Pellet contraffatto sequestrato: attenti alle certificazioni

In Italia è ormai corsa all’acquisto di combustibili per affrontare questo inverno e sebbene ieri sia arrivata la notizia ufficiale che la prossima bolletta del metano sarà molto più bassa rispetto a quella dell’ultimi trimestre, sono già molte le famiglie che hanno cercato fonti alternative e tra queste il pellet. Proprio per tale combustibile c’è però l’allarme pellet contraffatto con numerosi sequestri già avvenuti. Ecco perché.

L’aumento dei prezzi porta alla diffusione di pellet contraffatto

Abbiamo visto che per l’inverno 2022-2023 il prezzo del pellet ha avuto dei notevoli aumenti, oltre il doppio del prezzo rispetto a un anno fa per il pellet certificato A1, cioè quello con la migliore resa, il minor rapporto umidità e ceneri residue. Un sacchetto da 15 kg di pellet certificato A1 costa oggi anche 13-14 euro. Un anno fa in prestagionale si poteva trovare lo stesso pellet a 5 euro ed è arrivato in pieno inverno a circa 7 euro al sacchetto. Si intuisce che la differenza di prezzo è davvero notevole.

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Molti ritengono che si tratti di una speculazione, cioè che produttori e venditori stiano aumentando i prezzi per poter guadagnare di più, mentre questi si difendono affermando che il prezzo è determinato dall’aumento del costo dell’energia che va ad impattare sui costi di produzione, a ciò si aggiunge che la guerra in Ucraina ha portato a una riduzione notevole della produzione e, infine, la domanda in crescita. Tutti fattori che rendono difficile trovare il pellet. Naturalmente la reazione a catena non si è fatta attendere e di conseguenza è corsa al prezzo più basso, ma proprio questa corsa porta ad incappare in truffe. Nei mesi passati la truffa più frequente era online con pellet pagato e mai consegnato.

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Ora invece la truffa più frequente riguarda il pellet contraffatto che viene venduto a prezzi competitivi rispetto a quello di quelaità. L’ultimo sequestro è di poche ore fa ed è stato effettuato dai funzionari dell’Ufficio delle Dogane su una nave nel porto industriale di Cagliari.

Che vuol dire pellet contraffatto?

Nel caso in esame il pellet proveniva dall’Egitto ed era certificato A1, o meglio, recava sulla confezione il marchio della certificazione A1. Per poter ottenere questo marchio che certitica che trattasi di un pellet di buona qualità e con un’eccellente resa, è necessario superare dei test e rientrare in determinati parametri per quanto riguarda umidità e residui di cenere.

Il pellet esaminato non corrispondeva ai requisiti richiesti, l’Agenzia Dogane ha specificato nel sequestro che “La libera disponibilità della merce, riportante in etichettatura le indicazioni mendaci relative alla qualità del prodotto, avrebbe permesso all’importatore la distribuzione e la vendita di merce di bassa qualità a fronte di un’alta qualità dichiarata, con conseguente induzione in inganno dei consumatori finali”. In particolare è risultato superiore alla norma il peso delle ceneri e la quantità di azoto.

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Qual’é la migliore pasta in Italia? Lo rivela la classifica di Altroconsumo

Qual’é la migliore pasta in Italia? Ecco la classifica di Altroconsumo che ci rivela qual’è il miglior prodotto da acquistare nei supermercati.

La pasta è il piatto più amato dagli italiani

La migliore pasta è il piatto preferito da tutti gli italiani, che insieme alla pizza identificano la nostra Nazione. Tuttavia da nord a sud ci sono diversi tipi come le orecchiette, spaghetti, lasagne, pennette, tanto per citarne alcune. Ed insieme ai sughi e i condimenti, rappresentano la base della Dieta Mediterranea che tanto ci invidiano in tutto il mondo. Anche se purtroppo, negli ultimi mesi, anche la pasta ha aumentato il suo prezzo, per colpa soprattutto sos del grano.

Però non tutte le paste sono uguali, dal punto di vista della qualità. Così una recente analisi di Altroconsumo ha messo a confronto 25 marchi diversi venduti in Italia. E questo ha dato la possibilità di capire qual’è il miglior marchio secondo una classifica che prendere in esame il rapporto tra qualità e prezzo.

La migliore pasta in Italia, ecco la classifica

L’esito della classifica per le migliori paste in Italia è il seguente:

-Libera Terra Il Giusto Gusto del Grano, Penne Rigate Integrali Biologiche – 79 – 1,69 euro a confezione

-Esselunga Equilibrio, Pennette Rigate Integrali – 74 – 0,93 euro a confezione

-Sgambaro Bio Penne Rigate N°45, Grano Duro Integrale Decorticato – 72 – 1,46 euro a confezione

-Voiello, Penne Rigate – 69 – 1,19 euro a confezione

-Barilla, Penne Rigate N°73 – 66 – 0,79 euro a confezione

-De Cecco Penne Rigate N°41 – 66 – 1,22 euro a confezione

-La Molisana, Penne Rigate N°20 – 65 0,99 euro a confezione

-Rummo Bio Integrale, Penne Rigate N°66 – 64 – 1,60 euro a confezione

-Coop Viviverde, Penne Rigate Biologiche Integrali Trafilatura al Bronzo – 63 – 0,80 euro a confezione

-Voiello, Penne Rigate Integrali N°155 – 63 – 1,44 euro a confezione.

Una piccola analisi del mercato

Libera terra è un marchio non legato ad una singola impresa ma raggruppa varie cooperative. Il particolare buona parte del gran duro usato viene prodotto nel sud Italia con una trafilatura a bronzo. Libera terrà è l’anima agricola delle cooperative che gestiscono terreni e strutture confiscate alle mafie coinvolgendo molti agricoltori del sud che condividono gli stessi principi.

Mentre i marchi “più noti” al grande pubblico, non sono tra i primi tre posti. Eppure sono quelli più presenti negli spot televisivi. Ma una cosa la denotano, che probabilmente il più noto non è anche il più buono. Ed inoltre si evidenzia anche un cambiamento del mercato della pesta orientato più alla qualità della coltivazione dei grani italiani. Il cui rapporto qualità prezzo sembra spuntarla, almeno in questa classifica.

 

 

Fotovoltaico, basta un fiore per avere l’energia elettrica in casa

Arriva il nuovo sistema fotovoltaico, che oltre ad essere utile, è simpatico da vedere. Ecco una nuova proposta da poco sul mercato, ma che promette bene.

Fotovoltaico, arriva un fiore per dare energia

Il fotovoltaico sembra essere la soluzione più efficace contro il caro bollette che attanaglia le tasche degli italiani. Ebbene, previsti ancora aumenti del gas del 5% e dell’elettricità, se il Governo non mette dei provvedimenti seri a disposizione, sarà sempre più difficile arrivare a fine mese. In questo clima di incertezza però molte imprese operanti nel fotovoltaico stanno provando a dare delle risposte, che permettano di creare energia, anche per chi ha poco spazio.

Ad esempio nei terrazzi condominiali a copertura dei tetti, spesso lo spazio non basta per tutti i condomini. Così sono nate delle piccole soluzioni come il fotovoltaico da balcone per cercare di accontentare anche chi vive in appartamento e di certo non ha lo spazio per l’istallazione di un impianto tradizionale. Ma non è tutto, il mercato sforna sempre delle novità, per tutti gli spazi e i portafogli.

Fotovoltaico, arriva dall’Austria “Smartflower”

E se a produrre energia elettrica fosse un fiore? E’ la trovata di un’impresa austriaca che offre l’unica soluzione solare al mondo che utilizza un design scultoreo all-in-one e una soluzione intelligente per la produzione di energia elettrica e sostenibile sia per privati che per le aziende. Quindi ne esistono di vari tipi e dimensioni, anche in base alla potenza richiesta.

Il fiore solare utilizza la robotica e l’automazione avanzata per tracciare in modo intelligente il sole. Sembra abbia la capacità di ottenere il 40% in più di energia, rispetto ai tradizionali sistemi solari a pannelli fissi. Inoltre, ogni giorno al tramonto, smartflower si ripiega e si pulisce per poi riaprirsi all’alba con i primi raggi solari. Da chiuso, misura 1,425 metri di base per 2,650 di altezza. Una volta aperto, si alza fino a 2,99 metri e il raggio dei “petali” arriva a 4,741 metri. Ogni “petalo-pannello” misura poco più di 1 metro.

Qual’é la potenza per uso domestico?

La potenza domestica si aggira intorno al 2.5Kw, che potrebbe sembrare poco, ma comunque ne esistono di diversi modelli. Sembra che il sistema sia molto semplice da istallare, circa un’ora e ad istallarlo in caso è un tecnico specializzato. Mentre per quanto riguarda i costi, è intorno ai 12 mila euro. Comunque il prezzo varia in relazione anche ad altri servizi aggiuntivi.

Ecco che sicuramente si potrebbe avere energia pulita e sostenibile avendo anche a disposizione molto meno spazio, rispetto a quello richiesto per un impianto fotovoltaico tradizionale. Ma esteticamente è anche più bello da vedere, perché è proprio un grande fiore formato da 12 petali. Ma il mercato del fotovoltaico è un continuo fermento, arriveranno presto altre novità.

 

 

CIGS e ammortizzatori sociali: sanzioni per chi non fa formazione

Con le nuove norme sugli ammortizzatori sociali è stato previsto che nel caso in cui i lavoratori usufruiscano dei periodi di sospensione dal lavoro senza però recedere dal contratto di lavoro, debbano seguire corsi di formazione che consentano una migliore collocazione nel mondo del lavoro. Per coloro che si sottraggono a tale obbligo sono invece previste sanzioni. Le stesse sono ora operative. Ecco quando si applicano e quali sono.

Entra in vigore la riforma degli ammortizzatori sociali e Cigs: sanzioni per chi non fa formazione

Il decreto legislativo 148 del 2015 contiene la riforma degli ammortizzatori sociali, lo stesso nel tempo è stato sottoposto a modifiche e tra queste appare significativa quella introdotta con il decreto legge 4 del 2022. Con questa modifica si va ad intervenire sull’articolo 25 ter del decreto legislativo. Lo stesso ora prevede al comma 1 che i lavoratori “ allo scopo di mantenere o sviluppare le competenze in vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio, partecipano a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, anche mediante fondi interprofessionali”.

Il comma 3 dello stesso articolo dispone “La mancata partecipazione senza giustificato motivo alle iniziative di cui al comma 1 comporta l’irrogazione di sanzioni che vanno dalla decurtazione di una mensilità di trattamento di integrazione salariale fino alla decadenza dallo stesso”. Lo stesso comma stabilisce però che le modalità di accertamento delle violazioni devono essere stabilite con decreto del Ministero del Lavoro.

Dal 29 ottobre 2022 prendono il via le sanzioni per la mancata partecipazione alla formazione

È entrato in vigore il 29 ottobre 2022 il nuovo decreto ministeriale 2 agosto 2022 con l’indicazione dei criteri e delle modalità di accertamento sanzionatorio per la mancata attuazione dell’obbligo formativo del lavoratore che usufruisce dell’integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro. Lo stesso prevede:

  • decurtazione di un terzo delle mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario nel caso di assenza senza giustificato motivo in misura compresa tra il 25% e il 50% delle ore previste per la formazione;

  • decurtazione della metà della mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario (CIGS) in caso di assenza in misura compresa tra il 50% e l’80% del monte ore stabilito;

  • decadenza dal trattamento di integrazione salariale nel caso di assenza senza giustificato motivo dai percorsi di formazione in misura superiore all’80%.

Assenza giustificata dalle attività formative per percettori Cigs

Nel decreto si specifica che possono costituire giustificato motivo di assenza:

  • documentato stato di malattia o infortunio;

  • servizio militare o civile;

  • stato di gravidanza coincidente con il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro;

  • citazione in tribunale;

  • gravi motivi familiari documentati e/o certificati;

  • limitazione legale alla libertà di movimento (ad esempio arresti domicialiari);

  • ogni altro comprovato impedimento oggettivo o forza maggiore.

In seguito alla registrazione delle assenze, deve esserne data comunicazione ai servizi ispettivi territorialmente competenti che dovranno quindi effettuare gli accertamenti e in seguito darne comunicazione all’Inps in modo che siano applicate le sanzioni previste.

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Reddito di sussistenza o reddito di cittadinanza? Differenze

Prende sempre più quota l’ipotesi di una modifica al reddito di cittadinanza che dovrebbe essere sostituito dal reddito di sussistenza. Ecco quali sono le ipotesi allo studio.

Dal reddito di cittadinanza al reddito di sussistenza

Terminata la fase in cui tutte le potenziali riforme promesse dal centro-destra erano nebulose, si profila quello che potrebbe essere il reale cambiamento anche del reddito di cittadinanza. Ricordiamo che dall’Unione Europea è arrivato il monito a tutti gli Stati Membri a rafforzare i sistemi di tutela in favore delle persone in stato di bisogno.

La prima cosa che probabilmente sarà fatta è cambiare il nome, non si chiamerà più reddito di cittadinanza, ma reddito di sussistenza e fa ipotizzare una riduzione della platea degli aventi diritto che dovrebbero essere solo coloro che si trovano in un reale stato di bisogno.  Tale riduzione è stata d’altronde già annunciata e riguarderà probabilmente 660.000 percettori.

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Non sarà però questo l’unico cambiamento in atto, infatti si ipotizza una struttura del tutto nuova che andrà a potenziare soprattutto la fase di ricerca attiva del lavoro.

Come sarà il reddito di sussistenza

La prima cosa da sottolineare è che probabilmente l’erogazione non sarà più gestita dall’Inps, ma da Comuni perché sono gli enti di prossimità, cioè quelli che sono maggiormente in grado di percepire i reali bisogni e le reali difficoltà delle famiglie. Va in questa direzione anche la mancata proroga del contratto dei navigator.

In secondo luogo il reddito di sussistenza sarà diretto esclusivamente alle famiglie in cui non sia presente un membro in grado di essere attivo nel mondo del lavoro. Si ritorna quindi all’ipotesi di erogazione in favore di disabili, anziani con pensione al di sotto della soglia di povertà. Sembra inoltre che non sarà fatto mancare il sussidio alle famiglie in cui siano presenti bambini piccoli, ma questa ipotesi è ancora allo studio, infatti c’è anche l’intenzione di potenziare l’Assegno Unico e Universale e quindi questa misura potrebbe in un certo senso sostituire il reddito di sussistenza per queste famiglie, a tutela dei minori.

Le novità però non sembrano finire qui, infatti, al fine di inserire nel mondo del lavoro coloro che dovrebbero non percepire più il reddito di cittadinanza si ipotizza un rafforzamento delle misure in favore delle imprese che assumono i percettori di reddito di cittadinanza. In realtà tali misure già esistono.

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Flat tax, flat tax incrementale e fatturazione elettronica: le date

Per le partite Iva potrebbero arrivare presto, ma non tanto, importanti novità. Sembra infatti che non vi siano contrasti sull’ipotesi di una flat tax allargata fino a 100.000 euro, inoltre sono previste novità anche per la fatturazione elettronica, ma i tempi potrebbero essere diversi da quelli attesi.

Ipotesi di flat tax allo studio: allargata e incrementale

Attualmente ad avere i benefici della flat tax al 15% sono imprese e professionisti con un volume di ricavi o profitti non superiore a 65.000 euro. Naturalmente il prezzo da pagare è il non poter effettuare la deduzione delle spese con il metodo analitico, ma con quello forfettario determinato in base ai coefficienti di redditività indicati per le diverse tipologie di attività svolta. In campagna elettorale si è spesso parlato di flat tax e ciò che sembra chiaro è che si procederà su due strade: per le imprese e per i professionisti ci sarà la flat tax allargata fino a 100.000 euro. Ricordiamo che il regime è sempre opzionale.

Per i privati, cioè chi non agisce come impresa e non ha partita Iva si applicherà solo la flat tax incrementale, ma attenzione, la stessa avrà come reddito base non quello dell’anno precedente, ma la media dei redditi dei tre anni precedenti.

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Flat tax: provvedimento rimandato alla prossima primavera

Su questa base sembra che ci sia l’accordo, ma dalle indiscrezioni provenienti dal Governo, non sembra che questa misura sarà introdotta nei prossimi mesi o a partire dal primo gennaio 2023. Da quanto emerge, il Ministro Giorgetti sarebbe preoccupato per le coperture, il prossimo decreto, probabilmente varato già venerdì prossimo, dovrebbe aiutare le famiglie e le imprese a far fronte ai rincari energetici fino al 31 dicembre 2022. Subito dopo il Governo dovrà iniziare a lavorare alla manovra di bilancio per evitare l’esercizio provvisorio di bilancio.

Uno dei problemi relativo alla manovra di bilancio sarà trovare le coperture, proprio per questo motivo appare abbastanza difficile riuscire già nella manovra a inserire anche l’allargamento della platea dei soggetti che possono accedere alla flat tax e la flat tax incrementale per i lavoratori dipendenti.

Come detto a indicare tali difficoltà e dettare la tempistica è il Ministro dell’Economia Giorgetti che ha anche ipotizzato una possibile introduzione nella primavera prossima.

Salta l’obbligo di fatturazione elettronica obbligatoria da gennaio 2023

Nel frattempo sembrano esservi anche novità per quanto riguarda la fatturazione elettronica. Dal primo luglio 2022 in Italia c’è l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfetari con redditi e ricavi superiori a 25.000 euro. La norma prevedeva poi l’estensione a tutti i forfetari dell’obbligo di fatturazione elettronica a partire dal 1° gennaio 2023. Sembra che tra le ipotesi allo studio vi sia l’eliminazione di tale obbligo. Questo implica che coloro che hanno aderito a un regime di vantaggio (minimi forfetari) non saranno obbligati dal 1° gennaio alla fatturazione elettronica se hanno un volume di ricavi e profitti non superiore a 25.000 euro.

Etichettatura degli alimenti, la proposta italiana si chiama Med Index

L’etichettatura degli alimenti è oggetto di discussione all’interno dell’Unione Europea. Ci sono varie proposte, ma quella italiana si chiama Med Index.

L’etichettatura degli alimenti, l’importanza delle informazioni

Quando si va a fare la spesa sarebbe opportuno leggere le etichette degli alimenti per conoscere le informazioni necessarie relative al prodotto commercializzato. Tuttavia può essere utilizzata dal produttore come mezzo per valorizzare i propri prodotti e dal consumatore per fare acquisti più consapevoli. Occorre un sistema di riconoscimento più generale ed applicabile in modo uguale in tutti i Paesi europei. Nel 2024 la Commissione Europea esaminerà tutte le proposte di etichettatura degli alimenti.

Idee e ipotesi che sono state rinviate all’anno prossimo, nonostante la scelta del Nutriscore, adottata in Francia non sembra essere così scontata. E’ un sistema che funziona a semaforo, molto simile alla classe energetica se siamo stati abituati a vedere negli elettrodomestici. Un ventaglio di colori e lettere dal verde al rosso per valutare un prodotto secondo questa scala (come per l‘Ape per gli immobili). Anche se però il Nutriscore sembra penalizzare i più tradizionali prodotti italiani come il parmigiano o l’olio di oliva.

La ragione sostanziale dell’opposizione è che il semaforo è elaborato a partire da una porzione fissa (100 grammi) e non tenendo conto del suo reale consumo quotidiano. Anche perchè di parmigiano ed olio certo non se ne mangiano 100 grammi al giorno, ed in quei quantitativi questi due prodotti potrebbero risultare fin troppo grassi ed ottenere un punteggio basso.

La proposta italiana per l’etichettatura si chiama Med Index

Gli esperti italiani hanno elaborato un sistema diverso che prevede di unire salute, nutrizione, ambiente allo scopo di promuovere la Dieta Mediterranea. Un sistema alimentare che ci invidiano un po’ in tutto il mondo e che rappresenta anche il regime alimentare più completo. Su questo concetto si basa il Med Index appena pubblicato sulla rivista internazionale  Journal of Functional Foods, sede editoriale dove gli ideatori della nuova etichettatura (SIMA e Università di Bari) hanno illustrato i vantaggi di tale innovativo sistema.

Secondo Alessandro Miani, il presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale, il sistema fornisce nuove e più complete informazioni ai consumatori, promuove un’alimentazione sana. “Il Med Index – commenta la Prof.ssa Maria Luisa Clodoveo che ha partecipato al progetto– correla la densità energetica della porzione di alimento all’attività fisica necessaria per bilanciare l’input calorico, promuovendo un’attività fisica regolare, ma soprattutto incrementa la consapevolezza all’acquisto di cibi sani e sostenibili poiché rompe l’asimmetria informativa che caratterizza spesso il mercato dei prodotti alimentari.” Non resta di capire quali saranno le decisioni della Commissione per l’adozione del sistema qualitativo più idoneo.

Bando Cultura Crea Plus: domande dal 7 novembre. Le imprese che possono accedere

Novità per le imprese del settore culturale, ricreativo e turistico, dal 7 novembre 2022 è possibile presentare istanza per accedere alle risorse del bando Cultura Crea Plus con fondo di 10 milioni di euro. Ecco chi può partecipare.

Quali imprese possono accedere al bando Cultura Crea Plus?

Il bando Cultura Crea Plus è rivolto a piccole, micro e medie imprese, che operano nel settore turistico, creativo e culturale, si rivolge inoltre ai soggetti del Terzo Settore (onlus, imprese sociali, associazioni di promozione sociale ). Mira ad agevolare le imprese che hanno avuto perdite a causa della pandemia Covid, infatti questo settore è stato tra quelli più colpiti e che ha subito gli stop più lunghi. La misura utilizza i fondi del PON FESR “Cultura e Sviluppo” 2014-2020 (Asse Prioritario II).

Per poter accedere ai fondi è necessario che i destinatari alla data del 1° gennaio 2022 siano già costituiti e che abbiano esercitato almeno fino al 31 dicembre 2020.

Per conoscere i codici Ateco ammessi al beneficio è necessario prendere visione allegati 1, 2 e 3 alla Direttiva Operativa n. 238 del 29 marzo 2021 le attività ammissibili sono davvero numerose e comprendono anche le sale video-giochi, noleggio, bici, ristorazione, tessile e tante altre, quindi i concetti di turismo, cultura e creatività sono intesi in senso ampio. Tutti gli allegati possono essere scaricati seguendo il link del bando Cultura Crea Plus che si trova in fondo all’articolo.

Limiti geografici: ubicazioni delle imprese che possono accedere

Vi sono però dei limiti dal punto di vista geografico, infatti i soggetti rientranti nei settori visti, se costituiti da oltre 36 mesi per accedere ai fondi devono essere ubicate in uno dei Comuni ricadenti nelle “aree di attrazione”, così come identificate dall’ Allegato 4 alla Direttiva operativa n. 238 del 29 marzo 2021. I soggetti costituiti da meno di 36 mesi devono invece essere ubicati in una di queste regioni: Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata.

Come presentare la domanda per accedere ai fondi Cultura Crea Plus

La domanda per accedere ai contributi del Bando Cultura Crea Plus devono essere presentate esclusivamente online attraverso la piattaforma di Invitalia. Le domande potranno essere presentate dalle ore 10:00 del 7 novembre. Invitiamo però tutti gli interessati a collegarsi prima in modo da scaricare tutta la modulistica. Per poter presentare la domanda è necessario avere un codice di identità digitale (SPID, CIE o CNS), occorre inoltre indicare nella domanda un indirizzo PEC.

Le domande saranno vagliate in ordine cronologico entro 60 giorni.

Il bando Cultura Crea Plus consente di ricevere fino a 25.000 euro con contributo a fondo perduto, quindi le somme non devono essere restituite, naturalmente i contributi vengono erogati a fronte di spese effettivamente sostenute.

Si possono trovare tutte le informazioni seguendo il link https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/creiamo-nuove-aziende/cultura-crea-2-0/cultura-crea-plus

Naspi: nel mirino del Governo il sussidio disoccupazione. Le proposte

Nel mirino del Governo guidato da Giorgia Meloni non ci sarebbe solo il reddito di cittadinanza, ma anche una sostanziale modifica alla Naspi, Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, riconosciuta a coloro che perdono il lavoro. Allo studio vi sarebbe l’ipotesi di ridurne l’importo e la durata.

La Naspi : un disincentivo alla ricerca di un nuovo lavoro

La filosofia alla base del nuovo governo è che le misure assistenziali eccessivamente ampie e generose costituiscono un incentivo ad adagiarsi sulle stesse e non impegnarsi nella ricerca attiva del lavoro. Proprio per questo, oltre a proporre una revisione del reddito di cittadinanza che dovrebbe essere riconosciuto solo a coloro che non possono essere collocati nel mondo del lavoro, ad esempio inabili o invalidi, propone anche una modifica sostanziale della normativa sulla Naspi (istituita con il decreto legislativo 22 del 2015).

Come funziona la Naspi

La Naspi attualmente prevede la possibilità per il lavoratore che perde il lavoro di ottenere sostegno economico per un periodo pari alla metà dei mesi effettivamente lavorati negli ultimi 4 anni. Ciò vuol dire che potenzialmente un lavoratore potrebbe percepire la Naspi per 24 mesi. Per quanto invece riguarda gli importi, è previsto che sia il 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali percepita dal lavoratore negli ultimi 4 anni . Si stabilisce un importo massimo adeguato in base agli indici Istat con retribuzione massima di 1.360,27 euro. In particolare Naspi ammonta al 75% dell’importo dello stipendio medio, qualora pari o inferiore a 1.250,87€. Nel caso in cui lo stipendio medio sia più elevato di tale somma, l’importo deve essere calcolato aggiungendo al massimo il 25% della differenza tra lo stipendio medio e 1.250,87 euro.

Dopo alcuni mesi viene attivato il decalage, cioè l’importo si riduce del 3% ogni mese ulteriore dopo il sesto. Per coloro che hanno più di 55 anni il decalage viene attivato a decorrere dal primo giorno dell’ottavo mese.

Come potrebbe cambiare la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego

Secondo molti esponenti del Governo la misura assistenziale con tale ampiezza sarebbe un disincentivo alla ricerca di una nuova occupazione. A ciò si aggiunge che quanto più passa tempo tra la fine del vecchio lavoro e la ricerca di uno nuovo, maggiori sono le difficoltà nel nuovo inserimento lavorativo.

Fatta questa premessa, vediamo le ipotesi di cambiamento della disciplina. Il Governo Meloni sembra che voglia agire sugli importi, riducendoli al 50%. Per quanto invece riguarda la durata, vorrebbe ridurla, quindi non spetterebbe più per la metà dei mesi lavorati negli ultimi 4 anni, ma per il 40% o 30%. Ad esempio chi ha lavorato per 12 mesi, avrebbe oggi diritto alla percezione della Naspi per 6 mesi, con le nuove regole al 40% potrebbe percepirlo per poco meno di 5 mesi. Questo porterebbe anche un buon risparmio per le Casse dello Stato, infatti nel 2021 la Naspi ha pesato sui bilanci per 13 miliardi di euro.

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Caro bollette luce e gas, continuano gli aumenti

Il caro bollette luce e gas non vuole dare tregua agli italiani. Ecco le previsioni di Nomisma Energia e quello che occorre aspettarci nelle prossime bollette.

Caro bollette luce e gas, aumenti meno cari

Gli italiani sono ancora stretti nella morsa delle bollette di luce e gas da pagare. Sono sempre di più quelli che hanno difficoltà a mettersi in regola con i pagamenti. E come se non bastasse, sembra esserci previsto un ulteriore aumento intorno al 5% per le bollette del gas di ottobre. Ma sembra una buona notizia, perché qualche mese fa si parlava di stangata d’autunno con un aumento del 70%.

A dare questa comunicazione è il Presidente di Nomisma energia, Davide Tabarelli, interpellato in merito alla comunicazione della tariffa per le famiglie del mercato tutelato da parte di Arera (Autorità per l’energia). Come già riportato dal mese di novembre l’aggiornamento delle tariffe non sarà più trimestrale, ma mensile. Ecco le parole di Tabarelli: “se l’aggiornamento fosse stato fatto con il vecchio meccanismo a fine settembre avremmo avuto un aumento anche del 200%“.

Caro bollette luce e gas, paghiamo più di altri Paesi

Uno studio realizzato da Confcommercio rivela che in Italia si paga di più l’energia elettrica. A parità di potenza impiegata e di consumi, ristoranti, bar, alberghi e attività commerciali italiani pagano importi maggiori del 27% rispetto alle imprese spagnole e 70% rispetto a quelle francesi. Eppure sono luoghi che servono anche i turisti che in Italia non mancano, soprattutto con queste belle giornate più estive che autunnali.

Mentre il divario sembra essere minore, intorno all’11% per i negozi non alimentari. C’è da chiedersi il perché. E la risposta deriva dalla combinazione di due elementi: scelta dei fornitori dell’energia e mancata diversificazione delle fonti rinnovabili. In particolare per le rinnovabili è chiaro che l’Italia in questo settore è indietro. L’eccessiva burocrazia blocca la realizzazione di impianti che potrebbero invece portare ad una maggiore autosufficienza e sostenibilità sia economica che ambientale. Mentre per quanto riguarda i fornitori, è il momento di cambiare.

Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?

L’aumento dell’importo delle bollette del 5% è ormai inevitabile. Ma il nuovo sistema di misurazione delle tariffe, sembra stia giocando a favore degli italiani. Nel frattempo il nuovo Governo Meloni, appena insediato, sembra stia puntando verso aiuti pari a 5 miliardi per famiglie ed imprese che hanno bassi redditi.

Misure che devono essere adottate il prima possibile, perché se gli italiani devono pagare le bollette con i propri stipendi e pensioni, non possono fare altro che ridurre i consumi. Gravando ancora di più sulle imprese che avranno le spese maggiore dei ricavi e quindi saranno costrette a chiudere. Una probabile recensione, generata anche a causa dell’inflazione, per cui occorre porre subito rimedio.