Mutuo per comprare casa, costa meno al nord che al sud

Il mutuo per comprare casa è la soluzione per molte famiglie, ma sembra che al nord costi meno rispetto al sud d’Italia, ecco alcune differenze.

Mutuo per comprare casa, sempre più difficile

L’Istat certifica il rallentamento dell’inflazione. Ma i tassi sugli interessi di mutuo no e questo mette sempre di più in difficoltà le famiglie. Come se non bastasse il reddito di cittadinanza sarà abolito e molti sono in piazza per manifestare.  Ma altro tema caldo è sicuramente quello legato ai mutui per comprare casa e ai tassi di interesse.

Il tasso di interesse è il compenso che si paga a chi concede i mutui, o i prestiti, da restituire in un determinato periodo di tempo. Il debitore, seguendo il piano di ammortamento, si impegna a rimborsare con le rate oltre al capitale anche una somma a titolo di interessi, calcolata in percentuale. Ma l’Unione Europea si accinge al suo nono aumento e ciò equivale a rate sempre più alte per chi ha un mutuo a tasso variabile.

Mutuo per comprare casa, il divario tra nord e sud

Un mutuo al nord costa meno di uno al Sud. Secondo uno studio della Federazione Bancari italiani, i tassi di interessi sui mutui al sud sono più salati di quelli del nord.  A conti fatti chi risiede al sud deve pagare di più, in termini di tassi di interesse, per acquistare la casa, anche se prima casa. Questo si traduce in rate mediamente più alte rispetto a quelle del resto del Paese.

Nelle isole la media è al 4.23%. Mentre al sud scende al 4.18%, contro il 4,10% del dato nazionale. Ed ancora al Nord/Ovest i tassi scendono al 4.09%. Risulta particolarmente vantaggio richiedere un mutuo al nord/Est dove i tassi scendono a 3.99%. Ancora una volta si evidenzia un divario tra nord e sud dello stivale.

I motivi del divario tra nord e sud

I motivi potrebbero risiedere sulla fragilità del Mezzogiorno. I dati evidenziano un sud del paese che è indietro economicamente rispetto al nord. I numeri sono molto rilevanti e al sud le famiglie continuano a non farcela. In Italia le famiglie indebitate sono circa 6.800.000. Chi pagava circa 500 euro di rata di mutuo oggi ne arriva a pagare quasi 800 euro. Secondo il Segratario Generale di Fabi, Sileoni, occorre: «Aumentare gli stipendi e controllare prezzi. Nella lotta all’inflazione non basta la stretta monetaria». 

Italia divisa in due sul costo dei prestiti per comprare casa: mutui meno cari al Nord e interessi alle stelle nel Mezzogiorno e nelle Isole. I tassi praticati dalle banche sono infatti più “salati” per le famiglie italiane che vivono nel Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) oltre che in Sardegna e Sicilia: chi risiede in quelle due aree geografiche del Paese, infatti, paga rate mediamente più alte rispetto a chi abita nel resto d’Italia

Benzina, perché il prezzo sta aumentando e cosa fare per risparmiare

Nei giorni scorsi è ripartito l’allarme prezzi della benzina, vi sono segnalazioni di stazioni di servizio dove si arriva a 2,50 euro al litro. Ecco cosa sta succedendo.

Attenti al listino prezzo benzina, il Ministero mette in guardia i consumatori

Sembra che il prezzo della benzina sia di nuovo in salita e questo naturalmente ha generato panico soprattutto in coloro che devono usare l’auto per lavoro, facendo anche tragitti lunghi, oppure stanno partendo per le ferie. Alle varie testate giornalistiche arrivano segnalazioni di stazioni di servizio dove il prezzo del carburante è arrivato anche a 2,50 euro al litro, ma sia chiaro è il prezzo del servito e non il prezzo del self service.
In realtà degli aumenti vi sono, ma non sono allarmistici come sembra. La benzina al servito costa 1,89 centesimi, in media. Siamo ancora sotto la sogli psicologica dei due euro.

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy rende noto che in realtà i prezzi medi della benzina sono sotto i 2 euro e se vi è qualche distributore che ha rincarato troppo, è bene evitare in quanto trattasi di casi isolati che nel libero mercato non possono essere controllati.

Come risparmiare sul costo del carburanti?

A tali affermazioni risponde Assoutenti, associazione di consumatori che sottolinea che in effetti vi è piena consapevolezza del fatto che si tratta di casi isolati, ma nonostante questo, non si può sottovalutare il problema e il fatto che i prezzi della benzina e del diesel sono comunque in crescita.

Il Ministero fa sapere che nell’ultima settimana di luglio l’aumento medi dei prezzi è stato di 3 centesimi al litro e che gli aumenti delle ultime settimane hanno avuto origine da diversi fattori. Il primo è il calo delle scorte di petrolio da parte degli Stati Uniti. A ciò si unisce che alcune raffinerie in Europa sono ferme e che vi è un aumento della domanda di carburanti.

A chi chiede perché vi sono differenze importanti di prezzo tra i vari distributori, il Ministero fa sapere che le compagnie consigliano i prezzi, ma poi sono sempre i distributori a scegliere il prezzo finale. Si conferma inoltre che in autostrada è normale trovare prezzi più alti perché c’è da sostenere il prezzo delle concessioni. Naturalmente in questa fase sono molti i consumatori che chiedono una rimodulazione delle accise per far scendere i prezzi dei carburanti ed evitare un ulteriore rincaro dei prezzi delle vacanze che già sono alle stelle.

Il consiglio che arriva anche da Staffetta Quotidiana, che aggiorna costantemente il costo dei carburanti, è di scaricare l’App che monitora i prezzi e segnala in ogni zona i distributori che consentono di risparmiare, infatti nel libero mercato questo è l’unoco modo per risparmiare.

Allarme Reddito di cittadinanza, lo stop genera proteste

Sebbene fosse una misura a lungo annunciata, molti italiani in questi giorni stanno perdendo il reddito di cittadinanza ed è già allarme presso le sedi Inps per possibili tafferugli.

Inps comunica la cessazione della percezione del Reddito di Cittadinanza, proteste in tutta Italia

Tutti lo sapevano, dal mese di luglio molti percettori di reddito di cittadinanza avrebbero smesso di riceverlo, ma forse molti non hanno creduto a questa ipotesi e proprio per questo motivo quando migliaia di famiglie nei giorni scorsi hanno ricevuto un sms da parte dell’Inps in cui si comunica che per loro vi è la cessazione dell’erogazione sono subito partite le proteste e richieste di chiarimenti all’Inps.

Sono subito partite le proteste, nelle sedi Inps di Napoli c’è stato subito il segno del malcontento e in seguito l’annuncio di proteste e sit-in presso le varie sedi dell’Inps in Italia. Proteste anche a Roma, città che dopo Napoli ha il numero maggiore di percettori. Proprio per questo c’è allerta ppresso le prefetture e da oggi iniziano i presidi delle forze dell’ordine presso le sedi Inps per tutelare gli operatori Inps che temono di essere presi come valvola di sfogo da quelli che possono ora essere definiti ex percettori di reddito di cittadinanza.

Chi smette di percepire il reddito di cittadinanza?

Non sappiamo quale possa essere l’effetto di queste proteste, appare difficile un differimento dell’entrata in vigore delle nuove norme.

Di fatto ora potranno continuare a percepire l’assegno solo invalidi, nuclei familiari con invalidi e minori.

Il messaggio dell’Inps è arrivato a circa 170.00 famiglie, nel mese di agosto invece si uniranno, in base al calcoli Inps ulteriori 80.000 nuclei, infatti le nuove norme prevedono che gli occupabili possano ricevere il reddito di cittadinanza per un periodo continuativo non superiore a 7 mesi e di conseguenza andranno a diminuire nel tempo i percettori. Saranno avviati a breve percorsi di formazione e per il reinserimento nel mondo del lavoro.

Nel frattempo si susseguono le dichiarazioni dei politici che rassicurano che nessuno sarà lasciato solo e di rivolgersi ai servizi sociali. Anche questa dichiarazione però genera panico, perché si teme che molte famiglie rimaste senza sostegno economico possano in massa prendere d’assalto gli uffici dei servizi sociali.

Molti hanno lamentato una comunicazione poco trasparente nei confronti dei percettori di reddito di cittadinanza che hanno semplicemente ricevuto un messaggio dall’Inps.

leggi anche: Addio al reddito di cittadinanza, è definitivo

Nuovo ecobonus, sarà destinato ai redditi più bassi

Il nuovo ecobonus arriva a seguito della redazione del PNRR. E in arrivo ci sono circa 4 miliardi di euro da destinare per il nuovo ecobonus e i redditi più bassi.

Nuovo ecobonus, arrivano importanti novità

Al riforma del superbonus entra ufficialmente nel PNRR. In particolare sono destinati all’Italia circa 4 miliardi del Piano, il cosiddetto “RepowerEu”. L’Italia ha ottenuto la credibilità che le spetta in Europa e quindi la terza parte dei fondi sono già in viaggio. E a dirlo è la premier, Giorgia Meloni, sempre più impegnata nel creare accordi con tutto il mondo. Il Governo punta a migliorare i propri accordi con gli Stati Uniti, la Cina e tutta l’Europa nel suo complesso. La via della Seta insegna che occorre trovare un equilibrio tra l’Italia e tutto il resto del mondo.

Il nuovo Ecobonus, presente nel programma REPower EU, è dedicato al patrimonio immobiliare privato e mira a promuovere l’efficientamento energetico delle abitazioni per affrontare la questione della povertà energetica. E soprattutto per spingere l’Italia verso quel progresso energetico immobiliare in vista delle nuove direttive europee sulla così detta “Casa Green”.

Nuovo ecobonus, le nuove caratteristiche

La misura sarà più selettiva e dipenderà molto di più dal reddito. Infatti l’incentivo verrà destinato solo a famiglie a rischio di povertà energetica e ai giovani. Una delle ipotesi più accreditate è che il nuovo ecobonus sia limitato solo alle persone che hanno un reddito fino a 15 mila euro. Ma anche con la possibilità di aumentare il diritto in base al numero di componenti del nucleo familiare. Insomma un pò quello che è successo con le villette o case unifamiliari.

Anche la percentuale prevista cambierà quasi sicuramente. Non si esclude la reintroduzione del 110% solo per i redditi più bassi. Mentre la percentuale potrebbe scendere per i redditi superiori. Insomma il nuovo bonus potrebbe quindi essere legata solo al reddito e al numero dei componenti del nucleo familiare. I lavori previsti non dovrebbe cambiare. Il Superbonus spetta in caso di: interventi di isolamento termico sugli involucri. sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni. sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti.

Contributi anche per le imprese

E’ corretto dire che sono previsti anche per le imprese. Soprattutto per quelle che vogliono investire nel miglioramento energetico, anche nella produzione. Infatti alle imprese sono destinati circa 6 milioni di euro per la transizione “verde”. Il sistema dovrebbe prevedere un credito d’imposta automatico e destinato a tutte quelle imprese che ridurranno il proprio consumo di energia nei processi produttivi.

 

 

 

 

Cessioni del credito da superbonus, tutte le piattaforme aperte

Le cessioni del credito da superbonus rinfiammano l’estate italiana. Si riparte con la possibilità di liberare i crediti incagliati, ma solo per alcune piattaforme.

Cessioni del credito da superbonus, le spese sostenute

L’agevolazione fiscale sugli interventi di ristrutturazione edilizia è disciplinata dall’art. 16-bis del Dpr 917/86 e consiste in una detrazione dall’Irpef del 36% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare. Tuttavia, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2024 la detrazione è elevata al 50% e il limite massimo di spesa è di 96.000 euro. La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo.

In alternativa alle cessioni del credito da superbonus c’è la cessione del credito. I beneficiari della detrazione possono optare, in alternativa all’utilizzo diretto della detrazione:

  • per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto al fornitore che ha effettuato gli interventi (il cosiddetto sconto in fattura)
  • per la cessione del credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante.

La legge non prevede l’ulteriore cessione del credito, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di:

  • banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto all’articolo 106 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (indicati nel decreto legislativo n. 385/1993)
  • società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del predetto Testo unico
  • imprese di assicurazione autorizzate a operare in Italia ai sensi del decreto legislativo n. 209/2005.

Quali sono le banche che hanno riaperto le loro piattaforme?

Dopo un periodo di blocco sulle cessioni del credito, sembra che il vento sia cambiato. Stando alle rilevazioni del Mef a riprire la cessione del credito siano diverso soggetti. Tra queste ci sono: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Sparkasse, Bpm. Si aggiunge con oggi BPER Banca, mentre Credit Agricole e Poste italiane. Anche se quest’ultima lo ha solo annunciato, mentre le altre banche hanno già provveduto alla riapertura della piattaforma.

Inoltre sembra che alcuni operatori hanno attivato delle piattaforme dedite all’intermediazione, alla comparazione e alla valutazione di proposte di acquisto dei valori di bonus. Tra queste ci s no FederBonus e Finanza Tech. Mentre non ci sono novità sull’attivazione di canali privati come Enel X.

Non resta che aspettare che i milioni di crediti incagliati possano essere e definitivamente sbloccati. E soprattutto che le imprese edili possono avere i loro ritorni e garantire continuità nella salvaguardia dei posti di lavoro. Evitare licenziamenti è molto importante soprattutto in questo periodo di crisi economica.

 

Condizionatore, quanto consuma? Quanto costa accendere il condizionatore?

Il 2023 sarà ricordato come uno degli anni più caldi di sempre, l’Italia di fatto è spaccata in due, tra alluvioni e temperature record che in molti casi superano i 40°C, una temperatura non adatta alla vita umana. Diventa impellente, soprattutto al Sud, l’esigenza di avere un condizionatore in casa, in ufficio e in qualunque altro luogo di lavoro, ma quanto ci costa? Quanto consuma? Proveremo a dare una risposta.

Quanto consuma un condizionatore?

Quanto consuma un condizionatore? Questa la domanda che molte persone si fanno prima di chiedere l’installazione.

La prima cosa da dire è che al fine di avere un clima ideale, e di non consumare troppo, è opportuno usare il condizionatore nel modo giusto. In particolare la differenza tra la temperatura interna e quella esterna non deve essere eccessiva, altrimenti vi è il rischio di ripercussioni sulla salute. In secondo luogo è bene avere sotto controllo anche il livello di umidità degli ambienti.

Tra i consigli per risparmiare vi è quello di impostare la temperatura da raggiungere ed evitare di accendere e spegnere i condizionatori di continuo. Infatti, si consuma meno energia nel mantenere una temperatura costante e impostando il condizionatore in modalità “risparmio”.

Naturalmente il consumo e quindi costo del condizionatore dipende dall’uso ma dipende anche dalle tariffe dell’energia elettrica. Quindi per capire quando si spende tenendo un’ora il condizionatore acceso si deve guardare il proprio piano tariffario.

Quanto si spende per l’uso del climatizzatore?

Secondo i dati diffusi da Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente), in media un condizionatore consuma 1 kW ad ora, naturalmente se gli ambienti sono grandi e si scelgono modelli particolarmente potenti, i consumi aumentano.

Sempre secondo i dati di Arera, una famiglia media ha il condizionatore acceso per 4 ore al giorno e di conseguenza il consumo mensile in media è di 120 kW.

Oggi 1 kW costa in media 23 centesimi, naturalmente è bene controllare il proprio piano tariffario e le tariffe Arera per coloro che ancora usufruiscono del Servizio elettrico nazionale. Il costo in bolletta è di circa 27 euro al mese. Naturalmente chi ha il condizionatore acceso per più ore consuma di più, chi installa più di un apparecchio deve moltiplicare.

A questi costi ora visti si deve aggiungere l’Iva e i vari oneri di sistema che aumentano all’aumentare della bolletta.

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Energia: tornano gli oneri di sistema. Quanto costano?

Bonus beni strumentali 2023, aggiornato il codice tributo F24

Bonus beni strumentali 2023 è stato aggiornato il codice tributo F24. Tutte le istruzione nella risoluzione numero 45/E del 26 luglio 2023.

Bonus beni strumentali 2023, ricordando cosa sono

Il bonus sui beni strumenti consiste in un credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite il modello F24. Sono agevolabili gli investimenti in beni materiai nuovi strumenti all’esercizio d’impresa. Mentre sono esclusi i veicoli e gli altri mezzi di trasporto a motore indicati all’articolo 164 – pdf, comma 1, Tuir. I bonus sono stati introdotti con la legge di bilancio del 2021, e nel tempo hanno subito alcuni cambiamenti.

L’ultimo arriva proprio dalla risoluzione numero 45/E del 26 luglio 2023, che riepiloga le istruzioni da seguire per la compilazione corretta del modello F24, utile per dedurre appunto il bonus previsto. Si ricorda che il beneficio arriva fino a un massimo del 20% del costo e può essere fruito in tre quote annuali in compensazione. In particolare possono essere riassunti in:

  • 20% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • 10% del costo per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • 5% del costo per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.

Bonus beni strumentali 2023, la risoluzione numero 45/E del 26 luglio 2023

L’Agenzia delle entrate attraverso la risoluzione numero 45/E del 26 luglio 2023 indica i codici da utilizzare per la deducibilità dei costi. Per consentire l’utilizzo in compensazione del credito di imposta in argomento, mediante modello F24 occorre fare la presentazione esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate. Con la risoluzione si ridenomina il seguente codice tributo, di cui alle risoluzioni n. 3/E del 13 gennaio 2021 e n. 68/E del 30 novembre 2021:

“6936” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato A alla legge n. 232/2016 – art. 1, commi 1056, 1057 e 1057-bis, legge n. 178/2020”. Restano ferme le indicazioni sulle modalità di compilazione contenute nella citata risoluzione n. 3/E del 13 gennaio 2021 e quindi ancora valide.

Dove inserire il codice tributo

Il codice tributo deve essere indicato nella sezione “Erario”, in particolare deve trovare spazio in corrispondenza delle somme indicate nella colonna:

  • “importi a credito compensati”;
  • “importi a debito versati”, nei casi in cui il contribuente debba procedere riversamento del credito, nella colonna.

Mentre per compilare correttamente il campo “anno di riferimento” bisogna far riferimento all’anno di entrata in funzione ovvero di interconnessione dei beni, nel formato per esteso, ad esempio 2023.

 

 

Registratore telematico fuori uso in caso di chiusura per ferie

Se il negozio è chiuso per ferie, il registratore telematico deve essere fuori uso. L’ultimo aggiornamento dell’Agenzia delle Entrate sulla trasmissione telematica dei dati sulle transazioni, parla chiaro.

Registro telematico in pausa per chiusura delle attività commerciali

Il Registro Telematico è ormai in funzione da molti anni, consente la trasmissione immediata dei dati relativi alle transazioni all’Agenzia delle Entrate, il suo obiettivo è ridurre l’evasione fiscale. Ma cosa succede quando decidiamo di chiudere l’attività per ferie? Evidentemente se in negozio non ci sono avventori, non ci sono transazioni, ma se il registratore di cassa telematico risulta attivo, l’Agenzia può avere un momento di confusione. Ecco perché in una nota si precisa che se la chiusura dell’attività supera i 12 giorni, i negozianti devono spegnere il registratore di cassa telematico.

In questo modo si segnala che l’assenza di dati è frutto di uno stop delle attività e non di anomalie o omissioni nella registrazione delle transazioni.

Le novità sono state rese pubbliche con l’aggiornamento numero 11, delle specifiche tecniche per la memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi.

Come mettere in pausa il registratore di cassa telematico

Il registratore deve essere messo fuori uso anche nel caso in cui l’esercente abbia previsto un periodo di chiusura, ma non è in grado di determinare fin dall’inizio la durata dello stesso. In base alle disposizioni “il Registratore Telematico deve prevedere la possibilità di predisporre l’invio di un evento di tipo “fuori servizio”, codice 608 (magazzino/periodo di inattività), per comunicare al sistema l’inizio del periodo di inattività. In questo caso il RT tornerà “In servizio” alla prima trasmissione utile”.

Nessun adempimento è invece dovuto nel caso in cui l’attività risulti sospesa per un periodo inferiore a 12 giorni o per le chiusure settimanali normalmente previste. In questi casi infatti non si rileva alcuna anomalia.

Si sottolinea che le specifiche tecniche 11 devono essere rispettate obbligatoriamente in presenza dei nuovi modelli di Registratore Telematico e di ServerRT che presentano istanza di approvazione dopo il 30 giugno 2023.

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Lotteria degli scontrini istantanea: novità per esercenti e clienti

Assegno di incollocabilità, cambia l’importo erogato dall’Inail

Con decreto del Ministero del Lavoro è stato aumentato l’importo dell’assegno di incollocabilità erogato dall’Inail in favore di persone vittime di incidenti sul lavoro, ecco i nuovi importi.

Assegno di incollocabilità, aumenta l’importo

L’Inail con la circolare 34/2023 rende noto il nuovo importo dell’assegno di incollocabilità che dal 1° luglio 2023 è di 290,11 euro, l’ultimo importo erogato nel mese di giugno era di 268,37 euro, si tratta quindi di un aumento di circa 23 euro.

L’assegno in questione viene erogato ai titolari di rendita Inail che non abbiano ancora compiuto i 65 anni di età e che in seguito a un infortunio sul lavoro o malattia profesionale non siano più in condizione di svolgere un’attività di lavoro e non siano destinatari di una collocazione obbligatoria adatta alle loro condizioni.

Affinché si possa ottenere l’assegno di incollocabilità occorre che sia riconosciuto un grado di invalidità almeno del 34% se l’infortunio si è verificato prima del 31 dicembre 2006. Per eventi verificatisi successivamente, la menomazione dell’integrità psico-fisica/danno biologico deve essere superiore al 20%, riconosciuto secondo le tabelle di cui al d.m. 12 luglio 2000.

L’assegno di incollocabilità è erogato insieme alla rendita Inail e viene rivalutato annualmente dal primo luglio in base all’indice di inflazione registrato.

Ricordiamo che l’assegno di incollocabilità non viene erogato in modo automatico dall’Inail al riconoscimento dell’invalidità dovuta a infortunio sul lavoro o malattia professionale, ma solo dietro domanda da parte dell’interessato.

Rata del mutuo ancora su, BCE aumenta il costo del denaro

Già con l’aumento del mese di giugno 2023 era stato annunciato il nuovo aumento del costo del denaro del mese di luglio. Potrebbe finalmente essere l’ultimo. Questo si ripercuote direttamente sulla rata del mutuo a tasso variabile e crea difficoltà per chi nelle prossime settimane avesse intenzione di stipulare un mutuo e sebbene già vi siano proposte per contenere le rate, per ora è ancora allarme mutui.

Costo del denaro al 4,25%: crescono le rate del mutuo

Con il nuovo aumento del costo del denaro il tasso di interesse sui finanziamenti arriva al 4,25%, mentre il tasso di interesse sui depositi al 3,75 ( buona notizia per i risparmiatori).

Naturalmente questa scelta, ampiamente annunciata già il mese scorso, andrà a incidere sulla rata del mutuo a tasso variabile che aumenterà in breve tempo. Dal mese di luglio dell’anno scorso, in cui è iniziata la serie di aumenti, questo è il 9°, i primi sono stati dilazionati nel tempo, nel 2023 invece sono stati aumenti mensili.

L’obiettivo è frenare la domanda e di conseguenza portare a una riduzione dei prezzi e dell’inflazione. I primi timidi segnali iniziano a vedersi, ma non mancano critiche, in particolare da parte dell’Italia. Più volte è stato sottolineato che in Italia l’aumento dei prezzi non è dovuto alla domanda, ma è dovuto a fattori esterni (crisi energetica, crisi Ucraina) quindi l’aumento del costo del denaro porta solo a un rischio di perdite in termine di Pil e aumenta il rischio di recessione per l’Italia.

Quali aumenti delle rate dei mutui aspettarsi?

Nel frattempo chi ha un mutuo a tasso variabile si chiede cosa dovrà aspettarsi nei prossimi mesi, purtroppo chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile prima dell’inizio degli aumenti del costo del denaro, vedrà ancora crescere la rata, in media rispetto a un anno fa l’incremento totale è di circa il 70% in media.

Aumenti anche per il mutuo a tasso fisso, ma chi ha avuto la fortuna di stipularlo un anno fa ora paga un interesse irrisorio rispetto a chi lo stipula oggi.

Le banche in questi mesi si sono affannate a dare consigli, ad esempio passare al tasso fisso, chiedere una rinegoziazione del mutuo, abbassare la rata e allungare il piano di ammortamento, ma il risparmio che ne deriverebbe è irrisorio, potrebbe trattarsi di un effetto placebo.

Le proposte di legge per aiutare le famiglie a far fronte al caro mutui ad oggi ancora non si sono materializzate. Inoltre dalle prime indiscrezioni emerge che tali vantaggi potrebbero essere applicati solo a chi è in regola con i pagamenti, quindi chi è in difficoltà e già ora non riesce a pagare non verrebbe “tutelato”.

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