per l’autoconsumo sia immessa nelle rete.

Sistemi di accumulo per fotovoltaico e pannelli solari: limiti di spesa

Per quanto riguarda l’ammontare delle spese agevolabili i limiti sono diversi, per:

  • impianti solari fotovoltaici il limite complessivo delle spese è di 48.000 euro e comunque non superiore a 2.400 euro per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico;
  • sistemi di accumulo il limite di spesa ammissibile al beneficio è di 48.000 euro complessivi e euro 1.000 euro per ogni KWh di capacità di accumulo.

Non sono mancati dubbi sui limiti di spesa, infatti non era chiaro se dovevano intendersi distinti o da cumulo. Sul punto è intervenuto il Ministero dello Sviluppo Economico che ha, invece, ritenuto che il predetto limite di spesa di 48.000 euro vada distintamente riferito agli interventi di installazione degli impianti solari fotovoltaici e dei sistemi di accumulo.

Leggi anche: Cessione del credito Superbobus 110%: serve il video dei lavori

Flat tax: come funziona per le partite Iva e le novità che saranno introdotte per i privati

Il nuovo Governo è alle porte e tra i punti del programma che dovrebbero essere toccati fin dalle prime settimane di lavoro vi è la flat tax, cioè la tassa piatta da estendere a tutti. Ecco come funziona per i forfettari e quali potrebbero essere i punti critici.

Cos’è la flat tax e a chi si applica oggi?

La flat tax è la tassa piatta, questa prevede l’applicazione di un’aliquota fissa ai redditi prodotti. Attualmente viene applicata alle partita Iva che hanno appunto scelto questo regime. Affinché possano però utilizzare questo metodo di tassazione semplificato ( e proporzionale) è necessario che il reddito prodotto non sia superiore a 65.000 euro di ricavi e compensi. Le attuali normative prevedono che nel caso di superamento del limite, l’anno fiscale successivo si applicano le regole ordinarie, ma nel caso in cui dovessero ripresentarsi le condizioni per l’applicazione della flat tax, si potrà ritornare al regime forfettario.

Perché la flat tax è correlata al regime forfettario?

Sistematicamente ad oggi quando si parla di flat tax si parla anche di regime forfettario e questo per un motivo molto semplice, infatti l’obiettivo di tale regime “agevolato” è quello appunto di agevolare i piccoli imprenditori /professionisti, cercando di alleviare anche il carico documentale da produrre, quindi semplificando le procedure. Con il regime forfettario che vede l’applicazione della flat tax si applica una determinazione forfettaria delle spese in base al settore in cui si opera. Si parla in questo caso di coefficiente di redditività determinato in base al Codice Ateco della singola attività.

Leggi anche: Coefficienti di redditività nel regime forfetario: quali sono?

Proprio questo elemento rende più difficile applicare in modo immediato e automatico la flat tax anche al di fuori del settore delle Partite Iva.

Estensione graduale della flat tax: come funzionerà?

Attualmente non è dato sapere quali saranno le tappe per arrivare alla flat tax, nelle dichiarazioni fatte dal centro- destra si parla prima di un’estensione della flat tax a partite Iva con redditi fino a 100.000 euro, quindi un’estensione parziale e successivamente di un’estensione anche ai cittadini. Molto probabile una prima introduzione sui redditi incrementali, cioè sui redditi guadagnati in più rispetto all’anno precedente che avrebbero una tassa piatta al 15%.

La flat tax dovrebbe prendere il posto dell’Irpef a scaglioni progressivi. Saranno necessari attenti studi per trovare il giusto equilibrio tra le entrate fiscali necessarie per sostenere i servizi e l’aliquota fissata e soprattutto trovare il modo di mantenere il sistema fiscale nel complesso progressivo, come chiede la Costituzione, oppure passare attraverso una preventiva modifica della Costituzione. Ricordiamo che spetta al Capo dello Stato promulgare le leggi ed emanare i decreti leggi e che questi è tenuto a una controllo definito “prima facie” della costituzionalità degli atti promulgati.

Pensioni: dal 2023 si torna alla legge Fornero senza scivoli

Chi vorrebbe andare in pensione nei prossimi anni dovrà purtroppo fare i conti con difficoltà non da poco, infatti, tra i vari partiti politici c’è chi afferma, senza mezze misure, che si dovrà tornare alla legge Fornero.

Pensione con Quota 102? Non più sostenibile. Si torna alla legge Fornero

Abbiamo già detto in precedenza che la quota 102 è a rischio perché se non si interviene con uno scivolo entro termini brevi, vi è il rischio del ritorno in automatico alla legge Fornero che prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni. Nel frattempo sono numerosi i politici che hanno dichiarato che tra i primi atti del nuovo governo, in caso di vittoria dello schieramento, vi sarà il superamento della Legge Fornero, ma qualcuno è di contrario avviso. Secondo le dichiarazioni di alcuni esponenti politici non è più sostenibile economicamente un provvedimento simile a Quota 100 , in realtà ora è Quota 102, che consente un’uscita anticipata dal mondo del lavoro.

Si sottolinea da più che l’Italia rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea spende troppo per le pensioni e questo si ripercuote sulle giovani generazioni.

Pensione con Opzione donna e Ape Sociale nel 2023: cosa succederà?

Ricordiamo che nel frattempo, sebbene fosse stata auspicata la proroga dell’Ape Sociale, la stessa non è arrivata quindi anche questo scivolo cade il 31 dicembre 2022. Questa particolare misura è riservata ai disoccupati, ai lavoratori addetti ad attività gravose e in poche altre situazioni ben definite. Un’eventuale proroga arriverà con la legge di bilancio 2023, ma ricordiamo che si rischia l’esercizio provvisorio, infatti la legge deve essere approvata entro il 31 dicembre, ma se vi saranno difficoltà nella formazione del governo potrebbero esserci problemi.

Stessa sorte per Opzione Donna che scade il 31 dicembre 2022. Sia per opzione donna sia per l’Ape Sociale in realtà non sembra vi siano molte difficoltà perché appunto possono essere inserite nella legge di bilancio. Diverso il caso della Quota 102 perché non c’è ancora un disegno preciso da parte dei partiti.

Bonus 200 euro autonomi, è via alla presentazione delle domande

Bonus 200 euro autonomi, da oggi è possibile presentare le domande per le richieste del contributo, tutte le informazioni.

Bonus 200 euro autonomi, finalmente si parte

Il Bonus 200 euro autonomi è finalmente arrivato al via. Dopo parecchi start & stop, e date posticipate, oggi sembra il giorno designato per poter presentare le domande. E così anche i lavoratori autonomi potranno richiedere il contributo di stato già ricevuto dai lavoratori autonomi e dai pensionati.

A partire dalle ore 12 di oggi, lunedì 26 settembre, i lavoratori autonomi iscritti all’Inps e i professionisti associati alle Casse di previdenza private potranno richiedere l’indennità da 200 euro prevista dal Decreto Aiuti. All’indomani della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del testo attuativo della misura, dunque, scatterà la chance di ottenere il bonus per chi ha redditi dai 35.000 euro in giù.

Bonus 200 euro autonomi, come presentare domanda?

Per presentare la domanda del bonus 200 euro autonomi occorre collegarsi sul sito del proprio ente di previdenza. A questo punto accedere con spid e presentare la domanda. Non ci sono altre strade se non quella di presentare la domanda in modo telematico.

Si ricorda che possono beneficiarne i lavoratori autonomi e professioni iscritti alle gestioni previdenziali dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. Ma anche i professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza che nel periodo d’imposta 2021, abbiano percepito un reddito complessivo inferiore a 35 mila euro. 

Altre indicazioni sul contributo

C’è possibilità di presentare la domanda fino al 30 novembre 2022. E’ anche il termine che coincide con la dichiarazione dei redditi per quest’anno. Un’altra precisazione importante che arriva dall’Associazione degli Enti Previdenziali Privati riguarda le risorse a disposizione: 600 milioni di euro. Secondo i calcoli del Governo dovrebbe bastare per 3 milioni di partite Iva:

  • 430.000 coltivatori diretti, mezzadri e Coloni;
  • 859.000 artigiani;
  • 973.000 commercianti;
  • 261.000 professionisti esclusivi iscritti alla Gestione Separata INPS;
  • 477.000 professionisti iscritti alle Casse di previdenza professionale.

Quindi si precisa che non è un click day. Il tempo c’è e dovrebbe anche bastare per tutte le partite Iva italiane che hanno i requisiti necessari.

Superbonus 110%, occorre il 30% dei lavori entro fine mese

Superbonus 110% per continuare devono essere svolti almeno il 30% dei lavori previsti entro fine mese, mancano davvero pochi giorni.

Superbonus 110%, resta solo una settimana

C’è fermento nei cantieri in cui si lavora per il Superbonus 110%. Manca meno di una settimana per raggiungere almeno il 30% dei lavori per le singole unità immobiliari e villette unifamiliari. Quindi si parla di tutte quelle unità immobiliari che siano indipendenti ed autonome, quindi non condominio.

Infatti chi riuscirà a raggiungere il 30% dei lavori, entro il 30 settembre potrà  ottenere il credito fiscale per i lavori ultimati entro e non oltre il 31 dicembre 2022. Si ricorda che questo è un elemento imprescindibile, e comunque una decisione presa a seguito dell’esaurimento delle risorse finanziarie messe a disposizione. Infine di recente il decreto aiuti bis ha sbloccato le cessioni del credito alle banche.

Ad oggi, secondo l’Enea il superbonus 110% è costato circa 47 miliardi di euro. Mentre il numero di asseverazioni è salito a quota 243.907, con un totale di investimenti ammessi alla detrazione pari a 43,018 miliardi di euro e detrazioni a carico dello Stato previste a fine lavori per 47,32 miliardi.

Cosa comprende il calcolo del 30%?

Secondo l’Agenzia delle entrate, nel calcolo del 30%  “si potrà fare riferimento a tutte le lavorazioni” previste dalla ristrutturazione “e non solo a quelle oggetto di agevolazione”, ad esempio si possono includere nei lavori già fatti i lavori che prevedono il 50% di detrazione come il cambio degli infissi o l’istallazione di un impianto di condizionamento.

Mancano quindi davvero pochi giorni e quindi nei cantieri aperti si cerca di entrare nei criteri previsti per l’agevolazione. Ma non solo, i  lavori eseguiti devono essere certificati. E’ cura del professionista allegare tutta la documentazione di cantiere per la chiusura dei lavori. Inoltre tutti i documenti devono essere tenuti a disposizione di qualunque organo di controllo.

Superbonus 110%, i documenti che non possono mancare

Il superbonus 110% ha avuto una stretta proprio per la grande richiesta da parte dei contribuenti. Infatti i documenti che non possono mancare, in sede di controllo, sono:

  • lo stato di avanzamento dei lavori;
  • il libretto delle misure;
  • la copia di bolle;
  • le fatture;
  • il rilievo fotografico della consistenza dei lavori.

Tutti i documenti che comunque sono utili per la dichiarazione/asseverazione fatta dal professionista. Di recente la realizzazione di un video sta senza dubbio prendendo piede. Tuttavia è evidente che un breve video inerente lo stato dei lavori proveniente dall’asseveratore possa costituire per l’Agenzia delle Entrate una prova inconfutabile del SAL, cioè dello Stato di Avanzamento dei Lavori, e rappresenta una tutela erariale e della collettività.