Separazione e divorzio: dal 1° marzo arriva il rito unico. Sintesi

Con l’entrata in vigore di una parte della legge Cartabia cambia il rito per la separazione e il divorzio che ora viene definito rito unico. Ecco cosa cambia per le coppie che decidono di separare le loro strade.

Dal 1° marzo arriva il rito unico per seprazione e divorzio

Con l’entrata in vigore delle nuove norme, a partire dal 1° marzo 2023 si avrà il rito unico, le nuove regole previste dal decreto legislativo 149 del 2022 si applicano ai giudizi instaurati dopo il 1° marzo mentre per quelli pendenti al 28 febbraio 2023 si continuerà ad applicare il precedente rito. La prima novità riguarda la presentazione della domanda di separazione/divorzio che dovrà essere introdotta con ricorso.

Rito unico per separazione e divorzio: il ricorso

L’introduzione del giudizio cambia in modo radicale al fine di ridurre i tempi del processo. Fin dalla prima introduzione il ricorrente deve indicare i mezzi di prova e i documenti di cui intende avvalersi per dimostrare le proprie tesi (ad esempio nel caso in cui si chieda la separazione per colpa). Nel caso in cui la parte che propone ricorso abbia delle pretese di tipo economico e in ogni caso in presenza di figli è necessario allegare:

  • le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
  • la documentazione attestante la propria condizione patrimoniale (patrimonio mobile e immobile), diritti di godimento su beni immobili, quote societarie;
  • estratti conto di rapporti bancari e finanziari.

Misura necessaria a capire se una parte deve all’altra un contributo economico, assegni in favore dei figli e quantum delle misure da adottare.

In presenza di figli, è necessario allegare anche il piano genitoriale, si tratta di un documento in cui le parti hanno “stabilito” le principali norme per l’esercizio della bigenitorialità, ad esempio visite, collocamento, indicazione degli impegni scolastici ed extra-scolastici dei minori.

Udienza per i provvedimenti urgenti

Se il ricorrente all’interno del ricorso sottolinea la necessità che il giudice adotti provvedimenti urgenti in quanto potrebbe maturare un pregiudizio imminente  e irreparabile, il giudice, dopo aver raccolto sommarie informazioni e quindi aver valutato la fondatezza dei rischi, «adotta con decreto provvisoriamente esecutivo i provvedimenti necessari nell’interesse dei figli». Con lo stesso decreto fissa la prima udienza entro 15 giorni per la modifica, la revoca o la conferma dei provvedimenti adottati.

Rito unico seprazione e divorzio: udienza di comparizione e rimessione

Nel caso in cui non debbano essere adottati provvedimenti urgenti, viene fissata direttamente la prima udienza di comparizione, questa in base al nuovo articolo 473-bis del codice di procedura civile, entro 90 giorni dal deposito del ricorso. Entro 30 giorni dalla data fissata il convenuto può costituirsi in giudizio, le parti possono produrre ulteriori memorie difensive.

Durante l’udienza di comparizione viene effettuato il tentativo di conciliazione, se questo non va a buon fine, il giudice adotta provvedimenti temporanei, ad esempio autorizza le parti a vivere in case separate, dispone il collocamento dei figli, fissa degli assegni, e dispone il rinvio per l’assunzione delle prove, se non è necessario assumere nuove prove si passa alla trattazione orale e alla decisione della causa.

Se invece devono essere assunte nuove prove, fissa l’udienza di rimessione della causa per la decisione.

Le parti potranno:

  • entro 60 giorni dall’udienza depositare precisazioni delle conclusioni con note scritte;
  • nell’arco di 30 giorni dalla data fissata per l’udienza depositare le comparse conclusionali;
  • entro 15 giorni per le memorie di replica.

Entro 60 giorni dall’udienza di rimessione il giudice deve depositare la sentenza. I tempi possono dilatarsi nel caso in cui debbano essere esperite consulenze tecniche d’ufficio.

Ricordiamo che la riforma Cartabia prevede che entro il 2025 debba essere istituito il tribunale unico per le famiglie.

Divieto utilizzo camini e stufe a pellet: cosa c’è di vero?

Periodicamente sono lanciati allarmi circa il divieto di utilizzo di camini e stufe a pellet e legna in quanto troppo inquinanti. Si tratta di una notizia non veritiera e fa riferimento al regolamento di alcune regioni italiane, che però non hanno vietato stufe e camini, ma semplicemente hanno imposto dei parametri da rispettare.

Perché si è diffusa la notizia del divieto utilizzo camini e stufe a pellet?

L’Unione Europea negli ultimi tempi sta dettando numerose norme volte a contrastare l’inquinamento ambientale, tra queste vi è il divieto di immatricolazione di autocon motore endotermico (gasolio, benzina) dal 2035. In secondo luogo vi è il divieto di installazione di caldaie a gas già a partire dal 2025. In questo caso trattasi di notizie vere ed è possibile conoscere gli approfondimenti leggendo gli articolo:

Caldaie a gas vietate dal 2025, le nuove norme dell’Unione Europea

E-fuel: sarà l’alternativa alle auto elettriche? Novità per gli automobilisti

Proprio per questo, quando è stata lanciata la notizia del divieto per camini e stufe a pellet sono in molti ad averci creduto. In realtà anche a livello europeo per ora non vi sono notizie in tal senso. Per quanto invece riguarda le norme restrittive, esse sono state adottate da 4 Regioni: Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna.

Le norme restrittive per l’uso di camini e stufe a pellet

La Lombardia prevede l’obbligo:

  • per le nuove istallazioni di utilizzare generatori almeno 4 stelle;
  • divieto di utilizzo dei generatori/bruciatori più inquinanti quindi con 0, 1 oppure 2 stelle;
  • obbligo di utilizzo di pellet di qualità certificato conforme alla classe A1 della norma UNI EN ISO 17225-2 da parte di un Organismo di certificazione accreditato.

Il Veneto ha adottato una normativa simile, dal 2017 è in vigore il divieto di usare generatori di calore domestici a biomassa legnosa di classe 0, 1, 2, 3 stelle con potenza nominale inferiore a 35 kW. In Piemonte, e in particolare nelle zone “Agglomerato di Torino”, “Pianura” e “Collina” dal 2019 c’è lo stesso divieto.

Per l’Emilia Romagna il regolamento è più complesso, infatti è vietato l’uso di generatori di calore domestici alimentati a massa legnosa con potenza nominale inferiore a 35 kW con classe inferiore a 3 stelle. Nel caso in cui il livello di inquinamento particolarmente elevato il divieto scatta anche sotto le 4 stelle. Tali norme valgono solo nei comuni ubicati sotto i 300 metri di altitudine.

Infine c’è la Toscana nei comuni nei quali vi è un elevato livello di PM10 è vietato l’utilizzo di generatori con classe inferiore a 3 stelle. Tale divieto non trova applicazione nelle abitazioni in cui la biomassa sia l’unica fonte di calore e in quelle ubicate a una quota superiore ai 200 metri sul livello del mare.

Spid, presto potrebbe chiudere i battenti, tra poco più di un mese

Spid è il modo di identificazione più usato per accedere anche alla pubblica amministrazione, ma presto le cose potrebbero cambiare, ecco come.

Spid, tutto potrebbe cambiare da aprile

Tutto potrà cambiare dal mese di aprile per lo Spid. Il Sistema pubblico di Identità Digitale è la chiave di accesso semplice, veloce e sicura ai servizi digitali delle amministrazioni locali e centrali. Si tratta di un’unica credenziale che rappresenta l’identità digitale e personale di ogni cittadino, con cui è riconosciuto dalla Pubblica Amministrazione per utilizzare un maniera personalizzata e sicura i servizi digitali.

Un sistema più che consolidato ma che da aprile potrebbe definitivamente cambiare. Infatti da scadono le convenzioni per la gestione dello Spid. A dire il vero, sono scaduti lo scorso anno, ma sono stati posticipati di un anno, quindi il problema si ripresenta quest’anno. I problemi sono più che altro legati ai costi di gestione, ma saranno ben più gravi se il sistema venisse bloccato.

Spid, i possibili scenari

Il 23 aprile 2023 scade la proroga d’ufficio che Agid aveva concesso agli attuali gestori del servizio Spid. Sono quindi in atto incontri tra Agip, il governo e i provider per trovare una soluzione che possa garantire la sopravvivenza dello spid. La nuova richiesta dei gestori è di 50 milioni di euro, una cifra di gran lunga inferiore ai risparmi per lo Stato e le Pubbliche amministrazioni, assicurano. Ecco che si potranno aprire diversi scenari:

  • lo scenario migliore è che il Governo trova i soldi necessari e rinnova le convenzioni e tutto rimane così com’è;
  • altro scenario è che si raggiunga un accordo per un ulteriore proroga fino a giungo, in modo da poter negoziare le nuove condizioni economiche e far proseguire il servizio;
  • l’ultimo scenario è che il 23 aprile il servizio Spid cessi definitivamente, mandando in fumo tutto il lavoro fino ad oggi fatto.

Questa ultima ipotesi è quella da evitare, perché dal giorno dopo i cittadini potranno soltanto utilizzare la Cie per accedere a molti servizi della Pubblica Amministrazione.

Come si potrebbe fare senza?

Come prima cosa si ritornerebbe sicuramente indietro di circa 8 anni, quando questo sistema non c’era. Tuttavia gli altri due sistemi di identificazione resterebbero in vigore, quindi tutti gli utenti spid dovrebbero spostarsi. Ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessio Butti, ha detto che: “Tre strumenti di identità non semplificano la vita e costano allo Stato“. Serve “razionalizzare gli strumenti per avvicinarci al quadro europeo”. Quindi sembra più una questione di soldi che di altro. Non resta che sperare in un accordo tra gli  11 provider di Spid (Aruba, Etna, Intesa, Lepida, Poste, TeamSystem, Tim, Register, Sielte, Namirial e InfoCert).

 

 

 

Biglietti aerei, alcuni consigli per risparmiare sul prezzo

Biglietti aerei ci sono alcuni consigli che permettono di risparmiare sul prezzo di acquisto e prenotare un pò prima il viaggio che si desidera.

Biglietti aerei, tutto è cambiato dopo il Covid

Il covid ha messo a terra molti aerei e la voglia di viaggiare. Ma subito dopo la pandemia è cresciuto sempre più il desiderio di riprendere la vita. E gli ultimi dati sugli spostamenti sia in entrata che in uscita di turisti confermano questa volontà. Tanto che riuscire a trovare un volo low cost è diventato sempre più difficile. Anche se non impossibile, basta solo stare attenti a dei consigli che potrebbero essere di grande aiuto.

Da un’analisi dei dati dei prezzi, i mesi migliori per comprare un biglietto aerei sono gennaio e febbraio. Facendo due conti segue proprio le logiche di mercato. Infatti a dicembre, tra Natale e Capodanno, il numero dei biglietti aerei acquistati cresce notevolmente. E’ chiaro la gente si sposta per festeggiare le feste natalizie e salutare l’anno nuovo. Mentre a gennaio e febbraio chi è già partito tende a restare a lavoro. E’ chiaro che le compagnie aerei mettono a disposizione biglietti aerei con prezzi molto convenienti.

Quando comprare i biglietti aerei

Non c’è solo un mese per comprare i biglietti, ma anche un giorno. Sembra che il giorno favorevole sia il martedì. I giorni troppo vicini al fine settimana hanno un effetto negativo sui prezzi. Del resto è anche vero che chi si sposta il lunedì, lo fa principalmente per motivi di lavoro. Mentre nel fine settimana scende a casa, magari per trovare la famiglia. Mentre il martedì, ma anche il mercoledì sembrano essere meno richiesti. Anche i prezzi nei voli infrasettimanali di solito costano meno.

La domenica, invece, è il giorno peggiore per prenotare un volo (con un costo medio in Italia di 148 euro). Ma è anche vero che la domenica la gente ha anche più tempo a casa per valutare i costi dei biglietti e per prenotare in tutta calma. E questo le compagnie aeree lo sanno, quindi puntano a recuperare qualcosa in più per la stessa tratta aerea fatta durante la settimana.

Mese, giorno ed orario

Secondo le ricerche effettuate da jetcost.it l’ora più conveniente per prenotare un volo sarebbero le 2 di notte, momento nel quale il prezzo medio dei voli risulta essere il più basso rispetto alle altre ore del giorno. Altro piccolo suggerimento è quello di comprare i biglietti con largo anticipo, soprattutto in prossimità delle date in cui potrebbero aumentare le richieste. In ogni caso prima di prenotare provare a fare delle ricerche diverse con le varie compagnie aeree, magari cambiando gli aeroporti dove possibile. E’ anche consigliabile evitare gli orari di punta o l’alta stagione per trovare dei bei viaggi a costi molti convenienti.

E-fuel: sarà l’alternativa alle auto elettriche? Novità per gli automobilisti

L’Unione Europea ha siglato una stretta sulle emissioni inquinanti Co2 provenienti dai veicoli a motore endotermico. Dal 2035 ci sarà il divieto di immatricolare veicoli endotermici, mentre già dal 2030 i produttori di auto dovranno ridurre le emissioni inquinanti rispetto al 2021 del 55%. Questo vuol dire che già ora sono indotte ad adottare soluzioni innovative e tra queste vi potrebbe essere l’e-fuel, ma di cosa si tratta?

Cos’è l’e-fuel e perché potrebbe salvare il motore endotermico?

Gli e-fuel (electrofuel powerfuel Power-to-X (PtX) ) sono combustibili liquidi o gassosi derivanti da processi energivori alimentati da energia elettrica rinnovabile. Il loro punto di forza è determinato dal fatto che possono essere usati con i motori endotermici e quindi in teoria potrebbero salvare i veicoli che adottano tale tecnologia. Gli e-fuel nascono da un processo di elettrolisi che scinde l’idrogeno e l’ossigeno, l’idrogeno si miscela con la CO2 estratta dall’aria e convertito in liquido.

Questo processo è condotto utilizzando energia elettrica, la stessa è però prodotta da fonti rinnovabili (eolico, solare, idroelettrico) quindi con energia elettrica non inquinante, cioè non derivante dalla combustione di fossili come gas o carbone. A ciò si aggiunge che le emissioni di CO2 sono identiche alla quantità di CO2 ( anidride carbonica) in precedenza assorbita per il completamento del processo di produzione di e-fuel.

Uno dei vantaggi dell’e-fuel è determinato dal fatto che può essere utilizzato in combinazione con i carburanti tradizionali, tra cui benzina e diesel, andando però a contribuire a una riduzione delle emissioni inquinanti generalmente prodotte da quel tipo di carburante/motore.

Questo è il motivo l’e-fuel non viene considerato un carburante inquinante.

I combustibili e-fuel sono la soluzione? Svantaggi

La vera domanda da porsi è però un’altra: si riuscirà in un così breve lasso di tempo a produrre energia da fonti rinnovabili utile a tutte le tecnologie che normalmente utilizziamo? Ad esempio, il motore elettrico ha bisogno di alimentazione, le case e le fabbriche hanno bisogno di energia.

A ciò si aggiunge un ulteriore fattore non poco importante, cioè il costo del biocarburante/e-fuel che ad oggi è di circa 20 euro al litro. Chi potrebbe permetterselo?

L’e-fuel deve essere distinto dai biocarburanti, questi infatti derivano dalla lavorazione di sostanze organiche di scarto, vegetali o animali, ad esempio rifiuti e scarti di lavorazione di mais o soia, ma anche alghe marine e micro-alghe. Uno dei problemi dei biocarburanti deriva dal fatto che porta ad un massiccio uso di suolo che potrebbe indurre un’ulteriore deforestazione mettendo comunque a rischio l’equilibrio del pianeta.

Potrebbe interessarti la lettura del’articolo: Divieto vendita auto a benzina e diesel dal 2035: accordo raggiunto

Dichiarazione redditi 2022 tardiva: fino al 28 febbraio è possibile sanare la mancata presentazione

Il termine regolare per la presentazione del modello Redditi 2022 era il 30 novembre 2022 ma per coloro che, pur essendo obbligati alla presentazione della dichiarazione, non hanno adempiuto vi è la possibilità di regolarizzare la posizione con la dichiarazione redditi 2022 tardiva entro il 28 febbraio 2023.

Dichiarazione redditi 2022 tardiva: conseguenze della omissione e regolarizzazione entro il 28 febbraio

In base all’articolo 13, comma 1, lettera c), Dlgs n. 472/1997 è possibile sanare la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi entro 90 giorni dal termine previsto per la presentazione. In base però a quanto stabilito nella circolare 42 del 2016 dell’Agenzia delle Entrate tale ravvedimento operoso non è senza conseguenze, infatti viene applicata una sanzione amministrativa di 250 euro (articolo 1, comma 1, del D.lgs. n. 471 del 1997 ).

Tale sanzione si applica nel caso in cui il soggetto obbligato alla presentazione comunque non ha un debito fiscale. In presenza di debito fiscale, oltre a questa, si applica anche la sanzione per omesso o carente versamento. A questa naturalmente si aggiungono le somme da versare in qualità di imposta e gli interessi di mora che dal 1° gennaio 2023 sono al 5%.

Come presentare la dichiarazione redditi 2022 tardiva

In base a quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate, la dichiarazione redditi 2022 tardiva può essere trasmessa entro il 28 febbraio 2023 in modalità telematica oppure attraverso l’intermediario. Nel caso in cui per il versamento debbano essere utilizzati crediti in compensazione o in caso di F24 a saldo zero, devono essere utilizzati i servizi “F24 web” o “F24 online” dell’Agenzia delle entrate, attraverso i canali telematici Fisconline o Entratel.

Negli altri casi il modello F24 può essere presentato anche con il proprio servizio di internet banking. La sanzione deve essere versata con il codice tributo 8911.

Nel caso in cui il contribuente non sani la propria posizione, è molto probabile l’avvio di controlli con successive sanzioni più pesanti.

Leggi anche: Detrazione spese universitarie 2023: i nuovi limiti

Cessione del credito, alcuni sono esclusi dalla stretta

La cessione del credito rientra tra i provvedimenti presi da questo Governo per dare una stretta al superbonus. Ma alcuni credito sono esclusi dalla stretta.

Cessione del credito, ancora stretta sul bonus

La cessione del credito è sempre stata una delle soluzioni, insieme allo sconto in fattura, per far fronte ai bonus edilizi. Il governo con il decreto-legge n.11 del 17 febbraio 2023 ha bloccato la cessione dei crediti e lo sconto in fattura per tutti i bonus legati al superbonus, ecobonus e sismabonus. Si ricorda che precedentemente ha ridotto anche il superbonus dal 110% al 90%. Del resto il nuovo Governo, già dalla campagna elettorale, aveva dichiarato il suo mancato consenso nei confronti di queste misure.

La scelta, secondo il Ministro dell’economia Giorgetti, è senza dubbio una scelta coraggiosa. Ma si deve intervenire subito per cercare di risolvere i disastri per le imprese e le famiglie che il superbonus ha creato. Come ad esempio i 19 miliardi di crediti che non sono ancora stati ceduti e che riempiono i cassetti fiscali delle aziende che si occupano di edilizia.

I crediti esclusi dalla stretta

A partire dal 17 febbraio le nuove spese per i lavori agevolati possono essere solo recuperate attraverso la detrazione Irpef. Quindi è possibile scaricare le spese con la classica detrazione in 10 anni. Insomma si ritorna indietro al vecchio metodo . Il decreto legge prevede una clausole di salvaguardia per gli interventi avviati prima del 17 febbraio 2023. Quindi tutti coloro che stanno già facendo lavori di ristrutturazione e quindi hanno già presentato la Cilas e ottenuto il titolo abitativo o avviato i lavori possono continuare a optare anche lo sconto in fattura o la cessione del credito.

Dalla stretta sono esclusi anche altri crediti e sono:

  • il credito super-ace;
  • i crediti energia e gas per il terzo trimestre 2022;
  • il bonus chef;
  • i crediti per l’acquisto di carburanti dei settori agricolo e della pesca per il quarto trimestre 2022;
  • il bonus digitalizzazione per le agenzie di viaggio e tour operator;
  • il bous carburante dei settori agricolo e della pesca per il primo trimestre 2023.

Chi può fare ancora la cessione?

Come già detto la cessione del credito è stata bloccata, ma ci sono ancora alcuni casi che possono utilizzarla. E’ il caso delle unità unifamiliari con ingresso autonomo che entro il 16 febbraio 2023 hanno presentato la cilas o richiesto il titolo abitativo. Mentre i condomini oltre al titolo abitativo devono avere ottenuto la delibera assembleare. Anche per gli altri bonus come l’ecobonus, il bonus ristrutturazioni, il sismabonus ed il bonus barriere architettoniche occorre aver fatto richiesta o iniziati i lavori entro il 16 febbraio 2023.

 

Quota 103, al via le domande per andare in pensione

Quota 103 ha la sua finestra utile per poter andare in pensione. Ecco le date e come procedere per cercare di lasciare il lavoro e godersi la vita.

Quota 103, al via le domande

Andare in pensione è sempre un momento importante che segna una svolta nella vita di un lavoratore. Andare in pensione e godersi la vita, magari usufruendo del trattamento di fine rapporto per fare cose che giornalmente non si ha avuto il tempo o la disponibilità. A pensarci è sempre l’Inps, l’istituto nazionale di previdenza sociale che ha pubblicato un nuovo messaggio.

Come previsto dalla legge di Bilancio è possibile aderire a quota 103 che prevede almeno 62 anni di età e 41 di contributi. Il sistema dell’Inps è già attivo e consente quindi di poter presentare la propria istanza di pensione anticipata flessibile. La «pensione anticipata flessibile» si rivolge a tutti i lavoratori dipendenti, anche del pubblico impiego, autonomi e parasubordinati in possesso di 62 anni e 41 anni di contributi al 31 dicembre 2022 o che li matureranno tra il 1° gennaio 2023 ed il 31 dicembre 2023.

Quali sono le date previste per presentare istanza

La prima finestra è prevista per il primo aprile 2023 per il settore privato in caso di requisiti ottenuti al 31 dicembre 2022 e il primo agosto 2023 per i dipendenti pubblici. La finestra mobile per chi ha ottenuto i requisiti da gennaio 2023 è di tre mesi per il privato e sei per il pubblico. In ogni caso la prima finestra sarà ad agosto.

Come e dove presentare le domande?

Le domande possono essere presentate direttamente sul sito dell’Inps. L’accesso è possibile attraverso l’accesso con Spid, il sistema pubblico di identità digitale almeno di livello 2. Tuttavia può anche essere utilizzata la CNS, carta nazionale dei servizi ed il CIE, cioè la carta di identità elettronica 3.0. Inoltre è possibile anche utilizzare i servizi tematici offerti dai Patronati riconosciuti dalla legge e dislocati in tutto il territorio nazionale. Infine può essere chiamato il Contact Center Integrato attraverso il numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento).

Si ricorda che lo schema di quota 103 prevede anche un bonus per chi decide di continuare a lavorare anche se in possesso dei requisiti per l’uscita anticipata. Più che altro si tratta di un esonero contributivo di circa il 10%, che consente un aumento dello stipendio della stessa misura. Nello stesso tempo, l’importo della pensione rimane congelata al livello maturato al momento del rinvio e utilizzabile quando si potrà andare in pensione.

 

 

 

Concorso 1230 allievi marescialli Guardia di Finanza. Bando

È stato pubblicato il bando concorso 1.230 Allievi Marescialli Guardia di Finanza presso il 95° corso presso la Scuola Ispettori e Sovrintendenti, ecco come partecipare.

Chi può partecipare al concorso 1230 Allievi Marescialli Guardia di Finanza?

Per chi sogna di lavorare nel corpo della Guardia di Finanza c’è oggi una grande opportunità, cioè il bando per il reclutamento di 1.230 Allievi Marescialli della Guardia di Finanza, di questi 1.135 sono destinati al contingente ordinario, mentre 95 saranno diretti al contingente mare.

Possono partecipare al concorso:

  • gli appartenenti al ruolo sovrintendenti e al ruolo appuntati e finanzieri, gli allievi finanzieri nonché gli ufficiali di complemento o in ferma prefissata che abbiano completato diciotto mesi di servizio, del Corpo della guardia di finanza in questo caso con limite di età di 35 anni;
  • cittadini italiani che abbiano compiuto il 17° anno di età e non abbiano superato il compimento del 26° anno .

Naturalmente è necessario essere in possesso dei requisiti morali generalmente previsti per i concorsi pubblici, quindi hanno accesso coloro che hanno il pieno godimento dei diritti civili e politici, non siano stati destituiti, dispensati, dichiarati decaduti dall’impiego presso una PA.

Occorre non essere stati dismessi da accademie, scuole, istituti di formazione delle Forze armate e di polizia per motivi disciplinari o inettitudine.

Non possono partecipare coloro che sono stati ammessi allo svolgimento del servizio civile come obiettori di coscienza.

Per quanto riguarda i requisiti professionali è necessario avere conseguito un diploma di scuola secondaria superiore che consenta l’iscrizione a un corso universitario. Si può derogare a tale requisito solo nel caso in cui il diploma debba essere conseguito nell’anno scolastico 2022-2023. Per il dettaglio dei requisiti rimandiamo al bando disponibile sul sito della Guardia di Finanza

Come presentare la domanda?

La domanda deve essere presentata esclusivamente per via telematica sul sito https://concorsi.gdf.gov.it

Per poter presentare la domanda è necessario essere in possesso di un’identità digitale come Spid o Cie. All’interno della domanda deve essere indicato un numero di cellulare e un indirizzo di posta elettronica certificata PEC.

La domanda deve essere presentata entro il 23 marzo 2023 alle ore 12:00.

Le prove del concorso 1.230 Allievi Marescialli Guardia di Finanza

La prima prova è la preselettiva a cui devono presentarsi tutti i candidati che non abbiano ricevuto comunicazione di esclusione dal concorso. La prova si svolgerà a partire dal 31 marzo 2023 e sarà composta di 100 domande così divise:

  • 35 logica-matematica;
  • 25 abilità linguistiche e conoscenza orto-grammaticale e sintattica della lingua italiana;
  • 20 storia ed educazione civica;
  • 20 lingua inglese ed informatica.

La seconda prova sarà scritta e verterà su argomenti di cultura generale e si terrà (salvo diversa comunicazione) il 27 aprile 2023. Avrà durata di 6 ore e sarà una prova di composizione in lingua italiana vertente su un argomento di cultura generale normalmente parte del programma delle scuole superiori di secondo grado.

Si passa quindi alle prove di efficienza fisica, accertamento dell’idoneità psico-fisica ( rimandiamo al bando per l’elenco dei documenti da consegnare al momento dell’accertamento psico-fisico). Infine, c’è la prova per l’idoneità attitudinale.

Coloro che superano tutti gli accertamenti sono ammessi alla prova orale, consistente in un colloquio vertente su storia ed educazione civica, geografia e matematica. La durata massima del colloquio è di 45 minuti.

Al termine delle prove c’è la valutazione dei titoli e infine la graduatoria finale.

Per conoscere ulteriori possibilità di lavoro, leggi gli articoli:

Concorso Allievi Marescialli Carabinieri 2023: scarica il bando

Concorso in Polizia per l’assunzione di 2138 allievi. Ecco le istruzioni

 

 

Novità sulla cessione del credito, gli obiettivi del primo tavolo tecnico

Le novità sulla cessione del credito sono state il primo punto del tavolo tecnico per discutere su come rispondere ai disastri provocati dal superbonus.

Novità sulla cessione del credito, “salvare le imprese”

Il Governo punta sempre più allo stop della cessione del credito e dello sconto in fattura per il superbonus e tutti gli altri bonus edilizi. Negli ultimi giorni i maggiori attori del comparto edile hanno manifestato il disappunto della scelta. Così è stato indetto un tavolo tecnico per cercare di trovare una soluzione capace di salvare famiglie ed imprese.

All’incontro erano presenti: Abi, Cdp, Sace, Agenzia delle Entrate. Presenti anche le associazioni di categoria che hanno già partecipato all’incontro a Palazzo Chigi (Ance, Confedilizia, Confindustria, Confapi, Alleanza cooperative, Confartigianato, Cna, Confimi, Rete professioni tecniche, Casartigiani, Confassociazioni). L’obiettivo è uno e semplice “Salvare le imprese” bloccate dai crediti non ceduti e quindi con forte contrazione di liquidità. Ma il modo per farlo non sembra essere univoco.

Novità sulla cessione del credito, gli esodati

Una prima soluzione potrebbe arrivare per gli esodati dal superbonus. Si tratta di tutti quegli interventi in edilizia libera, cioè che non hanno bisogno di Cila, Cila o altre autorizzazioni. Per questo tipo di interventi il paletto dell’inizio lavori entro 17 febbraio potrebbe venire meno, grazie all’ autocertificazione. Questo provvedimento non farebbe quindi perde lo sconto in fattura o la cessione del credito.

Mentre per i crediti incagliati e non ancora esigibili, la soluzione migliore risulta essere quella della compensazione dei crediti, attraverso il modello F24. Anche perché molti istituti di credito, Poste e similari hanno già detto di aver esaurito la propria capienza fiscale. Ma chiedono di eliminare il provvedimento sui sequestri in caso di frodi. Anche se si pensa di utilizzare anche le società a partecipazione pubblica per rilevare tali crediti. Rimane esclusa la possibilità di utilizza di enti comunali, in quanto essendo sempre lo Stato stesso.

Alla Camera resta però lo scontro

Nel frattempo il decreto sul superbonus approda in Commissione e Finanze, alla Camera. C’è tempo fino al 6 marzo per approvare gli emendamenti e trovare una valida soluzione per i 19 milioni di crediti derivanti dei bonus edilizi non riscuotibili dalle aziende. Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle entrate, le banche nel 2022, hanno rilevato crediti per 7 miliardi a fronte di una capacità di 30 miliardi. Quindi ci sarebbe ampio spazio per acquisire i 19 milioni di crediti bloccati. Ma su questi valori non è invece d’accordo l’Abi. Su un punto convengono tutti: trovare una soluzione nel più breve tempo possibile. Anche perché a rimetterci potranno essere proprio le aziende e le famiglie italiane, già provate dalla crisi economica.