Delega sulla riforma fiscale, tutte le novità previste

Delega sulla riforma fiscale, sono tante le novità previste, tra incentivi per stimolare le assunzioni, tredicesime e flat tax, ecco tutto quello da sapere.

Delega sulla riforma fiscale, irpef e flat tax

Secondo quanto stabilito dal nuovo documento di delega sulla riforma fiscale sarà possibile introdurre una rateizzazione degli acconti e saldi Irpef. Inoltre è prevista una riduzione della ritenuta d’acconto, ma in moto progressivo. L’idea è quella di consentire la rateizzazione anche dell’acconto di fine anno, nei periodi successivi.

In merito alla flat tax ad oggi è in vigore solo per i lavoratori autonomi e partite Iva. Ancora una volta i dipendenti non rientrano in questa regime di tassazione. Tuttavia il testo prevede “l’applicazione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito di un’imposta sostitutiva Irpef e delle relative addizionali, in misura agevolata sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia e per i redditi riconducibili alla tredicesima“. Rimane il principio che si tratti di un regime fiscale agevolato, meglio noto, come forfettario, previsto per i lavoratori autonomi e i professionisti. Il regime prevede un’imposta sostitutiva di tutte le altre. Infine l’aliquota è pari al 5% nei primi 5 anni di attività e del 15% per tutti i successivi.

Delega alla riforma fiscale, gli incentivi per le assunzioni

In tema di assunzioni sono previsti diversi incentivi. Il primo prevede una riduzione sull‘IRES. L’imposta sul reddito delle società è una imposta proporzionale e personale che si ottiene tramite applicazione di un’aliquota unica ai profitti delle società. Questa forma di incentivi sarà a doppio binario Ires che prevede la riduzione dell’aliquota dell’Ires per le imprese che impiegano risorse in investimenti e assunzioni, nei due anni successivi alla produzione del reddito.

Altro incentivo è quello di introdurre incentivi fiscali alle imprese, anche se è al vaglio l’ipotesi di ridurre le tasse al crescere del numero di nuovi membri da assumere. Anche le assunzioni dovranno essere reali e regolate secondo i contratti per singole categorie di appartenenza. Maggiorazioni in caso di assunzioni di personale a contratto a tempo indeterminato. Del resto spingere sulle assunzioni, vuol dire aumentare la produzione e creatrici di proprio reddito.

Altre piccole informazioni

Via libera all’emendamento che consente di “valutare l’eventuale e progressivo superamento” del superbollo sulle auto diesel di grossa cilindrata, ma senza maggiori oneri per i conti pubblici. Maggiore coinvolgimento della Guardia di Finanza per i controlli sui giochi illegali con aumenti della pena per i trasgressori.

Detrazione spese assistenza personale, non basta l’invalidità totale

Per le persone non autosufficienti che hanno bisogno di assistenza personale continua c’è la possibilità di avvalersi di una particolare detrazione fiscale, attenzione però a rispettare tutti i requisiti richiesti per ottenere la detrazione spese assistenza personale. Vediamo le precisazioni dell’Agenzia delle entrate.

Detrazione spesa assistenza personale, quando e quanto spetta?

L’articolo 15 comma 1, lettera 1 septies prevede la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute per l’assistenza personale a persone non autosufficienti. Però è previsto il limite massimo di spesa sul quale applicare la detrazione, lo stesso è di 2.100 euro.

Affinché si possa ottenere la detrazione è però prescritto che debba esservi un certificato rilasciato dalle autorità sanitarie che attesti tale non autosufficienza.

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Il certificato di invalidità totale non implica non autosufficienza

Fatta questa premessa, un contribuente scrive all’Agenzia delle entrate rappresentando che nel momento in cui ha chiesto al Caf di poter usufruire di tale agevolazione fiscale, il centro di assistenza fiscale ha richiesto un ulteriore documentazione rispetto al certificato di invalidità totale e di riconoscimento dei benefici della legge 104. In particolare il caf “chiede una certificazione della sua non autosufficienza.”. Il contribuente chiede quindi all’Agenzia delle entrate se tale comportamento è corretto.

Attraverso la rubrica curata dall’Agenzia delle entrate su FiscoOggi viene sottolineato che per non autosufficienza si intende incapacità del soggetto di “assunzione di alimenti, espletamento delle funzioni fisiologiche e dell’igiene personale, deambulazione, indossare gli indumenti.”

Siccome non sempre chi ha un’invalidità totale si trova anche in una condizione simile, cioè di costante sorveglianza e aiuto, non bastano il certificato di invalidità totale o di riconoscimento dei benefici della legge 104 per ottenere le detrazioni delle spese per assistenza personale. Di conseguenza o il contribuente deve richiedere lo specifico certificato di non autosufficienza oppure tale informazione deve emergere in modo chiaro dal certificato in cui si riconosce l’invalidità totale. Di conseguenza appare corretto il comportamento tenuto dal centro di assistenza fiscale nel richiedere l’ulteriore certificazione medica attestante la non autosufficienza.

Nella risposta al contribuente, si sottolinea anche che per ottenere il beneficio della detrazione fiscale per le spese sostenute per l’assistenza personale a persone non autosufficienti è necessario che il pagamento avvenga con strumenti tracciabili.

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Rientro capitali dall’estero, nessuna proroga. Ecco le scadenze

Può capitare che anche ai piani alti vi siano delle sviste e quindi una notizia data per certa alla fine si rivela un errore. Questo è ciò che in sintesi è capitato con la notizia della proroga dei termini al 30 settembre 2023 per il rientro capitali dall’estero. La norma doveva essere contenuta decreto bollette-bis (dl. n. 79/2023) pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 giugno.

Rientro capitali detenuti all’estero

I capitali degli italiani detenuti all’estero rappresentano partecipazioni dirette e indirette di cittadini italiani in società non localizzate in Italia. Gli utili prodotti in tali attività spesso fuggono alla tassazione e per evitare una sorta di “caccia alle streghe” si applica una tassa agevolata sostitutiva che dovrebbe invogliare le persone a far rientrare tali capitali.

L’imposta sostitutiva prevede per i capitali detenuti nell’ambito di attività di impresa l’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota al 9%, mentre per i capitali detenuti da persone fisiche vi è la possibilità di optare per l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con aliquota del 30% degli utili e utili non distribuiti.

Attenzione, i termini per il versamento dell’imposta sostitutiva sul rimpatrio degli utili non sono prorogati!

La notizia della proroga dei termini per il versamento dell’imposta sostitutiva per il rientro degli utili detenuti all’estero era contenuta in una comunicazione di Palazzo Chigi, questo è il motivo per il quale molte fonti giornalistiche avevano dato la notizia ritenendola affidabile. Il comunicato stampa n° 41 di Palazzo Chigi conteneva effettivamente la notizia della proroga, ma la stessa non è stata poi inserita all’interno del decreto. In questo momento non è possibile capire chi abbia commesso l’errore, cioè se effettivamente la proroga doveva esservi, ma per errore non è in decreto, o se in realtà non vi è mai stata alcuna intenzione di proroga.

Nel frattempo per evitare ulteriore confusione vi è la modifica del comunicato con l’eliminazione della parte inerente il termine del versamento dell’imposta per il rimpatrio degli utili.

Scade quindi oggi il termine per il versamento ed è possibile effettuarlo fino al 31 luglio con la maggiorazione dello 0,40%.

Dopo il 31 luglio è possibile optare per il pagamento tramite ravvedimento operoso.

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Obbligo POS, tutte le novità che riguardano le attività commerciali

L’obbligo POS è esteso a tutte le attività commerciali, restringendo la platea degli esclusi in vigore dallo scorso anno, ecco quindi tutte le novità.

Obbligo POS, in cosa consiste

Lo scorso anno giugno 2022 è stato introdotto l’obbligo del Pos a diversi esercizi commerciali. In altre parole, il cliente può decidere se pagare in contanti o con la propria carta di credito. L’attività commerciale deve quindi dotarsi di pos per permettere questo tipo di pagamenti, e non si può rifiutare. L’accertamento da parte delle autorità può scattare solo a seguito della denuncia del soggetto al quale è stato rifiutato il pagamento con la carta.

Tuttavia in questo caso la legge prevede una doppia sanzione da versare:

  • 30 euro in misura fissa;
  • 4% del valore della transazione negata.

La sanzione scatto nel momento in cui viene negato il pagamento elettronico. Dall’altra parte il titolare dell’attività commerciale è sanzionabile solo se rifiuta il pagamento con carte, mentre si può tranquillamente rifiutare di ricevere assegni o bonifici. Anche per i casi di malfunzionamento del Pos, per mancanza di linea o quando si presentano “comprovati problemi di malfunzionamenti tecnici dei dispositivi” non sono previste sanzioni. Saranno poi i finanzieri stessi o gli ufficiali e gli agenti di polizia ad accertarsi del disservizio.

Obbligo Pos, le partite Iva che devono rispettarlo

Tutte  le camere di commercio di tutte le città italiane sono corse all’informazione capillare di tutti gli associati. Anche perché com’è noto la legge non ammette ignoranza, quindi è giusto organizzarsi per tempo. Le partite Iva che hanno l’obbligo di accettare pagamenti con carte o bancomat sono:

  • commercianti;
  • artigiani;
  • liberi professionisti (come ad esempio commercialisti, avvocati, ecc.);
  • tabaccai (tranne tabacchi, valori bollati e postali);
  • venditori ambulanti;
  • attività ricettive (alberghi, ristoranti, ecc.);
  • tassisti.

Tutte le violazioni saranno trasmesse al prefetto della provincia in cui sono avvenute e registrate all’interno del software Ares della Guardia di Finanza.

Il caso dei tabaccai

Cambiano di nuovo le regole per i Tabaccai, l’Agenzia Dogane e Monopoli ha infatti ripristinato l’obbligo di accettare i pagamenti con carta per acquisto di sigarette, marche da bollo e francobolli. Tuttavia anche per loro sono previste le stesse sanzioni delle altre partite Iva. Inizialmente, con la determina Agenzia Dogane del 25 ottobre 2022, la sanzionabilità per il rifiuto del POS fu esclusa per tabaccai (e patentini) con riferimento esclusivamente alla vendita di generi di monopolio, di valori postali e valori bollati. Ma l’Agenzia Dogane con la nuova determina del 26 giugno 2023 annulla la precedente determina, quindi ritorna l’obbligo POS anche per i tabaccai.

Assegno di inclusione, ecco a chi spetta alla luce delle novità

L’assegno di inclusione dovrebbe sostituire definitivamente il reddito di cittadinanza. Ecco a chi spetta e tutte le novità alla luce del decreto lavoro.

Assegno di inclusione, arriva il sostituto del reddito di cittadinanza

Uno dei tempi caldi del Governo Meloni è senza dubbio la cancellazione del reddito di cittadinanza. Una misura che ha da subito diviso l’Italia tra coloro che era a favore e coloro che invece lo hanno aspramente contestato. Il Governo Meloni, fin dalla campagna elettorale ha dichiarato che l’avrebbe abolito o sarebbe stato rimodulato, secondo le nuove esigenze della popolazione.

Il sostituto del reddito di cittadinanza si chiama assegno di inclusione. L’importo è destinato a famiglie con ISEE molto basso, in cui sono presenti minorenni, disabili o anziani con più di 60 anni. In pratica il sussidio è riservato a chi non può lavorere e può arrivare fino a 780 euro al mese, contributo per l’affitto compreso. In particolare si tratta di famiglie con minori o anziani over 60 o disabili Isee max € 9.360 e reddito massimo di €6.000.

Qual’è il valore dell’assegno di inclusione?

L’importo può arrivare fino a 500 euro al mese. Ma può arrivare fino a 630 euro per gli over 75. In ogni caso è previsto un contributo spese di €280 al mese per coloro che hanno un contratto di locazione. Inoltre per chi è in povertà ed è considerato occupabile, da settembre ci sarà un sussidio di 350 euro al mese. Il contributo si perde se non si accetta un posto in tutt’Italia. Ma se il contratto dura pochi mesi o si hanno figli piccoli il lavoro può essere rifiutato se oltre 80 chilometri da casa.

Tuttavia sembra che la somma venga erogata tramite una carta di inclusione. La misura sarà erogata per 18 mesi, poi avrà un mese di stop e potrà essere rinnovata per ulteriori periodi di 12 mesi. Allo scadere dei periodi di rinnovo di 12 mesi, sarà sempre prevista una pausa di un mese.

Quali sono i requisiti per ottenerlo?

Per ottenere l’assegno di inclusione occorre avere determinati requisiti che sono un pochino diversi da quello del reddito di cittadinanza a cui siamo abituati:

  • Essere residenti in Italia da almeno cinque anni;
  • Avere un Isee di 9360 euro e un reddito familiare inferiore ai 6000 euro annui moltiplicati per la scala di equivalenza;
  • Un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, di valore non superiore ai 150mila euro;
  • Non si potranno possedere autoveicoli con cilindrata superiore a 1600 cc. o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc.

Con le ultime modifiche, apportate in Senato, le donne vittime di violenza domestica potranno costituire un nucleo familiare indipendente da quello del marito, anche ai fini Isee per l’accesso alla misura. Se si hanno tutti i requisiti, la domanda può essere fatta direttamente sul sito INPS, oppure anche tramite Caf o consulenti abilitati.

Cessione del credito: quali novità ci sono?

Quali sono le novità in materia di cessione del credito? Siamo ormai alle porte dell’estate, molte attività iniziano ad andare a rilento e in tanti si chiedono cosa ci aspetta dopo la pausa estiva per quanto riguarda i crediti da Superbonus e altri bonus edilizi incagliati.

Ecco un piccolo sunto.

Sblocco delle cessioni del credito, come approfittarne

Per i crediti fiscali già maturati e bloccati c’è la possibilità di rientrare in una delle operazioni di cessione del credito messe a disposizione dalle banche che stanno lavorando in questo settore. Per approfondimenti si possono leggere gli articoli:

Cessione del credito, sblocco dei crediti da un’altra banca

e

Cessione del credito, nuovi fondi per i crediti incagliati.

Nel frattempo ricordiamo che la piattaforma Enel X per ora non riparte e non vi sono particolari novità per quanto riguarda le operazioni più volte annunciate da Poste Italiane.

Per chi ha capienza fiscale e pazienza un’altra possibilità sono le detrazioni fiscali che si possono sfruttare in 10 anni o in 4 anni, l’opzione deve essere esercitata dal contribuente tenendo in considerazione esigenze personali, ammontare dei crediti e capienza fiscale.

Piccoli spazi per nuove cessioni del credito

Nel frattempo ricordiamo che il decreto cessioni non ha bloccato la possibilità di continuare a fruire delle cessioni del credito e degli sconti in fattura anche per i lavori del 2023 per alcuni Bonus, ad esempio il bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Leggi anche: Cessione del credito e sconto in fattura, come ottenerli per cambiare i serramenti

Inoltre ci sono residue possibilità per gli istituti autonomi case popolari ed enti assimilabili per scopi perseguiti.

Le deroghe sono contenute all’interno della legge di conversione del decreto legge 11 del 2023 ( decreto cessioni), cioè la legge 38 del 2023.

La deroga è contenuta nel comma 3 bis dell’articolo 1.

Deroghe vi sono anche anche per le zone colpite da sisma che possono continuare a usufruire di cessione del credito e sconto in fattura.

Nuovi bonus digitali 4.0, ecco una grande opportunità

I Nuovi bonus digitali 4.0 sono una grande opportunità per le imprese. Ecco tutti i dettagli dei nuovi progetti e come richiederli presso le camere di commercio.

Nuovi bandi digitali 4.0, tutte le novità

Punti Impresa Digitale sono una iniziativa delle Camere di Commercio e di Unioncamere a supporto della digitalizzazione delle imprese nel contesto sfidante di Impresa 4.0. I PID mettono a disposizoine delle imprese dei voucher digitali per l’acquisto di servizi di consulenza, formazione e tecnologie in ambito 4.0. Un sostegno per favorire la digitalizzazione delle micro, piccole e medie imprese che operano all’interno del territorio nazionale.

I voucher sono erogati attraverso appositi Bandi pubblicati dalla Camera di commercio a cadenza variabile. Possono beneficiare delle agevolazioni le imprese singole ed anche i gruppi di imprese che partecipano ad un progetto aggregato finalizzato all’introduzione di tecnologie in ambito Impresa 4.0.

La camera di commercio del Sud Est Sicilia

La camera di commercio del Sud est Sicilia ha presentato i nuovi progetti relativi ai bandi digitali 4.0 per l’anno 2023. La doppia transizione digitale ed economica mira a promuovere un’economia inclusiva e sostenibile. Diffondendo così una consapevole cultura green. I voucher hanno un importo massimo di 10 mila euro a copertura del 70% delle spese sostenibili. Gli obiettivi del bando sono:

  • sviluppare la collaborazione tra le imprese realizzando nuovi modelli di business;
  • promuovere e pensare nuovi servizi digitali e portare avanti progetti green oriented;+
  • redigere piani e progetti per efficentare, dal punto di vista energetico, gli immobili aziendali e i processi produttivi

Tuttavia basta consultare la camera di commercio di appartenenza e/o registro delle imprese per conoscere e capire la possibilità di accedere ai voucher.

Nuovi bonus digitali 4.0, alcuni consigli utili

Prima di avviare un qualsiasi percorso in chiave 4.0 è indispensabile capire il livello di digitalizzazione di partenza, ovvero il proprio punto di inizio senza la conoscenza del quale ogni processo di cambiamento potrebbe risultare inefficace perché troppo ambizioso o troppo modesto. A tale scopo i PID hanno progettato e sviluppato due strumenti di assessment digitale per capire il livello di digitalizzazione interno all’impresa che presentano due differenti livelli di approfondimento:

  1. SELFI4.0: assessment on line che l’impresa può compilare in completa autonomia accedendo dal pulsante più in basso; SELFI4.0 restituisce automaticamente al termine del questionario un report sintetico con il posizionamento dell’impresa rispetto ai processi produttivi oggetto di indagine;
  2. ZOOM4.0: assessment guidato attraverso interviste al personale e alla direzione condotte dal Digital Promoter della propria camera di commercio e che si conclude con la predisposizione di un report più dettagliato. Gli strumenti di assessment sono stati sviluppati assieme alle principali università italiane (in particolare l’Università di Pisa, l’Università di Siena, e del Politecnico di Milano) e tenendo presente gli standard di riferimento europei (tra cui la norma DIN SPEC 91345:2016 “Reference Architecture Model Industrie 4.0 (RAMI4.0)”).

 

 

Detraibilità spese tamponi Covid? Chiarimenti dall’Agenzia

Il 2022 è stato un anno particolare, l’Italia era ancora nel pieno della pandemia e tante persona hanno dovuto ripetere numerose volte i test anti-covid per avere un elevato grado di tracciabilità del Covid. Le spese sostenute sono detraibili con la dichiarazione 2023, ma molti sono i dubbi esposti dai contribuenti all’Agenzia delle entrate. Ecco qualche chiarimento.

Posso portare in detrazione le spese per tamponi Covid

Un contribuente ha segnalato all’Agenzia delle entrate che nel 2022 si è sottoposto numerose volte a tamponi Covid, sempre presso la stessa farmacia. Pur avendo pagato con strumenti tracciabili, in particolare con il bancomat, la farmacia ha riportato la voce “pagamento contante”. Nel momento in cui il contribuente ha scaricato dal sito dell’Agenzia il modello 730 precompilato si è accorto che queste spese non sono indicate.

Si chiede quindi se può modificare il modello 730/2023 precompilato aggiungendo tali spese e portandole in detrazione, pur avendo pagato con il bancomat e avendo conservato la ricevuta del pagamento elettronico, oppure deve ritenere di aver perso il diritto alle detrazioni fiscali in forza della incongruenza tra lo strumento utilizzato per il pagamento e lo scontrino fiscale rilasciato in farmacia.

A tale quesito l’Agenzia delle entrate ha risposto nella rubrica presente sul sito FiscoOggi.

Agenzia delle Entrate: i tamponi  Covid possono sempre essere portati in detrazione

I tamponi Covid rientrano nella categoria degli esami diagnostici, come tali, sottolinea l’Agenzia delle entrate consentono di avere la detrazione del 19% della spesa sostenuta. Rientrano nelle spese sanitarie a cui si applica la franchigia globale di 129,11 euro.

Sottolineato ciò, l’Agenzia nella risposta al contribuente precisa che per le spese detraibili sostenute in farmacia è sempre possibile ottenere la detrazione, anche se il pagamento è avvenuto in contanti. Infatti questa è una delle poche deroghe al principio generale per il quale le spese da portare in detrazione devono essere affrontate con strumenti di pagamento tracciabili. Sottolinea però l’Agenzia che “La certificazione rilasciata dalle farmacie può riportare la qualità della prestazione sanitaria effettuata, consistente, per esempio, nella “esecuzione prestazione di servizio tampone antigenico per la diagnosi Covid-19”, o l’indicazione dei codici univoci 983172483 (esecuzione tampone rapido 18+) e 983172420 (esecuzione tampone rapido 12-18)”.

Si ricorda, infine, che è esclusa la detraibilità delle spese sanitarie pagate in contanti presso strutture private non convenzionate. In questo caso l’unico modo per ottenere le detrazioni fiscali è pagare con assegno, bonifico, carta di credito, carta di debito, insomma non in contanti.

Aumento dei tassi di interesse, buone notizie per i risparmiatori

Si è detto più volte che l’aumento del costo del denaro attuato da un anno a questa parte dalla BCE sta mettendo in difficoltà chi vuole comprare casa, chi ha bisogno di un prestito e imprese che vogliono investire, ma c’è il rovescio della medaglia: i risparmiatori ricominciano ad avere piccole rendite grazie all’aumento dei tassi di interesse. Ecco cosa succede.

L’aumento dei tassi di interesse porta piccole rendite ai risparmiatori

C’è sempre l’altro lato della medaglia, gli italiani si confermano un popolo che ama avere la casa di proprietà, ma anche un popolo di risparmiatori. A dicembre del 2022 le famiglie avevano nei conti correnti risparmi per 1174 miliardi di euro, naturalmente l’inflazione toglie valore a questo denaro, nel senso che ha minore potere d’acquisto, ma l’aumento del costo del denaro porta a un aumento anche dei tassi di interesse corrisposti ai risparmiatori, anche ai più cauti.

Ad esempio su molti conti corrente oggi è possibile avere il 2% di interessi. Poco certo, ma il conto corrente è denaro liquido e fino a un anno fa gli interessi non si vedevano proprio. Crescono gli interessi anche sui conti deposito, cioè i conti utilizzati per avere piccoli risparmi, qui gli stessi variano dal 2% al 4%. Ad esempio Poste Italiane sul libretto Smart riconosce fino al 3% .

Poco, ma ricordiamo che si tratta di denaro non realmente investito. Crescono i tassi di interesse sui buoni ordinari di Poste Italiane, garantiti da Cassa Depositi e Prestiti, anche in questo caso si applica il 3%, ma scegliendo soluzioni diverse, cambiano i tassi, sono più alti. Ricordiamo che per i buoni di Poste Italiane vi è una tassazione agevolata degli interessi al 12,50%, anche questo dato deve far riflettere.

Scegliendo forme di investimento “più rischiose” i guadagni aumentano.

Ciò che si deve sottolineare è più che altro la differenza rispetto al passato, infatti, fino a pochi mesi fa si parlava di interessi su questi prodotti pari allo 0,006 o simili, cioè nulla e invece ora c’è un’inversione di tendenza al punto che può essere più conveniente rispetto all’investimento nel mattone. Ad esempio, si è visto che sono crollati gli investimenti per acquisto di immobili come forma di investimento (per locazioni).

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Investo in un appartamento o in buoni ordinari di Poste Italiane?

Facciamo una simulazione: ad oggi con 100.000 euro si può acquistare in periferia, al Sud, un piccolo appartamentino non ristrutturato ( da affittare a chi ha problemi a pagare un affitto alto).

Questo piccolo appartamentino per fruttare deve essere dato in locazione ad un prezzo molto basso, circa 300 euro mensili, da tassare almeno con la cedolare secca (10% canone concordato, 21% canone libero). Nell’arco dell’anno si percepiscono 3600 da tassare. Spettano però al proprietario le eventuali spese di manutenzione straordinaria, possono esservi problemi con la riscossione delle mensilità, nella maggior parte dei casi per la gestione del contratto serve l’aiuto di un commercialista, al termine del contratto può essere necessario per locare nuovamente spendere dei soldi per una piccola manutenzione. Guai nel caso in cui sia necessario uno sfratto.

La stessa somma se investita in buoni ordinari, cioè un investimento semplice, minimo, frutta 3.000 euro l’anno, per 20 anni, durata del buono ordinario. Naturalmente da tassare al 12,50%, ma nessuna preoccupazione, nessuna manutenzione da sostenere, nessun problema. Possibilità di smobilitare in brevissimo tempo l’investimento, per qualunque esigenza tra cui anche un altro investimento più fruttuoso. In poche parole la rendita è più bassa, ma non vi sono costi di alcun genere.

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Cedolare secca, si può fare se l’inquilino è un’impresa o una società?

La cedolare secca permette di locare un immobile e garantire al proprietario la divisione tra il proprio reddito e quello da affitto, ma si può sempre fare?

Cedolare secca, cos’è e come funziona?

Uno dei regimi più scelti dagli italiani per locare un immobile è la cedolare secca. Si tratta di un regime fiscale agevolato sostitutivo dell’IRPEF con cui il proprietario di un immobile concesso in locazione può scegliere di tassare il reddito da locazione ad aliquota fissa del 10% o del 21%. Il regime è agevolato perché prevede solo queste due aliquote e non calcola il reddito di locazione cumulativo con quello da lavoro e complessivo che prevede percentuali maggiori. La cedolare secca sugli affitti è un sistema di tassazione introdotto dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011.

La legge impone che ci siano due vincoli principali per poterla applicare. L’immobile deve essere destinato solo ad uso abitativo e il locatore deve essere una persona fisica. Questi elementi devono coesistere, quindi è davvero difficile dimostrare l’uso abitativo ad una società o impresa. Ma la risposta comunque non è così scontata come sembra.

Cedolare secca, cosa dice l’Agenzia delle entrate?

La Sig.ra T ha un immobile da voler affittare ad un società di consulenza. Ebbene l’appartamento precedentemente era stato locato ad una famiglia e la proprietaria ha dato il consenso per l’adesione al regime delle cedolare secca. Alla scadenza le parti non rinnovano il contratto e la proprietaria decide di rimettere l’immobile sul mercato delle locazione. Dopo qualche giorno una società vorrebbe locare l’immobile, ma la commercialista nega la possibilità dell’applicazione dello stesso regime.

A favore della tesi sostenuta dalla commercialista ci pensa la stessa Agenzia delle entrate. Il regime della cedolare non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti, salvo quanto previsto per i locali commerciali classificati nella categoria C1 (novità introdotta dalle legge di bilancio 2019 –

L’opzione può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative, locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione (Dl 47/2014).

Alcune precisazioni in merito

Al fine di una maggiore completezza di informazione alcuni tribunali hanno dato sentenza di diverso avviso. Infatti secondo la Corte di giustizia tributaria del Venero, sent. n.53/5/2023 il locatore può optare per l’applicazione della cedolare secca, indipendentemente dal fatto che l’inquilino sia una società commerciale. Anche altri tribunali hanno seguito questa strada, purché però venissero rispettati i due elementi principali sopra descritti.

Il consiglio è quello di eseguire quanto affermato dall’Agenzia delle entrate. Anche perché la registrazione del contratto viene fatta proprio presso i loro uffici oppure online. Il fisco controlla quanto dichiarato ed eventualmente emette i relativi avvisi di difformità su cui occorre pagare la correzione. Quindi meglio locare l’immobile del caso con un contratto di locazione libero, senza applicazione della cedolare secca. Anche perché dalle sentenze non è ancora emersa alcuna variazione.